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Archive for the ‘2012/2013’ Category

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E’ un 2 a 1 certo non scintillante quello che il Chelsea è riuscito a strappare a Basilea ieri sera, nell’andata delle semifinali di Europa League.Rafa Benitez

La squadra allenata dallo spagnolo Rafa Benitez non ha infatti impressionato al cospetto di quella che è sì una delle rivelazioni di questa stagione, ma che a livello di qualità complessiva era comunque sicuramente molto inferiore ai londinesi.

E’ cronaca proprio di questi giorni l’eventualità che Josè Mourinho, sempre più in rotta di collisione con il Real Madrid, possa tornare sulla panchina Blues, andando a prendere il posto proprio dell’ex coach di Liverpool ed Inter.

Un’eventualità che con ogni probabilità ha mandato in fibrillazione ogni singolo tifoso del Chelsea disperso in ogni parte del globo, ma che non piacerà moltissimo al tecnico nativo di Madrid. Che pure, a fine match, si è detto tranquillo rispetto al suo futuro, sicuro com’è di poter trovare un’altra sistemazione nell’arco di breve tempo.

Certo, qualcuno obietta che, di riffa o di raffa, Benitez sta comunque riuscendo a portare la propria squadra ad un’ennesima finale europea (la quarta della sua carriera).

A questi risponde in pieno la partita di ieri. Ok il rispetto dell’avversario, che non va mai snobbato (a maggior ragione in una semifinale europea, se gli elvetici sono arrivati sino qui è perché certo non possono essere scarsi), ma giocare un’intera partita contro una squadra comunque ben inferiore – per quanto sul loro campo – in contropiede non è affatto atteggiamento che il tifoso (né tantomeno il dirigente) di uno dei club più importanti del continente può accettare.

Certo, Rafa non è stato accolto bene sulla panchina del Chelsea. La marea di fischi che l’hanno investito sin dal primo match è stata eufemisticamente ingenerosa.

La sua carriera parla poi chiaro: di successi ne ha raccolti un po’ ovunque (dal campionato nazionale under 19 spagnolo con il Real fino al Mondiale per Club vinto con l’Inter, passando – tra le altre cose – dalla Champions conquistata a Liverpool). Ma la sua filosofia di gioco può non piacere. Soprattutto ad un pubblico esigente.

Quindi ingenerosi i fischi iniziali, ma se vai a giocare in contropiede per novanta minuti in quel di Basilea, un pochino ti scavi la fossa da solo.

Altro nodo da sciogliere, oltre quello della panchina, indubbiamente quello della punta.

Oggi il titolare assoluto per il ruolo di perno centrale di un attacco che tra trequartisti ed ali ha solo l’imbarazzo della scelta (Hazard, Mata ed Oscar su tutti) è Fernando Torres, giocatore più o meno persosi dopo il Mondiale vinto con la sua nazionale nel 2010.

Certo, quest’anno l’ex Colchonero sta ritrovando un minimo di feeling con il goal, ma 7 realizzazioni in campionato sono davvero troppo poche per un ragazzo che nel 2008, al suo primo anno in Premier, seppe realizzarne ben 24.

Nei suoi primi tre anni inglesi, giusto per chiarirci, segnò un totale di 72 reti. Nelle ultime tre stagioni ne ha realizzate poco più della metà.

Un’involuzione palese che non si riscontra solo nei numeri, calati drasticamente, ma anche nelle prestazioni in campo.

Mourinho, che certo dopo il possibile fallimento di questa stagione vorrà garanzie precise per accettare una qualsiasi panchina, pare abbia quindi già chiarito le cose con Abramovich. Torres non potrà più essere il titolare indiscusso della squadra.

Così il magnate russo pare abbia già pronta un’offerta da 60 milioni di euro per assicurarsi Radamel Falcao, bomber colombiano attualmente in forza all’Atletico Madrid (guarda caso la squadra che diede i natali, calcistici, al Niño).Radamel Falcao

Insomma, dalla coppia Benitez-Torres a Mourinho-Falcao. Un salto avanti notevole, che potrebbe rimettere il Chelsea in corsa anche nell’Europa che conta.

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 E’ una Inter quasi irriconoscibile quella che scende in campo stasera a San Siro.

Una squadra, finalmente, innanzitutto.

