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Archive for marzo 2011

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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CRONACA

Due soli minuti e la difesa italiana si dimostra subito un po’ approssimativa, lasciando ad Holtby lo spazio per calciare a rete dal limite. Palla alta, però, e pericolo sventato per Pinsoglio.
Altri cinque minuti ed arriva la seconda conclusione tedesca, questa volta su stop sbagliato da Fabbrini all’interno della propria trequarti. Palla a lato, con Pinsoglio comunque attento e vigile.

L’Italia non gioca male, ma sono i tedeschi a rendersi costantemente più pericolosi. Sino al tredicesimo, quando Holtby sfrutta un errore difensivo azzurro per portarsi in area freddando poi l’ex Primavera Juve.

Germania che non ne ha abbastanza. Cinque minuti ed è Mlapa a mettersi in mostra: liberato da un cambio gioco sulla destra il colored tedesco parte dritto per dritto cercando poi la porta con un diagonale con cui spedisce però palla a lato.
Mlapa che poco più tardi si renderà ancora pericoloso effettuando un tiro-cross dalla sinistra che attraversa tutta l’area di rigore senza che nessuno riesca ad arrivare sulla palla.

Italia che dopo un inizio discreto inizia a non essere più in grado di costruire gioco con efficacia. Il tutto fino al venticinquesimo quando Faraoni, D’Alessandro e Macheda costruiscono una bella azione sulla fascia crossando un pallone solo sfiorato da Paloschi, con la palla che viene poi liberata dalla difesa tedesca.
Per non dire ciò che succede due minuti più tardi: Fabbrini entra in area da sinistra e scarica su Macheda che gli rende palla con uno splendido colpo di tacco. Tutto solo davanti al portiere, quindi, Fabbrini invita all’uscita l’estremo difensore avversario per mettere in mezzo un pallone su cui non piomba però nessuno. Davvero un peccato, splendida azione – ed occasione – sprecata.

Macheda che si ripete alla mezz’ora, questa volta con D’Alessandro: sul tacco di ritorno della punta doriana l’esterno scuola Roma finisce però con l’essere fermato dalla robusta difesa tedesca.
Germania che parte quindi in contropiede con Holtby, chiuso però splendidamente dal ritorno di Crescenzi, piccolo ma tosto e decisissimo in ogni contrasto.

Al trentatreesimo sono i padroni di casa ad avere un’ottima occasione: il terzino destro scatta sul filo del fuorigioco venendo servito splendidamente da un compagno ma centrando poi un pallone molle che è chiuso bene in angolo dalla nostra difesa.
Quattro minuti e torna a farsi vedere l’Italia con Fabbrini che converge in area da sinistra per calciare poi senza la giusta potenza, trovando la pronta risposta di Trapp.

Altra bella giocata al quarantesimo: Crescenzi spinge in fascia per imbeccare poi Fabbrini che dopo essersi liberato con una bella finta del diretto marcatore centra una palla bassa su cui piomba Paloschi che la appoggia di prima intenzione in direzione di Macheda, il cui tiro a giro non trova però lo specchio di porta.
Un altro paio di minuti ed un bel break centrale di Crisetig mette in movimento Macheda che nel saltare l’avversario si allunga però leggermente il pallone, favorendo l’uscita di Trapp.

In apertura di ripresa occasionissima per Holtby che servito da Vukcevic può battere una sorta di rigore in movimento su cui è però bravissimo Pinsoglio ad intervenire, sventando la grande occasione tedesca.
Al decimo Romizi recupera una gran palla a centrocampo mettendo in movimento il proprio attacco con Paloschi che arriverà alla conclusione da dentro l’area, venendo però stoppato dall’uscita bassa portata tempestivamente dall’estremo difensore avversario.
Al tredicesimo si riprone un po’ la stessa situazione di pochi minuti prima: Vukcevic scende sulla destra e pesca Holtby sul secondo palo la cui conclusione di prima intenzione trova però la pronta respinta di un sempre attentissimo Pinsoglio.

Un minuto e Gundogan effettua un calcio di punizione a scavalcagare la difesa con cui mette in movimento lo stesso capitano tedesco che parte in posizione regolare per andare a battere Pinsoglio, che questa volta può solo toccare il pallone senza però riuscire a respingerlo con efficacia.

Al ventiquattresimo tornano a farsi vedere i tedeschi che si rendono pericolosi ancora dalla sinistra con Difavi che è liberato dalla sponda di Sukuta-Pasu venendo però chiuso da Pinsoglio.
Sul ribaltamento di fronte grandissima sgroppata di Borini che dopo una fuga di sessanta metri palla al piede si porta a tu per tu col portiere avversario, calciando però malamente a seguito di un cattivo rimbalzo del pallone.

Alla mezz’ora arriva però il meritato goal azzurro: Gabbiadini entra e dopo nemmeno trenta secondi riceve palla da Saponara al limite, controllo perfetto e grande diagonale a battere Kevin Trapp per il 2 a 1.

Due minuti e lo stesso Gabbiadini verticalizza bene per Borini, che però non riesce ad arrivare sul pallone venendo anticipato dall’uscita di Trapp.
Bella, sul fronte opposto, un’azione orchestrata sulla destra con Sukuta-Pasu che tenterà di cercare la rete con un colpo dello scorpione che però non gli riuscirà. Palla quindi a Difavi il cui diagonale si spegnerà sul fondo.

Al trentanovesimo Fabio Borini si fa un grandissimo regalo di compleanno: la punta ex Chelsea si muove benissimo in area liberandosi di ogni marcatura per svettare ed incornare in diagonale trovando la rete del pareggio.

Nemmeno un minuto e Gabbiadini cerca la terza rete: il suo diagonale da sinistra è però respinto coi pugni da Trapp.
Non ci sarà però più il tempo di trovare una terza rete, né da parte tedesca né da parte italiana. E il match finirà così in pareggio.

COMMENTO

Nel guardare questo match hai la forte impressione di come in linea generale i tedeschi siano più maturi dei nostri connazionali.
Perché la qualità non manca certo né dall’una né dall’altra parte, a fare la differenza sembrano altri aspetti. Tra cui quello fisico-atletico.

Differenza che in questo senso diventa imbarazzante qualora si vada a confrontare il togolese – di origine – Mlapa con uno qualsiasi dei nostri ragazzi.

Anche sotto l’aspetto emotivo, comunque, si può notare una certa differenza di maturità.

Tecnicamente invece i nostri tengono botta: Crisetig, Crescenzi, Macheda e Fabbrini su tutti, difatti, non sembrano avvere assolutamente nulla in meno rispetto ai pari età tedeschi sotto questo profilo.

Italia che pare denotare i maggiori problemi in fase difensiva, per quanto anche dalla cintola in su le cose non vadano alla grande. Se dietro si subisce qualcosa di troppo, difatti, davanti i nostri ragazzi faticano a costruire gioco in maniera continuativa, affidandosi più che altro alle fiammate dei singoli.

Parlando dei singoli mi ha destato ottima impressione Holtby, indubbiamente MVP del match: il capitano tedesco ha difatti dimostrato di essere giocatore di grande qualità, nonché trequartista in grado di risultare decisivo anche sotto porta. Due reti per lui, che sarebbero potute essere quattro se un grandissimo Pinsoglio – migliore in campo per gli Azzurrini – non avesse effettuato un paio di miracoli.

Interessantissimo, sul fronte tedesco, anche il colored Mlapa: una forza fisica come la sua è assolutamente un fattore a livello di calcio giovanile e se trasposta anche tra i pro può davvero aiutarlo a fare carriera.

