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2900 minuti giocati, 22 reti segnate = 1 ogni 132 minuti.

715 minuti giocati, 3 reti segnate = 1 ogni 238 minuti.

La differenza di rendimento sotto porta di Icardi è netta.

Certo, nei primi due mesi di questa stagione la punta argentina ha messo assieme una quantità di presenze ovviamente limitata rispetto all’interezza di quella passata, ma il trend negativo è netto. Un trend peraltro migliorato proprio dall’apparizione di ieri sera, in cui il talento di scuola Barcellona è riuscito a ritrovare un goal che gli mancava da 348 minuti.

E’ evidente che uno scadimento di questo genere – oggi Icardi ha bisogno di giocare circa cento minuti in più dell’anno scorso per trovare il goal – non può essere riconducibile ad un solo aspetto, ma deve essere un mix di ingredienti che portano a questo “piatto indigesto”.

Personalmente ho un’idea abbastanza chiara di quello che è il Mauro Icardi calciatore, del suo profilo tecnico-tattico.

Ho sentito fare molti paragoni in passato, sul suo conto, e tanti di questi li ho trovati davvero molto poco azzeccati.

Pur partendo dal presupposto che ogni giocatore è unico ed irripetibile, e che quindi è logico non si possa trovare una totale congruità tra due diversi calciatori, trovo comunque utile la pratica del paragone, quando sensato.

Esempio pratico: paragonare Icardi a Vieri mi sembra profondamente sbagliato. L’ex ariete Azzurro era un giocatore che sfruttava molto di più la sua grandissima potenza, che aveva un bagaglio tecnico a mio avviso maggiore soprattutto per quanto concerneva un sinistro potente e preciso che gli dava possibilità di colpire anche da oltre il limite, ecc.

Insomma, non paragonerei Icardi a Vieri perché stile, bagaglio tecnico e approccio tattico dei due sono profondamente differenti. Il fatto che, banalizzando, si stia parlando di due prime punte non rende il paragone strettamente vero/sensato.

Se penso ad Icardi mi viene quindi più da paragonarlo ad un altro giocatore d’origine argentina, pur in quel caso più legato al calcio europeo da un punto di vista internazionale: David Trezeguet.

Entrambi sono infatti due bomber di razza, due giocatori di stazza che amano battere l’area di rigore per farsi trovare pronti a colpire, due calciatori bravi nel gioco aereo e strettamente portati alla finalizzazione.

Ovviamente anche in questo caso ci sono peculiarità differenti, ma credo sia indubbio dire che entrambi siano due “bomber d’area”, più che due centravanti completi e di manovra.

Proprio partendo da questo presupposto viene logico pensare che il problema principale di questa involuzione icardiana sia da ritrovare nel supporto che la squadra dà alla punta nativa di Rosario.

Ho sempre trovato l’idea di provare a trasformare Mauro Icardi in un centravanti completo abbastanza balzana. Le sue caratteristiche di gioco mi sembrano evidenti e per quelle deve essere sfruttato.

Icardi ha bisogno di essere il terminale ultimo di una squadra che giochi supportandolo. Che non significa giocare strettamente per lui, ma che significa non chiedergli di fare l’Ibrahimovic della situazione o cose simili.

Icardi deve giocare principalmente in area di rigore o a ridosso di essa. Deve essere sfruttato con traversoni che possano sfruttarne le capacità aeree ed in generale per la sua capacità di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto.

Ripensate ai goal segnati da Trezeguet ed al suo intero trascorso juventino: non credo nessuno si possa sentire di dire che quella squadra fosse costruita SU di lui, ma di certo non era chiesto a lui di costruire gioco per altri.

Trezeguet era il classico giocatore che poteva toccare tre palloni a partita, ma che generalmente uno di questi riusciva a recapitarlo alle spalle del portiere.

Ecco il perché di questo paragone: se parliamo di macro aree Icardi non somiglia a Pelè, Vieri o Inzaghi. Rientra nella macro area di cui il francoalgerino è uno degli alfieri.

Se è vero che il calcio è in evoluzione e che quel tipo di giocatori, oggi, hanno sempre meno spazio, è altrettanto vero che non si può pensare di snaturare un giocatore solo per seguire l’evoluzione del calcio.

Le eccezioni esistono ed esisteranno sempre. C’è da capire se si vuole accettare di puntare su un’eccezione o se si preferisce monetizzare l’eccezione per prendere un giocatore più conforme alle caratteristiche “tipo” del centravanti moderno.

Tutto questo per dire cosa?

Che non credo molto in un’involuzione di Icardi in quanto tale, per quanto anche i periodi di forma possano ovviamente incidere sul rendimento di un giocatore.
Credo piuttosto che Mancini una volta arrivato all’Inter abbia deciso di provare a plasmare il giocatore, senza però riuscire a trarne risultati apprezzabili.

Al tempo stesso l’Inter di oggi non ha un’idea di gioco, ed il primo a risentirne non può che essere quel giocatore che, per costituzione, dovrebbe stare là in mezzo all’area ad aspettare la palla giusta da sbattere dentro.

I giocatori di questo tipo non devono essere per forza messi al centro del proprio gioco, ma di certo non possono nemmeno essere abbandonati a loro stessi, o falliranno senza possibilità d’appello.

Questo non vuole essere un atto d’accusa nei confronti di Mancini, né tantomeno una difesa d’ufficio della punta argentina.
Le cose, però, credo stiano così…


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Il possibile doppio acquisto dell’Inter, che sulla metà campo sembra stia per chiudere per la coppia francese Imbula-Kondogbia, mi stimola a provare a buttare l’occhio in avanti, per capire verso quale tipo di conformazione si sta cercando di portare l’Inter in vista della prossima stagione calcistica.

Prima di provare ad addentrarmi in qualche ipotesi, però, faccio un paio di doverose premesse: innanzitutto nel momento in cui scrivo nessuno dei due giocatori ha ancora firmato per l’Inter, quindi le mie saranno semplici speculazioni “fantacalcistiche”.
In secondo luogo è evidente che se anche i due firmeranno a breve il mercato dell’Inter continuerà e la squadra non verrà quindi schierata come da me ipotizzato. Ma del resto questo è un gioco fatto solo per provare a tracciare una direzione, non ho la minima intenzione di provare ad indovinare l’undici base del prossimo anno (cosa che credo oggi sarebbe impossibile per lo stesso Mancini, per altro).

Nel provare a tracciare il futuro dell’Inter darò quindi tre diverse opzioni tattiche – inteso come modulo base, posto che ovviamente il gioco lo determinano poi i compiti dei singoli e che il modulo è semplicemente una rappresentazione “stilizzata” di qualcosa di molto più complesso di come appare – utilizzando come base i giocatori attualmente in rosa, con due varianti: le coppie Murillo-Miranda ed Imbula-Kondogbia, che fa da stimolo a questo pezzo, e l’assenza di Kovacic, che con l’arrivo dei due francesi credo proprio sarebbe destinato a partire.

Veniamo quindi alla prima soluzione, quella che ad oggi mi sembrerebbe la più probabile: 4-3-3.

Detto che la difesa non la toccherò mai e quindi non ne parlerò oltre, credo potrebbe essere schierata a quattro con la coppia D’Ambrosio-Santon sugli esterni e Miranda-Murillo (altri due giocatori sul punto di arrivare a Milano) in mezzo. Con in porta, confermatissimo, Handanovic, fresco di rinnovo.

