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Archive for Maggio 2013

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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Dopo aver illustrato i movimenti che le situazioni di palla coperta e di palla scoperta comportano passiamo a quelle che prevedono lo slittamento laterale della difesa, a seconda della posizione del pallone e di come questo viene trattato dagli avversari.

Partiamo quindi da un presupposto: una difesa a tre, di per sé, permette – come detto – di coprire meglio la zona centrale del campo, l’area di rigore – e quindi la porta – in particolare.

Nel contempo, però, passando da quattro a tre difensori di ruolo ecco che lo spazio che ognuno di essi si trova a dover coprire aumenta.
Proprio per questo solitamente gli esterni di centrocampo – che spesso sono veri e propri fluidificanti – si abbassano (assieme o alternativamente) permettendo così ai tre centrali di potersi trovare a coprire una porzione di campo più limitata.

Tornando all’oggetto di questo approfondimento, cosa si intende per slittamento laterale?

Di per sé, è assolutamente intuibile.

A seconda della posizione del pallone i difensori si spostano a destra, sinistra o si mantengono più centrali per farsi trovare pronti rispetto ad eventuali “imbucate”.

Osserviamo assieme questa immagine: la difesa, classicamente, è composta da Barzagli sul centrodestra, Chiellini sul centrosinistra ed il solito Bonucci centrale.

La sfera, come possiamo notare, è sul fronte destro dell’attacco bavarese, portata avanti da Robben. Così i difensori (e lo potete notare anche dalla posizione del corpo, che indica chiaramente il senso di marcia) arretrano sì, ma non solo. Slittano, appunto, verso sinistra, per chiudere lo spazio che può palesarsi di fronte al portatore di palla. Che in quel caso, quindi, dovrà prodigarsi in dribbling ubriacanti per provare a trovare il varco giusto.

In questo caso specifico, quindi, Chiellini esce su Robben, con Barzagli praticamente sul centrosinistra dell’area di rigore e Bonucci quasi in posizione di terzino, per semplificare ed esemplificare il suo posizionamento.

Ovviamente questo discorso vale pari pari anche per gli slittamenti sul fronte opposto. Se la palla è su quella fascia sarà Barzagli a dover uscire, tirandosi “a traino” anche i due compagni di reparto. Che, ancora una volta, slitteranno per tenere le giuste distanze l’uno dall’altro e togliere spazio agli avversari.

Un po’ come in questo caso (dove ad uscire è però Bonucci, incrociatosi con Barzagli… ma di questo parleremo “in un’altra puntata”): un difensore esce più sulla fascia, l’altro resta più centrale ed il terzo, opposto, stringe in mezzo.

Ovviamente le difese sono sollecitate in continuazione, in questo senso. La palla può passare da una fascia all’altra in maniera molto repentina (cambio di gioco). Esattamente come può partire centrale per poi allargarsi a seconda della decisione del portatore di palla di turno.

Proprio a seconda di queste sollecitazioni la difesa deve essere brava a reagire di conseguenza ed in maniera tempestiva.

Perché non ci vuole nulla per trovarsi da una parte

all’altra

del proprio fronte difensivo.

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Del futuro – ormai sempre più prossimo – sbarco di Guardiola in Germania parlai già con Il Renzaccio, uno dei maggiori esperti di calcio tedesco presenti in rete.

Inerentemente ad esso gli aspetti più importanti da valutare e sviluppare saranno sicuramente quelli che riguarderanno la conformazione tattica della squadra ed i relativi interpreti che l’ex tecnico del SuperBarcellona deciderà di approntare in Baviera.Pep Guardiola

Dopo quanto fatto vedere in questa stagione (e non è ancora tutto, dato che sabato all’Olympiastadion di Berlino il Bayern potrebbe firmare il Triplete vincendo anche la DFB-Pokal), però, è bene fermarsi a valutare la scelta di Guardiola. Che optando per i bavaresi si è sì assicurato di lavorare in una delle società più serie e con una delle squadre più forti del mondo. Ma si è preso anche una bella gatta da pelare: migliorare ulteriormente non sarà facile.

I numeri (e i trofei) parlano chiaro: dal 2005 ad oggi il Bayern non ha quasi avuto rivali in patria, con cinque campionati e quattro coppe nazionali (che appunto potrebbero diventare cinque tra pochi giorni) messe in bella mostra in bacheca.

Ma non solo: nelle ultime quattro stagioni – compresa questa – il Bayern è stata la squadra migliore in Europa. Come ricordavo su Facebook ai margini della finale di sabato, infatti, i bavaresi hanno raggiunto l’ultimo atto della competizione in ben tre occasioni a partire dal 2010 ad oggi.

