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Posts Tagged ‘Stars of the future’

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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Chi mi segue da un po’ (magari anche su Facebook Twitter, dove sono inevitabilmente molto più attivo che sul blog) è senza dubbio a conoscenza della mia sconfinata passione per il calcio giovanile. Che recentemente mi ha portato a guardare, ad esempio, un torneo internazionale di dodicenni. E che nel corso degli ultimi due anni mi ha invece fatto scrivere altrettanti libri sui giovani talenti disseminati in giro per il mondo (l’ultimo dei quali, “La carica dei 301″, è acquistabile al modico prezzo di soli 99 centesimi).

Proprio partendo dalla mia passione per il calcio giovanile, non potevo certo lasciar passare sotto traccia l’orientamento di mercato preso dal Real Madrid. Che in questi ultimi mesi, dopo aver preso l’ennesima stella – James Rodriguez – a suon di milioni, si è messo a porre un pochino di basi anche per il futuro.

Il tutto andando ad ingaggiare, in giro per il mondo, alcuni ragazzi di buon valore e potenzialità assolutamente interessanti che potrebbero tornare utili nei prossimi anni.Giovani Real

  • Martin Ødegaard
    Di lui ne ho – ovviamente – già parlato nel mio ultimo libro, “La carica dei 301″. Un classe 98 con qualità eccellenti ed un talento davvero notevole. Il problema, in casi del genere, è che un po’ la crescita fisicoatletica non va sempre come si spererebbe, un po’ le pressioni che avere tutti i riflettori addosso comportano possono finire col bruciare il ragazzo. Che, bene ricordarlo, ha da poco compiuto 16 anni.
    Talento e tecnica, comunque, restano indiscutibili.
  • Mink Peeters
    Altro classe 98, altro giocatore spiccatamente offensivo. In questo caso parliamo di un giocatore di scuola olandese (è passato sia dalle minors del PSV che dalle giovanili dell’Ajax, da cui il Real lo ha prelevato), tutto mancino, che predilige giocare sulla fascia per trovare più spazio per le sue incursioni palla al piede. Piuttosto innamorato della sfera, è comunque in possesso di una grande visione di gioco e di una certa facilità di assist. Ottimo in fase di rifinitura, può agire anche centralmente, come trequartista classico.
    Anche in questo caso, pur non essendo famoso come Ødegaard (anzi, in Italia credo che lo conosciamo davvero in pochi, posto che non ho mai sentito nessuno parlarne), talento e tecnica restano indiscutibili.
  • Lucas Silva
    Il mediano brasiliano è invece già più “stagionato”. Classe 93, tra meno di un mese compirà 22 anni. Ex Cruzeiro, ama giostrare davanti alla difesa ed è abbastanza utile in entrambe le fasi. Come tipologia di gioco mi ricorda un po’ Xabi Alonso, insomma: si spende per schermare la difesa, ma nel contempo ha anche una tecnica discreta abbinata ad una certa visione di gioco e capacità di far girare il pallone.
    Certo, devono cercare di non fargli fare la fine che ha fatto Casemiro…
  • Marco Asensio
    Una joya tra le più quotate, nel floridissimo panorama giovanile spagnolo. Classe 1996, parliamo di un centrocampista spiccatamente offensivo che può giocare sia da trequartista che da ala (prevalentemente a sinistra), abbinando tecnica e rapidità di gambe a grande inventiva.
  • Abner
    Altro protagonista de “La carica dei 301″, Abner – classe 96 – è un terzino sinistro brasiliano che in passato è stato molto vicino alla Roma. A dispetto dell’interesse dei Giallorossi la scorsa estate è sbarcato a Madrid, per giocare nel Castilla. Atleticamente dotatissimo, è un fluidificante che ama scorrazzare lungo la propria fascia di competenza e supportare molto la manovra offensiva, come da tradizione Verdeoro.
  • Augusto Batalla
    1996 che è anche l’anno di nascita di Augusto Batalla, portierino scuola River che secondo alcune fonti sarebbe stato già acquistato dalla Casa Blanca. Campione sudamericano under 17 due anni fa, oggi sta disputando il torneo continentale under 20. Reputato tra i migliori giovani estremi difensori del Sud America (e da qualcuno del mondo), deve cercare di non ripercorrere le orme di Albano Bizzarri, che nel 1999 sbarcò a Madrid accompagnato dalla promessa di diventarne leader indiscusso per fallire poi miseramente…

A questi giovani, secondo alcune voci di mercato, potrebbe poi unirsi l’ormai famosissimo Hachim Mastour, mediaticissimo talento scuola Reggiana da ormai due anni e mezzo in forza al Milan.

Insomma, il Real non pensa solo al presente ma prova anche a costruire il proprio futuro. C’è solo da capire se lo stiano facendo con senno o se, anche qui, si facciano prendere dalla solita voglia di fagocitare tutto il talento fagocitabile. Anche perché, parlando di giovani, ci vuole poco a bruciare un ragazzo di quest’età. E sarebbe proprio un peccato…

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Grande spettacolo, ancora una volta, ad Arona, isola di Tenerife. Dove negli ultimi tre giorni si è disputato il tradizionale (diciannovesima edizione) torneo di calcio a 7 riservato alla categoria under 13 (quest’anno i 2002).

Un torneo interessantissimo che ha messo in mostra tanto grandi squadre quanto ottime individualità. Nonostante la giovanissima età, infatti, il livello era altissimo. Chi pensa di vedere qualche bambino che corre alla rinfusa dietro il pallone ha sbagliato del tutto a capire.

L’organizzazione di ogni equipe è maniacale ed il talento di molti ragazzini già sfavillante. Certo, è ancora molto presto per dire se potranno arrivare ad alto livello, ma qualcuno di questi ha messo in mostra una base di partenza eccellente su cui provare a costruire un buon professionista.

A rappresentare l’Italia in questo contesto gli Esordienti 2002 della Juventus. Che hanno messo in mostra, ancora una volta, tutti i limiti del nostro calcio, almeno in questa congiuntura temporale.

Parliamoci chiaro: presi singolarmente ci sono diversi Bianconeri – e ne parlerò più avanti – che hanno qualità assolutamente interessanti. Una cosa questa sottolineata anche dai commentatori de La Sexta, tv spagnola che ha trasmesso in diretta l’evento.

A mancare, però, è proprio l’approccio ai match. L’idea di gioco.

Per essere chiari: la Juve disputa due match nel girone, contro PSG e Barcellona, pareggiandoli entrambi. Poi ai quarti incontra il Villarreal e ne esce un nuovo pareggio, con Girelli (il portiere) grande protagonista anche ai rigori.

In semifinale c’è l’Atletico Madrid, che domina il match. La Juve gioca lungamente con un inguardabile – permettetemi la franchezza – sorta di 4-1-1. I telecronisti iberici parlano di “Catenaccio contro Toque”, ed hanno ragione. La Juve fa poco-nulla in fase di possesso, ma regge discretamente dietro. Ad un minuto dalla fine però la decide Mario Soriano: Bianconeri eliminati.

Il canovaccio della finalina – disputata contro il Real Madrid – sarebbe lo stesso, non fosse che Theo Fernandez (uno dei quattro figli di Zinedine Zidane, per intenderci) la sblocca subito. Ed allora la Juve – finalmente, permettetemelo – inizia a giocare in maniera più propositiva.
Pedro Paulo raddoppia con una grande giocata personale, ma la Juve c’è e chiuderà perdendo 2 a 1, disputando paradossalmente il miglior match del proprio torneo. L’unico in cui ha giocato. In cui si è trovata costretta a giocare.

Che dire invece della scuola spagnola? Per me resta diversi passi avanti alla nostra, oggi. Un po’ tutte le squadre giocano coralmente, cercando per altro di valorizzare i propri giocatori di maggior qualità. L’esatto contrario di ciò che fa la Juve, che gioca invece speculando sugli – eventuali – errori avversari.

Un gap culturale che nel calcio di oggi paghiamo tantissimo. Anche perché i pochi giocatori di qualità finiscono col perdersi, isolati in un contesto che gli è avverso. E senza nemmeno le giocate dei singoli (stile Euro 2012, per intenderci) come possiamo pensare di vincere qualcosa?

Insomma, a parere di chi scrive – che di partite e tornei giovanili ne vede diversi – il contesto formativo italiano è inadeguato, se rapportato a quelle che sono le eccellenze calcistiche dei giorni nostri. Passi l’organizzazione difensiva, ma nel corso degli ultimi dieci o vent’anni abbiamo dato il via ad un tatticismo esasperato fin dalle categorie dei più piccolini, che ha portato ad una contestuale demineralizzazione assoluta della nostra fase offensiva.
A livello di gioco difficilmente le squadre italiane hanno mai brillato, ma ultimamente l’andazzo porta a soffocare, anziché esaltare, anche quei giocatori di talento che un tempo diventavano i Baggio, i Del Piero ed i Totti.

