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Archive for the ‘Angolo letteratura’ Category

La carica dei 201Come probabilmente saprete, ho da poco pubblicato il mio primo libro: La carica dei 201.

Un viaggio all’interno dell’universo calcistico giovanile che mi ha visto scoutare e schedare 201 ragazzi sotto i vent’anni, per raccogliere poi tutto in questo ebook (in vendita alla modica cifra di 99 centesimi!).

La mia pubblicazione ha attirato gli interessi di Daniele Berrone di Esperto di Calcio, blog molto interessante cui vi consiglio di dare una lettura.

Da una chiacchieratina via mail è nata questa chiacchierata, che Daniele ha gentilmente deciso di pubblicare sul suo blog (ed io mi permetto di ripostare qui).

Secondo me ne è venuta una cosa piuttosto carina, con cui si è spaziato anche ben oltre il mio libro!

Ciao Francesco, raccontaci un pò. Chi sei, cosa fai nella vita?
Ciao a tutti. Da sempre appassionato di calcio e affascinato dalla “parola”, ho passato l’infanzia a divorare giornali e riviste specializzate.
Cinque anni fa ho quindi deciso di unire queste due passioni, concretizzandole in un blog: Sciabolata Morbida. Ci ho versato litri di inchiostro (virtuale) e profuso grandi sforzi, venendo comunque ripagato da molti complimenti di lettori e “gente del settore”.
Da circa tre anni, poi, faccio il giornalista in una televisione locale del varesotto.
Fondamentalmente sono due i sogni che ho nella vita: dilettarmi con il giornalismo. E perché no con lo scouting.

Perchè hai scelto di seguire i giovani talenti, cos’ha mosso questa scelta?
Credo sia andata più o meno così: la passione per il calcio è cresciuta con e dentro di me. Ad un certo punto della mia crescita ho iniziato a seguire, in maniera del tutto spontanea, l’under 21. Credo che a spingermi sia stato il gusto di vedere “in anticipo” i campioni del domani.
Così fin da tenerissima età (sono nato nell’85 e ricordo nitidamente di aver visto la finale dell’Europeo under21 del ’94 contro il Portogallo, risolta da Orlandini) ho iniziato a seguire i giovani e, in qualche modo, a fare scouting. Tra i compagni di scuola, certo.
Da lì è stata un’escalation. Diventato grandicello ho iniziato a prendere anche più consapevolezza del mondo del calcio e mi sono spinto anche oltre l’under 21.
Ad esempio, mi resterà sempre nel cuore il Mondiale under 17 del 2009, dove i ragazzi della classe ’92 guidata da Pasquale Salerno uscirono immeritatamente contro la Svizzera poi Campione del Mondo. O il XVIII Torneo Nacional Alevín de Fútbol 7 del 2011, che mi diede la possibilità di veder giocare ragazzi(ni) di solo una dozzina d’anni…Salomon Obama

Quando hai pensato di scrivere un libro sui migliori giovani del calcio mondiale?
L’idea è nata l’anno scorso, quando un amico si imbatté in una lista riguardante i presunti “cinquanta migliori under 20 al mondo”.
La cosa mi stuzzicò molto.
Dato che sul mio blog avevo da tempo attiva una rubrica – molto apprezzata, devo dire – chiamata “Stars of the future” ci dormii su. Al risveglio l’illuminazione: avrei raccolto una serie di schede di giovani talenti in un libro.
Va detto che da sempre avevo in testa di provare, un giorno, a pubblicare qualcosa. E ho ritenuto che questa potesse essere l’idea giusta per cominciare.