Certo, qualcuno potrà ribattere che in due casi i bavaresi hanno ceduto sul più bello. Ma un’impresa di questo genere non riusciva a nessuno dalla seconda metà degli anni ’90, quando la Juventus giocò tre finali consecutive (anche in quel caso vincendone una sola).

Insomma, qualcuno parla della possibilità di aprire un ciclo in Baviera.
Mi spiace, è troppo tardi. Un ciclo è già stato aperto ed è in pieno svolgimento.

E proprio qui casca l’asino: riuscirà Guardiola a migliorare quanto fatto finora?

A Barcellona ce la fece.

Prima del suo arrivo i Blaugrana stavano già imponendosi come uno dei punti di riferimento del calcio spagnolo, ma non solo. Negli anni immediatamente precedenti al suo arrivo sulla panchina della prima squadra il Barça aveva vinto due campionati ed una Champions.

Con lui in panchina, però, il definitivo salto di qualità verso la leggenda. Ed una bacheca capace di accogliere ancora tre campionati, due Coppe del Re, tre Supercoppe di Spagna, due Champions League, due Supercoppe UEFA, e due Mondiali per Club.

Per migliorare quanto fatto negli ultimi anni dal Bayern Monaco, però, dovrà proporre un gioco altrettanto capace di segnare la storia di questo sport. E vincere praticamente tutto sempre.

Prendete proprio quest’ultima stagione, quella di preludio al suo arrivo.

In campionato il Bayern Monaco ha distrutto la concorrenza inanellando una serie di risultati eccezionali. Ben 91 sono stati i punti raccolti dalla compagine di Heynckes (contro i 66 del Borussia, secondo), il tutto in 34 sole partite (nei campionati a 20 squadre le partite sono quattro in più). Ben 29 le vittorie raccolte, con 4 pareggi ed una sola disfatta. Il tutto per 98 reti realizzate (81 quelle segnate dal Borussia, secondo miglior attacco di tutta la Bundesliga) a fronte di sole 18 subite (39 i goal presi dal Bayer Leverkusen, seconda miglior difesa del campionato).Bayern campione

In Champions invece il Bayern ha vinto il suo girone davanti a Valencia, BATE e Lille per poi eliminare in serie Arsenal, Juventus e Barcellona (non proprio tre squadrette), fino alla finale di Londra ed allo scontro fratricida con il Borussia.

In DFB-Pokal, infine, vittorie facili contro Jahn-Regensburg, Kaiserslautern e Augusta. Fatto fuori il Borussia ai quarti (goal di Robben, guarda caso) il nettissimo 6 a 1 rifilato al Wolfsburg.

E se sabato cadrà anche lo Stoccarda… come potrà Guardiola migliorare una situazione del genere?

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E’ una finale molto godibile quella che Borussia e Bayern mettono in scena scontrandosi, prima volta assoluta per due compagini tedesche, in finale di Champions League.

Una finale che i gialloneri possono affrontare più sgombri psicologicamente rispetto ad un Bayern che arriva alla terza finale in quattro anni con due sconfitte cocenti alle proprie spalle da riscattare, oltre che i favori assoluti dei pronostici ed investimenti molto più importanti da giustificare.

Entrambe le squadre si schierano col loro classico 4-2-3-1 fronteggiandosi quindi in maniera speculare.

Ad iniziare – nettamente – meglio è il Borussia: ben messo in campo, affamato, come detto più sgombro mentalmente. Tutte cose che permettono ai gialloneri di sviluppare la propria manovra con efficacia, dando del filo da torcere a Neuer e applicando un pressing alto che mette in difficoltà gli avversari.

In questo senso l’immagine che segue spiega benissimo quanto appena detto:

Schweinsteiger costretto ad abbassarsi fino alla propria area di rigore per provare ad impostare l’azione, provando così ad alleggerire un po’ la pressione portata da Lewandowski, Reus e in generale un po’ tutti i ragazzi di Klopp.

Questa vigoria dura circa venticinque minuti. Perché il Bayern, come una formichina, lavora senza scomporsi cercando di girare l’inerzia della partita a proprio favore.

Il primo squillo i giocatori allenati da quella vecchia volpe di Jupp Heynckes lo fanno quindi proprio al venticinquesimo quando Mandzukic svetta in mezzo a due avversari trovando però un attento Weidenfeller molto attento e bravo ad alzare sopra la traversa.

Alla mezz’ora, poi, la difesa giallonera inizia a mostrare le prime crepe piuttosto importanti.

Il Bayern manovra sulla sinistra e la difesa scivola da quella parte.

Nel farlo (da questa foto si può apprezzare Schmelzer, terzino sinistro, stringere su Ribery verso il centro del campo) viene però lasciato liberissimo Robben sulla fascia opposta. Grosskreutz infatti non si abbassa con tempismo, e l’olandese volante è lanciato in profondità. Per un uomo con la sua velocità presentarsi a tu per tu con Weidenfeller è praticamente uno scherzo. Giunto in area, però, sembra rinnovare la propria maledizione da finale, sparacchiando contro al portiere avversario.

