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Archive for the ‘Spagna’ Category

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Non sono un esperto di Paesi Baschi, pur seguendo da sempre – e con un occhio di riguardo – le gesta dell’Athletic Bilbao, alfiere di una intera popolazione.
Però immagino che da quelle parti stiano trovando un motivo in più per sperare in una futura separazione dalla Spagna.

La storia che vi racconto oggi è questione recente, di pochi giorni fa. Quando cioè il piccolo SD Eibar ha battuto l’Alaves in un match valevole per la quarantesima giornata di Liga Adelante (la seconda divisione spagnola) ottenendo la matematica promozione nella Liga BBVA.

Guadagnandosi quindi, sul campo, la possibilità di sfidare due giganti del calcio mondiale come Real Madrid e Barcellona, oltre al rampantissimo Atletico Madrid del Cholo Simeone e, perché no, dare vita ad un interessantissimo derby con l’Athletic Bilbao.

Perché ho specificato “sul campo”?

Perché il piccolo Eibar – meno di 28mila abitanti – potrebbe vedere sfumare un diritto acquisito col sudore della fronte a causa di un decreto Reale promulgato quindici anni fa. Secondo cui, in soldoni, il capitale sociale dell’SD Eibar non sarebbe sufficiente a poter iscrivere la squadra alla prossima Liga.

Una vera e propria beffa per una società serie e sana (non risultano debiti, paga gli stipendi sempre in maniera puntuale) che nonostante un fatturato di soli 400mila euro l’anno (ovvero, l’ammontare del bonus che un singolo giocatore del Real Madrid ha percepito per la vittoria della Champions League) è riuscita nell’impresa di effettuare un doppio salto mortale nel corso di due anni.

La scorsa stagione, infatti, gli Armeros vinsero la Tercera davanti alle squadre B di Villareal ed Almeria.

Quest’anno, quando siamo praticamente giunti al termine di un campionato molto combattuto, l’Eibar guida la classifica con un punto di vantaggio sul nobile decaduto Deportivo La Coruna, ma soprattutto ha sette punti di vantaggio sul trio Las Palmas – Barcellona B – Sporting Gijon. Che, a due partite dal termine, significa promozione sicura.

O meglio, non così sicura proprio in merito a questa gatta da pelare che il Presidente del club, Alex Aranzábal, sta provando a risolvere.

Per farlo è necessario l’ingresso in società di nuovi soci. Che, con l’apporto di capitale fresco, permettano all’Eibar di regolarizzare la propria posizione rispetto al succitato decreto Reale, potendosi quindi iscrivere a tutti gli effetti alla Liga 2014/2015.

Armeros che dovrebbero aver tempo fino all’8 agosto per espletare quanto necessario. Un tempo credo sufficiente a liberarsi anche di questo inghippo, coronando così una splendida favola sportiva.

Senza grandi nomi tra le proprie fila, e basandosi appunto su una gestione oculata e corretta della società, l’Eibar ha infatti compiuto una sorta di miracolo, arrivando a meritarsi l’ingresso nell’olimpo del calcio spagnolo.

Sancito da una rete di José Ignacio “Jota” Peleteiro, capace di stendere il Deportivo Alaves e far partire la festa.

Allenatore della squadra è il bilbaino Gaizka Garitano, che dopo aver passato cinque anni all’Athletic girovagò un po’ per il paese, passando cinque stagioni anche nello stesso Eibar, oltre che tre nella Real Sociedad.

Appese le scarpe al chiodo nel 2009, quindi, subito fischietto al collo e via con tre anni da vice proprio negli Armeros, di cui, dal 2010 al 2012, ha allenato anche la squadra B.

Poi, la promozione a coach del primer equipo. E questo doppio, fantastico, salto mortale in avanti.

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Il big match assoluto dell’ultimo sabato calcistico è stato il celeberrimo “Clasico“, ovvero il match più atteso di Spagna.

Che ha visto scendere in campo, davanti ad un Camp Nou gremito in ogni ordine di posto, il Barcellona del Tata Martino contro il Real Madrid di Carletto Ancelotti.Tata Martino

Match sentitissimo e appassionante, almeno nel secondo tempo. Nella prima frazione, infatti, gli ospiti hanno fatto poco e male, lasciando al solito tiki taka barcelonista il controllo del campo.

Un primo tempo rovinato – anche se non soprattutto – da due scelte effettuate dal mister italiano nel momento della scelta della formazione: giocare senza punte di ruolo (con il tridente formato da Di Maria, Bale e Cristiano Ronaldo) e, a mio avviso ancor di più, schierare Sergio Ramos come mediano, affiancato da Khedira mezz’ala destra e Modric sull’altro lato.

Se quella di non dare punti di riferimento alla difesa blaugrana era una scelta che poteva pagare dividendi interessanti (rovinata più che altro dalla scarsa vena di Di Maria, dalla condizione non ottimale di un Bale comunque voglioso di mettersi in mostra e dalla poca incisività del fenomeno lusitano), l’idea di schierare l’ex Siviglia a centrocampo, come schermo della difesa, è risultata dannosa in tutto per tutto.

In primis, diciamo subito che la “scusa” usata da Ancelotti nel post partita non regge. Praticamente l’ex tecnico Rossonero ha detto di aver schierato Ramos lì viste le non perfette condizioni di Ilarramendi. Come se l’unica opzione alternativa all’ex Real Sociedad fosse il “Tarzan di Camas”.

Invece, solo per restare all’11 sceso in campo, Carletto poteva avanzare in mediana Pepe, comunque più adatto al ruolo, schierando Ramos al fianco di Varane.

O, ancora meglio secondo il mio punto di vista, schierare un 4-2-3-1 con Khedira e Modric in mediana e la coppia Di Maria – Isco sulla trequarti affiancata, a turno, da uno tra Ronaldo e Bale (o, per tornare alla questione punta di ruolo, Di Maria in panca e Benzema fisso davanti).

Così facendo non si sarebbe visto un difensore adattato a centrocampo e si sarebbe potuto contare sulle giocate di Isco, per me uno dei giocatori più talentuosi del mondo.

Invece in quella posizione Ramos è risultato dannoso perché oltre ad essere nullo in fase di impostazione (anche da qui sono nati i problemi del Real nel primo tempo) ha sempre teso a schiacciarsi troppo sulla difesa, diventando quasi più un centrale aggiunto che non un vero frangiflutti.

Il tutto, per altro, mentre Carvajal sulla destra veniva messo in grossa difficoltà da un Neymar voglioso e ficcante.

Giudicare certi meccanismi standosene in poltrona è sicuramente facile, più che dover prendere decisioni con quel carico di responsabilità e quella pressione addosso.
Però, allo stesso tempo, che Ramos sia stato un esperimento assolutamente fallimentare è palese: non ha le caratteristiche tecnico-tattiche per potersi esprimere al meglio lì, meno che mai in match di assoluto valore come, appunto, El Clasico.Sergio Ramos

In questo senso dopo il “caso Casillas” un’altra patata bollente rischia di esplodere tra le mani di Ancelotti. Che, a quanto sembra, non gradisce troppo Ramos centrale. Il quale, a sua volta, non vuole giocare terzino.
Il mediano, come abbiamo visto e detto, non lo riesce a fare efficacemente.

Quindi, cosa ne sarà di lui? Altro escluso eccellente?

