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Archive for the ‘Europei’ Category

Sono stati sorteggiati stasera, con due conduttori d’eccezione come gli ex campioni continentali Gullit e Lizarazu, i gironi che vanno a comporre la prima fase dell’Europeo 2016.

Che, ricordo, sarà innovativo rispetto al passato: si passerà infatti dalle 16 squadre qualificate dall’edizione 1996 in avanti (ancora nel 1992 le squadre erano 8) alle attuali 24, col primo turno che diventerà di fatto una sorta di girone preliminare a scremare le 16 squadre che si giocheranno il tutto per tutto in partite secche ad eliminazione diretta, dagli ottavi in avanti.

Questa modifica regolamentare va tenuta ben presente, perché porterà una modifica anche nella qualificazione alla fase ad eliminazione diretta: oltre alle canoniche prime due di ogni raggruppamento, infatti, si qualificheranno anche le migliori quattro terze (su sei). Una scrematura più che un’eliminazione, appunto.

Per questo, partiamo da un presupposto: si tratta di una sorta di “secondo turno di qualificazione”. C’è da aspettarsi che tutte le squadre più forti, anche qualora tentino di suicidarsi sportivamente in Francia, approderanno alla fase ad eliminazione diretta…

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Il girone A è quello dei padroni di casa.

Che tutti leggono come facile e scontato e beh, stante quanto abbiamo detto prima (e cioè che tutte le teste di serie passeranno al 99%), difficile pensare altrimenti.

Anzi, è probabile che i padroni di casa, anche al di là del fattore campo, vincano questo raggruppamento.

C’è comunque da dire che i francesi hanno già iniziato a cercare un modo nuovo per tentare il suicidio, loro che sono sempre così bravi a farlo (negli ultimi dieci anni l’hanno fatto diverse volte), con l’affaire Benzema.

Certo, davanti restano comunque forti (Giroud, Griezmann, Lacazette, Martial, Coman e chi più ne ha più ne metta), ma come al solito saranno loro i primi avversari della Francia.

Alle spalle dei Galletti la lotta potrebbe comunque essere interessante, equilibrata. La Svizzera è una squadra interessante e di prospettiva, anche se rischia di arrivare con il proprio miglior talento – Shaqiri – totalmente appannato.

L’Albania è una squadra molto quadrata, ben allenata dal nostro De Biasi, che in particolar modo contro gli svizzeri giocherà una partita carica di emotività, posto che molti dei loro giocatori sono cresciuti proprio nei cantoni elvetici.

La Romania non è particolarmente talentuosa (anzi, è forse una delle squadre meno talentuose dell’Europeo), però si è dimostrata molto solida nell’ultimo paio d’anni.

Sicuramente sarà interessante vedere chi la spunterà, con la Svizzera che parte come seconda forza del girone.

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Nel secondo raggruppamento troviamo un’altra squadra dedita al suicidio sportivo, l’Inghilterra.

Anche qui sulla carta non dovrebbero esserci grossi dubbi, a patto che i Tre Leoni tengano fede al loro potenziale e non alla loro tendenza suicida.

Alle loro spalle sono curioso di vedere cos’accadrà. Sulla carta non è certo uno dei gironi più interessanti, ma potrebbe essere aperto. Perché i russi non stanno attraversando un momento storico particolarmente positivo, e tutto sommato credo possano aver gioito per questo sorteggio.

Chissà se il Galles dopo aver trovato la qualificazione alla fase finale non abbia in serbo altre sorprese. I vari Bale e Ramsey hanno sicuramente un’occasione importante per scrivere la storia del football del loro paese.

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Il gruppo C dovrebbe essere un po’ più definito.

Davanti a tutti partono di certo – e probabilmente finiranno anche – i tedeschi campioni del mondo.

Seconda forza del girone, a mio avviso, la Polonia della nuova generazione d’oro, di cui ho parlato un paio di mesi fa. Con la stella Lewandowski davanti più alcuni altri buonissimi interpreti nel resto del campo i polacchi avrebbero potuto dire la loro anche in un Europeo più ristretto. Certo non un’outsider per la vittoria finale (poi vabbè, dopo il caso “Grecia 2004” tutto è possibile!), ma una Nazionale che potrebbe togliersi qualche soddisfazione.
Ecco, essere stata inserita con quella che sulla carta è la squadra più forte del mondo non le renderà facile centrare un possibile upset. Perché dal mio punto di vista ci sono almeno un paio di teste di serie cui la Polonia avrebbe potuto anche provare a giocare lo scherzone…

Ucraina ed Irlanda del Nord quindi, sulla carta, dovrebbero giocarsi la terza piazza, provando a strappare uno dei quattro posti utili alla qualificazione.

Poi certo, in campo non ci va mai la carta…

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Sulla carta sicuramente il girone più competitivo del lotto.

Difficilmente la Spagna replicherà il fallimento totale del mondiale brasiliano, ovvio quindi che partiranno per vincere (il loro raggruppamento, ma pure l’Europeo).

Dietro, seconda forza del girone, sicuramente la Croazia. Che se non si fosse complicata le cose con le proprie stesse mani nel corso della qualificazione avrebbe potuto tranquillamente sopravanzarci.

Croati che sono la nazionale, in un certo senso, più “spagnola” tra tutte (le altre che non siano spagna). Col duo Modric – Rakitic a centrocampo (motorino del Real e del Barcellona non per caso) daranno quindi vita ad una sfida sicuramente molto interessante con la mediana iberica.

Dietro a queste due, non senza possibilità di un qualche upset, Repubblica Ceca e Turchia. Per un girone che, come detto, è sicuramente quello sulla carta più interessante. Per quanto ceki e turchi non stiano attraversando momenti brillanti come in passato (1996 per i primi e 2002 per i secondi, ad esempio).

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A bocce ferme penso non ci sia andata così male come molti penserebbero. Certo, Ibrahimovic permettendo.

Allora, il Belgio è una squadra molto talentuosa. Ma ancora un po’ inesperta (i talenti sono praticamente tutti nati negli anni novanta e stanno al massimo alla seconda esperienza a questi livelli, dopo il discreto Mondiale giocato due estati fa). Sulla carta ci partono davanti, ma nello scontro diretto, quantomeno se trovassimo l’amalgama dei tempi migliori, potremmo anche superarli.

Al di là della prima forza del gruppo, comunque, partiamo nettamente davanti a Svezia ed Eire.

Questi ultimi sono sì tignosi, come si dice, ma assolutamente abbordabili. Poi la palla è rotonda, come si dice, e soprattutto ultimamente siamo usciti in gironi più morbidi di questo. Però se dobbiamo andare in Francia con la paura degli irlandesi stiamo a casa direttamente.

Che dire poi della Svezia, se non che è Ibrahimovic + 10?

Certo, si parla di uno dei migliori giocatori del suo tempo, ma è comunque un giocatore solo. Senza di lui, per intenderci, sono abbastanza convinto che la Svezia non sarebbe nemmeno arrivata a questo Europeo allargato.

Che dire, pur non avendo un Ibrahimovic la squadra del 1994 era sicuramente di profilo molto superiore a questa.

Anche qui, sulla carta partiamo favoriti.

In definitiva, quindi, l’obiettivo non può non essere il secondo posto come minimo, con un pensierino al primo. Anche se secondo me questa Italia, che è povera di talento ma meno scarsa di come molti la dipingono, manca in convinzione nei propri mezzi, proprio perché dipinta come scarsa. Speriamo che Conte ripeta il miracolo che già compì al suo primo anno di Juve (quando vinse uno Scudetto con una squadra oggettivamente inferiore a quel Milan, che ancora vantava giocatori come lo stesso Ibrahimovic e lo stellare Thiago Silva, a roster).

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Se l’Ungheria fosse quella dell’Aranycsapat non avrei dubbi su chi vincerà questo raggruppamento. Invece i magiari sono tra le squadre meno talentuose del torneo, e difficilmente passeranno il turno.

Questo perché se il Portogallo è sulla carta la più morbida delle teste di serie, ma comunque non dovrebbe finire fuori se non altro per la presenza del buon Cristiano Ronaldo, Islanda ed Austria sono due squadre rampanti che potrebbero fare da outsider in un po’ tutti i gironi di questo Europeo.

Sarà quindi molto interessante, ammettendo che il Portogallo riesca a vincere il girone, vedere chi tra le due gli arriverà dietro.

Debbo dire che per interesse mi auguro passino comunque entrambe, e che quindi una delle quattro migliori terze esca da qui.


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Le estati del 1974 e del 1982 non verranno mai cancellate dalla memoria del popolo polacco. Anzi, dal suo DNA.

In quei due anni, infatti, una squadra che sino a prima del Mondiale tedesco aveva raccolto una sola partecipazione iridata – con uscita diretta dopo una partita, sconfitta subita dal Brasile ai rigori – seppe stupire il globo, arrampicandosi su sino al terzo gradino del podio.