Cinque minuti e sono i bavaresi a farsi prendere d’infilata. Reus infilza la difesa con un bel filtrante fatto partire da poco prima della trequarti, con Lewandowski che si muove bene dettandogli ottimamente il passaggio per andare poi a superare Boateng, diretto marcatore, concludendo però contro Neuer, bravo ad uscire tempestivamente.

La partita è quindi molto piacevole ma i goal stentano ad arrivare. Come se non bastasse, in chiusura di primo tempo, Robben decide di mangiarsi un’altra rete:

Hummels buca malamente il lancio di Dante e l’ala olandese, dopo aver vinto anche un rimpallo, riesce a trovarsi nuovamente a tu per tu con Weidenfeller.

La maledizione sembra però farsi sempre più reale e pressante. Robben non ha la freddezza per piazzare la sfera, calcia dritto per dritto e colpisce il petto dell’estremo difensore avversario, bravo a chiudergli repentinamente lo specchio di porta.

Le emozioni principali, così, questa finalissima ce le riserva per la ripresa.

Un secondo tempo in cui il Borussia va in affanno, ballando in maniera incredibile – fino a capitolare due volte, ma sarebbero potute essere molte di più – di fronte al grande attacco bavarese.

Il match si sblocca al cinquantanovesimo.

Con una difesa giallonera che collassa.

TRE giocatori escono su Ribery. Che con un tocco mette in movimento Robben. Palla in mezzo dove a quel punto non c’è praticamente nessuno. 1 a 0 facile.

La gara però non è finita qui.

Il Borussia non ci sta. Dante commette una follia in area su Reus

e permette a Gundogan di pareggiare su rigore. Così alla maledizione personale di Robben sembra unirsi anche quella del Bayern tutto, che inizia ad aver paura di perdere la sua ennesima finale.

Finale che sembra davvero assolutamente stregata per l’ala olandese quando Subotic lo anticipa praticamente sulla linea di porta.

Eppure le cose sono destinate a cambiare proprio in chiusura. Quando Ribery riceve al limite, difende palla e prova a farla filtrare con un colpo di tacco.

Un gesto che potrebbe sembrare quasi scriteriato non fosse che Robben ha troppa voglia di riscattarsi. Così sprinta, raggiunge la sfera, riesce in qualche modo a bucare la difesa e fredda l’uscita di Weidenfeller. Per un goal che rompe sia la sua maledizione che quella della sua squadra, ora a quota 5 Coppe dei Campioni al pari del Liverpool e dietro alle sole Real e Milan.

Una vittoria meritata quella del Bayern, sia prendendo in considerazione l’intero percorso (annichilite Juventus e Barcellona), sia per la partita in sé. Dove a parte i primi venticinque minuti di difficoltà i ragazzi dell’ormai ex Heynckes hanno dimostrato la propria superiorità.

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Dati i presupposti necessari ad applicare la difesa a tre scendiamo più nello specifico andando a vedere le varie situazioni di gioco ed il relativo comportamento che una difesa ben impostata deve tenere per svolgere al meglio il proprio compito.

Il tutto prendendo ad esempio la difesa della Juventus: come già spiegato questo particolare tipo di difesa è usato praticamente solo in Italia. E la squadra che giocando così ha fatto meglio è, appunto, la Juventus.

Partiamo quindi dalle situazioni di palla coperta e palla scoperta. Quelle cioè in cui la difesa non si trova normalmente già direttamente coinvolta nell’azione ma deve comunque reagire a seconda della posizione del pallone e del comportamento del portatore di palla.

La questione in questo caso è piuttosto semplice e si ripete più volte durante il match. Fondamentalmente, ad ogni azione avversaria.

La situazione di palla scoperta è quella in cui il portatore di palla può muoversi con discreta – se non completa – libertà con la possibilità di verticalizzare in qualsiasi momento e tagliare fuori, quindi, la linea difensiva.

In questo caso, come è possibile vedere dalle immagini, i difensori “scappano” verso la propria area di rigore, andando a “coprire” la porta.

Come si può notare da questo fermo immagine l’avversario porta palla e punta l’area avversaria. Ha campo davanti a sé, un compagno che fa movimento e detta l’eventuale passaggio ed un avversario – Pirlo, nel caso – che sta arrivando a chiuderlo. La palla, però, è da considerarsi assolutamente “scoperta”.

I difensori, così, “rinculano” verso l’area di rigore. Solitamente questo tipo di movimento è “chiamato” dal centrale. Il tutto per evitare che un eventuale lancio possa tagliar fuori tutta la difesa.