Bene. A centrocampo a questo punto si potrebbe utilizzare Kondogbia mezz’ala sinistra con uno tra Medel e Brozovic a destra, anche a seconda del tipo di avversario da affrontare. Logico che Medel porta meno qualità alla manovra, ma in compenso garantisce un livello altissimo di quantità. Brozovic è invece una mezz’ala più di palleggio, ma per quanto discreta anche in transizione negativa sicuramente non garantirebbe la corsa che può assicurare il cileno.
Tra i due, poi, si installerebbe l’ormai ex centrocampista dell’Olympique Marsiglia, che già in Francia ha messo in mostra doti interessanti come fautore di gioco. Certo non è un regista classico alla Pirlo, ma il suo gioco è sempre molto orientato a prendere per mano la squadra e provare a dettare i ritmi. Per di più pur non avando il talento puro dell’Azzurro è comunque giocatore più completo, essendo dotato di una fisicità di altissimo livello che gli permette di essere più incisivo in fase di non possesso.

In attacco a questo punto potrebbe schierarsi Shaqiri largo sulla destra, con licenza di rientrare e “uccidere”, Palacio sull’out opposto, ovviamente con licenza di tagliare, ed Icardi come punta centrale.

Cosa manca a questa formazione? Sicuramente un terzino andrebbe comprato per elevare il livello della linea – ma questo vale a prescindere dalla soluzione tattica -, poi anche un’ala sinistra che possa svolgere il compito meglio dell’improvvisato Palacio.

Già così, comunque, sarebbe un upgrade rispetto alla squadra di oggi.

La seconda opzione prevede invece il 4-3-1-2.

Una soluzione che di fatto cambia poco rispetto a quella precedente. Anche nulla in termini di uomini, qualora il trequartista fosse Shaqiri (con però Hernanes valida alternativa).

Una soluzione che garantirebbe così a Palacio la possibilità di giocare in un ruolo a lui più consono (quello di seconda punta). Ma che potrebbe limitare Shaqiri, che preferisce partire largo.

Per il resto la linea a tre di centrocampo potrebbe rimanere inalterata, con il solito ballottaggio Medel/Brozovic ad affiancare il duo francese.

Al netto di Shaqiri e del problema terzino, quindi, sarebbe forse questa la soluzione ad oggi migliore, sulla base della rosa a disposizione. La squadra sarebbe di per sé già pronta a giocare senza aver bisogno di adattare Palacio sulla fascia.

Una soluzione prevista anche dalla terza ipotesi che avanzo, il 4-2-3-1.

In questo caso la mediana passerebbe a due, con l’esclusione di Brozovic e Medel. Palacio andrebbe quindi nuovamente adattato a sinistra, come detto, mentre Hernanes potrebbe agire sulla trequarti (a meno di non voler avanzare il croato, avendo lui già ricoperto quel ruolo in passato) con Shaqiri largo a destra ed Icardi sulla sinistra.

In definitiva ad oggi si può dire che l’Inter acquistando i due francesi farebbe un passo avanti a prescindere dal modulo tattico che sceglierebbe, che per me ad oggi sarebbe il 4-3-3.

In realtà, come abbiamo visto, la soluzione probabilmente migliore sarebbe il 4-3-1-2, con licenza di allargarsi concessa al buon Shaqiri.

Come la si vuol mettere un passo avanti importante rispetto alla scorsa stagione. Sempre che oltre all’ormai probabilissima partenza di Kovacic non se ne aggiunga un’altra dello stesso livello.

In questo senso: io non credo alla partenza di Icardi. Ma se penso che Kondogbia + Imbula facciano fare un salto di qualità ad un reparto che pure perderebbe Kovacic (nell’immediato, perché a livello di potenziale quella di Kovacic potrebbe rivelarsi cessione sanguinosissima), credo anche che se la campagna di quest’anno portasse anche alla cessione di Icardi le possibilità di fare un passo indietro rispetto allo scorso anno diventerebbe a quel punto molte.


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Impostosi all’attenzione di tutti grazie ad ottime prestazioni ai tempi dei suoi esordi, Davide Santon non seppe tenere lo stesso livello di rendimento avuto nelle sue prime brillantissime uscite.

Così nell’arco di qualche mese passò dall’essere giocatore nel giro della Nazionale a mediocre terzino nel Cesena, con conseguente esilio inglese.

Indubbiamente l’esperienza Oltremanica lo ha reso più forte, in primis da un punto di vista caratteriale. Così una volta vistosi chiuso e messo alle porte in quel di Newcastle upon Tyne il 24enne laterale difensivo di Portomaggiore ha accettato di tornare nella squadra che lo aveva cresciuto e lanciato nel grande calcio: l’Inter.

L’impatto con la sua nuova vecchia realtà è stato sicuramente positivo. Ad ora il ragazzo ha disputato solo sei match con la maglia Nerazzurra, ma il bilancio è sicuramente positivo.
Non un gran match contro la Fiorentina, ma in generale il suo apporto è stato tutt’altro che disprezzabile.

C’è però un grosso limite che proprio Santon pare non riuscire a superare. E che dopo averlo limitato nella sua prima esperienza Nerazzurra ed in tutto ciò che ne è seguito, evidentemente sembra essere ancora lì, non scalfito, oggi: la scarsa capacità, da terzino sinistro, di andare fino sul fondo e giocare la sfera proprio con il mancino.

La situazione classica è questa: Santon prende palla sulla sinistra, avanza riuscendo anche a saltare uno o due avversari, ma giunto all’altezza dell’area di rigore si porta la palla sul destro e rientra, per scaricarla o crossarla. Sempre.

Un canovaccio che non lo rende prevedibile. Di più. Un modus operandi classico che è facilmente studiabile, e di conseguenza poi contrastabile, dai difensori avversari.

Non puoi permetterti, più che mai nel calcio del 2015 quando le partite sono preparate fin nei minimi dettagli, di non variare mai il tuo gioco.

Non è possibile che il tuo buon potenziale – certo non da fenomeno, ma comunque nemmeno così disprezzabile sotto molti aspetti a mio avviso – venga dilapidato da questa incapacità nel variare il tuo gioco.

Sarà stato il fato, ma guarda caso quando contro la Fiorentina Santon ha deciso di affondare portandosi la palla sul sinistro per cercare il fondo ha preso controtempo il diretto avversario, che ha affondato il tackle per non farselo scappare falciandolo, con relativo calcio di punizione – corner corto guadagnato dal terzino Nerazzurro.

In tutto questo, non me la sento nemmeno di dare tutte le colpe al ragazzo. Perché gli allenatori – e non parlo tanto di Mancini, che lo sta allenando da poco – servono anche a questo: correggere gli errori ed aiutare i giocatori a superare i propri limiti.
Possibile che nessuno, in questi anni, sia ancora riuscito a portare Davide Santon ad avere un gioco più vario, quando affonda sulla sinistra?

Perché poi parliamoci chiaro: il valore medio dei terzini italiani è bassissimo. Si salva giusto Darmian, più la speranza Zappacosta. Ed in Serie A non va molto meglio, con giusto Lichtsteiner e pochi altri ad elevare un po’ la qualità nel ruolo.
Ma la realtà dei fatti è che se anche noi allarghiamo il discorso a livello mondiale non troviamo carrettate di grandi terzini.