Erano quelle le nazionali polacche di Grzegorz Lato (capocannoniere dell’edizione 74 con 7 centri) prima e Zibignew Boniek poi.
Furono quelle due squadre capaci di compiere qualcosa di quasi irripetibile per una squadra che era da sempre annoverata (e forse ancora oggi, escluso quel particolare periodo storico, viene annoverata) tra le cenerentole del calcio europeo.

Perché la Polonia nella sua storia prima e dopo quei due bronzi iridati ha il nulla più assoluto, o quasi.

Nel 1936 arrivò quarta ai giochi olimpici, in quell’unica edizione vinta da una compagine Azzurra. Poteva essere l’inizio di una bella storia, invece, ad esclusione di quella precoce eliminazione Mondiale due anni più tardi, il nulla più assoluto.

Nessun’altra partecipazione a Mondiale ed Europei (al torneo continentale la Polonia si qualificherà per la prima volta nel 2008) sino a che il grande circo del calcio non decise di tornare in Germania, terra con cui i polacchi hanno un evidente rapporto di amore-odio.

In casa dei loro vicini, infatti, seppero migliorare quel quarto posto olimpico (sì, in quel 1936 le Olimpiadi vennero disputate nella Berlino nazista di Hitler, che solo tre anni più tardi invaderà la stessa Polonia dando di fatto inizio alla Seconda Guerra Mondiale) centrando il bronzo iridato.

Dopo l’uscita al secondo turno al Mondiale del ’78 ecco il secondo bronzo, quello di Spagna ’82.

Da lì in poi ancora poco o nulla, con il calcio polacco che ha ripreso a dare segni di vita giusto con l’avvento del nuovo millennio: tra il 2002 ed il 2012 due partecipazioni Mondiali e due Europee, in entrambi i casi con eliminazione al primo turno.

E oggi?

Oggi – anzi, ieri sera – la Polonia è riuscita a dare continuità alla sua partecipazione europea (è stata presente alle ultime due edizioni) battendo l’Irlanda in quello che di fatto era uno spareggio qualificazione e chiudendo il proprio raggruppamento un sol punto alle spalle dei cugini tedeschi, Campioni del Mondo in carica.

La squadra non ha quindi fatto nulla di eccezionale e con ogni probabilità non andrà in Francia a fare la voce grossa. Però credo si possa dire senza gran timore di smentita che quella che sta uscendo oggi sembra essere la Nazionale migliore dal post 1982 in poi.
Una squadra che ha un condottiero di valore mondiale (un po’ come poteva essere quel Boniek dell’epoca) ed una serie di giocatori affidabili e di buon livello.

Certo, non una squadra completa e talentuosa come altre (tra le “outsider” mi viene in mente sicuramente il Belgio, per non parlare ovviamente delle big stile Germania, Francia o Spagna che sulla carta sono di ben altro retaggio), ma comunque un buon gruppo di giocatori che trovando le giuste alchimie e, perché no, il giusto stato di forma in quel mese di competizione potrebbe anche provare a stupire.

Il campione di valore mondiale, manco a dirlo, è ovviamente Robert Lewandowski.

Capitano dei Biało-czerwoni, è ormai arrivato alla piena maturità sportiva. E si vede.
Ad oggi è sicuramente tra i migliori centravanti al mondo (fare classifiche precise è impossibile, ed ognuno ha giustamente il proprio punto di vista. Converrete però con me che è innegabile sia tra i migliori in assoluto, oggi). Forse il più completo.

Unisce fisico e senso del goal da centravanti vecchio stampo ad una tecnica raffinata che non così di sovente è possibile riscontrare in giocatori con le sue misure.
Non è comunque il classico centravanti d’area che si limita a passeggiare per novanta minuti in attesa di poter affondare la stoccata buona: Lewandowski è anzi un giocatore di grande lotta e molto movimento, che svaria su tutto il fronte di gioco e dà una mano alla manovra, che tiene palla e fa salire la squadra, che fa reparto da solo e lotta coi difensori su ogni pallone.

Robert Lewandowski è il condottiero di questa squadra, che sembra seguirlo fedelmente. Non è quindi un caso il fatto che sia proprio lui il capocannoniere di queste qualificazioni europei, con ben 13 goal all’attivo (pareggiato il record storico del nordirlandese David Healy): alle sue grandi doti da finalizzatore si unisce la disponibilità della squadra a lavorare e metterlo nelle condizioni di concludere.

Robert Lewandowski è il simbolo di questa squadra, ma non è certo l’unico giocatore di valore della rosa.

Rimanendo all’attacco c’è sicuramente da tenere d’occhio il giovane Arkadiusz Milik, classe 1994 in forza all’Ajax.

Fisico da corazziere abbinato a buona mobilità, Milik è una delle nuove sensazioni del calcio polacco, nonché di certo uno dei calciatori deputati a dare continuità anche sul lungo periodo al recente periodo di rinascita del movimento calcistico nazionale.

E’ comunque scendendo a centrocampo che si può trovare quello che è forse, ovviamente dopo Lewandowski, il mio giocatore preferito di questa squadra: sto parlando di Grzegorz Krychowiak, mediano di lotta e di governo ormai alla seconda stagione in forza agli spagnoli del Siviglia.

Adattabile anche come interno di centrocampo ed all’occorrenza difensore centrale, Krychowiak si fa forte di un fisico potente e ben strutturato e di una spiccata intelligenza tattica, che lo porta a trovarsi spesso al posto giusto.
Pur non essendo tecnicamente dotato quanto il suo capitano ha sicuramente tutto, sia dal punto di vista calcistico che personale, per diventare uno dei punti di riferimento dei Biało-czerwoni per gli anni a venire.

Arrivato ai 25 anni di età sta entrando in quel periodo della carriera in cui raggiungerà il giusto mix di esperienza e forza fisica. Non credo il Siviglia se ne libererebbe per due spicci, ma resta sicuramente un giocatore che terrei d’occhio anche in ottica mercato…

Altro centrocampista molto interessante, dalle doti più offensive rispetto a Krychowiak, è il giovanissimo Karol Linetty, classe 1995 ma ormai già stabilmente nel giro della nazionale maggiore (pur essendo in pieno in età da under 21, trattandosi del biennio dei 94/95).

Mezz’ala offensiva del Lech Poznan, mostra ottimo controllo e già sapiente gestione della sfera. A tutto ciò abbina anche una buona capacità di gestire la pressione che certi palcoscenici e certe partite comportano.
Se è in grado già oggi di dare il proprio contributo sostanzioso e sostanziale alla squadra, è molto probabile che saranno dai suoi piedi che passerà la manovra polacca del futuro.

Interessante sarà capire come evolverà la sua carriera: a maggior ragione con l’impiego agli Europei il suo nome finirà sulle bocche di molti operatori di mercato, ma chissà che qualche osservatore più sveglio di altri non convinca i propri referenti a muovercisi prima…

Parlando di giovani centrocampisti, anche se dal futuro molto meno assicurato, permettetemi di riproporvi due nomi che vi feci già più di un anno fa: Krystian Bielik ed Hubert Adamczyk, due classe ’98 che non credo proprio faranno parte della spedizione in Francia ma che potrebbero portare linfa vitale alla squadra negli anni a venire…

Restando in mediana, ma allargandoci in fascia, impossibile non citare il neo viola Jakub Błaszczykowski, ala destra capace di adattarsi in ogni posizione possibile del suo out di competenza che dopo qualche periodo fisicamente complicato passato al Borussia Dortmund, squadra nella quale si è affermato al grande calcio, sembra stia riuscendo a ritrovare continuità all’ombra della Torre di Giotto.

Le qualità del giocatore non si discutono, la sua esperienza internazionale nemmeno: qualora continuasse come ha iniziato questa stagione la Polonia avrebbe un’ottima freccia in più al suo arco…

Sempre parlando di esterni bene citare anche Kamil Grosicki del Rennes, giocatore di discreta qualità.
Per quanto concerne la quantità mi ha invece stupito molto Krzysztof Mączyński, un giocatore che fino a ieri non conoscevo: instancabile.

Venendo alla difesa, sono sicuramente due i giocatori-copertina: il “nostro” Kamil Glik ed il buon Łukasz Piszczek, che a differenza di Lewandowski e Błaszczykowski gioca ancora al Borussia Dortmund.

Il primo viene da un’annata straordinaria giocata in maglia granata: quasi perfetto dietro, praticamente devastante davanti.
Una stagione forse irrepetibile, ma di certo se dimostrasse lo stesso stato di forma anche in Francia sarebbe una bella sicurezza per la Polonia.