Come mai proprio 201, è un numero che nasconde qualche simbolismo?
Quando ho iniziato a scrivere il libro, sinceramente, non avevo bene in mente che struttura gli avrei dato. Sono partito senza darmi, almeno inizialmente, un vero e proprio obiettivo.
Per scrivere un libro del genere non ci si può però basare solo sui nomi, bisogna soprattutto guardare molte partite. Fare del vero e proprio scouting, anche se non finalizzato alla procura o all’acquisizione di un giocatore. Il che ti porta a trovare in continuazione giocatori nuovi, degni di considerazione.
Così pensando al titolo mi è subito venuta in mente la “Carica dei 101”, famosissimo cartoon Disney. Ho quindi deciso di giocare con esso e continuare a sfogare la mia passione per lo scouting.
Non nascondo che è stato davvero un lavoro enorme. E che nel farlo mi sono dovuto dare un limite. Finendo così per escludere tanti ragazzi meritevolissimi, per un motivo o per l’altro. Ma attenzione: volerli schedare tutti significherebbe non porsi un limite. E quindi, non poter arrivare mai al momento della pubblicazione!
Questa è anche implicitamente la risposta ai tanti che mi hanno già – giustamente – scritto “avrei messo anche…”.Lucas Digne

Sei legato a qualche ragazzo in particolare?
Sicuramente sì.
Sono legato, ad esempio, ai classe ’93 francesi. Giocatori che ho visto giocare molte volte quando ancora non erano per nulla conosciuti e che sponsorizzo da sempre. Varane, Digne, Kondogbia, Sanogo e quel Pogba di cui l’anno scorso si sono accorti tutti anche in Italia (e di cui io parlai sul mio blog già mesi prima del suo arrivo alla Juventus).
Per non dire dei ragazzini che scoprii al già citato XVIII Torneo Nacional Alevín de Fútbol 7, come Javi Moreno (nome che farà accapponare la pelle dei milanisti), Brahim o Obama.
Ma anche i giocatori più esotici, come l’honduregno Lacayo, l’iraniano Jahanbakhsh o il malesiano Faiz occupano un posto particolare nel mio cuore, avendoli scoperti un po’ per caso andando proprio alla ricerca di qualcosa di “non convenzionale”.
Menzione speciale per giocatori come Jedvaj e Iturbe: quando li schedai non erano ancora vicini all’arrivo in Italia.
Chiudo, legandomi ad Iturbe, con un nome in particolare che per ovvi motivi non è contenuto nel libro ma merita di essere citato: Sean Sogliano. Questo, ragazzi, è un dirigente che di calcio ne capisce come pochi. Se in Italia mettessimo sempre al centro il “merito” sarebbe già, con tutto il rispetto per il Verona, in una grande squadra.

Se dovessi scommettere su tre giovani, su chi punteresti?
Dire Pogba, Varane o Draxler sarebbe troppo facile, essendo tre ragazzi che giocano già stabilmente ad alto livello.
Nel contempo scommettere su chi ancora non si è imposto diventa sì più stuzzicante, ma anche molto più rischioso.
Per rispondere alla tua domanda, però, ti do tre nomi e ti spiego rapidamente il mio punto di vista: Bakkali, Meyer e Zouma.
I primi due sono ragazzi dal talento innato, con una capacità di controllo e gestione della sfera oltre che di rapidità davvero rara. Di contro sono però limitati da un fisico molto minuto. E ben sappiamo come i giocatori di questo tipo possano faticare ad imporsi. Entrambi, comunque, hanno i numeri per farlo.
Zouma invece è un difensore roccioso contro cui non vorrei mai scontrarmi. Ha alcuni limiti comunque limabili, ma con un potenziale fisico-atletico come il suo (esattamente al contrario dei due succitati) ha molte probabilità di “arrivare”.Kurt Zouma

Dei 201 recensiti, quanti sfonderanno davvero e chi rischia maggiormente di perdersi per strada?
Alla prima parte di questa domanda è praticamente impossibile rispondere.
Io, ci tengo a sottolinearlo, non ho voluto raccogliere i giovani più promettenti (bisognerebbe conoscere TUTTI i giovani che sognano un futuro da campioni) quanto dei ragazzi che pensavo fossero meritevoli, per le motivazioni più svariate, di essere raccontati.
Definire quanti potranno sfondare è impossibile. Nella crescita di un calciatore influiscono sempre miriadi di fattori, spesso nemmeno prevedibili.
Venendo a chi rischia di perdersi per strada, penso, per lo stesso motivo, di doverti rispondere con un “tutti”. Perché, tranne forse chi ormai è già ad alto livello, tutti gli altri potrebbero non farcela.