Per ciò che riguarda i nostri colori bene invece oltre al già citato Pinsoglio anche Crescenzi, terzino sinistro che dimostra di saper fare alla grande entrambe le fasi di gioco.
Prestazione solo discreta, invece, per Crisetig, che però – è un 93, giova ricordarlo – dimostra ancora una volta grandissimo potenziale. Lo stesso dicasi per Fabbrini, non devastante come capitato in passato ma comunque dotato di un bagaglio tecnico notevolissimo. Se saprà supportare il tutto con una “testa” all’altezza il gioco sarà praticamente fatto.

Mi impressiona poi sempre, ogni volta che lo vedo, il buon Romizi: motorino tuttofare di centrocampo che potrà rivelarsi realmente prezioso in questo nuovo corso (e davvero non capisco come possa giocare solo in Lega Pro).
Bene anche le due punte subentrate, Gabbiadini e Borini. Oltre ad avere segnato le due reti che sono valse il pareggio hanno dato anche molta più verve al nostro attacco.

Per il resto nulla di particolare da segnalare.
In particolare un’impressione non buonissima, relativamente alla sola prestazione odierna s’intende, me l’hanno lasciata, per motivi diversi, Faraoni, Mori, Caldirola, D’Alessandro e Paloschi.

Il primo ha dimostrato di essere terzino interessantissimo in fase di spinta ma piuttosto impreciso nelle chiusure, laddove ha lasciato in più occasioni a desiderare. I due centrali, poi, hanno subito tantissimo la prestanza fisica degli avversari, in particolar modo. D’Alessandro e Paloschi, infine, non hanno inciso quasi per niente sul match, limitandosi al compitino (o poco meno, dato che personalmente reputo la loro prestazione non sufficiente).

Nel complesso comunque un pareggio prezioso che servirà ad accrescere ulteriormente la fiducia in questi ragazzi.
Dopo il fallimento dell’ultimo biennio c’è assolutamente bisogno di ritrovare un’under 21 all’altezza della nostra grande tradizione.

TABELLINO

Germania vs. Italia 2 – 2
Marcatori: 14′, 59′ Holtby, 75′ Gabbiadini, 84′ Borini
Germania (4-2-3-1): Trapp; Jantschke, Kirchhoff, Neumann, Ostrzolek; Rudy, Vogt; Vukcevic, Holtby, Mlapa; Lasogga. All. Adrion. A disposizione: Bauman, Sobiech, Difavi, Sukuta-Pasu, Hornschuch, Jung, Schindler, Radjaball.
Italia (4-4-2): Pinsoglio; Faraoni, Mori, Caldirola, Crescenzi; D’Alessandro, Marrone, Crisetig (45′ Romizi), Fabbrini (45′ Misuraca); Paloschi, Macheda. All. Ferrara. A disposizione: Bardi, Rossi, Biraghi, Donati, Camporese, Soriano, Borini
Arbitro: Borski (Pol)

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Ad otto sole giornate dal termine del campionato la lotta per le primissime posizione si fa sempre più serrata.

Passato in testa all’undicesima giornata il Milan di Massimiliano Allegri guida il campionato da allora. Dopo i punti persi negli ultimi match, però, la classifica si è accorciata molto, tanto che ora vi è un vero e proprio derby là davanti.

I Rossoneri guidano infatti la volata Scudetto con 62 punti, due più sull’Inter dell’ex Leonardo, tre sul Napoli di Mazzarri e sei sull’Udinese di un sempre sottovalutatissimo Guidolin.

Come finirà la rincorsa alla prima posizione? Il Milan continuerà a guidare la classifica sino in fondo o sarà superato dai cugini Nerazzurri? O, ancora, Napoli ed Udinese potranno spodestare il dominio delle grandi?

Decidetelo voi. O almeno provate a pronosticarlo.

La Repubblica, infatti, propone una sorta di giochino con cui passare un po’ di tempo: andate qui ed indicate i possibili risultati di tutti gli otto match delle prime quattro del campionato e scoprite come secondo voi sarà la classifica a fine anno.

Ecco la mia:

Milan 81
Napoli 79
Inter 77
Udinese 68

Finirà davvero così?
Nah.

Voi però potreste andarci più vicino…

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CRONACA

Ritmi bassi per quest’inizio di partita in cui nessuna delle due nazionali riesce a prendere in mano il pallino del gioco sin da subito.
La prima occasione da rete arriva al settimo minuto quando Montolivo raccoglie una respinta corta poco oltre il limite per liberare un destro potente con cui impegna Handanovic, che è però bravo a respingere il pallone con la sua manona.

Dopo il decimo esce un pochino la Slovenia, con gli Azzurri che vanno un po’ in affanno. I padroni di casa cercano infatti di fare più possesso per mettere sotto i nostri ragazzi, creando loro, in effetti, qualche difficoltà.
Capitan Buffon e compagni controllano bene le avanzate slovene, provando anzi, di tanto in tanto, ad infastidire la squadra del clivense Cesar.
Il tutto comunque su ritmi sempre non esaltanti e senza che nessuna delle due squadre costruisca vere e proprie occasioni da goal.

Bisogna quindi aspettare il ventitreesimo minuto perché un brivido ci colga: è a quel punto, difatti, che Pazzini riceve palla in area ed effettua una girata repentina, col pallone che termina la sua corsa contro il palo.
Anche gli sloveni si rendono pericolosi, un paio di minuti più tardi: Birsa scende sulla destra ed offre centralmente a Koren un pallone che il capitano sloveno calcia bene, impegnando Buffon in una bella parata a mano aperta.

Altri due minuti e Pazzini veste i panni dell’assistman servendo palla a Montolivo in area, che dà ancora una volta dimostrazione di essere piuttosto molle facendosi atterrare da una spallata giudicata assolutamente non fallosa dall’arbitro.
Interessante, sul fronte sloveno, lo schema da angolo messo in atto poco oltre la mezz’ora: corner da destra battuto in direzione di Kirm, posto giusto sull’angolo sinistro dell’area azzurra. Qui il tiro al volo. Assolutamente da dimenticare per come realizzato, ma altrettanto interessante, appunto, nella sua preparazione.

Occasione piuttosto buona, per i nostri, al trentatreesimo: Pazzini tiene in campo un pallone quasi uscito sul fondo riuscendo a girarlo nel mezzo dove Cassano ed Aquilani, forse non credendo che il compagno sarebbe potuto arrivare sul pallone, si fanno trovare assolutamente immobili. Una piccola deviazione e sarebbe stata la rete del vantaggio.
Sul fronte opposto Novakovic riesce ad infilarsi bene tra i due centrali ma Maggio effettua una diagonale perfetta, arrivando puntualissimo a chiudere con uno splendido – nonché pulitissimo – intervento in tackle scivolato l’avversario.

L’apertura di ripresa mostra subito come la partita continuerà quasi certamente sugli stessi binari della prima frazione.
Intorno al settimo minuto c’è però una tripla discreta occasione: Montolivo, Cassano ed Aquilani ci provano dal limite a stretto giro di posta, trovando però sempre la pronta risposta di un attentissimo Handanovic.

Al dodicesimo è però la Slovenia a rendersi pericolosissima: Ljubiankic scende sulla destra, si porta in area e scarica un destro potentissimo con cui fredda Buffon, cogliendo però l’incrocio dei pali.
Cinque minuti e Motta dopo aver strappato un pallone dai piedi di un avversario all’interno della propria metà campo effettua un lancio splendido in direzione di Cassano, che non stoppa però un pallone che finirà così per schizzare via. Un vero peccato, perché se controllato prima che toccasse terra sarebbe stata un’occasione d’oro, con il Pibe di Bari tutto solo di fronte ad Handanovic.

Dopo una decina di minuti di forcing sloveno, comunque, i ritmi tornano bassissimi, la partita noiosa.