A vincere il torneo, tornando al campo, il Valencia di Joaquin Garcia (premiato come migliore coach della competizione). Una squadra con un paio di individualità assolute (tecnicamente Ferhat ed Oscar Domenech – quest’ultimo premiato come MVP del torneo – sono sublimi) ed un contesto organizzatissimo in tutte le fasi, davvero di alto livello. Uno spettacolo per gli occhi.

Secondo l’Atletico Madrid, squadra che vive con lo “Spirito di Aragones”, come detto dal proprio allenatore, e che ha dimostrato organizzazione e soprattutto tanta determinazione. Ma certo, anche qualità.

Terzo, infine, il Real Madrid. In cui gioca quello che è forse oggi il miglior 2002 al mondo: Pedro Paulo Kasanzi Lubamba, un giocatore di cui ho parlato anche nel mio ultimo libro (“La carica dei 301″, che vi invito ad acquistare costando solo 99 centesimi).

Ma un po’ tutti i club spagnoli mi hanno fatto una grandissima impressione dal punto di vista della tecnica individuale, della qualità e delle idee di gioco.

Parlando di singoli, vorrei proporvi quello che per me è la Top XI del torneo (pur se questo si è giocato a sette), più qualche altro nome di giocatori che si sono messi in bella mostra.

In porta la mia scelta ricade sull’italiano Giulio Girelli. Il portierino Bianconero è in realtà un portierone, se si pensa alla sua taglia. Assolutamente oversize rispetto all’età.
Un fisico possente e slanciato cui fa da contraltare un’ottima reattività. Diverse parate importanti, sicuramente determinante nel portare il proprio club al quarto posto, compie un solo errore in cinque gare, quello che costa l’1 a 0 nella finalina (e che paradossalmente farà del bene alla Juve, che da lì inizierà finalmente a costruire gioco).

Terzino destro, con una scelta non facile, scelgo invece il (real) madridista Lorenzo Agudelo. Taglia ridotta ma buon passo e tanta qualità, che sfrutta anche per realizzare un gran goal al termine di un’azione solitaria con cui salta due o tre avversari per poi concludere a rete sparandola all’incrocio.

Il primo dei due centrali è il secondo italiano della formazione, Riccardo Sganzerla. Anche in questo caso parliamo di un giocatore dal fisico non eccezionale, ma indubbiamente in assoluto il migliore interprete in fase di uno contro uno difensivo. Un centrale sempre attento, con un già spiccato senso della posizione e davvero difficile da superare.

Il secondo centrale è invece il blaugrana Ricard Cartañá. Lui sì con un fisico già piuttosto sviluppato, unito alla classica tecnica sopraffina propria dei centrali che crescono dalle parti di Barcellona.

Come terzino sinistro la scelta ricade su Jacob Lopez, trottolino e capitano del Valencia. Anch’egli taglia molto minuta, mostra già un carisma spiccato ed ottime doti difensive. Agile e rapido nello stretto, accompagna anche i propri compagni quando si tratta di offendere.

A centrocampo due Oscar.

Impossibile non selezionare l’MVP del torneo, il valenciano Oscar Domenech. Un giocatore dal tocco sensibilissimo che sa dettare i tempi, lanciare i propri compagni, tenere il possesso ed aiutare in transizione negativa. Davvero un giocatore già piuttosto completo e dalla grandissima qualità.

Per far sì che il centrocampo regga gli affianco quindi il capitano dell’Espanyol, Oscar Carrasco. Un capellone tutto corsa e senso della posizione, imprescindibile per permettere alla propria squadra, per lunghi tratti, di giocare addirittura con due punte pure.

La trequarti è poi il trionfo della qualità e della tecnica.

A destra ci piazzo il già citato Theo Fernandez, figlio d’arte col papà piuttosto ingombrante visto il ruolo (Zinedine Zidane, appunto). Il terzo dei figli di Zizou si prende il titolo di capocannoniere con 4 realizzazioni, questo nonostante giochi da titolare solo gli ultimi match del torneo.
La tecnica è di primissima qualità. Intelligente, buon tiro, capace di usare entrambi i piedi quasi senza risentirne, abile nell’uno contro uno… è presto per dire dove potrà arrivare, ma certo non è la qualità a mancargli.

A sinistra un altro (real) madridista, Pedro Paulo.
Semplicemente devastante.
Gioca a tutto campo senza risentirne. Quando prende palla arriva praticamente sempre al tiro. Ha un cambio di passo assolutamente illegale. Se riuscirà a conservarlo per tutta la propria crescita… beh, sicuramente arriverà a giocare in un campionato importante.
Ecco, il suo problema è che spesso tende a giocare troppo da solo. Ma del resto quando a 12 anni ti riesce qualsiasi cosa tu voglia è anche capibile che tu possa tendere a fare il veneziano…

Trequartista centrale un altro campione del torneo: Ferhat.
Un giocatore a due facce. Da subito mette in mostra una tecnica sopraffina, ma poi si nasconde un po’ per diverse partite. In finale, quando la temperatura sale, prende in mano le sorti della propria squadra. Numeri eccezionali palla al piede, grande propensione al gioco di squadra e due goal con cui decide quasi da sé l’ultimo atto del Liga las Promises.
Che dire se non “a buon rendere”?

Di punta, per chiudere questa Top XI, ci piazzo un secondo giocatore del Barça: Pablo Moreno. Un giocatore che deve forse imparare a diventare più spietato sottoporta, ma che mette davvero tantissima qualità nel proprio gioco.

Ma permettetemi di andare oltre alla semplice Top XI, segnalandovi altri giocatori che si sono espressi si buonissimi livelli.

Il Valencia campione ha messo in mostra due terzini sinistri molto interessanti: oltre al già citato Jacob impossibile non parlare di Dani Montes, versione più offensiva del proprio capitano. Bene anche Carlos Perez, il portiere titolare, e Ferran Giner, punta di movimento ma già ben strutturata.

L’Atletico, secondo, mette in mostra quello che è stato votato come il miglior portiere del torneo, Miguel Prieto. Oltre a lui bene il trequartista Mario Soriano, il giocatore di maggiore qualità, e la punta Erick Jeenn, quantità e fiuto per il goal.

Nella Juventus bene anche l’esterno Paolo Boffano, autore del pareggio contro il PSG (goal decisivo per il passaggio del turno) ed il terzino tutto pepe Franco Tongya. Non male anche Nar Diop, centrocampista che per fisico ed incedere ricorda molto Paul Pogba (anche se non per tecnica, purtroppo per lui). Mi aspetterei invece di più, vista la struttura che madre natura gli ha donato, da Aboubacar Da Costa. Certo, piuttosto abbandonato a sé stesso dai compagni, ma con una serie di limite (sia tecnici che tattici) assolutamente da eliminare.

Il Barcellona esce presto dalla competizione con non poca sfortuna, ma è forse la squadra globalmente più interessante del torneo (al pari del Valencia). Oltre ai già citati Moreno e Cartana si sono messi in luce, tra gli altri, anche il portiere Pol Tristan, il terzino destro Marc Alegre e la guizzante ala Alex Rico, minutissimo ma un vero peperino palla al piede.

Nel Real Madrid, invece, molto bene anche il capitano David Cuenca (difensore centrale capace di agire anche a sinistra, tecnicamente molto dotato e difensivamente sempre attento) ed il portiere, Lucas Canizares (sì, anche lui figlio d’arte).

Sempre a proposito di figli d’arte, per tornare al Valencia, vi segnalo anche Fran Perez, figlio di Rufete. Un esterno discreto, già formato fisicamente e dal buon passo. Ma che in questo torneo, debbo dire, non si è distinto.

Tornando ai giocatori che si sono messi più in bella mostra, per chiudere, vi faccio altri sei nomi: bene le due punte dell’Espanyol, Samba Kante e Jordi Escobar. Impossibile non citare i due leader tecnici del Siviglia, l’imponente centrale Miguel Bereket e la punta tutta fantasia Antonio Zarzana (autore di un gran goal con ruleta incorporata). Infine bene anche, rispettivamente per Villareal e PSG, il trequartista German Valera e la punta Isaac Karamoko.

Insomma, come al solito un grande torneo, con calcio già di alto livello e diversi giocatori da tenere d’occhio per il futuro.

Certo, difficile dire a soli 12 anni dove possano arrivare. Ma altrettanto vero, come dicevo in apertura, che diversi di questi mostrano di avere le basi giuste su cui provare a costruire una carriera. Molto passerà dalla loro capacità di progredire e, nondimeno, da quella di tenere i piedi ben piantati per terra…

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C’è un folletto brasiliano che sta dominando e devastando il Campionato Primavera italiano.

