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Archive for the ‘2011/2012’ Category

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Cinque giornate al termine, è iniziata la volata.

La fine della stagione 2011/2012 si avvicina, e prima di tuffarci nel clima Europeo dobbiamo ancora vivere tutto d’un fiato le ultime partite di questo campionato.

Torneo che sembra potersi dipingere sempre più a tinte Bianconere.

A Torino, infatti, la squadra di Conte ha saputo sfruttare al meglio il mezzo passo falso pomeridiano compiuto dal Milan, che non ha saputo andare oltre l’1 a 1 casalingo col Bologna, e ora i punti che dividono le due compagini sono tre.

Margine esiguo, se si pensa che basterebbe una sconfitta ad azzerarlo, ma che assume comunque un certo valore in relazione a due fattori: da una parte il fatto che la Juventus non ha ancora mai perso in campionato, ed è un’imbattibilità che in Corso Galileo Ferraris sono decisi a portare fino alla fine. Dall’altra significativo invece come le ultime cinque squadre da affrontare siano oggi tutte distaccate di almeno 31 punti in classifica.

Tanti sono quindi gli indizi che portano a credere che questa volata, lanciata ufficialmente ieri dal roboante 4 a 0 dello Juventus Stadium su di una Roma sempre troppo fragile difensivamente per poter concorrere ad alto livello, possa essere vinta dalla compagine piemontese.

Tra questi anche il fatto che gli scontri diretti vedono proprio la Juventus in vantaggio. Che quindi ai tre punti di vantaggio in classifica se ne vede sommare uno del tutto virtuale. In caso di arrivo alla pari, infatti, sarebbero proprio i Bianconeri a spuntarla, avendo vinto la gara di andata contro i Rossoneri.

Ma analizziamo nello specifico le gare che rimangono alle due compagini ancora in corsa per il titolo e cerchiamo di capire chi al di là di questi aspetti possa avere la strada più agevole per il titolo.

Il prossimo incontro vedrà la Juventus impegnata a Cesena con il Milan che ospiterà invece il Genoa.

Due gare che, classifica alla mano, non dovrebbero presentare insidie per i Biancorossoneri, entrambi vittoriosi 2 a 0 all’andata.

Il Cesena del resto, con 22 punti in classifica, non è ancora condannato matematicamente, ma sa bene di non avere più possibilità reali di scampare ad una retrocessione ormai decisa.
Con 19 sconfitte in campionato, per altro, i romagnoli sono la compagine più battuta di questo campionato. Non certo impensabile credere che potrebbero farsi domare nuovamente dalla furia dei ragazzi di Conte, lanciati più che mai sulla strada che porta allo Scudetto.

Diverso invece il discorso relativo alla partita di Milano, dove arriverà un Genoa bisognosissimo di punti salvezza. I Rossoblù hanno infatti una sola lunghezza di vantaggio sul Lecce, a sua volta impegnato in casa con il Napoli.
Sulla carta quindi un impegno ostico per i ragazzi di Allegri. Il peso di quanto successo ieri a Marassi, con i giocatori del Grifone costretti a riconsegnare le maglie da un gruppo di ultras, potrebbe però essere un fardello troppo pesante per i giocatori ospiti.

Nel complesso, quindi, due gare che potrebbero regalare tre punti tanto a Juventus quanto a Milan.

Domenica pomeriggio, poi, trasferta per entrambe le contendenti. Con un derby piemontese per la Juventus impegnata a Novara ed il Siena di Sannino sulla strada dei Rossoneri.

Anche qui due 2 a 0 decisero le gare di andata, ed anche in questo caso la carta assegnerebbe due vittorie piuttosto facili a Juve e Milan.
Sulla carta la partita più difficile l’avrebbero i Rossoneri. Il Siena, però, è ormai praticamente salvo e potrebbe quindi risultare uno scoglio tutto sommato facilmente alla portata.

Interessante capire cosa succederà invece alla terz’ultima di campionato, quando la Juventus ospiterà un Lecce che, con ogni probabilità, si giocherà le proprie ultime chance di permanenza in A.
Riuscirà il nuovo Stadio di Torino ad irretire anche la verve di Muriel e compagni (battuti 1 a 0 all’andata)?

Milan impegnato invece in casa contro un’Atalanta, anche qui, già praticamente salva (e sconfitta per 2 a 0 lo scorso 8 gennaio).

Potrebbe quindi essere la penultima di campionato la vera e propria chiave di volta di questo Scudetto.

Con una Juve impegnata a Cagliari (anche se bisognerà capire dove verrà giocata la partita) a lavare “l’onta” del pareggio di cinque mesi prima (1 a 1 allo Juventus Stadium) il Milan sarà ospite dei cugini Nerazzurri in quel di San Siro, per un derby che potrebbe essere la pietra tombale sul sogno Scudetto dei Rossoneri.

Anche ammettendo che in queste tre giornate che ci separano dal derby il Milan riesca a recuperare lo svantaggio, infatti, una sconfitta coi cugini potrebbe significare la fine di ogni speranza. Perché come detto un arrivo a pari punti a fine campionato equivarrebbe ad un ennesimo Scudetto cucito sulla maglia della Juventus.

Milan che comunque anche vincendo potrebbe vedersi infrangere lì il proprio sogno Scudetto.
Qualora la compagine di Allegri si presentasse il giorno del derby con tre punti di svantaggio sulla Juventus, infatti, una vittoria con l’Inter non basterebbe qualora fosse simultanea ad una vittoria esterna dei Bianconeri a Cagliari. Perché quei tre punti di vantaggio, sempre col fattore “scontri diretti” a favore della Juve, sarebbero decisivi.

La giornata finale, quella che vedrà i Bianconeri tentare di bissare il 2 a 0 di Bergamo contro l’Atalanta e il Milan che ospiterà il probabilmente già retrocesso Novara (3 a 0 in Piemonte a fine gennaio), potrebbe quindi essere solo una formalità.

Potrebbe…

Insomma, la volata è partita e un po’ tutto è in mano alla Juventus. Cui non basterà solo vincere tutti e cinque i match rimanenti per aggiudicarsi lo Scudetto, ma che potrebbe addirittura concedersi il lusso di perdere i tre punti che ha oggi di vantaggio sul Milan per laurearsi Campione d’Italia il 13 maggio prossimo.