Proprio in funzione di ciò un giocatore con la falcata e l’efficacia in dribbling e nell’affondo di Santon andrebbe sfruttato meglio. Non dico certo abbia il potenziale per diventare un “top player”. Ma per fare bene ed avere una carriera dignitosa anche a livello internazionale sono convinto di sì.

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Come giocherà la nuova Inter di Roberto Mancini?

La risposta sembra scontata: 4-2-3-1, con Podolski e Shaqiri larghi ed il trio Medel-Brozovic-Kovacic (al netto di altri arrivi, ovviamente) a gestirsi le altre tre posizioni.

Eppure la rosa dell’Inter lascia pensare che Mancini potrebbe anche schierare una formazione differente. Ad esempio un 4-3-3, con i due giovani croati ad agire come mezz’ali, o un 4-3-1-2, con Shaqiri trequartista ed uno tra Podolski e Palacio a sostegno del solo Icardi, i cui limiti in fase di manovra sono ben noti da tempo (anche da qui il mio paragone con Trezeguet, di cui chi mi segue su Twitter e Facebook avrà già letto).

Proprio questo è l’argomento al centro del mio ultimo video, pubblicato sul canale Youtube del blog. Date un’occhiata e fatemi sapere come, secondo voi, dovrebbe schierare l’Inter il buon Roberto Mancini…

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E’ l’Inter la squadra capace di imporsi nel ventitreesimo Torneo Internazionale di Abano Terme.

La squadra allenata da Paolo Migliavacca, infatti, si impone al termine di una gara molto tirata contro il Benfica campione in carica, e spunta questa prestigiosissima vittoria.

Ma andiamo con ordine.

I piccoli campioncini Nerazzurri (ricordo che il Torneo era riservato alla classe 2001, con alcuni innesti sottoetà del 2002 in varie formazioni) partono proprio là dove finiranno, ovvero sia contro il Benfica. Inserite entrambe nel gruppo B, le due formazioni si fronteggiano a viso aperto.

A fare la differenza è quindi il numero 8 della formazione milanese, Aboubacar Sakho (un 2002), capace di mettere a segno ben tre reti, che rendono vana la realizzazione del portoghese Rodrigo Silva.

Nel corso della seconda giornata sono quindi i padroni di casa dell’Abano Terme a doversi opporre all’Inter. Tutto facile però per i lombardi, che sbrigano la pratica con un secco 3 a 0.

Tre numero perfetto, nonché il preferito dai Nerazzurri. Che ne rifilano altri tre, appunto, anche al Brugge, subendo il secondo goal del proprio Torneo e passando come prima, anzi come dominatrice, del Gruppo B.

I quarti di finale prevedono però uno degli scontri più duri che possano esserci, quello con l’ottimo Bayer Leverkusen, giunto in Veneto per provare a spuntare la vittoria finale.

Ad iniziare meglio sono proprio i tedeschi, che si portano in vantaggio con l’ottimo Tierno Ballo, anch’esso del 2002.
L’Inter però reagisce alla grande e prima dell’intervallo ribalta il risultato, prima con un goal del solito Sakho, poi con un tiro cross di Guedegbe, terzino destro, che finisce direttamente in rete.

In apertura di ripresa arriva quindi il solito terzo goal Nerazzurro (questa volta con Opuku), e la partita sembra chiusa. A riaprirla ci pensa ancora una volta Ballo, con Van der Donk che pochi minuti più tardi segna il goal del pareggio. Le emozioni però non si fermano qui: Opuku riporta avanti l’Inter, ma la difesa Nerazzurra non è attenta e Johansson trova l’immediato pareggio, che spedisce le squadre ai calci di rigore.

La serie sembra non voler finire mai, ma alla fine sono i milanesi ad imporsi, strappando un pass per le semifinali dove dovranno scontrarsi con l’Atletico Madrid, la squadra sulla carta migliore del Torneo proprio assieme a loro. Una sorta di possibile finale anticipata, insomma.

Nello scontro diretto, però, i Colchoneros cedono di schianto. La qualità del palleggio mostrata nelle prime quattro partite del girone sembra solo un lontano ricordo, ed i madrileni vengono spazzati via da una doppietta di Opuku e dalle reti di Sakho e Zullo (di Sergio Carmello Perez, su rigore, il goal della bandiera spagnolo).

Nella seconda semifinale, invece, il Milan vende cara la pelle contro il Benfica, che però riuscirà ad avere la meglio ai calci di rigore. Niente derby di finale, quindi, ma la riproposizione di quel match che aveva aperto l’Abano Football Trophy interista in maniera tanto dolce.

Giunti all’atto finale, alla sesta partita in quattro giorni, la stanchezza inizia però a farsi sentire, e l’Inter non è brillante come al solito. Chi si aspetta l’ennesimo dominio della coppia Sakho-Opuku, con relativa vittoria sciolta Nerazzurra, resta quindi deluso. Il Benfica si dimostra solido e compatto.

Così l’universo sembra ribaltarsi: i Nerazzurri giocano la sfera coi propri palleggiatori, i portoghesi cercano in primis il contenimento per non venire spazzati via.

Alla fine dopo un primo tempo assolutamente scialbo nella ripresa i giochi si animano un po’. Il Benfica passa in vantaggio, ma Opuku sfrutta una respinta del portiere per trovare il goal del pareggio che manda la gara ai supplementari. Dove verrà segnato un goal per parte, fino quindi all’epilogo dei calci di rigore, che vedrà proprio l’Inter imporsi sugli avversari e poter sollevare l’ambito trofeo.

Il tutto mentre un’oretta prima, nella finale del terzo e quarto posto, il Milan aveva immeritatamente perso contro l’Atletico Madrid. Squadra sì formata da tanti buoni palleggiatori, ma anche ragazzini già molto maliziosi, provocatori e simulatori come non mi era mai capitato di vederne.

E così nonostante i Rossoneri guidino per 1 a 0 grazie alla rete di Navoni, una ennesima simulazione seguita da reazione madridista fa indispettire Culotta, che viene erroneamente espulso dall’arbitro della gara. Nel parapiglia che ne segue il direttore di gara dimostra tutta la sua incapacità nel gestire questo tipo di situazioni decidendo, senza un perché apparentemente valido, di allontanare un altro giocatore del Milan. Che, rimasto in 9, subirà il goal del pareggio. La sconfitta ai rigori sarà quindi il semplice strascico psicologico di quanto visto in chiusura di match.

Alla fine, quindi, le quattro medaglie saranno così distribuite: oro all’Inter, argento ai campioni uscenti del Benfica, bronzo immeritato (per quanto fatto vedere nella finalina) all’Atletico Madrid e legno per il Milan.

Al quinto posto si piazza invece l’Atalanta, capace di superare l’Ajax in un match che ha messo contro due dei settori giovanili tradizionalmente più attenti ed interessanti d’Europa.
Settima invece la Juventus, che dopo aver ceduto di schianto contro il Milan ai quarti di finale riesce a vincere la finalina che assegna questo piazzamento contro il Bayer Leverkusen.
Il nono posto è appannaggio della Fiorentina, che si impone sul Padova, mentre l’undicesimo dei danesi del Midtjylland ed il dodicesimo del Brugge. Chiudono la classifica, dal tredicesimo posto in poi, gli americani del Chicago Fire, i russi del CSKA Mosca e le due squadre di casa, Abano Calcio e Thermal.