Il secondo è invece un esterno a tutta fascia, capace tanto di disimpegnarsi come esterno di difesa che di agire più alto a seconda delle necessità.
Un giocatore ormai nel pieno della sua maturità e che potrebbe non avere più chance di scrivere parole di fuoco nella storia del calcio del proprio paese, se è vero che qualificarsi ad un Mondiale è più complicato che non farlo ad un Europeo, e che alla prossima manifestazione continentale lui ci arriverà da 35enne…

Dove potrà arrivare questa squadra è difficile dirlo, ancor più senza conoscere le composizioni dei gironi dell’Euro 2016.
Di certo c’è che passando le prime due di ogni girone più le quattro migliori terze le possibilità di approdare agli ottavi di finale saranno molte per tutti. Ed è questo l’obiettivo minimo che, a bocce ferme, la Polonia si deve porre.

Una volta passato il primo turno, poi, le cose potrebbero andare un po’ in ogni modo. Di certo, soprattutto in caso di accoppiamento favorevole, i quarti di finale potrebbero non essere un’utopia. Difficile però pensarli oltre, tra le quattro migliori del continente.

Ma se è vero come è vero che nel 2004 ad imporsi fu la modesta Grecia di Rehhagel, ecco che un minimo di credito devono averlo anche i polacchi, sicuramente tra le possibili squadre outsider di Francia 2016…


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Tre giorni fa ho pubblicato l’intervista al giovane blogger albanese Enxhi Fero sui fatti di Serbia-Albania: l’invasione del drone con la bandiera della “Grande Albania”, il parapiglia tra i giocatori, l’invasione dei tifosi, le tristi scene di violenza.

Beh, non parteggiando per nessuno, e volendo semplicemente provare ad approfondire quella triste vicenda, ho voluto sentire anche la cosiddetta “altra campana”.

Ho quindi contattato un grande conoscitore di calcio come Lazar Perovic per affrontare anche con lui la questione. Vista, questa volta, con gli occhi di un giovane serbo.

Partiamo dalla bandiera: avrebbe fatto differenza se al posto di quella della “Grande Albania” fosse volata sul campo la bandiera dell’Albania per come la conosciamo oggi? Insomma, l’affronto è stato il volo di una bandiera straniera o il volo di QUELLA bandiera?

Inizialmente, nessuno aveva capito che si fosse trattato di una bandiera raffigurante la “grande Albania”: ciò che si intravedeva era solamente l’aquila nera a due teste su sfondo rosso. Di conseguenza, ritengo che non avrebbe fatto molta differenza. Ciò che per me è stato assolutamente geniale, per quanto concerne il loro gesto, è l’aver fatto volare proprio nel centro di Belgrado e di fronte al presidente Nikolić e a tutti i vertici serbi, una bandiera raffigurante l’Albania “etnica”, così come la chiamano e considerano gli albanesi. Meriterebbero la vittoria a tavolino solo per aver pensato e organizzato in modo così perfetto tutto quanto. Era impossibile aspettarsi una cosa simile. È lampante che alla base di questa vicenda ci sia stata un’organizzazione non indifferente. Sono convinto che abbiano iniziato a pensarci sin dal momento del sorteggio e che tale progetto disfattista non sia stato architettato da uno o due albanesi qualsiasi, bensì da qualcuno di decisamente importante. Non sapremo mai la verità, probabilmente.

Legittimabile un atto violento non può esserlo mai. Ma quanto è capibile, da chi ha radici in quei luoghi, che il “semplice” volo di una bandiera possa scatenare la violenza che abbiamo potuto vedere in campo?

Non si tratta del “semplice volo di una bandiera”. Il gesto provocatorio degli albanesi non è da sottovalutare. Il loro sogno irrealizzabile è la creazione di ciò che la bandiera rappresentava, tale “Albania etnica”: uno stato popolato da soli albanesi e comprendente territori storicamente sempre appartenuti a stati quali la Serbia, la Grecia, la Macedonia e il Montenegro. Il “semplice volo di una bandiera” è stato motivo di orgoglio e giubilo negli incredibili festeggiamenti tenutisi successivamente a Tirana; i giocatori sono stati accolti come eroi nazionali per aver difeso una bandiera della quale, a mio parere, il 95% degli albanesi non conosceva nemmeno l’esistenza, o quantomeno il significato, prima che scoccasse il quarantaduesimo minuto della partita. Quella bandiera, effettivamente, non rappresenta alcunché di tangibile, se non il sogno “sovversivo” di una popolazione, e perciò mi ha stupito negativamente Cana per aver dichiarato che “quella della Grande Albania è la bandiera più bella del mondo”. Chi invece ho veramente apprezzato è stato Ivanović che, prima dell’inizio della partita, si è recato nello spogliatoio della squadra albanese per stringere la mano a ciascun giocatore avversario e ricordare il reale scopo della partita stessa: il calcio è uno sport e, in quanto tale, dovrebbe alimentare una sana competizione in grado di eludere i conflitti politici, etnici o religiosi; il match in questione avrebbe dovuto rimanere tale e non degenerare in un trionfo di violenza. Io, dal canto mio, la penso come il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, che ha dichiarato che si è trattata di una “provocazione irresponsabile”. È stato un gesto gravissimo ed inoltre estremamente pericoloso, che solo per l’intervento dei giocatori serbi non è ulteriormente degenerato. Poteva finire in tragedia, e non esagererei nel dire che ci sarebbe potuto “scappare” anche il morto.

Il volo della bandiera è stato letto come una provocazione. La violenza che ne è scaturita resta comunque totalmente esecrabile. Cosa pensi della decisione presa dalla UEFA al riguardo? E ancora, cosa avresti fatto tu, se avessi potuto decidere?

Si è trattato chiaramente di una gesto provocatorio. Agli avversari non interessava la partita, basti notare la foga con la quale tre giocatori albanesi si sono avventati su Stefan Mitrović, il quale aveva raccolto la bandiera per consegnarla al quarto uomo e riprendere l’incontro. Se avessero voluto giocare veramente, avrebbero lasciato Mitrović agire in tal modo. Invece no. Non è evidentemente andata così. La vicenda è degenerata: alcuni tifosi serbi sono riusciti ad arrivare in campo, eludendo la sorveglianza; altri, sono stati allontanati dagli stessi giocatori della squadra di casa, i quali hanno difeso, contro ogni aspettativa, i giocatori albanesi. L’UEFA ha preso la decisione più giusta. Penso che l’aver concesso il 3-0 a tavolino in favore della Serbia, il farle disputare due partite a porte chiuse, e l’aver multato entrambe le federazioni con 100.000€ ciascuna, siano state decisioni complessivamente equilibrate. Io, personalmente, avrei evitato di togliere i 3 punti alla squadra serba per una questione di correttezza nei confronti della scelta precedente di assegnare la vittoria a tavolino.

Giusto ieri ci sono stati disordini tra tifosi anche in un’altra “zona calda” dell’est Europa, l’ex Cecoslovacchia. Dove evidentemente alcuni dissapori continuano a sfrigolare sotto la cenere. Ancor più era quindi preventivabile che Serbia-Albani potesse essere una partita a rischio. Tre posizione: giusto giocarla, meglio non giocarla o era opportuno scegliere una via di mezzo come disputarla a porte chiuse o in campo neutro?

L’errore è stato quello di permettere che Serbia e Albania si affrontassero nel medesimo girone. La trovo una scelta assurda, dettata dall’irresponsabilità organizzativa della UEFA. Si sapeva sin dal momento del sorteggio che sarebbe successo qualcosa. Ciò che più mi spiace è che l’incontro tra i due premier Vučić e Rama, previsto per il 22 ottobre a Belgrado, è stato rinviato a data da destinarsi. È dal 1949, anno in cui Tito e Henver Xoxha si incontrarono, che ciò non accade. Stiamo parlando di ben più di mezzo secolo. Quello che sarebbe dovuto accadere il 22 ottobre 2014, avrebbe potuto essere un piccolo segnale di distensione e un modo per normalizzare i rapporti.

Infine, il pensiero corre già al match dell’anno prossimo, la gara di ritorno. Certo non sarà una partita normale. Come agire onde evitare si ripetano i problemi visti settimana scorsa?

Manca un anno a quella partita, ma credo sia praticamente certo che essa verrà giocata o in campo neutro o a porte chiuse. Perciò, ritengo che, salvo imprevisti, non ci saranno problemi di grossa portata. Confido in una organizzazione più efficace e sicura per i giocatori.

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Il match tra Serbia  e Albania, culminato con gli scontri tra campo e tunnel che porta agli spogliatoi, ha segnato una triste serata per il calcio europeo.

Tanto se ne è parlato, un po’ su tutti i media. E nonostante solitamente prediliga occuparmi di situazioni prettamente calcistiche in questo caso non potevo esimermi dal parlarne anche io. Con un po’ di ritardo, ma il tempo è quello che è per tutti.