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Arrivo lungo, ma un commentino su Milan – Roma non potevo non farlo.

E allora parafrasando un ritornello cantato da Primo Brown… Roma chiama, Ibra risponde!

Qualcuno in estate aveva immaginato di vedere la sponda Giallorossa del Tevere trasformarsi magicamente in una piccola grande Barcellona, diventando così Mecca di un calcio italiano sempre più imbolsito.

Beh, a conti fatti quel qualcuno è stato quantomeno un po’ troppo ottimista.

Del resto era sciocco pensare che, di punto in bianco, Luis Enrique potesse fare di una squadra qualsiasi un nuovo Barça.

Perché ciò che è oggi la squadra di Guardiola è stato costruito quantomeno nell’arco degli ultimi quindici anni, con un lavoro capillare di costruzione di un’idea di calcio che parte da lontano e che si radica fin dai pulcini.

Barcellona, insomma, è un mondo a sé. Non è una semplice squadra di calcio.

Se a questo si aggiunge il fatto che gli interpreti non sono propriamente dello stesso livello la frittata è fatta. E nessuno si deve stupire nel vedere che la Roma di Luis Enrique sta attraversando non poche difficoltà nell’affrontare questo campionato.

Non ultima la sconfitta patita nei confronti di un Milan sempre più lanciato, nonostante il 2 a 0 della Juventus su di un’Inter sempre più in crisi, alla vittoria dello Scudetto.

Alla “Scala del calcio” va infatti in scena uno spettacolo cui ormai i tifosi Rossoneri sono – ben – abituati: il solito Zlatan Ibrahimovic sale in cattedra e affonda la compagine romanista con una doppietta che palesa tutte le incredibili lacune della retroguardia ospite, forse il principale punto dolente della sinora comunque non proprio soddisfacente esperienza italiana di Lucho.

E così a fare da contraltare ad un Ibrahimovic sempre più dominante tra i nostri confini c’è un Kjaer che ha spiegato bene a tutti perché dalle parti di Wolfsburg nessuno voglia più vederlo. Incredibile anche pensare come uno dei difensori più interessanti del nostro campionato solo un paio di stagioni or sono giochi oggi su livelli così infimi.

La corazzata di Allegri quindi dopo aver tremato in chiusura di primo tempo sull’1 a 0 targato Osvaldo si rifà alla grande nella ripresa, tagliando come burro la difesa romanista, guidata dal suo alfiere principe.

Una partita che nel complesso non ha comunque potuto entusiasmare gli amanti del bel calcio in quanto segnata in maniera più che significativa dagli errori dei singoli, più che dal bel gioco.

Ma una partita che ha anche lanciato un paio di note positive per il movimento calcistico italiano nel suo complesso: perché da una parte ha dato bella mostra di sé il piccolo Faraone, quello Stephan El Shaarawy che nonostante i vent’anni non ancora compiuti dimostra di saper calcare senza remora alcuna un palcoscenico importante come quello di San Siro e di giocare con la sfacciataggine propria di ogni predestinato anche contro un avversario comunque ostico e blasonato come la Roma.

Dall’altra trova invece spazio, ormai come d’abitudine, il quasi ventunenne Fabio Borini (che compirà gli anni giusto giovedì), che dopo una già buona dose di prestazioni di livello e diversi goal non riesce ad essere incisivo come ci ha abituati, anche per via della scarsa incisività di tutta la squadra.

Due giovani, questi, che rappresentano davvero il futuro di un movimento che ha grandissimo bisogno di rinnovarsi, a tutti i livelli.

Se poi a questi due ragazzi di belle prospettive si aggiunge anche quel Manolo Gabbiadini che ha favorito la digestione dei tifosi bergamaschi rifilando a quelli bolognesi una “pera” piuttosto indigesta… ecco che forse il futuro sembra non essere poi così nero.

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La partita di San Siro di ieri sera è la sublimazione della poca cultura sportiva che c’è in Italia.

S’è visto di tutto.

Errori marchiani, botte da Mixed Martial Arts, mischione finale, tifosi schiumanti rabbia.

E in tutto questo il calcio resta solo lo spettacolo che fa da contorno a veleni, insulti e quant’altro.

Allora mettiamo un po’ di ordine.

Quello di Muntari è goal. Vabbè, non serve certo lo dica io.

La palla è nettamente dentro e Vidal è da considerarsi – a mio avviso giustamente – in gioco anche a termini di regolamento (senza l’ok dell’arbitro un giocatore fuori dal campo è da considerarsi in gioco).

Anche qui… ho letto, su Facebook, chi tirava in ballo un goal di Boniek per giustificare il fatto che Vidal andasse considerato non in gioco e quindi che quello di Muntari fosse goal da annullare per posizione irregolare.

Il tutto con pochissima obiettività e scarsa cultura sportiva. Del resto il tifo spesso acceca e non ci si rende conto che in venticinque anni il regolamento è cambiato. E che come agli Europei del 2008 subimmo una rete contro l’Olanda con Panucci – mi pare – fuori dal campo qui alla Juventus è successa la stessa cosa.

Ma no. Milanisti che schiumano verde insultando a destra e a manca. Partendo da Conte con tanto di mamma per arrivare all’ultimo dei tifosi.
In risposta, ovviamente, arrivano solo – o quasi – altrettanti insulti o teorie balzane per provare a difendere la propria squadra.

Allo stesso modo di tutto mi è capitato di leggere rispetto al goal di Matri. Assolutamente regolare (per quanto si tratti di una questione davvero di millimetri).

E anche qui: basterebbe ammetterlo.

Nessuno dice che l’errore su questo goal sia paragonabile a quello fatto nella situazione che ha visto il goal di Muntari non venire convalidato.

E’ semplicemente questione di obiettività.

Nel contempo Vidal viene giustamente espulso per un interventaccio su Van Bommel, Mexes invece la scampa (ma rischia la prova tv).

Arbitraggio semplicemente pessimo. Non c’è bisogno di lasciarsi dominare dalla follia come Pellegatti o offendere i tifosi avversari senza un motivo valido.

Cultura sportiva. Quando ne avremo una in Italia?

Nota a margine: il Milan meriterebbe qualcosa di più. E indubbiamente quel goal annullato a Muntari avrebbe potuto decidere il match.

