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Archive for the ‘Inghilterra’ Category

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A due settimane dal focus sull’ultima stagione di Premier e relative possibilità della Nazionale inglese ai Mondiali, torniamo in Inghilterra per concentrarci, stavolta, sulla seconda serie d’Oltremanica, il comunque seguitissimo campionato di Championship.

Ad accompagnarci in questo nuovo tour due ragazzi molto attenti al calcio minore di Londra e dintorni: Alfonso Russo di UkCalcio e Marco Barbanera.

Partiamo dalla stagione regolare: il Leicester ha ucciso il campionato, 102 punti finali…

Alfonso: Bisogna tornare indietro con la memoria alla stagione 2009/2010 per trovare un’altra vincitrice della Championship con 102 punti: il Newcastle. Il Leicester non è stata una sorpresa. Da molti era data favorita, certo non con questo margine così ampio. C’è da dire comunque che quello di quest’anno è stato il punto di arrivo di una programmazione pluriennale che ha dato i suoi frutti. Sarà interessante vederli in Premier League.

Marco: ….ed era ora! Dopo una serie di stagioni deludenti, le ultime delle quali finite con cocenti delusioni proprio nelle battute finali, le Foxes hanno trovato l’alchimia giusta e hanno meritato ampiamente la promozione. Leicester è una piazza che senza dubbio merita di giocare del calcio di prima divisione.

Al secondo posto il Burnley, alle cui spalle sono finite Derby, QPR, Wigan e Brighton. Ai playoff l’ha spuntata il QPR. Cosa vi aspettate dalle tre neopromosse, nella Premier dell’anno prossimo?

Alfonso: Il QPR ha ottenuto la promozione proprio all’ultimo secondo nella finale plauoff contro il Derby. Nonostante tra le tre promosse sia quella dalla maggiore esperienza recente in Premier credo che dovrà soffrire. Il problema è che specialmente negli ultimi tempi la forbice tra le squadre piccole e medie si è allargata notevolmente dando poco spazio alle squadre di medio valore. Come detto in precedenza mi sembra che il Leicester abbia fatto una programmazione intelligente e potrebbe essere la sorpresa della prossima stagione, ma occhio anche al Burnley che viaggerà sulle ali dell’entusiasmo. Sarò importante valutare le strategie di mercato e la competitività delle rose.

Marco: L’errore più grave (e che spesso viene commesso dalle neopromosse in Premier League) è quello di pensare che confermando la rosa della promozione con un paio di aggiunte si possa far bene al piano di sopra: nulla di più sbagliato. E se Leicester e QPR partono da una buona base (anche se il QPR deve svecchiare la rosa e magari abbassare il monte ingaggi, clamorosamente alto), il Burnley ha veramente tanto da fare. Sean Dyche ha veramente compiuto un capolavoro, arrivando secondo con una rosa cortissima e spendendo una cifra ridicola sul mercato. Non basterà in Premier League, a meno di voler ripetere le “prodezze” del Derby County 2007-08. Nonostante il cospicuo premio in danaro che ricevono le tre promosse, lo scalino economico con le squadre di Premier League è veramente grande e in costante aumento. Dovessi fare un pronostico, direi salvezza tranquilla per il Leicester, lotta dura per il Q.P.R. e retrocessione per il Burnley.

A retrocedere sono invece Doncaster, Barnsley e Yeovil…

Alfonso: Per Barnsley e Yeovil è stata una stagione molto complicata sin dall’inizio e le due squadre non hanno quasi mai dato l’impressione di essere in grado di poter mantenere la categoria. Per il Doncaster discorso diverso. La retrocessione è giunta all’ultima giornata (sconfitta fatale proprio contro i campioni del Leicester). Retrocedere dalla Championship può crere molti problemi alle squadre coinvolte che non possono affatto sentirsi favorite in League One che, insieme alla League Two, è un torneo moto equilibrato e difficilmente prevedibile.

Marco: Per il Doncaster c’è stata un’inversione di fortuna rispetto alla scorsa stagione, nella quale conquistarono promozione diretta (e titolo) all’ultimo secondo grazie ad una incredibile partita contro il Brentford. Il pareggio all’ultimo istante del Birmingham contro il Bolton ha decretato la retrocessione del Donny che comunque non ha fatto molto per meritare la permanenza nel Championship. Stagione assolutamente anonima per il Barnsley mentre lo Yeovil – e di solito odio usare queste frasi – ha già “vinto” con la partecipazione a questo campionato. Pensate che Yeovil è stata la città più piccola nella storia del calcio inglese a partecipare ad un campionato di seconda divisione!

In generale, quali squadre sono state sorpresa e delusione dell’anno?

Alfonso:  Due delusioni. Il Nottingham Forest che viene dato – anche a ragione – favorito ogni inizio di stagione, vede poi miseramente crollare il suo rendimento da gennaio in poi. Difficile trovare il colpevole, ma credo che la società abbia molto di cui scusarsi con i tifosi. Seconda delusione il Watford che con Zola avrebbe dovuto compiere un decisivo salto di qualità e solo Sannino (vera sorpresa della stagione) ha posto fine ad una pericolosa discesa verso le ultime posizioni di classifica. Non mi aspettavo una stagione così ricca di continuità dal Derby County che è arrivato a pochi secondi dal realizzare un sogno.

Marco: La sorpresa – pur dovendo ripetermi – è stato il Burnley. Dato per spacciato ad Agosto (i bookmaker li davano tra i primi quattro favoriti…per la retrocessione), con un budget minimo ed una rosa risicata, ha realizzato una stagione da favola. Vokes e Ings hanno portato avanti la squadra a suon di gol e non si può non menzionare lo splendido lavoro di Sean Dyche, che ormai per tutti è “The Ginger Mourinho”. La mia personalissima delusione è stato invece il Charlton. Lo scorso anno, da neopromossi, chiusero il campionato a ridosso della zona playoff dopo un inizio disastroso. Quest’anno non solo non si sono mai avvicinati alla promozione, ma hanno rischiato seriamente di retrocedere. Hanno sbagliato nel non licenziare il loro manager, Chris Powell, tenuto solo per il buon run di FA Cup (ed esonerato all’indomani dell’uscita dalla coppa) e hanno anche subito un passaggio di proprietà nel bel mezzo della stagione. Inoltre, un prato di The Valley ridotto ad un pantano e il già citato buon percorso in FA Cup li hanno costretti ad una raffica di rinvii che si sono tradotti in un grande numero partite ravvicinate nella fase finale della stagione. Il prossimo anno bisogna seriamente cambiare la squadra se si vuole essere un minimo competitivi.

A livello di singoli, chi sono stati i migliori in stagione? C’è qualcuno che potrà fare il salto di qualità in una prima divisione, l’anno prossimo?

Alfonso: Jordan Rhodes e Troy Deeney hanno dimostrato di essere pronti a fare il salto di qualità e fossi in una delle neopromosse farei un pensierino su uno dei due. Segnare rispettivamente 25 e 24 reti in due squadre (Blackburn e Watford) che non hanno raggiunto alcun obiettivo importante in stagione ritengo sia un notevole biglietto da visita. In particolare Deeney è stato protagonista di un fantastico inizio di stagione.