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Disclaimer: non credo che il tiki taka sia un’aberrazione. Semplicemente, un sistema di gioco come un altro. Forse, in certe situazioni, più funzionale (se applicato coi giocatori “giusti”). Ed in altre, ovviamente, evitabile (guardare le prestazioni del superBarça capace di perdere tenendo la palla per più del 70% del tempo, senza praticamente mai tirare in porta).
Lo premetto, perché non voglio che questo pezzo sia mal interpretato.Lionel Messi

Il Barcellona ha cambiato il calcio. Segnando la storia di quello che viene spesso definito “il gioco più bello del mondo” come poche altre squadre erano state capaci di fare nel corso degli anni.

Tante le vittorie ottenute dai Blaugrana, capaci anche di costituire l’intelaiatura (a livello di singoli, quanto di tattica e di approccio al gioco) anche della nazionale spagnola, che da cenerentola assoluta del calcio mondiale è passata ad esserne la dominatrice indiscussa.

Il tutto grazie all’ormai celebratissimo (nel bene e nel male) tiki taka.

Descriverlo è ormai superfluo, essendo stato vivisezionato in ogni modo in questi anni.

C’è un aspetto di questo tipo di gioco, che ha però portato a bruciare un’intera generazione di prime punte.

In questi anni, infatti, il Barcellona, dovendo dare a Messi quanto più spazio possibile, si è evoluto sino ad arrivare al “falso nueve”, quindi con una punta che, in realtà, è più un esterno/fantasista che non un vero attaccante centrale. E la cosa ha praticamente sbarrato le porte della nazionale ad una serie di giocatori che, nati solo dieci anni prima, avrebbero sicuramente accumulato molte più presenze con le Furie Rosse.

A salvarsi, fondamentalmente, gli unici due attaccanti che, pur capaci di ricoprire il ruolo di prima punta, hanno caratteristiche tali da potersi adattare tranquillamente anche come seconde punte, quando non esterni: Villa e Fernando Torres.

Le altre prime punte, nonostante siano tutt’altro che giocatori disprezzabili ed abbiano anzi in alcuni casi anche numeri importanti a livello realizzativo, sono state praticamente “bruciate” a livello internazionale.

Prendiamo le classifiche dei marcatori a partire dalla stagione successiva al primo successo spagnolo, l’Europeo del 2008 (giusto per delimitare temporalmente il nostro discorso, sono cinque stagioni giuste).

Quell’anno la classifica marcatori venne vinta da Forlan davanti ad Eto’o, con un certo David Villa (all’epoca ancora al Valencia) giunto terzo, con ben 28 reti all’attivo. Al sesto posto, a pari merito con Henry, Alvaro Negredo, capace di realizzare ben 19 segnature con la maglia del non irresistibile Almeria. Una posizione sotto, in coabitazione con Kanoutè, Raul. A seguire Aguero e Llorente, col basco fermo a 14 segnature.

Qualcosa potete forse iniziarlo ad intuire.

L’anno seguente inizia il regno di Messi, seguito da Higuain e Ronaldo. Quarto il solito Villa, che si ferma a 21. In sesta posizione entra Soldado (16), seguito da Llorente e Nino (14).

La stagione 2010/2011 vede Negredo al terzo posto (20) assoluto in coabitazione con Aguero, migliore tra tutti i convocabili nella selezione spagnola. Distanti due sole segnature Llorente, Soldado e Villa (al suo primo anno al Barça).

L’anno scorso i due spagnoli più prolifici sono stati Llorente e Soldado (17), con Castro a 16, Michu a 15 e Negredo fermatosi a 13 (con otto partite giocate in meno rispetto alla stagione precedente, però).

Quest’anno, a giochi non ancora fatti, Negredo è il quarto miglior bomber in assoluto nella Liga con le sue 18 marcature, primo assoluto tra gli spagnoli. A seguire Soldado a 17 e Castro a 16. Llorente “non pervenuto”, vista la sua spaccatura con la società (ricordiamo che ha già firmato per la Juventus), che non lo ha posto nelle condizioni ideali per giocare e rendere.

Insomma, i giocatori – spagnoli – più prolifici delle ultime stagioni del massimo campionato locale non trovano spazio in nazionale in nome di un estremismo tattico che sì funziona (trofei alla mano, dal 2008 hanno vinto tutto loro), ma che certo ha tarpato non poco le ali ad un’intera generazione di bomber.

La riprova? Il numero di presenze in nazionale. Quei tre, assieme, totalizzano una quarantina di presenze. La metà delle quali messe insieme dal solo puntero basco.

Intendiamoci, so che non stiamo parlando di fenomeni. Ma del resto nemmeno Pedro (che pur avendo due anni in meno ha già quasi raggiunto le trenta presenze da solo) lo è.Alvaro Negredo

Fossero nati solo dieci anni prima probabilmente ora avrebbero tutt’altra fama a livello internazionale…

Questa, in breve, la storia di tre bomber rovinati dall’estremismo tattico di un paese che per iniziare a vincere ha dovuto cancellare la figura della prima punta dai campi di calcio.

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Il calcio è bello a qualsiasi latitudine ed a qualsiasi livello. Proprio per questo quando mi imbatto in partite certo non “di cartello” non mi tiro indietro.

E’ il caso di di Barcellona B – Numancia, partita valevole per il campionato di Liga Adelante (Serie B spagnola) che si sta disputando proprio quest’anno (e che, a oggi, è guidato dall’Elche).

Partita logicamente interessante in quanto dà la possibilità di visionare quei giocatori che sono in rampa di lancio nel Barça B, ovvero sia l’ultimo scalino prima della squadra più forte del mondo.

Diversi i talenti in campo. Su tutti sicuramente quel Gerard Deulofeu da più parti indicato come prossimo “crack” della cantera Blaugrana. Ma non solo. Occhi ben piantati anche su Rafinha, fratello minore di Thiago Alcantara. E in generale su un po’ tutti gli 11 Blaugrana in campo. Perché, come si sa, il passo tra il Barça B ed il Barcellona spesso è molto breve.

E l’1 a 0 dei padroni di casa arriva proprio su una magia (per non dire follia) dell’ala numero 7 destinata a grandi successi in carriera: Deulofeu.

E’ lui che al ventesimo minuto riceve da Grimaldo sulla sinistra, scambia con un compagno entrando in area, si porta a spasso TRE difensori con una seria di dentro-fuori  e alla fine, esattamente tredici secondi – e numerosi dribbling – dopo aver ricevuto la palla effettua un cross basso sul secondo palo dove Lobato, tutto solo, non ha alcuna difficoltà a spingere in rete.
Ma azione davvero da lustrarsi gli occhi, quella di Deulofeu. E chissà quanto si stanno sfregando le mani sulle rambla, pensando al nuovo gioiellino – solo diciottenne – pronto da lanciare in prima squadra!

E’ comunque una partita piuttosto aperta. Perché il Barcellona ha un tasso tecnico probabilmente superiore ma certo non in maniera devastante. Ed il Numancia, nonostante una difesa assolutamente da rivedere (come dimostrato dal goal dell’1 a 0) non ci sta a perdere. Lo spettro della Segunda B (nostra Lega Pro) è un ottimo stimolo per i giocatori di Soria.

Per vibrare ancora dobbiamo comunque aggrapparci ad una sfuriata del solito Deulofeu, nettamente il giocatore più dotato in campo.
E’ lui che poco oltre la mezz’ora prende palla a metà campo e, un po’ alla Messi, punta la porta avversaria. Quattro gli avversari saltati, fino a chiudersi, proprio appena dentro l’area di rigore del Numancia, in un cono formato da tre difensori ed il portiere in uscita, andando così a sprecare l’occasione per segnare un eurogoal assurdo.