Juve che nella ripresa si riprende e tutto sommato non demerita il pareggio. Certo però che quando non corre come ci ha abituati è una squadra poco più che normale.

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Tra cinque giorni Milan e Juventus si giocheranno una buona fetta dello Scudetto.

E mentre sui media impazzano già le polemiche questo blog, come da tradizione, si concentrerà sugli aspetti relativi al calcio giocato.

Perché del resto chi ama davvero questo sport non può soffermarsi a perdere troppo tempo con futilità inutili, senza pensare al campo.

E allora… che situazione stanno vivendo le due big di questa Serie A?

Partiamo da un presupposto che penso però sia chiaro un po’ a tutti: sulla carta il Milan sarebbe superiore. E potendo contare sul vantaggio di giocare in casa non dovrebbe che partire favorito.

Sulla carta, appunto. Perché poi a conti fatti ecco che la lista di giocatori indisponibili in casa Rossonera è praticamente sconfinata. Quando, di contro, a Conte dovrebbero mancare solo lo squalificato Vidal e l’infortunato Marrone (che comunque, ad onor del vero, difficilmente avrebbe visto il campo anche se un’elongazione del bicipite femorale della coscia sinistra non lo costringesse ai box).

Ai lungodegenti Cassano e Gattuso, infatti, bisogna aggiungere anche Aquilani (distorsione alla caviglia), Merkel (distorsione del ginocchio), Strasser (frattura del malleolo), Seedorf (stiramento del bicipite femorale destro), Mexes  e Nesta (infiammazione al ginocchio), Boateng e Pato (affaticamento).

Di questi, certo, qualcuno potrebbe riuscire a recuperare. In particolar modo qualcuno tra gli ultimi quattro, che hanno problemi fisici di entità indubbiamente minore rispetto ai primi.

Qualora però i medici di Milan Lab non dovessero riuscire nel miracolo Allegri si troverebbe a dover studiare una formazione partendo da una base di ben undici assenti. Praticamente una formazione intera.

Agli infortunati sopracitati, infatti, va poi aggiunto, ed è un’assenza pesante, Ibrahimovic, come tutti ricorderete squalificato per lo schiaffo/buffetto ad Aronica.

Così l’ex tecnico del Cagliari potrebbe vedersi praticamente costretto a schierare la stessa formazione che ha steso ieri il Cesena grazie ai goal di Muntari, Emanuelson e Robinho.

Una formazione che sulla carta, a ben vedere, non sarebbe poi nemmeno così tanto più forte di quella che si inizia ad ipotizzare oggi potrebbe essere schierata da Conte.

Perché senza buona parte dei punti forti della sua squadra Allegri si troverebbe a schierare una difesa con il non affidabilissimo Bonera ad affiancare Thiago Silva, un centrocampo di buona sostanza (cosa questa che potrebbe in effetti aiutare a contenere il maggior agonismo Bianconero) ma poca tecnica (e risulta quasi un controsenso che la squadra che sulla carta ha indubbiamente il tasso tecnico più elevato del campionato si potrebbe trovare a giocare con un centrocampo nettamente inferiore, da questo punto di vista, a quello juventino) ed un attacco che potrebbe essere croce e delizia del match, con Robinho capace di farne tre in due partite come di sbagliare a porta vuota ed un Maxi Lopez che dopo le scintille dell’esordio, in cui aiutò a ribaltare il punteggio con l’Udinese, è stato praticamente spettatore non pagante ieri, nonostante si trovasse a giocare contro la certo non irresistibile difesa cesenate.

Molti meno problemi, invece, per Conte, come dicevamo.

Che sembra ormai orientatissimo verso il 3-5-2 che potrebbe permettere alla Juve di mettere sotto il Milan proprio a centrocampo, con un mix di atletismo e tecnica.

Punto cruciale, per la squadra di Torino, sarà quindi sicuramente l’attacco. Perché dietro sembra che la Juventus abbia trovato una discreta quadratura del cerchio, grazie ad un modulo che gli permette di giocare con tre centrali ed una bella copertura a centrocampo. Non è un caso, infatti, che la Juve con i suoi 14 goal incassati (sette meno del Milan) sia la miglior difesa del campionato. Né tantomeno lo è che i Bianconeri abbiano subito solo due goal in queste quattro partite del girone di ritorno (in attesa di recuperare il match col Bologna).

Tallone d’Achille quindi, come si diceva, la fase offensiva. Laddove la Juve con i suoi 36 goal realizzati (dodici meno del Milan) risulta avere solo il sesto attacco della Serie A, dietro anche a Napoli, Lazio, Palermo e Roma.

Del resto alla squadra di Conte manca un vero e proprio bomber. Ed in generale i giocatori che compongono il reparto offensivo risultano oggi essere, per un motivo o per l’altro, piuttosto asfittici sottoporta.

Non è quindi un caso se dietro a Matri, capocannoniere del club con 9 centri (otto meno dell’attuale capocannoniere, Di Natale, e dietro anche a Cavani, Ibrahimovic, Denis, Jovetic, Milito, Palacio, Klose, Miccoli e Calaiò), ci siano due centrocampisti: Marchisio (sei) e Pepe (cinque).

Assolutamente stitico, in quarta posizione, Vucinic (tre), che come dicevo in estate non è stato un investimento azzeccatissimo. Giocatore dalle potenzialità devastanti, che mette però in mostra troppo di rado. E, per altro, attaccante con una scarsa confidenza col goal, come dimostrato anche fino ad oggi a Torino.

Se Milan Juve sulla carta dovrebbe essere partita con un Milan nettamente favorito, quindi, ecco che tenuto conto dei vari fattori risulta in realtà essere un match molto più aperto di quanto ci si potrebbe aspettare.

Vincere certo non significherebbe cucirsi sul petto lo Scudetto, viste le molte gare che mancano al termine del Campionato. Ma sarebbe altresì un’importantissima iniezione di fiducia.

Sabato sera vedremo quindi chi si avvantaggerà, soprattutto psicologicamente, dal match di San Siro.

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Cagliari in Europa.

Anche qui, una provocazione.

Non che sia particolarmente in vena di farne, ma seguire – ahimè solo distrattamente – il match tra i sardi ed il Palermo mi ha fatto abbastanza riflettere rispetto alle potenzialità di questa squadra.