Marco: Non si può non citare Jordan Rhodes. Il perché sia ancora in Championship è un mistero irrisolto del nostro tempo. Nelle ultime tre stagioni ha realizzato 40, 27 e 25 gol fra coppe e campionato, col suo passaggio al Blackburn nell’Agosto 2012 che è stato il trasferimento più costoso nella storia del calcio inglese al di fuori della Premier League, ben 8 milioni di sterline. Tutti aspettano il suo passaggio in Premier League e credo che questa sia l’estate buona per vederlo passare al piano superiore.

Parlando di giovani, quali sono i migliori messisi in mostra quest’anno?

Alfonso: La scelta potrà sembrare scontata ma è inevitabile. Will Hughes, classe 1995, è sicuramente un giovane da tenere d’occhio ed il fatto che sia stato insignito del premio The Football Leage Young Player of the Year non è cosa di poco conto. Ha già compiuto la trafila delle nazionali giovanili entrando già nel giro dell’under-21; lo ricordo tra l’altro per essere stato protagonista di una puntata di The Football League Show mettendo in mostra anche le sue qualità umane. Sul piano tecnico: ottimo controllo di palla e velocità nei passaggi. Da lui ci si aspettava di più nella finale playoff, ma bisogna essere più clementi con un diciannovenne. La prossima potrebbe essere la stagione della consacrazione.

Marco: Per quanto riguarda i giovanissimi, bene Mason Bennett del Derby, che ha giocato solo 10 partite di campionato prima di essere spedito in prestito al Chesterfield (dove però non ha mai giocato). Nonostante le presenze limitate, ha portato comunque a casa il premio di Young Apprentice per quanto riguarda il Championship. Mentre per quanto riguarda calciatori un po’ meno “giovani”, Will Hughes (sempre del Derby) merita assolutamente una menzione. Dopo l’esonero di Nigel Clough ha preso le mani del centrocampo disegnato da Steve McClaren, diventando praticamente inamovibile dall’11 titolare dei Rams. Anche per lui c’è stato un premio a fine anno, quello di Young Player Of The Year dell’intera Football League.

Infine, non possiamo non parlare del Leeds United, che nonostante McCormack (capocannoniere del torneo con 28 reti) non ha disputato una stagione brillante. Quali sono le prospettive del club recentemente acquistato da Cellino?

Alfonso: Le difficoltà societarie hanno giocato un ruolo decisivo nel rendimento stagionale del Leeds. E lo stanno giocando ancora. La complicata situazione con i creditori che dovrebbe trovare una soluzione in questi giorni, sta impedendo alla società di pianificare l’immediato futuro tanto che la panchina risulta ancora vacante. Cellino non è ben visto dai tifosi che sono comunque coscienti del fatto che senza il suo intervento la squadra avrebbe avuto notevoli difficoltà. Crdo di poter affermare che la prossima sarà una stagione di assestamento, ma sarà importante per il Leeds poterla pianificare il prima possibile.

Marco: McCormack ha fatto una stagione stupenda. Non è più giovanissimo (classe 1986) e quindi, a differenza di Rhodes, non credo possa veramente sfondare ad altissimi livelli, ma questo nulla toglie alla sua annata. A livello societario ci sono state enormi turbolenze. Il tira e molla fra Cellino e la Football League è durato per mesi e nel frattempo nella squadra regnava l’anarchia più totale. Brian McDermott è stato cacciato e ripreso nel giro di qualche ora, negli ultimi mesi di campionato ci sono stati grossi problemi col pagamento degli stipendi…veramente una brutta situazione e infatti la squadra ha “flirtato” per diverse giornate con la retrocessione. Ora la situazione pare essersi stabilizzata e Cellino e i suoi hanno tutta l’estate per rimettere in moto la società e riportarla verso la retta via. Una delle tante, tantissime piazze di Championship che meriterebbero il ritorno in Premier League.

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E’ stato un bel match quello che ieri si è consumato ad Anfield. Una partita che ha visto il Liverpool imporsi sui diretti concorrenti del City, ancora non del tutto tagliati fuori dalla corsa al titolo, giusto nel giorno del ricordo della tragedia di Hillsborough.

Un match che io e l’amico Giovanni Armanini abbiamo vissuto e vi abbiamo voluto raccontare in diretta con i live di hangout, un’idea che mi ballava in testa da un po’ di tempo e che sicuramente riproporrò in futuro.

In questo senso diverse sono state le considerazioni interessanti  fatte, e chi volesse può recuperare il tutto su YouTube.

Primo tempo:

Secondo tempo:

Come al solito, poi, in chiusura di match ho fatto alcune tweet-considerazioni sullo stesso, che andrò a riprendere ed ampliare qui.

Ho cercato per almeno venti minuti lo splendido video in cui si sentiva bene Gerrard caricare i compagni a fine partita, dopo le iniziali lacrime per una vittoria che per lui, che perse un cugino nella tragedia di 25 anni fa, è valsa quanto per nessun altro dei propri compagni.

Così mentre in Italia si perde tempo a parlare degli psicodrammi tardo-adolescenziali della coppia Maxi Lopez – Icardi, in Inghilterra un grande Uomo e grande Campione trascinava la sua squadra ad una vittoria che potrebbe essere determinante ai fini del campionato, caricando poi i suoi compagni in vista del rush finale.

Ricordo che vidi giocare per la prima volta Gerrard che aveva solo vent’anni, in un match giocato da esterno destro. Lo vidi e me ne innamorai subito, per qualità e carattere. Il tempo mi ha dato ragione.

Coutinho sta giocando ad altissimo livello, da quando è sbarcato a Liverpool. Ieri ha toccato forse il suo apice.

Perché “dominare” IL match della stagione non è roba da tutti. Sicuramente nessuno, ai tempi di Milano, si sarebbe aspettato di vederlo esplodere così. Per di più giocando mezz’ala, cosa cui in Italia evidentemente chi avrebbe dovuto pensarci non arrivò a postulare.

Credo che a Milano farebbero bene a mangiarsi le mani. Perché acquistare Coutinho per una cifra relativamente bassa quando non era ancora maggiorenne fu una grande mossa di mercato. Peccato che poi un giocatore giovane devi capirlo e metterlo in condizione di rendere, sia da un punto di vista tecnico, che tattico, che – soprattutto – mentale.

In questo senso mi è piaciuto il commento di un amico sulla mia bacheca di Facebook:

cou

Coutinho ieri si è dimostrato giocatore di tutt’altra pasta, rispetto a quello che – non – abbiamo apprezzato a Milano. Mezz’ala a tutto campo in grado di dare quantità e qualità al gioco, corre e si sbatte per novanta minuti recuperando anche un buon numero di palloni. Per poi, sul finire di match, siglare anche la rete che condanna il Manchester City. E, soprattutto, fa fare un nuovo, deciso, passo verso l’imposizione finale al suo Liverpool.

Man of the match senza se e senza ma, pur senza scordare il grandissimo contributo dato dall’intramontabile Gerrard, ovviamente.