Inter che vince quindi per la quinta volta nella propria storia l’Abano Football Trophy (1999, 2005, 2006 e 2011 le precedenti imposizioni), diventando sempre più la dominatrice solitaria dell’albo d’oro. Seguita dalla Roma (3 vittorie), da Atalanta, Vicenza e Lazio (2 trofei ciasciuna) e, infine, da Padova, Parma, Empoli, Torino, Villareal, Bayer Leverkusen e Benfica, tutte capaci di imporsi una sola volta (con i lusitani però capaci di raggiungere la finale tre volte nelle tre partecipazioni effettuate).

Venendo ai singoli, non si può non partire dal già citato Aboubacar Sakho. Capocannoniere con 9 reti in 6 match il giovanissimo guineano non gioca, solitamente, con i 2001, bensì con la formazione Esordienti 2002 di Marco Sala.
Struttura fisica già molto più matura della sua età (in questo senso potrebbe giocare tranquillamente anche con i 99 se non con i 98), grande atletismo ed un buon bagaglio tecnico. Ha fiuto del goal e capacità di dialogare con i compagni. Nonostante le tante reti messe a segno non è infatti un giocatore che predilige puntare sempre e comunque la porta. Buon portatore di palla, ha dialogato spesso e volentieri con il proprio compagno di reparto, il ghanese Ishmael Opuku, mandandolo in goal in più di una occasione.

Opuku che dal canto suo non è certo una novità. Fratello di Justice – attualmente punta degli Allievi Nazionali allenati da Benoit Cauet – è sovente aggregato sottoetà ai Giovanissimi Regionali del 2000 e già nel corso dell’anno, esattamente come Sakho, aveva messo in mostra grandi doti realizzative.
Giocatore dal raggio d’azione più limitato rispetto al guineano, predilige giocare negli ultimi venti metri per essere sempre pronto ed efficace in zona goal. Fisico già molto più formato della media anche per lui, ha messo in mostra meno capacità di liberarsi nell’uno contro uno (caratteristica in cui invece eccelle Sakho), ma comunque un ottimo fiuto del goal.

Inter che comunque ha messo in mostra in primis un ottimo collettivo, trascinato appunto dalle proprie punte di diamante.

Tra gli altri hanno poi dato bella mostra di sé il playmaker Selomon Mangiarotti (nativo di Korem, Etiopia), il portiere Nicolò Redaelli, l’esterno bresciano Andrea Zullo, il fantasista campano Pasquale Carlino ed i terzini Riccardo Burgio e Lorenzo Colombini.

Tutti giocatori – a parte Pasquale Carlino, minuto ma agile e scattante – già molto formati fisicamente. E questo sicuramente, tra i 12 ed i 13 anni, aiuta ad avere il predominio sugli avversari.

Nonostante le loro ottime prove ed il trofeo conseguito non è però nessuno degli interisti a ritirare il premio come miglior giocatore del Torneo (che io avrei assegnato a mani basse a Sakho).

La giuria decide infatti di premiare il comunque ottimo Tierno Ballo, punta del Bayer Leverkusen che pur giocando sottoetà non dimostra affatto di pagare l’anno di differenza rispetto agli avversari.
Forte fisicamente, piuttosto rapido, bravo nella difesa e nella gestione del pallone. Giocatore capace di fare reparto da solo, amministra la sfera quando c’è da far salire i compagni e colpisce nel momento in cui trova il varco giusto. Trascinatore tecnico della propria squadra, lotta su ogni pallone anche da solo contro l’intera difesa avversaria e si dimostra in più di un’occasione cannoniere implacabile negli ultimi quindici metri. Sicuramente un prospetto da tenere d’occhio, che scommetto avrà ingolosito i tanti osservatori che – immagino – saranno stati presenti sulle tribune dei campi in cui si è svolta questa edizione dell’Abano Football Trophy.

Se per quanto riguarda il Benfica più che i singoli sono risaltate le doti di squadra, tornando alle italiane, e più precisamente al Milan, hanno dato bella mostra di sé l’ala sinistra Mequanint Navoni (Bahirdar, Etiopia) ed il centrale difensivo Daniel Culotta (Asasa, Etiopia). Senza comunque dimenticare il terzo etiope del gruppo, l’ala destra Naser De Palo (nativo di Awash).

Il primo è stato probabilmente il più positivo dei Rossoneri. Giocatore rapido e ficcante, si è proposto con grande continuità sulla propria fascia per provare ad infastidire le difese avversarie. E, nel complesso, ha anche racimolato qualche goal.
Il suo “opposto” è invece un giocatore molto ben dotato tecnicamente, ma che è parso un pochino più evanescente nelle sue giocate.

Culotta, infine, ha un fisico già piuttosto ben strutturato, ed ha messo in mostra senso della posizione ed ottima capacità di tackle.

Mi sarei invece aspettato qualcosa in più dal ghanese Ishmael Owusu, che dotato di una stazza fisica assoluta non ha però brillato particolarmente nelle giocate né in fase di realizzazione.

Venendo all’Atletico Madrid, e tralasciando le questioni sugli atteggiamenti tendenzialmente antisportivi che hanno messo in mostra in più di un’occasione (e non solo, purtroppo, contro il Milan), c’è da segnalare senza l’ombra di dubbio il buon Victor Mollejo Carpintero, prima punta fisicamente normodotata ma estremamente combattiva. Vero lottatore, battaglia con giocatori di stazza notevolmente più importante della sua senza colpo ferire. Tecnicamente tutt’altro che disprezzabile, è uomo in grado, oggi, di fare reparto da solo.

Proprio nei Colchoneros gioca anche quello che è stato, a parer mio, il miglior portiere del torneo: l’ex Getafe Cristian Flores Jiménez.
Estremo difensore che mi ha ricordato molto il nostro Mattia Perin, sia esteticamente, con i capelli lunghi a coprirgli quasi gli occhi, che tecnicamente.

Tecnicamente dotatissimi, anche se di stazza ancora piuttosto minuta, Ignacio Quintana Navarro e Sergio Camello Perez. I palleggiatori che ogni allenatore che punta al possesso vorrebbe in squadra.

Infine hanno destato una certa impressione anche tre colored della squadra, ovviamente più per una maturità fisicoatletica eccezionale che non per altro: l’ex Alcobendas Alejandro Martin Masogo (nato a Madrid), il sudanese cresciuto nell’Escuela Atletico de Madrid Anas Alsamual (nato a Karthum), nonché l’ex Elche Cheikh Diamanka (nativo di Dakar, Senegal).

Tra le altre, che ho potuto vedere meno, segnalo infine il giovane americano Lincoln Lilliwitz, nativo di Aurora ed attualmente aggregato all’Academy dei Chicago Fire. Autore, per altro, di un gran bel goal contro l’Atalanta, che per un po’ aveva fatto tremare i giovani Nerazzurri. Tra cui sicuramente, per costituzione e fiuto del goal, va segnalata la punta Roberto Piccoli (sorta di Luca Toni in scala), oltre al guizzante compagno di reparto Alessandro Cortinovis.

Insomma, è stato un Torneo molto interessante, almeno per quanto riguarda le gare che ho potuto vedere.