Il suo nome è Victor Matheus Da Silva, fantasista di Cuiabà nato il 4 gennaio del 1995.Victor Da Silva

Formatosi nel calcio a 5, entra nell’Academia del Brasil Central quando è solo un bambino, lasciando da subito intravvedere le sue grandi doti tecniche e di palleggio.

Non passano che quattro anni ed arriva per lui il tempo di lasciare casa, trasferendosi in Italia. E’ il 2008, infatti, quando Maurizio Costanzi, attuale responsabile del settore giovanile clivense, lo fa sbarcare in quel di Verona.

La crescita è costante. Il ragazzo nonostante le misure certo non da corazziere riesce a giocare tranquillamente anche sottoetà.

L’esplosione vera e propria arriva lo scorso anno, quando mister D’Anna ne fa uno dei punti di forza della sua Primavera e lui ripaga la fiducia a suon di goal.

A maggio arriva quindi l’esordio in Serie A. Il mese successivo guida il suo Chievo alle semifinali del campionato Primavera, dove arriva la sconfitta contro la Lazio poi Campione d’Italia.

Quest’anno è quindi ripartito con ancora più vigore, per provare a centrale lo Scudetto giovanile solo sfiorato lo scorso anno.

Il bottino per ora fa impallidire un po’ tutti: 14 realizzazioni in 9 match, una media da fenomeno stile Cristiano Ronaldo o Leo Messi. Il tutto tenendosi ben alle spalle campioncini in erba come il napoletano Gennaro Tutino (11 centri in 12 match, di cui 3 però su rigore) ed il laziale Mamadou Tounkara (10 goal in 9 partite).

In pratica Victor ha saputo fare in mezza stagione ciò che gli riuscì nell’intero campionato scorso.

Al che non può che sorgere spontanea una domanda: il ragazzo non è un po’ sprecato?

Nel momento in cui riesce con questa facilità a dominare il campionato in cui gioca, non significa forse sia venuto il momento di provarlo su palcoscenici più importanti, di modo che non smetta di crescere ma anzi trovi nuovi stimoli nel confronto con avversari più dotati?

Il rischio, a mio avviso, un po’ c’è. Capisco anche la volontà da parte dei dirigenti clivensi di sfruttarne le qualità per provare ad imporsi nel Campionato Primavera. Ma ricorderei sempre che una vittoria giovanile ha un senso e un valore molto relativo. Le squadre di questo tipo devono servire a formare i campioni del domani, non a vincere trofei inutili non permettendo però ai ragazzi di crescere al pieno delle proprie potenzialità…

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Nome: Mikel Zatón Escudero
Data di nascita: 15 aprile 1996
Luogo di nascita: Barakaldo (Spagna)
Nazionalità: spagnola e basca
Altezza: 174 centimetri
Peso: 65 chilogrammi
Ruolo: ala sinistra, attaccante
Club: Athletic Bilbao (Cadets)
Scadenza contratto: –
Valutazione: –

CARRIERA

Nascere a Barakaldo, città basca da quasi 100mila abitanti, significa avere un po’ la vita segnata.

No, nessuna storia triste tipo ragazzini che nascono nelle favela. Quanto più un legame a doppio filo con lo sport che spesso porta alla nascita di atleti di buon livello.

Due, in particolare, le discipline cui Barakaldo è legata: ciclismo e calcio.

Alle due ruote la città che diede i natali allo scrittore Juan Manuel de Prada ha regalato David López García, Héctor González, Isidro Nozal e Javier Otxoa.

Al calcio, invece, il terzino sinistro Asier Del Horno (ex Athletic, Chelsea e Valencia, oggi al Levante), il portiere Iñaki Lafuente e il centrocampista Javier González Gómez (ritiratisi lo scorso anno), l’attaccante Mikel Dañobeitia (attualmente in forza al Logroñés) e Josep Lluís Núñez, Presidente del Barcellona tra il 1978 ed il 2000.

Non solo: la città che ha dato i natali a Zatón è anche sede di una discreta squadretta di calcio, che attualmente milita in Tercera División (quarta serie spagnola): il Barakaldo Club de Fútbol, la squadra in cui il ragazzo ha iniziato a giocare e da cui è stato acquistato dall’Athletic.

Insomma, nascere a Barakaldo vuol dire nascere in una città di sportivi. E Mikel ha voluto continuare la tradizione.

Così oggi, a pochi giorni dal compimento del suo sedicesimo compleanno, Zatón  è al centro di una rovente battaglia di mercato.

Prodotto di uno dei settori giovanili più floridi dell’intera Spagna (basti pensare a Fernando Llorente o alla recente esplosione di Iker Muniain), l’Athletic Bilbao, Mikel Zatón Escudero è seguito da diversi club.

Liverpool su tutti, a quanto si vocifera in Inghilterra. Ma non solo: un vero e proprio “Clasico” di mercato lo vedrebbe al centro dei desideri di Real Madrid e Barcellona, che vorrebbero assicurarselo prima che il suo prezzo lieviti troppo.

Non deve stupire, comunque, che il ragazzino di Barakaldo sia già al centro di queste guerre di mercato. Né dovrà stupire l’eventualità che, alla fine, l’Athletic riesca a tenerlo in squadra, vista la particolare situazione che si vive nei Biancorossi di Bilbao.

Non deve stupire perché quest’anno, inserito nei Cadetti dell’Athletic, Zatón sta facendo davvero il diavolo a quattro.

Il ragazzo, numero 19 sulle spalle, ha infatti disputato 28 match nella Cadets Basque League, campionato che la sua rappresentativa ha provato a vincere quest’anno (a una giornata dal termine sono sei i punti di svantaggio sulla Real Sociedad), realizzando ben 25 reti.

Score notevole che ne fanno una delle giovani punte più interessanti dell’intero panorama calcistico spagnolo.

Zatón che partì subito forte alla prima di campionato, con una tripletta rifilata proprio ai “cugini” della Real Sociedad.

Da lì in poi buona continuità, per lui. Una rete all’Antiguoko e nessuna alla Real Union. Tripletta nel 19 a 0 allo Zaramaga e bocca asciutta contro il Santutxu. Goal all’Eibar, tripletta al Getxo, rete al Romo. Pausa contro il Barakaldo, club della sua città, prima di tornare al goal nel 4 a 0 casalingo con il Durango. Tre match a secco, poi di nuovo in rete nel 3 a 3 con l’Alaves. Altre tre partite senza goal prima della doppietta al Real Union e della tripletta allo Zaramaga. Piccola pausa con il Santutxu e goal all’Eibar e al Getxo. Poi altre due partite senza centrare il bersaglio grosso, prima di freddare il suo Barakaldo. Altra partita a secco ed ennesima tripletta, questa volta al Lengokoak. Bocca asciutta contro l’Ariznabarra e goal al Danok Bat. Niente reti con l’Alaves e… vedremo cosa combinerà nell’ultima di campionato, contro l’Indartsu.

Prestazioni notevoli che sono valsi all’Athletic il miglior attacco del campionato.

Insomma, uno score che ha ingolosito i palati di molti osservatori. Vedremo quindi la prossima estate se il ragazzo si farà convincere dalle proposte delle grandi di Spagna o che arrivano dall’estero… oppure se, alla fine, l’orgoglio basco prevarrà, ed il prossimo anno Zatón proverà a ripetersi nei Junior National.

CARATTERISTICHE

Mancino sì, ma con un destro più che accettabile.

Capace di svariare lungo tutto il fronte d’attacco, ama giocare in particolar modo al centro, dove può sfruttare la sua capacità di “sentire” la porta, che un po’ decentrato a sinistra.

La facilità di dribbling di cui è in possesso lo rendono attaccante temibile e temuto, anche se, nel complesso, a impressionare di più è proprio il feeling con la porta, con cui sembra vivere in simbiosi.

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE

Presto per dire dove possa arrivare, vista la sua giovanissima età.

Di certo fossi in suo padre, o nel suo procuratore, gli intimerei di restare a Bilbao.

Inutile girarci intorno: posto che l’Athletic punta – ancora, per ora – solo su giocatori baschi o comunque fatti in casa le possibilità di arrivare ad esordire nella Liga sarebbero infinitamente maggiori lì che altrove.

E allora bene continuare il proprio percorso di crescita in un centro giovanile attento e soprattutto con la fiducia di tutto l’ambiente attorno a sé.