A ravvivarla ci pensa Thiago Motta, che dopo aver ricevuto palla al limite scambierà bene con Balzaretti per poi bucare Handanovic con un bel diagonale su cui il portiere dell’Udinese non proverà nemmeno ad arrivare.

Il goal del vantaggio azzurro porta i padroni di casa a disunirsi un po’. Si aprono quindi spazi più ampi in cui infilarsi per i nostri ragazzi, che comunque restano piuttosto guardinghi e non ne approfittano come potrebbero.
Negli ultimi dieci minuti la Slovenia prova quindi nuovamente ad alzare il ritmo per mettere in difficoltà i nostri ragazzi alla ricerca di un possibile pareggio, senza però riuscire a trovare la via della rete.

COMMENTO

La noia l’ha fatta da padrona, ma i tre punti restano fondamentali.
Se avete avuto, come me, il pelo sullo stomaco per sorbirvi tutti e novanta i minuti di un match piuttosto monotono in cui i bassissimi ritmi hanno rischiato di farci addormentare in poltrona avrete assistito ad un spettacolo certo non tra i più memorabili, ma altresì ad una vittoria importantissima.

Proprio in questo senso, posto che del match non c’è molto da dire, focalizziamoci subito sulla classifica che ci vede guidare in assoluta tranquillità il nostro raggruppamento con tredici punti all’attivo, frutto di quattro vittorie ed un pareggio (rimediato in Irlanda del Nord) con ben undici reti realizzate ed una sola subita.

Il tutto con ben sei punti di vantaggio sulle prime inseguitrici, Slovenia e Serbia. Attenzione comunque anche ad Estonia e Nord Irlanda, che avendo una partita in meno potrebbero rientrare in corsa quantomeno per il secondo posto qualora vincessero il prossimo match (rispettivamente da disputarsi proprio contro Serbia e Slovenia).

Che dire, quindi? La vittoria a tavolino rimediata contro la Serbia ha sicuramente aiutato molto questa nazionale, che ora si trova già ad un passo dalla qualificazione.
Solo un qualche disastro nel girone di ritorno potrebbe difatti impedire agli Azzurri di qualificarsi al prossimo Europeo.

Realisticamente, però, i giochi dovrebbero essere fatti: da qui alla fine ci aspettano infatti i ben tre match casalinghi (con Estonia, Irlanda del Nord e Slovenia) nonché la non certo irresistibile trasferta nelle Far Oer. Il più dovrebbe essere fatto.

Scendendo un attimo nel merito del match odierno, invece, va detto che l’Italia ha meritato sì e no questa vittoria, nel senso che certo non è stata rubata ma un pareggio sarebbe probabilmente stato un risultato più giusto.
A fare la differenza, alla fine, la nostra maggior caratura tecnico-tattica.

Diverse le note negative di questo match, comunque: innanzitutto il ritmo, appunto, laddove fisicamente non abbiamo certo dato l’impressione di essere incontenibili. In questo senso possiamo dire sia stata davvero una fortuna vedere come i padroni di casa non abbiano provato ad applicare in maniera più continuativa pressing e forcing, perché ogni qualvolta ciò accadeva la nostra squadra, nel suo complesso, andava un tantino in affanno.

A livello di singoli, poi, appare ancora un pochino l’ombra di sè stesso Buffon, che comunque ha meritato la sufficienza piena. Così come qualche titubanza di troppo l’hanno mostrata, ancora una volta, Bonucci e Chiellini.

E cosa dire poi di Mauri e Cassano, praticamente assenti pur essendo in campo.

MVP

Tra le note positive, invece, i due terzini, che hanno disputato una partita molto solida. Così come personalmente ho apprezzato molto, anche al di là del goal, Thiago Motta, preziosissimo nel dare equilibrio alla squadra e molto bravo e lesto a bucare Handanovic per i tre punti.

Non si può comunque individuare un vero e proprio MVP anche se una menzione d’onore, sulla sponda slovena, la meritano anche lo stesso Handanovic e Valter Birsa, che radiomercato dà diretto sulla sponda rossoblù di Genova per il prossimo anno.

TABELLINO

Slovenia vs. Italia 0 – 1
Marcatori: 72′Thiago Motta
Slovenia (4-4-2): Handanovic S.; Brcko (25’st Andelkovic), Suler, Cesar, Jokic; Birsa (29’st Ilicic), Koren, Radosavljevic, Kirm; Dedic (11’st Ljubijankic), Novakovic. A disp.: Handanovic J., Mavric, Andelkovic, Ljubijankovic, Ilicic, Bacinovic, Pecnik. All.: Kek.
Italia (4-3-1-2): Buffon; Maggio, Bonucci, Chiellini, Balzaretti; Aquilani, Thiago Motta, Montolivo (43’st Marchisio); Mauri (18’st Nocerino); Cassano (29’st Rossi), Pazzini. A disp.: Viviano, Astori, Criscito, Marchisio, Nocerino, Gilardino, Rossi. All.: Prandelli
Arbitro: Brych (Ger).
Ammoniti: Montolivo, Cesar, Motta

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Nel corso di questa stagione ho avuto modo di seguire in più occasioni il City di Mancini. L’ultimo loro match che ho potuto vedere risale proprio a domenica quando i Citizens hanno fatto visita al Chelsea di Carlo Ancelotti per un derby della panchina tutto italiano vinto, piuttosto nettamente, dall’ex allenatore di Parma, Juventus e Milan.

La motivazione per la quale tra tante squadre ho scelto di seguire con discreta costanza proprio quella presieduta dallo sceicco Khaldoon Al Mubarak è semplice e facilmente intuibile: la curiosità suscitata in me da una compagine ricca di talento ma costruita un po’ a mo’ di raccolta delle figurine era tanta e la volontà di provare a capire quanto il tecnico jesino sarebbe stato in grado di amalgamare un undici all’altezza anche maggiore.

Dopo averne seguito in più occasioni le gesta, quindi, posso affermare con tranquillità e fermezza come questo City più che una squadra sembri davvero un’accozzaglia di talenti un po’ improvvisata e raffazzonata, senza un’identità di gioco ben precisa, trascinata più da giocate personali dei singoli che dal collettivo. In tutto ciò la via d’uscita non sembra essere rappresentata dal modulo tattico perché non tutto, nel calcio, è una questione di numeri. Si debbono infatti costruire degli equilibri che vanno al di là di questo. Non per nulla ad oggi il Mancio ha tentato diverse alternative, ma senza riuscire ancora a far quadrare il cerchio.

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Niente Europei per l’under 17 di Pasquale Salerno, che buca la Fase Elite raccogliendo due soli punti in tre partite, collezionando, di fronte al proprio pubblico, una figura non propriamente bellissima.

Azzurrini che dopo la fase di preparazione esordirono pareggiando 0 a 0 contro la Scozia.

Nel corso del secondo match, poi, la brutta sconfitta con la Repubblica Ceca: dopo l’iniziale vantaggio firmato a quattro minuti dal via da Valerio Verre ecco nel secondo tempo un uno-due ceko letale, che tra il sessantesimo ed il sessantaquattresimo ribaltano il risultato con Masek e Luftner.

Durante il terzo ed ultimo match, infine, un 1 a 1 con la Slovacchia che dopo essere passata in vantaggio con Rusnak si farà recuperare dalla rete, arrivata allo scadere, realizzata da Lorenzo Tassi, già definito da Corioni come nuovo Baggio.

Due soli punti in classifica, niente fase finale.

Ecco quindi la cronistoria del fallimento azzurro. Under 17 che dopo aver bucato la qualificazione all’Europeo lo scorso anno con la classe ’93, quindi, non parteciperà alla fase finale dello stesso nemmeno quest’anno.