Che lotta su ogni pallone, getta il cuore oltre l’ostacolo, cerca l’impresa.

L’assenza di Bale aiuta l’Inter, già solo a livello psicologico. Tra i pochi fenomeni del calcio moderno, il gallese avrebbe potuto risolverla in qualsiasi momento da solo.

Questo, però, non può essere un alibi per i londinesi. Perché così come il Milan è da crocifiggere per aver dilapidato il vantaggio dell’andata, così – anzi, a maggior ragione – dobbiamo crocifiggere il Tottenham per essersi fatto rimontare i ben tre goal di vantaggio accumulati nella gara d’andata.

Come raccontavo a chi con me seguiva la partita su Facebook, però, era anche ovvio che la squadra avrebbe dovuto, dopo il 3 a 0, cercare di chiuderla prima del novantesimo. Perché ai supplementari, dopo tutto quel dispendio di energie, sarebbe stato difficilissimo prevalere.

Due, quindi, le chiavi di volta, in negativo, per un’Inter comunque – per una volta – da elogiare senza remore.

In primis, un po’ come con Niang martedì, la traversa colpita da Palacio sull’1 a 0. Se l’attaccante argentino avesse segnato lì, si era intorno alla mezz’ora, l’Inter con ogni probabilità sarebbe riuscita a chiudere i conti prima del novantesimo, trovando una qualificazione assolutamente impronosticabile alla vigilia.

Poi, forse ancor di più vista la dinamica del match, l’occasione fallita dal pur ottimo Cambiassio al novantaduesimo. Quando, con sessanta secondi da giocare, un goal avrebbe davvero voluto dire quarti di finale.

Ora… dopo una serata del genere ci si aspetterebbero lodi a tutti, dai giocatori a Stramaccioni.

Io, però, la vedo diversamente. E mentre i giocatori – alcuni in particolari, poi vi dirò – sono assolutamente da incensare il mister sarebbe da mettere alla sbarra e processare.Andrea Stramaccioni

Il motivo è semplice: prima dell’andata dimostrò chiaramente di non tenere un granché al torneo, assolutamente sacrificabile in nome della corsa al terzo posto in campionato (che con ogni probabilità sfumerà).

Poi, dopo la figuraccia di Londra e la sconfitta col Bologna, praticamente esonerato, ecco che anche la gara di ritorno con il Tottenham assume una sua importanza. Anzi, quasi una centralità.

Peccato che ormai sia troppo tardi, perché, nonostante la squadra giochi alla grande e per il cuore messo in campo oggi meriterebbe il passaggio del turno, rimontare un 3 a 0 fino a staccare l’accesso al turno successivo è impresa epica, che non per nulla sfuma sul più bello.

Il tutto nonostante anche ai supplementari, pur alla canna del gas, i ragazzi vestiti di nero ed azzurro mettano in campo tutto quanto possibile, lottando come gladiatori e riaprendo – dopo la rete di Adebayor, con l’azione di Dembelè che mette palesemente in evidenza la difficoltà atletica della squadra di casa – una gara praticamente chiusa.

Un allenatore, insomma, non può trattare così un impegno europeo, nemmeno se ritenuto secondario rispetto all’obiettivo da raggiungere in campionato.

Venendo ai singoli applausi a scena aperta vanno riservati a Palacio, Handanovic e Cambiasso su tutti. Con il primo che nonostante la traversa dimostra di essere l’anima delle avanzate nerazzurre, il secondo che compie un paio di grandi interventi (ed è, per qualità, nettamente tra i migliori giocatori a roster) ed il terzo che gioca quasi ai livelli dei tempi che furono.

Ottimi, inoltre, anche un Cassano ispiratissimo (peccato abbia la mobilità e la velocità di un bradipo) ed un Kovacic che nonostante la giovanissima età dimostra di saper reggere certi palcoscenici.

Ma, più in generale, davvero bravi tutti.

Peccato, insomma. Remuntada storica fallita di un soffio!

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La vittoria dell’Anzhi con l’Udinese sancisce l’eliminazione dei friulani e rende lo scontro tra Liverpool e Young Boys una sorta di spareggio per l’accesso al turno successivo. Chi vince, infatti, si infila in una botte di ferro.