Perché dico per tutti?

Perché per affrontare questo discorso così spinoso mi sono rivolto ad un grande conoscitore di calcio albanese, il blogger Enxhi Fero.

Con lui ho provato, nella chiacchierata che segue, ad esplorare i perché ed i riverberi dell’invasione da parte del drone con tanto di drappo, e di tutto quello che ne è conseguito e potrebbe conseguirne nei prossimi mesi.

Ma prima, per poter contestualizzare il conflitto e l’odio latente che vive ancora oggi tra serbi ed albanesi vi invito a fare un giro su Wikipedia, più precisamente a leggere questa pagina.

Enxhi, veniamo al match. Perché il volo di quel drone sullo stadio, con i fatti che ne sono seguiti a stretto giro di posta, ha scatenato il pandemonio, violento, che si è poi visto in campo?

Teoricamente perché rappresenta la “Grande Albania”: ovvero l’immaginaria Albania che comprenderebbe tutti i territori di etnia albanese. Come per esempio la parte Nord-Ovest della Macedonia, quella Nord della Grecia e gran parte del Kosovo. Dico teoricamente perché secondo me il drone con la bandiera è stato soltanto una scusante per scatenare tutto quello che il mondo ha visto. Per due semplici motivi: prima di tutto sono sicurissimo che in mezzo al campo nessun giocatore “abbia fatto” caso se la bandiera raffigurasse la grande, la media o la piccola Albania. Io penso che quello che abbia fatto surriscaldare la tifoseria di casa, come anche i giocatori albanesi, sia stata la bandiera. Per i serbi, perché volevano reagire a questa sorta di “affronto”. Quale affronto? La UEFA aveva proibito a qualsiasi tifoso albanese di arrivare a Belgrado, e inoltre aveva proibito qualsiasi manifestazione (bandiere, striscioni e così via) pro-Albania da parte dei quarantacinque albanesi presenti. Questo è l’unico motivo. I tifosi serbi non sono scesi in campo perché hanno visto raffigurata “la Grande Albania”, quello è apparso dopo attraverso tv, giornali, media. Proprio seguendo questa linea, infatti, si spiega il perché della reazione dei giocatori albanesi come Xhaka, Lila e Balaj. Nessun atto politico, soltanto il voler portare “la propria bandiera in salvo”, e di fatti fino a quando la questione è rimasta tra i giocatori in campo, brutte scene non si sono viste. Il secondo motivo invece che mi induce a non pensare che il caos si sia scatenato da una “provocazione politica” sono le immagini e i video dei quarantadue minuti di gioco. Se proprio vogliamo metterla sul piano politico, lo stadio era pieno di striscioni come “il Kosovo è Serbia”, oppure di bandiere come quella della Grecia, nazione storicamente “avversaria” dell’Albania. Per non parlare poi dei cori “uccidi l’albanese” e così via. Ripeto, a mio parere il drone con la bandiera è stato soltanto una scusante. Chi ha visto la partita sa che poteva succedere qualcosa da un momento all’altro.

Si è scritto molto della vicenda, imputando anche persone che con ogni probabilità non c’entravano nulla con il volo del drone. Cosa si sa, ad oggi, degli organizzatori di questo volo?

Il primo che è stato indicato come colpevole è stato il fratello del primo ministro albanese, Orfi Rama. Notizia assolutamente falsa, pubblicata dai media serbi proprio per alimentare questo clima di tensione e per mettere la questione su un piano politico. Nonostante ripetute smentite, molti media serbi hanno pubblicato che comunque Orfi Rama è stato arrestato. Vorrei smentire una volta per tutte: come dichiarato dallo stesso fratello del primo ministro, lui stava riprendendo i fatti con il suo tablet e questo ha indotto a pensare che fosse lui a pilotare il drone. Dopo esser stato controllato dalla polizia per un paio di minuti, tutto è tornato alla normalità. Quindi, nessun arresto! Per quanto riguarda chi sia stato veramente, l’ipotesi ora più plausibile sembra essere un ultras della storica tifoseria organizzata “Ballistet”. Piccola presentazione. I Ballistet sono gli ultras dello Shkendija Tetove, squadra del campionato macedone ma fondata da albanesi, e proprio la città di Tetove appartiene a quella zona del territorio macedone di etnia albanese. Dicevamo, le “colpe” sembrano ricadere su di lui perché in un commento di un mese fa su Facebook, aveva annunciato già che “stava concentrando tutte le sue forze per Belgrado”. Con annessa bandiera che poi si è vista nello stadio del Partizan. Vero o no questo non lo so, anche perché io penso che il vero “colpevole” non si saprà mai. Personalmente non escludo nemmeno l’ipotesi che il drone sia partito dalla tifoseria di casa. In queste situazioni tutto può essere, mai dire mai.

La gara è stata troncata proprio per le violenze che si sono susseguite al volo del drone. Cosa ti aspetti ora dalla UEFA? Si rigiocherà o verrà assegnata la vittoria a tavolino all’Albania?

Se fossi la UEFA penso che non ci dovrebbero essere dubbi. I fatti sono chiarissimi, e se per loro non lo sono ci sono le immagini e i video che lo testimoniano. Io assegnerei la vittoria per zero a tre a tavolino per l’Albania, con conseguente squalifica del campo per qualche anno per la Serbia. Tutto questo, non perché sono albanese ma perché penso davvero che i fatti parlino chiaro. Ci sono troppi elementi che vanno contro la squadra di casa, mentre per l’Albania c’è soltanto “la provocazione politica”, che secondo me è non è stata tale ma va bene lo stesso. Questo è il mio pensiero, ma se dovessi pensare a cosa realmente deciderà la UEFA tutto cambierebbe: ascoltando le dichiarazioni di Platini (“e se ci fosse stata una bomba?”) e Blatter, penso che i provvedimenti verranno divisi in ugual maniera. A quanto pare, per loro il drone con la bandiera è più da punire rispetto a quel tifoso che con un seggiolino di plastica ha colpito Bekim Balaj. Per questo, non so in che modo però, dal verdetto della UEFA non ne uscirà un “vincitore”.

Gli appassionati, nelle giornate susseguenti al match, hanno discusso molto sull’accaduto, anche sui miei account social. Le posizione sono le più disparate. Due vanno per la maggiore: da una parte c’è chi pensa che l’UEFA avrebbe dovuto impedire che Serbia ed Albania finissero nello stesso girone. Dall’altra chi dice che quantomeno il match andasse giocato a porte chiuse / in campo neutro. Secondo te come avrebbe dovuto gestire la cosa la UEFA?

Inutile fare i moralisti, Serbia-Albania è una partita che non si doveva giocare. Io prima del sorteggio, scherzavo con i miei amici proprio su questo fatto: “Vi immaginate Serbia e Albania in uno stesso girone?” con la certezza però che tutto ciò non sarebbe potuto accadere. Platini a mio parere si dovrebbe dimettere, perché è lui il principale (se non unico) responsabile di tutto quello che è successo martedì. Non puoi decidere di non inserire Spagna e Gibilterra nello stesso girone, e poi fare il contrario con Serbia e Albania che sono in conflitto tra loro da secoli e secoli. Niente campo neutro e porte chiuse: Serbia in un girone e Albania in un altro. Fare i moralisti non serve a nulla, perché poi ci ritroviamo a commentare situazioni del genere.

A prescindere da come finirà questa vicenda, in teoria l’8 ottobre dell’anno prossimo si dovrà giocare il ritorno del match, questa volta in Albania. Posto che le tensioni tra i due popoli sono molto radicate, è difficile pensare che la questione possa sopirsi per allora. Come agire?

Riguardo a questo, penso che la partita di ritorno si disputerà sicuramente a porte chiuse, se non in campo neutro. Dispiace molto per i tifosi albanesi, perché il primo ministro aveva promesso che la partita contro la Serbia si sarebbe disputata nel nuovo “Loro Boriçi” di Scutari che arriverà ad ospitare all’incirca 20.000 persone. Lo sport dovrebbe servire ad unire i popoli, ma quando si ha a che fare con “bestie selvatiche” fare pensieri o ragionare non serve proprio a nulla…

Ovviamente, sono dispostissimo ad ospitare su questo blog anche l’opinione di chi vede le cose dall’altra parte della barricata, ovvero sia da quella dei serbi.

Quindi, ci fosse qualche serbo intenzionato a portare il proprio punto di vista riguardo a quanto accaduto settimana scorsa non deve far altro che contattarmi via mail: francescofedericopagani@gmail.com

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Lo spettacolo di cui abbiamo goduto venerdì sera nel match che ha visto gli Azzurri opposti al modestissimo Azerbaigian è stato ai limiti del raccapricciante (ne ho parlato su Twitter e su Facebook, più precisamente in questo post).

