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Archive for novembre 2011

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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Ormai ha deciso: Amauri lascerà la Juventus a gennaio.

Ed era anche ora, direi io.

La questione, per me, è sempre stata semplice: Amauri è arrivato a Torino tra lo scetticismo strisciante dei tifosi Bianconeri. Che però, evidentemente, male non dovevano averci visto.

Sotto la Mole, infatti, l’attaccante italo-brasiliano non ha mai confermato le belle cose mostrate in quel di Palermo. Fino ad arrivare allo strappo con l’ambiente tutto, che ormai lo tratta come un semplice peso già bello ed emarginato ai bordi della strada.

Pronto semplicemente ad essere raccolto dal miglior offerente.

Qui cosa dev’essere successo?

Che Amauri non fosse più presentabile a Torino era già chiaro l’anno scorso. Anche dopo i bei mesi passati a Parma, in cui indubbiamente il giocatore ha dimostrato di non essere diventato “brocco” tutto d’un colpo.

Tornato in estate alla Juventus, però, devono aver evidentemente prevalso le questioni economiche: i Bianconeri, infatti, gli dovevano garantire uno stipendio lautissimo, pur tenendolo costantemente in tribuna.

Così lui ha deciso di giocarsi le sue presunte chance (che ripeto, erano zero) in quel di Torino piuttosto che accettare una delle tante offerte arrivategli.

In pratica, come la maggior parte dei giocatori (e non voglio far la morale a nessuno, intendiamoci) ha fatto prevalere le questioni economiche alla possibilità di giocare.

Ora però, dopo sei mesi in cui praticamente ci si è scordati di lui, ecco che forse le cose possono essere cambiate.

E allora si viaggia verso una risoluzione del rapporto di lavoro tra il club Bianconero ed il giocatore, che qui non si è mai ambientato davvero.

Quali le opzioni per il suo futuro?

Il ragazzo non si è voluto sbilanciare, ma ecco che scandagliando la rete qualche possibilità viene fuori.

Come quella che potrebbe portarlo alla corte di Didier Deschamps in quel di Marsiglia: l’OM starebbe puntando come prima scelta il Principe Diego Milito, ma Amauri, già seguito in estate, sarebbe l’alternativa più gettonata.

E se si pensa che sulla punta dell’Inter si sta muovendo anche il ricchissimo PSG ecco che il gioco è fatto: Milito diretto a Parigi, Amauri che potrebbe trovarsi a giocare al Velodrome.

Amauri che comunque nonostante sia lontano dai campi da molto tempo ha ancora diversi club a lui interessati.

Oltre all’OM si vocifera infatti che sulle sue tracce si stiano muovendo due società pronte ad accendere un derby tutto londinese. E così il futuro dell’ex palermitano potrebbe essere rappresentato da QPR o Fulham.

Qualcuno, poi, alza la posta, dicendo che il derby potrebbe allargarsi anche al Tottenham. Ma ad ora difficile trovare conferme.

Amauri sarebbe comunque seguito ancora dal Galatasaray (altro club che l’aveva cercato già in estate) e Werder Brema.

In ultimo, ma non per importanza, l’ipotesi Milan.

L’infortunio di Cassano ha infatti riaperto il mercato Rossonero, con Galliani che sembra però interessato ad acquistare (ma tendenzialmente solo in prestito) un ricambio di Ibrahimovic – quindi una prima punta – piuttosto che una seconda punta di fantasia (anche perché in quel ruolo ci sono già Robinho ed El Sharaawy, più il rientrante Pato che è un po’ un ibrido).

Che possa essere proprio Amauri il nuovo alfiere Rossonero?

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Sono stati sorteggiate le fasce valide per il sorteggio dei gironi del prossimo Campionato Europeo. Andiamo subito a vederle.

Urna 1: Ucraina, Polonia, Spagna, Olanda.
Urna 2: Germania, Italia, Inghilterra, Russia.
Urna 3: Croazia, Grecia, Svezia, Portogallo.
Urna 4: Francia, Eire, Danimarca, Repubblica Ceca.

Insomma, un’urna due di assoluto valore. A fronte della prima, che contenendo i nomi delle due nazioni organizzatrici perde molto, pur contenendo il bussolotto della grandissima favorita.

Portogallo e Francia fluttuano poi come mine vaganti rispettivamente nella terza e nella quarta urna.

Il che lascia prospettare uno scenario apocalittico non da ridere: è tutt’altro impossibile, infatti, che l’urna di Kiev sancisca la creazione di un gruppo contenente Spagna, Germania, Portogallo e Francia. Ovvero sia un gruppo in cui si giocherebbe ogni singolo secondo alla morte ed in cui nemmeno i campioni in carica (e del Mondo) spagnoli potrebbero concedersi la benché minima distrazione.

E se si pensa poi che nel contempo potrebbe essere sorteggiato anche un girone con Polonia, Russia, Grecia ed Eire ecco che si capisce facilmente come l’avere designato Ucraina e Polonia come paesi organizzatori può risultare un problema – da questo punto di vista – in sede di spareggio.

Quali sono le prospettive dell’Italia?

Beh, si va dal poter essere inserita al posto della Germania nel gruppo “di ferro” al poter finire, al pari della Russia, nel girone sulla carta più morbido possibile (per quanto dopo la figuraccia in Sudafrica sarebbe bene non snobbare nessun impegno).

Molto farà quindi il sorteggio.

Di certo resta il fatto che appare palese come l’Europeo sia un torneo estremamente difficile e complicato. Dove praticamente la metà delle squadre si presentano ai nastri di partenza con qualche velleità di vittoria (oltre alle favoritissime Spagna e Germania, infatti, anche Olanda, Italia, Inghilterra, Portogallo e Francia possono vantare rose rispettabili e sicuramente andranno nell’Europa dell’Est decise a giocarsi tutte le proprie chance), dove possono uscire gironi davvero tremendamente difficili o comunque mediamente di alto livello ed in cui non ci sono squadre materasso che fanno più folklore che altro.

Certo, il Mondiale resta il Mondiale. Ma è indubbio dire che l’Europeo resta più difficile.

Cosa servirà alla nostra nazionale, quindi?

Sicuramente un sorteggio favorevole, che possa magari darci modo di chiudere il nostro girone in prima posizione.

E poi tanta, tanta compattezza. Ed una condizione fisico-atletica invidiabile.

Perché posto che il livello medio è molto alto (anche togliendo il picco assoluto rappresentato dalla Spagna e quello notevolmente importante che è incarnato dalla Germania restano, come detto, tante squadre di livello e tante altre più che discrete) a fare la differenza potrà sicuramente essere quello.

Correre di più e correre meglio degli avversari, per non farsi schiacciare da nessuno. E, anzi, magari riuscire a fare forcing continuo con cui abbattere anche la squadra più ostica.