Come detto con Giovanni in live, il 2 a 0 maturato ad inizio match è stato più dovuto ad un approccio sbagliato del City, che non ad un eventuale dominio del Liverpool. Se i Reds sono infatti partiti bene ma senza strafare, il City è sceso in campo mantenendo un baricentro assolutamente troppo basso rispetto a quanto avrebbe dovuto.

In più, un paio di macroscopici errori difensivi hanno steso il tappeto rosso ai giocatori del Liverpool, che si sono facilmente portati in duplice vantaggio: dapprima Suarez si libera troppo facilmente sulla trequarti. Poi, pesca senza problemi Sterling, bravo a tagliare tra due difensori. Infine Hart esce solo a metà, e la stessa ala di origine giamaicana ha buon gioco nel realizzare l’1 a 0.

Il secondo goal arriva invece sugli sviluppi di un duplice calcio d’angolo: nel primo nessuno marca Gerrard, esattamente in mezzo all’area, all’altezza della linea dell’area piccola. Serve quindi un miracolo di Hart per tenere in piedi la baracca. Sul corner che ne nasce, invece, Skrtel taglia bene sul primo palo, senza che però nessuno lo contrasti efficacemente. Ancora una volta un giocatore del Liverpool ha libertà assoluta di colpire la sfera. Ed è il 2 a 0 comodo.

Una volta ristabilito il pareggio con un grande secondo tempo, poi, l’errore definitivo, quello che costa il match. Kompany sbuccia una palla facile facile in area. E regala proprio a Coutinho il goal della vittoria.

Che dire? Troppi errori per poter portare a casa un risutlato anche solo parzialmente positivo in una partita del genere. Ma è un peccato, per il City. Perché semplicemente il Liverpool fa un buon match ma, nel complesso, non merita i tre punti. E solo questi tanti e marchiani errori permettono ai Reds di strappare tre punti.

Un pareggio, a mio avviso, sarebbe stato un risultato più corretto (questo anche in nome del fatto che al City non vengono assegnati due rigori netti, uno per fallo in area di Sakho, l’altro per mani di Skrtel).

Dicono sia una delle leggi fondamentali del calcio. Ed in effetti si concretizza piuttosto spesso.

Nel secondo tempo il Manchester City cambia completamente l’approccio al match, spostando di svariati metri in avanti il proprio baricentro. La squadra, più forte e qualitativa degli avversari, attacca più alta e con più uomini. Ed anche in fase di non possesso porta un pressing molto più avanzato, addirittura a ridosso dell’area avversaria.

Proprio questo atteggiamento schiaccia il Liverpool, che fatica a distendersi. E porta al 2 a 2 (anche un po’ fortunoso, in special modo sul secondo goal che è viziato da un tocco decisivo di Johnson alle spalle di Mignolet).

A questo punto il City avrebbe anche il colpo del K.O. tecnico, ma su un’imbucata da sinistra Silva arriva in ritardo, tocca sì la palla ma non quel tanto che basta a deviarla con decisione nella porta avversaria.

“Goal sbagliato, goal subito” è una regola quasi infallibile nel calcio. Di certo è valsa – anche – in questo caso. Poche azioni dopo il liscio di Kompany di cui parlavo, e il goal che spegne l’ardore Sky Blues sul più bello.

Da appassionato di calcio giovanile, Zabaleta lo conobbi ed apprezzai ben prima che sbarcasse a Manchester, più precisamente nel corso di un Mondiale under 20 giocato – e se non erro vinto – da capitano con la sua Argentina.

Già lì mise in mostra ottime doti: capace di correre su e più per la fascia per novanta minuti, è instancabile e qualitativamente più che discreto. Certo, non avrà la tecnica e l’incisività di un Cafu o un Maicon dei tempi belli, ma è sicuramente uno dei migliori terzini del momento.

Eppure di lui si parla sempre poco. E spesso è proprio questo a fare la differenza tra un buono ed un ottimo giocatore: la sua mediaticità.

Sono convinto, però, che chi di calcio ne capisce non potrà non apprezzare la semplice concretezza del suo gioco.

Certo, col senno del poi sono bravi tutti. Ma come ha potuto sentire o sentirà chi ha seguito il commento live in hangout, dissi subito che il cambio Aguero-Dzeko non mi convinceva. Non tanto in valore assoluto, essendo il primo un ottimo giocatore senza alcun dubbio, quanto in valore relativo. In una partita del genere, e a prescindere dal possibile terzo goal Reds, era logico aspettarsi che nel finire di partita ci potesse essere la necessità di avere una torre là davanti.

Cosa che si è puntualmente verificata.

Certo, non si può nemmeno fare una grossa colpa a Pellegrini, comunque. Se quella deviazione di Silva fosse entrata oggi staremmo probabilmente parlando di tutt’altro…

Come dicevo, alla fine a fare la differenza alla fine è stato l’approccio sbagliato al match da parte del City, e soprattutto quei tre, imperdonabili, errori in occasione dei goal.

Perché per il resto il Liverpool al netto di Gerrard e Coutinho non splende. Certo, per buona parte del primo tempo grande graniticità difensiva. Ma è pure facile, quando l’avversario praticamente rinuncia a giocare.

Davanti bene, come dico nel tweet, Sterling, soprattutto nel primo tempo. Ma Sturridge è poca roba (in questo match, benintesi) e Suarez fa molto meno di ciò che potrebbe, perso anche in un insensato nervosismo di cui è caduto vittima ieri.

Alla fine, comunque, è chi vince ad aver ragione. E per come sono andate le cose il Liverpool ha sicuramente di che fregarsi le mani!

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C’è una squadra, in Inghilterra, che sta indirettamente provando a spiegare a molti dirigenti italiani cosa significhi una parola che sembra sempre più svuotarsi di significato, qui da noi: “programmazione”.

L’Everton gioca infatti nel campionato in assoluto più competitivo al mondo, dove un posto per andare in Europa League te lo giochi con squadre come Tottenham e Manchester United, che ad altre latitudini si giocherebbero la prima posizione.

Nonostante questo negli ultimi anni i Toffees hanno dato dimostrazione di serietà e puntualità, andando a costruire la propria squadra mattone su mattone sino a consolidarsi sempre più tra le realtà più interessanti del campionato.

Il club si è infatti ormai attestato su questo ottimo livello, a ridosso delle grandi. Così dopo l’ottimo quinto posto del 2008/2009 sono arrivati un ottavo, due settimi ed un sesto posto. Posizione che, ad ora, il club di Liverpool sta bissando. Il tutto nonostante abbia ben due gare (e due punti) meno del Tottenham, che potrebbe quindi sopravanzare recuperando questi match persi.

Non solo ottimi risultati, per i Blues. Ma anche una rosa composta in buona parte di giovani interessantissimi, sintomo di come – e questo davvero tanti in Italia dovrebbero capirlo – si possa vincere un match ad alto livello anche a vent’anni.

Proprio della situazione dei Toffees ho voluto parlare con i ragazzi di Everton Italia, gruppo di affezionatissimi tifosi del club di Liverpool.

A rispondere, a nome di tutti, Paolo Mombelli, il Presidente.