Ci parli un pò del paese più rappresentato nei tuoi 201 profili?
Sinceramente non mi sono preoccupato troppo di quale potesse essere il paese più rappresentato ma, va da sé, ci sono aree che anche solo per questioni di “accesso” vedono la presenza di più calciatori. In questo senso, ovviamente, mi riferisco ad Europa (Inghilterra, Spagna, Francia e Germania su tutte, chiaro) e Sud America.
Logico che reperire partite di calcio giovanile riguardanti altre zone del mondo è molto difficile. Però ci ho provato, e mi soffermerei un po’ su questi paesi.
Ad esempio Giappone, Australia e l’accoppiata Stati Uniti – Messico. Quattro paesi in cui negli ultimi anni il calcio è cresciuto molto (seguendo volontà precise che hanno lavorato anche in senso “politico” per questo). E i frutti sembra che stiano arrivando.
Scarsa tradizione calcistica, ma tantissima voglia di fare. I nomi appuntati sono tutti, chi più chi meno, interessanti anche per l’Europa.
Un piccolo appunto mi permetto di farmelo da solo: avrei forse dovuto dare più spazio ad un paese in crescita rapidissima, come il Belgio. Che comunque è discretamente ben rappresentato da giocatori come Thorgan Hazard e Romelu Lukaku.Thorgan Hazard

Il movimento giovanile italiano è destinato a tornare florido come un tempo?
E’ tutta una questione politica. Di politica sportiva, evidentemente.
La sensazione, da non propriamente addetto ai lavori, è che in Italia si sia persa, anche in questo campo, la voglia di lavorare bene.
Si pensa più al profitto che non alla crescita tecnico-tattica di un ragazzo. E così il livello medio dei nostri campionati si è abbassato molto negli ultimi due decenni.
Cosa serve quindi per fare in modo che il nostro movimento giovanile torni ad essere florido?
Invertire la rotta proprio da un punto di vista della politica sportiva. Tornare ad investire davvero nei nostri settori giovanili e soprattutto nei nostri giovani. Costruire degli uomini e dei calciatori completi, non solo dei ragazzotti che sappiano, in qualche modo, stare in campo.
Quindi, “destinato” no. Da nessuna parte è scritto che l’Italia debba continuare ad essere una potenza, economica come calcistica. In entrambi i casi ci vuole la volontà da parte di tutti di lavorare affinché ciò accada.
Una volontà che ripeto, ahimè, non noto nel nostro Belpaese.

Quali sono i nostri giovani più promettenti?
Qualcuno l’ho ovviamente recensito all’intero de La carica dei 201, quindi evito di svelare troppo a chi ancora non ha letto il libro onde evitare il pericolo spoiler.
Ricollegandomi alla domanda precedente, però, sono più preoccupato di capire come questi ragazzi (ed altri, che per motivi di spazio non ho inserito) saranno cresciuti.
Purtroppo l’impressione è che oggi già a quindici-sedici anni ci si senta arrivati quando si indossano maglie (di settori giovanili) importanti.
Sbagliato. Quello è un semplice punto di partenza. Serve ricostruire nei ragazzi una cultura del lavoro e del sacrificio, perché nulla viene per diritto divino (ed in un mondo globalizzato in cui il livello dei paesi con scarsa tradizione calcistica si sta elevando non basta certo nascere in Italia per essere superiore agli altri). E poi tornare a formare a tutto tondo i calciatori. Lavorare per esaltare le peculiarità di ognuno, non limitarsi a costruire, come dicevo, ragazzotti che tengano il campo dignitosamente.Mattia Destro

Chiusura con mattia destro, universalmente riconosciuto (da don balon in primis) come uno dei migliori giovani. tornerà ai livelli di prima?
Io personalmente non amo le “classifiche” quando si parla di giovani proprio perché lasciano il tempo che trovano.
Come dicevo in una delle risposte precedenti le variabili sono così tante che anche il talento più puro può finire con il “non arrivare”.
Venendo a Destro, credo sia un calciatore di buona qualità, ma non sono affatto convinto possa avere i numeri per essere un cosiddetto “top player”.
In più, avendolo potuto osservare anche da vicino in alcune occasioni quando indossava la maglia dell’under21, mi sembra un ragazzo che debba sentire grande fiducia attorno a sé, per provare a fare bene.
Ma ripeto, i risultati arrivano quando lotti e ti sacrifichi. Nulla è dovuto a nessuno. Mattia dovrà essere bravo a rimettersi in gioco, chinare la testa e dare tutto, se vuole mantenere le promesse fatte in gioventù.