Difficile fare oggi dei pronostici, laddove non sappiamo nemmeno la composizione dei gironi.

Certo è, però, che la Spagna avrà voglia di scrivere la storia vincendo anche questo Europeo dopo l’accoppiata Europeo-Mondiale chiusa tra il 2008 e il 2010.
E che la Germania ha un movimento in netta crescita. Il che riflette i suoi effetti più che benefici anche nei confronti di una nazionale che ha davvero  le credenziali per potersi presentare ai nastri di partenza come vero contender di fronte ai maestri spagnoli.

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La nazionale under 19 di Chicco Evani è da qualche giorno in Montenegro, dove affronterà i parietà di casa in quel di Podgorica in una doppia amichevole.

Il primo incontro verrà disputato oggi nel primo pomeriggio, alle ore 13. Il secondo sarà invece giocato alle 10.30 di giovedì.

Tante le novità che l’ex centrocampista di Milan e Sampdoria proporrà nella terra che diede i natali al suo ex compagno in Rossonero Dejan Savićević.

Vediamole.

Portieri: Pigliacelli (Roma), Piscitelli (Milan).

La porta sarà protetta da due dei ’93 più interessanti d’Italia.

Se il bresciano Leali sembra in assoluto il portiere più interessante della sua classe è anche vero che gli estremi difensori di Roma (già Campione d’Italia Primavera) e Milan sono interpreti di assoluto valore e grande prospettiva.

Insomma, sembra proprio vero: la scuola italiana di portieri sta tornando a buon livello.

Difensori: Almici (Gubbio), Bianchetti (Inter), Di Chiara (Palermo), Ely (Milan), Fornasier (Manchester United), Liviero (Juventus), Pecorini (Inter), Prestia (Palermo).

E’ questo il reparto con più novità in assoluto: Almici, Di Chiara, Ely e Fornasier non sono, infatti, soliti frequentare l’ambiente Azzurro. Ma in questo doppio confronto montenegrino avranno modo di testarsi e provare a convincere il mister in vista del turno Elite che qualificherà all’Europeo estone del prossimo anno.

In particolar modo risaltano due “stranieri”: da una parte il brasiliano Ely, che essendo dotato di passaporto italiano ha potuto rispondere alla chiamata di Evani, dall’altra Michele Fornasier, difensore ex Viola passato un paio d’anni fa alla corte di Sir Alex Ferguson in quel di Manchester.

Confermatissimi, invece, l’ex capitano della Primavera dei miracoli del Varese Matteo Bianchetti, che ha raggiunto il montenegro assieme all’attuale compagno in nerazzurro Pecorini, il cursore mancino della Juventus Liviero ed il centrale palermitano Prestia.
Quattro giocatori che nonostante la giovane età stanno ben comportandosi e dimostrando una certa affidabilità.

Centrocampisti: Busellato (Cittadella), Schiavone (Juventus), Sturaro (Genoa), Vassallo (Palermo), Verre (Roma).

Il faro del centrocampo sarà un ragazzo sotto età: Verre.

Cui si aggiungono il genoano Sturato e il palermitano (i Rosanero danno ben tre giocatori a questa nazionale) Vassallo.

Le novità in questo reparto rispondono quindi ai nomi di Busellato del Cittadella (che con Almici del Gubbio e Fiamozzi del Varese è una risposta importante a tutti quelli che dicono che in nazionale giovanile ci finiscono solo i giocatori delle grandi) e Schiavone della Juventus.

Attaccanti: Boateng (Milan), Beltrame (Juventus), Ciciretti (Roma), De Silvestro (Juventus), Fiamozzi (Varese), Rosseti (Siena).

Le conferme sono i due juventini Beltrame e De Silvestro, il romanista Ciciretti ed il varesino Fiamozzi, che sembra aver stregato Evani.

Novità assolute, invece, il senese Rosseti ed il secondo “straniero” Rossonero Boateng, che dopo aver stregato nelle amichevoli estive i tifosi milanisti proverà a fare altrettanto con Chicco Evani.
E magari in futuro, chissà, a diventare un idolo Azzurro…

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La Bosnia gioca in casa, ma è il Portogallo a fare la partita.

E così Dzeko, il giocatore più atteso del match assieme a Cristiano Ronaldo, si trova a gironzolare senza meta dalle parti della difesa lusitana, senza però ricevere palloni giocabili.

Dall’altra parte, invece, Portogallo che prende in mano il pallino del gioco pur senza strafare. Mostrando però, di contro, l’assenza – ormai atavica – di una punta “di peso” là davanti.

Postiga ci mette infatti ben diciannove minuti a farsi anche solo vedere. E la cosa capita quando Moutinho gli appoggia una palla di testa che va solo spinta in rete.
Peccato che lui la pensa diversamente e la calcia alle stelle.

Postiga che subito dopo ne combina anche una peggiore: Nani sfonda sulla destra e crossa sul secondo palo verso l’accorrente Moutinho, che potrebbe calciare al volo fronte alla porta.
Postiga, però, vuole dimostrare di poter essere l’uomo-goal che serve a questo Portogallo ed anticipa il compagno con un’improbabile rovesciata. Palla sbucciata e levata dal piede del centrocampista del Porto, occasione sprecata malamente.

O, ancora, al cinquantottesimo Moutinho mette palla in mezzo su punizione, panico, sfera che ballonzola in area e viene calciata di forza da Postiga, da non una decina di metri dalla linea di porta. Fuori, ovviamente.

Non è quindi un caso se poco dopo l’ora di gioco Helder lascia il posto ad Hugo Almeida.

Abbastanza particolare, insomma, trovarsi in una situazione in cui una squadra – la Bosnia – ha un giocatore di livello internazionale che non riesce però a mettere in condizione di giocare. Ed in cui l’altra formazione ha invece proprio nella prima punta la propria mancanza principale.

Chissà cosa sarebbe il Portogallo con Dzeko prima punta, assistito da Nani e Ronaldo…

Portogallo che, comunque, non è solo tanto palleggio e basta.

I lusitani mettono infatti in campo una grandissima aggressività, con cui riescono a mettere in grossa difficoltà ogni singola ripartenza avversaria.

A centrocampo, infatti, i portoghesi tendono a creare una grandissima densità con cui cercano di non far respirare i portatori di palla bosniaci.

Ecco spiegata la solitudine del malcapitato Dzeko: impossibilità spiccata di portare una ripartenza, l’unica punta si trova estraniata dal gioco potendoci fare ben poco.

A dominare il match è comunque l’atletismo di Pepe, che si sdoppia diventando a suo modo devastante.

Da una parte, infatti, annulla Dzeko – le poche volte che può toccare la palla – e chiunque transiti dalle sue parti, le poche volte che la Bosnia riesce a superare la metà campo.