Per provare a spiegare i perché ed i per come di questa eliminazione mi affiderò direttamente alle parole del mister, intervistato da Marco Oliva per Generazione di Talenti:

Gentile mister Salerno, l’eliminazione in questa Fase Elite degli Europei è sicuramente un boccone amaro da mandar giù per tutto il movimento calcistico azzurro. Analizzando la classifica del girone, il bilancio appare piuttosto modesto (2 pareggi, 1 sconfitta, per giunta da padroni di casa); quali sono le sue impressioni a caldo?
Un vero peccato. Il nostro calcio sta vivendo momenti molto difficili, un’oggettiva crisi d’identità in cui stiamo commettendo l’errore di voler scimmiottare quel calcio che va per la maggiore in questo momento (vedi il Barcellona), senza tener conto che a quel tipo d’approccio ci si arriva con una programmazione lunga e meticolosa, che parta verosimilmente dalla base. Noi abbiamo cercato di giocare un buon calcio, fatto di organizzazione tattica e possesso palla, non siamo stati molto bravi a concretizzare con i gol il gioco espresso, questo è il rammarico maggiore, unito a qualche leggerezza di troppo in fase difensiva.
 
L’eliminazione brucia ancor di più perché la squadra ha denotato comunque delle buone qualità, al cospetto di avversari scorbutici da affrontare ma sicuramente alla nostra portata. Facendo i doverosi complimenti alla Repubblica Ceca (in cui c’era un pizzico d’Italia, col prestante difensore centrale della Juventus Luboš Adamec), possiamo dire che forse non è passata la compagine tecnicamente più valida?
Si è qualificata sicuramente la squadra più solida, quella che ci ha creduto di più e che ha messo in campo, con decisione e determinazione, tutto ciò che aveva. Il cuore, la grinta e la voglia possono fare la differenza, anche al netto delle lacune tecniche. I ceki hanno dato tutto sul rettangolo verde, non hanno mai mollato e si sono meritati la loro chance di disputare la Fase Finale in Serbia. Noi non siamo sempre abituati a farlo, e questo è un problema che si paga in campo internazionale.
 
Abbiamo notato un filo conduttore tra l’esperienza di gennaio al Trofeo Granatkin in Russia (dove comunque ci siamo confrontati con avversari d’età maggiore, tutti Under 18) e i tre sfortunati match del Girone 1: questa Under 17 è una squadra con prospetti interessanti, ma che nel complesso è mancata dal punto di vista della cattiveria agonistica e soprattutto sul piano fisico, più che sul profilo tecnico/tattico. Per farle un esempio, anche in Russia il nostro Lorenzo Tassi ha rubato l’occhio degli osservatori e vinto il premio speciale come “Best Technique Player” del torneo, nonostante la squadra si sia classificata ultima. Purtroppo, notiamo anche a livello Senior quanto le squadre italiane accusino spesso un gap atletico col resto d’Europa. In sintesi, ed estremizzando un po’ il concetto: gli altri sembrano correre più di noi, o quantomeno la loro tenuta nell’arco della gara è maggiore.
Esatto, condivido in pieno. Per quanto riguarda il mio campo di competenza, ossia il panorama giovanile, il problema in Italia è che i nostri giocatori non disputano con regolarità partite impegnative sotto il profilo fisico-agonistico, e si trovano spiazzati quando incontrano squadre di questo tipo, già “tarate” a fronteggiare prestazioni di un certo spessore. E’ una questione piuttosto importante, se le gambe non rispondono è difficile far risultato. E non sottovaluterei il fattore mentale: la mancanza di abitudine a giocare su certi livelli è un handicap evidente, che pregiudica la concentrazione dei calciatori lungo i novanta minuti.
  
I suoi ragazzi hanno giocato tre partite molto diverse tra loro. A nostro avviso, il rimpianto maggiore deriva dal fatto che, probabilmente, abbiamo dimostrato proprio contro i vincitori del girone le nostre migliori qualità, pagando tutto sommato solo due disattenzioni difensive.
Sicuramente. Contro la Scozia siamo partiti un po’ contratti, forse bloccati dall’emozione del match d’esordio, svegliandoci in ritardo nella ripresa, con avversari molto accorti in fase difensiva e dediti soprattutto a limitare i danni, bravi in ogni caso a strappare un punticino. Con la Repubblica Ceca, viceversa, abbiamo ingranato subito il ritmo giusto, trovando un bel gol e giocando un ottimo primo tempo, prima del decisivo black-out ad un quarto d’ora dal termine, quando abbiamo subito due evitabilissime reti in quattro minuti e pregiudicato la prestazione con l’incapacità di reagire per riequilibrare il risultato. Nella partita di chiusura con la Slovacchia, infine, abbiamo un po’ pagato psicologicamente la cocente delusione dell’eliminazione prematura, mantenendo comunque un buon possesso palla ed il pallino del match, pareggiando con merito allo scadere ed evitando in extremis un’altra sconfitta-beffa. Con più convinzione e determinazione avremmo potuto sicuramente far nostra la qualificazione, posto che comunque gli avversari non hanno rubato assolutamente nulla.
  
Un altro dato che preoccupa in chiave futura è la difficoltà nel trovare portieri e centrali difensivi davvero affidabili, basti pensare alle sfortunate esperienze dei suoi colleghi Francesco Rocca (Mondiale Under 20 di Egitto – 2009) e Massimo Piscedda (Europei Under 19 – 2010), laddove abbiamo pagato soprattutto gli errori del pacchetto arretrato, talvolta francamente imbarazzanti. Secondo lei, c’è una spiegazione razionale di questa crisi, specie in ruoli in cui un tempo la scuola italiana era straordinariamente assortita?
E’ evidente quanto ormai non si curi molto la tecnica applicata, a favore di troppi tatticismi, estenuanti e poco produttivi a lungo andare. In particolare, la marcatura nell’uno-contro-uno è stata un po’ accantonata da tutti, ma sono convinto che di marcatori bravi ce ne siano molti in Italia: il problema è farli crescere, istruendoli con cura ed attenzione ed aiutandoli a migliorare con pazienza, colmando le lacune specifiche. Per quanto riguarda i portieri, credo sia principalmente un problema di pressioni esagerate che arrivano dall’interno e dall’esterno. Pretendiamo siano bravissimi già a dieci anni d’età, e non li lasciamo tranquilli di “sbagliare” con serenità.
Dagli errori s’impara, non si puo’ condannare un estremo difensore con giudizi troppo trancianti sin dai primi passi. D’altronde, le indecisioni capitano anche a campioni già affermati, figuriamoci ad un ragazzo inesperto cosa puo’ succedere… Nel panorama giovanile attuale ne abbiamo diversi, alcuni anche molto bravi.
  
Due curiosità su questa esperienza. La prima: ha proposto lei alla Federazione lo splendido scenario salentino, da oritano doc? A Brindisi ancora la ricordano con grande piacere, da generoso mediano protagonista di una storica promozione in Serie C1 nel 1984-85…
Sì, sono stato io ad avanzare la candidatura della Puglia come sede della Seconda Fase, e mi dispiace non aver regalato ai miei conterranei questa qualificazione. Devo ringraziare tantissimo il Presidente Regionale della Figc, il dottor Vito Tisci, per la sua disponibilità e per l’impegno profuso affinché la manifestazione riuscisse bene; e poi si sa, noi pugliesi siamo generosi ed ospitali, e la riuscita dell’organizzazione era scontata! Devo dire un grazie di cuore a tutti, in questo contesto. Sono contento che a Brindisi mi ricordino ancora, ho dato l’anima per quella squadra raccogliendo molto meno allora in termini di gratificazioni da parte di società e tifosi. Comunque è acqua passata, e mi fa piacere che adesso sia apprezzato. Chi è del posto non sempre viene considerato alla stregua degli altri, e questo è sbagliato.
  
