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Negli ultimi tempi ho un po’ accantonato una delle rubriche portanti di questo blog, quella denominata Stars of the future riguardante i giovani più interessanti in circolazione nel panorama mondiale. Così come è dallo scorso dicembre che non propongo una nuova intervista.
Oggi, quindi, vedrò di porre rimedio ad entrambe le cose in un sol colpo: vado infatti a presentarvi Paride Addario, interessantimo prospetto della Primavera empolese con cui ho potuto scambiare due chiacchiere.
Prima di introdurlo nel pezzo, però, debbo fare una doverosa premessa: questo ragazzo mi era infatti sconosciuto fin solo allo scorso febbraio, quando lo conobbi, calcisticamente parlando, nel corso dell’ultimo Torneo di Viareggio.
Prima di allora, infatti, non avevo assolutamente mai sentito parlare di lui. Mi ci è voluto pochissimo, però, per intravvedere le potenzialità di questo portiere tutto reattività ed esplosività che con le sue parate è riuscito a trascinare la squadra toscana sino in finale.
A mia parziale discolpa, comunque, va detta una cosa: è ormai noto che dopo Buffon vi è stato un buco generazionale notevole in Italia, patria di grandi portieri da sempre. Se una volta c’era l’imbarazzo della scelta su chi convocare, infatti, oggi l’imbarazzo sembra essere più che altro relativo a chi si possa meritare il posto di secondo dietro all’unica sicurezza rappresentata dal nostro Gigione nazionale.
Gli esperti di calcio giovanile, però, è già qualche anno che predicono un ritorno al passato in questo senso: secondo molti di loro, infatti, c’è un notevole numero di portieri nati nei primi anni novanta che ha potenzialità per non far rimpiangere i vari Pagliuca, Peruzzi, Galli, ecc.
Già da qualche tempo, quindi, si sente insistemente parlare di alcuni di questi ragazzi. Su tutti è sempre svettato il nome di Vincenzo Fiorillo, portiere classe 90 cresciuto nelle giovanili della Sampdoria e da sempre ritenuto il candidato principale per ricoprire il ruolo di erede di Buffon a difesa dei pali della nostra nazionale. Allo stesso modo, comunque, si è parlato molto anche di altri giovani portieri: Andrea Seculin della Fiorentina, Carlo Pinsoglio della Juventus, Vito Mannone dell’Arsenal, Luigi Sepe del Napoli, Simone Colombi dell’Atalanta (oggi in prestito al Pergocrema), Mattia Perin del Genoa…
Tutti portieri, questi, con all’attivo almeno qualche convocazione nelle rappresentative giovanili Azzurre.
Di lui, però, nessuna traccia.
E proprio in relazione a questa cosa mi verrebbe anche da chiedermi come sia possibile che nessuno mi avesse mai parlato prima di questo ragazzo nato ad Andria diciannove anni fa ed arrivato ad Empoli all’età di 15 anni. Perché le potenzialità per fare una carriera di livello le ha tutte, come dimostrato proprio nel corso dello stupefacente Torneo di Viareggio disputato solo un paio di mesi or sono.
Ma andiamo a conoscerlo meglio, Paride.
Nato ad Andria, come detto, il 15 febbraio del 1991 iniziò “a giocare per la strada con i miei amici quando avevo solo sei anni”, racconta. Un sogno partito da lontano, quindi. Lontano nel tempo ma anche nello spazio, dato che si trova oggi a coltivare l’ambizione di diventare un calciatore professionista a centinaia di chilometri da casa.
“Dopo qualche anno andai alla scuola calcio della Fidelis Andria, dove iniziai come attaccante”. Vi ricorda nulla? “Ero anche abbastanza bravino. Un giorno, però, andai per caso in porta nel corso di una partitella. Mi piacque un mondo, tanto che decisi di non uscirne più”.
Non leggete quanto sto per dire come un paragone diretto, ma se il fatto che abbia iniziato in un ruolo di movimento non vi ricorda nulla provo a rinfrescarvi la memoria io: anche Gianluigi Buffon iniziò a giocare fuori, per poi avere nel corso degli anni una conversione totale che lo portò a diventare portiere. E che portiere.
Non solo il calcio nella vita di Paride, comunque. Nei suoi anni pugliesi, infatti, il ragazzo frequenta regolarmente la scuola dell’obbligo ed il primo anno della scuola superiore, mentre seconda e terza le compirà in Toscana, salvo poi decidere di fermarsi lì.
