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Archive for the ‘2011/2012’ Category

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Risvegliarsi dopo il più dolce dei sogni è sempre traumatico.

Eppure oggi Varese questo ha dovuto fare: aprire gli occhi dopo aver vissuto un sogno lungo un anno.

In pochi ci credevano, dodici mesi fa.

Le partenze di Sogliano, Sannino, Pesoli, Dos Santos, Pugliese, Pisano, Ebagua e tutti gli altri avevano disgregato completamente la squadra che la scorsa stagione era stata capace di raggiungere la semifinale playoff, venendo poi eliminata dal Padova.

Eppure Rosati, Montemurro e il nuovo D.S. Milanese erano riusciti a costruire una squadra forse anche più forte dello scorso anno. Sicuramente migliore a partire da gennaio, quando si sono registrati gli arrivi di Albertazzi, Plasmati, Granoche e soprattutto Rivas, un extraterrestre per la Serie B.

L’inizio non era stato dei migliori. Con mister Carbone in panchina il Varese aveva faticato tantissimo.

Poi il cambio di guida tecnica, l’arrivo di Maran e la rinascita di un sogno chiamato Varese.

Biancorossi che hanno per altro spesso espresso buon calcio, con i numeri di Neto e Rivas ad infiammare il pubblico, la solidità di Terlizzi a dare fiducia alla difesa, la crescita esponenziale di Grillo e Cacciatore, il fosforo di Zecchin, il talento di Kurtic, i polmoni di Corti, i goal del baby di casa, De Luca.

Insomma, una squadra piuttosto completa che ha iniziato una risalita importante, culminata nei playoff.

Iniziati subito bene: il 2 a 0 dell’Ossola contro il Verona è senza appello, con i Biancorossi a dominare in lungo e in largo il campo ed i Gialloblù spettatori non paganti.

Più ostico il ritorno, dove il Verona parte fortissimo e si porta in vantaggio, giocando nel complesso un pochino meglio, con il Varese che però esce alla distanza e crea più occasioni della squadra di casa, non demeritando certo il passaggio del turno.

E poi… e poi arriva la doppia finale con la Sampdoria.

Andata in trasferta di fronte a 30mila spettatori (ero a Verona come a Genova… brivido in entrambi i casi, pubblico doriano comunque sempre spettacolare in tutto e per tutto), ritorno in casa davanti ad un Ossola colmo come non mai, ma troppo teso per dare la giusta carica ai giocatori in campo.

E allora l’assenza di Terlizzi al Ferraris si fa sentire tantissimo, con il Varese che commette tre leggerezze assurde e regala alla Samp la vittoria.

Al ritorno Terlizzi non è ancora al top, mancano Troest e Zecchin.

Ma soprattutto manca la testa ad una squadra che sbaglia approccio al match e non riesce a mettere in campo quel gioco fluido che l’ha sempre caratterizzata.

Si chiude bene, la Samp, che nel complesso vince con merito una finale che la vede tornare in A dopo un solo anno.

Là dove, va ammesso, questa squadra con storia, blasone, stadio e tifosi merita di stare.

Al Varese resta quindi in bocca un sapore più amaro del caffè per un sogno solo sfiorato per il secondo anno consecutivo.

Un sogno infranto sul più bello.

E chissà cosa sarà di questa squadra domani.

Milanese ieri nelle dichiarazioni post partita ha lasciato intendere che da lunedì partirà la rifondazione. Una rifondazione non certo voluta, quanto più inevitabile date le comunque limitate risorse economiche del Varese.

Ci saranno giocatori che rientreranno dai prestiti, altri per cui andranno discusse le comproprietà, altri ancora che riceveranno sicuramente chiamate da squadre più blasonate.

In tutto questo, quindi, probabilmente si ripeterà quanto successo lo scorso anno: col mister destinato alla Serie A ed una serie di altri giocatori che potrebbero fare altrettanto (segno anche di come questa squadra, comunque, non demeritasse certo la massima serie) la rifondazione sarà un obbligo.

Fondamentale quindi, ora, non sbagliare le scelte. Perché non potendo confermare il gruppo di quest’anno, che con ogni probabilità si giocherebbe un posto ai playoff anche la prossima stagione, bisognerà operare in maniera oculata sul mercato, andando a prendere quei giocatori utili a costruire un’intelaiatura solida come lo è stata nel corso degli ultimi due anni.

E chissà cosa ne sarà del Varese l’anno prossimo: ennesima caccia ai playoff o campionato di sangue, sudore e lacrime?

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C’ho messo un po’, stavolta, a metabolizzare la trasferta di sabato.

Perché è successo di tutto.