La seconda: ha influito nelle convocazioni dei diciotto ragazzi la concomitanza con il Trofeo Città di Arco – Beppe Viola? Ha dovuto rinunciare a qualche giocatore in particolare per lasciarlo ai club impegnati nel torneo? Giusto per farle un esempio in questo contesto, abbiamo notato che Gaetano Monachello e gli altri interisti si sono resi protagonisti in Trentino, vincendo con merito.
Assolutamente no. Ho avuto carta bianca e ho potuto scegliere chiunque volessi, senza alcuna restrizione. Nella fattispecie, ho sempre portato diversi interisti nella Nazionale, ma quest’anno e proprio nel periodo delle convocazioni Simone Pasa (il capitano del mio gruppo, per giunta) era infortunato, mentre Monachello, Riccardo Fochesato e Matteo Colombi hanno trovato pochi spazi nella loro squadra, ed ho deciso diversamente. Col senno di poi, forse avrei portato Giovanni Terrani, che in questo momento era in forma smagliante e mi poteva garantire più qualità in fase offensiva. Spero di portarlo presto in Nazionale.
  
A proposito delle convocazioni, abbiamo notato nei vari impegni degli Azzurrini parecchi cambiamenti nel reparto offensivo, a dispetto di una discreta continuità negli altri settori della rosa. In questa tornata ha dato fiducia al “tedesco-pugliese” Maggio, Abbracciante e la novità Gragnoli, nella Prima Fase dell’ottobre scorso c’erano con i primi due anche Colombi, Tempesti e Monachello a disputare il Gruppo 9 degli Europei dominato contro Cipro, Francia e Slovenia, poi nel corso di questi mesi ha voluto testare tanti nomi nuovi come lo juventino Padovan, l’atalantino Cais, Centrella, Ingretolli, Marsura e il palermitano Zerbo. Ha trovato difficoltà ad individuare una coppia d’attacco “fissa”, c’è qualcuno che magari l’ha delusa sul piano realizzativo o semplicemente ha voluto dar spazio a tanti ragazzi a seconda dell’importanza degli impegni?
Ero alla ricerca di qualcosa che mi soddisfacesse più di quello che avevamo a disposizione, e poi mi sembrava giusto vedere e dare la possibilità ad altri di mettersi in mostra. In quest’ottica, mi preme sottolineare che qualcuno dei ragazzi ha perso delle belle occasioni…
  
Dopo lo sfortunato match con la Repubblica Ceca, abbiamo notato la grandissima e giustificata delusione dei suoi ragazzi, davvero dispiaciuti per l’opportunità mancata. Eppure, nonostante l’eliminazione siamo tuttora convinti che ci siano individualità nel gruppo da tenere d’occhio nel futuro, soprattutto il bresciano Tassi e il romanista Verre.
Non mi piace fare nomi, da allenatore non credo sia giusto. Ad ogni modo, a parte qualche mia delusione personale su alcuni, ritengo che molti di loro possano arrivare a calcare grandi palcoscenici e giocare il calcio di altissimo livello, l’importante è restare con i piedi per terra e fare tesoro delle esperienze vissute, anche quelle negative come questa. Imparare dai propri errori, migliorare gradualmente nel proprio percorso, lavorare sodo sulle proprie lacune: la ricetta è quella, vale un po’ per tutti e deve essere sempre così.
  
Riesce a fare un paragone con la promettente “generazione 1992” dell’Italia, che lei ha guidato in maniera stupenda sia agli Europei di categoria che nei Mondiali 2009 in Nigeria, sconfitti solo dai futuri campioni della Svizzera e dopo aver dominato a larghi tratti, e questa del 1994? Alcuni dei ragazzi che ha gestito come Camporese, Carraro, Perin, Benedetti, El Shaarawy, Natalino e gli altri sono ormai sulla bocca di tutti, e sembrano rappresentare davvero una bella covata per la Nazionale del futuro. E’ fiero della loro crescita, dopo averli “svezzati”? Ritiene che questi del 1994 possano ripercorrere lo stesso percorso, o il livello è leggermente inferiore?
Con i ragazzi del ‘92 abbiamo condiviso dei momenti particolari, bellissimi ed indimenticabili. Il ritorno per loro in termini di gratificazione c’è stato immediatamente, con tanti esordi in Prima Squadra che mi hanno riempito il cuore di gioia. Li seguo ancora con affetto, e sono contento delle loro affermazioni personali. Quello che ho cercato di spiegare ai ragazzi del ‘94 era proprio l’importanza dell’occasione che avevano tra le mani anche loro, per cercare di non lasciarsela sfuggire e preparando al meglio tutto ciò che servisse ad “arrivare”, lavorando sui dettagli e sulle piccole sfumature che fanno la differenza. Peccato non esserci riusciti, resta l’amaro in bocca ma sicuramente molti di loro avranno il tempo per rifarsi, sono pur sempre dei sedicenni.
  
Quali sono le prospettive e le sue intenzioni nell’immediato? Comincerà a preparare da subito la strada verso gli Europei 2012, convocando ragazzi del biennio 1995-1996 piuttosto che del 1994 per amalgamare il nuovo gruppo che verrà? Oltre a Lezzerini, Tassi, la novità Capezzi e il pre-convocato Alessio Romagnoli, ci sono interessanti prospetti in quella fascia d’età come Simone Perilli, i bergamaschi Barlocco e Cortinovis, i pescaresi Savelloni e Di Benedetto, i granata Aramu e Perugini, il classe ’96 Francesco Di Mariano e l’empolese Emanuele Rovini, tra gli altri.
A mio avviso, credo sia giusto finire col valorizzare e mettere in mostra ancora i ragazzi nati 1994, anche perché quelli più piccoli possono giocare nell’Under 16 del collega Antonio Rocca. Vedrò insieme al mio coordinatore Arrigo Sacchi quali saranno le direttive da seguire.
  
Ultima domanda sul sistema-calcio giovanile italiano. A causa del difficile ricambio generazionale nella Nazionale Maggiore,e alla luce anche delle deludenti prestazioni dell’Under 21 (eliminata dalla Fase Finale degli Europei e, di conseguenza, dalle Olimpiadi 2012), si comincia insistentemente a parlare di una rivoluzione strutturale dei campionati giovanili italiani, magari abbassando l’età del Campionato Primavera ed introducendo le squadre-B direttamente in Lega Pro o comunque in categorie agonisticamente più probanti e formative per un giovane talento, rispetto all’atmosfera “ovattata” e forse troppo protettiva dei Campionati Giovanili Nazionali. Qual è la sua posizione a riguardo?
A nostro modo di vedere, c’è anche un problema culturale alla base: parafrasando una fortunata pellicola cinematografica, l’Italia non è un Paese per giovani?
Beh, questa è veramente una bella domanda, che meriterebbe senz’altro dibattiti molto più ampi ed approfonditi! C’è sicuramente bisogno di dare una sterzata al movimento calcistico italiano, lavorando in profondità e non in maniera superficiale, a patto che si cominci dalla base… Mi riferisco, tanto per cominciare, alle infrastrutture ed alla scuola, la componente didattico-pedagogica è essenziale. Ripeto, non si puo’ scimmiottare il calcio che va per la maggiore in questo momento, seguendo un’onda lunga emozionale o una “moda”, senza mettere le mani al settore dalle fondamenta. Manca una vera e sana propensione al bel gioco, alla mera qualità, sacrificata troppo spesso sull’altare della “vittoria a tutti i costi”, e questo non fa sicuramente crescere i nostri ragazzi; in particolare, mancano serenità e cultura della sconfitta sui nostri campi, e bisognerà cominciare a capire che c’è qualcuno (forse in troppi…) che sta andando ben più veloce di noi.E’ doveroso rimboccarsi le maniche e lavorare sodo affinché s’inverta celermente la rotta e si rovesci questa sorta di inerzia negativa, senza crogiolarsi sugli allori del passato o arroccarsi su posizioni troppo conservatrici. Paradossalmente, credo che l’ultimo Mondiale vinto ci abbia portato più svantaggi che vantaggi in termini progettuali; se è vero che fu una vittoria di cui andare giustamente orgogliosi, è altrettanto doveroso ricordarsi che da allora sono passati cinque anni, e tanta acqua sotto i ponti… Soprattutto perché, ribadisco, intanto gli altri movimenti calcistici sono cresciuti vorticosamente e non si sono certo fermati ad aspettarci o applaudirci. Ad ogni modo, non è mai troppo tardi per risollevarsi, e non credo che un atteggiamento disfattista aiuti ad affrontare meglio le problematiche. Abbiamo sicuramente alcuni tra i migliori talenti al mondo qui in Italia, è ora di far giocare in Prima Squadra i nostri giovani senza andare a pescare troppo nei giardini dei vicini.
Coraggio e fiducia nei vivai: queste sono le strade da battere con determinazione, il più presto possibile.