Dall’altra si stacca spesso, in fase di non possesso, dalla linea difensiva, per allinearsi a Veloso e creare quella densità a centrocampo che, come detto, è fondamentale per dominare il match.

Pepe che proprio al di sopra della linea di centrocampo fa le cose migliori, anticipando diverse volte gli avversari per annullare sul nascere le loro ripartenze e andando a dare ulteriore nerbo al reparto nevralgico del campo.

Pepe che comunque non è l’unico a mettersi in mostra.

Bene anche Cristiano Ronaldo, che pur senza incidere come saprebbe mette in difficoltà la retroguardia avversaria ogni qualvolta tocca la palla.

Non male anche il genoano Veloso, presenza importante in mediana che stasera mi ricorda un po’ il miglior Palombo a livello di sapienza tattica: non si vede tantissimo ma si muove bene, sempre a dovere.

Tra i protagonisti del match c’è comunque anche quel campo che tante polemiche aveva creato nei giorni precedenti alla partita.
Fa abbastanza specie, in questo senso, vedere Ronaldo che entra in area da sinistra lanciato da uno splendido tacco di Nani e che calcia di sinistro per cercare il primo palo, non inquadrando però minimamente la porta. Con un bel pezzo di zolla che si solleva e vola via, a sottolineare che, tutto sommato, probabilmente la Federazione portoghese non mentiva quando diceva che il campo era in pessime condizioni…

Le polemiche arbitrali, anche se in realtà solo supposte dato che in campo nessuno dice nulla, possono invece scaturire dal presunto tocco di mano di Coentrao che, ad un quarto d’ora dalla fine, buca l’anticipo su Ibisevic sfiorando però la sfera, pare, con la mano.

Lo 0 a 0 finale può quindi un po’ trarre in inganno.

Il match che viene disputato da una Bosnia abbottonatissima ed un Portogallo che cerca il massimo risultato col minimo sforzo è comunque tutt’altro che disprezzabile. E anzi, si fa guardare piuttosto bene, con diverse situazioni interessanti da notare.

Bosniaci che continuano quindi a mantenere una minima speranza di passare il turno. Ma se i lusitani non si suicideranno in casa saranno sicuramente loro a staccare il biglietto per Polonia e Ucraina.

Una cosa in questo senso va comunque detta: non è certo un caso se i bosniaci si fanno più pericolosi con l’ingresso di Ibisevic, che va ad affiancare Dzeko.

Giocando in casa avrebbero dovuto partire direttamente così e giocarsela. 0 a 0 in casa significa, sulla carta, poter anche pareggiare con goal al ritorno. Ma andare in Portogallo e non farsi schiacciare sarà veramente dura…

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Ieri sera leggevo la Gazzetta e mi è capitato di far soffermare il mio pensiero su quello che potrebbe essere la mediana titolare della nostra nazionale stasera, nell’amichevole con la Polonia.

De Rossi, Pirlo, Marchisio.

Ovvero sia uno dei migliori centrocampisti al mondo degli ultimi non so quanti anni accompagnato da due ragazzi completissimi, che pur senza rappresentare il top mondiale sono sicuramente tra i centrocampisti più interessanti del globo.

Nel complesso quindi se andiamo a valutare il valore di Andrea Pirlo (che pur non essendo più brillante come qualche anno fa può restare, nel suo ruolo, giusto dietro al solo Xavi oggi come oggi), Daniele De Rossi (reduce da un paio di stagioni un po’ sottotono, ma al top della forma tra i migliori mediani al mondo) e Claudio Marchisio (che sta finalmente dando continuità alle sue prestazioni, arrivando a mantenere le promesse fatte in gioventù) ecco che ci troviamo una mediana di altissimo livello. Indubbiamente tra le migliori sullo scenario internazionale.

E, soprattutto, tra le migliori che la nostra nazionale ricordi.

Tanto per curiosità sono andato a riguardarmi le convocazioni fatte dai nostri C.T. in occasione dei principali tornei importanti degli ultimi anni. Giusto per paragonare quelle nazionali a quella che partirebbe oggi per l’Europeo di Polonia ed Ucraina, se solo fosse alle porte.

E ciò che ne esce è, a mio avviso, piuttosto interessante.

Nel ’98 ci rechiamo in Francia stretti nella morsa del dualismo Del Piero – Baggio con una squadra assolutamente di tutto rispetto ma con un centrocampo a mio avviso non eccezionale.
Tra i convocati troviamo infatti Albertini, Dino Baggio, Cois, Di Biagio, Di Livio, Di Matteo e Moriero. Per un pacchetto di centrocampo interessante ma che, nel complesso, paga qualcosa rispetto ad oggi.

Due anni più tardi in Olanda le cose cambiano relativamente e gli innesti di Conte, Ambrosini e Fiore certo non stravolgono le cose.

In Corea ci presentiamo invece con una nazionale molto forte tra porta (Buffon, Toldo e Abbiati), difesa (Maldini, Cannavaro e Nesta) e attacco (Del Piero, Inzaghi, Totti, Vieri e Montella, sulla carta forse il miglior reparto offensivo che la nostra nazionale abbia mai avuto da quando la seguo) e che presenta proprio a centrocampo forse qualche lacuna con Zanetti, Gattuso, Di Biagio, Di Livio e Tommasi che compongono una mediana robusta e affidabile ma certo non qualitativamente sopraffina.

Le cose si prova a cambiarle già due anni dopo, quando per il Portogallo partono anche Fiore, Pirlo e Camoranesi.

Ma nel complesso il centrocampo migliore della nostra nazionale in questi ultimi anni è comunque quello del 2006, guarda caso cioè quanto l’Italia riesce ad imporsi a livello Mondiale.
Per la Germania partono infatti De Rossi, Pirlo, Gattuso, Camoranesi, Perrotta e Barone.

Tralasciando questi ultimi due ecco che prendendo i primi quattro esce una mediana ricca di qualità, corsa, atletismo, spirito di sacrificio, inventiva, fantasia. Una mediana completa, vivace, con un faro nel pieno della carriera e un mediano dalle qualità straordinarie capace di recuperare palloni per tre.

Già due anni più tardi le cose sono un po’ diverse. Per non parlare dell’ultimo Mondiale, quando Pirlo è infortunato e non può dare il suo apporto, Marchisio non è ancora sbocciato del tutto ed è pure usato fuori posizione, Gattuso è ormai solo lontano parente di quello capace di laurearsi campione del mondo quattro anni prima, ecc.

Oggi potremmo invece appunto presentarci con una mediana completa, un po’ come nel 2006. Dove ancora una volta inventiva, freschezza, capacità d’inserimento ed esperienza si unirebbero in un mix molto interessante.