Dal Varese che in qualche modo è riuscito a pareggiare conquistando l’approdo in finale, ad alcuni tifosi veronesi che non ci hanno trattato esattamente bene.

Ed è proprio da qui che mi chiedo: quanto tempo ancora dovrà passare prima che qualcuno decida di pulire veramente gli stadi, riuscendo finalmente ad arginare i violenti al di fuori di essi e permettendo a chi vuole godersi uno SPETTACOLO SPORTIVO di farlo senza problemi?

Ma su questo blog, da che mondo è mondo, si mette il calcio al centro. E allora diciamo due cose sulla partita.

Verona che parte fortissimo. Ma del resto quando ti trovi in 11 contro 15mila non puoi che subire l’impatto iniziale.

Così sospinto da un Bentegodi pieno solo a metà ma più infuocato che mai i Gialloblù partono davvero con le ali ai piedi e per quasi mezz’ora mettono alle corde il Varese.

Che subito l’1 a 0 di Tachtsidis, però, trova la forza mentale necessaria a reagire.

Così il gancio pieno che i Biancorossi ricevono in faccia scuote la squadra, che pian piano si ritrova.

La prima frazione si chiude comunque col Verona in vantaggio. E ad inizio ripresa mi aspetterei una squadra ancora indemoniata, pronta a chiudere il match e prendersi la qualificazione.

Invece più il tempo passa e più le forze vengono meno. Il pubblico stesso, incontenibile ad inizio match, affievolisce un po’ il proprio vigore.

Ed il Varese, che più volte mette in difficoltà Rafael nel corso di tutto il match, trova il pareggio, ancora di testa sugli sviluppi di un calcio piazzato, col solito Terlizzi, tre goal in tre partite.

Come se non bastasse Ceccarelli, a pochi minuti dal triplice fischio finale, si fa espellere per un fallo di frustrazione.

La stessa frustrazione che poco dopo, a match concluso, i tifosi veronesi riversano sui giocatori del Varese, comunque più che contenti per il risultato ottenuto.

Un 1 a 1 nel complesso forse giusto. Perché se è vero che il Verona nel complesso pare superiore, sospinta da un pubblico in questo senso spettacolare, dall’altra è il Varese a creare le occasioni migliori, con Rafael MVP del match e Bressan quasi mai impegnato.

Triste comunque, in questo senso, quanto accaduto in sala stampa. Dove il buon Mandorlini, sicuramente dispiaciuto per l’eliminazione, dà tutta la colpa di quanto successo all’arbitro. Laddove per quanto errori ce ne siano va pur detto che il Verona la qualificazione l’ha persa nella gara di andata, dove è stato letteralmente dominato per quasi novanta minuti filati.

Tornando ai singoli detto della prestazione magistrale di Rafael (che in sala stampa ha dichiarato di voler proseguire la sua esperienza con gli scaligeri) va sottolineata anche l’incontenibilità di Hallfredsson e la grandissima partita disputata da Ferrari, che ha fatto letteralmente impazzire Troest.

Proprio il centrale danese è tra i peggiori in campo, assieme con Granoche e, in parte, il giovane Pucino.

Nel Varese benissimo Rivas, indubbiamente di altra categoria, e Terlizzi, grande condottiero del reparto arretrato e giocatore sempre pericolosissimo sugli sviluppi di un piazzato.

Così e così Neto e la cerniera centrale di centrocampo, bene De Luca e Zecchin, che entrano nel momento di flessione del Verona e danno una scossa decisiva al Varese.

Che mercoledì sarà di scena a Marassi. Per la partita più importante degli ultimi trent’anni.

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Domina in lungo e in largo il Varese di Maran, che parte col piede giusto in questi playoff che potrebbero regalare un sogno impensabile solo un due/tre anni fa a tutta la città e la provincia, da sempre conosciuta e rinomata più per il basket, il volo ed il canottaggio che non per il calcio.

Vibrano però i calciofili varesini, giunti in massa al Franco Ossola credendo nel miracolo.

E la squadra risponde alla grande, riscattando quel 3 a 0 patito proprio a Verona in regular season grazie alle reti di Kurtic e Terlizzi e ad una prestazione globale di altissimo profilo.

Troppo contratto e rinunciatario il Verona di Mandorlini, che scende in campo, nonostante il 4-3-3 base, per cercare un pareggio che non arriverà, infrangendosi anzi dopo soli due minuti quando Kurtic, su punizione, batte sul proprio palo un Rafael non esente da colpe.

Da lì in poi, in particolar modo nel primo tempo, sarà un monologo varesino.

Solo sporadiche e comunque senza nerbo le avanzate ospiti, continuative e ficcanti, invece, quelle varesine.