Il libro, ve lo ricordo, è in vendita in numerosi store online, ricapitolati a questo link: https://sciabolatamorbida.wordpress.com/la-carica-dei-201/

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Acquista il mio primo libro: La carica dei 201!

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La carica dei 201

Chi segue il mio blog da tempo (il primo post è datato 17 novembre 2008, quindi parliamo di ormai cinque anni di attività!) sa che la mia passione smisurata per il calcio si concretizza in particolar modo nel calcio giovanile.

Crescendo, infatti, ho iniziato a sentire il bisogno di vestire i panni di scout improvvisato, per andare ad “anticipare” il futuro e scoprire con sempre maggiore precocità i prossimi talenti e campioni dell’universo pallonaro mondiale.

Così dapprima mi sono avvicinato all’under21. Poi, piano piano, sono sceso, fino ad arrivare anche, quando mi è stato possibile, a guardare quelli che non sono null’altro che bambini.

Questa fortissima pulsione che mi ha spinto a diventare una sorta di “osservatore” mi ha portato a scrivere di giovani su questo blog ma soprattutto a guardare una miriade di partite di calcio giovanile.

Fino a quando, giusto un annetto fa, ho avuto una sorta di illuminazione in uno dei miei tanti dormiveglia: concretizzare questa passione in un libro.

Che “libro” vero e proprio non è, quanto più una raccolta di schede dove inserire giocatori di non più di vent’anni.

Dai ragazzi che si sono già in qualche modo imposti tra i pro, fino a quei “bambini” che mi hanno impressionato nelle varie partitelle che mi è capitato di vedere (grazie, internet!).

La carica dei 201, questo il titolo che ho deciso di dare, è quindi frutto di un anno di passione e sudore. Di serate passate a casa anziché in giro con gli amici o con la ragazza. E di speranza.

Qui sotto troverete i link degli store online dove potete acquistare il libro. 99 centesimi penso sia un prezzo ridicolo anche in un momento di crisi economica devastante come questo.

Ma più che dei soldi (mi interessassero, avrei ovviamente alzato il prezzo di copertina) mi interessa che altri appassionati come me leggano queste schede e poi si confrontino con me. Perché alla fine sono tutti punti di vista. Sul futuro di un giovane non v’è certezza.

E poi, perché no, mi aiutino a costruire il secondo capitolo di questo libro.

Quindi… comprate il libro, consigliatelo ai vostri amici, passateglielo anche se proprio non si può fare altrimenti. E poi fatemi sapere cosa ne pensate.

Qui, su Twitter o su Facebook. Come preferite.

Un’ultima cosa. Lancerei un hashtag: #carica201.

Sia per chiacchierare di queste schede, che per commentare le prestazioni dei giocatori che fanno parte di questa raccolta che, soprattutto, per segnalarmi voi i giocatori che, per bravura, “colore” o “esoticità”, meriterebbero di stare nel prossimo capitolo di questa raccolta!

Questi gli store da dove potete acquistare il libro con il contributo minimo:

eBay

Amazon

La Feltrinelli

Ultima Books

Rizzoli

Cubolibri

Book Republic

eBookizzati

DEAStore (epub e mobi)

Mr. Ebook

Ebook.it

Omnia Buk

Excalibooks

Hoepli (epub e mobi)

KoboBooks

San Paolo Store

Libreria Ebook

Byblon Store

L’Unità

Il Fatto Quotidiano

Libreria Tuttogratis

Libreria Secretary

Libreria Freeonline

Mazy

Books University

Il libro è acquistabile anche sull’Apple iBook Store.

Infine, questa la scheda aNobii. Se siete iscritti, aggiungetelo alla vostra libreria!

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Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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Tra i libri calcistici che preferisco ci sono senza dubbio le autobiografie.