Se poi ai tre succitati si aggiungono in alternativa Aquilani, Montolivo, Nocerino e Thiago Motta (a patto che siano in condizione, ovviamente) ecco che ne esce un centrocampo complessivamente di livello.
Certo non paragonabile a quello spagnolo. Ma che se la potrebbe giocare con tutti gli altri.

Quindi insomma… è innegabile che il nostro movimento calcistico si stia involvendo e che la nostra nazionale abbia passato tempi migliori (basti pensare alla situazione della difesa o dell’attacco, dove non ci sono più i campioni assoluti che c’erano solo qualche anno fa).

Però… bisogna sempre vedere anche la parte piena del bicchiere. Ed ecco che allora le risposte che potrebbero arrivare dal centrocampo dovrebbero quantomeno strapparci mezzo sorriso!

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C’è tutta la differenza del mondo tra Inghilterra ed Islanda. Anche se il 5 a 0 finale è un tantino bugiardo, frutto della sbandata finale dei giovani nordici che subiscono tre goal negli ultimi cinque minuti e si prendono un’imbarcata che sicuramente ricorderanno a lungo.

Inghilterra che quindi ottiene il massimo risultato col minimo sforzo e mette in mostra diverse individualità sicuramente interessanti, anche se per arrivare a vincere un Europeo under 21 non basta giochicchiare come fatto stasera.

Ma andiamo con ordine: il 4-2-3-1 di Pearce occupa piuttosto bene il campo ed il maggior talento dei ragazzi inglesi permette ai Figli d’Albione di controllare la partita senza affannarsi nemmeno troppo.

Dal canto loro gli islandesi hanno poco da dire: figli di un calcio minore scendono in campo ben coperti per provare a tenere il risultato, ma è un tentativo vano.

In questo senso ben poco da segnalare sul loro versante, se non la buona gamba di Kristinn Jónsson, terzino sinistro del Breiðablik che all’età di vent’anni si è ritrovato ad aver rappresentato il suo paese a tutti i livelli (calcistici, s’intende).
Non che incida chissà quanto sulla partita, ma almeno in un paio d’occasioni prova l’affondo in maniera decisa e convinta, dando un certo filo da torcere alla retroguardia inglese.

Venendo ai giovani d’oltremanica ha deluso abbastanza Alex Oxlade-Chamberlain. Inutile dire che nonostante la giovanissima età su di lui ci sono ormai sempre grandissime aspettative. E nonostante metta in mostra sicuramente di avere talento notevole dalla sua ecco che l’ala neo-Gunners non incide come dovrebbe.

Partita sontuosa, di contro, per il capitano, quel Jordan Henderson che può rappresentare sicuramente un punto di partenza importante per costruire la nazionale inglese del futuro.
Giocatore interessantissimo davvero, unisce tecnica, temperamento e ottimi tempi d’inserimento per un mix che lo rende uno dei migliori interpreti al mondo della sua leva. Se saprà crescere in maniera importante potrà sicuramente affermarsi a livello mondiale.

Dura invece solo dodici minuti, ed è un peccato, la partita di Nathan Delfouneso. Giusto il tempo di creare la prima azione pericolosa della partita per l’attaccante Villans, schierato largo a sinistra.
Che, infortunatosi, lascia il posto a Sammi Ameobi, autore di una prestazione sicuramente più che discreta: talento non certo ai massimi livelli ma buona intraprendenza e tanta freschezza atletica. Gioca, in particolar modo la frazione del primo tempo che lo vedo impegnato in campo, mettendo in mostra tante accelerate che lo fanno una discreta spina nel fianco della nazionale islandese.

Buone le prove, in difesa, di Martin Kelly e Craig Dawson (arrivato a quattro reti in cinque match con l’under21), entrambi peraltro autori di una rete, e anche di Marvin Sordell, anch’egli in goal.
Importante, in particolar modo, il gioco sporco fatto da quest’ultimo, unica punta della squadra ma dispostissimo a sacrificarsi tantissimo per aprire spazi ai compagni.

Sottotono, invece, Josh McEachran, da molti paragonato a giocatori di grande spessore come Nasri e Modric.
Il classe 93 Blues sembra infatti un po’ spaesato, molto fuori dagli schemi della sua squadra. Certo non una serata da ricordare per lui.

Chiudo con Gary Gardner, che entra a mezz’ora dal termine e nel recupero firma una bella doppietta. Realizzando il quarto goal con una splendida punizione, peraltro.
Buono il suo impatto sul match, vedremo più avanti se saprà confermarsi.

Nel complesso comunque bella prova dei giovani inglesi, che veleggiano tranquilli verso i playoff: 4 vittore in 4 match, 16 reti fatti a fronte di 1 sola subita. Difficile possano fermare la loro rincorsa…

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Non tutto è oro ciò che luccica, dice il detto. Ma via il cappello davanti a Mattia Destro.

Chi mi segue su Twitter e Facebook avrà sicuramente inteso ciò cui mi riferisco, anche senza aver visto la partita.

La punta cresciuta nell’Inter ha infatti disputato un’ottima prestazione, condita da una doppietta.

Ma, soprattutto, ha realizzato un goal di grandissima fattura: lanciato nello spazio si infila nella retroguardia avversaria per stoppare di sinistro e battere il portiere avversario con un bel pallonetto di destro, ad infilarsi a fil di palo.

Un goal che mi fa saltare sulla poltrona e che consegna agli Azzurrini, in pratica, buona parte del biglietto che vale l’accesso ai play-off.

Ma non tutto è oro ciò che luccica, dicevo. Perché l’aver vinto 2 a 0 la trasferta più difficile – sulla carta – del girone non deve far pensare che questa squadra sia uno schiacciasassi inarrestabile, pronta a riportare l’under21 italiana sul tetto d’Europa.

La partita di oggi pomeriggio ha infatti palesate tutti i limiti di questa squadra, che sintetizzerò brevemente qui…

Si parte da una difesa per nulla solida, in cui Crescenzi è sembrato molto meno attento del solito ed in cui Capuano ha lasciato molto a desiderare come sostituto di Antei.
Compitino per Donati, l’unico ad ergersi un po’ rispetto alla media è Caldirola, autore per altro di un recupero che vale un goal su un retropassaggio follemente sbagliato da Rossi.

Oltre a Bardi, che compie un paio di parate – di cui uno un autentico miracolo – che valgono il prezzo del biglietto.

A centrocampo si nota come l’assenza di Insigne, vera arma in più in fase creativa di questa squadra, pesi moltissimo.

Troppo lineare la mediana Azzurra, con Marrone e Rossi che non escono praticamente mai dal tracciato, Saponara generoso ma che continua a non convincermi e Florenzi sempre buono per ogni occasione, ma certo non capace di giocate stile Insigne (o Giovinco, o Pirlo, o Totti, volendo risalire un po’ per le varie under 21 viste in campo dal sottoscritto).

