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Archive for ottobre 2009

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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I gruppi A e B non smettono di sorprendere: dopo le due vittorie consecutive la Seleccion si arena contro i padroni di casa. Gli argentini, infatti, vengono sconfitti 2 a 1 dalla Nigeria, perdendo il primato in classifica.

L’inizio del match è altamente spettacolare.
Dopo due soli minuti Orfano porta in vantaggio l’Albiceleste, giusto subito prima che Ojabu trovi il pareggio sugli sviluppi di un calcio d’angolo.

Al 72′, quindi, Sani Emmanuel ribalta il risultato trasformando un rigore e consegnando vittoria e primo posto nel girone alle Super Aquile.

Nell’altro match del girone, invece, i tedeschi giocano una seconda frazione di altissimo profilo contro Honduras e trovano una vittoria fondamentale (3 a 1), senza la quale non sarebbero potuti accedere in alcun modo agli ottavi di finale.

Tedeschi che hanno bisogno di passare in svantaggio in apertura di ripresa (goal di Lozano) prima di reagire con veemenza. In due minuti, quindi, Thy mette a segno una doppietta che ribalta il risultato, un quarto d’ora prima che Volland chiuda definitivamente la partita.

Immensa, invece, la Svizzera.

Inserita in un girone, quello B, tutt’altro che semplice i nostri cugini elvetici battono anche il Brasile, che con ogni probabilità non passerà il turno.

A decidere il match è Nassim Ben Khalifa, lesto a ribadire di testa in rete una respinta corta di Alisson. Il goal del fantasista del Grassopher, quindi, regala la terza vittoria consecutiva agli svizzeri, che terminano il girone a punteggio pieno.

La seconda posizione nel gruppo viene invece raggiunta dal Messico: la Tri, infatti, batte il Giappone 2 a 0 grazie ai goal di Campos e Parra e portandosi a 6 punti in classifica si qualifica per gli ottavi.

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Gli Azzurrini battono la Corea del Sud e staccano il biglietto per gli ottavi di finale, guadagnando con una giornata d’anticipo il passaggio del turno alla fase ad eliminazione diretta.

Il 2 a 1 con cui hanno la meglio sugli asiatici, infatti, porta i nostri ragazzi in vetta alla classifica del proprio girone in solitaria ed a punteggio pieno.

Italia che vince ma non convince appieno, in special modo per quanto concerne ciò che i nostri mettono in mostra nel primo tempo: squadra molle, statica e poco propositiva presa a pallonate da una Corea vivace e pimpante capace, come ormai da tradizione per le rappresentative nazionali di questo paese, di ripartenze fulminanti.

A questo classico atteggiamento tattico (azioni che con due o tre tocchi portavano un uomo in prossimità della nostra area di rigore) si aggiunge, per quanto concerne questa under 17, la grande qualità tecnica della punta, Lee Jong Ho, giocatore dotatissimo e capace di mettere in apprensione anche l’avversario più capace e caparbio.

La prima frazione di gioco è, come accennato in precedenza, terreno di caccia per i coreani, che meriterebbero di andare al riposo sul tre o quattro a zero. A salvarci, però, è un misto di bravura, fortuna ed imprecisione altrui: due traverse colpite (una da Lee che dopo aver stoppato di petto in area si esibisce in una elegantissima girata che fredda Perin ma si stampa sulla traversa, l’altra da Kim Jin Su su punizione, con palla leggermente deviata dal nostro portierone) ed un salvataggio a porta vuota di Camilleri (sul solito Lee Jong Ho) evitano un pesante che sarebbe potuto essere pesantissimo, devastante.

Camilleri gioca una partita discreta ma genera un rigore per via di un fallo di mano sicuramente evitabile (lh5.ggpht.com)

L’unica rete del primo tempo, quindi, la realizza il capitano Kim su rigore (assegnato per un fallo di mano di Camilleri, intervenuto in maniera molto approssimativa su di un pallone che sembrava non potesse destare alcun problema), con Perin che riesce solo a sfiorare il pallone.

Nel secondo tempo, quindi, la musica cambia: gli ingressi in campo di Mannini (al posto di Camilleri) e, soprattutto, di Scialpi (al posto di un De Vitis poco brillante anche a causa di una botta alla caviglia) probabilmente aiutano gli Azzurrini a trovare un po’ più di brio, ma non solo. I Coreani, infatti, sembrano molto meno intraprendenti rispetto al primo tempo e lasciano il pallino del gioco in mano nostra: decisione letale.

Così al 56′ minuto facciamo valere il nostro strapotere a livello di struttura fisica (mediamente i coreani, infatti, pagavano rispetto ai nostri ragazzi una differenza di diversi centimetri) e colpiamo: Carraro batte un angolo dal fronte destro del nostro attacco e Camporese, difensore centrale in forza alla Primavera della Fiorentina, colpisce imparabilmente di testa trovando l’interno del palo prima della rete.

Cinque soli minuti più tardi, poi, il solito Carraro fa una magia: colpo di tacco al limite dell’area a liberare il compagno – in nazionale quanto in Viola – Iemmello, per il quale diventa un gioco da ragazzi freddare Kim Jin Young.

Il portiere coreano, comunque, si erge ad eroe pochi minuti più tardi, quando effettua una parata clamorosa su Simone Sini, il nostro capitano.

In chiusura, poi, i coreani avranno un paio di palle goal, ma non riusciranno mai a trovare la porta.

E’ un’ItalViola (sono infatti stati tre giocatori della Fiorentina ad ergersi a salvatori della patria) che, quindi, vince lo scontro diretto per il vertice, per quanto non meritatissimamente: essendosi spartiti un tempo a testa, infatti, sarebbe stato probabilmente più giusto un pareggio. Ma, ovviamente, una vittoria ci va benissimo!

Venendo ai singoli: questa squadra risulta essere davvero composta da giocatori potenzialmente molto forti e che già oggi possono fare la differenza tra i pari età. Tanto che la vittoria con la Corea è stata data più dalle giocate dei singoli che da un collettivo che si muove senza sbavature.
Potenzialmente, quindi, possiamo davvero giocarcela con tutti. Ieri, comunque, non tutti i nostri ragazzi hanno giocato ai loro livelli: già detto di De Vitis, piuttosto sottotono (per quanto, appunto, avesse un problema alla caviglia), c’è da sottolineare anche come Camilleri abbia giocato una partita sicuramente discreta ma, così come nel corso del primo match contro l’Algeria, pare non essere ancora in grado di restare concentrato per tutto il corso della partita, finendo col fare errori grossolani come i due che misero la punta algerina a tu per tu con Perin all’esordio o quello che ha regalato il rigore ai coreani.
Rivedibile anche Natalino: il terzino destro ex Crotone, infatti, gioca una partita discreta anche se spesso la troppa fiducia nei suoi mezzi lo porta a giocare con eccessiva sufficienza ed approssimazione, cosa che gli fa fare qualche sbavatura di troppo.
Piuttosto sottotono anche Crisetig e Fossati, due centrocampisti di sicuro avvenire: il primo dopo aver risolto col suo assist il match d’esordio non trova le geometrie di cui è capace, il secondo resta un po’ avulso dalla manovra Azzurra.

Promossi a pieni voti, invece, il solito Perin, sempre molto attento e sicuro (e per pochi centimetri non prendeva anche quel rigore), Camporese, autore di una partita magistrale in fase difensiva ed arricchita dal goal del pareggio, Carraro, giocatore di classe assoluta, e Iemmello, che lotta e combatte su ogni pallone, sino a trovare un goal molto più che meritato.

Quest’Italia, insomma, fa davvero sognare: speriamo solo che nel prosieguo del Mondiale riescano a trovare anche più gioco e riescano a fluidificare di più la manovra. A quel punto diventeremmo davvero una macchina da guerra quasi perfetta.