L’ultima in ordine temporale che mi è capitato di leggere è stata quella di Zlatan Ibrahimovic, pubblicata in Italia nel novembre del 2011. Ovvero quando ancora lo svedese giocava in Italia, giusto pochi mesi dopo aver firmato l’ennesimo trionfo della sua carriera trascinando il Milan allo Scudetto.

Partiamo subito da un presupposto: non mi aspettavo moltissimo da questo libro. Tanto che lo comprai solo in forte saldo (pagato circa sei euro) nelle svendite di fine attività del Blockbuster di Varese.

Non mi aspettavo molto più che altro perché temevo che, in linea col personaggio, in questo libro Ibrahimovic facesse la corsa a sparare a zero su tutto e tutti giusto per fomentare discussioni e ritorno d’immagine più che raccontare davvero quella che è stata la sua vita, sportiva innanzitutto.

Oltre a questo debbo dire che non apprezzo affatto, in linea di massima, le biografie che escono quando il giocatore – un po’ come successo con Cassano, altro libro che lessi con non poca prevenzione – è ancora in piena attività.

Gli spunti interessanti, però, si trovano eccome.

A partire dal rapporto problematico con Pep Guardiola.

Certo, ascoltare una campana sola è sempre sbagliato e, al riguardo, sarebbe interessante sapere ciò che ha da dire l’allenatore catalano. Però è altresì vero che la ricostruzione delle cose che emerge dalle pagine di “Io, Ibra” sembra tutto sommato poter essere attendibile, almeno a grandi linee.

Oltre a questo è comunque interessante ripercorrere la carriera di uno dei giocatori più discussi – e determinanti, almeno in campionato – dell’ultima decade.Io, Ibra

A partire dalla fatica di emergere al Malmo in un contesto che lo ghettizzava per il suo essere “diverso”, passando per tutti i trasferimenti che hanno caratterizzato la sua carriera, fino ad arrivare, appunto, allo Scudetto Rossonero.

Retroscena, sensazioni e focus che possono aiutare a capire meglio il personaggio Ibrahimovic, oltre che, perché no, il mondo del calcio attuale.

Scorrendo le pagine di questo libro, per altro, emerge chiaro il suo amore per il nostro calcio. Cosa che sembrerà strana in un’epoca in cui lo stesso ha perso centralità e credibilità. Eppure Zlatan parla del nostro come di un riferimento assoluto in primis per la passione e la centralità con cui viene vissuto questo sport qui in Italia.

Proprio in questo senso, ed anche in riferimento alle sue parole sull’addio alla Juve (che, in breve, giustifica come necessario per non perdere gli anni più importanti della sua carriera), può risultare un minimo più credibile quella voce di mercato, di cui parlai venerdì, che lo vorrebbe sempre più lontano da Parigi (il rapporto con la piazza è sempre stato freddino, e proprio leggendo il suo libro si evince come centrale per lui sia l’amore del pubblico e la sua necessità di sentirsi centro del progetto). Magari proprio con un “ritorno al futuro” in quel di Torino.
Possibilità che trovo molto remota, anche in relazione al futuro – e già ufficializzato – acquisto di Llorente. Ma se Ibrahimovic volesse arricchire di un ulteriore ed interessantissimo capitolo la sua già ricca biografia…

Certo, non tutto è oro ciò che luccica.

In questo senso sembra un po’ forzato il suo tentativo di continuare ad accostare la sua figura a quella del classico “bad boy” di periferia. Il tutto sia raccontando l’infanzia di ragazzo sfortunato che lotta per emergere (cliché piuttosto classico), sia, poi, quando parla di questa etichetta scomoda che i media gli terranno incollata per tutta la carriera. E che lui commenta con un certo fastidio. Per quanto, in realtà, sembra che in fondo ne sia orgoglioso…

Nel complesso, comunque, un libro che personalmente ho trovato interessante. Se vi capita sottomano leggetelo. Potreste finire col darmi ragione!

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E’ un momento complicato per i tifosi Rossoneri.

Il mercato estivo ha visto la dipartita di due big assoluti, Ibrahimovic e Thiago Silva, e l’addio di un pezzo cospicuo della storia recente con i vari Inzaghi, Nesta, Seedorf, Gattuso, Zambrotta accasatisi altrove (o riposizionati in altri ruoli). Con, come contraltare, l’arrivo di una serie di giocatori certo ben al di sotto delle aspettative. Un mix letale capace di sancire un ridimensionamento cospicuo delle ambizioni.