L’Everton sta compiendo un ottimo cammino in campionato. La squadra si trova in sesta posizione, davanti ad un colosso come il Manchester United. Qual è il bilancio parziale di questa stagione?

Direi positivo. Dopo la partenza di Moyes, l’Everton aveva bisogno di trovare un manager capace di gestire al meglio le risorse economiche non certo illimitate del Club. Martinez ha centrato in pieno questo obiettivo, riuscendo inoltre a far esprimere un bel gioco alla squadra.

La squadra ha fatto tendenzialmente bene contro le prime della classe, perdendo in maniera rotonda solo contro il Liverpool. Cosa ha permesso di raccogliere questi buoni risultati contro equipe sicuramente meglio attrezzate?

A dire il vero questa è una costante dell’ Everton degli ultimi anni, basti vedere il saldo positivo che abbiamo con il Manchester City da quando quest’ultimi sono passati in mani arabe. 
Ritengo che il fattore ambientale abbia svolto un ruolo importante: venire a giocare a Goodison Park, uno stadio che trasuda storia e passione, non è facile per nessuno.

In coppa le cose sono invece andate meno bene. Usciti nel terzo turno di Coppa di Lega contro il Fulham, è recentemente arrivata l’eliminazione contro l’Arsenal in FA Cup, con un 4 a 1 piuttosto pesante. E’ una squadra più da campionato o è solo un caso?

Bisogna scindere i discorsi sulle due coppe nazionali: la Coppa di Lega non è mai stata la nostra coppa. Non l’abbiamo mai vinta, nemmeno negli anni d’oro in cui l’Everton dominava l’Inghilterra. Più in generale è una competizione oggettivamente poco importante e poco sentita da tutti i teams.
Per quanto riguarda la gloriosa FA Cup, invece, c’è delusione per l’eliminazione, soprattutto per il modo in cui è giunta. Detto questo non direi che i Toffees siano una squadra più da campionato che da coppa. Nell’ultimo lustro siamo andati due volte a Wembley a giocarci la Coppa d’Inghilterra senza, ahi noi, portarla a casa. Mancò la fortuna non il valore.

Venendo ai singoli, uno dei miei giocatori preferiti in assoluto del roster Toffees è Seamus Coleman. Quali sono le sue caratteristiche, per chi non lo conoscesse? Dove può arrivare, in carriera?

Ah, personalmente ho un debole per Seamus Coleman. Un giocatore meraviglioso come la sua terra d’origine, il Donegal, la parte dell’ Ulster appartenete alla Repubblica d’Irlanda.
Dal punto di vista tecnico è un giocatore dotato di ottima spinta. Generalmente gioca come terzino destro, ma all’occorrenza può essere impiegato anche all’ala. In più sta impreziosendo le sue prestazioni realizzando gol davvero belli e decisivi. 
Complimenti a Moyes che lo ha scovato dallo Sligo Rovers e a Holloway che qualche anno fa lo lanciò definitivamente nel football Inglese inserendolo nel suo Blackpool dei miracoli.

Molto bene sta facendo anche Romelu Lukaku, giocatore che probabilmente avrebbe fatto comodo allo stesso Chelsea. E’ già pronto per un top team europeo?

Assolutamente sì. E un giocatore giovane dotato di grande talento e di una impressionante forza fisica. Non a caso alcuni top-team europei si sono già fatti vivi per averlo.

Nel mio primo libro, La carica dei 201, ho inserito alcuni giovani che oggi giocano nell’Everton: oltre allo stesso Lukaku, anche talenti come Barkley e Deulofeu. Che giudizio date a questi ragazzi? Ci sono altri under 20 di valore, anche nell’Academy, da tenere d’occhio in ottica futura?

Se l’Everton sta recitando un ruolo da protagonista nel campionato Inglese lo deve anche a giovani come Lukaku, Barkley e Deulofeu. Teenager o poco più dotati di eccezionale talento.
Per quanto riguarda giovani interessanti, meritano certamente una menzione ragazzi come John Stones, Luke Garbutt, Conor McAnely e Hallam Hope. 
La Academy dell’Everton è sempre stata generosa in merito a talenti da allevare. Non a caso è proprio qui che Wayne Rooney mosse i primi passi.

Fellaini ha lasciato la società in estate, trasferendosi a Manchester assieme a Moyes. Come giudicate la nuova esperienza dei due ex?

Circa l’arrivo di Moyes a Manchester, tra i tifosi dell’Everton circolava una battuta: “The Damned United II”. L’ironia prendeva spunto dal bellissimo romanzo scritto da David Peace, “The Damned United”, che raccontava l’incredibile vicenda del celeberrimo manager Inglese Brian Clough sulla panchina dell’odiato Leeds United, durata solo 44 giorni. Ecco, sostituite il nome Leeds con il nome Manchester, aumentate un po’ il numero dei giorni e avrete lo stesso copione.
Scherzi a parte, sostituire Sir Alex Ferguson a Old Trafford non è propriamente la cosa più semplice del mondo. I Red Devils devono aprire un nuovo ciclo e a Moyes va dato tempo.
Insomma, una realtà interessantissima per gioco, talento e gioventù questo Everton. Se ancora non vi è capitato, guardatevelo. Sicuramente un bello spettacolo per chi ama il gioco del calcio.

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Ieri sera si è giocato uno dei tanti derby di Londra, quello che ha messo contro il lanciatissimo Chelsea di Josè Mourinho al Tottenham, sempre poco a suo agio quest’anno quando si è trattato di affrontare una delle “big four” di questo campionato.

Spurs che in realtà non demeritano, almeno fino alla rete dell’uno a zero. La squadra allenata da Tim Sherwood, infatti, riesce a contenere bene gli avversari (a parte un paio di notevoli sbandate iniziali), provando anche a pungere quando si crea l’occasione (come al quattordicesimo, quando un diagonale di Bentaleb si spegne di poco a lato).

A fare la differenza è quindi la tenuta mentale della squadra. Che commette una serie di errori individuali assolutamente incredibili, se rapportati al livello di cui stiamo parlando.
Roba che, non me ne vogliano i tifosi del Tottenham, si stenta a vedere nei nostri oratori.

Ma vediamoli più nel dettaglio, questi errori…

L’1 a 0 arriva poco prima dell’ora di gioco. Su – e già questo dice molto – una ripartenza Spurs.

Il primo errore lo commette Kaboul. Il centrale francese, infatti, si mette ad allacciarsi le scarpe con il pallone che è sì tra i piedi di un proprio compagno, ma ancora nella trequarti del Tottenham.

A questo punto l’avanzamento della sfera subisce però un arresto. Il portatore, che credo fosse Walker, fa una cosa che solitamente non andrebbe mai fatta. Ovvero sia taglia il campo in orizzontale con un passaggio che metta in movimento Verthongen. In questo caso, però, il passaggio ci potrebbe anche stare, visto il molto spazio lasciato dai Blues al difensore belga.

Qui però già un secondo errore, dopo quello di Kaboul: il passaggio non è precisissimo. Non viene infatti fatto sulla corsa del compagno, che è così costretto ad arrestare la propria avanzata per rinculare di alcuni metri.