Dopo il goal vittoria all'esordio Carraro è ancora una volta decisivo nella vittoria degli Azzurrini (under21.wordpress.com)

Nell’altro match del gruppo F, invece, l’Uruguay raccoglie i primi tre punti andando a battere 2 a 0 l’Algeria: la prima rete la segna Adrian Luna in apertura di ripresa sugli sviluppi di un corner, la seconda la realizza Sebastian Gallegos al settantesimo con un bellissimo destro a girare dal limite dell’area.

Nel gruppo E, intanto, continua la corsa della Spagna che dopo la vittoria all’esordio contro gli States ha la meglio – 3 a 1 – anche sull’UAE e strappa un biglietto per gli ottavi.
Le Furie Rosse chiudono la partita in venti minuti: prima Isco al termine di una travolgente azione solitaria, poi Borja a deviare un passaggio di Isco sottomisura, infatti, firmano un uno-due micidiale che stende gli arabi.
Emirati che, in realtà, provano a reagire al 68′ quando Sebil accorcia le distanze. A chiudere il match, quindi, ci penserà una punizione di Carmona a due dal termine che firmerà un 3 a 1 piuttosto bugiardo: la vittoria spagnola, infatti, è anche più larga nel gioco di quanto non dica il risultato.

Nell’altro match del girone, invece, raccolgono i primi tre punti gli Stati Uniti che con l’1 a 0 sul Malawi agganciano l’UAE in classifica e si giocheranno il passaggio del turno nello scontro diretto con gli arabi stessi.
A decidere il match contro la formazione africana è una rete di Shinsky, favorita però, bisogna dirlo, da una clamorosa papera di Seengwa, portiere malawiano, che si fa passare un pallone tutt’altro che irresistibile tra le gambe, dopo esserselo fatto sfuggire dalle braccia.

Termina invece 4 a 1 per la Turchia il recupero del match che vede i turchi opposti al Costa Rica. Turchi che, quindi, salgono a 6 punti e staccano un biglietto per gli ottavi.

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E’ stata fortemente condizionata dal diluvio la seconda giornata dei gruppi C e D: le partite serali, infatti, sono state entrambe fortemente condizionate. Iran – Colombia è stata sospesa e su di un campo pesantissimo è finita 0 a 0. Turchia – Costa Rica, invece, è stata rinviata ad oggi pomeriggio, con inizio alle ore 15.

Senza problemi di questo tipo, invece, i match Olanda – Gambia e Nuova Zelanda – Burkina Faso.

Nel primo gli Orange trascinati dal solito Luc Castaignos, giocatore dal futuro assicurato, sconfiggono gli africani per 2 a 1.
Tulipani in vantaggio dopo venti minuti di gioco quando proprio Castaignos dialoga benissimo con Isoufi e Labyad prima di freddare Darboe.

Castaignos è il trascinatore dell'Olanda under 17

Sette minuti, però, e Bojang trova il pareggio su rigore.

Il goal vittoria, quindi, arriverà al 70′ e sarà firmato da una testata di Boere, capace di realizzare una rete fondamentale.

L’altro match giocato nel pomeriggio, invece, vede il pareggio tra gli All Blacks ed il Burkina Faso: sono gli africani a passare in vantaggio dopo 12 minuti di gioco con Nikiema. Nonostante il netto dominio (60% di possesso e ben 28 tiri verso la porta difesa da Turipa), però, il Burkina non chiederà il match ed al 57′ Murie segnerà la rete del pareggio.

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E’ l’Argentina ad aggiudicarsi il big match della seconda giornata del gruppo A, quello che vede i sudamericani scontrarsi contro la Germania per il primato in classifica.

Passati in vantaggio dopo otto soli minuti di gioco grazie ad un colpo di testa di Gotze i tedeschi prendono l’imbarcata dopo un quarto d’ora dall’inizio del secondo tempo quando subiscono due reti in un minuto: prima il rigore di Espindola, poi dal solito Araujo, lestissimo a sfruttare al meglio un disimpegno errato per andare a bucare Ter Stegen firmato il 2 a 1 finale.

Germania che viene quindi agganciata al secondo posto dalla Nigeria padrona di casa, capace di battere a sua volta Honduras per 1 a 0 grazie ad una rete realizzata da Ajagun, bravo a centrare la porta con un tiro di interno dal limite dell’area.

Nel gruppo B arriva invece una sconfitta inaspettata: è quella fatta registrare dalla Seleçao, battuta a sorpresa dai giovani Tricolores. Il Messico, infatti, s’impone sul Brasile grazie alla rete realizzata dopo settanta minuti di gioco da Miguel Basulto, lesto a sfruttare al meglio un’uscita molto approssimativa di Alisson sugli sviluppi di un calcio d’angolo.
Dopo il brutto esordio con sconfitta contro la Svizzera, quindi, il Messico rialza subito la testa e torna prepotentemente in gioco per il passaggio del turno.

Svizzera che intanto, invece, s’impone contro il Giappone in una partita rocambolescamente ricca di goal e spettacolo, terminata 4 a 3 per i rossocrociati.

E’ il Giappone, in realtà, a portarsi su di un incredibile doppio vantaggio dopo 20 soli minuti di gioco: Miyayoshi, infatti, mette a segno una grande doppietta che sembra ammazzare il match.
La prima rete la realizza sfruttando al meglio una perfetta verticalizzazione di Horigome, sulla quale arriva bruciando tutti ed anticipando Siegrist. La seconda la sigla invece di testa dopo che gli svizzeri avevano perso un pallone sanguinosissimo al limite dell’area per troppa sufficienza nel ripartire.

Inizio choc, quindi, per gli elvetici, che però rialzano la testa in chiusura di tempo: dopo un altro paio di occasioni nipponiche, infatti, Seferovic batte il primo colpo andando a freddare Kamita da poco oltre il limite dell’area.

In apertura di ripresa, poi, è lo stesso Seferovic che trova il pareggio infilandosi tra le larghe maglie della difesa nipponica sulla verticalizzazione da centrocampo di un compagno di squadra per andare poi a depositare in rete.

Tutto da rifare, quindi, per i giapponesi. Che però due minuti dopo subiscono il 3 a 2, ed escono dal match. Xhaka riceve palla in area ed ha tutto il tempo di stoppare, spostarsi il pallone saltando l’intervento in ripiegamento di un nipponico e freddare Kamita col mancino. Davvero troppa libertà di giocare il pallone, ed in area per di più.

Giappone completamente in bambola, insomma. E come se non bastasse dopo aver provato in un paio d’occasioni a rendersi pericolosi dalle parti di Siegrist pasticciano al 74′ minuto sugli sviluppi di un corner e si prendono il 4 a 2 che virtualmente chiude il match.

Virtualmente, perché al terzo minuto di recupero ci sarà ancora il tempo per i giapponesi di trovare una rete: a firmarla sarà Kojima con un bel tiro di prima intenzione dal limite.

Svizzera che si porta quindi a quota 6 punti e cercherà di andare a punteggio pieno contro il Brasile che, però, dal canto suo farà di tutto per vincere ed assicurarsi il passaggio del turno.

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E’ un esordio tutto sommato positivo quello degli Azzurrini al Mondiale under 17 in corso di svolgimento in Nigeria.
I ragazzi di Pasquale Salerno, infatti, trovano subito la vittoria grazie ad una rete del giovane fantasista viola Carraro che, subentrato nella ripresa, troverà la giocata decisiva a poco più di dieci minuti dal termine quando sarà pescato in area da un lancio millimetrico di Crisetig e riuscirà a girare sotto il sette il pallone di prima intenzione, freddando Merzouki.

E’ un’Italia che, però, corre qualche rischio di troppo, salvata da un Perin monumentale. In barba a quanto detto negli ultimissimi anni, insomma, la scuola italiana dei portieri sembra essere tutt’altro che morta: dopo le grandi prestazioni di Fiorillo tra Europeo under 19 e Mondiale under 20, infatti, si sta già mettendo in mostra anche questo portierino dal futuro luminoso, che dopo un Europeo under 17 in cui si era messo in luce come uno dei migliori interpreti continentali di categoria arriva in Africa per dimostrare di avere pochi rivali al mondo. E l’inizio, per lui, è sicuramente dei migliori.