Padroni di casa trascinati in particolar modo da un sempre immenso Neto Pereira, che, non mi stancherò mai di dirlo, non si capisce come a 33 anni possa non aver ancora assaggiato la Serie A, e di un Emanuel Rivas in grande spolvero che nei primi quarantacinque minuti domina la sua fascia ridicolizzando a più riprese i diretti avversari e mettendo in mostra una facilità di dribbling disarmante, che ricorda un po’ quella di uno dei beniamini Biancorossi che lo scorso anno sfiorarono l’impresa: Alessandro Carrozza.

E’ forte, compatto e maturo questo Varese, che segue i dettami tattici di mister Maran e che a sprazzi dimostra di poter essere serissima candidata ad un posto nella massima serie: come quando con tocchi rapidi nello stretto riesce ad uscire alla grande dalla propria metàcampo per distendersi in fase offensiva e creare apprensioni alla difesa veronese.

In cui, debbo dirlo, sono rimasto un po’ deluso dall’islandese Hallfredsson, altro giocatore che meriterebbe ben altri palcoscenici che non quelli comunque più che degni rappresentati dalla Serie B.

Vittoria più che meritata, insomma, per la squadra di casa che, a ben vedere, con un po’ di precisione in più sottoporta chiuderebbe con tre o quattro goal di vantaggio facili, chiudendo la pratica finale.

Da Cacciatore a De Luca a Rivas, però, è proprio l’ultima stoccata a mancare spesso agli uomini di Maran, che così tengono assolutamente in gioco un Verona che, ne sono certo, al ritorno scenderà in campo con tutt’altro spirito e il pugile all’angolo, al Bentegodi, potrebbe veramente essere il Varese.

Che ora dovrà quindi dimostrare di essere stato capace di fare un ulteriore step di maturità, andando su un campo ostico, con pubblico numeroso ed infuocato, se non a fare la partita quantomeno a reggere il colpo.

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Prendiamo le formazioni titolari. Andiamo a guardare l’età degli interpreti. Facciamo due conti.

Cosa ne esce?

Gubbio 25, Pescara 24. Arrotondati a fine 2012.

Parlo di età media.

Farabbi, Benedetti, Caracciolo, Almici, Mario Rui, Obiora da una parte.

Romagnoli, Capuano, Verratti, Caprari, Immobile e Insigne dall’altra.

Una partita che ti riconciglia con il calcio.

Perché da una parte capisci come i giovani buoni in Italia esistano ancora. E nel momento in cui gli si dà fiducia sono anche capaci di ripagarti.

Dall’altra… beh, dall’altra ho tessuto le lodi del grande Bielsa un paio di giorni fa, ma cosa dire di Zdenek Zeman?

Sull’uomo ognuno ha la sua opinione. Dopo le polemiche sul doping, ad esempio, non è ben visto dai tifosi juventini.

Ma solo una persona scevra di onestà intellettuale non può non ammettere che Zeman sia uno degli allenatori più spettacolari della storia del calcio.

Poi si può replicare che non è un vincente, che solitamente le sue squadre hanno difese colabrodo, che non sia un simpaticone e mille altre cose.

Però quando guardi le sue squadre non puoi non emozionarti, al di là del tifo.

E la partita di oggi non fa eccezione.

Il Pescara vince 2 a 0 grazie alle reti di Sansovini (entrato poco prima al posto dell’ottimo Caprari, tra i migliori in campo) ed Insigne. Ma meriterebbe di vincere con cinque o sei goal di scarto come minimo per la mole di gioco prodotta e le occasioni mancate (spesso per sfortuna).

Insomma, una squadra iperoffensiva che pur avendo basi tattiche molto differenti rispetto a quelle del Barcellona del fu Guardiola (di cui spero di poter parlare prossimamente) poggia su di un principio molto simile: attaccare per non subire.

Che la miglior difesa sia l’attacco davvero non lo so. Qualcuno potrebbe obiettare, vedendo l’impresa Chelsea, che le cose non stiano così.

Di certo, però, questo Pescara che si riversa in attacco e mette a ferro e fuoco la difesa di casa con tagli ed inserimenti continui, oltre che con la qualità dei suoi uomini, dietro soffre poco poco poco.

In realtà una partita del genere non si può raccontare azione per azione. Un po’ perché ci dovrei perdere un’oretta buona per riassumerle tutte, un po’ perché certe cose vanno guardate coi propri occhi, non le si possono raccontare. Non avrebbero lo stesso impatto.

E allora limitiamoci a questo: a goderci i nostri giovani (tra quelli visti in campo oggi ce n’è più di uno che potrà venir buono per la nazionale maggiore tra qualche tempo) e lo spettacolo di mister Zdenek. Sperando di rivederlo presto in Serie A.