E chissà che un giorno non troppo lontano non lo vedremo duettare con Llorente e Muniain nell’attacco della prima squadra…

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Nome: Joel Pohjanpalo
Data di nascita: 13 settembre 1994
Luogo di nascita: – (Finlandia)
Nazionalità: finlandese
Altezza: 176 centimetri
Peso: 60 chilogrammi
Ruolo: attaccante
Club: HJK Helsinki
Scadenza contratto: 30 novembre 2015
Valutazione: –

CARRIERA

Jari Litmanen è stato uno dei giocatori finlandesi più apprezzati della storia.

Forse, in assoluto, ha rappresentato la stella più luminosa del firmamento calcistico del suo paese.

Purtroppo, però, il tempo passa per tutti, e prima o poi arriva l’ora di abbandonare i palcoscenici lasciando ad altri la ribalta.

Questo è successo anche al grande Jari, che nonostante abbia indossato la maglia della nazionale finlandese in quattro decadi diverse (80, 90 e le prime due del duemila) è ormai stato costretto dall’età a lasciare spazio ai suoi più giovani connazionali.

Tra questi vi è sicuramente Joel Pohjanpalo, che qualcuno già vede come colui che è destinato a raccogliere l’eredità di Litmanen, tenendo un minimo alta la bandiera del calcio finnico.

Pohjanpalo che ha caratteristiche tecnico-tattiche piuttosto differenti dall’ex campione dell’Ajax, ma che ha sino ad oggi messo in mostra delle doti realizzative notevoli che, se ben sfruttate, potrebbero effettivamente permettergli di provare a diventare un calciatore “vero”.

Di lui non si sa moltissimo.

Prodotto delle giovanili dell’HJK, compagine più vincente della storia della Veikkausliiga, Pohjanpalo esordì appena sedicenne nel Klubi-04, la squadra riserve dell’HJK. Dove mise da subito in mostra il suo istinto killer per il goal.

Le 33 reti che riuscì a segnare quell’anno in poco più di 20 match gli valsero infatti la vittoria del premio come miglior giocatore della Kakkonen (terza divisione finlandese) e, soprattutto, la promozione in prima squadra.

Lo scorso anno arrivò la vittoria di campionato e coppa nazionale, cosa che impone ai dirigenti dell’HJK di presentare una squadra che sia il più competitiva possibile. Impresa non facilissima dato l’addio al calcio di Jari Litmanen.

Nel calcio però serve coraggio, esattamente come nella vita. Ed ecco lo sbarco in prima squadra dell’ormai diciassettenne Pohjanpalo, che in attesa di capire se potrà o meno non far rimpiangere Litmanen sui palcoscenici internazionali ha già iniziato a rimpiazzarlo nei cuori dei tifosi della squadra della capitale.

Pohjanpalo è infatti già praticamente un titolare fisso del suo club, che ha recentemente iniziato il nuovo campionato.

Prima di debuttare in Veikkausliiga, però, Joel è stato capace di mettere assieme alcune presenze in Liigacup, la Coppa di Lega finlandese.

Inserito nel gruppo B, il suo HJK ha esordito contro il Lahti con Pohjanpalo titolare dal primo minuto al fianco di Berat Sadik (autore di una doppietta). Quarantacinque minuti giocati per lui, che si è poi scatenato nel corso della seconda giornata di coppa contro il Mypa.

Ancora una volta titolare, infatti, il giovanissimo Joel ha firmato una doppietta nell’arco di sei minuti grazie alla quale l’HJK ha potuto poi dilagare portandosi a casa i tre punti.

Pohjanpalo che ha tutta la fiducia del proprio mister e gioca un’ora anche nella brutta sconfitta (2 a 0) contro l’Honka, che si dimostra la bestia nera dell’HJK andando a vincere anche il match di ritorno con punteggio ancor più pesante (4 a 0, con Pohjanpalo in campo per cinquantasette minuti).

Capitolini che non ci stanno ed hanno uno scatto di orgoglio nel ritorno contro il Lahti, quando Joel, in campo per sessantasette minuti, firma la rete del momentaneo 1 a 0.

HJK che chiude il proprio girone al terzo posto con la sconfitta per 3 a 1 al Lehtomäki Tekonurmi contro il Mypa, con Joel in campo tutto il match ma incapace di trovare la rete.

Arrivato alla fase ad eliminazione diretta l’HJK prova a cambiare marcia e dopo aver eliminato il KuPS (2 a 1, Pohjanpalo in campo per tutto il match) affonda l’Inter Turku ai rigori (da registrare l’assenza di Pohjanpalo).

La finale del Sonera Stadium, però, non arride ai capitolini, che perdono il trofeo proprio dagli undici metri.

Per Pohjanpalo, comunque, la soddisfazione di aver realizzato una rete (quella del definitivo 1 a 1) anche in un match così importante.

Nel complesso, quindi, un buon battesimo del fuoco questa Liigacup per il diciassettenne attaccante finlandese, che chiude la competizione con un discreto bottino: 4 reti in 8 match – non tutti giocati per intero, come abbiamo visto – per lui, che conferma una certa affinità con la porta avversaria anche contro avversari di prima grandezza (relativamente al contesto finlandese) come quelli affrontati in questa competizione.

Il meglio della finora brevissima carriera di Pohjanpalo, comunque, deve ancora arrivare.

Archiviata la Liigacup è tempo di pensare alla Veikkausliiga, ovvero sia il campionato.

L’esordio stagionale dell’HJK nonché l’esordio personale del giovane Joel è fissato per domenica 15 aprile 2012, una data che difficilmente Pohjanpalo e i suoi familiari potranno scordare.

Antti Muurinen, infatti, è sempre più convinto possa davvero essere il giovane Joel il miglior sostituto di Jari Litmanen. Quantomeno all’interno del rettangolo verde.
E quando a pensarlo è uno dei migliori allenatori del tuo paese (6 campionati, 3 coppe nazionali ed altrettante di Lega, per cinque volte miglior allenatore della Finlandia, commissario tecnico della nazionale finnica per cinque anni nonché primo allenatore finlandese a disputare una Champions League quando nella stagione 98/99 il suo HJK eliminò Yerevan e Metz approdando al tabellone principale della massima competizione continentale per club) qualcosa deve pur voler dire.

Ancora una volta, quindi, Joel Pohjanpalo è schierato dal primo minuto.

Ed è un esordio perfetto, come perfetta risulterà essere la tripletta che il “nuovo Litmanen” sarà capace di segnare nell’arco di due minuti e quarantadue secondi.

Una serie di goal a ripetizione che metteranno in mostra il suo istinto da killer dell’area di rigore e la sua capacità innata di bucare la rete in qualsiasi modo: di testa, col mancino e col piede destro.

Pohjanpalo si candida insomma ad essere la grande rivelazione di questo 2012,  almeno per quanto concerne il calcio finlandese.

Il suo talento, comunque, non viene certo scoperto oggi, almeno dagli addetti ai lavori.

In passato il ragazzo effettuò infatti dei provini con Monaco e Liverpool. Con questi ultimi che pare lo monitorino ancora costantemente.

CARATTERISTICHE

I paragoni, penso di averlo ripetuto ormai mille volte su questo blog, sono di per sé errati per natura. Ogni giocatore ha infatti caratteristiche uniche ed irripetibili. E dire che questo o quel giovane somigli ad un campione piuttosto che ad un altro lascia veramente il tempo che trova.

Allo stesso tempo però, non posso che ripetermi, è altrettanto vero che nel momento in cui si parla di un giocatore poco conosciuto i paragoni, se presi con le pinze, possono aiutare ad inquadrare anche solo vagamente i tratti peculiari del ragazzo in questione.

In questo senso Joel Pohjanpalo è sicuramente giocatore irripetibile nella sua unicità. Ma nell’osservarlo si possono notare alcuni tratti simili a giocatori ben più conosciuti (nonché forti).

L’istinto da killer dell’area di rigore sembra infatti somigliare vagamente a quello del nostro Filippo Inzaghi. Una dote naturale, una capacità innata, un feeling con la porta che nessun preparatore potrà mai allenare e che non è possibile sviluppare nemmeno con lavoro continuo ventiquattro ore al giorno.

Certo, Inzaghi è più unico che raro. E nel complesso le caratteristiche di questo ragazzo non possono essere confuse con quelle di SuperPippo. Ma ecco, il feeling con la porta… quello sì, sembra poter essere vagamente paragonabile.

Al tempo stesso, poi, l’altra caratteristica principale di Pohjanpalo è quella di trovare la porta in qualsiasi modo. O, se non altro, di provarci.

Caratteristica questa che richiama alla mente un altro grande bomber della storia recente juventina, quel David Trezeguet capace di bucare i portieri avversari colpendo la palla in qualsiasi modo: di testa, di destro e di sinistro.