In Toscana, sì, perché “A quindici anni mi trasferii ad Empoli dove venni aggregato alla formazione Allievi”. Dopo due anni, quindi, il passaggio alla formazione Primavera, dove sta per chiudere il suo secondo anno di militanza. Annata abbastanza fortunata, questa. Sicuramente più della prima, quando si infortunò piuttosto gravemente: “L’anno scorso stetti fermo cinque mesi a causa di una lesione al crociato posteriore. Fortunatamente però non dovetti operarmi, limitandomi a fare un lavoro di riabilitazione e potenziamento”.
Al di là di questo problema, comunque, Addario si è già potuto togliere notevoli soddisfazioni dal suo arrivo in Toscana: “Da quando sono ad Empoli abbiamo vinto molti tornei, tra cui il Trofeo Gaetano Scirea, anche se ancora nessuna competizione importante. Ci siamo andati comunque già più volte vicini: due anni fa perdemmo contro l’Inter la finale che attribuiva il titolo nazionale della categoria Allievi, quest’anno, come ben sai, abbiamo perso la finale del Torneo di Viareggio”.
Il tutto a sottolineare come ad Empoli curino molto le proprie giovanili. Paride Addario, infatti, non è certo l’unico talento che in questi anni sta militando nella cantera Azzurra, e chi segue il calcio giovanile lo sa bene.
Il discorso, quindi, non poteva che andare a parare proprio sull’ultima edizione della Coppa Carnevale, anche solo perché è in quella competizione che questo ragazzo si è rivelato ai miei occhi.
Autore di un Viareggio da incorniciare, almeno sino alla semifinale, il portierino pugliese trapiantato in Toscana ha infatti messo in mostra grandi potenzialità, affermandosi anche come straordinario pararigori. Peccato solo per la prestazione un po’ sottotono della finale, partita che comunque difficilmente sarebbe stata vincibile anche con una sua prestazione all’altezza di quelle precedenti.
“Dall’ultimo Viareggio ho imparato molte cose. La più importante è sicuramente che non si devono mai staccare i piedi da terra. Io personalmente ho disputato un buon torneo, senza però mai staccare i piedi da terra. Ero consapevole che avevo creato attorno a me delle pressioni dovute alle attenzioni che si erano focalizzate su di me per via delle mie prestazioni e ad ogni partita davo il massimo, senza accontentarmi mai di quanto fatto in precedenza. Volevo infatti fare sempre meglio, migliorare di volta in volta. La finale purtroppo è andata male, ma a tutti può capitare di sbagliare ed è successo anche a me. Quello, comunque, è stato uno stimolo per lavorare ancora più duramente”.
Non pare lasciare nulla al caso, insomma. Nel parlarmi, infatti, dà dimostrazione di avere ben chiaro in testa che le qualità innate non possono essere tutto nel calcio, a maggior ragione quando non hai il talento di Maradona (giocatore con cui, per altro, sognerebbe di giocare avesse una macchina stile la DeLorean di Ritorno al Futuro con cui tornare a ritroso nel tempo). E che per poter arrivare si debbano avere ben chiari in testa i concetti di umiltà e sacrificio.
Sempre parlando di Viareggio – proprio il Torneo di quest’anno, tra l’altro, viene definito dal ragazzo come il momento più bello della sua vita calcistica – era d’obbligo gli chiedessi anche cosa ne pensasse del premio di miglior portiere della competizione, asseggnato a Pinsoglio anziché a lui; che pure con i suoi cinque rigori parati a Roma e Rappresentativa di Serie D era stato forse più decisivo per l’approdo della propria squadra in finale rispetto al portiere juventino: “Pinsoglio è un bravissimo portiere ed è stato anche lui decisivo per la sua squadra nel corso del torneo, ad esempio nel corso della semifinale con l’Atalanta. Ovviamente sarei stato felicissimo qualora la giuria avesse deciso di votare me, però credo che il premio a Pinsoglio sia meritato quindi non ho nulla da eccepire a questa decisione”.
Personalmente, però, non sono proprio d’accordissimo con la decisione della giuria. Certo, la prestazione in finale probabilmente avrà contato moltissimo, ma nel redigere la mia Top 11 del Torneo, pubblicata anche da goal.com, ho comunque deciso di scegliere lui come difensore dello specchio di porta a dispetto di un Pinsoglio che, appunto, ho visto meno decisivo rispetto al portiere empolese.
E qui mi permetto di aprire una parentesi che centra poco con il resto del discorso: l’anno scorso fu Fiorillo, che ne prese quattro in finale, ad essere votato come miglior portiere proprio ai danni di un Pinsoglio che, a mio avviso, giocò meglio del Falco di Oregina. Allo stesso modo, quindi, quest’anno si sarebbe tranquillamente potuto votare il ragazzo nativo di Andria. Ma, forse, anche l’hype mediatico che crea il nome conta nell’attribuzione di questo premio (del resto come lo scorso anno Fiorillo era il portiere più atteso, per quest’anno si può dire lo stesso di Pinsoglio).