E’ sempre un’invenzione del numero 7 Blaugrana a dare il la ad un’azione pericolosa. Quando con un bel filtrante da poco oltre la metà campo spacca la difesa della squadra che fu di Dwight Pezzarossi per smarcare Luis Alberto a tu per tu con Herrerin. Qui, però, la punta della formazione di casa si allargherà troppo nel tentativo di saltare l’estremo difensore avversario, permettendo ai difensori di rientrare e facendo sfumare la possibilità di trovare il raddoppio.

Punta del Barça che dimostrerà approssimazione anche un paio di minuti più tardi quando sull’asse Grimaldo-Deulofeu (sempre lui, strano) nascerà l’azione che lo porterà a calciare dal limite con buono spazio. Ma, per sua sfortuna, senza altrettanta precisione. Palla che si spegnerà a lato.

Tifosi del Barcellona B che tremano quindi solo ad inizio ripresa, dopo una prima frazione assolutamente tranquilla.
A farli spaventare è Satrústegui, che converge in area da sinistra per calciare un diagonale potente che non è però per nulla preciso e si spegne a lato.

La ripresa mostra comunque un Numancia molto più combattivo e determinato del primo tempo. Così che escono tutti i limiti della non irresistibile difesa di casa.
Che comunque regge l’onda d’urto fino al cinquantaduesimo quando Julio Alvarez scodella una palla da destra a sinistra in area di rigore, dove Natalio – dimenticato da Balliu un po’ in stile Maicon ieri sera – è bravo a scattare per bucare facilmente un tutto sommato incolpevole Masip per la rete del tutto sommato meritato 1 a 1.

Julio Alvarez che pochi minuti più tardi sveste i panni dell’assistman provando ad infilarsi quelli del bomber, con la sua girata sotto misura che è però preda di un attento portiere blaugrana.
Ripresa che diventa terra di conquista per gli ospiti. Così dopo un quarto d’ora dal via è ancora Natalio a rendersi pericoloso, con una conclusione al volo dal limite che però non inquadra lo specchio.

Punto di svolta del match che arriva al settantesimo quando Sergi Gomez abbatte Cedrick giusto al limite dell’area, venendo espulso e lasciando i suoi in dieci uomini.
Negli ultimi venti minuti, così, si scatena l’inferno.

Per dieci minuti le squadre si fronteggiano a viso aperto con continui ribaltamenti di fronte, senza però riuscire a pungere.
All’ottantatreesimo, invece, il goal che sblocca entrambe. Quando Cedrick (bell’innesto nella ripresa, dà brio alla squadra) entra in area da sinistra e serve in mezzo all’accorrente Del Pino, che calcia di prima intenzione a fil di palo là dove Masip non può nulla, per il momentaneo 2 a 1.

Il Barça però non ci sta. E dopo nemmeno due minuti arriva lo straordinario pareggio di Luis Alberto. Che riceve palla al limite sinistro dell’area avversaria, controlla e spera un razzo sotto il secondo incrocio, colpendo il palo interno e freddando senza scampo Herrerin. 2 a 2.

Gli schemi sono però saltati. Così il Numancia riparte dal centro, manovra, e in poco più di un minuto si trova a colpire a sua volta: Malon centra da destra, Juanjo fa valere la stazza e sovrasta Balliu (ancora lui) e firma il 3 a 2 esterno. Che però non è il risultato definitivo.

Perché questo pazzissimo finale di match riserva ancora delle emozioni. Il Barça infatti non ci sta e nonostante l’inferiorità numerica ci crede e ci prova.
Schemi saltati, la partita diventa un continuo flipper, una rincorsa a palla ed avversari senza sosta.

Cosa che fa saltare la testa a Rafinha, che per bloccare una ripartenza del solito Cedrick si lancia in scivolata intervenendo alle spalle dell’avversario, abbattendolo senza pietà. Secondo rosso diretto, Barça B in 9.

A questo punto si perde molto tempo per soccorrere il numero 10 numanciano, rimasto a terra. Così il tempo di recupero, inizialmente pattuito in tre minuti, si espande.
Cosa non da poco. Perché l’incredibile 3 a 3 arriverà al novantacinquesimo minuto, quando Luis Alberto si propone in propulsione offensiva sulla sinistra venendo steso – in maniera davvero sciocca – da Del Pino al limite dell’area. Per l’arbitro non c’è dubbio: calcio di rigore.

Sul dischetto si presenta Lomban, che spiazza il portiere avversario ponendo fine ad un match assolutamente rocambolesco.

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E’ stato stilato il calendario dell’edizione 2011/2012 della Liga (potete trovarlo qui).

Primera Division che partirà subito forte.

I campioni in carica faranno infatti visita al Malaga multimilionario dello sceicco Al Thani, da cui ci si aspetta grandi scintille in questa sessione di calciomercato (già acquistati Van Nistelrooy, Buonanotte, Mathijsen, Joaquin, Monreal e Toulalan).

Gli eterni rivali del Real ospiteranno invece i baschi dell’Athletic Bilbao, per una sfida all’ultimo sangue che si preannuncia da subito molto accesa.

Interessantissimo, per quanto concerne la giornata di apertura, anche il derby di Siviglia, con la città andalusa che tremerà fin dal profondo già alla prima giornata.

La quattordicesima giornata vedrà invece un altro derby, ben più importante. Quello tra il Real di Mourinho e l’Atletico che, per allora, probabilmente avrà perso Aguero.

Due giornate più tardi, invece, il match clou, che probabilmente finirà col decidere l’intero campionato: Real – Barcellona.
Che si scontreranno al Bernabeu, probabilmente, per definire la regina del campionato. E si troveranno poi di fronte al Camp Nou un girone più tardi in uno scontro che potrebbe davvero essere assolutamente decisivo.

Per completezza di informazione va comunque detto che il match di andata non si potrà giocare l’11 dicembre come previsto. In quei giorni, infatti, i Blaugrana saranno impegnati in Giappone, dove contenderanno ad Auckland City, Monterrey, Santos ed altre tre squadre non ancora qualificate (la campionessa della prossima J-League e le campionesse delle Champions d’Asia e d’Africa) il Campionato del Mondo per Club.

Non male, per quello che concerne l’ultima giornata, uno sfiziosissimo Villareal – Atletico Madrid. Che, chissà, potrà anche essere decisivo per la lotta ad un posto in Europa.

Dovrebbero poter vincere entrambe, invece, le due grandi: da una parte il Real ospiterà il Maiorca al Bernabeu, dall’altra il Barcellona farà visita al Benito Villamarin per affrontare il Betis (che apre col derby e chiude contro il Barça… non male!).

Liga che anche quest’anno, a meno di cadute inopinabili, si preannuncia come un affare a due con una squadra, il Barça ovviamente, che parte con gli assoluti favori del pronostico.

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Carles Puyol

Il 13 aprile di trentadue anni fa nasceva a La Pobla de Segur, paesino catalano di circa tremila abitanti sito nella provincia di Lleida, Carles Puyol Saforcada, destinato ad essere uno dei migliori difensori della storia di Spagna.

Personalmente non ho molti miti, così come non ne avevo da bimbo. Dal primo giorno in cui vidi questo difensore capellone dal cuore immenso, però, sentii subito un’attrazione fatale nei suoi confronti tanto che andai immediatamente a comprarmene la maglia. Una decina d’anni dopo posso dire senza timore d’essere smentito di averci visto lungo: Carles è indubbiamente uno dei migliori difensori al mondo, senza se e senza ma.