Il che, ovviamente, permette agli avversari di rientrare in pressing su Vertonghen. Che, così, si gira su sé stesso, provando a liberarsi in dribbling. Compiendo però un terzo, per quanto sfortunato, errore: i tacchetti non trovano grip col terreno, ed il giocatore cade.

Qui, il quarto errore. Anziché provare a tenere palla, magari cercando un fallo (o, in alternativa, facendolo, sull’avversario), Vertonghen lascia partire un passaggio improbabile verso la propria area di rigore. Completamente a caso, senza che nessun compagno sia posizionato in maniera adeguata.

Qui ci si ricollega all’errore di Kaboul. Che, appena rialzatosi dopo essersi allacciato le scarpe, è completamente fuori posizione, con Eto’o che ha buon gioco a tagliare alle sue spalle.

L’uscita – per altro poco decisa – del portiere ed il tentativo di disperato recupero di Noughton non possono nulla. La punta camerunense, che poi inscenerà una simpaticissima esultanza post goal, ha gioco facile, e porta in vantaggio i suoi.

Il due a zero arriva solo quattro minuti dopo. Ed anche questo nasce da un errore di Kaboul, espulso nell’occasione.

L’avanzata di Hazard sulla sinistra è inarrestabile, ma non giustifica il fatto che lui, ancora una volta, si faccia tagliare fuori da Eto’o.
Così, in ritardo, prova a disturbare l’avversario, intervenendo da dietro.

L’ex interista finisce a terra. L’occasione da goal è più che chiara. Rigore ed espulsione una conseguenza praticamente diretta.

Il 3 a 0 arriva invece a fine match, più precisamente all’ottantottesimo minuto.

Ancora, frutto di un errore-sfortunato di un giocatore Spurs.

Difesa in affanno – anche per via dell’uomo in meno – che si fa bucare sulla sinistra. Il cross basso in mezzo sarebbe piuttosto innocuo. Ma Sandro, passato a giocare centrale dopo l’espulsione di Kaboul, sbaglia un pochino il tempo dell’intervento. E, per recuperare, finisce con lo sbilanciarsi e scivolare.

Così facendo regala palla a Demba Ba. Per cui segnare è un gioco da ragazzi.

Un solo minuto ed arriva un altro erroraccio clamoroso.

Walker si vede spiovere addosso una palla, oltre la propria trequarti.
Anziché provare a controllare o cercare un appoggio comodo cerca un passaggio lungo, di testa, verso il proprio portiere.

Il tutto, però, senza accorgersi che da quelle parti sta ancora stazionando lo stesso Ba.

L’epilogo è scontato. Demba Ba si mette in movimento ed anticipa piuttosto facilmente Lloris.

Da lì in poi trovare il goal del 4 a 0, a porta vuota, è un gioco da ragazzi.

Senza voler togliere nulla al Chelsea, squadra compatta e sempre in partita mentalmente, fa davvero specie vedere una messe di errori così importante. Che, di fatto, decidono in maniera pesantissima una partita infinitamente più equilibrata di quanto non direbbe il risultato.

Se una squadra doveva vincere, intendiamoci, era sicuramente quella allenata da Mourinho.

4 a 0, però, è forse giusto un tantino largo, come risultato.

Per chi si fosse perso il match, comunque, trova gli highlights qui.

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C’è una nobile un po’ decaduta, in Inghilterra, che nelle ultime settimane ha fatto parlare moltissimo di sé anche nello Stivale. Non tanto per questioni prettamente sportive, quanto più per vicende societarie.

Parliamo ovviamente del Leeds United, squadra che solo una decina d’anni fa ben si metteva in mostra nell’Europa che conta, e che oggi è alle prese con una rincorsa ai play off di Championship, la seconda divisione d’Oltremanica.

Proprio della situazione dei Whites ho parlato con Massimiliano Caracciolo, esperto di calcio inglese nonché tifosissimo proprio del Leeds United.

Partiamo dalla questione societaria. Fai un po’ di chiarezza, perché inizio a non capirci più molto. Il Leeds è o sarà in mano a Cellino, oppure no?

Mi sento di dire che il Leeds con tutta probabilità sarà a tutti gli effetti proprietà di Cellino a breve. La società è in attesa dell’ok della Football Association per ratificare il passaggio di proprietà (ci stanno pensando da 3 settimane abbondanti), ma a quanto pare non dovrebbe esserci alcun problema. Ciò che probabilmente ha ritardato (e sta ritardando) cosi tanto la decisione è la causa giudiziaria intentata da Andrew Flowers (proprietario di Enterprise Insurance, sponsor ufficiale del Leeds) nei confronti del club e della GFH (precedente proprietaria del Leeds) a causa di un prestito mai restituito. E’ notizia di ieri che Cellino è intervenuto personalmente nel ripianare il debito della società ed ha evitato il processo vero e proprio. La maggior parte degli insider sostiene che grazie a questa mossa arriverà a breve l’approvazione della FA (probabilmente all’inizio della prossima settimana), con cui inizierà ufficialmente l’era dei Cellino alla guida del Leeds.

Cellino. Un personaggio molto controverso. Qual è il sentimento dei tifosi del Leeds nei suoi riguardi e qual è la tua opinione su di lui e sulla sua eventuale presidenza?

In questo momento la maggior parte dei tifosi è a favore di Cellino e non vede l’ora di vederlo ufficialmente alla guida della società. L’iniziale scetticismo causato dall’esonero dell’allenatore McDermott nell’ultimo folle giorno di mercato (reintegrato subito dopo la vittoria nel derby contro l’Huddersfield il giorno dopo), è stato presto fugato dalle prime ottime mosse in sede di mercato del patron italiano. Personalmente sono abbastanza fiducioso nei confronti della famiglia Cellino, pur non avendo mai seguito particolarmente le vicende del Cagliari che hanno portato il capofamiglia ad essere criticato cosi tanto qui in patria. Non me ne vogliano i tifosi del Cagliari, ma sono sicuro abbia totalmente ragione quando dice “Il Leeds è una Ferrari in confronto alla 500 che avevo prima (il Cagliari)”, in quanto il club dello Yorkshire è uno dei più grandi club di Inghilterra, con la sesta fanbase dell’intero paese e degli introiti potenziali pazzeschi. Mi viene naturale pensare che Cellino abbia tutto l’interesse del mondo a riportare il club in Premier per poi stabilizzarlo a quel livello, ammortizzando la spesa iniziale con soldi derivanti dai diritti televisivi, dagli sponsor e dalla sempre ottima affluenza dei tifosi allo stadio (quasi 27.000 spettatori di media a partita). Sono anche a conoscenza degli enormi rischi che un presidente cosi lunatico comporta, ma credo sia un rischio che vale la pena correre pur di avere la possibilità di vedere la squadra in Premier, e sono sicuro che la maggior parte dei tifosi la pensi come me.

Veniamo al campo. Il Leeds è attualmente 11esimo in classifica, a sette punti dalla zona playoff. Che giudizio dai al tragitto compiuto sinora dalla squadra?