Il giocatore, infatti, potrebbe far partire da un momento all’altro un lancio per i compagni. Un po’ come in quest’altra situazione:

La palla è scoperta – nel fermo immagine, anzi, sta proprio per essere calciata – e gli attaccanti fanno movimento per dettare il passaggio al compagno. Come visibile qui sopra, quindi, Barzagli, Bonucci e Chiellini scappano verso la propria area, per non farsi prendere d’infilata.

Ovviamente a seconda della situazione la difesa deve reagire in maniera differente. In quest’altra situazione di gioco i tre rinculano tenendo la linea compatta. Con l’avversario che ha appena superato di slancio un centrocampista, però, i difensori dovranno essere bravi a leggere la situazione e reagire di conseguenza. Uno dei tre si staccherà per contrastare il portatore di palla, gli altri due lo copriranno (tenendo sempre un occhio ai rispettivi avversari, ma di queste situazioni specifiche parleremo più avanti).

Non sempre, però, le azioni di gioco sono lineari. Capita così che da una situazione di palla scoperta, come nei casi appena illustrati, si possa passare ad una situazione di palla coperta. Il tutto, in linea di massima, accade grazie al buon gioco dei centrocampisti, che vanno in pressione sui portatori provando a schermare la difesa.

Così se quando il portatore si trova in situazione di palla scoperta la difesa si trova a dover rinculare verso l’area, in quella di palla coperta succede l’opposto, con una sorta di “rimbalzo” nel senso opposto.

Perché?

Semplice. Se quando la palla è scoperta i tre devono evitare di farsi tagliar fuori e andare a proteggere porta ed area di rigore, quando la sfera è coperta i difensori devono andare a togliere spazio agli attaccanti.

Così in situazione di palla scoperta la difesa “corre ai ripari”. In situazione di palla coperta reagisce in maniera più “aggressiva”, mettendo in qualche modo sulla difensiva gli attaccanti avversari.

Che, se lenti a reagire, possono finire in situazione di fuorigioco in un baleno:

Fondamentalmente, quindi, si tratta di una sorta di partita a schacchi. In un certo momento è l’attaccante a dettare il movimento del difensore, che rincula per non farsi infilare. Subito dopo deve essere la punta a correre ai ripari, rimbalzando verso il centrocampo per non restare in offside.

Ovviamente queste situazioni sono quasi “banali”. Capitano diverse volte ad ogni match, praticamente in continuazione, ed è dato per assodato che un sistema difensivo, per essere anche solo considerato tale, debba aver automatizzato senza problemi questi movimenti. Che sono comunque i primi da curare, proprio per la loro ripetitività.

Non leggere bene le situazioni può infatti portare da una parte a farsi infilare con troppa facilità (con linea alta, taglio della punta e lancio del portatore a palla scoperta), dall’altra ad una situazione di frattura tra i reparti (con palla coperta ed i centrocampisti che escono in pressing i difensori non possono restare bassi, ma salire per mantenere così le giuste distanze tra i reparti).

Fondamentale, comunque, anche la rapidità con cui si legge un’azione. Perché il passaggio da palla scoperta

a palla coperta

è normalmente pressoché repentino. Altrettanto rapida dev’essere la reazione della linea difensiva.

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La stagione è ormai agli sgoccioli e, come da tradizione, giornali/siti/blog sono pronti a farsi invadere da chiacchiere su chiacchiere di calciomercato. Alle volte fondate e interessanti, altre assolutamente campate per aria.

Proprio per questo ho pensato di tornare a parlare un po’ anche di tattica. Focalizzandomi su una peculiarità tutta italiana: la difesa a 3.

Che, infatti, riscuote un ottimo successo entro i nostri confini ma che, nel resto d’Europa, è tutt’altro che in auge.

E quale miglior esempio di difesa a 3 se non la Juventus, squadra che con questo tipo di impostazione ci ha vinto due Scudetti consecutivi risultando, in entrambi i casi, come la squadra meno battuta del campionato?

Prima di addentrarci nelle situazioni di gioco specifiche, amministrate più o meno bene, partiamo dai presupposti.

Innanzitutto quello fondamentale: i numeri non sono tutto.
La cosa principale quando si parla di un modulo è sempre pensare a come questo venga messo in campo. All’approccio tenuto dalla squadra. Perché i numeri di per sé sono freddi e non possono dare un’idea completa di come verrà poi giocata la partita. Insomma, se si gioca in 11 dietro al pallone è un conto, se si gioca con pressing altissimo e con approccio ultraoffensivo è un altro conto.

Poi il secondo presupposto per importanza: non sempre i numeri sono “sinceri”.
Di primo acchito, infatti, pensare che una squadra possa passare da una difesa schierata con quattro difensori ad una schierata con tre soli uomini potrebbe significare volersi sbilanciare di più in avanti.
Invece, in linea di massima, le cose non stanno così. La difesa a tre, con appunto tre calciatori schierati a difesa dell’area di rigore, permette di blindare ancora meglio la stessa. Anche perché, solitamente, gli esterni di centrocampo hanno ruoli fondamentali in fase di copertura, con queste difese che possono anche finire con lo schierarsi a cinque in fase di non possesso.