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Partita stregata.

Bastano due parole a spiegare al meglio quello che è stato Varese – Grosseto stasera.

Sotto la fittissima pioggia che, iniziata proprio qualche istante prima del fischio d’inizio, ha bagnato senza soluzione di continuità il Franco Ossola il Varese di mister Maran cade al cospetto di un Grosseto certamente non irresistibile e non sfrutta al meglio un turno che, dopo le gare di venerdì e sabato, sembrava potesse sorridere completamente ai Biancorossi.

Il dio del calcio però, si sa, a volte può essere spietato.

Così dopo aver privato i padroni di casa di due dei giocatori più importanti della squadra – Corti e Neto, forse i più importanti in assoluto – decide di beffare un Varese che domina il primo tempo e non demerita nemmeno per buona parte della ripresa, crollando solo nel finale peraltro piuttosto inopinatamente.

Ma andiamo con ordine.

Biancorossi subito avanti con Granoche, bravo a sfruttare il poco spazio concessogli da una retroguardia, quella ospite, non apparsa esattamente una linea Maginot nel corso di tutto il match (da segnalare comunque la discreta prestazione del giovane Antei… la cui strada da fare per imporsi ad alti livelli resta comunque tanta).

Da lì fino al fischio che sancisce la fine del primo tempo succederà quindi un po’ di tutto, ma è un tutto di puro stampo Biancorosso.

De Luca si mangerà, in sospetto fuorigioco, il più facile dei goal. Errore che invece non commetterà Terlizzi, la cui segnatura verrà però inspiegabilmente – almeno da quanto ho potuto notare io dalla tribuna stampa – annullato da una terna arbitrale un po’ in palla nel corso di tutto il match.

E’ comunque il Varese a fare la partita nel corso della prima frazione. E dato che il Grosseto di tirare in porta non vuole proprio saperne il pareggio, ad inizio ripresa, non può che arrivare su autogoal, con Troest che per anticipare Sforzini colpisce maldestramente e batte il suo stesso portiere.

1 a 1 palla al centro, il Varese deve gettare il cuore oltre l’ostacolo.

Le condizioni però giocano oggettivamente a sfavore dei padroni di casa.

L’arbitro sbaglia tanto (anche a sfavore del Grosseto) e scalda gli animi tanto dei tifosi quanto, parzialmente, dei ventidue in campo. La pioggia cade incessante e il comunque ottimo terreno del Franco Ossola fa sempre più fatica, col passare dei minuti, a drenarla. I giocatori iniziano a sentire la stanchezza sia da un punto di vista fisico che psicologico e le occasioni si diradano di più.

Così quando vedo un giocatore del Grosseto avvicinarsi alla bandierina del corner per andare a scodellare in mezzo il pallone mi permetto una riflessione, nel corso della telecronaca che sto svolgendo: il Varese deve fare molta attenzione dietro. Perché se è giusto cercare i tre punti, fino a quel momento per altro meritati, altrettanto vero è che, come già visto in occasione dell’1 a 1, si tratta della classica partita in cui basta poco per venire beffati.

Detto-fatto Padella incorna di testa e si materializza un 2 a 1 che è un colpo mortale per i già provati giocatori varesini, che capitolano nuovamente subito dopo per l’1 a 3 finale.

Che è piuttosto ingiusto, come detto. Perché prima della rete di Padella il Grosseto non tira praticamente mai in porta. Ospiti che, per altro, prima dell’autogoal di Troest non si fanno nemmeno quasi vedere dalle parti di Bressan.

Varese invece che paga sicuramente l’assenza del giocatore di maggior creatività oltre che della scarsa incisività di alcuni suoi uomini e dei diversi errori compiuti in fase offensiva.

Quando poi là dietro compi certi errori… certo, puoi prendertela col fato per aver preso tre goal su due tiri in porta. Ma anche scaricare tutte le colpe sulla terna arbitrale – comunque pessima – non può essere una scusante per una squadra che, nel complesso, ha sbagliato troppo.

Una squadra che dopo i primi quarantacinque minuti di gioco vedeva già forse una mini fuga verso la sicurezza dei playoff, ma che ora dovrà versare sudore e sangue per bissare il traguardo raggiunto l’anno passato.

A margine mi permetto un piccolo appunto che muovo a Padella: un ragazzo che ha la fortuna di giocare in Serie B e, immagino, guadagnare meglio della maggior parte dei suoi coetanei, facendo per altro il lavoro dei sogni di molti di essi, non può davvero permettersi di esultare a quel modo.