Fino ad ora la stagione è stata, come è successo spesso nella storia del club, piena di alti e bassi. D’altra parte perfino nell’inno del club (“Marching on together”) viene sottolineato questo concetto, quindi si può dire che i tifosi ci abbiano fatto l’abitudine! Ciò che è mancato principalmente alla squadra è la costanza di rendimento, in quanto a momenti molto positivi e a serie di risultati utili consecutivi si sono fin’ora sempre contrapposti momenti molto negativi. Mi viene per esempio in mente il 6-0 subito in casa dello Sheffield Wednesday, eterni rivali in quanto provenienti dalla stessa regione, che sono stati il punto piu basso di una serie di partite orribili, in cui la squadra è riuscita ad accumulare 3 punti in 8 partite. La rosa è oggettivamente di un buon livello, anche se forse un po corta, ma come si fa a pensare in grande se poi arrivano periodi del genere?

In sede di mercato sono stati fatti alcuni ritocchi importanti, per provare a rinforzare la rosa. Come li giudichi? Cos’altro si potrebbe o si sarebbe dovuto fare?

Mi sembra palese che la società nell’ultimo mese abbia provato ad accontentare l’allenatore McDermott, acquisendo fin’ora la bellezza di 4 giocatori in prestito, a cui seguirà probabilmente un quinto. Il punto debole principale della squadra come già detto era la mancanza di profondità specialmente sulle fasce, e i prestiti di Cameron Stewart e Jimmy Kebe dovrebbero aver risolto questo problema. Serviva anche un attaccante di supporto a Ross McCormack, in quanto Smith e Hunt non danno sufficienti garanzie, ed è arrivato l’U-21 inglese Conor Wickham, che è secondo me un acquisto sensazionale dato il valore e le potenzialità del ragazzo. L’ultimo prestito dei 4 è stato un altro U-21 inglese, Jack Butland, che rappresenta un enorme upgrade sull’ormai (a mio parere) bollito Paddy Kenny, e che aiuterà senz’altro la squadra nella spinta decisiva per i Playoff (lontani ma raggiungibili). A livello numerico credo che potrebbe anche bastare cosi, ma io personalmente cercherei di aggiungere un centrocampista centrale alla rosa (si è fatto addirittura il nome di Rodwell), dando un po di profondità a un reparto che vede solo Austin, Murphy e Mowatt, i quali hanno spesso dato l’impressione di essere troppo utilizzati (e ciò ne ha  penalizzato il rendimento).

McCormack è l’attuale capocannoniere del campionato. Un giocatore che non aveva mai segnato tanto quanto è riuscito a fare quest’anno. A cosa imputi questa “esplosione”?

L’esplosione di Ross è probabilmente la miglior notizia della stagione, in quanto è sempre stato un giocatore con delle enormi potenzialità mai sfruttate, anche a causa dell’inettitudine tattica del precedente allenatore che lo schierava costantemente sulla fascia, in un ruolo che lui non gradiva e in cui non rendeva al massimo. Oltre al ruolo decisivo di McDermott, che ha finalmente spostato lo scozzese in una posizione molto piu congeniale alle sue caratteristiche, a mio parere il fattore principale della sua esplosione è stata, paradossalmente, la cessione di Luciano Becchio, capocannoniere e simbolo della squadra, nella finestra di mercato dello scorso gennaio. Subito dopo l’arrivo di McDermott, McCormack ha iniziato a prendersi sempre più responsabilità in attacco, essendo di fatto l’unica vera punta. McCormack ha inoltre un ottimo rapporto con la tifoseria, e l’enorme attaccamento alla maglia che ha fin’ora dimostrato lo rendono un vero e proprio idolo (sperando che non faccia la fine dei precedenti idoli dei tifosi quali erano Beckford, Howson, Snodgrass e Becchio).

Proprio al suo fianco, come detto, verrà schierato Wickham. I due comporranno una coppia d’attacco potenzialmente devastante. Pensi riusciranno a convivere? Credi che mister McDermott dovrà effettuare aggiustamenti tattici particolari per farli convivere e rendere al meglio?

Sicuramente ci spero. McCormack ha dimostrato negli anni di saper essere sia un ottimo cannoniere che un’ottima seconda punta, quindi ho molta fiducia sul fatto che possa rendere molto anche nella posizione leggermente piu arretrata che occuperà con l’arrivo di Wickham. L’unico punto di domanda sono i due esterni (Stewart e Kebe), che a mio parere rendono più in un ipotetico 4-2-3-1 che nel 4-4-2 utilizzato da McDermott nelle ultime settimane (con compiti meno offensivi quindi), e non escludo a priori un ritorno al 4-3-1-2 visto ad inizio stagione, magari con un nuovo centrocampista a formare il trio con Austin e Murphy, spostando Mowatt piu avanti. Di sicuro l’allenatore avrà molte possibilità tattiche diverse, e ciò non può che essere positivo.

Sempre parlando di giovani (Wickham è un 93, ed è stato tra i 201 giocatori che ho recensito nel mio libro), ne hai visto qualcuno interessante in questo campionato, sia tra giocatori del Leeds che tra i ragazzi che hanno affrontato gli Whites?

La Championship anche quest’anno si sta rilevando un’ottima fonte di giovani talenti. Mi viene in mente per esempio il centrocampista Nick Powell (anch’esso recensito ne La carica dei 201, ndr), che sta letteralmente dominando il campionato con il Wigan e che credo verrà utilizzato in pianta stabile dal Manchester United l’anno prossimo (chiunque sarà l’allenatore), o l’altro centrocampista Will Hughes (anche lui parte della Carica dei 201, ndr), che ha gli occhi di mezza Premier addosso e che mi ha molto impressionato nella partita vinta con il Leeds 3-1 ad ottobre. Per rimanere al Leeds United, ci sono due nomi che consiglio di monitorare per il prossimo futuro: il terzino Sam Byram e il centrocampista Alex Mowatt. Il primo, classe 1993, è stato la rivelazione della scorsa stagione ed è stato votato Giovane dell’anno della Championship, ed è un ottimo terzino in fase di spinta e con delle ottime qualità fisiche ed atletiche. Se riuscisse a migliorare anche dal punto di vista difensivo mi azzardo a dire che sarebbe sicuramente uno dei migliori terzini del paese. Il secondo invece è la rivelazione di quest’anno, è uscito fuori dal nulla ed ha avuto un rendimento molto alto fin’ora in un ruolo molto delicato come quello del centrocampista centrale. Ha delle ottime capacità tecniche ed una grande visione di gioco, mentre deve migliorare ancora dal punto di vista difensivo per essere un giocatore decisivo ad un livello alto come quello della Championship attuale. Essendo del 1995 il tempo è sicuramente dalla sua parte.

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Domenica sera è andato in onda quello che qualcuno, in rete, ha simpaticamente soprannominato “El Ca$hico”.

A fine match ho buttato un po’ alla rinfusa alcune considerazioni sul match su Twitter. Vorrei quindi riprenderle per approfondirle un po’ meglio…

Poco da aggiungere.
Il City parte forte ma palese una qualche fragilità difensiva che, alla lunga, sembra fiaccare psicologicamente la squadra stessa.

Di qui il Chelsea prende coraggio e inizia a prendere il predominio del campo. Concretizzandolo in particolar modo dopo il goal del vantaggio – che diventerà goal partita – firmato da Ivanovic.

