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Archive for the ‘Pianeta Sport’ Category

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Molti si ricorderanno sicuramente di questo portierone capace di affermarsi come uno dei migliori interpreti del ruolo a cavallo degli anni Ottanta e Novanta. In particolar modo l’apice della sua carriera venne raggiunto ai Mondiali americani del 1994, quando vinse il premio Jašin come miglior portiere della competizione.
Una volta appesi i guanti al chiodo nel 1999, decise poi di intraprendere la carriera di allenatore. Così, dopo una duplice esperienza allo Standard Liegi – guidato rispettivamente nella stagione 2001/2002 e nel biennio 2006/2008 – ed una al Gent, ecco lo sbarco, nel 2010, al Twente Enschede fresco Campione d’Olanda, squadra che guida tutt’oggi e con cui una settimana fa è stato in grado di vincere la KNVB Beker (equivalente della nostra Coppa Italia).

La vittoria in Coppa non ha però insegnato molto al tecnico belga che, giusto nel week-end, si è trovato a disputare una sorta di finale per la vittoria dell’Eredivisie proprio contro quell’Ajax appena battuto da pochi giorni.

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Modifiche tattiche in vista, per il Real di Mourinho: è notizia di questi giorni l’acquisto di Nuri Şahin, talentuosissimo centrocampista turco che è stato tra i principali trascinatori del Borussia Dortmund capace di imporsi in Bundesliga quest’anno.

E l’arrivo del giovanissimo regista ex Feyenoord comporterà indubbiamente qualche cambiamento in quel di Madrid.
Due le ipotesi più probabili: da una parte l’accantonamento dell’ormai trentenne Xabi Alonso, dall’altra la modifica del modulo attualmente in uso, con l’utilizzo di due registi in contemporanea.

Posto che la prima ipotesi, sulla carta, non porterebbe ad alcuna modifica tattica, con Şahin semplicemente impegnato a svolgere il lavoro che fino a quest’anno è stato svolto da Alonso, la seconda prevedrebbe, invece, una modifica tanto nella tattica di base quanto nell’atteggiamento e nel gioco della squadra.  E quest’ultimo sembrerebbe lo scenario più intrigante.

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Alla fine il Barcellona di Guardiola ce l’ha fatta. Al netto di tutte le polemiche, saranno proprio i Blaugranaa disputare la finale londinese di Champions League. Il tutto dopo aver superato, in un doppio confronto molto sentito, gli acerrimi rivali di sempre.

Barcellona-Real non è però una semplice partita di calcio: è molto di più. Innanzitutto, è uno scontro tra filosofie: da una parte il Barça dei tantissimi canterani, dall’altra il (fu) Real Galáctico, da una parte il tiki-taka, dall’altra l’attendismo targato Mourinho.

E il doppio confronto di Champions ha dimostrato come in questo momento non ci sia confronto tra le due filosofie e non è un caso se il Barcellona giocherà la seconda finale di Champions degli ultimi tre anni.

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Con cinque sole giornate al termine del campionato la classifica finale va ormai delineandosi, in particolar modo per certe squadre. Tra queste vi è sicuramente la Juventus di Gigi Delneri, che reduce dal pareggio di Firenze si vede ormai tagliata del tutto fuori dalla corsa al quarto posto. Le contemporanee vittorie di Udinese e Lazio, difatti, inguaiano non poco la società di Corso Galileo Ferraris, che non potrà presentarsi ai blocchi di partenza della principale competizione europea per club nemmeno nel corso del prossimo anno.  E’ già quindi tempo di programmare il mercato estivo. Nel dopo Calciopoli, difatti, troppi errori sono stati commessi in questo senso sulla sponda Bianconera di Torino e Marotta sa bene di non poter più sbagliare se vuole riportare la squadra che fu di Sivori, Platini, Baggio e Zidane nell’Olimpo del calcio italiano e non. Proprio in questo senso facciamo viaggiare un po’ la fantasia e proviamo, basandoci ovviamente sui più recenti rumors di mercato, ad immaginarci un paio di alternative tattiche per la Juventus che verrà.

Partiamo da un presupposto, quindi. Qualora restasse Delneri, la cui permanenza è però a tutt’oggi in dubbio, la soluzione più probabile sarebbe quella che vorrebbe la squadra nuovamente impostata con un classico 4-4-2. Cambiando allenatore – o qualora il tecnico di Aquileia decidesse di affidarsi continuativamente al 4-3-3 di queste ultimissime uscite – ecco che si potrebbe pensare ad un modulo differente.

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Più che una storia sembra una favola, la sua. Perché André Villas Boas sta dominando il campionato portoghese alla tenerissima età – per un allenatore – di trentatre anni. E senza aver praticamente mai tirato calci ad un pallone. I suoi inizi sono stati realmente molto particolari:  si dice infatti che abitasse nello stesso palazzo dell’allora allenatore del Porto Robson, cui faceva continuamente trovare nella cassetta delle lettere alcune sue considerazioni sulla squadra ed il suo inquadramento tecnico-tattico. Il tutto, è bene sottolinearlo, quando aveva solo diciassette anni. La cosa, manco a dirlo, impressionò molto il tecnico inglese che propose alla società lusitana di assumerlo come scout prima ed allenatore poi.