E allora partiamo da un presupposto: questo post vuol essere dedicato in particolar modo a due giocatori. Che con le proprie qualità hanno realmente, in special modo nella mediocrità del nostro campionato, la possibilità di spingere il Cagliari a caccia di un posto in Europa che, ad onor del vero, sarà più che difficile da raggiungere.

Chi sono i due giocatori che si meritano un post ad hoc su questo blog?

Mauricio Pinilla e Victor Ibarbo.

Che certo, non sono Cristiano Ronaldo e Lionel Messi. Ma che, ribadisco, nella mediocrità del loro campionato hanno un loro perché. E, soprattutto, possono essere un fattore in una squadra certo non irresistibile ma pure tutt’altro che disprezzabile.

Partiamo dalla punta cilena, allora.

Giramondo vero, sbarcò in Italia giovanissimo e fu una meteora. L’Inter non ci aveva visto male ma non aveva posto per lui. A Verona, sponda clivense, non andò tanto meglio.

Spagna, Portogallo, Scozia e il ritorno in Cile. Poi Brasile e, addirittura, Cipro.

Il giocatore però c’è tutto. Così il Grosseto decide di puntare su di lui.

Basta un-campionato-uno e Zamparini sente l’irrefrenabile desiderio di averlo in squadra. Uno score di 24 reti in 24 match di Serie B, del resto, è tutto fuorché poco impressionante.

La Serie A è ovviamente tutta un’altra cosa e Mauricio non può certo mantenere la stessa efficacia sotto porta.

Ma come dicevo il giocatore c’è e si fa sentire quando serve.

Meriterebbe miglior sorte la sua esperienza in Rosanero così come la sua carriera tutta, ma una certa fragilità fisica non lo aiuta per nulla. Anzi, è fortemente penalizzante.

A gennaio sbarca a Cagliari. L’uomo giusto al posto giusto?

Ibarbo è invece l’ultima scommessa di Cellino. Presidente che non farà i numeri di Pozzo ma che ha comunque dimostrato più volte di non avere certo un brutto occhio.

Se Pinilla è punta abbastanza completa, che trovando continuità potrebbe risultare un fattore, Ibarbo è una forza della natura.

Incontenibile quando parte palla al piede o quando s’imbuca nello spazio. Per ulteriori informazioni chiedere a Balzaretti & co.

Ibarbo con una tecnica ed un piede degni di tal nome sarebbe giocatore da grandissima squadra. E’ quello che è, ma se non lo contieni fa male anche se non gioca di fioretto.

Due giocatori del genere, appunto, possono essere un fattore.

Due pietre miliari di un attacco che può davvero impensierire chiunque. La tecnica di Pinilla unita allo strapotere atletico di Ibarbo. E passa la paura.

Ora tutto è nelle mani di Ballardini. Che per altro ha una rosa certo non disprezzabile. Basti ricordare i vari Canini, Astori, Conti, Dessena e Naingollan.

Europa? Difficile.

Però intendiamoci: l’Inter è solo a sei punti, anche se con una partita in meno. Nulla è impossibile. E se i posti disponibili per l’Europa fossero sei, per quanto riguarda il piazzamento in campionato, ecco che le possibilità di vedere Ibarbo-Pinilla trainare il team costruito da Cellino fuori dai confini si farebbero un po’ più concrete…

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“Quando dicevo che bisognava far giocare El Sharaawy anziché comprare Tevez voi dov’eravate?”

Palese provocazione. Ma è quanto ho scritto sul mio profilo Twitter non appena El92 ha girato in rete l’assist di Maxi Lopez, altro giocatore su cui nel pomeriggio si era concentrata la mia attenzione.

Ma andiamo con ordine.

L’Udinese parte meglio e dà sinceramente l’idea di poter portare a casa i tre punti senza sudare le proverbiali sette camice.

In questo senso vanno sottolineati i due aspetti dell’iniziale facilità con cui i padroni di casa gestiscono la gara: grande organizzazione loro, con un Guidolin sempre maiuscolo quando si tratta di definire lo schieramento in campo, ma anche un Allegri che fa una scelta piuttosto azzardata.

Perché obiettivamente mandare in campo il tridente formato da Seedorf in appoggio ad El Shaarawy e Robinho è un azzardo non da poco.

E così la partita cambia, guarda caso, proprio quando il tecnico Rossonero decide di inserire una punta vera. Proprio quel Maxi Lopez che, del resto, sarebbe anche stato acquistato per quello.

Pim pum ed è proprio l’argentino, con il valido supporto di un El Sharaawy che ritrovando dei punti di riferimento solidi alza il proprio livello di gioco, a domare l’Udinese.

Goal e assist per lui e prestazione da incorniciare.

Grande Udinese, comunque. Che con un Sanchez in più nel motore oggi non mi stupirei se guidasse il campionato. Peccato per questo finale di gara. Un po’ di attenzione in più dietro e il risultato sarebbe potuto essere ben diverso…

Udinese

Handanovic: 5
Il Milan gli dà una grossa mano per buona parte della partita. Poi El Sharaawy prova a metterlo in difficoltà e lui cede, respingendo male una palla che in presa diretta mi sembrava potesse essere disinnescata con molta più efficacia. Errore che costa parecchio all’Udinese, perché sancisce il momentaneo pareggio Rossonero e dà la carica per l’arrembata finale che varrà il ribaltamento del risultato.

Benatia: 6
Anche lui aiutato per buona parte del match, come tutta la difesa, da un Milan piuttosto fumoso là davanti. Deve contrastare El Sharaawy, che alla fine risulterà decisivo. Ha fatto ben di meglio in passato.

Danilo: 6
Un paio di sbavature evitabili.

Domizzi: 6
Gara ordinata e condita da qualche sortita offensiva. Come quella che lo vede presentarsi a tu per tu con Amelia, liberato dall’inesauribile Armero. Peccato solo, in quel caso, che anziché provare a liberare il solissimo Di Natale in mezzo cerchi il goal di punta, trovando la manona di Amelia a dirgli di no. Ora probabilmente staremmo parlando di un’altra partita.

Basta: 6,5
Molto concentrato, fa una partita attenta. E’ sempre preciso e pulito.