Non altrettanto bene va, invece, all’altro genoano del gruppo, il giovane italoegiziano El Sharaawy: il trequartista del Grifone, infatti, conferma tutti i suoi limiti di continuità di rendimento andando a giocare una partita sicuramente sottotono e non al livello che ci si aspetterebbe da un giocatore con tutto il suo talento. Come detto più volte, però, questo ragazzo trova oggi proprio nella continuità il suo limite maggiore e non ci si può quindi stupire in seguito a prestazioni di questo tipo.

Come note negative della partita, ricollegandoci a quanto detto di Perin, c’è anche da sottolineare la prova tutt’altro che magistrale della nostra difesa, che si è lasciata andare a qualche sbavatura di troppo.  In un paio d’occasioni, infatti, i nostri ragazzi sono tutt’altro che irresistibili e lasciano a Khelifi la possibilità di presentarsi a tu per tu con il nostro portierone.
Una, in particolare, vede Camilleri, centrale reggino con una passata – nonché breve – esperienza al Chelsea, lisciare clamorosamente un pallone sulla trequarti, lasciando la punta algerina a tu per tu con il buon Perin.

Molto bene, invece, i nostri due motorini di centrocampo, gli interisti Crisetig e Fossati. Quest’ultimo, in particolare, fu autore di un Europeo da incorniciare e sembra essere arrivato in Nigeria per consacrarsi. Chissà che non possa essere lui il giovane della primavera su cui vorrà puntare Mourinho in questa stagione, dopo aver lanciato Santon nella scorsa.
L’ex milanista, comunque, si conferma giocatore dal talento assoluto e dal futuro radioso.

Davanti, invece, buona prova del Rossonero Beretta, prelevato in estate dall’Albinoleffe. Il varesino, infatti, risulta essere, specialmente nel primo tempo, il più pericoloso tra gli Azzurrini, pur non trovando la via della rete.

Il Mondiale, comunque, inizia sotto dei buoni auspici. Questa squadra, come detto più di una volta, ha tutto per arrivare fino in fondo. Certo, sulla carta non è la nazionale più forte in assoluto, ma ha comunque un potenziale estremamente interessante. A differenza di quanto fatto vedere da un’under 20 menomata dalle tantissime assenze, insomma, la nostra under 17 potrebbe davvero rendersi protagonista di un Mondiale da assoluta protagonista.

Italia che, intanto, si porta in testa al gruppo in coabitazione con i sudcoreani, capaci di annichilire l’Uruguay con un inaspettato 3 a 1.

E’ Seung Woo che dopo poco più di dieci minuti porta avanti i suoi infilandosi tra le larghe maglie della retroguardia Celeste per capitalizzare al meglio una bella azione corale dei suoi.

La partita non si sblocca più sino al 60′ quando Gallegos trova il pareggio su rigore, giusto due minuti prima che Heung Min risistemi le cose andando a segnare il 2 a 1 sugli sviluppi di un calcio di punizione calciato in area dalla trequarti.

A tempo ormai scaduto, poi, è Jong Ho a chiudere il match con un mancino ad incrociare col quale sfrutta al meglio le incertezze della retroguardia Celeste e buca Ichazo.

Nel gruppo E, invece, gli Emirati Arabi Uniti s’impongono sul Malawi per 2 a 0 in uno dei match con meno appeal dell’intera competizione, che sottolinea, tra l’altro, come il Malawi, qualificatosi solo in seguito alle penalizzazioni inflitte al Niger (che nel corso della CAN di categoria si era imposto proprio sul Malawi per 2 a 0), sia destinato a fare la comparsa a questo Mondiale.

Di Al Saffar e Sebil, comunque, le reti che decidono il match, entrambe realizzate nella ripresa.

Il big match del gruppo, invece, è vinto dalla Spagna che s’impone 2 a 1 sugli States.

Dopo l’iniziale vantaggio firmato dal solito McInerney, infatti, arrivano le reti di Borja e Pedro Sarabia, due delle Furie Rosse più attese, ed i tre punti in cascina per Koke e compagni.

Nel prossimo turno, quindi, gli Stati Uniti saranno chiamati ad un pronto riscatto contro il Malawi mentre gli spagnoli si giocheranno il primato nel girone con l’UAE.

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Esordio choc per i giovani Tulipani: la nazionale olandese, infatti, arriva in Nigeria col potenziale per arrivare sino in fondo alla competizione ma parte malissimo, andando a trovare la sconfitta contro l’under 17 Cafeteros.

Il primo tempo è piuttosto equilibrato, con gli orange che prevalgono di qualcosina. Le due occasioni maggiori, però, si dividono tra le due squadre: la prima vede il solito Castaignos involarsi bene verso l’area avversaria per poi servire al centro dopo capitan Ozyakup sbaglia una sorta di rigore in movimento, ciccando malamente il tiro con il pallone che si spegne sul fondo.
L’altra, invece, vede un ottimo spunto di Fabian Castillo che dopo essersi liberato benissimo in dribbling di due avversari centra una sorta di tiro-cross che beffa De Vrij ma che si spegne a lato del palo lontano.

Nella seconda frazione la partita cambia, con i colombiani che prendono il pallino del gioco riuscendo a costruire più azioni pericolose. Ed il risultato cambia dopo una decina minuti quando al seguito di un batti e ribatti successivo ad una bella azione sulla destra del futuro friulano Cuero il solito Castillo si trova ad entrare in area e dopo aver saltato un avversario con un controllo a seguire può battere il portiere avversario con un bell’interno destro piazzato sul secondo palo.

Una decina di minuti più tardi, però, gli Orange pareggiano grazie ad un rigore guadagnato da John e trasformato da Ozyakup. Tre soli minuti prima che la difesa dei Tulipani prenda l’imbarcata e lasci Cordoba tutto solo di battere a rete, freddando De Vrij.

Cafeteros che guidano la classifica del gruppo C in coabitazione con gli iraniani, capaci di battere 2 a 0 i parietà gambiani.

L’1 a 0 arriva in maniera piuttosto ridicola, con Ousman Darboe, portiere gambiano, che cicca clamorosamente il rinvio, consegnando palla sulla trequarti a Sadeghian, per il quale risulta un gioco da ragazzi trovare la via dell’1 a 0.

Il raddoppio arriva invece a poco più di cinque minuti dal termine con Rezaei, stellina della squadra, che capitalizza al meglio un contropiede.

Il gruppo D è invece guidato da una Turchia cui bastano tre soli minuti per avere la meglio sul Burkina Faso. Tanto basta, infatti, a Demir, capitano della squadra, per trovare la deviazione sottoporta decisiva e portare alla vittoria i suoi.

Si spartiscono il bottino, invece, Costa Rica e Nuova Zelanda.

Al Nnamdi Azikiwe Stadium di Enugu, infatti, la nazionale centramericana e quella oceanica impattano 1 a 1, portandosi in coabitazione al secondo posto in classifica.

A trovare la via del vantaggio sono i neozelandesi che dopo una ventina di minuti di gioco Built trova lo spiraglio giusto per battere a rete, firmando l’1 a 0.

Passa un quarto d’ora ed è Joel Campbell, tra i Ticos più attesi a questa manifestazione, a chiudere il match.

Nel corso del prossimo turno, quindi, i turchi saranno chiamati a confermarsi contro Costa Rica mentre il Burkina Faso proverà a risollevarsi nel match contro i neozelandesi.

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24 ottobre 2009, National Stadium di Abuja.
I padroni di casa – nonché campioni in carica – nigeriani esordiscono nel loro Mondiale under 17 contro i Campioni Europei tedeschi. Ed è subito emozione allo stato puro.