Insomma, Joel Pohjanpalo è ancora giovanissimo ma ha già una sua dimensione ben precisa – e di alto profilo – nel modesto calcio finlandese (giusto ricordare, infatti, che la Veikkausliiga occupa oggi il ventinovesimo posto nel ranking UEFA).

Da vedere, invece, cosa potrebbe combinare in contesti più competitivi. Sempre tenendo conto, comunque, che avendo solo diciassette anni può crescere ancora. Fino magari, chissà, ricordare Inzaghi e Trezeguet anche a livello di goal realizzati e trofei vinti.

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE

Quando in un ragazzo c’è qualcosa che può ricordare dei grandi campioni è sempre bene tenere alta l’attenzione.

In compenso, però, come detto il contesto in cui si trova ad operare oggi Pohjanpalo (che in questo momento vanta uno score notevole, 7 reti in 9 partite con la prima squadra dell’HJK in competizioni ufficiali) è di livello piuttosto basso, almeno se rapportato ai migliori campionati d’Europa.

Per poter capire quali siano le reali potenzialità di questo ragazzo bisognerebbe forse vederlo alla prova in ambienti più probanti della modesta Veikkausliiga.

L’impressione, comunque, è quella di trovarsi davanti ad un ragazzo determinato e con quel feeling innato con il goal che potrebbe davvero portarlo a raggiungere traguardi insperati.

Litmanen forse era più campione a tutto tondo.

Lui, però, proverà davvero a non farlo rimpiangere.

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Nome: Paul Pogba
Data di nascita: 15 marzo 1993
Luogo di nascita: Lagny-sur-Marne (Francia)
Nazionalità: francese, guineana
Altezza: 186 centimetri
Peso: 80 chilogrammi
Ruolo: centrocampista centrale
Club: Manchester United
Scadenza contratto: 30 giugno 2012
Valutazione: 5.000.000 euro

CARRIERA

Nato il 15 marzo di diciannove anni fa a Lagny-sur-Mer, cittadina che sorge a ventisei chilometri ad est del centro di Parigi, Paul Pogba è però ragazzo di origine guineana.

Terzo di tre fratelli, ha il calcio nel sangue.

Non è infatti un caso se da casa Pogba sono usciti tre calciatori su tre: Florentin, che gioca nel Sedan, Mathias, attualmente al Wrexham, e Paul, gioiellino dell’Academy dei Red Devils.

Oggi è a Manchester. Ma i primi passi da calciatore il più piccolo dei tre Pogba li mosse all’US Roissy-en-Brie, società con casa a pochi chilometri da Lagny.

Nel 2006, quindi, il passaggio al più importante Torcy, dove capitanò la squadra under 13, per poi spiccare il volo verso il Le Havre, una tra le società più importanti del settentrione d’Oltralpe.

Un altro paio di stagioni e l’ennesimo trasferimento. Questa volta, però, fuori dal territorio francese.

Su di lui hanno messo infatti gli occhi gli osservatori che Sir Alex Ferguson sguinzaglia in tutto il mondo.

Il ragazzino, ormai sedicenne, è il capitano delle selezioni under 16 di Le Havre e della nazionale francese, e viene ritenuto un potenziale fuoriclasse. Così lo United, applicando pratiche piuttosto antipatiche, lo ruba al Le Havre (che farà partire una sorta di guerra legale durata poi qualche mese) per rinforzare la propria Academy.

Scelta azzeccata, non c’è che dire.

A Manchester Paul viene subito aggregato alla formazione under 18, dove esordisce il 10 ottobre (quattro soli giorni dopo l’ufficializzazione del suo passaggio ai Red Devils) contro il Crewe Alexandra.

Nel complesso, quell’anno, Pogba metterà a referto 19 presenze e 7 reti. Un bottino niente male per un centrocampista.

Le vittorie di squadra, però, stentano ad arrivare. Almeno nei club.

Perché dopo aver sollevato i trofei dell’Aegean Cup e del Tournoi Val de Marne Paul si era dovuto accontentare solo della seconda piazza nel campionato nazionale francese under 16, dove il suo Le Havre si era dovuto inchinare al Lens (che come ho già avuto modo di dire in altre situazioni è indubbiamente un punto di riferimento per il calcio giovanile francese).

Allo stesso modo Paul deve chinare la testa anche al suo primo anno inglese. Quando lo United viene sconfitto – ai rigori – dai pari età dell’Arsenal nella semifinale playoff del campionato under 18 di quell’anno.

Le vittorie, così, continuano ad arrivare solo in maglia Bleus.
Proprio quell’estate, infatti, l’under 18 francese è chiamata a confermarsi nel torneo Memorial Carlo Sassi. E Paul fa, ovviamente, parte di quella squadra che riuscirà a riportare la vittoria finale.

La stagione successiva arriverà invece il suo esordio tra le riserve. Che avverrà, più precisamente, il 2 novembre 2010, in un 3 a 1 con il Bolton.

Sfiorerà solo, invece, l’esordio in prima squadra. Con Ferguson che lo convocherà, il febbraio seguente, in vista del match di FA Cup contro il Crawley Town (oltre che in quello di campionato con i Wolves) senza però dargli modo di scendere in campo.

La mancata gioia dell’esordio in prima squadra sarà comunque compensata dalla prima vittoria di club.

Quell’anno, infatti, le Riserve dello United riusciranno ad imporsi nella FA Youth Cup, battendo 6 a 3, nel doppio confronto finale, lo Sheffield United.

Questa stagione, quindi, il debutto ufficiale in prima squadra. Che arriverà il 19 settembre in Coppa di Lega contro il Leeds.
Il 31 gennaio scorso, invece, sarà la volta dell’esordio (nonché unico cap, finora) in Premier. Quando, in un match contro lo Stoke City, rileverà il Chicharito Hernandez al settantaduesimo minuto.

Pogba che, nel contempo, continua la sua brillante carriera come alfiere delle nazionali giovanili francesi.

Così dopo aver vestito le maglie dell’under 16, dell’under 17 e dell’under 18 è oggi uno dei punti fermi dell’under 19 guidata da Pierre Makowski.

Basta scorrere la lista dei convocati per l’amichevole del 29 con la Spagna, infatti, per trovare il suo nome in mezzo a quello di Areola, Digne, Kondogbia e Bahebeck.

Il suo futuro prossimo, comunque, potrebbe non essere più colorato a tinte Red Devils.

Il suo contratto, come è possibile leggere nella scheda riassuntiva ad inizio di questo articolo, scade infatti a fine stagione. E su di lui sarebbero piombate diverse squadre.

Tra cui anche Milan e Juventus. Con quest’ultima che, secondo quando si vocifera tra Francia ed Inghilterra, sarebbe oggi in pole position per assicurarsi le prestazioni di questa giovane stellina francese (cui Marotta e Paratici starebbero di far firmare un quadriennale).

Il tutto nonostante Ferguson abbia ribadito più volte di puntare sul ragazzo. E nonostante lo United gli abbia offerto – pare – un rinnovo da 15mila sterline a settimana.

Ovvero sia poco meno di un milione di euro l’anno.

CARATTERISTICHE

Come facilmente intuibile dal titolo c’è chi paragona Paul Pogba a Patrick Vieira.

E nel guardare questo colosso d’ebano viene facile capire perché: fisico importante, potenza muscolare, ruolo simile.

La verità, però, è che troppo spesso questi paragoni vengono fatti in maniera superficiale.

Esattamente come in questo caso.

Perché Vieira era giocatore piuttosto completo che sapeva alternare bene le due fasi. Ma che, nel complesso, era, potremmo dire, un mediano molto tecnico con capacità d’inserimento.

In questo senso, invece, Pogba è ben altro tipo di giocatore.

E quindi se entrambi, per semplificare, possono essere definiti “centrocampisti centrali” è altrettanto vero che ci sono due differenziazioni importanti da sottolineare, che fanno saltare il banco a chi azzarda paragoni superficiali: posizione e propensione.

Perché se il collocamento, appunto, è da centrocampista centrale la posizione è più avanzata rispetto a quella occupata da Vieira.

Per non parlare poi della propensione: perché Pogba è giocatore con una gran bella tecnica di base che non disdegna qualche buon dribbling e che soprattutto ama supportare con continuità la fase offensiva della propria squadra.

In più, nonostante l’altezza, si tratta di un giocatore che ha qualche numero interessante palla al piede nella propria faretra ed un calcio che sembra essere più potente e preciso di quello dell’ex Milan, Arsenal, Juventus ed Inter.

Insomma tecnica, rapidità nel gioco di gambe inusuale in un giocatore col suo fisico, forza, potenza, discreta visione di gioco, propensione ad offendere.