Perché passi l’andare un po’ sotto la tribuna varesina, cosa che sarebbe meglio evitare per non surriscaldare gli animi ma che personalmente non mi sento nemmeno di demonizzare troppo, ciò che non mi è piaciuto per nulla è averlo visto calciare una barella a bordo campo.

Questo perché è un gesto forse antisportivo ma soprattutto molto brutto. Diseducativo sicuramente, fortemente maleducato ed irrispettoso nei confronti di un’istituzione che andrebbe ringraziata notte e giorno, non presa a calci in quel modo.

Il destino, tra l’altro, ha voluto che proprio quella barella, una manciata di minuti più tardi, lo accompagnasse a bordo campo.

Con la speranza che almeno lì il ragazzo abbia capito l’errore. Che non gli è costato l’espulsione, certo. Ma nel calcio dovrebbero esistere anche certi valori, ancor prima di un goal o di un cartellino.

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Nel corso degli ultimi giorni ho avuto modo di vedere due match cruciali della ventottesima giornata di Serie B. Lo scontro che ha visto il Torino opposto alla Sampdoria ieri sera e quello che ha visto il Varese far visita al Sassuolo in quel di Modena oggi pomeriggio (la partita sarà trasmessa, col mio commento tecnico, da Rete55Sport stasera alle 21).

Che dire?

Il Sassuolo lo vidi già nel match di andata coi Biancorossi, direttamente dalla tribuna stampa dell’Ossola. Ed anche quella volta, nonostante portò a casa i tre punti grazie all’azione personale di Boakye, mi lasciò abbastanza l’amaro in bocca.

Due, in particolar modo, le armi in più di questa squadra: Fulvio Pea in panchina, Gianluca Sansone in attacco.

Per il resto pochino. Tanto che i punti di differenza tra le due squadra non si sono concretizzati in campo.

Anzi, nel complesso è stato il Varese a dimostrare più qualità di gioco e di palleggio. Col Sassuolo, va comunque detto, a creare più occasioni di un certo pericolo, anche se più che altro su errori o disattenzioni dei singoli in maglia Biancorossa (anzi, bianca per l’occasione).

Sassuolo che quindi ha proprio nella compattezza generale il suo punto di forza. Terranova maiuscolo, Magnanelli coriaceo, tutta la squadra sempre molto attenta e poi Sansone a briglie sciolte a cercare goal e giocate.

Bene invece il Torino, che ha battuto una Sampdoria che a livello di singoli varrebbe il doppio del Sassuolo, ad esempio, ma che pure continua a dimostrare qualche falla di troppo, soprattutto dal punto di vista della compattezza.

Toro che ha avuto ieri in Ogbonna difensore assolutamente affidabilissimo. Un Ogbonna chiamato ad una rapida maturazione: giocatore di grandi potenzialità e prospettive che però troppo spesso in carriera ha dimostrato passaggi a vuoto dal punto di vista della concentrazione.

Torino che comunque dimostra di avere mezzi superiori alla diretta concorrente Sassuolo.

Sampdoria che dal canto suo, invece, dimostra come a livello di singoli potrebbe quasi dominare il campionato, ma anche come la strada per centrare almeno i playoff sia ancora lunga.

A maggior ragione quando il Varese è quello di Modena. Dove, pur con qualche sbavatura, mette in mostra buona facilità di palleggio ed una qualità tecnica nel complesso superiore alla media.

Varese che nonostante l’arrivo del Diablo Granoche, però, pecca ancora in fase di finalizzazione.

Pecca questa che se colmata garantirebbe alla squadra di Maran un posto sicuro tra le prime sei del campionato.

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Romano di Roma, ala dalle spiccate doti offensive, tecnica raffinata, classe 1993.

E’ questo l’identikit di Gianluca Caprari, guizzante esterno romanista in procinto di trasferirsi sulle rive dell’Adriatico, più precisamente in quel di Pescara.

Dove troverà niente popò di meno che Zdenek Zeman ad aspettarlo a braccia aperte.

Un allenatore, il boemo, che vede proprio nella capacità di far crescere i giovani uno dei propri punti di forza.

In particolare, poi, Zeman fa del gioco offensivo la propria peculiarità principale.

Da che mondo è mondo, infatti, Zdenek è sinonimo di gioco spettacolare e goal segnati.

Lo sa bene, ultimo in ordine di tempo, Ciro Immobile, sbarcato a Pescara carico di speranza e subito diventando bomber principe di questa Serie B.

Caprari, quindi, ha di fronte a sé una grandissima opportunità.

Perché Zeman ha fatto la fortuna di diversi ragazzi passati tra le sue mani.

E oggi potrebbe essere la sua volta.