Chiariti i due presupposti “numerici” entriamo più nello specifico.
Per farlo aiutiamoci con il lavoro svolto al riguardo da un allenatore di un certo livello, Davide Ballardini.

Innanzitutto la linea di copertura, che deve essere unica. In secondo luogo la collaborazione tra difensori, almeno teoricamente più semplice che in una linea a quattro.

Poi il fatto che questo tipo di difesa, rispetto a quello tradizionale a quattro uomini, permette più varianti.

Altra peculiarità di questo tipo di difesa è che in moltissime gare permette di trovarsi in superiorità numerica rispetto alla linea d’attacco avversaria. L’attacco a due uomini è infatti probabilmente il più utilizzato un po’ ovunque.
Schierare una difesa a quattro significa portare i propri centrali in situazione di uno-contro-uno con le punte avversarie: il centrale di destra prende l’attaccante che si schiera a sinistra del fronte offensivo avversario, il centrale di sinistra marca l’altra punta. Schierare una difesa a tre, invece, permette appunto di trovarsi in situazione di tre-contro-due.

E in caso di attacco a tre? L’apporto degli esterni, sempre importante per coprire al meglio il campo, diventerebbe ancor più fondamentale.

Infine, parlando di presupposti della difesa a tre, bene determinare le caratteristiche principali che debbono avere gli uomini che questo modulo dovranno applicarlo in campo.

Il centrale, in questo senso, è ovviamente il perno del reparto. Non per forza in quanto a valore assoluto, quanto più rispetto al fatto che si troverà a dover guidare i suoi compagni una volta sul terreno di gioco. Ecco quindi che le doti di leadership diventano centrale per chi dovrà ricoprire questo ruolo.
Proprio collegato a questo aspetto il giocatore dovrà anche essere capace di leggere alla perfezione il gioco, per poter appunto guidare l’intero reparto con efficacia.
Da un punto di vista più strettamente tecnico il centrale deve essere bravo coi piedi e nel gioco aereo, avere buona capacità di impostazione e di anticipo dell’avversario.Leonardo Bonucci

I due laterali, invece, devono essere forti soprattutto in marcatura e nelle situazioni di uno-contro-uno. Ovviamente bravi nel gioco aereo, devono essere tatticamente disciplinati e dotati da un punto di vista fisico-atletico.

Posto tutto questo, siamo pronti ad analizzare nello specifico le diverse situazioni di gioco…

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Si preannuncia più animato che mai il mercato allenatori che riguarderà il nostro campionato, in vista della prossima stagione.

Tante infatti le manovre che i vari dirigenti stanno effettuando per cercare la miglior guida tecnica possibile con cui iniziare poi a programmare i movimenti di mercato grazie ai quali costruire le rose in vista di settembre.Giuseppe Sannino

Molte le squadre coinvolte significa anche molti mister in ballo.

Iniziamo quindi da Giuseppe Sannino, che avrebbe rifiutato un’offerta recapitatagli da Verona (dove lavora un certo Sogliano, suo direttore sportivo ai tempi felici di Varese).
Per restare a Palermo? Ni.

L’ex allenatore del Siena non è infatti completamente sicuro di continuare il suo rapporto lavorativo con un Presidente sempre burrascoso come Zamparini (ammesso e non concesso che la scelta di quest’ultimo cada effettivamente su di lui, ovviamente).

Quali le alternative?

Ovviamente resta ancora valida la pista Verona (con Mandorlini idolo della piazza ma che non riscuote grande simpatia in società), anche in quanto a sponda clivense (dove però l’opzione conferma-Corini è forte). Sannino potrebbe così finire sulla sponda rossoblù di Genova, dove però non troverebbe un Presidente meno vulcanico di quello con cui lavora oggi…

Qualora Sannino confermasse il suo rifiuto al Verona gli scaligeri non si darebbero per vinti. Con Andrea Mandorlini l’amore come detto non è mai nato ed il suo futuro sembra sia a La Spezia, dove si troverebbe a tentare un’altra scalata alla A. Gialloblù che dal canto loro si tufferebbero così su un altro ex Varese, Devis Mangia. Il quale in Serie A ci andrebbe di corsa, liberando la panchina dell’under 21.

Favorito per la sua sostituzione? Andrea Stramaccioni. Che come ben sappiamo è a un passo dall’esonero firmato Moratti. Il quale sembra sempre più convinto di cambiare rotta. Come riportano un po’ tutte le fonti la via sarebbe già tracciata (a meno di colpi di scena dell’ultim’ora): Walter Mazzarri.