Tutto ciò ha ingenerato un clima cupissimo intorno ad una squadra orfana sia dei propri leader tecnici che di quelli carismatici.

Risultato: un inizio di stagione da film dell’orrore, con due sconfitte ed una vittoria in campionato cui si è aggiunto il tristissimo pareggio di Champions con l’Anderlecht.
Ovvero sia una sola imposizione in quattro match ed il “tabù” San Siro non ancora sfatato (la vittoria di fronte al proprio pubblico manca ormai da maggio).

Una situazione che ha mandato in crisi mistica molti tifosi Rossoneri (indicativa la scarsissima affluenza di pubblico nella gara contro i belgi).

I quali, ormai abituatissimi a gareggiare alla pari con le migliori in qualsiasi competizione, sono assuefatti dai bagordi dell’era Berlusconi, dove hanno visto sollevare più volte trofei di ogni tipo.

Le cose, però, non sono sempre andate come in quegli anni in cui i Milan di Sacchi, Capello o Ancelotti dettavano legge in ogni angolo del mondo.

Così, come a voler ricordare tempi ancor più bui di quelli attuali, ecco che Sergio Taccone pubblica un libro (edito da Urbone Publishing) che ci fa tornare a tanti anni fa, ormai trenta, quando, in un’altra epoca, il Diavolo attraversava una delle fasi più cupe dal dopoguerra ad oggi.

La Mitropa Cup del Milan, infatti, ripercorre un’annata, quella dell’81/82, che probabilmente resterà nella storia come la peggiore di sempre.

Tornato in A dopo la retrocessione decisa in seguito allo scandalo delle scommesse, i Rossoneri – forti della presenza in squadra di giocatori come Tassotti, Baresi, Collovati, Maldera, Novellino e dello squalo scozzese Jordan – erano impazienti di tornare ai livelli che più gli competevano.

Affidato alla guida tecnica di Gigi Radice – capace di trascinare il Torino allo Scudetto nel 1976 – e con la Stella appuntata sul petto solo pochi anni prima, il Diavolo incappò in una stagione disgraziata, che portò alla prima – e fin’ora unica – retrocessione “sul campo” della squadra.

In quella tribolatissima annata, però, una gioia – per quanto piccola – arrivò: la vittoria nella certo non irresistibile Mitropa Cup, che dopo aver conosciuto un’epoca di splendore prima della Seconda Guerra Mondiale (viene considerata tra le progenitrici della Coppa dei Campioni) era ormai relegata a trofeo disputato tra le vincitrice delle seconde divisioni di Italia, Jugoslavia, Cecoslovacchia ed Ungheria.

E questo libro si prefigge di ripercorrere proprio quell’impresa, che resterà unica nella storia milanista.

Di certo un’iniziativa molto interessante (come un qualsiasi libro che parli di storia del calcio, per conto mio), con una chiosa più che condivisibile da parte dell’autore: anche la Mitropa Cup andrebbe rispolverata ed inserita con tutti gli onori del caso nel palmeres milanista.

Quando, invece, molti tifosi – soprattutto i più giovani – nemmeno sanno o si ricordano di questa vittoria. E con la società in primis che tende a cancellare il ricordo di una coppa “di Serie B”, che rischierebbe – dal loro punto di vista – di gettare un po’ di fango sull’immagine di una delle società più vincenti del mondo.

Un solo piccolo rammarico: questo libro, sicuramente interessante ed utile in particolar modo ai tifosi milanisti più giovani che potranno scoprire un pezzo “dimenticato” di storia del loro club, lascia un po’ come l’impressione di essere “incompiuto” a metà, raccontando più la storia dell’annata nel suo complesso che della Coppa in sé, con le partite della Mitropa che anziché essere raccontate come epici duelli vengono risolte in poche paginette di cronaca asciutta.

Nel complesso, però, davvero impossibile non fare un plauso all’idea. Nella speranza che nessuno si scordi più di un trofeo che, per quanto amaro, resterà anch’esso per sempre nella storia del club di via Turati.

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