Cinque minuti ed è la squadra di Berna a proporsi, con Nuzzolo che calcia poco dentro all’area, decentrato sulla sinistra, trovando però la pronta risposta dell’estremo difensore avversario, bravo a bloccare la sfera.
La seconda arriva al dodicesimo, quando Schneuwly vince un rimpallo e calcia da fuori, senza però la giusta potenza.

La prima conclusione dei Reds la porta invece Suso, che un paio di minuti più tardi si accentra partendo da destra per calciare da più di venti metri, senza però trovare lo specchio.
Il tutto con un Liverpool assolutamente incapace di costruire gioco come ci si aspetterebbe da una squadra così.

Reds che devono quindi affidarsi alle giocate estemporanee. Come quella che, sugli sviluppi di un rinvio sbagliato da Wolfli, porta Shelvey a servire in profondità Joe Cole, il cui destro ad incrociare si spegne però a lato.
A giocare meglio sono comunque gli ospiti, che al ventesimo si rendono pericolosi con Farnerud la cui conclusione è deviata in angolo da Skrtel.

Poco più tardi Veskovac, centrale difensivo serbo, prova un colpo di tacco con cui per poco non regala un goal al Liverpool riuscendo anche a strapparsi. Il peggio.
Reds che continuano quindi con le fiammate. Come quella che al ventiseiesimo vede Henderson presentarsi al limite per calciare a botta sicura, trovando però l’ottima risposta di un reattivissimo Wolfli.

Per provare a cambiare radicalmente il match Rodgers decide per una mossa apprezzata da tutto Anfield Road: fuori Wisdom, leggermente acciaccato, dentro niente popò di meno che lui, il capitano dei capitani: Steven Gerrard!

E, sarà solo un caso, i Reds passano: Joe Cole scambia con Suso, s’infila in area e crossa in mezzo saltando l’uscita di Wolfli e servendo a Shelvey un assist per il comodissimo 1 a 0.

Liverpool che scrollatosi di dosso i timori di inizio match con l’ingresso del capitano arriva vicinissimo al goal due volte nell’arco di meno di sessanta secondi. Prima con un sinistro da fuori di Suso, poi, sugli sviluppi dell’angolo seguente, con un colpo sotto misura di Skrtel, respinto sulla linea da Nuzzolo.
Young Boys comunque alle corde. Così allo scadere Suso s’infila nelle larghe maglie della difesa bernese per andare a calciare dal limite, spedendo però a lato malamente, in un modo che non ci si aspetterebbe da un giocatore tecnico come lui.

Nella ripresa Farnerud prova a suonare la sveglia, ma il suo sinistro da fuori termina alto sopra la traversa, senza impensierire il portiere avversario.
Sempre le conclusioni da fuori sono l’arma scelta dagli svizzeri che al cinquantesimo ci provano con Zverotic: fuori di poco.

I padroni di casa però non ci stanno. Suso così sale in cattedra e serve un pasticcino per Joe Cole, che entrato in area trova un grande Wolfli sulla sua strada.
“Goal sbagliato, goal subito” si dice. Ed ecco che il detto non si smentisce nemmeno questa volta con Farnerud che lancia a Bobadilla in area, stop di coscia e bomba sul secondo palo a bucare Reina per il pareggio.

Nonostante l’ingresso in campo di Suarez però il Liverpool subisce il colpo a livello psicologico e fatica a costruire gioco. Almeno fino al settantaduesimo, quando Suarez e Gerrard impacchettano un’azione perfetta che porta Joe Cole in area a battere a rete, infilando facilmente Wolfli per il 2 a 1.

Da lì in poi il Liverpool conterrà abbastanza bene, provando anche a pungere di tanto in tanto.

Fino a quando, a due dal termine, non arriverà la grandissima rete di Zverotic, che dal limite sparerà un siluro centrale che bucherà un Reina coperto ma certo non perfetto nell’occasione, per un 2 a 2 assolutamente inaspettato e che rimette in corsa la squadra di Berna per il passaggio del turno.

Gli ultimissimi minuti riservano quindi un Liverpool riversato in avanti, ma senza fortuna.

Tanti i problemi dei Reds, oggi. Grande carattere, invece, per gli svizzeri, che recuperano il risultato per ben due volte portando a casa un pareggio importantissimo che li tiene in piena corsa per un passaggio del turno forse insperato ad inizio Europa League.