Che a sua volta, come sappiamo, ha appena lasciato Napoli. Tante, in questo senso, le opzioni sul tavolo di De Laurentiis. Davvero difficile pronosticare su chi ricadrà la scelta del patron nativo di Torre Annunziata. In questi giorni si vocifera con insistenza della possibilità che vorrebbe Rafa Benitez di ritorno in Italia dopo la vittoria dell’Europa League. Una voce che consiglio di prendere assolutamente con le molle ma che da osservatore esterno credo abbia un fondamento: Benitez ha un palmares importante, che di sicuro non lascerà indifferente un uomo come Aurelio De Laurentiis. Inoltre ha grande esperienza a livello europeo e potrebbe guidare con saggezza la compagine partenopea che si troverà ad affrontare la prossima Champions League.
In più il tecnico spagnolo avrà sicuramente il dente ancora avvelenato ripensando alla sua certo non felicissima esperienza nerazzurra. Un mix di indizi che certo non fanno una prova, ma che danno contorni sensati all’ipotesi Benitez-Napoli.

L’alternativa più concreta sarebbe quella che porta a Roberto Di Matteo, giusto un anno fa Campione d’Europa col Chelsea.Roberto Di Matteo

Tornando a parlare di Milano, detto di ciò che dovrebbe succedere all’Inter, sembra che possa assumere contorni sempre più orange la maglia rossonera del Milan.

Dopo il teatrino andato in onda ieri sera da Biscardi sembra infatti sempre più non probabile ma scontato l’addio di Massimiliano Allegri. Anche in questo caso le opzioni ancora sarebbero diverse. Un po’ tutte portano comunque ad ex giocatori dell’era Berlusconi. Tra questi due “arancioni” per eccellenza: Marco Van Basten e Clarence Seedorf (che sta seguendo il corso allenatori organizzato dalla Federazione Olandese).

Intanto duplice la strada che si spiana di fronte all’esonerando tecnico toscano: da una parte la possibilità di passare un anno sabbatico a spese del Milan (il suo contratto scadrà il prossimo giugno), dall’altra l’eventualità, che in ambiente romano danno sempre più probabile, di un suo approdo sulla sponda giallorossa del Tevere. Roma che secondo qualcuno starebbe valutando anche i nomi di Francesco Guidolin (reduce dall’ennesima “impresa” friulana) e Roberto Mancini (che però temo sia troppo costoso per la Roma di oggi).

Va comunque detto che nonostante la buona annata (personalmente l’ho inserito nelle nomination come miglior allenatore di Serie A) disputata da Vladimir Petkovic sulla panchina della Lazio i giochi non sarebbero ancora definiti nemmeno in casa Lotito, col Presidente che ha lanciato un monito che sa di minaccia: “Non si può perdere la Coppa Italia”. Senza qualificazione in Europa, infatti, il posto del serbo sarebbe a rischio…

Intanto c’è anche un allenatore che sembra destinato a lasciare la Serie A, dove però vorrebbe rimanere. Dopo il miracolo sfiorato a Siena, infatti, Giuseppe Iachini sta muovendosi per cercarsi una panchina di massima serie. La società senese gli ha rinnovato la fiducia, ma lui, ovviamente, spera in una altrui chiamata. Anche in questo caso, come per Sannino, si parla di Chievo. Dove però, come detto, potrebbe rimanere Corini.

Insomma, è un mercato allenatori, quello italiano, che promette movimenti a non finire.

Attenzione, non che le cose siano diversissime anche nel resto d’Europa.

Un po’ di voci?

Carlo Ancelotti vorrebbe andare a Madrid, sponda Real ovviamente. La risposta del PSG è chiara: “Pagate la clausola rescissoria e si può fare”.

Chi lo sostituirebbe a Parigi? Leonardo avrebbe sondato niente popò di meno che Fabio Capello, attualmente però legato alla Federazione Russa.

Sempre parlando di italiani confermato Luciano Spalletti sulla panchina dello Zenit; è invece ancora in bilico, nonostante la vittoria del campionato di Ligue 2, il futuro di Claudio Ranieri. Il Monaco punta in alto e non è impossibile possa decidere per un cambio di guida tecnica.Claudio Ranieri

E Josè Mourinho? Ufficialmente finito il suo rapporto con il Real Madrid pensa già al futuro. Che sembra potersi tingere ancora una volta di Blues…

Intanto è arrivata proprio pochi minuti fa la notizia delle dimissioni di Tony Pulis da allenatore dello Stoke City. Anche in questo caso giochi aperti per la sua sostituzione.

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Quest’anno collaboro con il World Football Forum (se siete malati di calcio vi consiglio di passarci), che come ogni anno organizza gli Awards dei principali campionati europei.World Football Forum

A me è stato dato l’onere e soprattutto l’onore di definire le nomination relative alla nostra serie a.