Gianluca non può quindi che mettersi a completa disposizione del tecnico boemo, che potrà plasmarlo al meglio, facendone di lui un giocatore di alto profilo.

E in un paese come l’Italia, dove posto per i giovani sembra non essercene nemmeno nel calcio, uomini come Zeman andrebbero clonati.

Buona fortuna, Gianluca. E che tu possa sfruttare al meglio l’occasione che ti si presenta.

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Sampdoria

Romero: 5,5
Praticamente incolpevole sul goal, non sembra però dare grossa sicurezza al reparto arretrato.

Volta: 4-
Non è in partita e lo si vede sin da subito. Tanti falli, tanti giri a vuoto. E’ il giocatore da puntare e non è un caso se è da una situazione di uno contro uno che lo vede coinvolto se esce il goal varesino.

Rossini: 4,5
La difesa non gira e lui, che ne è il centrale, non si salva di certo. Anzi.

Costa: 5
Prova da dimenticare anche per lui.

Rispoli: 5,5
Prova a contenere più che ripartire. Lo fa anche discretamente, ma non può che perdersi nel marasma Blucerchiato.

Padalino: 7
Un vero leone. Corre a perdifiato e lotta su ogni pallone. Almeno finché ha una stilla di forza nel corpo. Immenso e sprecato nel contesto in cui si trova a giocare.
(85′ Koman: 3
Di per sè il peggiore in campo è Volta. Ma Koman merita una menzione d’onore. Entra a partita praticamente finita giusto per effettuare un intervento spacca gambe dopo la rete varesina. E io che pensavo fosse entrato per dare qualità alla manovra.)

Palombo: 4,5
Che fine ha fatto l’ex centrocampista della Nazionale Azzurra?

Bentivoglio: 4
Partitaccia. Anche lui pensa più a tirare a calci che a giocare a calcio.
(Kristicic: 5
Fare meglio del Bentivoglio di ieri non è certo impresa titanica. Però anche lui può poco nella confusione doriana.)

Lazcko: 5
Poco propositivo, poco dinamico. Prova insufficiente (che lo rende comunque uno dei migliori della squadra).

Juan Antonio: 5
Parte bene ma si spegne presto. Peccato, avrebbe potuto dare verve all’incontro.
(45′ Pozzi: 5,5
Prova a dare nerbo alla manovra offensiva. Non ci riesce. Generoso.)

Bertani: 5,5
Lasciato veramente troppo solo. Cosa avrebbe potuto fare di più? In un paio d’occasioni riesce comunque a rendersi pericoloso, confermandosi attaccante tra i più interessanti della categoria.

Varese

 Bressan: 6,5
Poco impegnato, risponde comunque con sicurezza alle due conclusioni interessanti portate da Bertani.

Pucino: 6,5
Come ho detto in telecronaca è il più giovane in campo ma non lo dimostra. Disputa un primo tempo di altissimo livello per poi tirare un po’ i remi in barca nella ripresa. Affidabilissimo, qualora crescesse ulteriormente il suo livello di gioco finirebbe con lo sbarcare in Serie A senza problemi.

Troest: 6,5
Con Terlizzi compone una coppia di sicuro affidamento e grande valore. Una sola piccola sbavatura cui comunque rimedia lui stesso. Big Roccia.

Terlizzi: 7
Praticamente perfetto. Un solo appunto: alle volte si fida troppo di sè stesso, quando tratta il pallone.

Grillo: 7
Primo tempo su livelli accettabili, ripresa super. Ha da contenere il migliore dei doriani e lo fa alla grande. In più spinge come può, piazzando una discesa stile Zambrotta versione 2006.

Nadarevic: 6
Come detto è tutto sommato il giocatore meno in palla degli undici titolari. Disputa comunque una partita pienamente sufficiente.
(71′ Carrozza: 7
Un fattore. Entra, corre, dribbla. Bene isolarlo in uno contro uno con Volta. Situazione risolutiva, come da me predetto.)

Kurtic: 7
Finalmente una prestazione pienamente convincente per lui, che in B dovrebbe fare la differenza bendato.

Corti: 7-
Solito piccolo gigante del centrocampo!

Zecchin: 6,5
Quantità e qualità per la fascia sinistra (principalmente) biancorossa.

Neto: 6,5
Desse continuità durante tutto il match alla sua prestazione sarebbe da nazionale.
(85′ Damonte: 7
Una giornata che non scorderà mai.)

Martinetti: 6,5
Tra i migliori nel complesso. Centravanti di manovra che dovrebbe solo affinare le proprie doti di realizzatore per arrivare al sette fisso.
(65′ De Luca: 6
Mette un po’ di pressione alla retroguardia avversaria con la sua grande rapidità.)