Due sono le considerazioni che ho potuto trarre da questo Torneo: da una parte l’ormai sempre maggiore multietnicità dei nostri settori giovanili, con tanti giocatori stranieri aggregati fin da questa tenerissima età, e tanti altri ragazzini di colore ma a tutti gli effetti italiani.

Dall’altra l’effettivo stato di salute dei nostri settori giovanili, che almeno a questo livello (ma ultimamente ne ho seguiti un po’, a spizzichi e bocconi, di questi tornei, anche ad età diverse) dimostrano di sapersela giocare alla pari con i settori giovanili di paesi avanzati come Germania, Spagna, Olanda e Portogallo.

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L’esposizione mediatica di Mauro Icardi è stata sicuramente eccessiva, nell’ultimo periodo. La cosa realmente triste, che fa capire quanto sia arretrata la cultura sportiva del nostro paese, è che di lui si è parlato quasi esclusivamente per le ben note vicende extra campo. Come se il calcio, ormai, sia diventato un surplus nella vita di un giocatore.

Eppure Mauro Icardi è tutto fuorché un brutto giocatore, almeno secondo chi scrive.

A dirlo sono anche i numeri: nell’intera storia dell’Inter solo il grande Meazza e l’ottimo Angellilo ebbero una media goal migliore, a 21 anni. Pareggiata, invece, quella del mitico Sandro Mazzola.

Insomma, notevole.

Di Icardi ho parlato lo scorso anno anche nel mio libro, La carica dei 201.

Questo ciò che pensavo e scrissi di lui:

icardi

Insomma, una pietra abbastanza solida su cui poter provare a costruire il futuro della squadra, che con l’arrivo di Thohir ha iniziato una rifondazione a tutto tondo che, ovviamente, deve necessariamente passare anche dal campo.

Se da un punto di vista tecnico non discuto il giocatore, però, ci sono altri aspetti che mi lasciano perplesso.

Solitamente si dice che un campione non può essere tale se non accompagna talento e prestazioni a comportamenti adeguati. Cosa che ad oggi, è inutile nascondersi dietro ad un dito, Mauro Icardi non fa.

L’eccessiva esposizione mediatica di cui parlavo, del resto, è proprio lui a cercarsela. Con un uso smodato, e piuttosto bambinesco, dei social network.

Attenzione, io non sono tra chi crede che i giocatori di calcio non dovrebbero usare i social network. E che i loro eventuali profili dovrebbero essere dati in gestione ad agenzie di comunicazione, così che nulla di evitabile possa essere pubblicato.

Credo sia anzi bello che i calciatori, oggi, possano creare canali di comunicazione diretti coi propri tifosi.

Però, questo senz’altro, bisogna anche usare un minimo di intelligenza, tale per cui non si creino problemi come quelli che invece Icardi ha, a mio avviso, creato.

Un esempio, sicuramente più estremo del suo, è quello di Balotelli. Che oltre ad averne combinate di ogni in carriera, ora fa spesso discutere di sé per tweet poco consoni.

Al tempo stesso, senza voler giudicare la vicenda Maxi-Wanda-Icardi, è palese come l’uso smodato (e fanciullesco, appunto) che Mauro fa dei suoi profili social sia incontrollato e dannoso.

Ovviamente la risposta a queste osservazioni, immancabile, arriva puntuale: “E’ un ragazzo, maturerà”.

Certo. Il problema, che evidentemente molti non capiscono (in primis i giocatori), è che quando sei un calciatore professionista e guadagni quel che guadagni non ti puoi permettere di non essere maturo. Non puoi permetterti di non tenere regole di comportamento standard che non nuociano a te, alla tua società e all’ambiente in generale.

Insomma, penso che Icardi sia un ottimo giovane, dal futuro sicuramente roseo. Ecco, forse dire che è già oggi un mix di Vieri e Batistuta richiederebbe un test dei livelli di alcool nel sangue immediato, ma è altrettanto vero che le prospettive sono quelle di avere un bomber di sicuro rendimento per il futuro.

Nel contempo, però, è anche ora di crescere. O il rischio di rimanere l’eterno adolescente troppo impegnato nel dilettarsi coi selfie o a urlare ai quattro venti l’amore per la propria donna potrebbe presto diventare una triste realtà…

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Conobbi Fabrizio Scoglio anni fa, quando fummo entrambi coinvolti in un progetto molto ambizioso, Pianeta Sport, che purtroppo non decollò mai davvero.

Fondatore di PassioneInter.com, è un vero esperto dell’universo Nerazzurro.

Così l’ho voluto interpellare per parlare un po’ delle ultime vicende, tanto di campo quanto societarie, che riguardano la Beneamata. Ne è uscita una bella chiacchierata…

Andiamo a ritroso nel tempo. Partendo dagli ultimi match: come li giudichi?

Nel calcio contano i risultati ed essi parlano chiaro, pertanto il giudizio non può che essere negativo. La bella vittoria di Firenze è stato un sorriso ma vanificato dal poco convincente pareggio casalingo contro il Cagliari la partita successiva.
C’è stato sicuramente un miglioramento dal punto di vista fisico, quello è innegabile, ma la squadra non ha quella tenuta mentale che ti permette di vincere le partite.

Risalendo, un mesetto fa si era invece chiuso il mercato di riparazione, con l’arrivo del Profeta Hernanes. Quali considerazioni fare riguardo agli acquisti e alle cessioni (in alcuni casi mancate)?

L’acquisto di Hernanes è stata un’operazione importante sia dal punto di vista economico che da quello tecnico. Il gioco dei nerazzurri fino a poche settimane fa si sviluppava esclusivamente sulle fasce e non presentava alcuna soluzione centrale (salvo qualche soluzione dettata dai discontinui Alvarez e Guarin), cosa questa che ha reso la squadra lenta e prevedibile. Un uomo in mezzo al campo con le caratteristiche di Hernanes e che consentisse nuove trame offensive era una necessità evidente e la società ha individuato nel brasiliano l’uomo giusto.
Nella conferenza stampa post Inter-Catania, noi di passioneinter.com avevamo chiesto a Mazzarri come mai una squadra capace di ottenere ben 14 calci d’angolo non fosse riuscita a creare situazioni pericolose e lui ci rispose che gli mancava un uomo capace di calciare adeguatamente le palle inattive (facendo l’esempio tra l’altro dei corner di Baggio per Paramatti ai tempi in cui era secondo di Ulivieri a Bologna). Hernanes può anche essere una soluzione sulle palle inattive e il gol di Samuel contro il Sassuolo nato da un calcio d’angolo calciato proprio dal brasiliano ne è stato subito un esempio.
Diverso il discorso per D’Ambrosio, giocatore che poteva arrivare tra pochi mesi a titolo gratuito, nonostante questo pagato e anche non poco, salvo poi tenerlo in panchina e non farlo giocare. E’ un mistero che tutti noi vorremmo capire.
Per quanto riguarda le operazioni mancate l’Inter sta vivendo un periodo di transizione sia societaria che tecnica (non dimentichiamo che molti senatori a giugno andranno via causa scadenza di contratto e che l’allenatore attuale non è detto che ci sia l’anno prossimo), sinceramente non avrebbe avuto molto senso investire a gennaio. Penso che un giocatore con le caratteristiche di Hernanes e un uomo di fascia fossero le priorità più immediate, con i rientri dei difensori e degli attaccanti dai rispettivi infortuni si può tenere botta per gli ultimi mesi senza avere le coppe.