Quattro le categorie designate: miglior squadra, allenatore, giocatore e rivelazione.

Cinque le nomination a categoria. Uno il voto che è possibile esprimere per ogni categoria. Nei sondaggi riportati qui sotto o direttamente sul forum, a seconda di ciò che preferite.

Insomma, ogni parola in più sarebbe sprecata.

Oltre al voto sarebbe anche interessante che deste un giudizio sul perché ed il per come del vostro voto, per quanto l’importante ai fini dell’assegnazione dei premi restano i quattro clic.

Cosa aggiungere se non “via alle danze”?

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E’ iniziata ieri la fase finale dell’edizione 2013 del Campionato Europeo under 17, che vede tra le protagoniste anche l’Italia di mister Zoratto. Andiamo a vedere come si è conclusa la prima giornata.Daniele Zoratto

Gruppo A

Iniziano subito a delinearsi i rapporti di forza nel raggruppamento che vede scendere in campo i padroni di casa slovacchi. Che, impegnati a Dubnica Nad Váhom, sono riusciti ad imporsi nel difficile match che li ha visti opposti ai parietà austriaci del potenziale crack Valentino Lazaro.
E’ una rete arrivata al secondo minuto di recupero e realizzata da Martin Slaninka (difensore in forza all’under19 dell’MSK Zilina) a decidere il match, dopo che gli ospiti erano rimasti in dieci poco prima quando l’arbitro dell’incontro, l’olandese Serdar Gözübüyük, aveva mostrato il secondo giallo a Thomas Steiner (protagonista negativo assoluto: entrato al sessantaquattresimo ci mette otto minuti a prendere un giallo, tredici in tutto a prenderne due e filare sotto la doccia).

Lo stesso risultato matura anche allo Štadión pod Dubňom di Zilina, dove una buona Svezia riesce a liberarsi di una Svizzera comunque combattiva.
I ragazzi diretti in panchina da Heinz Moser dimostrano di potersela giocare dal centrocampo in su, palesando però anche una certa difficoltà a difendere, soprattutto su Valmir Berisha. Che a tre minuti dal termine del primo tempo difende bene una palla al limite dell’area, per far poi partire un filtrante capace di mettere Gustav Engvall, attaccante in forza al Goteborg con un fugace passaggio al Liverpool all’età di 15 anni, in condizione di bucare Fabian Fellmann per il già definitivo 1 a 0.

Slovacchia e Svezia che guidano quindi appaiate questo raggruppamento, e che nel corso della prossima giornata potrebbero già strappare entrambe il pass per le semifinali: svedesi impegnati alle 16 di mercoledì contro l’Austria, slovacchi che scenderanno invece in campo due ore più tardi contro i rossocrociati.

Gruppo B

Tutt’altro il discorso nel raggruppamento che vede impegnati i ragazzi di Zoratto, incapaci di andare oltre lo 0 a 0 contro un’ottima Croazia. Che, a dirla tutta, meritava molto più degli azzurrini, arruffoni, senza idee, molto fallosi. Croati che trascinati dalle invenzioni del genietto Halilovic hanno messo in grossissima difficoltà Cerri e compagni, limitatisi ad un solo tiro nello specchio nel corso di tutta la partita.
Ben diverso invece il discorso per i croati, la cui difesa ha annullato l’attacco italiano, il cui centrocampo ha dominato in mediana e fermati solo dalle prove eccellenti del centrale Capradossi e del portierino Scuffet, indubbiamente i migliori in campo tra le fila italiche.

A guidare questo gruppo è quindi la rappresentativa russa, autrice di una ottima prestazione contro i cugini ucraini in quel di Zlaté Moravce. Un 3 a 0 secco arrivato grazie alle reti di Khodzhaniyazov, Mayrovich e Zhemaletdinov che catapulta i ragazzi Dmitri Khomukha al primo posto, con già un piedino al prossimo turno. La missione, ora, sarà non perdere i prossimi due match.Dimitri Khoumka

Russi che mercoledì alle 14 incontreranno la Croazia di Halilovic e Roguljic in un match che si preannuncia elettrizzante. Azzurrini ed ucraini che si giocheranno invece le residue chance di passaggio del turno alle 18 in quel di Nitra. Italia che scenderà in campo con un solo imperativo: vincere.

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25 maggio 2013.
Una data storica per l’intero calcio tedesco.Tifosi Bayern Monaco

Certo, probabilmente non paragonabile a quel 4 luglio del 1954 quando l’allora Germania Ovest battendo 3 a 2 l’Ungheria di Puskas, Hidekguti e Kocsis si laureò campione del mondo per la prima volta nella storia. Né a quel 7 luglio del 74 quando i goal di Paul Breitner e Gerd Muller permisero di sconfiggere l’Olanda di Cruyff e Neeskens, vincendo il secondo alloro mondiale. O, ancora, alla sera dell’8 luglio del 1990, quando all’Olimpico di Roma un rigore segnato da Brehme all’84esimo portò alla terza imposizione iridata. Vittima, in quel caso, l’Argentina di un certo Maradona.