Tutte caratteristiche che ne fanno un centrocampista temibile e, soprattutto, un giovane dal potenziale più che interessante.

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE

Per sapere dove potrà arrivare Paul Pogba dovremmo essere degli indovini.

Perché è già capitato in passato di vedere giocatori di 18/19 anni con un potenziale adatto ad imporsi a livello mondiale perdersi poi in un bicchier d’acqua, compiendo una carriera molto al di sotto delle proprie possibilità.

Nel calcio come nella vita, però, chi non risica non rosica.

E se Ferguson se ne è innamorato tanto da portare lo United a presentargli un’offerta faraonica (a maggior ragione se pensiamo al fatto che non ha ancora nemmeno esordito dal primo minuto in prima squadra) e Paratici è disposto a dichiarare guerra allo United è perché questo giocatore ha effettivamente potenzialità importanti.

Avendo la possibilità di acquistarlo a zero, quindi, è un colpo che qualsiasi società al mondo dovrebbe provare a fare.

Perché sì, l’impressione è di essere di fronte ad un giocatore con le potenzialità per essere uno dei migliori centrocampisti della sua generazione.

Assomigliando, in questo sì, a Patrick Vieira.

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Nome: Serge Aurier
Data di nascita: 24 dicembre 1992
Luogo di nascita: Abidjan (Costa d’Avorio)
Nazionalità: ivoriana, francese
Altezza: 174 centimetri
Peso: 75 chilogrammi
Ruolo: terzino
Club: RC Lens
Scadenza contratto: 30 giugno 2015
Valutazione: 5.000.000 euro

CARRIERA

Nato il giorno della vigilia di Natale di diciannove anni fa in quel di Abidjan Serge è cresciuto nel Villepinte, piccolo club di un paesino ad una mezz’ora dal centro di Parigi.

Cresciuto come centrocampista difensivo, passa al Lens – in compagnia del fratello Christopher, di un anno più giovane – nel 2005.
Coi Sang et Or si toglie da subito diverse soddisfazioni, ben prima di esordire tra i professionisti.

Nelle giovanili del suo nuovo club, infatti, diventa vice-campione nazionale under16 prima e si laurea campione di Francia under18 poi.
Il tutto prima di passare nella squadra riserve, dove diventerà subito capitano.

Proprio le prestazioni che farà segnare nella squadra riserve gli permetteranno di guadagnarsi il suo primo contratto da pro, firmato nel giugno del 2009.

Alla fine di quell’anno, quindi, l’esordio ufficiale, arrivato giusto due giorni prima di compiere 17 anni.

In quel match, disputato contro il St. Etienne, si trova catapultato titolare per via della squalifica di Marco Ramos e, opposto a Dmitri Payet, inizia mostrando qualche difficoltà di tenuta del campo.
Col passare dei minuti, però, la tensione si scioglie e lui acquista fiducia, chiudendo discretamente la partita.

La sua seconda presenza tra i professionisti andrà quindi ancora meglio. Nel “Derby du Nord” contro il Lille, infatti, Serge dimostrerà già una grande maturità e terminerà la partita tra gli applausi dei suoi tifosi. Non solo: le statistiche a fine match dimostreranno la sua totale nonchalanche. Con sessantanove palloni toccati, infatti, Aurier si dimostrerà essere il secondo giocatore più attivo del match, dietro Franck Beria.

A fine stagione, quindi, arriverà una doppia soddisfazione per il ragazzo. Che da una parte riceverà la tanto agognata doppia cittadinanza, e che dall’altra sarà votato come miglior giovane del suo club, vincendo così la “Gaillette d’Or”.

La stagione scorsa, quindi, Serge viene promosso a titolare praticamente indiscutibile, disputando così una trentina di match con la prima squadra.

La retrocessione in Ligue 2 della sua squadra non scoraggia comunque il ragazzo, che alla fine accetta di buon grado di restare al Lens (nonostante dichiari che per la sua crescita sarebbe stato meglio continuare a giocare in Ligue 1).

Le sue buone prestazioni attirano comunque subito una grande quantità di squadre che decidono di sondare il terreno, anche attratte dalla scadenza del suo contratto, posta a giugno 2012.

Per evitare di perdere a zero o comunque a due soldi uno dei migliori prodotti delle proprie giovanili, però, i dirigenti del Lens decidono di blindarlo, facendogli firmare un contratto che vede ora la scadenza, come riportato sopra, a giugno 2015.

Lazio, Fulham, Manchester City, Blackburn e Getafe (più tutti gli altri club che sicuramente si interesseranno a lui nei prossimi mesi) sono quindi avvisati. Per strapparlo alla squadra che l’ha cresciuto e fatto sbocciare ci vorrà sicuramente qualche milioncino sonante…
Diciamo che l’eventuale cessione il prossimo giugno partirebbe sicuramente da una base di sette o otto milioni…

Così dopo Varane – sbarcato in estate al Real – un altro giovane lensois è pronto a spiccare il volo verso il grande calcio…

E intanto si fregano le mani anche i tifosi della nazionale francese.
Perché quando Daniel Leclercq (circa 400 partite in maglia Sang et Or) disse, più o meno un anno fa, che Aurier avrebbe potuto finire col giocare il Mondiale 2014 in maglia Bleu lui, Serge, ha lasciato la porta assolutamente aperta a questa possibilità…

CARATTERISTICHE

La sua posizione naturale è quella di terzino destro, ma il suo tecnico, Jean-Louis Garcia, lo schiera anche, alla bisogna, sulla fascia di sinistra.

Non particolarmente alto, Serge è però piuttosto potente e molto esplosivo.

E proprio l’atletismo è il punto di forza di un giocatore che mostra invece qualche lacuna tattica, in particolar modo per ciò che riguarda la gestione della fase difensiva.

Piuttosto veloce e tecnicamente discreto, Aurier non disdegna di spingere sulla propria fascia sia palla al piede che per semplici sovrapposizioni. Così come, quando ne ha la possibilità, va alla conclusione con piacere.

Nel complesso, quindi, un giocatore dalle caratteristiche atletiche importanti, tecnicamente abbastanza dotato, già piuttosto pronto ad affrontare un campionato da professionista.

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE

Le potenzialità ci sono tutte. Le fondamenta su cui costruire un giocatore importante, insomma, ci sono tutte.

Bisogna comunque capire come saprà crescere, sotto un po’ tutti i punti di vista.

Innanzitutto quello atletico. Perché se è vero come è vero che proprio quello è il suo punto di forza bisogna anche dire che avendo solo diciotto anni potrebbe migliorare ulteriormente il suo rendimento, crescendo.

A quel punto poco da fare: saremmo di fronte ad un giocatore atleticamente dominante.

Poi quello tattico. Che, come detto, è attualmente un po’ il suo piccolo punto debole.

Intendiamoci, non che non sappia come muoversi in campo. Ma in alcune circostanze ho potuto notare (dalla tv però, per un giudizio più completo bisognerebbe osservarlo dallo stadio) come si perda un pochino via.

In questo senso potrebbe essere fondamentale per lui un eventuale approdo in Italia. Dove avrebbe sicuramente difficoltà di adattamento , visto il tatticismo estremo che permea il nostro calcio. Ma dove, altresì, potrebbe davvero crescere tantissimo in quello che è, appunto, il suo punto debole.

Insomma, giocatore da seguire sicuramente con attenzione. E chissà mai che in futuro non diventi quel mezzo fenomeno che diventava puntualmente in ogni partita di Football Manager 2011…

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Nome: Mohammad Mustafa Amini
Data di nascita: 20 aprile 1993
Luogo di nascita: Sydney (Australia)
Nazionalità: australiana, afghana
Altezza: 173 centimetri
Peso: ? chilogrammi
Ruolo: trequartista, centrocampista
Club: Borussia Dortmund
Scadenza contratto: 30 giugno 2015
Valutazione: 500.000 euro

CARRIERA

Non è un ragazzo che passa inosservato, Mustafa.

Capelli afro di colore rosso, talento importante.

E’ un vero e proprio meltin’ pot d’etnie. Un po’ come il nostro Dumitru.

Nato a Sydney diciotto anni fa, Mustafa ha discendenza afgana (da parte di papà) e nicaraguense (da parte di mamma).

Cresciuto nella zona sud di Sydney frequentò la Sherwood Grange Public School e la Westfields Sports High School prima di iscriversi al Lake Ginninderra College, dove giocherà a calcio nella squadra della scuola. Il tutto dopo aver iniziato a tirare i primi calci ad un pallone nei Blacktown City, squadra che abbandonerà proprio con l’iscrizione al College.

Una volta diplomato arriverà quindi la chiamata dei Central Coast Mariners.
La squadra del New South Wales deciderà infatti di puntare su questo pittoresco ragazzino. Venendo ripagata alla grande.