Passano poco più di venti minuti ed il solito Thy, già capocannoniere all’Europeo in coabitazione con Luc Castaignos, trova la via della rete andando a staccare imperiosamente al centro dell’area tedesca per inzuccare con potenza insaccando imparabilmente il pallone là dove Paul non può arrivare.
Passano altri venti minuti e Mustafi raddoppia sugli sviluppi di un corner.
In apertura di ripresa, poi, Goetze firma il 3 a 0 che sembra chiudere il match.

Al 53′ minuto, però, Ravshan Irmatov, arbitro uzbeko dell’incontro, giudica da espulsione diretta il fallo compiuto da Robert Labus sul neo entrato Ojabu, condannando i tedeschi, quindi, a dover terminare il match in inferiorità numerica. E sarà questa la svolta del match.

I nigeriani, infatti, troveranno l’immediato pareggio grazie alla trasformazione del rigore da parte di Okoro, che spiazzerà senza grandi problemi Ter Stegen.
Cinque soli minuti più tardi sarà quindi Omeruo ad accorciare ulteriormente le distanze, girando di testa un corner battuto dalla sinistra del portiere teutonico.
Sfruttando l’inerzia ormai favorevole del match, quindi, i nigeriani riusciranno a trovare il pareggio due minuto dopo con Egbedi che firmerà il tre pari.

Nell’ultima mezz’ora, quindi, il risultato non cambierà più, nonostante sia nigeriani che tedeschi colpiranno un palo a testa.

Risultato fondamentalmente giusto, quindi, soprattutto pensando al fatto che i tedeschi hanno giocato per diverso tempo in inferiorità numerica, regalando quindi molto campo ai padroni di casa, abilissimi a sfruttare il vantaggio numerico per ritrovare un pareggio che fino a pochi attimi prima dell’espulsione di Labus sembrava impossibile da raggiungere.

Il gruppo A, quindi, è guidato dall’Argentina, capace di battere 1 a 0 Honduras all’esordio con goal di uno dei due fenomeni dell’attacco Albiceleste: il bochense Araujo.

Il gruppo B è invece guidato da una sempre più sorprendente Svizzera che dopo aver impressionato agli Europei, dove si guadagnò l’accesso alle semifinali a discapito di due super potenze calcistiche come Francia e Spagna, compie un debutto col botto anche al Mondiale, andando a superare per 2 a 0 un Messico che, come detto nei giorni scorsi, è orfano della sua stellina, Martin Galvan.

Svizzeri in vantaggio dopo poco più di venti minuti quando Pajtim Kasami batte magistralmente una punizione dal limite dell’area disegnando una traiettoria perfetta con il pallone che dopo aver superato la barriera si infila imparabilmente in prossimità dell’incrocio dei pali, battendo un Rodriguez il cui volo risulta insufficiente per andare ad evitare la rete dell’1 a 0.
Sarà poi proprio il portiere messicano, venti minuti più tardi, a combinare un pasticcio inenarrabile: uscendo su di un calcio d’angolo battuto dalla sua sinistra, infatti, l’estremo difensore della Tricolores metterà il pugno come per andare a deviare il pallone che però, colpito male, finirà incredibilmente nella propria porta, sancendo un 2 a 0 che non cambierà più, nemmeno quando, al 65′ minuto di gioco, gli svizzeri resteranno in dieci uomini in seguito all’espulsione di Oliver Buff, poi bilanciata a sette dal termine dal rosso ricevuto da Martin Ponce.

Ottimo inizio per gli elvetici, quindi, che si portano in vetta alla classifica in compagnia di un Brasile capace di avere la meglio sul Giappone.

E’ però un inizio molto fortunoso quello dei Verdeoro, anche qui aiutati, anche se in questo caso in maniera assolutamente ed incredibilmente decisiva, da un autogoal del portiere avversario.

Ma andiamo con ordine: a passare in vantaggio dopo ventisei minuti di gioco sono i brasiliani che trovano il bersaglio grosso con uno splendido tiro di Guilherme dal limite dell’area, che s’insacca alle spalle di Kamita.
Una decina di minuti più tardi, però, Matsubara porterà palla caparbiamente in area dalla destra riuscendo, anche in maniera un po’ fortunosamente rocambolesca, a liberare Takagi che, come il migliore dei cecchini, batterà Alisson con un interno destro dal limite dell’area.

In apertura di secondo tempo Usami, stellina nipponica, creerà diverse occasioni, per sè ed i suoi compagni, senza però che i suoi riescano a passare in vantaggio. Al 67′ sarà quindi il Brasile a tornare in vantaggio: Neymar, pronosticato tra le stelle assolute della competizione, fuggirà sul limite del fuorigioco e dopo aver elegantemente saltato Kamita riporterà sopra i suoi.
Proprio quando sembra che la partita sia destinata a terminare con la vittoria della Seleçao, però, arriverà il pareggio, a cinque dal termine, di Kenyu Sugimoto, che riequilibrerà la partita.

Neymar parte con un goal (juvemania.it)

Neymar parte con un goal (juvemania.it)

Il finale sarà quindi incandescente, con entrambe le squadre che tenteranno in più modi di sopraffarre l’avversario, andando più volte vicino al goal. L’impresa Nipponica sfumerà però nel recupero: al 94′ minuto, infatti, Wellington batterà una punizione a palombella dalla trequarti, piuttosto innocua. Kamita uscirà per respingere i palloni ma il suo intervento di pugno sarà eufemisticamente rivedibile, ed il pallone, proprio dopo aver colpito malamente i pugni del portiere giapponese, finirà in rete.

3 a 2, brasiliani che riportano i tre punti.

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Continuando con la rassegna di chiacchierate con i potenziali campioni del domani è la volta di parlare di e con Marco Duravia, giovane terzino di scuola Juventus oggi al Figline di Moreno Torricelli. Fino allo scorso anno è stato il terzino destro della Primavera Bianconera, squadra con la quale ha disputato e vinto, distribuendo anche qualche assist per i propri compagni (come quello ai quarti per Daud e quello in semifinale per Immobile), l’ultima edizione del Torneo di Viareggio.

Ma chi è Marco Duravia?

Nato il 14 ottobre del 1989 a Castelfranco Veneto, cittadina sita tra Treviso, Padova e Vicenza, abitò sino all’età di 13 anni con la propria famiglia (cui è molto legato, e la cosa appare chiara dalle sue risposte: “Ho sempre vissuto nel mio paese insieme a mai madre, mio padre e mia sorella, che ha 5 anni in più di me e a cui sono legato moltissimo. Ho avuto un’infanzia normalissima, senza particolari problemi, con una famiglia alle spalle che mi ha sempre sostenuto in tutte le attività – prevalentemente legate al calcio – in cui mi immergevo”) a Montebelluna prima di iniziare la sua avventura di calciatore e lasciare casa per Torino.

I primi calci ad un pallone iniziò a tirarli all’età di 7 anni nella Fulgor Trevignano, una piccola società che attualmente milita in Seconda Categoria, “più per gioco e passione che per reale interesse ad avere un futuro calcistico, visto anche il passato da rugbista di mio padre e la poca passione sportiva di mia madre”.

Dopo un paio d’anni, però, parse subito chiaro che Marco non era un ragazzo come gli altri: la sua qualità calcistica era superiore alla media e non andava sprecata.
A 9 anni, quindi, la chiamata del Montebelluna (“Era la squadra del mio paese ben più blasonata rispetto a quella in cui avevo iniziato: in provincia si contendeva lo scettro di miglior settore giovanile con il Treviso”, ci racconta Marco) e l’approdo in una squadra che poteva offrirgli un certo tipo di prospettive. Proprio avendo un settore giovanile rinomato (da cui sono passati giocatori come Floccari, Toldo, Buso e Serena) era infatti ovvio che giocare in una squadra del genere significava mettersi in mostra agli occhi degli osservatori dei club maggiori.