Davanti, poi, continuo a non capire come ci si possa presentare con questo Paloschi.

Posto che a me il ragazzo non ha mai convinto appieno nemmeno agli esordi, quando tutti lo pompavano alla grande e quando venno investito del titolo di novello Inzaghi, bisogna dire che dopo tutti gli infortuni che ha avuto si è davvero un po’ perso.

Non si può dire se non raggiungerà mai livelli adeguati, ma in questo momento non è presentabile come titolare in una under 21.

Passare da Gabbiadini – squalificato per l’occasione – a lui vuol dire perdere veramente tanto.

Una fortuna vera, quindi, che Destro sia in forma splendida. Due sue giocate girano una partita che, nel complesso, non si può dire la nostra nazionale abbia meritato chissà quanto.

Bene così, comunque. E ora via dritti e filati verso i play off. Sperando, una volta lì, di evitare la figuraccia in cui incappammo l’ultima volta…

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Quasi tre anni fai scrissi un pezzo sulla nazionale under 19 italiana che nel 2003 fu capace d’imporsi a livello Europeo, laureandosi appunto campione continentale in Liechtenstein battendo il Portogallo in finale.

Oggi invece, mentre ero in redazione a riflette un po’ sulla brutta storia che sta attraversando oggi la Pro Patria mi sono imbattuto nella pagina Wikipedia di Sebastián Bueno, ormai trentenne punta che milita attualmente nel Perugia.

E da lì, notando come lo stesso giusto dieci anni fa partecipò alla spedizione mondiale (under 20) che vide l’Argentina laurearsi campionessa iridata di categoria per la quarta volta nella storia ho fatto passare un attimo i nomi di quella rosa, per riflettere sulla loro fine.

E beh, ciò che ne esce è piuttosto emblematico di quanto debbano essere prese con le pinze le vittorie ottenute a livello giovanile, quand’anche così importanti come una imposizione mondiale.

Seguiamo quindi la numerazione ufficiale di quella squadra e ripercorriamo brevissimamente, per diletto, le carriere di quei giocatori. E, soprattutto, andiamo a scoprire dove militano ora quei giocatori che, ormai nel pieno della loro maturità, dovrebbero essere giunti ai vertici del calcio mondiale.

1 – Germán Darío Lux

Ventinove anni compiuti a giugno, debuttò in Primera nel River a soli diciannove anni, diventando titolare dopo la dipartita di Costanzo. Sbarcato in Europa – a Maiorca – nel 2007 giocherà a spizzichi e bocconi, non avendo comunque mai a lungo il posto da titolare sicuro.

Svincolatosi alla fine dell’ultima stagione si è accasato al Deportivo La Coruna (Segunda División spagnola, la nostra Serie B), dove fa il secondo dell’ex Athletic Daniel Aranzubía.

2 – Nicolás Andrés Burdisso

E’ probabilmente il giocatore che ha avuto la carriera migliore.

Trent’anni compiuti ad aprile, ha vinto davvero molto in carriera, sia in campo nazionale che internazionale.

Di certo, però, non verrà ricordato nei secoli come uno dei difensori più forti del suo periodo.

Anzi: a cose sicuramente buone ha sempre alternate passaggi a vuoto piuttosto marcati. Nel complesso difensore discreto ma nulla più.

3 – Julio Andrés Arca

Lui lo ricordo molto bene a Scudetto, gioco manageriale dietro cui ci ho speso ore interminabili.
Lì – ma solo lì – era un esterno mancino praticamente indomabile. Che crescendo, poi, diventava in assoluto uno dei migliori giocatori dell’interno – sconfinato – database.
Non a caso quando mi trovavo ad allenare la nazionale italiana sfruttavo subito il suo doppio passaporto per naturalizzarlo…

In realtà, però, Julio ha disputato la sua onesta carriera in Inghilterra, dove ha collezionato circa 300 presenze in Premier tra Sunderland e Middlesbrough.

Nulla rispetto a ciò che prometteva in quell’assolato luglio del 2001, comunque. Quando con la fascia di capitano al braccio guidò i suoi compagni a laurearsi Campioni del Mondo della categoria under 20.

4 – Mauro Darío Jesús Cetto

Lui stiamo imparando a conoscerlo in questi primi mesi di Palermo.

Altro giocatore che comunque risentì – nel videogame di cui sopra – degli influssi positivi di quel Mondiale (beh, come un po’ tutti i giocatori in rosa). Tanto che, esattamente come Arca, feci anni a sfruttarne il passaporto italiano per convocarlo nella mia nazionale virtuale!

In realtà dopo aver speso praticamente tutta la sua carriera – esordi a parte – in Francia (tra Nantes e Tolosa) Cetto ha appunto raccolto la sfida italiana ed è approdato in estate in Sicilia.

Dove attualmente fa la riserva di Pisano (se lo si vuol considerare terzino destro, ruolo che può effettivamente ricoprire) e della coppia Migliaccio/Silvestre.

5 – Nicolás Rubén Medina

Altro giocatore che a Scudetto ai tempi del Sunderland era un vero fenomeno.

Anche lui come Arca ha militato negli Argentinos Juniors e poi, appunto, nei Black Cats.
Solo che lui, a differenza dell’amico Julio, non vi ha trovato la sua dimensione, ed ha iniziato un lento peregrinare che l’ha portato a vestire diverse maglie.

Tra cui quella dei cileni dell’O’Higgins, che indossa tutt’ora.

6 – Fabricio Coloccini

Questo venne preso per mezzo fenomeno da tanti. E non solo dai programmatori di Scudetto.

Tanto che quando arrivò al Milan in molti erano pronti a scommettere ad occhi chiusi su di lui. Che ancora non aveva nemmeno vinto quel famoso Mondiale.

A Milano non ebbe però mai grande fortuna, così che iniziò una serie di prestiti con cui venne rimbalzato un po’ tra Argentina e Spagna.
Da cui poi prese il volo per l’Inghilterra, dove milita tutt’ora (Newcastle).

Lui, a differenza di tanti suoi compagni di avventura in quel Mondiale, ha comunque raccolto diverse presenze in nazionale: Wikipedia ne conta 35, condite per altro da una rete.

7 – Javier Pedro Saviola Fernández

Partiamo da un presupposto: facendo parte della “FIFA 100”, la lista dei 125 migliori calciatori di sempre, la sua presenza a quel Mondiale (di cui fu per altro il capocannoniere) dovrebbe far saltare questo giochetto.

Un fenomeno vero ci fu, in quell’Argentina.

Beh, in realtà io non la vedo proprio così.

Un fenomeno vero, IN POTENZIALE, ci fu sì. E se è per questo forse non solo uno.