Dopo aver iniziato come portiere nella squadra della propria città evoluisce in attacco a causa di un problema alla spalla, entrando a far parte delle giovanili Blaugrana nel lontano 1995, iniziando a giocare come mediano. Il 1995 fu anche l’anno in cui entrò a fare parte del giro della nazionale under 18 del suo paese. Due anni più tardi, quindi, la trasformazione in terzino destro e l’approdo al Barcellona B.
Altri due anni ed arriverà, a quattro di distanza dal suo approdo in quel di Barcellona, l’esordio in prima squadra: correva il 2 ottobre 1999 quando Luis Van Gaal decise di lanciarlo in prima squadra in una trasferta sul campo del Real Valladolid.

Nel 2000 Carles entrò quindi, nel corso dello stesso anno, nel giro della nazionale under 21, Olimpica e maggiore. E proprio alle Olimpiadi di quell’anno, svoltesi in quel di Sidney, Puyol contribuì a portare i suoi al secondo posto assoluto, rientrando in Catalogna con l’argento al collo.
Un paio d’anni più tardi, invece, vinse il premio di miglior esterno destro del campionato, nonostante fosse già iniziata una lenta e graduale trasformazione a centrale difensivo.

Divenuto in breve tempo idolo assoluto della tifoseria catalana a Puyol venne fatto firmare, e siamo nel 2003, un quadriennale con cui venne assolutamente blindato: la sua clausola di rescissione venne infatti posta a 180 milioni di euro. Proprio quell’anno, quindi, venne sancita la sua ascesa all’interno della società Blaugrana: al 25enne difensore de La Pobla de Segur venne infatti consegnata la fascia da capitano, indossata ancora oggi con grande onore.

Nonostante giocasse in una delle squadre più prestigiose al mondo Carles dovette aspettare sino al 2005 per alzare il primo trofeo: si trattò di una Liga spagnola. Da lì in poi, però, iniziò a fare incetta di allori.
Il suo palmares ora vanta infatti 4 campionati spagnoli, 3 Supercoppe di Spagna, 1 Coppa del Re, 2 Champions League, 1 Supercoppa UEFA, 1 Mondiale per Club ed 1 Campionato Europeo. Cui domenica potrebbe aggiungersi anche un Campionato Mondiale.

Perché la sua Spagna si è qualificata, proprio grazie ad un suo goal, alla finalissima del Mondiale sudafricano imponendosi per 1 a 0 sulla Germania di Joachim Loew. E proprio quel goal la dice lunga sulle sue qualità: perché nonostante non arrivi al metro e ottanta Carles risulta essere uno dei migliori colpitori di testa dell’intero globo. Basti vedere come su quel calcio d’angolo si vada a fiondare in area per svettare poi più alto dello stesso Piquè, proprio compagno di squadra cui paga una decina di centimetri in altezza.

Marcatore arcigno, Puyol risulta essere fortissimo tanto nel non farsi superare dagli avversari quanto nel giocare d’anticipo sugli stessi. Dotato di grandissima grinta e passionalità risulta essere quasi insuperabile nell’uno contro uno e grazie alla sua notevole velocità di base sa farsi valere anche in fase di recupero, riuscendo spesso a risultare decisivo nel districare situazioni estreme.

Carles Puyol, l'ultimo gladiatore

In nazionale non veste la fascia di capitano, indossata da Iker Casillas. Questo, comunque, non ci impedisce di vedere proprio in lui il leader carismatico di un gruppo dalla tecnicità devastante. Perché cuore e palle sono cose che il nostro Carles ha in quantità industriali e non è certo una fascia a renderti o meno trascinatore di un gruppo.

Spagna in finale, dicevamo. E se qualora la Roja vincesse diventasse proprio lui, quattro anni dopo Fabio Cannavaro, il nuovo Pallone d’Oro europeo?

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E’ stato un mercoledì interessante per gli spagnoli, quello appena passato.
Non tanto per il secco 4 a 1 con cui il Real Madrid si è imposto all’ONO Estadi di Maiorca, cosa questa che ha permesso ai Blancos di restare ad un solo punto di distanza dal Barcellona (che il giorno prima aveva battuto il Tenerife), quanto più per i capolavori balistici confezionati da Sergio Paulo Barbosa Valente (meglio noto come Duda) e Álvaro Negredo Sánchez rispettivamente in quel di Bilbao ed in quel di Santander.

Ma andiamo, muovendoci in ordine cronologico, a vedere quanto combinato dai due.

Ore 20.18, Estadio San Mamés di Bilbao: la squadra di casa, l’Athletic Club, sta sconfiggendo per 1 a 0 gli ospiti, il Malaga. Vittoria questa che sarebbe importantissima per il club basco, ancora in piena corsa con Getafe e Villareal per ottenere la sesta posizione, ultima utile per la qualificazione alla prossima Europa League.

A rompere le uova nel paniere a Joaquín Caparrós, tecnico della squadra di casa, ci pensa però proprio Duda che giusto quattordici minuti dopo la rete del vantaggio firmata da Torquero segna da par suo un pareggio che potrebbe rivelarsi fondamentale per la salvezza della sua squadra: l’esterno sinistro lusitano di origine brasiliana piazza la palla nei pressi della bandierina di sinistra della porta difesa da Iraizoz per poi calciarla con potenza relativa, pensando più che altro ad imprimere alla stessa un grande effetto.

Álvaro Negredo Sánchez esulta dopo aver firmato il 5 a 1 del suo Siviglia all'El Sardinero

Dopo essersi staccato da terra, quindi, il pallone disegna una traiettoria pressoché perfetta che fende l’aria e si dirige verso la porta basca, andando a bucare il malcapitato portiere avversario: è goal direttamente da calcio d’angolo.

Più di un’ora più tardi, invece, è Negredo a firmare una rete d’autore. In questo caso la cornice del quadro dipinto dall’ex canterano del Rayo Vallecano è l’El Sardinero di Santander e la rete di Alvaro non incide sul risultato: è l’ottantanovesimo di un match già sul 4 a 1 per il suo Siviglia, infatti, quando la punta nativa di Vallecas riceve in area un lancio di Lolo e dopo essersi coordinato alla perfezione impatta il pallone in pieno con il collo sinistro scagliando un missile imprendibile per Coltorti, che viene irrimediabilmente bucato dalla castagna dell’avversario.

Questo goal, balisticamente notevole, è l’undicesimo segnato in campionato da Negredo, giocatore che dopo le buone cose fatte vedere all’Almeria sta provando ad imporsi ad un livello superiore proprio cercando di ripetersi anche al Siviglia, squadra che anche grazie ai suoi goal è appena riuscita a scavalcare il Maiorca portandosi in quarta posizione, l’ultima utile per tentare la qualificazione alla prossima edizione della Champions League.

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Due partite in quattro giorni.
Due, come i video che vale la pena mostrarvi.

Il Deportivo ha appena chiuso una quattro giorni di fuoco che ha visto l’ormai ex SuperDepor giocarsi parte delle chance di qualificazione alla prossima Europa League con Racing e Barça.

I Turcos, infatti, avevano bisogno di punti per continuare a sperare in un posto al sole. Punti che non sono però arrivati, tanto che la squadra di La Coruna si trova oggi a quota 43, un solo punto in più rispetto a una settimana fa.

Ma andiamo con ordine.

Domenica 11 aprile, ore 16, stadio Riazor di La Coruna: l’arbitro Antonio Miguel Mateu Lahoz fischia l’inizio di un match che vede i padroni di casa opposti al Racing Santander.
E bastano trentasei soli secondi di gioco per infiammare il pubblico: è proprio il Depor a mettere in gioco il pallone che viene però subito perso da Alberto Lopo, che lo sparacchia avanti piuttosto casualmente facendolo entrare in possesso della retroguardia ospite, che lo perde però subito. La partita è quindi subito molto combattuta a centrocampo dove entrambe le squadre cercano di avere la meglio sull’avversaria.