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Leonardo contro il suo passato, Allegri alla prova del nove. Ecco cosa rappresentava, per i due tecnici, il derby milanese giocato nel corso dell’ultimo week-end. A spuntarla, alla fine, è stato proprio l’ex coach del Cagliari di Cellino, che ha schierato una squadra molto compatta e determinata, abile a sfruttare al meglio tutte le mancanze degli avversari. In campo scendono i giocatori, certo. Ed in questo senso espressi sul mio blog il mio punto di vista, con i giocatori del Milan tutti oltre la sufficienza e quelli dell’Inter in più casi incapaci di profondere le giuste energie.  Per ciò che riguarda questa partita nello specifico, però, credo che una chiave di lettura importante sia data proprio nel confronto tra quanto svolto tra i due tecnici perché mai come in questo caso le scelte dell’uno e dell’altro hanno inciso così profondamente una partita.

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Ennesimo capitolo della rubrica 424 che tengo su Pianeta Sport. Questa volta mi confronto con le idee espresse dal sempre ottimo Buffa sul Milan di Allegri, giusto alla vigilia del derby.

Qualche giorno fa mi è capitato di assistere ad una delle analisi tattiche di Federico Buffa – noto giornalista Sky competentissimo in materia di calcio e basket – riguardante il Milan di Massimiliano Allegri. Nella stessa il sempre ottimo Avvocato dice cose condivisibili ed altre meno. Un punto di vista è sempre assolutamente rispettabile, ci mancherebbe; a maggior ragione quando espresso con la competenza e lo stile del cinquantaduenne opinionista milanese. Nel contempo, però, è altrettanto bello poter esprimere il proprio dissenso. Che è proprio ciò che farò in questo articolo, punto per punto.

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Nel corso di questa stagione ho avuto modo di seguire in più occasioni il City di Mancini. L’ultimo loro match che ho potuto vedere risale proprio a domenica quando i Citizens hanno fatto visita al Chelsea di Carlo Ancelotti per un derby della panchina tutto italiano vinto, piuttosto nettamente, dall’ex allenatore di Parma, Juventus e Milan.

La motivazione per la quale tra tante squadre ho scelto di seguire con discreta costanza proprio quella presieduta dallo sceicco Khaldoon Al Mubarak è semplice e facilmente intuibile: la curiosità suscitata in me da una compagine ricca di talento ma costruita un po’ a mo’ di raccolta delle figurine era tanta e la volontà di provare a capire quanto il tecnico jesino sarebbe stato in grado di amalgamare un undici all’altezza anche maggiore.

Dopo averne seguito in più occasioni le gesta, quindi, posso affermare con tranquillità e fermezza come questo City più che una squadra sembri davvero un’accozzaglia di talenti un po’ improvvisata e raffazzonata, senza un’identità di gioco ben precisa, trascinata più da giocate personali dei singoli che dal collettivo. In tutto ciò la via d’uscita non sembra essere rappresentata dal modulo tattico perché non tutto, nel calcio, è una questione di numeri. Si debbono infatti costruire degli equilibri che vanno al di là di questo. Non per nulla ad oggi il Mancio ha tentato diverse alternative, ma senza riuscire ancora a far quadrare il cerchio.

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Alla fine ce l’hanno fatta. Pea ed i suoi ragazzi hanno saputo regalare all’Inter la sesta imposizione viareggina della propria storia, al termine di un Torneo giocato su livelli realmente molto alti. Difesa ferrea, centrocampo eclettico, attacco devastante. Ecco la ricetta della vittoria nerazzurra.

E quando al termine di una competizione ti ritrovi ad avere in rosa il miglior giocatore nonché capocannoniere (per quanto a parimerito con Giuseppe De Luca, trascinatore del Varese dei miracoli di Devis Mangia) ed il miglior portiere della stessa qualcosa – e di piuttosto importante – significa. Al solito sui premi individuali si potrebbe stare a discutere molto. In questa occasione forse meno rispetto a quello riguardante gli estremi difensori, con Bardi che è stato assolutamente maiuscolo, trascinante e decisivo, più rispetto a quello riguardante il migliore giocatore in assoluto, laddove diversi sono stati i ragazzi sicuramente meritevoli.

Inter che torna quindi a vincere un Torneo di Viareggio e lo fa con grandissima autorità. Prendiamo quindi la formazione scesa in campo nella finalissima disputata contro l’ottima Fiorentina di Renato Buso ed analizziamola, per scoprire un pochino meglio i segreti del meccanismo costruito ed oliato da Fulvio Pea.

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Domenica ho avuto l’onore ed il piacere di recarmi a San Siro, su invito della Gazzetta della Sport, in occasione dello scontro tra Milan e Bari, ovvero sia il più classico dei testa-coda. E proprio seguendo la partita dalle tribune anziché dalla televisione ho potuto fare caso a delle sfumature che vengono perse nel seguire i match da casa (va comunque altresì detto che ce ne sono altrettante che vengono invece perse nel guardare una partita allo stadio piuttosto che in tv). Ecco quindi qualche spunto interessante su cui mi è venuto da riflettere in merito a questo match.

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