Abdi: 6
Poco appariscente, effettua comunque un buon lavoro oscuro.

Pazienza: 6,5
Dimostra di non essere quel broccaccio che molti tifosi della Juventus hanno dipinto.
(Dall’87’ Torje: s.v.)

Fernandes: 6,5
Ci mette intensità e condisce il tutto con qualche pizzico di qualità. Come quando libera Di Natale per il goal della bandiera Bianconera.

Armero: 7
Atleticamente è un giocatore devastante. Imprendibile praticamente per tutti (tranne che per Abate) può essere un vero fattore in special modo quando si tratta di giocare in contropiede. Dategli una grande squadra, merita una chance.

Isla: 6,5
Gioca a supporto di Di Natale facendo una partita di livello, a maggior ragione se si pensa che la disputa in un ruolo che non è certo cucito su misura.
(Dal 61′ Pasquale: 5
Il suo ingresso sembra quasi minare la solidità Bianconera.)

Di Natale: 7
Solito bomber di razza. Che ai goal unisce la tecnica sopraffina con cui incanta il pubblico friulano. Giocatore che meriterebbe sicuramente altri scenari, peccato per la sua decisione di chiudere la carriera ad Udine.
(Dal 75′ Floro Flores: s.v.)

Milan

Amelia: 6,5
Il mezzo miracolo fatto su Domizzi vale da solo mezzo punto. Sul goal, deviato da Thiago Silva, non può nulla.

Abate: 6
Bello il duello tra velocisti che ingaggia con Armero, che è comunque su di un livello di forma superiore al suo.

Mexes: 4
Voto forse più pesante di quello che meriterebbe, ma in certe situazioni è giusto lanciare un messaggio forte. Così proprio non va, Philippe. E vedendoti oggi credo nessuno possa rimpiangerti, in quel di Roma.

Thiago Silva: 6,5
Giocare di fianco al Mexes di oggi non dev’essere stato facile. Ma lui è un gigante. Sfortunato in occasione del goal di Di Natale.

Mesbah: 6
Buona presa per il Milan. Almeno in ottica campionato. Da verificare sui campi europei.

Emanuelson: 5
E’ semplicemente un giocatore inadatto a certi livelli.

Ambrosini: 6,5
Mette la propria esperienza al servizio della squadra. Certo che atleticamente l’età inizia a farsi sentire.

Nocerino: 6
Dà un tocco di dinamicità al centrocampo Rossonero. Sicuramente sarà prezioso in questo finale di stagione.
(Dal 66′ Maxi Lopez: 8
Mi chiedevo come potesse partire in panca e tac, entra e risolve il match. Non certo un fenomeno, ma è quel punto di riferimento che può essere utile al Milan in certe situazioni. In special modo quando manca Ibrahimovic.)

Seedorf: 5
Sempre più giocatore da prestazione. E quando questa non arriva si può solo rimpiangere il fatto di averlo mandato in campo.

Robinho: 5
La colpa non è nemmeno tutta sua. Che attacco può formare con El Sharaawy e Seedorf!?
(Dall’87’ Bonera: s.v.)

El Sharaawy: 7,5
E’ tra i migliori dei suoi – o tra i meno peggio – nel momento di massima pochezza Rossonera. Poi, affiancato dal neo entrato Maxi Lopez, guida la risalita della squadra, propriziando il primo goal e firmando di giustezza il secondo, che vale tre punti pesantissimi.

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La Juventus vince anche contro l’Inter e legittima la propria prima posizione in un campionato comunque molto livellato verso il basso.

Prima di dire due parole sulla partita, comunque, mi permetto una piccola riflessione sulle possibilità di Scudetto di questa squadra.

Perché a fine partita ho visto l’intervistatore di Sky parlare proprio di questo con Antonio Conte. E sinceramente mi è sembrato un tantino fuoriluogo.

Il fatto è semplice: la Juventus è una squadra nuova. Allenatore nuovo, diversi giocatori inseriti in estate, meccanismi lungi dall’essere consolidati (cosa che invece si potrebbe dire per il Milan o il Napoli, ad esempio).

In più il Milan è a due soli punti.

Prima di parlare di Scudetto ci andrei realmente con i piedi di piombo.

Ha avuto ragionissima, in questo senso, Conte in settimana, quando ha detto che prima di sbilanciarsi sulle possibilità di questa squadra vuole aspettare la fine del girone d’andata.

Ecco, questo ha un senso.

Perché?

Perché alle vittorie convincenti con Milan ed Inter fanno da contraltare i pareggi di Chievo e di Catania, oltre a quello col Bologna.
Risultati assolutamente al di sotto di quanto dovrebbe far registrare una serie candidata allo Scudetto.

Ma in un campionato livellato verso il basso, come si diceva, ecco che pure quei pareggi non tagliano affatto fuori la squadra dalla corsa Scudetto.
Mica per nulla la vetta è ancora lì, posseduta in solitaria.

Venendo alla partita mi permetto un altro paio di riflessioni.
Partendo proprio dalla Juve di cui ho parlato sinora.

La fame c’è e si fa sentire. E spinge i giocatori a dare tutto.

Questo, però, solo nei big match.

Un limite notevole per questa squadra, che se riuscisse a fare lo step di partire motivata anche contro avversari più abbordabili sarebbe davvero una seria pretendente alla vittoria finale.

La cosa bella di questa squadra nelle partite con le big, comunque, è proprio vedere quella fame e quel carattere che Conte è stato capace di far emergere nei suoi giocatori tradursi in una grande aggressività ed una grande voglia in campo.

E’ questo che fa la differenza.

Perché la cosa oltre a permettere di arrivare spesso prima sul pallone permette anche costruire azioni ben orchestrate. Di provare insomma a mettere in campo un gioco interessante.

Che è poi l’esatto contrario di quanto non accada all’Inter.

Che soprattutto in un certo momento della prima frazione, in realtà, sembra potrebbe prendere il sopravvento. Ma è solo un fuoco di paglia, e nel complesso la vittoria bianconera non può che dirsi assolutamente meritata.

Venendo alla riflessione più ampia, comunque, c’è da dire una cosa: il ciclo Inter è realmente chiuso.

Già l’anno scorso se ne avevano avute ampie avvisaglie. Oggi possiamo dire che il tutto si è affermato più vero che mai.