Però, appunto, il tutto restò solo in potenziale.

Perché Saviola tra River e nazionali giovanili fece benissimo e io ricordo ancora quando, ragazzino, compravo riviste in cui si raccontavano le sue prodezze e ne sognavo l’arrivo in Italia, convinto di essere di fronte ad un giocatore che avrebbe potuto – così era spacciato – spaccare i match a proprio piacimento.

E invece sbarcato in Europa, più precisamente al Barcellona, non fece malaccio ma non mantenne nemmeno le promesse, tanto dal finire con l’essere prestato al Monaco prima e al Siviglia poi.

Una volta terminato il suo contratto col Barça, quindi, il passaggio al Real, che cercò lo sgarbo ai rivali storici provando a rivitalizzare un campioncino che si era però irrimediabilmente bruciato anni prima.

Oggi Javier gioca in Portogallo, al Benfica. Ed è solo lontanissimo parente di quello che sarebbe diventato se, giunto a Barcellona, fosse riuscito a non bruciarsi.

Insomma… è proprio vero che i giovani campioni crescono… quando non si bruciano!

8 – Oscar Adrian Ahumada

Più di cento partite con in dosso la maglia dei Millionarios, Ahumada ha avuto esperienze di vita e calcio anche in Germania (Wolfsburg), Messico (Veracruz) e Russia (Rostov).

Un po’ pochino, forse, rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare pensando ad un Campione del Mondo under 20.

9 – Esteban José Herrera

C’è comunque anche chi ha saputo fare pure “peggio”.

E’ il caso di Esteban Herrera, che dopo gli esordi tra Boca e Talleres è passato dall’Italia (Messina e Lucchese) prima di fare un po’ il viandante del pallone, passando per Grecia (dove ha vestito le maglie di tre diverse squadre) e Perù prima di tornare in patria.

Dove gioca oggi, indossando la maglia dello Sportivo Italiano, che milita nel corrispettivo della nostra Serie C.

10 – Leandro Atilio Romagnoli

Numero pesante sulle spalle.

Perché se sei argentino e indossi la maglia numero 10 della Seleccion il paragone scatta subito facile: Diego Armando Maradona!

Beh, Romagnoli è stato paragonato meno rispetto ad altri (Saviola in primis) al Pibe. Però anche su di lui c’erano tantissime aspettative, viste la tecnica notevole.

Per lui l’esperienza europea s’è limitata a gravitare attorno al Portogallo. E la sua carriera è stata comunque dedicata quasi esclusivamente al suo San Lorenzo…

11 – Maximiliano Rubén Rodríguez

Nel complesso è probabilmente lui il giocatore che ha mantenuto di più le promesse. E non stiamo comunque parlando di un fenomeno.

Soprattutto parliamo di un giocatore che all’epoca era forse internazionalmente meno considerato di alcuni suoi compagni di spedizione. Ma che pure con tanto impegno, carattere ed abnegazione ha saputo costruirsi una carriera di tutto rispetto in cui ha messo assieme un totale di circa duecento presenze tra Atletico Madrid e Liverpool.

E non solo: quarantuno volte nazionale argentino, ha partecipato ai mondiale del 2006 e del 2010.

12 – Ariel Gerardo Seltzer

Difensore che compirà trentuno anni il prossimo 3 gennaio Seltzer ha dedicato buona parte della sua carriera all’Argentinos Juniors, per poi passare all’Atletico Rivadavia (dove gioca tutt’ora, in quella che è considerabile la Serie B argentina).

Storia piuttosto particolare per lui, come racconta Wikipedia, che avendo antenati ebrei fu vicino all’approdo al Beitar Gerusalemme, poi saltato per la presunta inapplicabilità della “Legge del ritorno” nel suo caso.

13 – Diego Daniel Colotto

Tante partite giocate nell’Estudiantes prima di tentare l’avventura messicana e, poi, spagnola.

Dove gioca tutt’ora in Segunda División: più precisamente è compagno di Lux al Deportivo.

14 – Leonardo Daniel Ponzio

Attuale capitano del Real Saragozza, ha comunque avuto una carriera al di sotto di quanto non ci si potesse aspettare.

Mediano gran combattente e dotato di carisma e combattività notevole ha una bella castagna da fuori e uno spirito di adattamento che lo porta a sapersi disimpegnare più che bene anche come terzino destro.

Eppure non ha vestito la maglia di nessun grande club (europeo, dato che un paio d’anni al River li ha passati).

15 – Andrés Nicolás D’Alessandro

L’altro grande potenziale o presunto fenomeno della nazionale di Pekerman del 2001.

Lui e la sua boba fecero innamorare mezzo mondo.

Sembrava destinato alla Juventus, ma alla fine lasciò il River per trasferirsi al Wolfsburg.
E forse proprio quello fu l’errore.

In Germania non si adattò forse mai al cento per cento e anche lui un po’ come Saviola probabilmente si bruciò ben prima di esplodere.

Dopo la Germania ha provato la fortuna in Inghilterra (Portsmouth) e Spagna (Saragozza), prima di tornare in patria (San Lorenzo).

La sua dimensione pare comunque averla trovata in Brasile, dove vestendo la maglia dell’Internacional è stato capace di vincere una Libertadores e, soprattutto, un Pallone d’Oro sudamericano.

16 – Mauro Damián Rosales

Lui l’approdo in Europa l’ha tentato passando dall’Olanda, più precisamente dall’Ajax.

Dove mise in mostra potenzialità interessanti, ma senza mai convincere in pieno.

Così nel 2007 decise di tornare in patria, prima di tentare – nel 2011 – l’avventura americana in quel di Seattle.

Se questo è mantenere le promesse…

17 – Alejandro Damián Domínguez

In Russia probabilmente lo ricorderanno a lungo, ma nell’Europa Occidentale molto più difficilmente già oggi qualcuno salterà sulla sedia al solo sentirlo nominare.

Tra Kazan e San Pietroburgo ha fatto vedere sicuramente buone cose, ma certo si sarebbe dovuto confrontare con palcoscenici più importanti per consacrarsi.

18 – Wilfredo Daniel Caballero

Secondo di Lux a quei Mondiali si trova oggi invece ad essere il portiere titolare del Malaga multimilionario sesto in classifica.

I casi della vita!

Certo comunque che anche qui non ci stiamo trovando di fronte ad uno dei migliori interpreti al mondo del ruolo.

Del resto così non fosse non avrebbe passato praticamente tutta la carriera all’Elche!

19 – Sebastián Bueno

Ed eccoci arrivati al buon Sebastián Bueno, il giocatore che mi ha fatto partire la scintilla che mi ha portato a scrivere questo pezzo.

Beh, oggi (trent’anni compiuti da un paio di settimane) gioca in Serie C2.