Il forte pressing ospite porta quindi Antonio Tomas ad effettuare un retropassaggio su Alberto Lopo che, a sua volta, alleggerisce la pressione appoggiando il pallone a Daniel Aranzubia, il proprio portiere; il quale dopo aver stoppato il pallone lo calcia profondo, giusto in direzione di Riki. La punta nativa di Aranjuez, al quarto anno al Depor, si avventa quindi sul pallone proteggendolo dall’intervento di Oriol per bucare poi l’uscita di Fabio Coltorti: dopo trentasei secondi netti, quindi, i padroni di casa si trovano già in vantaggio, ed il Riazor esplode.

Pedro festeggia la realizzazione del suo goal da metà campo

Alle volte basta proprio poco per trovare una rete.

Per la cronaca la partita terminerà sul risultato di 1 a 1. A segnare la rete del pareggio sarà infatti Toni Moral che all’ottantaquattresimo minuto riporterà in equilibrio la situazione.

Giusto ieri, invece, il Depor ha giocato al Camp Nou contro la capolista Barcellona, lanciatissima verso il titolo dopo la vittoria nel Clasico.

Nel corso del match, agevolmente vinto 3 a 0 dai padroni di casa, il buon Pedro, nuovo astro nascente della cantera Blaugrana, ha segnato una rete notevole per quanto non certo complicatissima essendo stata realizzata praticamente a porta vuota: è il sessantanovesimo minuto quando Victor Valdes esce in presa alta dominando la propria area e facendo suo un cross proprio di Riki, che aveva scodellato un calcio di punizione in mezzo.

Dopo aver saldamente abbrancato il pallone, quindi, il portiere catalano decide di non perdere nemmeno un secondo di troppo e di rimetterlo lunghissimo per provare a prendere in contropiede la difesa avversaria. Che, in effetti, era piuttosto alta. Alta almeno quanto il pallone è profondo, però, tanto da risultare irraggiungibile per Dani Alves, che si era gettato al suo inseguimento.

La cosa, quindi, agevola l’uscita fuori dalla propria area di Aranzubia che, chissà, forse nel calciare di prima intenzione quel pallone sperava di poter ripetere l’assist di quattro soli giorni prima nel match contro il Racing.
Questa volta, però, il portiere ex Athletic Bilbao colpisce il pallone in maniera molto approssimativa recapitandolo giusto tra i piedi di Pedro. Che, tutto solo nel pressi della mezzaluna di metà campo, pensa bene di calciarlo di sinistro di prima intenzione, recapitandolo giusto a fil di palo della porta sguarnita, segnando così il 2 a 0 (che diventerà 3 a 0 tre soli minuti più tardi, quando Yaya Tourè chiuderà ogni discorso).

In quattro giorni un solo punto per il Depor. Ma anche due goal che, nel bene o nel male, valevano la pena di essere raccontati.

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E’ stato, come da pronostico, il Barcellona ad aggiudicarsi il Clasico disputatosi sabato sera in quel del Santiago Bernabeu. Guidati da un Messi meno pimpante del match con l’Arsenal ma letale come suo solito, infatti, i Blaugrana hanno fatto di un sol boccone il Real Madrid, che si è così piegato davanti alla squadra più forte del mondo, venendo quindi staccato di tre punti in classifica.

C’è poco da dire, riguardo alla partita: un Barça con molti assenti di rilievo riesce infatti a domare senza grandissimi problemi un Real Madrid che mette pienamente in mostra come non serva a nulla spendere diverse decine di milioni di euro (si parla di 254 milioni di euro spesi la scorsa estate) quando non si ha un progetto tecnico ben chiaro e definito.

Personalmente reputo infatti, come primo colpevole di questa sconfitta, quel Perez che arrivò riempiendosi la bocca di grandi proclami per poi costruire una squadra che pare più un tentativo di creare nel calcio una formazione assimilabile ai famosi Harlem Globetrotters piuttosto che una squadra di calcio quadrata e compatta, capace di giocarsi la vittoria su di ogni fronte.

Che senso ha, infatti, spendere fior di milioni per acquistare Benzema, Cristiano Ronaldo e Kakà quando la tua squadra dispone già di gente come Raul, Higuain, Van Der Vaart, Van Nistelrooy, Sneijder e Robben, andando poi a svendere proprio questi ultimi?
Risultato? Il primo sta trascinando l’Amburgo in finale di Europa League, gli altri due sono in semifinale di Champions. E la Casa Blanca? Fuori dalla massima competizione europea per club e dalla Coppa del Re e sconfitta, appunto, nello scontro diretto che vale buona parte del campionato.

Allo stesso modo che senso ha spendere tutti quei soldi per ammonticchiare talenti un po’ a casaccio là davanti quando poi ci si presenta in campo con Arbeloa terzino sinistro, Garay-Albiol coppia non certamente ermetica ed il duo Marcelo-Gago a fare le mezz’ali di centrocampo? Possibile che non si poteva investire parte di quel capitale per rinforzare il resto della squadra, anziché pensare quasi solamente all’attacco?

Fatto sta che Pellegrini si trova a schierare una squadra senza né capo né coda, una squadra che non riesce a salvarsi nemmeno grazie al talento dei suoi giocatori più rappresentativi e che cede quindi sotto i colpi di una non proprio invincibile armata Blaugrana.
Perché Guardiola deve far fronte ad alcune defezioni e a stati di forma non propriamente scintillanti, decidendo quindi di schierare un undici che lascerebbe, in sè, spazio a non poche speranze da parte dei tifosi madridisti. Basti pensare che la linea difensiva vedeva in campo Milito e Maxwell, non propriamente due fenomeni assoluti, per avere fiducia nel fatto che si sarebbe potuto bucare Valdes.

Messi festeggia il goal dell'1 a 0: anche il Bernabeu deve prostrarsi ai piedi del migliori giocatore del mondo

Le cose sono invece andate ben diversamente. Certo, non che il Real non abbia avuto qualche possibilità. Ma tutto sommato non c’è mai stata partita, a livello sostanziale, con un Xavi realmente monumentale a prendere per mano una squadra che nonostante mancasse di diversi titolari, come detto, ha continuato a suonare una dolce melodia, come la più affiatata delle orchestre.

Ad inizio partita rimasi personalmente un po’ stupito nel vedere Dani Alves, sulla carta terzino, essere schierato come ala offensiva a completamento di un tridente composto da Messi – punta centrale – e Pedro. Il tutto con Henry in panca.
Questa mossa un poco bizzarra ha comunque pagato, alla fine, anche grazie alla fragilità intrinseca nell’undici merengue.

Il tutto nonostante non sia sceso in campo il miglior Messi di sempre: la Pulce, infatti, gioca sottotono per lunghi tratti del match, dimostrandosi ancora una volta però bomber implacabile quando Xavi lo libera per l’1 a 0 che l’erede di Maradona segna sigillando il quarantesimo goal di questa sua incredibile stagione.
Goal importantissimo, quindi, e qualche buona azione. Peccato solo si faccia poi chiudere, nel secondo tempo, la porta infaccia dal malcapitato Iker Casillas, ultimo baluardo di una difesa che fa acqua un po’ da tutte le parti. Firmare una tripletta al Santiago Bernabeu dopo il poker con l’Arsenal, infatti, avrebbe avuto il sapore dell’impresa.