Una grande prestazione per la squadra di Mourinho, che raggiunge appunto una vittoria fondamentale in ottica campionato.

Un tweet che ha generato qualche – comprensibile – polemica in rete.

Mourinho è un allenatore che ha sempre dato una fisionomia ben definita alle proprie squadre. E che ci ha abituato spesso, al netto dei sentimenti che si possono provare per lui, ad affrontare certi match con una tattica fortemente attendista.

Cosa che invece non è successa domenica con il City. Quando il Chelsea è partito venendo schiacciato dalla forza d’urto degli avversari, trovando però la forza di reagire. E finendo col prendere il dominio del campo, sul lungo periodo.

Mourinho che ha studiato benissimo la partita e messo in campo una formazione azzeccata in ogni scelta.

Non solo. Come al solito si è confermato come uno dei migliori motivatori di sempre.

Hazard ha disputato una partita davvero eccezionale. Sicuramente una delle migliori della sua carriera.

Nonostante il City schierasse una serie di giocatori tra i più forti del mondo nei rispettivi ruoli, lui li ha messi in fila e saltati tutti, in continuazione, come birilli.

Una prova da superstar ai limiti dell’onnipotenza per il Vallone d’Oro, che sta forse andando anche oltre ogni più rosea previsione.

Ci sono due giocatori, secondo il mio modesto avviso, che stanno giocando su livelli stratosferici, in Premier. Hazard e Suarez.

Credo che insieme, in questo momento di forma, sarebbero inarrestabili.

Un sogno vederli l’uno al fianco all’altro.

Più che tecnicamente o tatticamente il Chelsea si è preso ed ha vinto la partita proprio da un punto di vista psicologico.

In questo senso credo che abbia influito molto la relativa facilità con cui i Blues riuscivano a bucare la resistenza Citizens.

I quali erano molto sbilanciati in avanti: l’inserimento di Demichelis in luogo dell’infortunato Fernandinho poteva tornare utile proprio per dare più equilibrio alla squadra. Nonostante la discreta prova del centrale argentino, però, le cose sono andate male.

Del resto i due esterni di centrocampo avevano entrambi vocazione prettamente offensiva, che ha sbilanciato molto la squadra. La difesa, in cui Nastasic è apparso per altro abbastanza insicuro e Zabaleta era in costante difficoltà contro Hazard, ha fatto il resto.

Proprio questa fragilità, secondo il mio parere, ha contribuito a minare le certezze dei giocatori in campo. Che dopo un inizio bomba hanno iniziato a subire pressione e qualità degli avversari, fino a vedere l’involuzione del proprio gioco.

Spiego.

Il City gioca – quando riesce a mettere in campo il proprio gioco, ovvero come nella prima mezz’ora dell’ultima partita – un calcio sicuramente migliore di quello che giocava la Juventus di Capello. Efficace, ma sicuramente non esteticamente apprezzabilissima.

C’è però un aspetto in particolare che mi ha richiamato quella squadra e spinto a scrivere questo tweet, che se non spiegato potrebbe suonare come un’eresia (spero non più una volta letto quanto segue): il gioco di David Silva. L’esterno sinistro del centrocampo Citizens che, esattamente come nel 4-4-2 di quella Juve, tende a tagliare il campo centralmente, andando a porsi tra le linee. Proprio come faceva un certo Nedved.

Un aspetto, questo, che sicuramente non si è visto solo in queste due squadre ma che non è nemmeno frequentissimo. Solitamente un esterno, lo dice la parola stessa, tende a giocare prevalentemente sul proprio out.
La posizione di Silva è infatti defilata solo in partenza. Ed in fase di non possesso, per coprire meglio il campo. In transizione positiva ricorda invece moltissimo quella occupata dal ceko una decina d’anni fa.

Come detto in precedenza a sgretolare le certezze dello squadrone di Pellegrini è stata proprio l’incapacità di darsi una solidità difensiva degna delle loro aspettative.

Piano piano, con gli uomini di Mourinho che si facevano sempre più pericolosi, i Citizens hanno iniziato ad avere il “braccino”. Paura.

Il goal di Ivanovic è stato, in questo senso, un colpo tremendo alle già sempre più scarse certezze dei ragazzi in azzurro.

Augurandomi di poter vedere anche di meglio, ovviamente, non c’è stata una partita più bella di questa, almeno tra quelle che sono riuscito a vedere io da inizio stagione.

Logico che la stagione sta entrando sempre più nel vivo: nei prossimi mesi i campionati vedranno giocarsi scontri al vertice più o meno decisivi. In più le coppe europee sono arrivate alla fase ad eliminazione diretta.

Tutti ottimi presupposti secondo cui è plausibile sperare in altri match di questo livello.

Ivanovic ha dominato la sua fascia. Ottimo in entrambe le fasi, nonostante doti spiccatamente difensive. Il goal è stato la ciliegina sulla torta di una grandissima partita.

Il titolo di MVP ovviamente non poteva che andare ad Hazard. Ma subito dopo il fenomeno belga non ci può che essere il terzino serbo.

Bene, soprattutto per quanto concerne la sfiducia nei suoi confronti, anche David Luiz. Che ha sicuramente delle lacune, altrimenti sarebbe un top player, ma che quando ci mette l’intensità di domenica può essere un mediano tutt’altro che disprezzabile. Soprattutto nel gioco di Mourinho.

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Uno si mette comodo in poltrona per gustarsi il “Super Sunday” inglese tra City e Gunners aspettandosi di vedere chissà quale spettacolo magnetico.

Dimenticandosi però certi particolari non da poco…

Come ad esempio il fatto che, da una parte, sulla panchina di una delle quattro squadre più forti del mondo siede un allenatore che non è ancora riuscito a dare un gioco all’accolita di campioni messi a disposizione dagli sceicchi.

E che dall’altra i tempi dei vari Pires, Ljungberg, Vieira ed Henry sono finiti da un pezzo.

Così quello che ne esce è una partita dai contenuti molto inferiori alle aspettative.

Perché i padroni di casa restano appunto vittime di quella cronica mancanza di un gioco che possa dare un senso alle presenze in campo di grandissimi giocatori come Aguero e Silva.

Non è quindi un caso se per sbloccare il risultato i Citizens debbano affidarsi a un calcio piazzato: a bucare Mannone ci pensa infatti Lescott, che svetta di testa in area avversaria sugli sviluppi di un calcio da corner.

Allo stesso modo l’Arsenal non ha più quel gioco frizzante e ficcante che aveva qualche anno fa, quando pur senza vincere nulla al di fuori dei patri confini era oggettivamente una squadra in grado di impaurire chicchessia.

Ma non solo.

La lacuna più grave di questa squadra risulta essere là davanti.

Troppo pesante la partenza di Robin Van Persie, trasferitosi sulla sponda “rossa” di Manchester a buttare palloni in rete a ripetizione (è già a quota 5 in campionato, e siamo alla quinta giornata).

Questo anche perché il buon Wenger prende delle scelte quantomeno discutibili, schierando Gervinho (giocatore che personalmente trovo anche sopravvalutato) unica punta, con alle spalle il trittico Podolski-Ramsey-Cazorla.