Cinque difensori schierati contro una squadra che ha rinunciato dal primo minuto ad attaccare. Col risultato che o hanno provato a riconvertirsi tatticamente, o si sono trovati a doversi marcare tra loro.

Per altro, ciliegina sulla torta, la Nazionale italiana è riuscita anche a prendere un goal, sommando gli errori di ben quattro giocatori diversi sino a compiere il patatrac finale (prima Bonucci che regala palla, poi Ranocchia che entra molle e perde il rimpallo dovendo concedere l’angolo; infine l’uscita sbagliata di Buffon ed il conseguente stop maldestro di Chiellini, con relativo autogoal).

Ci sono tre cose che stento a capire dell’approccio avuto a quel match.

  1. Perché schierare due terzini come fluidificanti per poi farli giocare spesso quasi in linea con le punte?
    Non sarebbe stato meglio, a quel punto, varare davvero una sorta di 3-3-4 (prendendo a modello quello del profeta Ezio Glerean, che ho spiegato approfonditamente in questo video) con esterni dalle doti spiccatamente offensive? Del resto Darmian e De Sciglio nascono terzini. E’ logico si trovino nella condizione degli adattati, a dover giocare costantemente così alti.
  2. Perché schierare ben tre difensori centrali a fronte, di fatto, di nessuna vera punta in campo per gli azeri?
    Per l’amor di Dio, sulla carta avevano un trequartista (fisso a uomo su Pirlo) ed un paio di punte, praticamente costantemente dietro la linea della palla. Così che Bonucci si trovava spesso a staccarsi centralmente, un po’ in stile Lucio, per gettarsi nella metà campo avversaria. Anche qui, non era forse meglio togliere un uomo alla difesa ed aggiungerlo più avanti?
  3. Il terzo punto è un semplice riflesso dei primi due: perché schierare solo due giocatori dalle doti spiccatamente offensive (le punte) contro una squadra modesta e riluttante al gioco offensivo come l’Azerbaigian?

Problemi di questo tipo sono evidentemente imputabili alla pervicace ossessione del calcio italiano rispetto al motto “Primo: non prenderle”. Che diventa quasi penosa, quando ci si trova a doversi confrontare con squadre dal così basso potenziale tecnico. Come si è dimostrato l’Azerbaigian e come si dimostrerà, per l’ennesima volta, la piccola Malta (al netto di Mifsud, giocatore di livello molto più alto rispetto ai propri compatrioti).

Qualcuno mi risponderà: “Il calcio italiano ha sempre vinto così, col Catenaccio: tre Mondiali, un’Olimpiade, un Europeo. Più tanti altri piazzamenti comunque importati e di prestigio”.

Vero, ma solo in parte. Ed anche la parte vera va comunque interpretata e riletta con gli occhi di un appassionato del 2014.
Ma andiamo con ordine.

In primo luogo non è vero che l’Italia ha sempre vinto col “Catenaccio”, come si dice.

Lo stesso venne proposto per la prima volta nell’ormai lontanissimo 1932 dall’austriaco Karl Rappan, all’epoca allenatore del Servette. Catenaccio che approdò nel calcio tra nazionali sei anni più tardi, quando il mister nativo di Vienna sedette sulla panca della Svizzera.
In Italia questo metodo approdò quindi solo all’inizio degli anni ’40, importato dall’allora coach della Triestina Mario Villini nel Campionato Alta Italia.

Nel frattempo la Nazionale aveva vinto metà di quanto è riuscita a vincere nel corso della sua storia: l’epopea Pozzo (che giocava con una sorta di 2-3-2-3) portò infatti due titoli Mondiali (’34 e ’38, proprio l’anno in cui Rappan propose il Catenaccio a livello Mondiale) inframezzati da uno Olimpico (1936).

In secondo luogo, il calcio cambia ed è in continua evoluzione. Giudicare tutto con gli occhi del passato ha poco senso.

Negli ultimi decenni infatti molte cose sono cambiate. C’è stata ad esempio l’era del tiki-taka, che ha segnato molto profondamente sia il calcio di club che quello internazionale.
Ma non solo.

C’è stato anche uno scadimento generale della qualità del nostro calcio. Così da super star come i pionieri Meazza e Piola si è arrivati al duo Immobile-Zaza. Con tutto il rispetto – ad oggi – inferiore anche ai vari Riva, Rossi, Baggio Vieri, Del Piero, Totti e compagnia cantante.

Da qui si evincono due cose: una, si può anche pensare di evolvere i propri fondamenti di gioco. Discostandosi così sia dal Catenaccio ad ogni costo, che però anche dal Sacchismo sfrenato, con il sistema sempre e comunque al di sopra di ogni invidualità.

L’altra, che se una volta giocare col freno a mano contro le piccole pagava comunque, perché avevi dei fenomeni capaci di risolverti le partite, oggi rischi di fare figuracce assolute (come contro Haiti) o comunque sfiorarle, affidandoti più alle situazioni di palla inattiva che ad altro.

Quindi, cosa vorrei vedere contro Malta?

Semplicemente, una squadra con più giocatori dalle doti spiccatamente offensive in campo. Una squadra che, un po’ come successo al Belgio contro Andorra, scenda in campo e prenda a pallate l’avversario dal primo all’ultimo minuto. Perché quando il divario tecnico è così ampio (la nostra qualità è scaduta, ma resta imparagonabile a cenerentole come Malta ed Azerbaigian) la partita la vinci anche se attacchi per novanta minuti, magari pur concedendo una ripartenza in più all’avversario.

Potrebbe bastare poco. Pensiamo alla semplice sostituzione dei terzini De Sciglio – Darmian con due giocatori spiccatamente offensivi come Candreva e Giovinco, schierati sì quasi in linea con le punte. Il 3-5-2 diventerebbe un 3-3-4 quasi effettivo, e pur senza seguire i principi di gioco di Glerean qualche grattacapo in più ai nostri avversari lo produrremmo sicuramente.

Questo pur salvaguardando i tre difensori dietro. Perché volendo si potrebbe calcare ancor più la mano, facendo uscire una roba del genere:

Ovvero una formazione che vedrebbe una sola sostituzione rispetto quella cui starebbe pensando Conte (Giovinco per uno dei centrali di difesa) ma che sarebbe molto più offensiva (volendo una sorta di 4-2-4, modulo un tempo prediletto dallo stesso C.T. leccese).
L’idea di gioco è questa: due terzini (con Florenzi adattato) molto offensivi, con licenza di salire moltissimo. Due soli centrali di difesa (personalmente schiererei Ogbonna al fianco di Bonucci, sono i due centrali tecnicamente più dotati). Il genietto Verratti a fare taglia e cuci a centrocampo, dove ci sarebbe la sostanza di Marchisio. E poi il duo Candreva-Giovinco a partire larghi ma con licenza di svariare (col primo che in caso di necessità potrebbe anche scalare mezz’ala a dare una mano al centrocampo) e la coppia prescelta in attacco a finalizzare (io, dato che Pellè dovrebbe essere certo del posto, leverei Immobile: Zaza fa molto meglio il lavoro di raccordo col centrocampo, scendendo bene tra le linee).

Contro una squadra che sicuramente penserà solo a difendere, come già fatto dall’Azerbaigian, non varrebbe la pena provare a spingere di più?

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La finale di ieri, nel bene e nel male, passerà alla storia.

Un po’ perché un 4 a 0 non si verifica certo spesso in partite di questa importanza. Un po’ perché non era mai successo che una nazionale riuscisse a vincere due Europei di fila, tantomeno con un Mondiale in mezzo. Un po’ perché la nostra nazionale non era accreditata della finale. E, infine, perché l’Italia è alla terza finale persa, su quattro disputate, negli ultimi 18 anni (Usa 94 ed Euro 2000 le altre).

Questa, però, era assolutamente segnata in partenza. Ancor prima che dalla condizione precaria degli Azzurri dalla strapotenza iberica, che pur non essendosi notata nel derby contro la Spagna era palese sarebbe uscita contro di noi.

Perché diciamolo chiaro: l’Italia contro la Germania ha compiuto un mezzo miracolo e strameritato di vincere. Ma i demeriti tedeschi sono stati altrettanto palesi.

E’ stata proprio la squadra di Low, forse schiava di un complesso d’inferiorità ormai atavico, a metterci in condizioni di vincere, attuando un gioco (verticalizzazioni per una punta statica e traversoni dalla trequarti che difficilmente potevano impensierire difensori come i nostri) assolutamente alla nostra portata.

Il tiki-taka spagnolo, invece, non poteva che far collassare l’ambaradam.

In questo le colpe sono anche – e soprattutto – di Prandelli.

Intendiamoci: onore a lui, che ha saputo comunque guidare alla grande questo gruppo là dove nessuno si aspettava potesse arrivare.