Messi che nonostante non domini il match, come detto, vince comunque lo scontro diretto con un Cristiano Ronaldo parso un po’ abulico: il fenomeno portoghese, infatti, mette più volte in difficoltà Piquè, specialmente nel primo tempo, non riuscendo però mai a trovare lo spunto giusto per divincolarsi dalla morsa del duo composto dal centrale ex United e da capitan Puyol, risultando quindi fondamentalmente incapace di colpire.

Barcellona che, insomma, non ha bisogno di dare fondo a tutte le energie per vincere lo scontro diretto con gli acerrimi rivali della capitale spagnola. Ora la strada per imporsi nuovamente al termine del campionato è praticamente tutta in discesa…

I giocatori del Barça festeggiano il 2 a 0 firmato da Pedro

Le pagelle

Anche se non sono solito dare i voti ai giocatori mi sbilancio in questa occasione, stilando le mie personali pagelle dello scontro tra Real e Barça-

Real Madrid:

Iker Casillas: 6,5
Il capitano del Real è fondamentalmente esente da colpe dato che sui due goal può fare pochino. Non solo: nella ripresa ha il merito, con le sue parate, di evitare un passivo che sarebbe potuto essere realmente pesante. Come detto in sede di commento resta l’ultimo baluardo di una difesa-colabrodo.

Sergio Ramos: 4,5
Intendiamoci: senza due o tre entratacce davvero cattive e senza senso avrebbe preso almeno mezzo voto in più, ma oltre a disputare un match giocato senza mordente (quasi nullo in fase offensiva, spesso fuori posizione nella sua metà campo) dimostra di essere troppo nervoso, facendo appunto un paio di fallacci assolutamente censurabili e meritando, forse forse, di finire il match anzitempo. Certo giocare in una squadra con la fase difensiva del Real non dev’essere facile, ma certi limiti non sono comunque da sorpassare.

Raul Albiol: 5
Fare il difensore oggi al Real Madrid non è impresa semplice. Certo Albiol dimostra di non essere un fenomeno. Prestazione senza lode e con qualche infamia, come l’essersi perso Messi in occasione del goal del vantaggio.

Manuel Garay: 5,5
Il giovane centrale argentino forse non è un centrale da grande squadra, anche se sarebbe bello vederlo inserito in un collettivo con una fase difensiva all’altezza della situazione. Sabato sera risulta comunque essere il meno peggio del suo reparto, per quanto non possa nulla per evitare l’imbarcata.

Alvaro Arbeloa: 5
Vale un po’ lo stesso discorso fatto per Albiol, con la differenza che qui si è di fronte ad un giocatore che mi chiedo come abbia potuto passare da squadre importanti come Liverpool e Madrid, posto che mi sembra tutto fuorché un giocatore di grande livello. Anche per lui, comunque, nessuna lode e qualche infamia, come l’aver tenuto in gioco Pedro in occasione del raddoppio, per poi farsi anche bruciare sullo scatto dalla giovane ala Blaugrana.

Arbeloa, qui ripreso mentre contrasta Sergi Busquets, affonda con tutta la nave nello 0 a 2 del Bernabeu

Xabi Alonso: 5
Il regista arrivato in estate da Liverpool dimostra come abbia bisogno di ben altra organizzazione per poter giocare ai suoi livello. Xabi è infatti un regista piuttosto statico che dà il meglio di sè in fase di costruzione e che risulta essere efficace anche con la castagna da fuori, ma che non può trovarsi solo o quasi a fare da frangiflutti davanti alla difesa. Nel marasma del centrocampo merengue di sabato, quindi, cola a picco con tutta la nave, non riuscendo a giocare con tranquillità né a dare i tempi alla squadra e fallendo anche sottomisura il goal del possibile pareggio.

Fernando Gago: 5,5
Prova a far fronte come può allo strapotere che mostrano in fase di palleggio gli avversari, ma viene anche lui risucchiato nel buco nero in cui cadono un po’ tutti i suoi compagni di squadra, riuscendo a combinare pochino.

Marcelo: 5
Utilizzato a centrocampo da mister Pellegrini parte benino, andando però a spegnersi quasi da subito fino a convincere il proprio allenatore a sostituirlo dopo una decina di minuti dall’inizio del secondo tempo.

Rafael Van der Vaart: 4,5
Il trequartista Oranje avrebbe bisogno di cambiare aria per provare a ritrovare fiducia in sè stesso. Anche nel match contro il Barça, infatti, pare continuare la sua involuzione: l’ex lancere disputa una partita ampiamente sotto la soglia di accettabilità, andando anche a fallire al 59′ minuto di gioco un’occasione a tu per tu con Valdes che avrebbe potuto riaprire il match.

Gonzalo Higuain: 5
Tacciato di sparire nel corso dei match che scottano Higuain pare dar ragione ai suoi detrattori. Personalmente penso che abbia grandi mezzi e che contro il Barça non sia praticamente mai stato supportato a dovere, e forse è più che altro questa la ragione che l’ha spinto a colare a picco assieme a tutta la barca. Certo però che anche l’occasione fallita in apertura, quando un buco di Piquè gli spiana la strada verso la porta Blaugrana, pesa, e quella può essere imputabile solo ad una sua mancanza di lucidità…

Higuain non disputa una partita da ricordare nel Clasico contro il Barça

Cristiano Ronaldo: 6
E’ l’unico tra i dieci giocatori di movimento ad aver iniziato la partita a salvarsi. CR9, infatti, non riesce praticamente mai a rendersi pericoloso come sa fare, ma tiene comunque più volte in apprensione una retroguardia, quella Blaugrana, che non rappresentava propriamente un limite invalicabile. Chissà se oggi, riguardando alla scorsa estate, rimpianga o meno di aver lasciato Manchester: là, almeno, la squadra aveva un’identità tattica ben precisa e lui si trovava a fare il primo violino di un’orchestra affiatata, non il fenomeno appannato di una banda scalcagnata.

Josè Guti: 6,5
Entrato al 57esimo minuto al posto di Marcelo Guti dimostra di essere molto più in palla dei suoi compagni di reparto e subito dopo essere entrato pensa bene di liberare Van der Vaart davanti a Valdes, continuando poi per il resto del match a provare a mettere ordine in una compagine senza né capo né coda.

Raul Gonzalez Blanco: 6
Entrato al 68esimo minuto al posto di Van der Vaart dimostra come il fiuto del goal sia cosa innata andando ad accorciare le distanze a pochi minuti dal termine. Peccato solo che l’arbitro, giustamente, gli annulli il goal per via di un fallo di mano di Benzema antecedente la sua conclusione. Gli bastano venti minuti, comunque, per spaventare il Barcellona.

Karim Benzema: s.v.
Entrato al 79esimo minuto al posto di Higuain gioca troppo poco per meritarsi un voto. In dieci minuti, comunque, si fa vedere andando a sfiorare un goal di testa. Peccato solo per quel fallo di mano che nega il goal a Raul… Se le cose continueranno così per lui, comunque, non è certo impossibile possa lasciare Madrid a prezzi scontati a fine anno. Un po’ come capitato a Sneijder e Robben prima di lui…

Barcellona:

Victor Valdes: 7
Resta con le mani in mano per buona parte del match, guardando i suoi scherzare gli avversari. Verso il sessantesimo entra in partita, dimostrando di esserci in pieno e venendo bucato una sola volta, ma a gioco praticamente fermo, da Raul. Importantissima, per altro, la parata nell’1 vs. 1 con Van der Vaart: un goal in quel momento avrebbe potuto mostrarci ben altro match.