Questa squadra ha davvero mille problemi e non è nemmeno più lontana parente di quella che solo un anno e mezzo fa alzava al cielo una Champions League tanto a lungo agoniata.

E’ quindi necessario che in via Durini si decidano ad attuare una rifondazione assolutamente non più rimandabile.

Del resto l’età media è altina e, soprattutto, le capacità atletiche di diversi giocatori sembrano oggi assolutamente essersi ridotte rispetto al passato. E se ti fai correre in testa è ben difficile tu possa vincere.

L’impoverimento, insomma, si vede sotto un po’ tutti gli aspetti: tecnico (basterebbe solo citare la partenza di Eto’o in questo senso), tattico (la squadra non è assolutamente più compatta come un tempo), psicologico (non ho mai stimato il modo in cui Mourinho gestiva l’aspetto comunicativo del suo lavoro, perlomeno al di fuori dello spogliatoio… perché al di dentro doveva essere un ottimo condottiero) ed atletico (come detto questa squadra corre poco e male).

Moratti e il suo entourage devono intervenire al più presto: un’Inter competetiva è assolutamente necessaria per provare a far risalire il movimento calcistico italiano in ambito europeo.

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Se qualcuno mi sa spiegare perché il Palermo è giunto a Milano per poi non scendere in campo a San Siro si faccia sentire.

Perché ieri ho avuto l’opportunità (grazie a WeAreSocial, invitato da Indesit che già mi aveva ospitato quest’estate a Londra per il lancio del portale Genuine Football Fan) di guardarmi la partita dal primo anello arancio dello stadio milanese… e guardando verso il campo ho visto solo, costantemente e per novanta minuti, undici ragazzi in maglia Rossonera. E basta.

Scherzi a parte… non ricordo un Palermo così remissivo. E in questo senso sono davvero stupitissimo, perché conoscendo piuttosto bene mister Mangia non mi sarei mai aspettato di vedere in campo una squadra così spenta, a maggior ragione trattandosi di un big match.

Caricare i propri ragazzi, del resto, è una delle prerogative migliori dell’ex tecnico della Primavera varesina. Eppure ieri tutto questo non si è proprio visto.

E così il Milan ha avuto la vita realmente facile e spianata dall’arrendevolezza palermitana.

Insomma, ne è uscita una serata da spettatore non pagante – un po’ come il sottoscritto, insomma – per Abbiati, che ha sonnecchiato per un’ora e mezza senza mai essere realmente impegnato.

Dall’altra parte, invece, non è servito nemmeno impegnarsi troppo per bucare per tre volte di fila Tzorvas. E la difesa palermitana, che ultimamente sembrava aver trovato una certa robustezza, è tornata magicamente ad essere una sorta di groviera stagionato.

Nocerino (col goal dell’ex), il rientrante Robinho (la cui mobilità è la vera arma in più di questa squadra) e l’ormai solito Cassano (che sta sfruttando bene il buon stato di forma) pongono le tre firme in calce alla pesantissima sconfitta di un Palermo in cui non mi sento di salvare davvero nessuno.

Da Mangia in giù tutti bocciati. Anche perché le potenzialità ci sono. Ma un approccio di quel tipo è quanto di più orribile si possa vedere su di un campo di calcio.

Una nota stonata anche sulla sponda Rossonera del naviglio, comunque, c’è.

Sarò fissato io, ma certe cose non le sopporto un granché.

E allora premetto: avevo accettato volentieri l’invito di Indesit per godermi la partita con la recondita speranza di potermi gustare almeno una mezz’oretta di El Sharaawy. Giocatore dall’avvenire interessantissimo.

Bene. Cosa ne è uscito?

Il Milan conduce 3 a 0 una partita già vinta da tempo, praticamente senza avversari in campo. E al sessantaseiesimo Allegri mi fa entrare Emanuelson al posto del rientrante Robinho. Sistemando l’olandese trequartista.

A partita finita, ripeto. Per porre il già modesto ex Ajax pure fuori ruolo. Anziché regalare venticinque minuti di gioco a quello che può e deve rappresentare il futuro del calcio italiano (e magari milanista).

Per me non esiste proprio.

Stephan che entrerà a dodici dal termine. Toccando pochi palloni, ma provando comunque, con una bella conclusione diagonale chiusa in angolo da Tzorvas, a ritagliarsi un po’ di gloria personale.

Ma la gestione di un giovane di questo tipo non può essere quella che stanno attuando a Milano.

Va fatto giocare molto di più. Ed il fatto che abbia solo 19 anni poco significa. Perché le qualità – anche caratteriali – ci sono tutte. E se pensiamo che un suo coetaneo è stato capace, lo scorso anno (quindi a 18 anni) di trascinare il Borussia Dortmund alla vittoria del campionato ecco che risulta chiaro come certi problemi si pongano solo in Italia.

Beh, questa mentalità mi ha davvero stufato. Posso capire che magari non lanci un giovane quando sei sul filo di lana con il Barcellona, dove c’è da lottare e il rischio che possa sentire troppo il match c’è.

Ma su un 3 a 0 così no. Non esiste proprio.

Ecco, l’ho detto. Sperando che le cose in Italia – perché poi questo è solo un esempio, se ne potrebbero fare mille altri – cambino presto. In meglio.

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Il vento sta iniziando a cambiare.

E’ questa la consapevolezza di cui possono farsi forte oggi i tifosi juventini.

Perché dopo un biennio fatto di stenti sembra che la cura Conte funzioni.

E prima ancora che una questione tecnico-tattica è proprio un fattore di approccio alle gare. Di grinta messa in campo.

Conte che ieri ha avuto grandissimi meriti. Innanzitutto la sua squadra schianta gli avversari sul piano atletico, riuscendo a correre quasi senza cali per novanta minuti filati ed attuando un pressing ed un forcing che lascia i rossoneri senza la forza di reagire.

Poi tatticamente. Perché, a differenza del suo predecessore, Conte dimostra una grande duttilità. Tutti parlavano di talebano del 4-2-4, lui “s’inventa” un 4-5-1 molto duttile con un’unica punta atipica capace anche di fare gioco, svariare, favorire gli inserimenti.

Insomma, una trovata che sicuramente vale buona parte della bella vittoria ottenuta ieri sera contro un Milan che, di contro, è molle, senza forza nelle gambe, arruffone nel giro palla, spuntato là davanti.