Proprio in relazione al fatto di averlo inserito nella Top 11, comunque, verteva la domanda successiva. Perché Addario aveva sì impressionato me ma anche, e soprattutto, Andrea Pazzagli, telecronista Rai per l’occasione nonché collaboratore di mister Massimo Piscedda, attuale C.T. della nostra under 19. Un commento in merito a questo non poteva non essere fatto, perché se Pazzagli ci mettesse una buona parola…
“Ti ringrazio moltissimo per avermi inserito nella Top 11 del Torneo. Certo, sarebbe un sogno se ricevessi una convocazione in nazionale… io continuerò comunque a lavorare come ho sempre fatto e se un giorno dovesse arrivare la chiamata… si realizzerà un mio sogno”.
Purtroppo, però, sembra che Piscedda preferisca ancora affidarsi ad altri ragazzi per difendere la porta della propria rappresentativa under 19. Per l’amichevole del prossimo mercoledì, infatti, il C.T. dell’under 19 ha convocato Colombi e Perin, decidendo quindi ancora una volta di soprassedere rispetto all’eventualità di chiamare Paride.
Sempre parlando di calcio giovanile italiano mi sono quindi permesso di chiedergli il suo punto di vista sul livello medio dello stesso oltre che qualche nome di compagni e avversari che secondo lui possono arrivare lontano: “Credo che il livello medio del calcio giovanile italiano sia molto alto. Il campionato Primavera è diventato molto competitivo e troviamo grandissimi talenti che hanno anche già esordito in prima squadra. Noi abbiamo un grandissimo gruppo: siamo una squadra molto ben affiatata. Personalmente, poi, ho legato molto bene con tutti”, racconta, anche a proposito del suo Empoli. “Credo che Tonelli, Guitto e Dumitru – tutti suoi attuali compagni di squadra, ndr – potranno fare grandi cose se continueranno così”. Per quanto riguarda l’avversario più ostico il discorso torna invece al fil rouge di questa intervista, il Viareggio: “Sicuramente Immobile, che nella finale della Coppa Carnevale ha realizzato una tripletta. Credo che anche lui possa arrivare in alto se continuerà così. Come ho detto in precedenza, comunque, questo campionato Primavera ha molti talenti. Penso ad esempio che anche Carraro e Babacar – entrambi in forza alla Fiorentina, ndr – arriveranno molto in alto”.
Ma che tipo di giocatore è, Addario? Facciamocelo raccontare da lui: “Mi ispiro a Peruzzi: anche lui, infatti, non era particolarmente alto per il ruolo ma compensava la mancanza di centimetri con una notevole forza esplosiva. Allo stesso modo anche io lavoro molto su questo aspetto: reattività, esplosività, rapidità… un portiere con le mie caratteristiche fisiche deve puntare tutto su queste qualità”.
Detto di che giocatore sia, quindi, è bene sapere anche dove voglia arrivare: “Il mio sogno è quello di arrivare in Serie A e, soprattutto, in nazionale maggiore”.
Insomma, un ragazzo di quasi vent’anni con la testa sulle spalle, la cultura del lavoro e la voglia di arrivare. Tutte qualità importantissime in ogni campo, in special mondo nel calcio di oggi.
Per chiudere questo viaggio alla scoperta di Paride, quindi, era doverosa qualche domandina riguardante la sua vita privata, i suoi gusti, i suoi pensieri… “Il prossimo febbraio festeggerò i vent’anni. Ho la ragazza ad Andria, il mio paese, quindi ogni qualvolta ho qualche giorno libero torno giù per passare del tempo con lei. Per il resto sono un ragazzo come tanti: amo le canzoni di Ligabue, adoro stare con gli amici e mi piace molto andare al cinema”.
Un portiere, però, non può essere fino in fondo una persona normale. O, almeno, così dicono: pare infatti che ci sia una caretteristica comune ad ogni numero 1, una certa “pazzia” di fondo, innata, propria di tutti gli estremi difensori. Così come, del resto, di grandissimi portieri è piena la storia del calcio. Due questioni riguardo alle quali ho voluto interrogare anche lui: “(ride) Eh sì, la pazzia è una caratteristica riscontrata comunemente nei portieri… ed in effetti credo di averne anche io la mia parte. Per quanto riguarda il miglior portiere di sempre, invece, dico che sicuramente ce ne sono stati diversi molto forti ma credo che il migliore in assoluto sia Buffon”.
Buffon. Proprio quel portiere che iniziò da bimbo come giocatore di movimento, salvo poi scalare tra i pali crescendo.
Proprio quel portiere che qualcuno della generazione di Paride dovrà finire col sostituire tra i pali della nostra nazionale.
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