Victor Valdes si distende e para una conclusione portata da Raul

Carles Puyol: 7
Altra buona gara per uno dei difensori più forti degli ultimi anni. Nonostante soffra un po’ la velocità di Ronaldo ad inizio match riesce comunque a recuperare diversi palloni, tenendo in piedi la baracca. Ancor meglio fa quando viene spostato sulla sinistra, andando anche a scherzare Sergio Ramos con un tunnel che fa un certo effetto. E’ spagnolo di passaporto ma a guardarlo sembrerebbe più scozzese: braveheart!

Gerard Piqué: 6
Nel primo tempo soffre moltissimo, soprattutto nella prima parte dello stesso, soprattutto per via della velocità di Ronaldo, che riesce a contenere solo grazie ai raddoppi del suo capitano. In più, proprio nei primi quarantacinque minuti, buca anche un pallone sanguinoso spianando la via del goal a Higuain, che per sua fortuna manca il bersaglio. Nel secondo tempo, poi, fa un pochino meglio anche se in linea di massima la coppia formata da lui e Milito non sembra dare garanzie di tenuta.

Gabi Milito: 5,5
Più volte in difficoltà tanto nel primo quanto nel secondo tempo il fratello del Principe Nerazzurro dimostra di non essere più quel difensore affidabile che era stato fino a qualche stagione fa. I tanti infortuni avuti in carriera, probabilmente, ne hanno minato troppo il fisico, portandolo ad un appassimento precoce. Certo è che oggi non dà più garanzie di poter reggere a certi livelli.

Maxwell Scherrer: 6
Non è mai stato un campione di tenacia, e questo lo ha sempre limitato moltissimo. Le sue qualità tecniche, infatti, non si discutono e grazie anche alla pochezza di grandi interpreti del ruolo sarebbe potuto essere uno dei migliori terzini al mondo se solo avesse dato dimostrazione di saper lottare su ogni pallone. Vista la sua dimensione, comunque, risulta essere una più che degna riserva al Barça, ed anche nel corso del clasico si ben comporta, terminando un match giocato senza infamia né lode.

Maxwell contrasta Sergio Ramos

Sergi Busquets: 6,5
Ennesimo canterano che si è inserito a meraviglia nel contesto della prima squadra. Intendiamoci, è tutto fuorché un fenomeno. In una squadra che si muove all’unisono come il Barcellona e con tutti i campioni come quelli che giocano tra le fila dei Blaugrana, però, anche lui riesce sempre a fare la sua bella figura, come nel corso del match di sabato, giocato con applicazione e senza grosse sbavature.

Seydou Keita: 6
E’ indubbiamente il meno brillante del centrocampo catalano ma gioca comunque una partita che gli vale la sufficienza stiracchiata, tenendo bene la posizione senza strafare.

Xavi Hernandez: 8
Gli aggettivi per descrivere un giocatore del genere sono ormai finiti. E’ lui a vincere il clasico del Bernabeu: gioca miriadi di palloni gestendo al meglio il possesso e non perdendo praticamente mai la sfera. In più delizia anche la platea con due assist al bacio, che valgono i goal di Messi e Pedro. Raramente un centrocampista sa essere decisivo come lui pur senza trovare il goal con continuità.

Dani Alves: 6,5
Il terzino destro carioca inizia come ala avanzata per poi retrocedere in difesa nel secondo tempo. Fuori posizione all’inizio non incide quanto fa quando parte da dietro, pur disputando comunque un match ordinato. Sicuramente molto meglio nella ripresa, quando arretrato nel suo ruolo dimostra anche di controllare un ormai spento Ronaldo senza difficoltà.

Pedro Rodriguez: 7
L’ei fu Pedrito è ormai una solida realtà del calcio spagnolo. Giocatore generoso e privo dei colpi di genio di Messi risulta comunque spesso letale, come nell’unica occasione avuta per colpire Casillas. Ennesima dimostrazione di come in un collettivo affiatato come quello costruito da Guardiola non si debba per forza essere dei fenomeni assoluti per giocare ad altissimi livelli.

Pedro sfugge ad Arbeloa e segna la rete che chiude il match del Bernabeu

Lionel Messi: 7
Come detto in sede di commento la Pulce non è devastante come in altre occasioni, però ogni qual volta parte palla al piede mette in non poca apprensione la retroguardia merengue. Il suo goal poi, arrivato puntuale come il panettone a Natale, lascia il segno su di una partita che era giusto fosse decisa da lui. Pur senza strafare, quindi, l’erede designato di Maradona umilia Cristiano Ronaldo nel suo stadio.

Andres Iniesta e Rafa Marquez: s.v.
I due, subentrati a Maxwell e Milito nel corso della ripresa, non incidono su di un match già chiuso.

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Quale destino per Dudek?

Sono due, tra i sedici in lista, i portieri della Liga che più degli altri possono destare interesse. Si tratta di Jerzy Dudek del Real Madrid e Cesar Sanchez del Valencia.
Il primo ha ormai quasi trentasette anni ed è in chiusura di carriera. Arrivato a Madrid nel 2007 per ricoprire il ruolo di vice-Casillas c’è da capire se deciderà di continuare a svernare su di una panchina del Santiago Bernabeu o se preferirà chiudere la carriera contribuendo con la sua esperienza al raggiungimento degli obiettivi di qualche squadra più modesta del Real Madrid.

Il secondo, invece, è l’attuale titolare del Valencia dopo esserlo stato per anni di Valladolid e Saragozza ed aver compiuto due parentesi con Real (cinque stagioni) e Tottenham (la scorsa stagione). Ormai 38enne, quindi, potrebbe decidere di appendere le scarpe al chiodo. In caso contrario è molto probabile che i dirigenti valenciani decidano di rinnovargli la fiducia, continunandolo a mantenere a guardia dei pali del Mestalla.

Gli altri quattordici portieri in scadenza, quindi, sono: Pinto (Barcellona), Javi Varas (Siviglia), Nauzet Perez (Maiorca), Armando (Atlethic Bilbao), Javi Ruiz (Espanyol), Lopez Vallejo (Saragozza), Andrei Fernandez, Ricardo (Osasuna), Alvaro, Esteban (Almeria), Mario (Racing), Arnau, Munua (Malaga), Chema (Xerez).

Quarantadue sono invece i difensori in fase di svincolo.

Il nome più interessante del lotto ad inizio stagione era indubbiamente quello di Carles Puyol, bandiera catalana, colonna della nazionale iberica e leggenda del Camp Nou (con più di 450 presenze ufficiali in Blaugrana, infatti, Puyol è il terzo giocatore ad aver vestito più volte la maglia del Barça nella storia del club). Il 30 ottobre scorso, però, il capitano della squadra guidata da Guardiola ha rinnovato il proprio contratto sino a giugno 2013 inserendo comunque nel contratto una clausola rescissoria molta bassa. Chi volesse ingaggiarlo, infatti, non lo potrà acquistare gratuitamente ma dovrà fare un piccolo esborso: 10 milioni di euro.

Con Puyol depennato dalla lista, quindi, la prima posizione virtuale nell’interesse dei club europei la concquista Christoph Metzelder, centrale difensivo nativo di Haltern in forza ai Galacticos. Dopo aver tirato i primi calci nel TuS Haltern giocò un anno nel settore giovanile dello Schalke e due in quello del Preußen Münster, squadra con cui esordì nel 1999. L’estate successiva arrivò quindi lo sbarco a Dortmund: nel Borussia Christoph si impose come uno dei più solidi centrali difensivi d’Europa arrivando anche a guadagnarsi diversi caps con la propria nazionale. Nel 2007 la chiamata della Casa Blanca e lo sbarco in Spagna dove però, per diversi motivi, la sua esperienza non è certo stata particolarmente positiva. Una sua partenza dalla capitale iberica sembra quindi essere quasi scontata.