Tanto che quattro anni dopo già molto lunga era la lista delle squadre che lo volevano: Milan, Atalanta, Treviso, Venezia e Verona, ad esempio. Ma anche quella Juventus in cui decise di trasferirsi dopo aver passato uno dei classici provini con cui le grandi squadre testano i giovani virgulti che pescano in giro per tutt’Italia.
La scelta, sicuramente combattuta visto le tante società che lo seguivano, non fu comunque certo casuale: “Ho scelto di andare lì perché nonostante fosse la più distante da casa mia la reputavo la più organizzata”.

Appena arrivato a Torino – siamo nell’estate del 2003 – viene inserito nella rosa dei Giovanissimi Nazionali, per poi fare tutta la trafila nel settore giovanile Bianconero: “Passai poi agli Allievi Regionali (anche se venivo spesso convocato con i ragazzi dell’88 che partecipavano al campionato Allievi Nazionali), Allievi Nazionali, Beretti (anche se ero in rosa con la Primavera delle annate 88-87) e biennio di Primavera”.
In sei anni di militanza nella Juventus, quindi, ha potuto arricchire molto il suo palmares, che ci dice essere fatto da: “1 campionato nazionale Allievi Nazionali, 2 Supercoppe Italiane Primavera, 1 Coppa Italia Primavera , 1 Torneo di Viareggio. Ho anche perso in finale una finale scudetto Allievi Nazionali, una finale scudetto Beretti, e una finale Champios Youth Cup contro il Manchester (Champions League dei giovani)”.

Già tanta roba, insomma, per un ragazzo neo ventenne che nonostante la giovanissima età ha già potuto concorrere per traguardi molto importanti e che quindi ha già avuto modo di forgiare il proprio carattere subendo un certo tipo di pressioni.

Proprio su di una delle tante vittorie ottenute, quella al Torneo di Viareggio, va a concentrarsi la discussione. Una vittoria del genere, infatti, può segnare in positivo la carriera di un giocatore, dato che la Coppa Carnevale resta una delle principali competizioni giovanili mondiali.
Riguardo alla vittoria ed all’affiatamento con i proprio compagni, quindi, Marco si esprime così: “Nella vittoria di quel torneo l’affiatamento era generale e di squadra; potrà sembrare una frase fatta, ma non lo è. In particolare ho sempre avuto un buon feeling con Daud, Castiglia, Marrone e Iago (nonostante in quel torneo non avesse giocato moltissimo). Al di fuori del campo non eravamo un gruppo particolarmente unito. Non tanto perchè non andassimo d’accordo, ma più che altro per la diversità di personalità. Era un gruppo con tanti ragazzi di personalità che non avevano problemi a dire la loro: questo può essere un vantaggio, ma a volte anche uno svantaggio. In linea di massima io ero molto amico di Luca Castiglia, il capitano, Daud e Serino, ragazzi con cui uscivo spesso.”

Una vittoria costruita sull’affiatamento in campo più che su di uno stretto legame d’amicizia fra tutti i componenti della squadra, a dimostrazione del fatto che quando si parla tutti la stessa lingua – calcistica, s’intende – non si debba per forza essere amiconi: in campo sono tecnica, tattica ed atletismo a farla da padroni. E quella squadra era sicuramente molto ben fornita di  tutte queste caratteristiche, tanto, appunto, da imporsi al Torneo di Viareggio.

E proprio in relazione alle sue vittorie trovavo fosse giusto chiedergli quale fosse stato il momento più emozionante della sua carriera. E la risposta è, ancora una volta, molto interessante: “Il momento più bello senza dubbio è stato l’esordio, seppur in amichevole, al Trofeo Birra Moretti. Ho giocato poco, cinque minuti, ma è bastato per farmi provare un’emozione unica. Sicuramente anche la vittoria del Viareggio è stata emozionante, ma non ancora paragonabile con la partita al San Paolo”.
Questa risposta, infatti, ci fa capire come ci sia un grande sbalzo tra una Primavera e la prima squadra.
Proprio in relazione a questa cosa, quindi, sarebbe bello che tutto il mondo del calcio italiano si interrogasse, chiedendosi se non sia il caso di iniziare a far assaporare ai ragazzi più meritevoli il calcio che conta già in tenera età (e come modello citerei i casi di Balotelli e Santon all’Inter). Perché finché giochi una competizione giovanile, per quanto importante sia, avrai tutto uno staff che si prodigherà in ogni modo per sgravarti di parte della pressione che puoi sentire. Giocare in prima squadra, però, è poi tutta un’altra cosa, ed ogni minimo errore viene vivisezionato in tutti i modi possibili… e le pressioni aumentano esponenzialmente.

Detto della vittoria alla Coppa Carnevale e del momento più emozionante della sua carriera, quindi, non potevo esimermi dal chiedergli cosa volesse dire abitare a Torino, distanti dalla propria famiglia, e, soprattutto, cosa significasse crescere con la consapevolezza di far parte del settore giovanile di una delle squadre più blasonate al mondo. E la risposta di Marco è semplice e lineare, tanto da far capire come sia un ragazzo con pochi fronzoli per la testa e, soprattutto, intelligente. Cosa, quest’ultima, che per un calciatore risulta spesso decisiva quasi quanto la propria capacità tecnica.
“A Torino sono stato 6 anni: è stata un’esperienza importantissima per la mia crescita calcistica ma soprattutto umana. Di Torino, ma soprattutto della Juventus, posso citare l’organizzazione perfetta in ogni minimo dettaglio e l’umanità delle persone che compongono la società. A 13 anni, appena arrivato, ero giustamente impaurito dalla situazione, ma ho trovato nelle persone che facevano parte della società gente con cui potermi confrontare ed aprirmi senza molti problemi. Io, da buon veneto, sono un pochino chiuso, non molto estroverso; ma quando ti ritrovi a vivere insieme ad una cinquantina di ragazzi di tutte le età e, soprattutto, di tutte le regioni d’italia, la paura sparisce e ti lasci un po’ andare. Vivevo in un hotel a 3 stelle chiamato da noi il “pensionato”… ne ho cambiati tre nella mia militanza bianconera, e come qualità del servizio siamo migliorati di anno in anno. Avevamo un tutor che ci seguiva in ogni cosa e ci aiutava in caso di eventuali problemi.
Riguardo la vita invece non c’è molto da dire. Era molto programmata: scuola il mattino, allenamenti il pomeriggio e la sera la passavamo distesi sul letto a giocare alla Playstation o studiando. Le uscite ai minorenni erano permesse prima della morte di due miei compagni nel laghetto del centro di Vinovo, poi sono subentrate beghe riguardanti le responsabilità e tutto si è ridimensionato limitando uscite serali ai soli giorni di giovedi e domenica. Per i maggiorenni invece nessun problema, se non l’obbligo di firma all’uscita e al ritorno, con relativo orario”
.
Un’esperienza di vita molto differente da quella che fa un ragazzo normale, abituato a vivere in casa coi propri genitori. Staccarsi dalla propria realtà familiare quando si è ancora poco più che un bambino non dev’essere certo facile, per quanto sicuramente un’organizzazione come quella raccontata da Marco in queste poche righe deve sicuramente aiutare moltissimo i ragazzi che decidono di fare quel grande passo.

Sempre molto interessante, poi, è chiedere ad un giocatore di descrivere le proprie caratteristiche tecnico-tattiche, perché quasi sempre si va in difficoltà nel doversi descrivere, magari azzardando paragoni arditi.
Ma anche qui, ancora una volta, Marco dà dimostrazione di essere ragazzo molto intelligente e non scomponendosi minimamente ci dice: “Come giocatore sono abbastanza lineare, un terzino di fascia con una buona spinta e una buona corsa. Pecco un po’ in fase difensiva, forse perchè in alcune annate ho ricoperto il ruolo di esterno di centrocampo. Sto cercando di migliorare anche grazie agli insegnamenti di Torricelli, il mio allenatore, che in fatto di terzini ne sa qualcosa. A livello tecnico non sono male, me la cavo bene con il destro e faccio del cross uno dei miei punti forti”.
Allo stesso modo anche riguardo al giocatore cui si ispira la risposta risulta essere tutt’altro che banale:
“Non ho mai inseguito miti calcistici: non mi sono mai ispirato a qualcuno in particolare perchè credo che sia giusto conservare la propria unicità. Anzi, a pensarci bene ho sempre avuto idoli calcistici che non c’entravano nulla con il mio attuale ruolo e tutt’ora conservo le figurine di calciatori come Baggio e Chevanton che con me non hanno nulla da spartire! Se proprio dovessi scegliere un terzino che mi piace, comunque, direi Massimo Oddo, nonostante siano passati i tempi migliori anche per lui”.