A novembre era invece sbarcato sulla sponda Nerazzurra di Milano Thohir. Cosa ti aspetti da lui e come giudichi questi suoi primi mesi da proprietario dell’Inter?

Li giudico estremamente positivi, ha iniziato facendo ciò che è giusto fare: iniziare un’opera di risanamento del bilancio, acquistare un giocatore di livello internazionale, riorganizzare l’assetto societario mandando via alcune persone.
Il vento è cambiato e lo si vede da tante cose e tanti progetti che sono in rampa di lancio per lanciare il marchio Inter nel mondo, soprattutto dal punto di vista della comunicazione la società ha fatto passi da gigante ma su questo non c’erano dubbi dal momento che è il main business di Erick Thohir.
L’indonesiano sa perfettamente che oltre alla comunicazione è importante che ci sia una squadra vincente sul campo, mi aspetto pertanto uno sviluppo graduale ma positivo della squadra, le aspettative non possono che essere buone.

Risalendo ancora a ritroso nel tempo arriviamo all’estate, momento in cui a sbarcare ad Appiano fu Mazzarri. Stante il fatto che è praticamente impossibile salti da qui a giugno, pensi possa essere lui l’uomo giusto al posto giusto? In alternativa, chi vedresti bene a guidare questa squadra?

Mazzarri era probabilmente il nome migliore disponibile sulla piazza in quel periodo per una squadra che comunque sarebbe stata lontana dal palcoscenico europeo, la scelta dell’allenatore toscano è stata pertanto accolta bene dalla piazza. Dopo un buon inizio tante cose non hanno però funzionato e la mia impressione è che Mazzarri finirà regolarmente la stagione per poi avviare da giugno un nuovo ciclo con un nuovo allenatore affamato alla prima esperienza in un big, un po’ come fece la Juventus tre anni fa nel passaggio di testimone tra Del Neri e Conte.

Di nomi ce ne sono molti, i tifosi nerazzurri sognano Simeone ma realisticamente parlando un nome che potrebbe mettere d’accordo tutti è quello di Sinisa Mihajlovic. E’ un allenatore giovane, attento alla fase difensiva ma che prova a far dettare il proprio gioco in tutti i campi. Sta dimostrando di essere pronto per una grande, è un personaggio di carisma e conosce bene l’ambiente nerazzurro, potrebbe essere una scommessa su cui puntare.

Guardiamo ora al futuro. 18 maggio, ore 19. Si è da poco chiusa l’ultima giornata di campionato. Scrutando all’interno della sfera di cristallo cosa vedi? In che posizione finirà l’Inter e che spirito pensi possa accompagnarti in quelle ore?

Vedo un’Inter qualificata in Europa League, un Mazzarri con le valigie e diversi giocatori con la testa già in Brasile.
Per quanto riguarda lo spirito onestamente sono sempre stato un tifoso molto moderato, per me vedere una partita non è altro che come assistere a un film al cinema, pertanto finita la stagione grazie di tutto e pensiamo ai Mondiali.

Cosa ti aspetti, invece, dal prossimo mercato? Con quali prospettive pensi potrà presentarsi, a scatola chiusa, l’Inter all’inizio del prossimo campionato?

Se questa di fatto è ancora l’ultima stagione di Moratti piuttosto che la prima di Thohir, da giugno invece inizierà tutto. Vedo gli ultimi eroi del Triplete salutare l’Inter (Cambiasso escluso, il quale potrebbe restare a patto di ridursi ai minimi termini l’ingaggio) e un Vidic in arrivo.
L’acquisto del capitano del Manchester United, la squadra più seguita in Asia non dimentichiamolo, rappresenta un ottimo colpo dal punto di vista dell’immagine e nonostante sia a fine carriera può nell’immediato garantire buone prestazioni; a parametro zero è un buon acquisto.
Vedo una questione Handanovic da risolvere tra offerte estere e un Bardi pronto a tornare alla base, un Icardi pronto a raccogliere le responsabilità offensive della squadra e almeno un 4-5 innesti giovani e di esperienza a completare la squadra. Checché se ne dica Thohir ha un impero finanziario, se occorre il presidente ha le disponibilità economiche per piazzare un colpo che riaccenda la piazza come fatto con Hernanes.

Domanda obbligatoria, per chi come me ha pure scritto un libro sui giovani talenti sparsi un po’ ovunque nel mondo, sul settore giovanile Nerazzurro. Negli ultimi anni sono stati tanti i risultati positivi raccolti in questo senso, ma pochi i giocatori che si sono imposti in prima squadra. Qual è il tuo punto di vista?

Lo diceva Stramaccioni: il salto di competitività che ci sta tra il calcio giovanile e il calcio professionista è così ampio che in pochi dimostrano di saper da subito saltare la staccionata. La carriera di un calciatore è fatta di tanti step ascendenti e l’evoluzione di ogni atleta è prettamente soggettiva, ci sono infatti giovani che si affermano da subito e giocatori che esplodono a 30 anni.
L’avere una squadra giovanile vincente non necessariamente significa traslare il tutto morbidamente in prima squadra, l’ha dimostrato la stessa Italia Under 21 dominatrice negli anni ’90 per tre edizioni di fila ma vincitrice di una grande competizione solo dieci anni dopo.

Sempre parlando di settore giovanile, chi sono ad oggi i migliori talenti che fanno bella mostra di sé al centro sportivo Giacinto Facchetti? C’è qualcuno che pensi possa imporsi anche ad alto livello?

Dopo i grandi risultati ottenuti dall’Inter giovanile di Stramaccioni, adesso la squadra vive un periodo non altrettanto dorato ma i giocatori non mancano. Capello, Tassi, Puscas e Bonazzoli hanno le basi per fare un’ottima carriera, così come Knudsen in mezzo al campo. Da poche settimane è arrivato Andy Polo e ne parlano un gran bene, al campo come sempre l’ardua sentenza.

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Sembrerebbe essere in via di definizione lo scambio, a titolo definitivo, dei cartellini di Vucinic e Guarin tra Juventus ed Inter.

Inizialmente il giocatore montenegrino sembrava destinato a trasferirsi a Londra, sponda Gunners.
L’Arsenal però avrebbe richiesto il giocatore solo in prestito, trovando il secco no di Marotta. Che, secondo i soliti beninformati, avrebbe risposto qualcosa del tipo “o undici milioni o non se ne fa nulla”.

L’interruzione delle trattative con l’Arsenal ha dato il la all’Inter, che ha a sua volta richiesto Vucinic in prestito. Controproposta: “dateci Guarin”. L’idea è piaciuta e le due società sembrano arrivate ad un niente dall’accordo: Vucinic avrebbe già salutato i compagni e lasciato Vinovo in direzione Milano. Guarin dovrebbe invece approdare a Torino domani, per sostenere le visite mediche.

Ma in questo scambio (che dovrebbe essere alla pari, con i cartellini di entrambi i giocatore che verranno valutati 15 milioni, generando plusvalenza per entrambe le società) chi ci guadagna?

Personalmente non sarei categorico come la maggior parte di chi, sui social, ha commentato fino ad ora. E direi un po’ tutti, in realtà.