Ad inizio della scorsa stagione, infatti, Peter Turnbull e i suoi faranno firmare a Mustafa un biennale, per proiettarlo subito in prima squadra. Dove farà molto bene.

Il debutto ufficiale arriverà il 20 ottobre 2010, contro i Brisbane Roars. Per la prima rete bisognerà invece attendere il 9 febbraio successivo, quando Mustafa firmerà al 40′ la rete del 2 a 0 allo Skilled Park contro i Gold Coast United, permettendo alla sua squadra di chiudere il primo tempo con un importantissimo e rassicurantissimo doppio vantaggio.

Amini che disputerà 23 presenze in campionato, mettendo assieme una rete e due assist.

Le sue prestazioni abbinate alla giovanissima età attrarranno su di lui gli occhi di alcuni osservatori europei.
Amini è infatti uno dei protagonisti della splendida cavalcata che porta i suoi in finale di campionato, dove arriverà la beffarda vittoria contro i Brisbane Roars (avanti di due reti alla fine del secondo supplementare i Central Coast Mariners si faranno recuperare nell’arco di tre minuti, per perdere poi ai rigori).

E se in Italia le restrizioni sugli extracomunitari spingono i nostri club a guardare sempre in direzione Sud America, ecco che ci sono paesi più aperti, da questo punto di vista.

In primavera, quindi, si vocifera di un interesse del Bayern Monaco e si concretizzano quelli di Celtic e Borussia.

E proprio a Dortmund Mustafa andrà a fare un camp di un paio di settimane. Convincendo i tecnici teutonici a dargli una chance.

Lo scorso 4 luglio, quindi, l’annuncio ufficiale: Amini è uno Schwarzgelben.

Come comunicato dai Central Coast Mariners sul proprio sito ufficiale, però, si tratta di una “win-win” situation in cui tutte le parti in causa possono dire di aver “vinto”.

Da una parte, infatti, il giocatore si è assicurato un futuro in Europa, esattamente come sempre sognato. Dall’altra il Borussia ha bruciato le contendenti su di uno dei migliori talenti Aussie del momento. Infine, ancora, i Mariners potranno godere per ancora una stagione di uno dei migliori talenti transitati dalle loro parti, che potrà così aiutare la squadra nella prossima Champions asiatica.

Dopo aver chiuso l’accordo per il trasferimento della sua proprietà in Germania, infatti, i dirigenti delle due società si sono subito accordati per lasciare il ragazzo ai CCM fino al prossimo aprile, ovvero sia sino al termine della prossima stagione australiana.

Mustafa che, intanto, pare aver scelto quale sarà il suo futuro internazionale. Non che ci fosse molto da discutere, ma ad oggi il ragazzo ha fatto già parte delle nazionali under 17, 20 e 23 australiane.

CARATTERISTICHE

Premetto una cosa importante: conosco molto poco il ragazzo.

Però si tratta di un personaggio troppo particolare, e non potevo non parlarne.

La scheda, quindi, sarà quel che sarà.

Detto questo a seconda di quanto ho potuto vedere guardicchiando qua e là video in giro per la rete (partite intere dei Central Coast Mariners purtroppo non sono riuscito a trovarne) si tratta di un giocatore che predilige giocare a ridosso della trequarti e che ama creare gioco, toccare molti palloni.

Non è un grandissimo finalizzatore, ma a diciotto anni appena compiuti questa è una pecca assolutamente migliorabile nel tempo.

Discreto tocco di palla, tecnicamente dotato, fisico certo non prorompente ma che, altezza a parte, lascia intravvedere cose interessanti. In particolare margini di miglioramento che possono portarlo a non soffrire troppo la rudezza di colleghi più dotati.

Trequartista, sì, ma che può giocare anche più indietro. Tanto mezz’ala tecnica con libertà di appoggiare la manovra, quanto centrale che possa provare a dettare i ritmi.

Per il poco che ho visto, comunque, mi è parso che si trovi più a suo agio, in generale, proprio agendo sulla trequarti.

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE

Questo è mi davvero impossibile dirlo.

Non appena avrò modo di vederlo giocare un po’ proverò a farmi un’opinione in questo senso.

Detto ciò, comunque, non potevo davvero esimermi dal fare una scheda di un australiano di origini afgano-nicaraguense, dai capelli rosso-afro con Gerrard e Kewell come idoli.

Dove possa arrivare non so, ma di certo è un personaggio.

E mi sta già molto simpatico!

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Nome: M’Baye Niang
Data di nascita: 19 dicembre 1994
Luogo di nascita: Meulan-en-Yvelines (Francia)
Nazionalità: francese, senegalese
Altezza: 184 centimetri
Peso: 74 chilogrammi
Ruolo: punta
Club: Stade Malherbe de Caen
Scadenza contratto: 30 giugno 2014
Valutazione: 500.000 euro

Ancora la classe ’94 sotto osservazione.
Dopo essere andati a scoprire tutto su Bryan Rabello, probabilmente il giocatore più talentuoso della sua annata di tutto il Sud America, ecco M’Baye Niang, sedicenne rivelazione dell’ultima stagione di Ligue 1.

CARRIERA

Nato il 19 dicembre del 1994 a Meulan-en-Yvelines, Ile de France, questo giovanissimo attaccante di origini senegalesi iniziò a tirare i primi calci ad un pallone all’età di sette anni, quando entrò a far parte della scuola calcio del C.O. Basse-Seine Les Mureaux.
Dopo un paio d’anni, quindi, ecco il suo passaggio nell’AS Poissy, società semi-professionistica piuttosto importante della sua regione (nata giusto novant’anni prima di lui).

A 13 anni, infine, ecco il definitivo salto di qualità: David Lasry e Laurent Glaize si accorgono di lui e restano impressionati, decidendo così di portarlo a Caen.
Due soli anni e Niang, forte di qualità fisiche straordinarie rispetto alla giovane età, debutta nella squadra riserve, attirando su di sè l’attenzione dei tecnici federali. Che non perdono un minuto, e lo rendono uno dei punti forte delle rappresentative giovanili under 16 e 17.

Le sue doti impressionano tutti così che Jean-François Fortin, Presidente della società, decide di fargli firmare, nel corso dello scorso febbraio, un triennale, rendendolo, così precocemente, un professionista. Scelta da un certo punto di vista quasi obbligata: sul ragazzo pare infatti stessero muovendosi diversi club (in particolar modo Manchester City e Juventus ma anche PSG, Bordeaux, Arsenal, Siviglia e Barcellona, secondo i media francesi).
La firma del contratto è comunque solo una formalità che anticipa il suo debutto ufficiale in prima squadra. Debutto che arriva il 24 aprile seguente, quando dopo aver realizzato cinque reti in sedici match nel Championnat Amateur de France col Caen B viene promosso in pianta stabile nella rosa a disposizione di Franck Dumas e Patrice Garande. Che ne fanno quasi subito un titolare assoluto.

Dopo aver assaggiato il campo contro il Tolosa da subentrante (qui gli highlights del match), infatti, il nostro sarà lanciato titolare già nel match successivo – un 4 a 0 sul Nizza (qui gli highlights del match) – che lo renderà il più giovane professionista nella storia del club ad essere partito dal primo minuto.
La sua prima rete arriva invece il 7 maggio contro il Lens quando schierato titolare contro i Sang et Or firmerà, dopo due soli minuti di gioco, la rete del momentaneo vantaggio caennaise: servito in area, decentrato sulla sinistra, farà partire un diagonale mancino tutt’altro che irresistibile con il pallone che salterà giusto davanti al malcapitato Runje, che farà una mezza papera regalandogli la segnatura (qui gli highlights del match).

Questa rete, per altro, lo rende – secondo France Football – il secondo più giovane marcatore nella storia della Ligue 1 dopo Laurent Roussey.
A recuperare poi il risultato,  per la cronaca, sarà un colpo di testa di Raphael Varane, altro giocatore di cui spero di avere modo di parlarvi a breve.

Niang che però non si accontenta. Così quattro giorni dopo scende in campo alla Route de Lorient di Rennes solo al cinquantesimo minuto, risultando però assolutamente decisivo.
A cinque minuti dalla sua discesa in campo, infatti, il goal del pareggio: El Arabi riceve all’interno della propria metacampo facendo secco Danze con un bel movimento. Proprio l’aver messo fuori gioco il terzino destro della formazione di casa permette agli ospiti di avere molto spazio davanti a sè. Il passaggio filtrante che ne segue mette quindi in movimento Mollo che scattando al momento giusto si trova a prendere d’infilata il povero Mangane, che non avrà modo di recuperarlo. Arrivato al vertice sinistro dell’area di rigore l’esterno caennaise farà partire un filtrante basso in direzione dello stesso Niang, nel frattempo bravo a non farsi recuperare da Kana-Biyik. A quel punto per l’attaccante di soli sedici anni non ci sarà null’altro da fare se non bucare comodamente Douchez (qui gli highlights del match).