Come se non bastasse, poi, rincaro la dose sugli idoli calcistici proponendogli una delle domande che classicamente amo fare a chi gioca a calcio, ovvero sia con quale giocatore dei tempi andati vorrebbe giocare se potesse viaggiare indetro nel tempo per raggiungere i campioni del passato. Ed ancora una volta la risposta desta interesse perché, tra l’altro, ci permette anche di scoprire l’origine del suo nome: “Nonostante riconosca che ci siano stati giocatori superiori a lui, non avrei esitazioni a dire Marco Van Basten. Se mi chiamo Marco in parte è anche perchè mio padre era un amante del calcio del Milan di Sacchi, e quindi di Van Basten. Tanto che al momento della scelta del nome mio padre disse: “Senza dubbio Marco!”.

Niente da dire sulla scelta, direi.

Da amante del calcio giovanile, quindi, mi interessava molto sapere l’opinione di un giocatore che fino a “ieri” ha militato in una Primavera tanto importante come quella juventina. Nessuno meglio di chi è sceso in campo in competizioni giovanili importanti come il Viareggio o il Campionato Primavera, infatti, può parlare dell’attuale livello medio del nostro calcio giovanile: “Il calcio giovanile italiano è sicuramente una grandissima risorsa per tutto il movimento, cosa però non ancora ben capita da chi comanda il calcio. A mio parere ogni anno escono giovani interessantissimi ma non ancora pronti per il grande salto, non tanto perché non abbiano le capacità tecniche o morali ma bensì perché è difficile catapultarsi nella dimensione del calcio professionistico italiano se non c’è possibilità di mettersi in mostra. Giocatori come Poli, Ranocchia, Paloschi, Marilungo o altri che ora non mi vengono in mente sono giocatori che probabilmente in altri paesi avrebbero trovato più spazio nei loro club. E qui ho citato giocatori che hanno già avuto esperienze con le loro squadre, ma ce ne sono altri che questa possibilità proprio non l’hanno. In inghilterra ed in Spagna vengono date più possibilità e non si mortifica il giovane al primo errore. Il livello secondo me potrebbe essere ancora più alto e forse la crisi economica aiuterà la valorizzazione dei giovani italiani, e non sempre stranieri”.
Ed è un discorso, quello fatto da Marco, che mi trova in pieno concorde (per quanto io sia solo un osservatore esterno, non essendo calciatore). Si torna infatti al discorso che facevo prima: va dato modo ai nostri ragazzi più meritevoli di entrare in contatto con la prima squadra il prima possibile, per poterli così inserire a poco a poco cercando di evitare in tutti i modi il rischio di bruciarli.
Pensare che in Italia spesso si considerino ancora giovani di belle speranze ragazzi di 23 o 24 anni (che teoricamente dovrebbero già essersi affermati e che in Spagna o Inghilterra solitamente hanno già trovato spazio da anni) fa rabbrividire.

Sempre riguardo alla situazione giovani in Italia, comunque, diventava d’obbligo chiedergli chi, tra ex compagni ed avversari, potesse fare strada ad alti livelli: “La Juventus negli ultimi anni ha sfornato tantissimi giocatori che ora militano tra Serie A e B. Tra quelli con cui ho giocato io direi senza dubbio Daud, che ha qualità fuori dal normale, Immobile, che ha qualità tecniche e un temperamento davvero eccezionale, e De Paola, centrale poco nominato ma dotato di qualità difensive e fisiche davveri importanti. Ovviamente io giudico i miei compagni per come li conoscevo, poi oltre all’aspetto tecnico ci deve essere una crescita mentale adeguata. Tra i giocatori che ho incontrato in Primavera, invece, menzionerei Crescenzi della Roma, terzino completo e disciplinato, Marilungo, che è già abbastanza conosciuto, e Mancini della Lazio, esterno ficcante e molto tecnico. Credo che tutti loro potrebbero far bene in serie A”.

Detto del suo passato juventino e di giovane della Primavera, prima di passare a parlare del suo presente mi sono voluto togliere un paio di sfizi riguardanti il futuro, chiedendogli dei suoi sogni da calciatore e di parlare anche della nostra nazionale, che tradizionalmente è l’obiettivo ambito da ogni calciatore sin da quando si iniziano a tirari i primi calci ad un pallone: “Il mio sogno sarebbe senza alcun dubbio poter disputare una finale di Champions League con la maglia del Milan. Questo per sognare in grande, ma mi potrei “accontentare” anche di giocare in A con la maglia del Treviso, la mia seconda squadra! Per quello che riguarda la nazionale, invece, penso più a far bene e ad arrivare a certi livelli che alla nazionale, obiettivo sicuramente di tutti i calciatori ma in questo momento per me inarrivabile”.

La nostra lunga e interessante chiacchierata, quindi, non poteva risparmiarsi dal parlare della sua esperienza attuale, quella che lo vuole vedersi disimpegnare in Prima Divisione tra le fila del Figline. Doveroso, quindi, chiedergli come fosse andato il suo ambientamento e quali sono le prospettive del suo club per l’annata da poco cominciata: “Siamo una società umile e tranquilla che cerca di far bene alla prima esperienza in Prima Divisione. Nella sua storia il Figline ha sempre disputato campionati dilettantistici, è quindi nuovo a questa esperienza. Io mi trovo bene e nonostante non stia giocando titolare non mi posso lamentare. Ho collezionato 5 presenze in campionato e avverto la fiducia del mister. Nelle prime 4 partite abbiamo raccolto 0 punti e questo inizio difficile ha certamente penalizzato l’utilizzo di noi giovani. Come squadra siamo un mix tra gioventù ed esperienza ed il nostro obiettivo principale è raggiungere una salvezza tranquilla, possibilmente senza passare dai Playout”.

Duravia, tra l’altro, a Figline ha trovato un campione come Enrico Chiesa, in passato anche più volte convocato in nazionale, e ritrovato Salvatore D’Elia, giocatore che lo scorso anno si disimpegnava sulla fascia opposta alla sua: era infatti lui il terzino sinistro della Primavera Bianconera. Scontato, quindi, gli chiedessi anche di loro: “Enrico è una bravissima persona con cui tra l’altro condividiamo lo spogliatoio. Molto spesso ci ritroviamo a scherzare insieme e lui è sempre molto piacevole. Come giocatore non lo scopro di certo io, un campione che ha quasi 500 presenze tra i professionisti e più di 100 gol in Serie A. Ovviamente non posso rubargli i segreti del mestiere visti i ruoli differenti, ma l’aiuto c’è comunque. Con Salvatore, invece, ho sempre avuto un buon rapporto. Non siamo mai stati grandissimi amici, ma spesso uscivamo in compagnia e ci siamo sempre divertiti. Ritrovarci qui è stato senza dubbio piacevole visto che assieme a lui ho condiviso tante gioie e delusioni nei 6 anni in Bianconero. Qui, oltretutto, ci sono anche l’attaccante D’Antoni e il centrocampista Cosentini che giocavano con noi alla Juve due anni fa e che l’anno scorso erano in prestito rispettivamente al Giulianova e alla Pro Patria”.
Una situazione piacevole, quindi, che sicuramente deve aver aiutato Marco ad inserirsi e calarsi al meglio nella nuova realtà.

Davvero una chiacchierata molto piacevole, insomma, che mi ha dato modo di scoprire la gran persona che c’è dietro a questo terzino di spinta.