Metzelder dovrebbe lasciare la Casa Blanca

Sempre a Madrid, ma sulla sponda Colchoneros, destano interesse altri due giocatori: Mariano Pernia e Pablo Ibanez.
Il primo è un terzino nativo di Buenos Aires che arrivato in Spagna nel 2003 si impose come uno dei migliori laterali del campionato tanto da guadagnarsi la chiamata ai mondiali del 2006. Chiamata che però non arrivò dal suo paese natale: Pernia, infatti, venne convocato nelle Furie Rosse giusto pochi giorni dopo aver acquisito la cittadinanza spagnola. Oggi Mariano è ben lungi dall’essere titolare della sua squadra (nessuna presenza per lui quest’anno) ed il possibile arrivo di Molinaro gli chiuderebbe ulteriormente lo spazio. Qualità discreta ed esperienza da vendere comunque non gli mancano. Una squadra di qualche prima divisione che voglia puntare su di lui la troverà quasi sicuramente.

Il secondo è un centrale nativo di Madrigueiras cresciuto nell’Albacete, squadra in cui esordì nel 2002 e da cui l’Atletico lo prelevò due anni più tardi. Titolarissimo all’inizio della sua esperienza nella capitale spagnola venne accostato a diversi top club europei (prima fra tutti la Juventus del pre-calciopoli). Le strade della vita, però, lo portarono a non cambiare aria e la cosa si rivelò poco felice per lui: da un paio di stagioni a questa parte, infatti, la sua importanza all’interno della squadra è andata via via diminuendo ed oggi Pablo non è nulla più di una semplice riserva. Che sia quindi questo per lui il momento giusto di partire?

Gli altri difensori che si potrebbero liberare a fine stagione sono: Lolo (Siviglia), Angulo, Piscu (Deportivo), Etxeita, Koikili, San Josè, Xabi Etxebarria (Atlethic Bilbao), Belenguer, Contra, Cortes, Licht (Getafe), Botia, Gerard, Sastre (Sporting Gijon), Pillud, Savall, Victor Ruiz (Espanyol), Ayala, Pulido (Saragozza), Josetxo, Sergio (Osasuna), Acasiete (Almeria), Culebras, Hector (Tenerife), Luis Prieto, Marcos, Nivaldo (Valladolid), Christian, Moraton, Pinillos, Oriol (Racing), Cuadrado (Malaga), Fuentes, Javi Venta (Villareal), Francis, Josè Casado, Redondo, Victor Sanchez, Abel (Xerez).

A centrocampo sono invece diversi i nomi interessanti.

Jeffren è un giocatore che può fare gola - e comodo - a molti

A Barcellona troviamo Jeffren: la giovanissima ala cresciuta nella cantera Blaugrana vedrà infatti il proprio contratto scadere al termine della stagione e qualora non dovesse trovare l’accordo per il rinnovo sarà acquistabile a parametro zero. Rispetto a tanti prodotti del suo stesso settore giovanile (da Puyol a Xavi passando per Iniesta e Pedrito) Jeffren non gode di tantissima stima internazionale e, probabilmente, nemmeno delle stesse capacità tecniche. La sua qualità, comunque, è indiscutibile ed è un giocatore che farebbe comodo a tantissime squadre, anche in Italia. In special modo a quelle che amano impostare il proprio gioco sfruttando molto le fasce. Certo è, comunque, che giocando nella squadra più forte del mondo non sarà semplice convincerlo a lasciare le rambla.

Nella capitale, sponda Colchoneros, troviamo invece Jurado e Maxi Rodriguez.
Il primo è un centrocampista offensivo che dopo essere cresciuto nelle giovanili delle Merengues ha compiuto il salto della palizzata andando a giocare sull’altra sponda di Madrid. Giocatore giovane (23 anni) e di qualità avrà sicuramente buon mercato qualora non gli verrà fatto firmare il rinnovo.

Il secondo è invece un’ala argentina sulle cui tracce si muovono da anni molti club ma che poi, alla fine, nessuno ha mai deciso di comprare. Oggi, arrivato alle soglie dei trent’anni, vede quindi il suo contratto scadere. Che sia la volta buona per una sua partenza?

Ad Almeria è invece in scadenza di contratto Modeste M’Bami: il centrale camerunense lasciò Marsiglia la scorsa estate per firmare un contratto annuale con il club che disputa i propri match interni all’Estadio de los Juegos Mediterraneos. Contratto che, appunto, scadrà a giugno. Unendo discretà qualità a buona quantità è un giocatore che può fare la sua figura sia in una squadra di mezza classifica che, come riserva ovviamente, in qualche club di vertice bisognoso di allungare la propria panchina. Vedremo quindi a breve dove sarà il suo futuro.

In quel di Villareal, infine, ci sono due ultratrentenni tecnicamente divini che andranno in scadenza a giugno, si tratta di Ariel Ibagaza e Robert Pires. Se per il primo il futuro è ancora oscuro per il secondo pare già delinearsi quale sarà la sua prossima tappa: dopo aver dato spettacolo sui campi di Premier e Liga, infatti, l’ex Campione del Mondo del 1998 pare destinato a tornare in patria. Su di lui, infatti, si starebbe muovendo niente popò di meno che il Lione.

Gli altri trentanove centrocampisti in scadenza sono: Valeron (Deportivo), Ruben Baraja (Valencia), Julio Alvarez, Martì (Maiorca), Iturraspe, Orbaiz, Toquero, Yeste (Atlethic Bilbao), Celestini, Nacho Perez (Getafe), Andrei, Camacho, Kike Mateo, Lora, Marcos Landeira, Pedro, Rivera (Sporting Gijon), Javi Lopez, Marques Martin (Espanyol), Antonio Hidalgo, Luccin (Saragozza), Delporte, Ruper (Osasuna), CoronaOrtiz, Soriano (Almeria), Camacho (Atletico Madrid), Ayoze, Juanlu, Manolo Martinez, Omar (Tenerife), Asier, Borja (Valladolid), Zé Antonio (Racing), Josè Luque (Malaga), David Fuster(Villareal), Carlos Calvo, Momo, Moreno (Xerez).

Van Nistelrooy è pronto a portare esperienza e goal a grappoli anche lontano da Madrid

L’attacco, infine, propone tredici nomi. Il più interessante e di fama tra questi è senz’altro quello del madridista Ruud Van Nistelrooy che nonostante l’età più che avanzata farebbe ancora comodo a molti club europei. La sua infallibilità sotto porta, infatti, è merce rara.

Altro ultratrentenne terribile, ma che non lascerà il club in cui gioca ora se non per appendere le scarpette al chiodo, è Joseba Etxeberria, vera e propria leggenda vivente dell’Atletic Bilbao. Così tanto leggendario da decidere lo scorso anno di rinnovare annualmente il proprio contratto continuando a giocare per zero euro. Il prossimo giugno, comunque, dovrebbe, come detto, dare l’addio al calcio.

Sempre in tema di vecchietti sarà curioso vedere dove finirà Walter Pandiani: l’ex puntero del Deportivo la Coruna, infatti, vedrà il suo contratto con l’Osasuna scadere a giugno, momento in cui potrà quindi accasarsi altrove a parametro zero.

Gli altri dieci attaccanti in fase di svincolo sono: Taborda (Deportivo), Bilic (Sporting Gijon), Tamudo (Espanyol), Ewerthon (Saragozza), Uche (Almeria), Angel, Gaizka Saizar, Richi (Tenerife), AntonitoMichel (Xerez).

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