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Alla fine ce l’hanno fatta. Pea ed i suoi ragazzi hanno saputo regalare all’Inter la sesta imposizione viareggina della propria storia, al termine di un Torneo giocato su livelli realmente molto alti. Difesa ferrea, centrocampo eclettico, attacco devastante. Ecco la ricetta della vittoria nerazzurra.

E quando al termine di una competizione ti ritrovi ad avere in rosa il miglior giocatore nonché capocannoniere (per quanto a parimerito con Giuseppe De Luca, trascinatore del Varese dei miracoli di Devis Mangia) ed il miglior portiere della stessa qualcosa – e di piuttosto importante – significa. Al solito sui premi individuali si potrebbe stare a discutere molto. In questa occasione forse meno rispetto a quello riguardante gli estremi difensori, con Bardi che è stato assolutamente maiuscolo, trascinante e decisivo, più rispetto a quello riguardante il migliore giocatore in assoluto, laddove diversi sono stati i ragazzi sicuramente meritevoli.

Inter che torna quindi a vincere un Torneo di Viareggio e lo fa con grandissima autorità. Prendiamo quindi la formazione scesa in campo nella finalissima disputata contro l’ottima Fiorentina di Renato Buso ed analizziamola, per scoprire un pochino meglio i segreti del meccanismo costruito ed oliato da Fulvio Pea.

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CRONACA

Partono subito su buoni ritmi i ventidue in campo, che però faticano a creare vere occasioni pericolose.
La prima arriva solo al tredicesimo quando Kalou si presenta in area venendo però ostacolato da Ramires, che finisce quindi per ostacolare il suo stesso compagno non permettendogli di colpire a rete.

Un minuto più tardi altra bella iniziativa di Kalou che viene però murato in area, col pallone che ne fuoriesce e viene calciato con potenza da Cole, che non trova però lo specchio di porta.
City che dopo il primo quarto d’ora scarso si rintana completamente nella propria metà campo, lasciando molto campo al Chelsea. Al diciottesimo ci prova quindi Lampard da fuori, senza però trovare lo specchio di porta.

Al ventitreesimo Ramires filtra un pallone per Lampard che si butta bene nello spazio infilandosi alle spalle della difesa ma trovandosi in fuorigioco nel momento della partenza del passaggio. Inutile, ma comunque notevole, la parata di Hart sulla conclusione ravvicinata del centrocampista Blues.
Dieci minuti più tardi Torres s’infila in area ricevendo il pallone decentrato sulla sinistra venendo chiuso al momento del tiro dall’ottima scivolata di De Jong.

Al quarantaduesimo buona occasione per Kalou che riceve un bel cross dalla sinistra portato da Malouda per stoppare e girarsi in un fazzoletto, trovando però la pronta risposta di Hart.

La ripresa si apre sulla stessa falsariga del primo tempo, sempre senza grandissime occasioni da rete.
Al sessantunesimo quindi buona chance per Ivanovic il cui colpo di testa dal centro dell’area è però deviato in angolo da un difensore.

Cinque minuti più tardi si va vedere invece Dzeko, il cui colpo di nuca sugli sviluppi di un calcio piazzato battuto dalla sinistra non centra però la porta.
Al settantacinquesimo interessante azione Kolarov-Tourè-Silva col terzino serbo che riesce ad arrivare al tiro, venendo però stoppato da David Luiz.

City cresciuto nella ripresa, quindi, ma che vede il Chelsea passare a dieci dal termine quando Drogba calcia una punizione in area dalla sinistra trovando lo stacco di David Luiz il cui colpo di testa buca Hart per l’1 a 0.

Un paio di minuti ed è ancora su di una punizione battuta da Drogba che il Chelsea si fa pericoloso: la traiettoria del pallone attraversa tutta l’area venendo sfiorata prima da Kolarov poi da David Luiz e terminando poi sul fondo, di poco a lato del palo alla destra dell’estremo difensore Citizens.
All’ottantacinquesimo percussione centrale di Lampard che libera Cole sulla sinistra la cui botta mancina scoccata di prima intenzione è però respinta dalla scivolata di un difensore.

A tempo ormai scaduto arriva quindi il raddoppio: Ramires riceve sulla trequarti spalle alla porta e dopo una piroetta su sè stesso parte centralmente saltando seccamente prima Lescott poi Kolarov per portarsi in area indisturbato freddando Hart con un bel diagonale forte. 2 a 0.

COMMENTO

Partita piuttosto combattuta nella ripresa, dopo una prima frazione abbastanza monotematica.

Nei primi quarantacinque minuti è infatti il Chelsea a fare il match, rimbalzando però più volte contro la buona difesa Citizens.

Nella ripresa, poi, gli ospiti scendono invece in campo più determinati, riuscendo a creare qualcosina di più.

Di fondo resta comunque una verità, a mio avviso: il potenziale del City è notevole posto che a livello di singoli parliamo di una rosa sicuramente di prima fascia. La sua guida tecnica, invece, continua a non sembrare all’altezza.

Senza voler nulla togliere al nostro Mancini, oggi per altro alle prese con un derby tutto italico con il buon Ancelotti, sembra che l’ex allenatore dell’Inter non riesca assolutamente a dare un’impronta soddisfacente ad una squadra che da inizio stagione – quando la seguii in diverse partite – ad oggi continua ad avere un gioco assolutamente non all’altezza e ad essere salvata, quando riesce, dalle individualità più che dal collettivo.

Triste anche, in questo senso, vedere la fine fatta da Dzeko, che a Manchester sembra proprio non essersi ambientato: l’ex stella del Wolfsburg è infatti sotto utilizzato rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare relativamente ad un giocatore di questa qualità e quando gioca, come oggi, non sembra sentirsi propriamente a suo agio.

Fa molto effetto, in tal senso, il suo score: ancora zero reti in campionato.

A margine una piccola nota di colore: vittoria, quella Blues, targata Águias: sia David Luiz che Ramires, difatti, sono stati acquistati dal Benfica.

TABELLINO

Chelsea vs. Manchester City 2 – 0
Marcatori: 79′ David Luiz, 92′ Ramires

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CRONACA

Juve subito pericolosa: dopo nemmeno un minuto di gioco Krasic crossa da destra con la difesa che allontana malamente un pallone che finisce ad Aquilani, il cui destro non inquadra però la porta.
Quattro minuti ed è Pepe a centrare un pallone che viene girato verso la porta da Matri, il cui colpo di testa è però preda di Arcari.