Ma una volta che, tra quindici o vent’anni, finirà l’esperienza l’esperienza da calciatore cosa farà Duracell (soprannome affibiatogli dagli ex compagni in relazione alla sua portentosa resistenza)? “Sin da piccolo mi piaceva comprare l’album delle figurine anche solo per leggere le carriere dei giocatori. Ho sempre coltivato questa passione, conosco tantissimi giocatori, di tutte le categorie. Se dovessi scegliere se rimanere nel mondo del calcio sceglierei sicuramente il ruolo dell’allenatore, ma non disdegnerei nemmeno il ruolo di Direttore Sportivo”.

Prima di far tornare Marco ai suoi impegni non potevo non andare a parare su quello che è il suo aspetto umano, cioè sul ragazzo che è lontano dal campo: “Mi piace la musica, ascolto un po’ di tutto prediligendo Ligabue, ColdPlay, James Blunt e Jason Mraz. Il mio piatto preferito sono senza dubbio le lasagne della mamma. Dopo aver preso il diploma per geometri mi sono iscritto a Scienze Politiche all’Università di Torino e oggi provo a portare avanti i miei studi pur con le difficoltà dovute al mio impegno sportivo. Solitamente per divertirmi giro per locali con gli amici, non sono un giocatore che esagera ma non disdegno alcune serate in discoteca. Un’altra mia passione sono i computer, amo questo mondo e mi ci destreggio discretamente”.

Ecco, quindi, chi è Marco Duravia, terzino scuola Juventus oggi al Figline. Un ragazzo che, come tanti, ama la musica e le uscite con gli amici, ma che, a differenza di tanti, dimostra una maturità non comune per un vent’enne.

Chiacchierata davvero piacevole, quindi. Con la speranza e l’augurio da parte mia che possa davvero coronare tutti quei sogni di cui mi ha parlato, entrando nell’elite del nostro calcio.

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Detto degli assenti dalle convocazioni a questo Mondiale trovo sia giusto, anche per una questione di comodità, fare uno specchietto nel quale ricordare i giocatori da tenere in maggior considerazione, squadra per squadra.

I ragazzi nigeriani festeggiano la vittoria al Mondiale under 17 del 2007 (mediablackberry.com)

I ragazzi nigeriani festeggiano la vittoria al Mondiale under 17 del 2007 (mediablackberry.com)

Ecco quindi un breve elenco di quelli che potrebbero essere i protagonisti della manifestazione iridata under 17; qualche star del futuro potrebbe nascondersi tra di loro:
Nigeria: molti gli assenti, come visto. Occhi puntati, quindi, su Terry Envoh, punta dei Mighty Jets, e Stanley Okoro, centrocampista dell’Heartland F.C.
Germania: tanti gli attuali Campioni Europei da seguire con attenzione. Bienvenue Basala-Mazana, terzino del Colonia, Shkodran Mustafi, centrale dell’Everton, Reinhold Yabo, centrocampista centrale in forza al Colonia, Christopher Butchmann, esterno sinistro del Liverpool, Mario Gotze, trequartista del Borussia Dortmund, Florian Trinks, ala del Werder, e Lennart Thy, centravanti anch’esso in forza al Werder Brema.
Honduras: nessun assente di rilievo nemmeno per gli honduregni, che potranno invece mettere in mostra Jesus Rivera, portiere del Motagua, Ever Alvarado, difensore dell’Atletico Junior, Alexander Lopez e Nestor Martinez, centrocampista del Deportivo Olimpia, Anthony Lozano, punta anch’essa in forza al Deportivo Olimpia.
Argentina: con il solo Lamela come grande assente gli occhi saranno puntati su Damian Martinez, portiere in forza all’Arsenal, Esteban Espindola, centrale riverplatense, Daniel Villalba, punta anch’essa in forza al River Plate e Sergio Araujo, stellina del vivaio bochense.
Brasile: i maggiori protagonisti della squadra verdeoro dovrebbero essere Luis Guilherme, portiere del Botafogo, Gerson, centrale del Gremio, Philippe Coutinho, trequartista del Vasco già acquistato dall’Inter, Zezinho, centrocampista offensivo della Juventude, Wellington Silva, centravanti della Fluminense, e Neymar, stella del Santos che in patria già paragonano a Pelè.
Giappone: nel paese del Sol Levante stanno crescendo talenti molto interessanti. I principali di questa under 17 sono Tatsuya Uchida, difensore del Gamba Osaka, Gaku Shibasaki, centrocampista dell’Aomori Yamada High School, Takashi Usami, attaccante del Gamba Osaka, e Takumi Miyayoshi, punta dei Kyoto Sanga F.C.
Messico: senza la loro stella assoluta, Martin Galvan, saranno Kristian Alvarez, difensore in forza ai Chivas Guadalajara, Cesar Ibanez, mediano di proprietà dell’Atlas, Carlos Campos ed Erick Vera, centrocampisti dell’UNAM, e Victor Manon, punta del Pachuca, i punti di forza dei Tricolores.
Svizzera: le attenzioni degli osservatori saranno rivolte nei confronti di Janick Kamber, terzino sinistro del Basilea, Frederic Veseli, centrale del Manchester City, Kofi Nimely, mediano del Basilea, e Nassim Ben Khalifa, trequartista il cui cartellino è di proprietà del Grassopher.
Iran: con l’assenza di Bahram Debbagh le maggiori responsabilità saranno tutte affibiate a Iman Hastejeh Sadeghi, il portiere, Mehrdad Yeganeh, il fantasista, e, soprattutto, Kaveh Rezaei, punta in forza al Foolad e stella assoluta della squadra.
Gambia: non ci saranno Musa Camara e Saihou Gassama, occhi puntati quindi su Ebrima Bojang, giocatore capace di segnare 5 reti in 5 match nel corso dell’ultima Coppa d’Africa under 17.
Colombia: le stelle della squadra sono indubbiamente il centrocampista Edwin Cardona, in forza all’Atletico Nacional, e Wilson Cuero, punta dei Millionarios già acquistato dall’Udinese.
Olanda: è una delle squadre più attese di questo Mondiale. Gli Orange saranno guidati dal regista e capitano Oghuzan Ozyakup, dell’Arsenal, l’ala Shabir Isoufi, in forza al Feyenoord, e, soprattutto, Luc Castaignos, capocannoniere dell’ultimo Europeo anch’esso in forza alla formazione di Rotterdam.
Turchia: si presenterà ai nastri di partenza senza due delle sue stelle, Gokhan Tore e Deniz Herber. Occhi puntati, quindi, su Muhammet Demir, punta del Bursaspor.
Burkina Faso: anche qui due dei giocatori principali saranno assenti. Il trascinatore, quindi, dovrà essere Hamed “Zidane” Zoungrana, stellina della squadra africana.
Costa Rica: le maggiori attenzioni saranno riversate su Ricardo Rojas, Alejandro Calderon, Rosbin Mayorga e Joel Campbell.
Nuova Zelanda: dei giovani ragazzi provenienti dall’Oceania i più interessanti sembrano essere Cameron Lindsay, centrocampista dei Blackburn Rovers, Jamie Doris, centrocampista dell’Hibernian, Andrew Milne, punta dei Glasgow Rangers, e, soprattutto, Jack Hobson-McVeigh, centrocampista del Birkenhead.
Emirati Arabi Uniti: le maggiori attenzioni, nonché le pressioni, saranno a carico di Fahad Salem.
Malawi: senza la propria stella, Andy Simukonda, chi sarà il giocatore capace di mettersi in mostra?
Spagna: Edgar Badia, portiere dell’Espanyol, Marc Muniesa, difensore del Barcellona, Koke, regista dell’Atletico Madrid, Isco, fantasista in forza al Valencia, Pablo Sarabia, ala della cantera madridista, Borja, punta dell’Atletico Madrid e Iker Munian, attaccante di scuola Atlethic Bilbao.
Stati Uniti: occhi puntati su Earl Edwards, portiere de La Jolla Nomads FC, Luis Gil, centrocampista dell’Arsenal, e Jack McInerney, punta del Cobb SC.
Uruguay: i giocatori di punta sono Diego Polenta, difensore del Genoa, Gonzalo Barreto, punta già acquistata dalla Lazio, Sebastian Gallegos ed Adrian Luna.
Corea del Sud: i giocatori più interessanti sono Lee Chang, centrocampista della Jaehyun High School, e Lee Jong-Ho, punta del Chunnam.
Algeria: peserà molto l’assenza di Nadir Bendahmane. Le responsabilità maggiori, quindi, saranno prese in carico da Abdelhakim Bezzaz, centrocampista seguito molto da vicino dal Lione.
Italia: i giocatori di qualità e talento sono davvero numerosi, la fiducia alta. Le nostre chance di vittoria, quindi, passeranno dalle mani di Mattia Perin, portiere genoano, e dai piedi di Simone Sini, difensore romanista, Felice Natalino, difensore interista, Vincenzo Camilleri, difensore reggino, Alessandro De Vitis, centrocampista parmense, Marco Fossati e Lorenzo Crisetig, centrocampisti in forza all’Inter, Stephan El Sharaawy, trequartista genoano, Federico Carraro, trequartista Viola, Simone Dell’Agnello, punta Nerazzurra, Giacomo Beretta, attaccante milanista, ed Alberto Libertazzi, centravanti in forza alla Primavera juventina.