Credo dovrebbe bastarvi questo.

Insomma… caricare di troppe aspettative un giovane è facile. Ma pure bruciare chi le qualità per fare bene davvero le ha è altrettanto facile.

Sperando che in futuro i casi come questi siano sempre meno…

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Zoff, Peruzzi, Pagliuca, Zenga. E come dimenticarci di Buffon, arrivato tra l’altro ad un passo dal vincere un Pallone d’Oro (che molti dissero gli sfuggì solo perché decise di giocare i sei mesi successivi alla vittoria Mondiale in Serie B, anziché emigrare al Real come Cannavaro).

Sono questi alcuni dei migliori portieri della storia di questo fantastico sport che è il calcio.

Non è un caso se ho segnato solo italiani. Perché se è vero che ci sono anche grandissimi interpreti provenienti da altri paesi (Schmeichel, Yashin e Banks solo per ricordarne alcuni) è altrettanto vero che una concentrazione così alta di grandissimi estremi difensori in un solo paese non è certo casuale. Anzi.

Trattasi di scuola.

E noi in Italia siamo sempre stati ai vertici mondiali, in questo senso.

Non è quindi un caso se il miglior portiere dell’ultima decade è giust’appunto italiano.

Proprio l’imposizione di Buffon ha però, credo involontariamente, fatto subire un notevole contraccolpo negativo alla nostra scuola di portieri.

Sarà perché reggere il paragone con quello che per molti è il miglior portiere della storia facile non è per nessuno, sarà perché i preparatori dei portieri si sono inconsciamente seduti sugli allori sapendo che i loro allievi non avrebbero comunque potuto insidiare il migliore o sarà semplicemente un caso fattostà che proprio dopo Buffon la scuola di portieri italiana ha iniziato ad avere qualche problemuccio.

Estremi difensori di buon livello sicuramente ne è uscito qualcuno, ma non è nemmeno un caso se, Juventus (guarda caso) a parte, tutte le grandi del nostro calcio hanno guardato all’estero per coprire questo particolarissimo ruolo.

Certo, il tutto è anche sicuramente favorito dal fatto che un tempo le regole erano molto più restrittive (il limite non differenziava tra comunitari ed extracomunitari). Ma è altrettanto vero che Certi picchi, Buffon a parte, sono mancati.

E così a Milano sono sbarcati Dida ed Julio Cesar, a Firenze Frey, a Roma una serie di portieri anche non sempre all’altezza culminati ora con la buona presa di Stekelenburg sulla sponda Giallorossa ed il duo sudamericano Muslera-Carrizo su quella Biancoceleste.

E la lista potrebbe allungarsi ulteriormente se prendessimo in considerazione anche i vari Andujar, Bizarri ed Eduardo di questo mondo.

Nel contempo, certo, qualche estremo difensore italiano ha sicuramente ben figurato. Come i vari De Sanctis e Abbiati.
O i più giovani Sirigu (espatriato, ed è un peccato) e Viviano (rotto, ma potrebbe essere lui il futuro della porta interista).

Oggi però guardando al futuro le cose sembrano essere un pochettino più rosee.

Intendiamoci, è ancora prestissimo per parlarne. Se non altro perché qualche tempo fa si dipingeva Vincenzo Fiorillo come il sicuro nuovo Buffon ed Andrea Seculin come un portiere a lui poco inferiore ed ora sembrano entrambi essersi ormai persi irrimediabilmente.

Però…

Però è anche vero che qualcosa si muove, nel sottobosco della Serie B. Un campionato che sta risentendo dell’impoverimento – economico quanto tecnico – del calcio italiano esattamente – se non più – della Serie A e che quindi si trova a dover dare un po’ di spazio anche a qualche giovane.

E proprio pensando ai guardiani dei pali ecco che troviamo ben cinque giovanissimi portieri che potranno sfruttare la Cadetteria come rampa di lancio per provare davvero a togliere definitivamente scettro e corona da mani e testa di Gigi Buffon.

Partiamo allora da Brescia, dove c’è il più giovane del lotto: classe 1993, Nicola Leali è – assieme al ’95 Tassi – la nuova grande speranza del vivaio bresciano.
Leali che proprio per quell’impoverimento di cui parlavo in precedenza s’è visto proiettato titolare in Serie B, e ad ora pare stia sfruttando la chance che gli è stata donata.

Di lui, ennesimo nuovo Buffon, si sono già invaghiti in tanti. Chissà che il suo cartellino non passi tra le mani di qualche società più blasonata già dalla prossima estate…

Sempre al nord, ma in quel di Padova, c’è invece un estremo difensore che amo – calcisticamente parlando – da due anni buoni: lui è Mattia Perin, e dopo aver fatto il fenomeno con le maglie delle nazionali giovanili (dimostrando per altro di non aver nulla da invidiare a colleghi che, come il tedesco Ter Stegen, oggi sono titolari in massima serie) e aver vinto il campionato con la Primavera del Genoa si sta mettendo oggi alla prova in un campionato professionistico. Con buoni risultati, anche qui.

A lui l’ho potuto tra l’altro vedere qualche settimana fa all’Ossola di Varese, quando il suo Padova ha preso tre pappine. Lui, però, non ha disputato affatto una brutta partita. E in questo senso non scorderò mai quando ha salvato, con un tuffo da campione, un goal già fatto, negando la doppietta a Cacciatore. Con tutto lo stadio che si è risieduto disperato in quel momento io sono schizzato in piedi per fargli i complimenti… parata davvero da fenomeno.

Scendendo nel centro Italia ecco che, facendo tappa a Livorno, possiamo rimirare le prodezze che sa compiere tra i pali Francesco Bardi. Anche lui classe ’92, già passato dalle giovanili dell’Inter, Bardi è tornato nella sua città per provare a saggiare le proprie capacità di adattamento al professionismo.
E molti dicono che se Viviano è il futuro immediato (lo spazio per lui si schiuderebbe già a giugno, con l’eventuale partenza di Julio Cesar) Bardi deve semplicemente rodarsi qualche anno in provincia per poi fargli a sua volta le scarpe in quel di Milano, sponda Nerazzurra.

In Toscana lo scorso anno giocava un ragazzo che in questa stagione si è invece trasferito in quel di Pescara.
Il suo nome è Carlo Pinsoglio, che pur senza trovare ancora grandissima continuità (il titolare ad oggi è l’ex bustocco Anania) è l’attuale titolare dell’under21 targata Ciro Ferrara, che da ex juventino lo conosce molto bene.

In Campania, infine, si disimpegna l’ex atalantino Simone Colombi, ultimo grande portiere uscito dalla sempre florida scuola bergamasca.
E chissà che lui non sia destinato a tornare proprio alla base, con magari Consigli, altro giovane di buone speranze, destinato a qualche piazza più importante in giro per l’Italia.