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A inizio stagione nessuno si sarebbe aspettato di arrivare ad oggi con Genk e Videoton ad occupare le prime due posizioni del girone e Basilea – Sporting rispettivamente la terza e la quarta.
Ma le cose si sono evolute così, tanto da rendere questo match l’ultima spiaggia per i lusitani e una delle ultime occasioni per gli elvetici.

Proprio i padroni di casa partono meglio ed al sesto minuto si propongono pericolosamente quando Stocker trova il fondo e pennella uno splendido cross in mezzo con David Degen che dopo aver stretto in area salta ed incorna bene, trovando però la pronta risposta di Rui Patricio.
La coppia imbastisce una situazione allettante anche al quarto d’ora, quando l’ala sinistra taglia un pallone in area dal limite per il suo alterego destro, che però non riesce arrivare puntuale all’appuntamento e facilita l’intervento del portiere lusitano.

Degen scatenato. Al diciottesimo l’ex Moenchengladbach ci riprova, questa volta da fuori. Il suo mancino, leggermente deviato da un difensore, è però preda di un sempre attentissimo Rui Patricio.
La prima azione lusitana arriva quindi solo al ventiduesimo quando Labyad ruba palla sulla trequarti per arrivare a calciare da fuori, producendo però una conclusione molle che non crea alcun problema a Yann Sommer.

Il vantaggio elvetico è però nell’aria ed arriva subito dopo quando Stocker, per l’occasione sulla fascia destra, mette in mezzo un pallone basso su cui arriva Frei, la cui deviazione sotto misura è però rimpallata da Xandao. Tutto bene, non fosse che a rimorchio arriva deciso Schar che ci mette il destro e fredda senza scampo un incolpevole Rui Patricio. 1 a 0.

Lo Sporting – reduce da due pareggi e due sconfitti in questo inizio di Europa League – però non ci sta e ben conscio di dover vincere a tutti i costi prova a reagire subito. Nell’occasione lo fa proprio con uno svizzero, Gelson Fernandes, il cui destro da fuori, su sponda di Van Wolfswinkel, non trova però lo specchio.
Sul versante opposto è invece il cileno Diaz a rendersi pericoloso, con un bel tiro di destro che segue uno stop sontuoso di testa. Palla di poco a lato.

Piano piano è comunque lo Sporting Lisbona a prendere in mano il pallino del gioco. I giocatori allenati da Vercauteren, però, non riescono a costruire veri e propri pericoli. Il tutto fino al trentottesimo quando l’autore del goal, Schar, spiana la strada a Van Wolfswinkel che ricevuto il passaggio del centrale svizzero scatta verso la rete per calciare a botta sicura dal limite, trovando però un super-Sommer in versione “Ragno Azzurro” capace di negargli la rete con una splendida parata.
Basilea che batte un colpo proprio alla fine della prima frazione, quando Fabian Frei calcia potente e preciso da poco oltre il limite, riuscendo però solo a sfiorare il montante alla destra di Rui Patricio.

Ad inizio ripresa è ancora lo Sporting a provarci con Labyad che spunta sulla destra centra un pallone che, respinto al limite, viene calciato verso la porta da Elias, che non riesce però a tenerlo basso.
Lusitani che ci riprovano al cinquantasettesimo quando Xandao, sugli sviluppi di un calcio piazzato, prova a girare di testa un cross proveniente da sinistra, con poca fortuna.

Sul ribaltamento di fronte è invece Frei a presentarsi a tu per tu con Rui Patricio. La punta svizzera non ha però lo spunto giusto per arrivare sul pallone, e sciupa tutto.
Neanche un minuto ed ecco Cabral intervenire in scivolata a centrocampo, guadagnando il secondo giallo nel giro di una manciata di minuti e dovendo abbandonare il campo anzitempo. Cinquantotto minuti di gioco, Basilea che passa dal colpo del possibile K.O. all’inferiorità numerica.

Due a zero che però arriva poco più tardi quando Stocker, da poco diventato capitano dopo l’uscita dal campo di Alexander Frei, riceve poco dentro al limite dell’area per spingere la palla in rete di piatto, là dove Rui Patricio non può nulla.

Due minuti e arriva il colpo del definitivo K.O. Perché tutto riversato in avanti lo Sporting lascia praterie. Salah parte in contropiede e serve David Degen, che dopo i tanti tentativi d’inizio match trova la rete. Che vale il 3 a 0.