Analizziamo con ordine.

Inter

Guarin all’Inter ebbe un impatto più che discreto inizialmente, ma è andato a perdersi abbastanza presto. Dal punto di vista mentale è un ragazzo che deve sentirsi sempre motivato per rendere al meglio, e probabilmente giocare in una squadra con tante difficoltà come l’Inter non lo ha aiutato in questi mesi.

Il potenziale tecnico atletico però c’è, e lo sa bene chi come me seguì molto il Porto di AVB a suo tempo, quello che proprio con Guarin come mezz’ala destra (e Falcao bomber implacabile) vinse l’Europa League, per intenderci.

Ciò che penso in relazione al rapporto Guarin-Inter è che il ragazzo avesse bisogno di cambiare aria. Non per nulla da qualche tempo si inseguivano voci di mercato che lo riguardavano, come ad esempio un interessamento del Chelsea di Mourinho per lui.

Personalmente trovo che la scelta di cedere Guarin sia giusta.

A questo punto però c’è da capire se la contropartita può essere adeguata.

In assoluto direi di no. Nello specifico invece le cose cambiano.
Personalmente ho sempre trovato Vucinic giocatore troppo discontinuo. Capace di grandissime giocate, in virtù di un grande talento, ma complessivamente non in grado di garantire un rendimento al top per un fronte temporale accettabile.

Però l’Inter ha una situazione disastrosa in attacco, un po’ per demeriti e un po’ per sfortuna.

L’idea di base di Mazzarri, probabilmente, era quella di giocare col duo tutto argentino Palacio-Milito. Quest’ultimo, però, ha avuto grandi problemi fisici ed ha fatto saltare i piani del tecnico livornese. Che ha così spesso ripiegato su un – impresentabile, lasciatemelo dire – 3-5-1-1.

Posto quindi l’intoccabilità del sempre sottovalutatissimo Palacio ed il fatto che Mazzarri “non veda” Icardi e Belfodil ecco che Vucinic potrà rivelarsi acquisto utile per l’Inter.

Del resto se è vero che ha spesso mostrato un po’ di indolenza e molta discontinuità, è altrettanto palese come sia stato uno dei protagonisti degli ultimi due Scudetti vinti dalla Juventus.

Guarin

Come detto qui sopra, il ragazzo aveva bisogno di cambiare aria.

Di lui parlai – e bene – quando due anni e mezzo fa si diceva potesse finire a Roma.

Anche Guarin, come Vucinic, è un giocatore abbastanza indolente. Anche se forse nel suo caso, dicevo, è più una questione di ambiente che non “vitale”.

Guarin che in Portogallo giocava come mezz’ala destra nel 4-3-3. Che sia un ulteriore indizio della volontà di Antonio Conte di cambiare modulo?

Sicuramente Guarin, prestazionalmente parlando, vale molto più di quanto fatto vedere a Milano.

In un contesto come l’attuale Juventus potrebbe dimostrare anche in Italia di che pasta è fatto.

Vucinic

Protagonista dei primi due Scudetti della Juventus di Conte, è stato pedina fondamentale di quelle due vittorie, collezionando un totale di 63 presenze (4378 minuti) nell’arco delle due stagioni (condendo il tutto con 19 reti).

Con l’arrivo di Tevez e Llorente, però, lo spazio per lui si era ridotto moltissimo: in sei mesi ha infatti visto il campo solo 8 volte, di cui la metà come subentrante dalla panchina.

Andare all’Inter diventa quindi, per lui, una buona opzione. Tornerà con ogni probabilità a giocare da titolare, lo farà in una delle squadre più blasonate d’Italia e sarà allenato da un mister che, sulla carta, non dovrebbe avere grossi problemi ad affidarsi a lui.

Juventus

Più ancora dell’Inter – che comunque cede un giocatore che aveva assoluto bisogno di cambiare aria prendendo in cambio un attaccante talentuoso e ben visto dal proprio mister – a guadagnarci potrebbe comunque essere la Juve.

I Bianconeri vanno infatti a rinforzare ulteriormente il proprio centrocampo, punto di forza della squadra nonché tra i reparti migliori in Europa. Tutelandosi anche per il futuro, qualora uno tra Pirlo – Vidal – Pogba – Marchisio dovesse lasciare Torino tra sei mesi.

Che Guarin valga più di quanto mostrato a Milano l’ho già detto. Che a Torino potrebbe trovare mister ed ambiente giusto anche.
Insomma, scommessa che probabilmente valeva la pena tentare.

Il tutto pensando anche all’aspetto tattico che ho citato in precedenza: da mesi si parla di un Conte solleticato dall’idea di cambiare modulo, passando ad un meno difensivista 4-3-3.
Per farlo ha sicuramente bisogno di esterni d’attacco, ma anche di mezz’ali di valore.

E come detto, Guarin al Porto si consacrò proprio in quel ruolo…

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Oggi mi sono recato al centro sportivo Giacinto Facchetti di Milano per tastare con mano di persona lo stato di salute delle Primavere di Inter e Milan, impegnate in un sentitissimo derby.Centro Sportivo Facchetti

Molto apprezzata l’iniziativa della società Nerazzurra di lasciare l’ingresso gratuito: non sono spalti stracolmi, con gente seduta anche sulle scale (ahimè, come il sottoscritto), ma anche tanta gente che non ha trovato posto ed ha dovuto guardarsi il match rimanendo in piedi ai lati del campo.

Venendo al match, la vittoria è stata riportata dagli ospiti. I Rossoneri sono infatti partiti subito molto forte e nel giro di poco hanno macinato gioco ed occasioni da goal.

La prima rete è stata realizzata al quarto d’ora dallo sloveno Benedicic, sugli sviluppi di una buona azione insistita da parte dei Rossoneri che giusto qualche secondo prima avevano colto un palo con la bella incornata in tuffo di Mastalli, abile ad inserirsi per sfruttare il buon cross morbido portato da Di Molfetta.

Proprio sugli sviluppi dell’azione il Milan non ha calato il forcing ed ha riportato il vantaggio, con Tamas che ha servito proprio Benedicic in area per il diagonale che è valso il vantaggio.

Una decina di minuti dopo, quindi, ottimo scambio sulla destra tra Vido e Pinato con la punta Rossonera che buca sulla destra e centra un pallone comodissimo per il facile raddoppio firmato da Di Molfetta.

In generale tre o quattro occasioni create ad inizio match per un Milan aggressivo e da subito in partita, bravo a sfruttare la mezz’oretta di defaillance della squadra di casa.

Inter che dopo aver faticato moltissimo ad inizio match per tenere il campo è cresciuta, almeno sotto questo aspetto. I ragazzi Nerazzurri non sono riusciti però a far valere le proprie ragioni ed il proprio gioco, faticando non poco a creare vere e proprie occasioni da goal.

In questo senso parte del merito va comunque sicuramente ascritto anche ai ragazzi di Inzaghi, schierati sapientemente proprio dal tecnico, davvero molto ben messi in campo.Filippo Inzaghi

Quando si parla di giovani, però, a mio avviso non ha mai troppo senso soffermarsi sul risultato, che dovrebbe essere un aspetto assolutamente secondario della faccenda. Quanto più su eventuale gioco prodotto (ed in questo senso nessuna delle due squadre ha comunque brillato) e soprattutto sulle qualità dei singoli.