Il calcio sta cambiando, se qualcuno non se ne fosse accorto. Ed ecco allora che per magia la tecnica incide (del resto le partite non sono manifestazione podistiche) ma l’atletismo occupa una fetta sempre più importante di quello che è un match di calcio. E quindi se vuoi vincere non ti puoi permettere di non correre.

Ed ecco così che oggi le tre squadre sul campo migliori d’Italia sono magicamente anche quelle che corrono di più. Di certo quello che hanno il miglior rapporto corsa-tecnica: Napoli, Udinese e Juventus.

Da cosa nasce la grande crisi che affligge il calcio italiano in questo periodo nero?

Da tanti fattori.

Primo fra tutti proprio il fatto che le preparazioni atletiche che vengono a tutt’oggi seguite in Italia sembrano essere per lo più antiquate. E non è un caso, in questo senso, che le avanguardie – stile Napoli – ben figurino anche al di fuori del nostro paese.

Tra i tanti problemi del nostro calcio (assieme anche ad una gestione del merchandising da Terzo Mondo e all’obsolescenza dei nostri stadi) c’è anche sicuramente una sfiducia latente nei giovani. Una mancanza di coraggio nel lanciarli che rischia davvero di tarpare le ali a tutto il movimento.

Un esempio relativo proprio a questo match in esame?

Cassano titolare. Che di per sè ci potrebbe anche stare.
Cassano che però è un giocatore che non corre nemmeno quando gioca bene e risulta decisivo.

E allora in un match come quello di ieri far sì che un giovane dinamico come El Sharaawy possa prenderne il posto sarebbe cosa buona e giusta.

E invece?

E invece El Sharaawy non è nemmeno in panchina, evidentemente ritenuto troppo giovane per reggere la pressione derivante dal giocare dal Juventus Stadium.

Un ragionamento che potrebbe filare anche, non fosse che dalla panchina si alza Emanuelson, per sostituire Cassano.
Stiamo parlando di un giocatore che in carriera non ha ancora capito quale sia il suo ruolo. Ma che, di certo, nel sostiuire Cassano come fatto ieri finisce per giocare fuori ruolo.

Ma non solo. Stiamo parlando anche di uno dei giocatori con meno carattere che io abbia mai visto calcare un campo di calcio.

Di fronte a questo scenario… davvero El Sharaawy era troppo giovane per essere portato allo Juventus Stadium?

Nel complesso, comunque, un 2 a 0 strameritato per i padroni di casa. Due goal sotto certi aspetti un po’ fortunosi (sorta di rimpallo nel primo, papera di Abbiati nel secondo) che permettono comunque alla Juve di capitalizzare una partita in cui ogni altro risultato oltre all’1 sarebbe stato bugiardo.

Ma vediamo più nello specifico le prestazioni dei singoli.

Juventus

Buffon: s.v.
Praticamente sempre inoperoso. E’ chiamato ad una sola parata e lui risponde alla grande.

Lichtsteiner: 6,5
Dopo anni a soffrire sugli esterni la fascia destra sembra aver trovato il suo padrone. Il terzino elvetico è sempre attentissimo in fase difensiva e bravo ad appoggiare la fase offensiva. Una sola pecca: un piede non proprio educatissimo.

Barzagli: 6,5
La riconvocazione in nazionale è assolutamente meritatissima per uno degli interpreti più positivi di questo inizio di stagione bianconero. Che anche ieri si riconferma su ottimi livelli.

Bonucci: 6
Non rischia praticamente nulla la difesa bianconera e lui esegue il suo compitino senza sbavature. Per lui, al contrario che per il compagno di reparto, la convocazione è – in questo momento – assolutamente immeritata. Speriamo solo, per il calcio italiano, che il match di ieri abbia contribuito a dargli fiducia nei propri mezzi.

Chiellini: 7
Spostato a sinistra per coprire una falla che questa squadra si porta dietro ormai da anni, Giorgio si esalta e torna il gladiatore apprezzato nella stagione 2007/2008.
Ormai è piuttosto chiaro: ha bisogno di giocare di nervi. Nel momento in cui l’intensità si abbassa escono tutte le sue lacune.

Krasic: 5
L’unica vera nota stonata della trionfante serata juventina. E’ un corpo estraneo rispetto alla squadra. Giocatore che sta palesando limiti d’intellingenza tattico-calcistica notevoli.
(Giaccherini: 6
Entra e fa sicuramente meglio di Krasic, propiziando anche l’azione del 2 a 0.)

Vidal: 6,5
Grande partita del cileno che mette in mostra tutta la sua garra. Corre a perdifiato per novanta minuti aiutando la squadra in ogni fase di gioco ed in ogni zona del campo. Gli manca solo una cosa per il 7: più precisione in fase conclusiva, dove sciupa diversi palloni.
(Dal 90′ Pazienza: s.v.)

Pirlo: 6,5
Ricama calcio, anche contro la sua ex squadra.

Marchisio: 8
Indecisissimo se dargli 7,5 o 8, alla fine decido di premiarlo con un voto che do realmente col contagocce.
Ha sempre avuto grandi mezzi, a mio avviso, questo ragazzo. Che però dopo aver mostrato grande futuribilità ai tempi della prima Juve post-Calciopoli si era un po’ perso nel marasma delle ultime stagioni bianconere.
Sarà la guida di Conte in panca o quella di Pirlo in campo il Principino sembra finalmente essersi ritrovato. Segnale positivissimo in ottica nazionale.

Pepe: 6,5
Conte oggi non può fare a meno di lui. Se avesse solo un po’ di tecnica e dribbling in più sarebbe l’esterno perfetto.

Vucinic: 7
Un altro capace di ricamare calcio. Sbaglia un pochino troppi palloni, ma ne trasforma in oro tanti altri. Colpisce anche una traversa con un colpo di fioretto che avrebbe fatto venire giù lo stadio, se trasformato in goal.

Milan

Abbiati: 5
L’ombra del portiere apprezzato la scorsa stagione.

Bonera: 5
Soffre, come buona parte dei suoi compagni. E chiude in ritardo in occasione del primo goal. Su di un’occasione comunque non esattamente facilissima.