Ed è un goal, quello dell’ex Moenchengladbach, che ovviamente bagna le polveri ad uno Sporting assolutamente allo sbando. Pieno di debiti, in difficoltà in campionato ed estromesso dall’Europa, dove in un girone abbordabilissimo è riuscito a totalizzare solo due punti in cinque match.

Bene invece, di contro, il Basilea di Murat Yakin, che nonostante un Alexander Frei non in grande spolvero (ha già annunciato il ritiro a fine stagione, abbiamo capito il perché), senza Streller disponibile e nonostante non abbia più i suoi due gioiellini (Shaqiri e Xhaka, entrambi sbarcati in Germania in estate) in squadra tiene bene il campo, gestisce intelligentemente il match e si porta a casa tre punti importantissimi che avvicinano gli elvetici al passaggio del turno.

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Killer instinct.

Ecco cosa manca. Ad entrambe le squadre.

E poi c’è l’aspetto inerente la fortuna, che incide sugli episodi.

Partiamo dalla prima considerazione: entrambe le squadre riescono a produrre occasioni da goal, chi più chi meno. Ma non a sfruttarle. Così, ecco materializzarsi uno 0 a 0 piuttosto ingiusto per quanto visto in campo.

E proprio il killer instinct è una componente fondamentale di una squadra vincente, a maggior ragione quando si vuole arrivare ad imporsi in Europa.

A Londra, lo immagino, si staranno mangiando le mani. Anche perché in rete ci andrebbero tre volte (analizzeremo più avanti il “come”), tutte e tre annullate.

Però le decisioni arbitrali (anticipo: non sempre condivisibili) non possono essere un alibi totale. Una squadra che vuole arrivare in fondo e che là davanti può schierare giocatori del calibro di Dempsey, Bale, Lennon e Defoe non può uscire da White Hart Lane senza goal all’attivo.

Al tempo stesso la Lazio deve assolutamente essere più cinica.

Perché diciamolo chiaramente: se riesci a tenere la porta inviolata a Londra non puoi permetterti di sciupare ciò che davanti riesci a creare. Anche perché, preventivabilmente, non saranno decine e decine di palle goal.

Stupisce quindi che Klose, giocatore che porta il killer instict ben impresso nel suo pedigree, cicchi una palla che solitamente trasforma in rete cento volte su cento.

O che nella ripresa Mauri, centrocampista con un ottimo feeling col goal, sia lento, goffo ed impacciato e sciupi un’altra bella occasione.

Uscire con tre punti dal White Hart Lane sarebbe stata un’iniezione di fiducia pazzesca.

La fortuna, invece, gioca a favore della Lazio. Perché se ieri la Juve non era stata fortunata a livello episodico – basti pensare al goal deviato o alla traversa di Quagliarella – oggi la Lazio ha portato a casa la porta inviolata anche grazie a quello.

Del resto difficile credere che in occasione del goal di Dempsey (il primo dei tre annullati dalla terna) ci possa essere malafede arbitrale. Molto più sensato etichettare il tutto come “fortuna”, col guardalinee che non si avvede della posizione regolare (giusto in linea) del trequartista statunitense e sbandiera, rendendone vano il bel tuffo con incornata vincente.

Ed è una fortuna anche che la cosa si ripeta nella ripresa, quando è Bale ad essere colto in posizione di fuorigioco (se c’è è millimetrico), con l’ala gallese che nel continuo dell’azione servirà a Defoe, solo e porta vuota, la palla del vantaggio.

Non so se sia fortuna, ma certo è un episodio che gira a favore, anche quello che vede Mauri affossato in area sugli sviluppi di un angolo. Vedendo la ripresa dalle spalle della porta laziale sembrerebbe in effetti essere fallo, quello di Caulker. Va detto, però, che molti arbitri con ogni probabilità non l’avrebbero fischiato.

Poi certo, ci sono anche episodi sfortunati. Come quello che vede protagonista Gonzalez, che su una respinta aerea della difesa Spurs si avventa su di un pallone volante e calcia verso la porta difesa da Lloris, venendo fermato solo dalla traversa. Sarebbe stato un golazo notevole.