Partiamo dai padroni di casa.

Ivusic ha compiuto un paio di miracoli, questo è certo. E’ sempre comunque difficile giudicare un portiere a questa età, meno che mai da una partita.

La difesa ha fatto piuttosto male, soprattutto nel primo tempo.

I due terzini hanno giocato senza infamia né lode. Eguelfi è stato aiutato forse anche da un match disputato in maniera abbastanza anonima da Pinato, Longo invece ha sofferto soprattutto in quella prima mezz’ora e nel complesso il suo voto (anzi, quello di entrambi) si dovrebbe aggirare attorno al 5,5.

Discorso simile per i due centrali. Odonkor ha mostrato discrete capacità atletiche, ma anche un continuo beccarsi con gli avversari, un certo nervosismo e soprattutto una certa fallosità di fondo. Passi in Primavera, ma tra i professionisti devi elevare il tuo livello di gioco di molto, per importi.

Paramatti invece è giocatore sicuramente più “pulito” del compagno di reparto, ma certo non ha giocato una partita particolarmente brillante, soprattutto in quei primi trenta minuti in cui un po’ tutta la barca ha preso acqua da ogni dove.

A centrocampo si è distinto invece il capitano della squadra, Acampora. Schierato davanti alla difesa, a cercato di gestire un po’ i ritmi, ma soprattutto ha effettuato alcune giocate e soluzioni anche personali interessanti.

Piuttosto anonimi Camara e Dabo, che sfruttando la propria maturità fisico-atletica hanno mostrato di saper reggere bene campo e ritmi, ma senza incidere più di tanto sul match. Un po’ come fatto dal numero dieci Nerazzurro, Baldini. Qualche tocco di qualità, ma nulla di particolarmente incisivo.

Davanti poi si è visto molto poco. Puscas praticamente spettatore non pagante, Bonazzoli nel secondo tempo ha effettuato un paio di conclusioni interessanti ma nel complesso è stato sicuramente poco aiutato dai compagni e non è riuscito a dare quanto probabilmente potrebbe (e dovrebbe).Federico Bonazzoli

Nella ripresa sono poi entrati Palazzi, Capello e Ventre. Quest’ultimo si guadagna probabilmente la palma di migliore in campo dei suoi. Piuttosto vivace, si è posizionato sulla sinistra mettendo in mostra buona rapidità, dribbling ed inventiva. Un giocatore sicuramente discreto da tenere d’occhio.

Venendo invece agli ospiti, detto della prestazione anonima di Pinato, bisogna sottolineare un Andrenacci molto reattivo, ma anche per lui vale lo stesso discorso fatto per il suo omologo Nerazzurro.

La difesa si è dimostrata reparto molto solido, anche grazie alla schermatura del centrocampo. Simic ha giocato senza infamia né lode, i due centrali (Iotti e Pacifico) hanno disputato invece una partita da 6,5 comodo, controllando benissimo gli avanti Nerazzurri, senza particolare affanno.

Il terzino sinistro, Tamas, ha invece messo in mostra un atletismo di valore assoluto. Ha arato la fascia con grande naturalezza, dimostrando di essere in possesso di una facilità di corsa notevole. Aspetto sicuramente centrale, pensando ad un eventuale salto nel professionismo.

Discreto il match disputato da Mastalli, interessante in particolar modo la struttura fisica di Benedicic, che da questo punto di vista potrebbe essere già pronto per il salto tra i pro. Mancino più che decente, bisogna però capire come riuscirebbe a trovarsi a livello di ritmo.

Di Molfetta è invece partito fortissimo, aiutando a spaccare il match in quella prima mezz’ora in cui il Milan ha difatti costruito e blindato il match. Poi è andato un po’ scemando, ma sicuramente nel complesso la sua prestazione è stata positiva.

Mi ha invece un pochino deluso l’Azzurro Vido, schierato punta centrale da Pippo Inzaghi, da cui mi aspettavo qualche cosa di più.
Il suo posto nella ripresa, attorno al sessantesimo, è stato preso da Barisic, che ha avuto un paio di occasioni buone da sfruttare, ma non è stato in grado di lasciare il segno.Luca Vido

Senza voto, invece, Calabria e Rondanini, entrati a match praticamente concluso.

In tutto questo l’MVP del match, secondo il mio modestissimo parere, è stato quindi il centrocampista Rossonero Piccinocchi. Un ragazzo che a dispetto di un fisico piuttosto modesto soprattutto se proiettato tra i professionisti (è alto 172 centimetri e pesa 66 chilogrammi) ha messo in mostra grandissima intelligenza tattica e capacità di lettura di ogni fase del match, dimostrando anche di essere in possesso di due piedi tutt’altro che disprezzabili.

Ecco, un giocatore che se avesse un fisico un pochino più robusto sarebbe a mio avviso già pronto per giocarsi le sue chance in Serie B.

Nel complesso comunque una partita discreta con due sole note negative: la fin troppa gente accorsa sugli spalti ed il freddo becco che mi sono dovuto sorbire per tutto il pomeriggio!

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Danilo D’Ambrosio sarebbe ad un passo dall’Inter.

I Nerazzurri avrebbero infatti bruciato sul filo di lana i cugini milanisti, che fino a qualche settimana fa sembravano in netto vantaggio per l’acquisizione del terzino cresciuto tra Salernitana e Fiorentina.

Galliani e compagnia hanno infatti tentennato troppo nell’affondare il colpo, tra la scarsa liquidità e l’opportunità invitante di chiudere il colpo, eventualmente, in vista di giugno, quando il 25enne napoletano si svincolerà a parametro zero dal contratto che lo lega al Torino.

Proprio questo traccheggiamento ha creato un vuoto in cui si sono prontamente infilati altri club.

In primis la Roma, che avrebbe messo sul piatto addirittura le comproprietà di Caprari e Nico Lopez pur di assicurarsi una delle rivelazioni di queste ultime due stagioni di Serie A.

A tentennare, a questo punto, sarebbe però stato il giocatore stesso, secondo fonti vicine all’ambiente granata desideroso di giocare agli ordini di Walter Mazzarri.

Così, l’offerta dell’Inter del neo-Presidente Thohir non si è fatta attendere.Danilo D'Ambrosio

Il magnate indonesiano, tramite gli emissari della sua società, avrebbe inizialmente offerto uno tra Mudingayi e Kuzmanovic, trovando però la risposta piuttosto fredda da parte di Cairo e del suo entourage. Un po’ perché le contropartite non convincevano appieno (Kuzmanovic in primis per una questione economica), un po’ perché il Torino voleva del cash.

Nelle ultime ore ci sarebbe quindi stata la svolta e da qui a breve potrebbe arrivare il sì definitivo.
Da limare ci sarebbero solo gli ultimi dettagli: la richiesta della società Granata parte da una base di 3 milioni di euro. Riducibile con l’inserimento di contropartite tecniche adeguate.

Che potrebbero essere due: o il redivivo Gaby Mudingayi, o il giovane trequartista argentino Ruben Botta, che potrebbe sbarcare in quel di Torino in prestito con diritto di riscatto della metà.

Nelle prossime ore questo intrigo di mercato dovrebbe risolversi, andando quindi ancora una volta a sottolineare la fragilità milanista sul mercato…

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