Insomma… la nuova scuola di portieri (cui appunto dovremmo aggiungere come minimo Viviano, Sirigu e Consigli, che sono ancora piuttosto giovani soprattutto in relazione al ruolo che ricoprono) sta sfornando tanti interpreti dalle potenzialità interessantissime.

Certo non saranno tutti veri e propri Fenomeni, ma se manterranno fede alle promesse di certo un posto in Serie A lo meriteranno ad occhi chiusi.

Il punto ora sarà semplice: il nostro calcio è pronto a dare fiducia ai nostri giovani?

Come detto almeno per ciò che riguarda la difesa dei pali il momento sembra essere propizio.

Vedremo. Per quanto mi pare che culturalmente noi in Italia si sia arretrati, in questo senso, rispetto al resto d’Europa…

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CRONACA

Dopo nemmeno cinque minuti di gioco i coreani si portano in avanti col brasiliano Luiz Henrique che libera un destro potente da fuori trovando però la pronta respinta di Mohamed Saqr, che gli chiude la porta in faccia.
Sul fronte opposto è invece l’ex Olympique Marsiglia Mamadou Niang a provarci dopo undici minuti di gioco. La sua conclusione dalla distanza si spegne però sopra la traversa.

Partita caratterizzata da ritmi sostenuti e continui capovolgimenti di fronte. Così poco prima del quarto d’ora tornano a farsi vedere i sudcoreani con Jeong Shung-Hoon che gira di testa un cross proveniente da sinistra, bloccato però da un sempre attento Saqr.
E al diciottesimo i coreani passano: Eninho subisce fallo al limite e si presenta sul punto di battuta. Il suo interno destro spedisce quindi la palla sopra la barriera, a filo del secondo palo. Là dove il portiere avversario non prova nemmeno ad arrivare.

L’Al-Sadd però non ci sta. Al ventiseiesimo è Talal Al-Bloushi a provarci da fuori, ma senza fortuna alcuna. Palla a lato.
Per trovare il pareggio i qatarioti devono quindi affidarsi alla fortuna: Kader Keita crossa dalla trequarti cercando l’inserimento di Khalfan che è però anticipato dall’intervento aereo di Kim Sang-Sik, che spizza il pallone di testa beffando il suo stesso portiere.

In apertura di ripresa sono ancora i coreani a portarsi in avanti, ma Eninho, dopo uno scambio al limite con un compagno, non riesce a bucare la resistenza di Saqr.
Al cinquantacinquesimo Jung-Jin ci prova dalla trequarti, sparando però la sfera alta sopra la traversa.

All’ora di gioco il risultato viene ribaltato: Belhadj parte in contropiede velocissimo sulla sinistra, portando palla sino alla trequarti avversaria. Dove appoggia in fascia per Ibrahim Khalfan che dopo aver controllato palla pesca centralmente l’accorrente Kader Keita. Controllo e tiro a filo del palo destro, là dove il portiere avversario non può arrivare: 2 a 1.

Jeonbuk che preme tantissimo per cercare il pareggio, sfiorato più volte. In un caso addirittura con un palo colpito su girata di controbalzo.
Il tutto fino al novantunesimo minuto, quando un’uscita a vuoto di Saqr spiana la strada a Lee Sung-Hyun per il più comodo degli appoggi di testa, in una porta praticamente sguarnita. E’ il 2 a 2 che spezza sul più bello i sogni di gloria qatarioti.

Nemmeno il tempo di riprendersi dallo schiaffo morale che l’Al Sadd per poco non affonda di nuovo: la difesa balla come mai prima e Dong-Chan fa per approfittarne, senza però riuscire a bucare l’estremo difensore avversario in situazione di uno contro uno.

Il primo tempo supplementare scorre quindi sugli stessi binari che avevano caratterizzato buona parte del match, con le due squadre a fronteggiarsi a viso piuttosto aperto ma spesso incapaci di pungere con efficacia per via della pochezza delle proprie manovre.

L’occasione più che d’oro per sbloccare nuovamente il risultato capita quindi al centododicesimo quando Shung-Hoon si vede recapitare da una serie di rimpalli il pallone ad una decina di metri massimo dalla linea di porta, e decide così di calciarlo sul secondo palo per riportare in vantaggio i suoi. Saqr, però, non è della stessa idea e dopo aver bucato completamente l’uscita in occasione del goal del 2 a 2 si rifà qui, distendendosi alla sua destra per smanacciare un pallone destinato a varcare la linea di porta.

Come se non bastasse a due primi dal termine Yahya ferma fallosamente un avversario affossandolo dalle spalle e riceve il secondo cartellino giallo, dovendo abbandonare anzitempo il terreno di gioco.
Non c’è comunque più il tempo di costruire iniziative apprezzabile. La partita, così, finisce ai rigori…

  Mamadou Niang goal
  Eninho goal
  Hasan Al Haydos goal
  Dong-Chan parato
  Lee Jung-Soo traversa
  Park Won-Jae parato
  Ibrahim Majed goal
  Kim Sang-Sik goal
  Nadir Belhadj goal

COMMENTO

Partiamo dicendo che il livello medio del calcio asiatico rappresentato in questa finale è ancora anni luce distante rispetto a quanto siamo abituati a vedere noi in Europa.

Joenbuk ed Al Sadd, infatti, sono nettamente inferiori alle squadre che si contenderebbero la nostra Champions. E non solo.

E questo sotto un po’ tutti i punti di vista.

In primis quello tecnico, laddove le lacune dei protagonisti in questo senso sono assolutamente nette e questo certo non aiuta ad elevare il tasso di spettacolo in campo.

Poi anche sotto l’aspetto tattico. Per quanto, va detto, da questo punto di vista dei passi avanti negli ultimi dieci-venti anni sono stati fatti, in Asia.

Nel complesso esce comunque una partita tutto sommato apprezzabile, con le due squadre che si confrontano senza tenere troppo il freno tirato alla ricerca di una vittoria che passa però per i rigori.

Alla fine grande protagonista, nel bene e nel male, di questo match è quel Mohamed Saqr, 30enne portiere qatariota, che prima, a tempo ormai scaduto, regala il pareggio ai coreani. E poi, tra supplementari e rigori, si erge a vero e proprio eroe di questo match.

Dapprima negando un goal già fatto agli avversari con un balzo con cui va a deviare sul palo la sfera.

Poi, nel momento dei tiri dagli undici metri, neutralizzando due conclusioni degli avversari, ponendo la sua firma in calce ad una vittoria che porta i qatarioti per la seconda volta nella loro storia al vertice del calcio asiatico (la prima fu nell’88/89, quando batterono l’Al-Rasheed per la regola dei goal fuori casa in una doppia finale che si concluse 3 a 3).

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