Nesta: 6
Certo non è più lo splendido difensore che era qualche stagione fa, ma nel marasma rossonero è tra i pochi a salvarsi.
(Dal 71′ Antonini: 6
Entra per sostituire l’acciaccato Nesta e fa il suo compitino.)

Thiago Silva: 7
Tra i migliori in campo. L’unico vero baluardo di un Milan allo sbando. Splendido in particolar modo quando recupera e chiude su di un Vucinic leziosetto lanciato a rete da uno dei tanti errori di Van Bommel.

Zambrotta: 5
Solo l’ombra del terzino che nel 2006 dominava il mondo.

Nocerino: 5
Qualitativamente non vale una squadra come il Milan. E si sapeva. Però non da nemmeno un contributo significativo in quanto a quantità.
(Dall’83’ Ambrosini: s.v.)

Van Bommel: 4,5
Sbaglia tantissimi palloni.

Seedorf: 5
Solo il miglior Clarence potrebbe salvare un Milan molle dal tracollo. Ma non c’è nemmeno lui, come la maggior parte dei suoi compagni.

Boateng: 4
Si merita tre cartellini gialli in tutta la partita. Non incide là davanti. Prova a dare un po’ di nerbo senza però riuscirci. Partita da dimenticare.

Ibrahimovic: 5
Non è ancora in forma e si vede.

Cassano: 5
Le partite giocate a questa intensità non fanno per lui.
(Dal 61′ Emanuelson: 4,5
Gioca fuori posizione. Ma è come se non giocasse. Non fosse per il mancato rinvio in occasione del secondo goal, quando di fatto serve proprio Marchisio per il 2 a 0.)

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CRONACA

Due soli minuti di gioco e la Roma arriva subito a calciare in porta: Josè Angel, servito da Pjanic, si accentra mettendosi la palla sul destro e calcia, senza però trovare lo specchio di porta.
Roma volenterosa che al sesto si fa vedere con Osvaldo. Il tiro-cross dell’attaccante italoargentino termina però sopra la traversa della porta difesa da Mirante.

All’undicesimo si fanno finalmente vedere i padroni di casa: Giovinco pennella in mezzo un cross che è impattato dalla fronte di Lucarelli, che cerca l’incrocio ma mette la sfera di poco alta sulla traversa.
Parma che pareggia il conto delle occasioni interessanti cinque minuti più tardi quando Galloppa effettua uno splendido tocco sotto a mettere in movimento Giovinco, il cui tiro al volo non centra però la porta.

Ritmi comunque non altissimi e partita che scorre senza eccessivi sussulti. Al ventottesimo bella iniziativa di Giovinco che dopo aver ricevuto palla al limite si libera del diretto marcatore con una bella finta per poi cercare il secondo palo, trovando però la pronta risposta di Lobont.
Sul fronte opposto è invece Pjanic a provarci da fuori, senza però riuscire ad inquadrare lo specchio di porta.

A sei dal termine occasionissima per la Roma: Totti calcia dalla distanza e mette in difficoltà Mirante, che non riesce a trattenere. Sulla ribatutta corta piomba Osvaldo per il tap-in, ma anche l’italoargentino finisce col calciare contro il portiere scuola Juventus.

In apertura di ripresa la Roma passa. E’ Osvaldo a portare in vantaggio i giallorossi, con uno stacco di testa perentorio in area avversaria.

Sessantesimo: azione manovrata della Roma che recapita palla ad Osvaldo al limite. Dribbling sul diretto marcatore e tiro ad incrociare sul secondo palo. Di poco a lato.
Dieci minuti più tardi è Lobont a creare qualche apprensione ai Giallorossi: Jadid calcia molto centralmente dal limite. Il portiere romeno non trattiene, dovendo poi rincorrere il pallone per evitare sia ribattuta in rete da Crespo.

Un solo minuto e Biabiany si mangia un’occasione colossale: dopo aver letteralmente bruciato Heinze sullo scatto entra in area. Dove anziché servire Giovinco – solissimo – sul secondo palo cerca la conclusione personale, calciando una puntina che non trova lo specchio.
Partita che s’infiamma tutt’a un tratto, per quanto sia solo un fuoco di paglia. Un altro paio di minuti ed è Totti a portarsi vicino alla rete. Il bel diagonale da fuori del capitano romanista non inquadra però la porta, con Mirante che si distende quindi inutilmente alla propria destra.

Nei minuti di recupero il Parma proverà un forcing infruttuoso, dovendosi quindi piegare agli avversari.

COMMENTO

Non è una brutta Roma quella che scende in campo stasera al Tardini.

Perché la squadra di Luis Enrique lascia intravvedere sprazzi di gioco. Per quanto i meccanismi sono ancora molto poco oliati.

Di certo va detta con chiarezza una cosa: è giusto dare tempo al tecnico asturiano.

Perché il progetto tattico dell’ex allenatore del Barcellona B è molto ambizioso ed ancor più complicato da compiere. A maggior ragione quando non tutti gli acquisti sembrano essere realmente funzionali al progetto stesso.

In più, e questo è un merito non da poco, Luis Enrique credo possa avere meno remore a far giocare un giovane rispetto a tanti altri tecnici, in particolar modo italiani.

Riprova ne è il fatto che Borini – giocatore che a me piace, ma che certo non è un Fenomeno – sembra godere di stima e considerazione. Quando, altrove, probabilmente non troverebbe mai il campo.

Insomma… bisogna avere un po’ di fiducia ed aspettare questa Roma. Che per diventare una grande squadra dovrà fare ancora davvero tantissima strada. Ma insomma…

Dal canto suo invece il Parma mi delude ancora una volta.

E’ la seconda partita che vedo dei parmensi quest’anno e debbo dire che non mi impressionano per nulla.

Anzi, se lo fanno lo fanno in negativo.

Vedremo dove potranno arrivare.

Una cosa è certa. In questo momento i parmensi sono in zona retrocessione. E certo non per caso.

MVP

Daniele De Rossi disputa una partita di tutto rispetto.
Nelle ultime due stagioni in particolare sembrava aver accusato un po’ una flessione nel rendimento, ma questa sera è un po’ l’uomo ovunque del centrocampo giallorosso.

TABELLINO

Parma vs. Roma 0 – 1
Marcatori: 50′ Osvaldo.

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