Dopo i primissimi minuti sembra comunque essere il Brescia a prendere in mano il pallino del gioco.
A concretizzare questo lavoro ci prova quindi Nicolas Cordova, il cui destro a giro su punizione fredda Buffon sfiorando però solo il palo alla sua destra.

Al diciottesimo poi mezza papera di Buffon che esce su di una punizione-cross di Diamanti lasciandosi però sfuggire il pallone e causando un po’ di parapiglia nella propria area, con i suoi compagni che accorrono però in suo aiuto per tamponare una situazione che avrebbe potuto trasformarsi da incresciosa a drammatica.
Al ventitreesimo, però, arriva la rete juventina: Cordova liscia un pallone davanti alla propria area, Matri lo alza in direzione di Krasic che calcia di mezzo collo esterno, bucando imparabilmente Arcari per l’1 a 0.

Sette minuti più tardi bell’azione sulla destra della Juve con Sorensen che si sovrappone a Krasic per centrare un cross basso molto interessante che è però bucato sotto porta da Matri.

Al quarantaduesimo c’è però il pareggio delle Rondinelle: Vass crossa da sinistra, Chiellini si fa scavalcare dalla traiettoria ed Eder colpisce al volo bucando Buffon e la sua uscita: 1 a 1.

Ad inizio ripresa buona occasione per Pepe che sugli sviluppi di un angolo riceve al limite dell’area piccola, incartandosi però con il pallone tra i piedi senza riuscire a colpire a rete.
Poco più tardi un rimpallo al limite libera Matri in area che ci mette però troppo a colpire a rete, venendo chiuso dal tackle scivolato di Zambelli.

Al cinquantesimo bella iniziativa di Del Piero che si allarga a destra andando a trovare il fondo per crossare un bel pallone nel mezzo laddove Aquilani viene però anticipato dal solito Zambelli.
Sei minuti più tardi un tiro di Aquilani è rimpallato da un difensore e Chiellini si trova tutto solo in area con la palla al piede, ma cincischia troppo e si fa chiudere dal ritorno di un difensore.

Un altro paio di minuti e Pepe effettua un lancio splendido per Krasic che semina Daprelà in velocità per andare a stoppare il pallone in area presentandosi a tu per tu con Arcari, calciando però il pallone molto male (ignorando, per altro, Matri, che stava accorrendo in mezzo).
Juve che crea le occasioni più interessanti di questo inizio di ripresa, Brescia che abbassa un po’ il baricentro rispetto ai primi quarantacinque minuti di gioco.

Al sessantaquattresimo prova a farsi rivedere in avanti il Brescia con Eder che calcia da fuori senza però trovare lo specchio di porta, pur sfiorando il palo alla sinistra di un Buffon battuto.

Al sessantottesimo Del Piero parte dalla trequarti, punta l’area inseguito da un paio di uomini, ne salta un terzo e calcia dal limite, bucando Arcari. 2 a 1.

Due minuti ed il Brescia resta in dieci: Mareco effettua un’ostruzione su Matri guadagnandosi il secondo giallo della sua partita.
All’ottantacinuesimo Del Piero lancia Krasic nello spazio il che centra un pallone liberato però in corner dalla difesa.

Sullo sviluppo dell’angolo bel colpo di testa di Toni che mette in difficoltà Arcari, che però respinge. Sulla palla arriva quindi Krasic che potrebbe effettuare un tap-in facilissimo ma viene disturbato da Chiellini, che per arrivare sul pallone finisce per spingerlo e metterlo fuori tempo, con la palla che quindi, colpita, termina sul fondo.

COMMENTO

Buon Brescia nel primo tempo, discreta Juventus nella ripresa. Nel complesso partita certo non esaltante che poteva finire un po’ in qualsiasi modo e che è stata decisa dalla giocata di un singolo, Alessandro Del Piero, che a trentasei anni sa ancora decidere i match da par suo. La classe non è acqua, del resto, ed è il minimo dare a lui il titolo di MVP del match.

Juventus comunque ancora ben lontana dall’essere anche solo lontana parente di quella Juve che potemmo apprezzare prima di Calciopoli.

Difesa spesso un po’ in affanno, centrocampo spesso con poche idee, attacco tutto sommato asfittico.

Dal canto loro le Rondinelle dimostrano invece, specialmente nei primi quarantacinque minuti, di non meritare la brutta posizione di classifica che occupano: squadra capace di mettere sotto praticamente per l’intero primo tempo gli avversari con un gioco ragionato per quanto poco incisivo.

Nota a margine: ritmi comunque piuttosto bassi. Il calcio inglese è ben altra roba.

TABELLINO

Juventus vs. Brescia 2 – 1
Marcatori: 23′ Krasic, 42′ Eder, 68′ Del Piero.

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E’ stato presentato ad inizio mese da Adidas e UEFA – oltre che dai rappresentanti dei tre club londinesi ancora in corsa per la finale, Arsenal, Chelsea e Tottenham – ”Finale London”, il pallone ufficiale della prossima finale della UEFA Champions League, che si terrà a Wembley il prossimo 28 maggio.

Finale London, che segue il Finale Madrid di cui vi parlai lo scorso anno, diventa così l’undicesimo ideato da Adidas e dedicato alla massima competizione continentale europea.

Il design della sfera è stato studiato per ricordare la croce di San Giorgio, vessillo originariamente utilizzato dalla Repubblica di Genova prima e dai Crociati poi e che venne in seguito adottato proprio dall’Inghilterra, la cui capitale farà da sede alla finale.

Match che si disputerà quindi nel leggendario stadio di Wembley, che ospiterà l’ultimo atto della competizione per la sesta volta nella propria storia, record assoluto.
Al riguardo si è così espresso Giorgio Marchetti, direttore delle competizioni UEFA: “Ci aspettiamo una grande serata di calcio con 90.000 spettatori e due grandi squadre europee. Lo starball è un’icona della Champions League e utilizzarlo è un grande privilegio”.

Marchetti che riguardo al Finale London ha poi aggiungo: “Ogni anno abbiamo un nuovo pallone, e la stessa cosa accade per ogni finale; è importante sottolineare l’unicità di ogni finale mettendo insieme gli elementi della Champions League e quelli della città in cui si gioca”.

Pallone ideato sfruttando la stessa tecnologia del precedente, ovvero sia con l’inserimento di pannelli a stella.

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Ieri notte si è consumata in quel di Ibarra una sfida che mai e poi mai avrei potuto perdere, quella tra il Cile del funambolico Bryan Rabello ed il Brasile di Lucas Piazon, sogno di mezza Europa del pallone.

Partita che ogni appassionato che si rispetti non poteva lasciarsi scappare già solo per la presenza del nuovo Kakà verdeoro, talento strombazzatissimo di cui tutti abbiamo sentito parlare lo scorso gennaio quando venne a Torino per visitare la città e le struttere di allenamento bianconere: come ricorderete, difatti, la società di Corso Galileo Ferraris aveva già trovato l’accordo con quella paulista per il trasferimento del ragazzo nel capoluogo piemontese e quell’occasione serviva proprio per cercare un punto d’incontro anche con Lucas ed il suo entourage.

E’ però notizia proprio di questi giorni che il ragazzo, dopo un paio di mesi di riflessione, ha deciso cosa farne del proprio futuro: rifiutata la proposta bianconera ecco quindi l’accettazione di quella Blues, con il Chelsea pronto a spendere una bella vagonata di milioni per convincere il San Paolo e la famiglia a far trasferire il ragazzo in Inghilterra.

Scelta capibile, quella di Lucas: Abrahmovic pare gli garantirà infatti uno stipendio praticamente doppio rispetto a quello offertogli da Marotta.

Neanche il tempo di firmare per i londinesi ed ecco il via ad una gazzarra tutta italica: giornalisti pronti a spalare letame sulla società, tifosi furibondi ed altre amenità di cui faremmo sinceramente a meno.