Detto ciò, però, come ha ammesso proprio oggi gli è mancato il coraggio di rivoluzionare la squadra sul più bello, cercando di ovviare a stanchezza ed acciacchi.

Con un risultato chiaro: asfalto spagnolo sulle rovine della squadra che aveva ridicolizzato gli inglesi per poi imporsi alla grande sui favoritissimi tedeschi.

La Spagna era comunque palesemente più forte, certo. Onore a loro.
Peccato solo per quei sospetti di doping che qualcuno continua a muovere all’indirizzo dell’intero movimento sportivo spagnolo. Speriamo solo tra qualche anno non si finisca con lo scoprire l’irreparabile…

Onore alla Spagna, dicevo, ma è giusto sottolineare i demeriti dei nostri, in particolar modo di Prandelli.

Chiellini era palesemente fuori condizione. Infortunatosi prima di iniziare l’Europeo, ha dovuto combattere per un mese contro sé stesso prima ancora che contro gli avversari.
Peggiore in campo dell’11 titolare contro la Germania, sarebbe dovuto rimanere in panca ieri. Per dare spazio a quel Balzaretti che è stato una delle rivelazioni assolute di questo torneo.

Non è certo un caso se l’1 a 0, quello che inizierà ad aprire le prime vere falle nella comunque fragile impalcatura Azzurra, arriverà proprio dalla sua parte.
La pesantezza in quello scatto con cui proverà a chiudere Fabregas è l’istantanea perfetta dell’errore commesso da Prandelli. Che poi sarà costretto a toglierlo dal campo a metà del primo tempo, infortunato.

Altro errore, fondamentalmente quello su cui gli spagnoli hanno potuto costruire la loro vittoria, è l’aver inserito la coppia Balotelli-Cassano.

Difficile lasciarli in panchina dopo quanto fatto vedere in semifinale, siamo d’accordo. Ma regalare due giocatori agli avversari in fase di non possesso è stata la vera sconfitta Azzurra.

Perché logico che così poi i centrocampisti si trovano sempre da soli in mezzo a tre avversari ed il giropalla spagnolo diventa più che elementare.

Fondamentalmente hai due opzioni per attaccare il possesso spagnolo: pressare come fanno loro, che raddoppiano pure le foglie anche oltre la metàcampo, oppure creare grandissima densità quantomeno all’interno della tua trequarti. Impedire quindi si crei anche solo il più piccolo spiraglio. Cosa che fece benissimo l’Inter del Triplete, giocando con undici uomini dietro la linea del pallone. Cosa che non ha saputo fare minimamente ieri l’Italia, pur essendo, dicono, la maestra del catenaccio.

Niente catenaccio, dunque, ma nemmeno la propositività delle ultime partite. Un mix letale che ha portato i nostri, per di più acciaccati e palesemente fuori partita a livello mentale, a subire una batosta che ha preso le forme della goleada quando Prandelli ha compiuto l’ultimo errore di una sua personalissima serata ultra negativa: l’inserimento di Motta al posto di Montolivo.

Inserimento sbagliato per diversi motivi: sul 2 a 0 non ha senso mettere un mediano per un trequartista. Contro gli spagnoli non ha senso mettere in campo il giocatore più statico della squadra. E, ultimo ma non meno importante, non puoi sprecare la terza sostituzione per inserire il più fragile tra i tuoi giocatori.

Detto-fatto Motta dopo pochi minuti abbandona il campo in barella. Stiramento, strappo. Chissà. Fattostà che lì non solo finisce la partita degli Azzurri, ma inizia il dilagamento spagnolo, che resterà negli annali per sempre.

Serata storta, insomma, per Prandelli e per i suoi. Cui va però riconosciuto il merito di esserci arrivati fino alla finale di Kiev. Risultato impensabile solo ventiquattro mesi fa, dopo il tracollo sudafricano.

Ora vedremo in che direzioni andrà questa nazionale.

Perché il secondo posto odierno dovrebbe essere un punto di partenza e non di arrivo, certo. Ma è altresì vero che il faro di questa squadra, Andrea Pirlo, ha ormai 33 anni. E che se non si troveranno alternative valide i prossimi tempi potrebbero non essere così solari.

Prima di chiudere questa parentesi europeo per tornare poi nei prossimi giorni a parlare di squadre di club mi permetto un paio di considerazioni.

Innanzitutto quel benedetto carro. Su cui non c’era quasi nessuno ad inizio Europeo, su cui è salita quasi tutta Italia durante la partita con la Germania, da cui sono scesi praticamente tutti ieri sera.

Un carro su cui io ho messo radici da vent’anni. E da cui non scenderò certo oggi.

Perché si può vincere e si può perdere. Si può meritare o demeritare. Si possono sparare bolidi all’incrocio o sbagliare formazioni. Ma l’Italia resta l’Italia e l’Azzurro il colore in cui mi specchio da quando sono nato.

Nella buona e nella cattiva sorte su quel carro ci resterò. Criticando quando sarà il caso di farlo, come è giusto, incensando quando i ragazzi mi faranno rimanere a bocca aperta, come dopo la partita giocata contro la Germania. Ma sempre e comunque col mio posto ben saldo sotto al sedere.

E spero che come me ce ne siano tanti. I tifosi occasionali si occupino d’altro.

Ma non solo.

Basta moralismi banali e basta sorrisini sciocchi.

Da una parte mi sono dovuto sorbire per un mese una campagna anti-competizione da parte di chi aveva preso molto male – anche giustamente – il massacro dei cani avvenuto in Ucraina. Roba come “voi esultate loro no”, con tanto di foto cruente sicuramente di poco gusto.

Il fatto è semplice: bisogna saper scindere i due discorsi.

L’Europeo è una cosa. Il gioco del calcio è una cosa. La mia nazionale è una cosa.
Gli errori di un governo, come in questo caso quello ucraino, TUTT’ALTRA.

Sono due mondi che per quanto si siano sfiorati in questo caso non devono entrare in contatto.

Inutile dirmi che non devo esultare se la mia nazionale vince, in rispetto di quei poveri cani. Perché io rispetto ne porto. Ma so scindere le questioni veramente importanti dallo sport. Cosa che tutti questi falsi moralisti non riescono a fare.

Il tutto poi, ovviamente, è solo un “dagli all’italiano”. Non un solo link su Facebook ho visto ieri che dicesse agli spagnoli di non festeggiare. Come se i cani ucraini si sentissero offesi solo dalle nostre esultanze, eventualmente.

Per quanto riguarda i sorrisini, invece… capisco il fatto che ci sia chi non concepisca che una persona come me o tanti altri vedano il calcio, pur sapendolo distinguere bene dalle cose realmente importanti, la propria vita.

Però Dio o chi per esso ha voluto che effettivamente ci sia chi brucia di passione. Che sia per il calcio, un qualsiasi altro sport, una forma d’arte o altro poco importa. Il dato di fatto resta uno: il calcio è la mia vita. Se la mia nazionale perde ci resto male. Non per questo non riesco a capire cosa voglia dire la crisi economica e soprattutto culturale che stiamo attraversando, la morte di una persona, o altro. Anzi.

Però… beh, però se dovete venire a consolare chi brucia di passione con quei sorrisetti alla “ti prendi male per una partita, sei un povero ignorante” lasciate perdere.

Perché non siete voi a dover compatire noi. Ma noi a compatire chi come voi è tanto arido da non saper cosa voglia dire vivere di qualcosa.

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Italia

Buffon: 7
Un paio di errori ad inizio partita, che rischiavano di costare caro agli Azzurri. Poi, come se si fosse scrollato addosso l’emozione di una semifinale che fa tremare anche i più grandi, sale in cattedra e dà sicurezza ad un reparto praticamente perfetto. Compiendo anche un paio di parate magistrali su Khedira e Reus.

Balzaretti: 8
A Torino si mangeranno le mani, probabilmente. Di certo c’è che quando ha giocato ha sempre risposto alla grandissima. Miglior terzino di questo Europeo per rendimento. Ieri tante chiusure, tutte puntuali. E diagonali al bacio, che in certi casi valgono quasi come dei goal. Perfetto.
Annulla Podolski, tra l’altro. Ma quella non è una notizia.
Rigore ingeneroso. Trattenuto da dietro, succede quel che succede. Ma è un intervento che non rovina la sua splendida prestazione.

Barzagli: 7
Miglior centrale italiano della stagione, manca tanto all’Italia ad inizio Europeo, rientra e si prende la scena. Meno vistoso del suo compagno di reparto, è la roccia su cui si costruisce la vittoria.