Nel complesso, comunque, buona Lazio in quel di Londra. Ai punti forse vincerebbero i padroni di casa ma gli uomini di Petkovic si comportano bene, ed escono dal campo a testa alta.

Una cosa che accade ormai piuttosto di raro, alle italiane impegnate in Europa.

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Missione compiuta per il Napoli/2.

Perché quello che scende in campo al San Paolo contro i non certo irresistibili svedesi dell’AIK è un Napoli zeppo di riserve belle e buone, senza con questo voler offendere o sminuire nessuno.

Ci sono però degli aspetti che rendono comunque interessante anche questa squadra e questo match: la presenza di alcuni giovani che, come da tradizione per un allenatore non certo disponibilissimo verso i giovani, in altri contesti non trovano moltissimo spazio.

Perché oltre all’argentino Fernandez dietro, affiancato però dagli espertissimi Gamberini ed Aronica, c’è un tridente verdissimo formato dal nuovo arrivo El Kaddouri, il cavallo di ritorno Insigne e l’oggetto misterioso Vargas.

Ed è proprio il cileno l’osservato speciale. Alla seconda presenza da titolare da quando è a Napoli (nove mesi circa) l’ex stellina dell’Universidad de Chile aveva fatto storcere il naso a più di qualcuno visto lo scarso feeling con il goal mostrato fino qui in Italia (certo però, mai messo in condizione di ben figurare).

Serve quindi la discesa in Campania dei Vichinghi per risvegliare un giocatore un po’ depresso negli ultimi mesi.

Perché l’AIK – poca roba nel complesso, pochissima dietro – si dimostra avversario ideale per il cileno.

La tripletta che sforna, infatti, è frutto sì delle sue qualità e soprattutto della sua voglia di riscatto ed imposizione, ma anche – probabilmente in primis – della pochezza del pacchetto arretrato svedese.

Basti guardare i goal: nel primo caso Johansson lo può anticipare comodamente, ma buca clamorosamente e lascia pallone e spazio a Vargas, per cui è un gioco da ragazzi bucare Turina.

La seconda rete è invece facilitata da Majstorovic, splendidamente ritratto dal commentatore tecnico di Fox Sports: un lottatore di lotta libera, troppo lento nei movimenti per poter evitare il raddoppio Azzurro.

La terza, infine, arriva su un’imbucata di Hamsik, entrato nella ripresa (su di lui torneremo più avanti) e bravo a servire nella profondità il compagno per il 3 a 0 che chiude definitivamente ogni discorso.

Per un Vargas che fa fuoco e fiamme e che si merita un otto pieno, un El Kaddouri invece non molto positivo. Il trequartista marocchino-belga, infatti, non sembra ancora essersi calato nella nuova realtà. Arrivato dal Brescia in estate, seguito da molti club importanti, tecnicamente dotato, andrà aspettato senza bruciarlo.

Discreta, invece, la prestazione di Insigne, che quando parte palla al piede fa sempre paura e che nel primo tempo cerca un goal “alla Oscar”, giusto per ricollegarci alla perla del brasiliano di ieri sera.

Hamsik, dicevamo. Entra e serve a Vargas il 3 a 0. Poi, poco più tardi, viene messo a terra da uno spintone di Johansson, reagisce e si becca un cartellino rosso che, a regolamento, ci sta tutto. Vedremo ora cosa deciderà il giudice sportivo: di certo almeno un paio di giornate dovrebbe saltarle.

Buona, nel complesso, la vittoria di questo Napoli/2, insomma.

Che inizia bene e dopo nemmeno dieci minuti è in vantaggio. Ma che poi stranamente si ferma, nel corso della prima frazione, lasciando uscire troppo l’AIK. Che, per fortuna di Mazzarri ed i suoi, è poca roba, come detto. Contro un avversario di altro valore lasciare andare così tanto la partita può voler dire buttare via il vantaggio.

Nella ripresa, per fortuna, i napoletani tornano in sé e decidono di chiudere il match tornando a giocare ai loro livelli.

Positivo anche il fatto che i partenopei, rimasti in 10, non molleranno nulla. Anzi, troveranno anche il 4 a 0 con Dzemaili, anche lui entrato nella ripresa, con un tiro da fuori deviato da Majstorovic.

Del resto il calcio italiano è in crisi. Ma ad oggi le riserve del Napoli restano superiori ai titolari dell’AIK Solna.

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