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Aria di crisi, aria di contestazione.

Al triplice fischio finale della gara col Varese si taglia con un dito la tensione sulla sponda Blucerchiata di Genova.

Perché la squadra, partita per contendersi la vittoria finale col Torino, stenta. I risultati non arrivano come si pensava e il gioco non incoraggia per nulla.

Così al termine di novanta tristissimi minuti di gioco partono cori e insulti, che si protraggono anche fuori dallo stadio.

Situazione triste e spiacevole che non vorrei vedere mai in nessuna piazza italiana, tantomeno se passionale come quella di Genova.

E’ però pur vero che vanno capiti anche i tifosi: la scorsa ultima parte di stagione fu una vera e propria tragedia. La prima metà di questa non molto più positiva. La misura è evidentemente colma.

Certo, personalmente vorrei vedere il pubblico incitare sempre la propria squadra. Anche, e forse soprattutto, in momenti difficili come quelli che sta attraversando in questo momento la squadra Blucerchiata.

Perché poi la pressione che una piazza come quella doriana comporta si trasforma in una zavorra psicologica che si amplifica notevolmente in un clima come quello attuale.

E così non stupisce vedere una Sampdoria remissiva, confusa e confusionaria venire – a tratti – letteralmente annichilita da un Varese, di contro, assolutamente sgombro mentalmente, sceso in Liguria per giocare senza niente da perdere con un seguito di tifosi che per la Città Giardino è un piccolo esodo.

Perché in campo, specialmente nel primo tempo, c’è praticamente una squadra sola: quella guidata dalla sapiente mano di mister Rolando Maran.

Che prepara benissimo la partita: classico 4-4-2 ordinato e costruito per arginare le avanzate altrui ripartendo poi con scambi rapidi e precisi fino a cercare la conclusione sul fronte opposto.

La Sampdoria però, proprio per via di quella zavorra di cui parlavo, si mette fondamentalmente in difficoltà da sola.

Iachini schiera i suoi con un 3-5-2 che risulta da subito essere un 5-3-2 mascherato.

Juan Antonio, appena arrivato da Brescia, parte bene e si dimostra propositivo. Ma la sua verve dura poco, e sparisce presto nel marasma della sua squadra.

La difesa è un po’ in bambola e fatica a contenere a dovere gli avanti Biancorossi. In particolar modo, come ho avuto modo di dire in telecronaca, Volta è parso da subito molto in difficoltà.
Non a caso, commentando, usai un gioco di parole per far capire che la chiave di volta della partita sarebbe potuto essere proprio una situazione di uno contro uno col difensore doriano. Situazione, questa, che andava cercata quanto più possibile, in particolare con gli uomini più rapidi e dotati della squadra (come Neto e Carrozza, appunto).

Il centrocampo, poi, davvero male. Bentivoglio disputa una partitaccia, Palombo irriconiscibile rispetto a quello che vidi a Varese in un’amichevole di un paio d’anni fa.
A tirare la carretta, quindi, il solo Padalino, vero e proprio motorino della squadra. Il centrocampista svizzero dà tutto, ma è comunque ben contenuto da Grillo.

Infine male Bertani, lasciato però davvero troppo solo da tutti i suoi compagni. Qualcosina di meglio la fa vedere infatti nel secondo tempo. Non a caso quando mister Iachini gli affianca un’altra punta di ruolo, Pozzi.

Bene, invece, praticamente tutto il Varese.

Tra gli undici iniziali, infatti, non c’è nessuno che sfigura. Se non un pochino Nadarevic, sicuramente non in giornata di grazia.

La difesa regge invece benissimo, in particolare nel primo tempo, quando rischia zero.

Il centrocampo è guidato da un Kurtic in grande spolvero, ha in Corti il solito piccolo gigante e in Zecchin l’uomo di qualità che può dialogare col sempre ottimo Neto, le cui fiammate fanno tremare non poco i tifosi accorsi – in massa, come sempre – a Marassi.

E proprio l’attacco riserva una delle note per me più liete della giornata: quel Martinetti che si batte, è utilissimo alla costruzione della manovra e ci prova anche.
Certo, un po’ di incisività in più sottoporta non guasterebbe.

In particolar modo pensando al fatto che ci riferiamo ad una squadra che spesso riesce a mettere in campo un gioco interessante (basti pensare all’ultima prima della sosta, quando un Verona capace di vincere nove delle ultime dieci partite strappò un pareggio immeritatissimo al Franco Ossola, dove solo la poca lucidità dei Biancorossi sotto porta salvò gli Scaligeri) fino agli ultimi quindici metri.