Domenica scorsa, poi, altra titolarità contro il Montpellier (qui gli highlights), per un computo totale (ad oggi) che recita 265 minuti giocati con due reti all’attivo, una ogni 130 minuti circa.

CARATTERISTICHE

Non avere ancora compiuto sedici anni e mezzo ed avere già una fisicità come la sua è roba non da poco.

Perché M’Baye Niang ha sviluppato un fisico e delle qualità atletiche davvero impressionanti, in questi suoi primi anni di vita. Quanti, a quell’età, possono permettersi di lottare praticamente alla pari, da questo punto di vista, con uomini nel pieno della loro forza fisica, nonché professionisti da anni?

Ecco, quindi, la grandissima qualità che ha permesso a questo ragazzino di imporsi così giovane all’attenzione degli sportivi transalpini.

Escluso il suo punto di forza resta un giocatore piuttosto normale, coi pregi e i difetti dell’avere sedici anni.
Se da una parte mostra infatti grandissima voglia di fare e generosità, dall’altra emerge chiaramente la sua inesperienza.

Corre tanto, M’Baye. E lo fa sia nel cercare di dare una mano in fase di non possesso ai propri compagni, sia nello svariare lungo tutto il fronte di attacco una volta che è il suo Caen a gestire il pallone.
Del resto nello scacchiere della squadra del nord della Francia lui ricopre, ad oggi, il ruolo di unica punta. Cosa notevole, per un ragazzo così giovane. E proprio in questo suo essere l’unico attaccante di ruolo (El Arabi, stella della squadra, agisce da trequartista centrale, alle sue spalle) del Caen Niang prova a muoversi quanto più possibile, sia per evitare di dare un punto di riferimento fisso ai difensori avversari che per provare a creare dei varchi per i propri compagni.

L’inesperienza, invece, emerge chiaramente in alcune piccole cose: ama giocare sul filo del fuorigioco, ma non sempre è attentissimo, in questo senso. Ha una buona forza fisica, ma non sempre sa muovere il proprio corpo per difendere il pallone al meglio. E’ molto generoso nell’aiutare i compagni, ma in qualche occasione commette falli – di generosità, appunto – comunque evitabili (si è già guadagnato due ammonizioni, tra l’altro).

Tatticamente risente – positivamente – dell’influenza delle scuole calcio francesi (indubbiamente tra le migliori al mondo). Anche se, ovviamente, va fatto crescere.
Tecnicamente è invece giocatore certo non da mozzafiato, ma comunque dotato al punto da reggere tranquillamente un palcoscenico importante come la massima serie francese.

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE

Meno di trecento minuti di gioco sono davvero pochi per poter giudicare un ragazzo. Quindi prima di esprimere un giudizio definitivo non potremo che dargli altro tempo per mettersi in mostra.

Quel che è certo è che se da una parte ha già fatto qualcosa di straordinario (due reti in cinque presenze totali – tre se andiamo a vedere i minuti giocati – in un campionato piuttosto competitivo come quello della Ligue 1, il tutto a sedici anni e cinque mesi), dall’altra non ha ancora mostrato le stimmate del campione.

Tanta buona volontà, sicuramente. E doti, soprattutto fisico-atletiche, fuori dal comune per un ragazzino (per quanto, va detto, è cosa comune per un colored maturare piuttosto presto, sotto questo punto di vista).
Ma la strada per affermarsi ad altissimi livelli per lui sarà ancora lunga e tortuosa. L’impressione è quella di non essere davanti ad un predestinato. Scalare la vetta, quindi, richiederà sforzo immane.

Qualità importantissime da usare come fondamenta, comunque, ci sono tutte. E, secondo Philippe Tranchant (suo allenatore nell’under 19 del Caen), anche un potenziale enorme da sviluppare.A questo punto non ci resta quindi che aspettare e vedere. Non sarà Messi o Ronaldo – predestinati, appunto -, ma i numeri per fare bene li ha di certo.

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Nome: Šime Vrsaljko
Data di nascita: 10 gennaio 1992
Luogo di nascita: Zadar (Croazia)
Nazionalità: croata
Altezza: 183 centimetri
Peso: 73 chilogrammi
Ruolo: terzino destro
Club: Dinamo Zagabria
Scadenza contratto: 30 giugno 2014
Valutazione: 15.000.000 euro

CARRIERA

Nato il 10 gennaio di 19 anni fa in quel di Zadar, città di quasi centomila abitanti che diede i natali anche a Luka Modrić, Šime Vrsaljko è uno dei ’92 più interessanti dell’intero Vecchio Continente tanto che su di lui si è mosso con insistenza l’Arsenal di Wenger che, stregato dalle potenzialità del ragazzo, sarebbe disposto a versare ben quindici milioni di euro nelle casse della Dinamo per assicurarsene i servigi.

Cresciuto nelle giovanili dello Zadar passò al suo attuale club giovanissimo ed iniziò la carriera da professionista nell’NK Lokomotiva di Zagabria, club affiliato alla Dinamo.
Il suo debutto assoluto nel massimo campionato croato arrivò il 26 luglio 2009 contro l’HNK Rijeka, e da lì divenne giocatore imprescindibile per la squadra.

Quel dicembre, quindi, il ritorno alla base, in concomitanza con la pausa invernale.
L’esordio assoluto nella Dinamo arriverà il 27 febbraio successivo, contro il Croatia Sesvete. Da lì in poi altre nove presenze ufficiali, per un totale stagionale di ben ventisette (più una nella semifinale di Coppa nazionale). Niente male per un novellino.

Nella stagione attuale è quindi diventato una delle colonne della formazione capitolina, dopo che nel corso del mercato estivo il ragazzo rischiò seriamente di lasciare la Croazia. Lo scorso agosto, infatti, l’Olympique Marsiglia, di cui vi ho parlato giusto l’altroieri, offrì quattro milioni di euro per il suo cartellino. Offerta reputata quasi offensiva da Zdravko Mamić, vicepresidente esecutivo della Dinamo.
Il novembre successivo, quindi, la società di Zagabria ha poi affermato che l’OM non è stata la sola società interessata al ragazzo. Su di lui ci sarebbero infatti anche United, City, Tottenham, Everton e, appunto, un Arsenal convintissimo di doverne fare una delle colonne della squadra.

Vrsaljko che, per altro, è da sempre colonna delle nazionali giovanili del suo paese, avendo vestito le maglie delle under 15, 17, 18, 19 e 21.Ma non solo: il giovane Šime ha infatti esordito in nazionale maggiore lo scorso 2 novembre, nel corso di un match valevole per le qualificazioni al prossimo Europeo disputato contro la Repubblica Ceca.

CARATTERISTICHE

Terzino destro naturale, Šime Vrsaljko è però un jolly preziosissimo. Grazie ad una duttilità unica, infatti, può giocare anche sulla fascia sinistra, così come a centrocampo.

Laterale di spinta, sa disimpegnarsi efficacemente anche in fase difensiva.
Piuttosto rapido, è decisamente ficcante quando affonda sulla fascia. Dotato di un dribbling discreto per essere un terzino, infatti, il buon Šime sa risultare spesso incontenibile quando parte palla al piede. Abilissimo nel controllo di palla e bravo nel dialogare coi compagni sa essere un valore aggiunto in fase di assistenza grazie ad una notevole capacità di centrare il pallone.

Poco prolifico, è attento e presente anche in fase di non possesso dove sa sfruttare le sue qualità tecnico-atletiche per risultare marcatore abile e non superabile poi così facilmente.

Terzino piuttosto completo, insomma.
Che qualcuno accosta a Modric. E sarebbe interessante capire come un terzino naturale possa essere accomunato ad un centrocampista offensivo…

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE

Quando si hanno appena compiuto i diciannove anni e si hanno queste capacità non si può che essere ritenuti tra i migliori prospetti in circolazione. E se l’Arsenal pare essere disposto a versare ben quindici milioni nelle casse della Dinamo è proprio perché potenzialmente Šime Vrsaljko è uno dei migliori terzini al mondo.

L’impressione è infatti di essere davanti ad un predestinato, ad un ragazzo che se saprà rimanere coi piedi ben piantati per terra potrà finire con il mantenere tutte le promesse.

Wenger è piuttosto sicuro di trovarsi di fronte ad uno dei migliori terzini dei prossimi dieci anni.
Non ci resta che aspettare e vedere se il tecnico francese avrà ragione o meno.

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