Davvero molti, insomma, i talentini in erba da seguire.

Sarà sicuramente un Mondiale interessantissimo e dall’elevato valore tecnico. Tutto da vivere per scoprire i campioni del domani!

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Dopo quella con Sini arriva la possibilità di fare una chiacchierata con un altro giovane italiano dal potenziale notevole: Luca Santonocito. Ed è una possibilità che non mi faccio scappare. Eccone quindi una sorta di scheda integrata da quanto uscito dalla nostra chiacchierata…

Nato l’11 febbraio 1991 a Mariano Comense, cittadina brianzola che diede i natali anche all’ex milanista Luigi Sala, Luca Santonocito è un 18enne italiano che dopo essere passato dal settore giovanile di Como ed Inter decise, alla tenera età di soli 16 anni, di tentare un’avventura piuttosto inusuale per un calciatore italiano, specialmente quando così giovane.
Ma andiamo con ordine.

Luca iniziò a tirare i primi calci ad un pallone all’età di 6 anni nel Mariano, squadretta della sua città natale. Proprio il calcio, infatti, è da sempre la sua grandissima passione, tanto che “Non ho praticato nessun altro sport, il calcio è sempre stata la mia unica passione”, ci tiene a sottolineare.
Dopo un paio d’anni, quindi, l’approdo al settore giovanile del Como, squadra che lascia all’età di 14 anni, successivamente al fallimento della società lariana.
In Nerazzurro ci resta un paio d’anni, giusto il tempo di vincere uno Scudetto con i Giovanissimi Nazionali per poi lasciare casa e tentare, come si diceva, un’esperienza nuova, trasferendosi in Scozia.

All’età di 16 anni, infatti, degli emissari del Celtic si fecero avanti e bussarono alla sua porta, convincendolo a lasciare l’Italia per tentare la nuova avventura.

E sembra essere stata una scelta positiva la sua. Nonostante le differenze – “Il calcio scozzese è piu fisico, con più ritmo e più cuore ma meno tecnica rispetto a quello italiano” – tra i due mondi, infatti, l’ambientamento è stato ottimo e ad oggi non paiono esserci ripensamenti né rimpianti. Per quanto, comunque, l’inizio non fu proprio semplice: “All’inizio è stato un po’ difficile ambientarsi, ora però dopo due anni mi trovo molto bene, anche con la lingua. L’inglese ormai l’ho imparato e non è più uno scoglio, in più i rapporti con i mister sono ottimi, non ho mai avuti screzi di qualche tipo con loro”.
Nonostante questo, comunque, non è tutto oro quello che luccica. Se ripensamenti non ne stanno sorgendo, infatti, Luca non dimentica certo la sua terra, e non solo: “Dell’Italia mi mancano la famiglia, gli amici, la ragazza… un po’ tutto”. Com’è normale che sia, aggiungerei.

Perché alle volte ci facciamo prendere la mano e non ci pensiamo, ma questi restano pur sempre ragazzi come tutti. Solo baciati da un talento che in pochi hanno.
Ed essendo ragazzi come tutti, quindi, oltre all’aspetto da professionista hanno anche un aspetto umano cui un tifoso non pensa mai ma che batte forte, come in tutti gli adolescenti.
E come tutti gli adolescenti ha le sue passioni, come la musica, nonostante non abbia “Un genere preferito”, e la lettura “Mi piace molto leggere”.

(celticfc.net)

(celticfc.net)

A sentir lui, comunque, non è solo la lontananza dagli affetti più cari a pesargli un po’. C’è anche la cucina italiana che gli manca: “Il piatto che chiedo sempre a mia mamma quando torno a casa sono le linguine allo scoglio… e poi la pizza!”

Ma che tipo di giocatore è Luca Santonocito?

Se dovessi descriverlo io parlerei di un interno di centrocampo dotato di tecnica invidiabile, grande visione di gioco e sinistro sopraffino, piede con cui può inventare giocate risolutive in ogni momento.
Avendo però la possibilità di chiedere al diretto interessato non potevo esimermi dal domandargli come si descriverebbe e a che giocatori si ispira. Ed ecco qui la risposta: “E’ difficile raccontare come si gioca, ma provo a farlo: ho un’ottima visione di gioco ed buon piede sinistro, anche se non disdegno di usare anche il destro. Mi ispiro a De Rossi, mi piace molto come giocatore, lo trovo completo. Apprezzo però molto anche Pirlo e Xavi, di cui ammiro la tranquillità con cui giocano”. E se ripercorresse le orme dei campioni che cita…

E se ha le idee ben chiare su quelli che sono i suoi riferimenti attuali altrettanto chiare paiono le idee nei riguardi dei campioni del passato con cui avrebbe voluto giocare e su altri giovani come lui con cui ha giocato che altrettanto bene potrebbero fare in carriera.
Alla domanda sui campioni del passato, infatti, risponde senza tentennamenti: “Maradona e Maldini. Anche se quest’ultimo è da poco che non gioca più per me è una vera leggenda”.
Riguardo ai suoi compagni all’epoca dell’Inter o con cui gioca attualmente, invece, dice: “Santon giocava con me ed ora gioca nell’Inter in prima squadra. Ma anche Caldirola, Obi e Destro sono ottimi giocatori, ne faranno di strada. Qui al Celtic invece mi trovo bene con James Forrest, ci capiamo alla svelta. Appena lui si muove io so dove mettergli la palla, c’e una buona intesa”.

Luca comunque, vista l’età, è un giocatore ancora all’inizio della carriera. Ma delle emozioni, anche forti, le ha già potute provare. Doveroso, quindi, era chiedergli quali fossero quelle che più l’avessero segnato: “Non c’è un momento in particolare che possa essere definito migliore degli altri, per quanto concerne la mia carriera calcistica. Per citarne un paio direi la vittoria dello Scudetto con l’Inter o l’esordio con il Celtic contro il Benfica in Canada davanti a 18000 persone”.

Ci sono già stati momenti emozionalmente intensi, tanti altri lo aspettano nei prossimi anni.
Proprio per questo era interessante parlare di quali fossero i suoi sogni in relazione alla sua carriera, tanto a livello di club quanto di Nazionale. Questa, quindi, la sua risposta: “Giocare nel Milan è il grande sogno che avevo da bambino e spero di ritagliarmi un futuro in Nazionale”.

Idee piuttosto chiare, quindi. Che lo porterebbero ai vertici del calcio mondiale. E per il bene del nostro calcio c’è sicuramente da augurarsi riesca a realizzare i propri sogni. Parliamo di un potenziale campione che molto bene potrebbe fare al calcio italiano.

Che dire? Speriamo.

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