Forse non paragonabile a questi trionfi, appunto, ma di portata ugualmente storica.

Quella sera, infatti, per la prima volta da quando esiste la fu Coppa dei Campioni saranno due squadre tedesche a contendersi la più importante competizione europea per club.

Sei sono state le Coppe Campioni / Champions League finite in Germania. Quattro volte in quel di Monaco, una Dortmund ed una ad Amburgo.

In nessuno di questi casi, però, la vittoria finale era arrivata in uno scontro fratricida con un’altra compagine teutonica.

Un po’ il segno dei tempi.

Perché negli ultimi anni il calcio tedesco ha saputo crescere globalmente in maniera esponenziale.

La nazionale è una delle più quotate al mondo ed il prossimo anno si presenterà ai nastri di partenza di Brasile2014 tra le favorite assolute alla vittoria finale.

I club vedono un Bayern che nelle ultime quattro stagioni ha raggiunto per ben tre volte la finale, migliorando anche quanto fatto dal super Barcellona di Xavi, Iniesta e Messi, capace sì di giocare e vincere tre finali in sei anni ma non di riuscire a giocarne tre nell’arco di quattro stagioni.

Non solo. Oltre ad un Bayern che, anche per come si sta muovendo sul mercato, potrebbe aprire un ciclo impressionante (dico potrebbe perché perdesse contro il Borussia sarebbe comunque a tre sconfitte su tre finali negli ultimi quattro anni), c’è un Borussia Dortmund che dopo due imposizioni in campo nazionale è riuscito a scalare l’Europa fino in mansarda. Da capire solo se, ora, riuscirà ad arrivare al tetto.

Il tutto con un progetto con fondamenta solidissime. Uno stadio da urlo, un pubblico mozzafiato, un allenatore capacissimo, una serie di giovani calciatori affamati e tecnicamente validissimi. Insomma, una programmazione perfetta, che ha dato i suoi frutti.

Un modello, quello tedesco, da prendere sicuramente ad esempio. Che sia fonte di ispirazione per i nostri club sempre più in crisi. Economica, ma anche di idee.

Personalmente trovo che, per com’è andata la stagione, una finale Bayern Monaco – Borussia Dortmund sia la più giusta possibile.

Al di là del tifo che ognuno di noi può esprimere ci si deve solo levare il cappello di fronte a queste due squadre, protagoniste di cavalcate strepitose.

I bavaresi (che l’anno scorso persero in finale col Chelsea e che due stagioni prima capitolarono contro l’Inter di Mourinho) hanno avuto vita assolutamente facile ai gironi, conquistando 13 punti in 6 gare in cui hanno realizzato anche 15 reti, risultando avere il miglior attacco dell’intera prima fase.

Agli ottavi poi la netta imposizione esterna con l’Arsenal, seguita da un ritorno con più ombre che luci condito da passaggio del turno dovuto solo alla regola dei goal fuori casa.

Un passaggio a vuoto che non ha però minato le sicurezze di una squadra di altissimo livello, che ai quarti ha liquidato con un doppio 2 a 0 gli ormai bicampioni italiani della Juventus.

In semifinale, ed è cronaca di questi giorni, l’incredibile 7 a 0 complessivo contro il Barcellona, che dovrà ripensare un tantino il proprio futuro (anche se prima di parlare di ciclo finito aspetterei, vist’anche l’età verde di Messi). Un risultato roboante che consegna la palma di favorita d’obbligo (non bastassero i venti punti di vantaggio in campionato) alla squadra di Heynckes.

Ruolino fors’anche migliore quello dei gialloneri, capaci di raccogliere 14 punti nel girone di ferro di questa edizione (Real, City e Ajax), per poi eliminare con un 3 a 0 casalingo secco l’ottimo Shaktar e col rocambolesco 3 a 2 del Westfalen la sorpresa Malaga.

Anche la loro semifinale è poi cronaca di quest’ultima settimana. Real demolito 4 a 1 in casa e sconfitta 2 a 0 – la PRIMA della loro Champions League – al Bernabeu al ritorno.Tifosi Borussia Dortmund

Insomma, arrivano in finale le due squadre più meritevoli. Per un derby tutto tedesco che è una primizia per il calcio europeo, in passato capace di sfornare finali fratricide solo relativamente al calcio spagnolo (Real – Valencia del 2000), italiano (Milan – Juventus del 2003) ed inglese (Manchester United – Chelsea del 2008).

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