Bonucci: 7,5
Amatodiato da tanti tifosi. Le cose alla Juve, all’inizio della sua esperienza, non girano come dovrebbero. Poi, soprattutto grazie a Conte e negli ultimi sei mesi della sua esperienza in Bianconero, cresce molto. Arrivando alla prestazione di ieri, dove giganteggia in area di rigore. Giocasse sempre così potremmo cantare la rinascita della grande scuola di centrali italiana. In attesa che il suo ex compagno di Bari Ranocchia possa crescere in maniera altrettanto importante.

Chiellini: 6
Rientra da un acciacco che ne aveva messo in dubbio anche la presenza. Poi tra infortuni altrui e squalifiche deve comunque scendere in campo. Pedina comunque importante, soprattutto sulle palle alte, si fa saltare però in diverse occasioni dalla sua parte. Ma, appunto, avendo problemi fisici riesce, anche grazie ai compagni di reparto, a limitare i danni.

Marchisio: 7
Un errore imperdonabile per uno come lui, quando Diamanti lo libera ma il Principino non riesce a trovare la diagonale vincente, snobbando per altro un Di Natale che, tutto solo in mezzo all’area, avrebbe potuto depositare comodamente in rete.
Nel complesso, però, partita sontuosa soprattutto per quantità. Un taglia e cuci continuo che permette agli Azzurri di restare sempre corti, portando a casa un successo forse insperato.

Pirlo: 8
33 anni e non sentirli. Aggettivi per descrivere questo Fenomeno assoluto del pallone è ormai difficile trovarne. Tra i migliori centrocampisti della storia, e non parlo solo di Italia. Monumentale, conduce la squadra per mano. Uscire giocando il pallone a testa alta quando si ha uno come lui in mezzo al campo è sicuramente più facile.

De Rossi: 7
Anche lui ha problemi fisici, ma continua a giganteggiare. Paurosi timing e pulizia nei tackle.

Montolivo: 7
Altra buona prestazione per il neo milanista, cui manca sempre solo l’acuto caratteriale per fare il definitivo salto di qualità tra i grandi del calcio mondiale. Contro l’Inghilterra fu il rigore sbagliato, contro la Germania sciupa l’assist invitantissimo di Cassano.
Preziosissimo comunque il suo apporto sia qualitativo che, soprattutto, a livello di pressing.
(Dal 62′ Thiago Motta: 5,5
Troppo statico per rappresentare un valore aggiunto di questa nazionale.)

Cassano: 7
Schierarlo significa regalare un uomo agli avversari. Praticamente costantemente nullo in fase di non possesso, si accende solo a sprazzi in fase di possesso. Come al ventesimo minuto, quando decide di prendere la manina di Hummels e portarlo a scuola, servendo poi un assist al bacio a Balotelli per l’1 a 0. O quando taglia in area il filtrante per Montolivo. Che, purtroppo, non sa sfruttarlo altrettanto bene.
(Dal 57′ Diamanti: 6
Entra con un piglio meno aggressivo rispetto alle altre apparizioni in questo Europeo ma resta comunque prezioso.)

Balotelli: 8
Niente fischi, critiche, buu razzisti. Il dominatore di Varsavia è lui. Che irride Badstuber e annichilisce Neuer. Se capisce che usando la testa così nulla gli è precluso ne vedremo delle belle.
(Dal 70′ Di Natale: 5,5
Da lui non ti puoi aspettare certi errori sottoporta.)

Germania

Neuer: 6
Non può nulla sui due goal, fa il suo nel resto del match.

Boateng: 6
Spinge tanto, aiutato anche dalla scarsa forma di Chiellini. Non riesce a trovare però l’assist vincente. Dietro qualche problemino in occasione della prima rete…
(Dal 71′ Muller: 5
Mossa della disperazione. Che non frutta un granché.)

Hummels: 5,5
Sarebbe anche lui da sufficienza piena, visto anche che risulta uno dei più pericolosi sui calci piazzati. Non fosse che si veste da scolaretto quando Cassano danza sul pallone e se lo bene con gusto e piacere, servendo a Balotelli la rete del vantaggio.

Badstuber: 4
Mi chiedo sempre perché faccia il titolare tanto al Bayern quanto in nazionale. Letteralmente irriso da Balotelli in occasione del primo goal, quando pur essendo in vantaggio sul colored italiano nemmeno salta per anticiparlo.

Lahm: 5
Da lui ti aspetti sappia arare la fascia, portare pericolosità in sovrapposizione, trovare il fondo con continuità, perché no cercare la conclusione personale. Invece spinge poco e quando lo fa si trova di fronte la muraglia Balzaretti. In più è lui l’ultimo uomo sul 2 a 0, quello che vede Balotelli scappare verso la porta indisturbato e andare a sparare in rete il 2 a 0.

Schweinsteiger: 6
Non rende onore alla sua fama. Tra i migliori centrocampisti al mondo oggi, giochicchia senza riuscire ad essere dominante. Ma contro il miglior centrocampo al mondo (secondo forse solo a quello spagnolo) ci può stare. A fine partita viene spostato più defilato ed è un cross continuo. Se solo là in mezzo gli Azzurri non le prendessero tutte…

Khedira: 6,5
Migliore tra i tedeschi. Quantità e qualità. Moto continuo, inserimenti, pressing, ripiegamenti.
Ci prova anche da fuori, trovando però un Buffon all’altezza della sua fama.

Kroos: 5,5
Ci prova da fuori in due o tre occasioni, ma senza fortuna. Fatica ad esprimere le sue grandi qualità.

Ozil: 5,5
Giochicchia ma senza riuscire a pungere davvero. Il rigore segnato alla fine, che dà speranza agli ultimissimi istanti tedeschi, è l’acuto migliore della sua partita.

Podolski: 4
Va bene, giocava dalla parte del miglior terzino di questo Europeo. Però anche qui, come con Badstuber, mi chiedo perché farlo giocare. Poca roba.
(Dal 45′ Reus: 6,5
Entra e dà più brio e velocità alla manovra tedesca. Migliore in campo – sulla sponda tedesca – assieme a Khedira, non riesce a trovare il guizzo vincente, nonostante faccia infinitamente meglio di Podolski. Cambio sicuramente azzeccato.)

Gomez: 5
Letteralmente annullato dalla coppia Bonucci-Barzagli. Meriterebbe 4 anche lui, se solo non fosse che i suoi compagni non lo sanno mettere in condizione di giocare come gli piace e deve fare. Cercato sempre nello spazio con tagli profondi. Non così.
(Klose: 6
Altro cambio azzeccato. La Germania cerca di giocare in profondità, Gomez non può restare in campo. Sbatte però contro l’imperforabile difesa Azzurra. Per fortuna.)

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L’epoca d’oro per la Repubblica Ceca è ormai finita, ma si sapeva.

Lontani i tempi in cui Nedved e i suoi “fratellini” trascinarono per due volte la propria nazionale tra le quattro migliori del continente.

Nonostante questo la nazionale oggi allenata da Bilek passa, un po’ a sorpresa, il girone per poi uscire, comunque a testa alta, contro il Portogallo di Cristiano Ronaldo.

Che ora può essere la chiave di volta di quest’Europeo.

Perché se la Germania è stata fino ad ora uno schiacciasassi e la Spagna resta la Spagna i lusitani possono schierare quello che se non è il giocatore migliore al mondo lo è, e per distacco, d’Europa.

Ronaldo che non ha iniziato benissimo il suo Europeo ma che è cresciuto di condizione e anche oggi ha deciso la partita da par suo.

Due pali nel primo tempo, tanto per gradire, rete nella ripresa, quando Moutinho affonda in fascia manco fosse ala di riconosciuta esperienza e crossa sul secondo palo, dove Gebre Selassie (terzino comunque dall’atletismo e dalla spinta interessante) si addormenta lasciando a Ronaldo la possibilità di tagliare e insaccare di testa.

Vittoria comunque meritatissima per i ragazzi di Bento. Vittoria che sarebbe potuta essere molto più ampia se solo la sfortuna e un Cech ad alto livello non si fossero opposti.

Molto indicativi i dati statistici di questo match, che vedono il Portogallo scoccare nel complesso ben 20 conclusioni, contro le sole 2 dei ceki.

Per non parlare del possesso palla, nettamente a favore dei lusitani (62%), del numero di corner (11 a 6) e delle percentuali di passaggio (83% per i portoghesi, 68% per gli avversari).

Insomma, una partita senza storia che ha visto la squadra migliore avanzare in semifinale.

Penultimo atto del Campionato Europeo che la nazionale che fu di Eusebio raggiunge per la quarta volta nella propria storia, dopo le esperienze del 1984, del 2000 e del 2004.

Ora, quindi, Ronaldo e compagni dovranno pensare a questa nuova sfida. E in attesa di sapere chi dovranno affrontare di certo tutti, in Portogallo, staranno già iniziando a sperare nella prima vittoria di un torneo da parte della propria rappresentativa nazionale (che fino ad oggi ha raccolto solo un bronzo mondiale ed un argento europeo, oltre ad una medaglia “di legno” alle Olimpiadi di Atlanta).