In questo senso è ancora lontano dalla piena maturazione anche Beppe De Luca. Il gioiellino della cantera varesina, infatti, mette in mostra qualità realmente interessanti. Ma il feeling col goal è ancora tutto da costruire.

Nel primo tempo si vede comunque un grande Varese, che si disimpegna sempre alla grandissima, non rischia nulla e si rende pure pericoloso a folate.

La ripresa è invece un pochino più equilibrata ma la vittoria, arrivata allo scadere con goal di Damonte (su assist di Carrozza, in situazione – guarda caso – di uno contro uno con Volta), va giustamente alla squadra di Maran.

Più decisa, compatta e incisiva.

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Terza vittoria di fila per il Varese di Maran che vince e – a tratti – convince contro il Padova di Dal Canto.

Che, in realtà, parte meglio.

Dati come sicuri vincitori alla vigilia, gli ospiti si presentano con il duo Marcolini-Milanetto (potenzialmente devastante) in panchina ed il trio Cutolo-Cacia-Lazarevic davanti.

E nei primi quarantacinque minuti le decisioni prese dal mister patavino sembrano essere anche azzeccate perché i suoi, pur senza strafare, impegnano in più di un’occasione un sempre attento Bressan, che disputa una partita magistrale.

Il Varese invece dal canto suo è piuttosto sottotono: la difesa è un po’ in affanno, schermata non a dovere da un centrocampo in cui Kurtic continua a palesare una certa staticità e Corti non è quello dei tempi migliori.

Davanti, poi, Cellini corre tanto, ma per lo più a vuoto, e Martinetti le spizza tutte di testa, ma manca incisività.

La partita sembra quindi instradarsi sui binari che vogliono gli ospiti, come da programma, andare in cerca della vittoria fino all’ultimo.

Eppure l’intervallo stravolge le cose. E chissà che la mano di Maran non si sia fatta sentire proprio lì, a livello caratteriale prima ancora che tecnico-tattico.

Perché il Varese che scende in campo nella ripresa è assolutamente un’altra squadra. Molto più concentrata e aggressiva, cerca di schiacciare il Padova nella propria metà campo. Con gli ospiti che, dal canto loro, si lasciano soggiogare dal nuovo approccio alla partita messo in campo dagli avversari, e lasciano il campo alla squadra di casa.

Ecco quindi come arrivano i tre goal dei Biancorossi. Che sarebbero pure potuti essere di più se il sempre ottimo Perin non avesse messo in mostra tutto il suo repertorio.

Dopo il goal di Cacciatore, che sblocca la partita, arriva il rigore di Cellini a chiudere il match e la botta da fuori di Kurtic a metterci la giusta ciliegina.

Non tutto è oro ciò che luccica, comunque. I limiti di questa squadra, che ha sicuramente cambiato volto rispetto ad un mesetto fa, sono comunque ancora evidenti.

In particolar modo è il reparto offensivo a preoccupare, laddove l’incisività è chiaramente latente e la creatività, senza Neto, è limitata agli esterni di centroacampo.

A margine della partita qualche considerazione sparsa.

Innanzitutto bisogna dire che Maran sta sicuramente dimostrando ottime cose, e chissà che Varese non faccia da trampolino di lancio per lui come fu per Sannino. Ma, altresì, che i giocatori una parte – consistente – della responsabilità per la partenza un po’ stentata non possono che averla.

Certo, l’addio di Sannino, le tante partenze estive e i rumors di mercato non concretizzati (che quindi forse hanno lasciato l’amaro in bocca a qualche giocatore, voglioso di seguire i Pesoli e i Pisano in Serie A) hanno sicuramente contribuito a creare un ambiente elettrico, ma carico di energia negativa. E lì, probabilmente, mister Carbone non ha saputo agire adeguatamente sulla psiche dei propri giocatori.

Che però, appunto, avrebbero dovuto approcciarsi alle partite diversamente. Perché tre vittorie di fila oggi non possono certo essere frutto del lavoro tattico fatto da Maran. Ma di una svolta dal punto di vista psicologico.

Per ciò che concerne il Padova, invece, appare chiaro come una squadra che voglia puntare dritta alla A non possa presentarsi con una difesa che, nel complesso, lascia un po’ a desiderare.

In particolar modo non convince affatto una coppia come Legati-Schiavi. Forse qualcosa, in futuro, bisognerebbe fare, là dietro.

Infine Perin. Già due anni fa dissi che questo aveva i mezzi per poter puntare dritto alla nazionale maggiore. E lo ribadisco.

Se solo nel calcio italiano ci fosse più coraggio e si desse più fiducia ai giovani Perin oggi sarebbe titolare fisso di una buona squadra di Serie A.

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