Andiamo con ordine: c’è chi parla di figuraccia, ma al riguardo vorrei dire un paio di cosette.
Innanzitutto Piazon non è il primo e non sarà l’ultimo giocatore a rifiutare un’offerta per accettarne un’altra. Per altro molto più vantaggiosa.
Poi è spesso prassi, in particolar modo quando si tratta di ragazzi giovani, che giocatore e famiglia siano invitati dalla società a prendere visione delle proprie strutture. Del resto ne parliamo sempre con leggerezza, ma lasciare il Brasile per trasferirsi a Torino è un cambiamento radicale di vita, non proprio una cosa da poco. Credo sia il minimo, in questo senso, permettere all’entourage di un ragazzo solo diciassettenne di saggiare con mano l’ambiente in cui il loro assistito dovrà trovarsi a vivere.

Il punto centrale è che tutto il can can attorno alla visita di Piazon a Torino fu creato proprio dai media. Quelli stessi media che ora gettano fango addosso ad una dirigenza incapace, secondo loro, di chiudere un acquisto praticamente fatto e sbandierato da più parti.
Peccato solo che quelle bandiere fossero proprio loro stessi, che si gettarono a capofitto sulla notizia per poterci speculare sopra.

Personalmente davvero non capisco cosa ci sia di ridicolo in tutto ciò.
Trovato l’accordo con un dato club per il trasferimento di un giovane interessante si invita lo stesso nella propria città, cercando poi un accordo relativo al contratto. Normalissimo, in questo senso, porsi un tetto massimo d’ingaggio che, in questo caso, pare si aggirasse tra i cinquecento ed i seicento mila euro.

Nel momento in cui il ragazzo riceve un’offerta doppia credo sia altrettanto normale che questo scelga secondo i propri interessi e non è scritto assolutamente da nessuna parte che una società per il sol fatto di averlo invitato a visionare le proprie strutture di allenamento sia a quel punto in qualche modo costretta a rilanciare.

Tanto fango per nulla, insomma.
Poi lungi da me voler difendere a spada tratta una dirigenza che di errori dal suo insediamento ne ha sicuramente commessi molti, ma anche il veder muovere critiche un po’ inique non mi sembra affatto giusto.

Per altro fa molto riflettere anche il livello medio dell’informazione italiana.
Oltre a gettarsi a capofitto su di una semplice visita di cortesia giusto per fare audience, infatti, alcuni giornalisti si sono messi a tessere le lodi di un giocatore che probabilmente non avevano mai nemmeno visto in azione.

Emblematico, in tal senso, il paragone portato in relazione al ragazzo, etichettato come nuovo Kakà.

Dopo averlo visto giocare contro il Cile, laddove è stato schierato prima punta (esattamente come successo nel corso dell’esordio disputato contro il Venezuela), posso dire che di Kakà non ha moltissimo se non lo stesso club di provenienza, il fisico piuttosto slanciato e quella faccia pulita da bravo ragazzo della Brasile bene.

Che credibilità può avere, quindi, chi parla di un giocatore senza nemmeno conoscerne minimamente le qualità?

E qui aprirei una piccoli parentesi che con Piazon centra solo relativamente: di paragoni astrusi ne ho sempre letti tanti, la maggior parte dei quali basati proprio su fattezze fisiche, nazionalità ed altre sfumature di questo tipo.
Laddove invece un paragone dovrebbe essere fatto basandosi sulle qualità tecnico-tattiche di un giocatore, il tutto partendo dal presupposto che ogni ragazzo, nel suo complesso, è assolutamente unico e quindi comunque un paragone non può essere che un modo per spiegare a grandi linee le caratteristiche dello stesso a chi non l’ha mai visto giocare.

Tornando alla partita di ieri, quindi, se parlassi di Piazon come di nuovo Kakà darei, a chi non l’ha mai visto giocare, un’informazione assolutamente fuorviante: così facendo, difatti, vi porterei a pensare di essere di fronte ad un trequartista moderno capace di rapidi attacchi in verticale partendo da lontano quando, invece, Lucas è una punta con ben altre caratteristiche.

Accostando Wallace a Cafù, invece, non voglio certo dire che il primo sia, appunto, il nuovo Cafù. Quanto più far capire come ci si trovi di fronte ad un terzino destro dalle spiccati doti offensive e che, esattamente come l’ex romanista, pare anche essere dotato di ottima gamba.

E chissà che un giorno non si arrivi a scrivere solo paragoni che, appunto, possano far intuire le caratteristiche tecnico-tattiche di un giocatore, anziché fuorviare i tifosi…

Tornando al caso Piazon chiudo quindi con una valutazione minima rispetto al giocatore ed all’operazione che lo porterà al Chelsea.

Ciò che già prima di vederlo giocare un po’ mi dava da riflettere era il fatto che arrivato a diciassette anni ancora non avesse esordito nel suo club di provenienza, il San Paolo.
E parliamo di Brasile che, giova dirlo, certo non è l’Italia: là, difatti, i giovanissimi vengono lanciati con molta più facilità rispetto che nel Belpaese.

I casi sono molteplici, anche piuttosto recenti: Neymar esordì un mese dopo aver compiuto i diciassette anni e da lì non uscì mai dal giro della prima squadra. Pato un paio di mesi dopo, disputando però praticamente subito anche un Mondiale per Club in cui realizzò anche una rete (diventando il più giovane marcatore nella storia di una competizione FIFA, battendo quindi l’immenso Pelè).  Solo due casi di ragazzini brasiliani lanciati giovanissimi nel grande calcio, cosa che invece non è stata fatta nel caso di Lucas.

E dopo averlo visto giocare ieri un’idea del perché me la sono fatta.
Una partita è certo troppo poco per giudicare, e lungi da me volerlo fare. Ma in effetti per quanto possa avere del potenziale il buon Piazon sembra oggi essere ancora un diamante molto grezzo, ragazzo che avrà bisogno di tempo e di lavoro per crescere al meglio e poter dimostrare di valere tutte le lodi sperticate sprecate per lui in questi mesi.

Ed anche qui, comunque, ci ricolleghiamo al discorso di prima: in questo periodo ho letto da più parti tessere le lodi di Lucas Piazon. Il tutto sia da parte di giornalisti che di semplici tifosi.
Il problema vero, però, è che la maggior parte di questi non l’avevano mai visto giocare.

Anche al sottoscritto, noto amante del calcio giovanile, è venuta da più parti la richiesta di espressione di un giudizio al riguardo, cosa che però mi son sempre ben visto dal fare, non avendo mai avuto la possibilità di vederlo all’opera.
Com’è possibile, quindi, vedere tutti questi santoni del pallone giudicare un giocatore solo sulla base del sentito dire?

E com’è possibile, ancora, criticarne il mancato acquisto quando mai lo si è visto giocare?

Cose davvero dell’altro mondo.

Intendiamoci: la possibilità che Lucas si trasferisca a Londra e finisca con l’esplodere c’è tutta, ovviamente. Ed in quel caso un bravo andrà rivolto a chi, nell’ambiente Blues, ha deciso di credere ed investire sul ragazzo.

Ciò che personalmente trovo ridicolo sono però tutte quelle persone che giudicano solo sulla base di un sentito dire quando per poter dare un giudizio obiettivo bisognerebbe seguire il giocatore in diverse uscite, farsi un’idea precisa delle sue qualità e delle sue potenzialità e poi – solo allora – definire se lo stesso possa valere o meno un rilancio oltre il milione di euro l’anno offerto da Abrahmovic.
Perché giudicare – e spalare letame – solo sulla base di un sentito dire penso sia un comportamento molto poco etico tanto per un tifoso quanto, a maggior ragione, per un giornalista.

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