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Come ampiamente preventivato, almeno dal sottoscritto, la nazionale Campione d’Europa e del Mondo in carica non si abbassa a biscottare il risultato con la Croazia e l’Italia, imponendosi sull’Irlanda, passa il turno, approdando ai quarti di finale.

Mix di emozioni unico, che solo la nazionale ha sempre saputo darmi.

L’inizio è piuttosto stentato. Per i primi venti minuti abbondanti gli Azzurri sono contratti, bloccati dalla paura, non riescono a distendere nervi e gioco.

Poi qualcosina migliora. L’Italia inizia a provarci.

L’ennesima rivoluzione compiuta da Prandelli, che ad inizio Europeo passò dal 4-3-1-2 delle qualificazioni al 3-5-2 ben conosciuto da molti dei convocati, non porta i frutti sperati in termine di qualità di gioco.

Modulo a parte colpisce la decisione di mettere Thiago Motta trequartista: lento, compassato, peggiore in campo tra gli Azzurri, peraltro fuori ruolo.

Per sbloccare la situazione non possiamo quindi che affidarci ai calci piazzati (sarà un caso, ma tre dei quattro goal realizzati dall’Italia fin qui arrivano proprio su situazioni di calcio da fermo).

Così Cassano, forse il meno abile nel gioco aereo dell’11 prandelliano, spizza sul primo palo un pallone che colpisce la traversa interna e si spegne nettamente oltre la linea di porta, prima di essere ricacciato con forza da un difensore irlandese.

E’ l’1 a 0 che accende i sogni dei tifosi.

Nella ripresa, sofferta ben oltre il lecito, qualcosa l’Italia costruisce.

Prima del raddoppio firmato Balotelli, però, la tegola: Chiellini si fa male ed è costretto ad abbandonare il campo. Bruciando un cambio a Prandelli (che così finirà col non sostituire Motta, preferendo far rifiatare le due punte) e soprattutto giocandosi, pare, come minimo la partita dei quarti di finale.

Cronaca assolutamente spiccia. Ma del resto i dati parlano chiaro: 20 milioni (o forse più…) di italiani davanti alla tv per guardare la partita. Non devo certo essere io ora, a quasi ventiquattr’ore dalla fine della stessa, a raccontare come siano andate le cose.

Qualche considerazione sparsa, però, è giusto farla, per dare il mio taglio alla partita stessa.
E allora via al brainstorming.

Balotelli mette in mostra ancora una volta tutto sé stesso. Nel bene e nel male.
Da una parte il giocatore bizzoso, sempre vagamente svogliato e strafottente. Dall’altra il giocatore puro istinto, che quando si ferma a riflettere troppo rischia l’errore (come contro la Spagna), ma che quando deve agire guidato solo dal suo istinto raramente sbaglia. E il goal di questa partita ne è la prova lampante.

Poi Balzaretti. Terzino a mio avviso nel complesso modesto, solo discreto, che ieri però mette una garra prettamente sudamericana al servizio di una squadra impaurita e mai troppo coraggiosa nemmeno nei momenti di maggior impeto. Prestazione maiuscola la sua, nettamente tra i migliori in campo. E in tanti, ora, si chiederanno con ancor maggior vigore e convinzione il perché di Giaccherini titolare nelle prime due del Torneo.

Giù il cappello anche di fronte alla prestazione messa in campo da Daniele De Rossi. Che tornato a metà campo, zona a lui più consona, torna ad essere decisivo abbinando quantità e qualità.

Bene, molto bene, anche il rientrante Barzagli. Miglior centrale difensivo italiano per distacco, oggi.
E lo dico cospargendomi il capo di cenere. All’epoca del Mondiale, da lui vinto da comprimario, mai avrei pensato ad un suo possibile rendimento a questi livelli. Esattamente come al suo approdo alla Juventus stortai il naso, pensando all’ennesimo buco nell’acqua.
Non posso che ricredermi.

Abbastanza bene anche Abate, sicuramente non inferiore a Maggio a livello di rendimento, e Marchisio, che non riesce ancora ad esprimersi al cento per cento delle sue possibilità ma che non demerita mai.

Solo così così, questa volta, Andrea Pirlo. Giocatore però imprescindibile.

Capitolo a parte per gli attaccanti: Di Natale ci prova ma non è sfruttato secondo le sue caratteristiche, Cassano ha una scarsissima autonomia, Balotelli è Balotelli.

Motta, invece, dovrebbe accomodarsi in panchina.

Diamanti, infine, variabile importante. L’avrei voluto vedere almeno a partita in corso contro i croati. L’avrei anche fatto partire titolare ieri. Può ritagliarsi il suo spazio.

Difficile dire dove potrà arrivare questa squadra, a maggior ragione senza nemmeno sapere, ancora, quale sarà il prossimo scoglio. A vederla in campo, ieri, comunque, si direbbe non potrà andare oltre i quarti di finale.

Ma c’è sempre un però.
E come ben sappiamo è soprattutto la compattezza, che potrebbe aumentare col passare dei giorni, la forza della nostra Nazionale.

Quindi chissà…

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Il tempo è poco, la tensione tanta. Perché il brivido Azzurro mi ha sempre scosso da dentro in maniera dirompente. E ad ogni grande competizione è sempre la stessa storia… nel bene e nel male.

Troppe chiacchiere si sono fatte in questi giorni.

Logico aver paura, ma la mancanza di rispetto che in tanti hanno avuto nei confronti di Spagna e Croazia, mettendo le mani avanti su di un possibile biscotto insultando così la correttezza e la sportività di questi due popoli, e, non meno, dell’Irlanda, snobbata manco fosse un mix del peggio di Andorra e San Marino, mi ha abbastanza nauseato.

Due sono, dal punto di vista di chi scrive, le cose importanti oggi:

– battere l’Irlanda (prima cosa, fondamentale, anche solo per riscattare un Europeo comunque finora sottotono);

– rispettare chi si ha di fronte.

Punto.

Perché il colmo sarebbe che la Spagna o la Croazia la spuntassero, servendoci su di un piatto d’argento la possibilità di passare il turno, e noi non andassimo oltre un pareggio con l’Irlanda del Trap, che dopo due sconfitte nelle prime due giornate sicuramente vorrà lasciare all’Olanda il triste primato degli zero punti in classifica.

E in questo senso fa riflettere il comportamento di Cesare Prandelli, piuttosto impanicato.

Perché dopo aver effettuato delle convocazioni per continuare, palesemente, sulla strada del 4-3-1-2 ha deciso, all’ultimo, di stravolgere il modulo. Commettendo poi diversi errori di valutazione nella scelta degli uomini da schierare dall’inizio quanto dei cambi da attuare a partita in corsa.

Vistosi mettere con le spalle al muro, con un solo risultato utile per sperare di passare il turno, eccolo tornare sui suoi passi, rivoluzionare la difesa e tornare alle origini, con il modulo che ci ha permesso di volare all’Europeo.

Nonostante tutto questo “rebelott”, come si direbbe dalle mie parti, l’Italia parte favorita stasera.

Diamo quindi per buono che gli Azzurri ce la facciano.

Serve che dall’altra parte, possibilmente, una delle due squadre si imponga sull’altra.

O, quantomeno, che non pareggino con due o più goal per parte.

In questo senso io vedo scarsamente probabile l’eventualità di un biscotto. Un po’ perché tutti gli occhi del mondo saranno puntati su quella partita, vista la pressione mediatica di cui è stata caricata.

Un po’, soprattutto, perché conto tanto sull’orgoglio in particolar modo spagnolo.

Del resto che figura ci farebbero i Campioni d’Europa e del Mondo in carica se biscottassero una partita con la comunque nettamente inferiore Croazia per estromettere la certo non irresistibile Italia?

Oggettivamente una figura barbina.

Poi certo, nel calcio tutto è possibile e qualcuno, come Marca, addirittura rispolvera vecchie ruggini – calcistiche – del passato, citando la gomitata di Tassotti a Luis Enrique, per sottolineare come dei rancori non ancora sopiti potrebbero esserci. Rancori che potrebbero portare all’accordo con la Croazia.

Io a tutto questo non credo.

Penso anzi che le possibilità di qualificazione, a bocce ferme, vedano la Spagna nettamente favorita per il passaggio del turno, seguita proprio dall’Italia. Con la Croazia, quindi, sfavorita rispetto agli Azzurri.

E ripeto: innanzitutto vincere. Perché non ci sarebbe beffa più grande, nemmeno il biscotto, di una Spagna che distrugge i croati con l’Italia che non riesce a battere l’Irlanda e deve uscire mestamente dal torneo…

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