E se potremmo anche passare quei tre trequartisti (per quanto ci sarebbe tanto da dire anche qui) è logico che non può essere Gervinho unica punta il giocatore in grado di non far rimpiangere, dalle parti dell’Emirates, la dipartita di Campioni come Titì Henry e RVP.

Però certo, se Wenger è seduto su quella panchina ed io su questa poltrona un perché ci sarà anche…

L’Arsenal, comunque, riuscirà a trovare il – meritato – pareggio.

Come?

Ma sugli sviluppi di un calcio d’angolo, ovviamente!

A colpire è guarda caso ancora una volta un difensore centrale, Koscielny, che sfrutta una mischia in area per bucare Hart.

Tristezza, se si pensa il potenziale tecnico in campo.

Un bel sussulto, comunque, questa partita me lo regala: subito dopo il goal dell’1 a 1 Kompany – ovviamente salito per situazione di calcio piazzato, tanto per cambiare – riceve in area, stoppa di petto e rovescia in buono stile, trovando però la pronta risposta di un Vito Mannone molto bravo a chiudere anche la ribattuta di Aguero.

Finisce pari una partita che sinceramente avrei anche potuto non vedere.

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E’ un Liverpool in crisi profonda quello che ospita lo United in occasione della quinta giornata di campionato.

Reduci dalla rocambolesca vittoria di Berna, infatti, i Reds si trovano in terz’ultima posizione con due soli punti guadagnati in ben quattro match disputati.

Con questi presupposti ci si aspetterebbe di vedere una squadra chiusa all’angolo per novanta minuti, come un pugile suonato. Invece è un Liverpool dominante, che non si risparmia e cerca di non dare respiro agli avversari.

Però il calcio è uno sport veramente strano, che non ha nulla di scontato.

E così come il Liverpool è bravissimo e generosissimo a non accettare un verdetto che parrebbe scontato lo United è altrettanto spietato nell’attendere, attendere, attendere… e colpire nel momento migliore.

La partita, inutile dirlo, prende una piega decisa quando Jonjo Shelvey, protagonista assoluto con la doppietta di Berna in Europa League, si fa espellere per un fallaccio sulla trequarti avversaria (in tutta sincerità non so se ci potesse stare il rosso, almeno un arancione sì).

Siamo alla fine del primo tempo, ed il Liverpool si trova così a dover disputare cinquanta minuti in inferiorità numerica.

La cosa, a dire il vero, non scuote Gerrard e compagni, che continuano a caricare la porta avversaria col cuore grondante di generosità.

Il tutto fino a far capitolare Lindegaard, che a cinquanta secondi dall’inizio della ripresa non può nulla sulla girata di Gerrard, che riceve palla in area, la mette giù di petto e buca l’estremo difensore avversario come il più esperto dei bomber.

Ecco, in situazione di undici contro undici il match sarebbe forse segnato.

Ma il Liverpool è in dieci, e nonostante questo non resta ad aspettare nella propria metà campo gli avversari, piuttosto deludenti a dirla tutta. Continua a provarci.

Così dopo nemmeno cinque minuti è già pareggio. Con Rafael che spinge sulla destra, scarica, si porta in area e ritrova lì il pallone, che riesce a spedire d’interno sinistro a filo del palo lungo, assolutamente inarrivabile per il malcapitato Reina.

E’ un pareggio amaro per il Liverpool, nel complesso immeritato da parte Red Devils.

Il Dio del calcio è però veramente spietato. E a dieci dal termine Valencia si invola in contropiede, entra in area e finisce a terra sull’intervento in recupero di Johnson. Che, saltato a centrocampo, è poi un po’ troppo irruento nel tentare di stoppare l’esterno ecuadoriano. Ma che, altresì, nel complesso non sono nemmeno così sicuro commetta fallo.

Sul dischetto si presenta comunque Robin Van Persie, che si prende la testa della classifica marcatori in solitaria firmando la quinta rete della sua stagione di Premier (per onor di cronaca, Reina arriva sulla palla ma riesce a toccarla e basta, senza deviarla in maniera decisiva).

Punizione oltremodo dura per un Liverpool assolutamente meritevole di ben altro risultato.

Giocassero sempre così, i Reds, non avrebbero e non avranno comunque problemi a salvarsi e anzi, con ogni probabilità tornerebbero a lottare per il traguardo che più gli compete: l’Europa.

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CRONACA

Il derby di Manchester che fa da finale all’edizione 2011 della Community Shield inizia subito su ritmi elevati.
Dopo tre soli minuti di gioco Rooney pesca Young che riesce a guadagnare solo un calcio d’angolo sui cui sviluppi arriva la conclusione di Smalling, intercettata però da Joe Hart.

Sulla sponda opposta Tourè cerca Dzeko con un lob morbido che è però intercettato e chiuso in corner da Ferdinand.
La lotta sembra comunque quasi solo limitarsi a metà campo, dove le due squadre si fronteggiano senza risparmiarsi colpi. Il tutto un po’ a discapito dello spettacolo, che stenta a decollare.

Nel complesso, comunque, è il gioco dello United ad essere un tantino superiore. La squadra di Ferguson mette infatti più qualità nel giro palla, cosa che i ragazzi di Mancini non riescono a fare nonostante le buone qualità tecniche dei singoli interpreti.
Per provare a sbloccare il risultato si prova quindi ad affidarsi ai calci piazzati. Al ventitreesimo allora Rooney si presenta sul punto di battuta di un calcio di punizione che l’ex stellina dell’Everton prova ad indirizzare sotto il secondo incrocio, non riuscendo però a centrare lo specchio di porta.

Splendida, due minuti più tardi, l’azione in velocità imbastita da Nani e Welbeck, che scambiano rapidamente più volte il pallone nello stretto venendo però contrati in corner dall’attenta difesa Citizens.
City che prova a farsi vedere poco prima della mezz’ora quando Silva filtra un pallone per Milner che prova a cercare il secondo palo, senza fortuna.

Per sbloccare una partita ingolfata ci si affida sempre ai calci piazzati. A dieci dal termine è Nani a provarci da circa venticinque metri. Il suo destro, deviato da Dzeko, fa correre qualche brivido ai supporter del City, con la palla che si spegne comunque a lato.
Detto-fatto. Silva batte una punizione da destra che scodella bene in mezzo all’area dove si fionda Lescott, bravo ad anticipare tutti e girare a rete. Nell’occasione, comunque, quantomeno rivedibile De Gea, che accenna all’uscita per poi fare un passo indietro e venire bucato senza appello dal centrale inglese.

Lo United prova a reagire. Al quarantaduesimo Young riceve decentrato sulla destra ed esplode un mancino con cui non riesce però ad inquadrare la porta.
In chiusura, però, il City raddoppia. Dzeko prende il pallone sulla trequarti e avanza, con Vidic che gli lascia troppo spazio. La punta bosniaca, così, calcia di destro. Tiro non irresistibile, ma De Gea, forse troppo emozionato per l’esordio, commette un errore grossolano e gli spiana la strada per la rete.

In apertura di ripresa lo United prova a far intravvedere timidi segnali di reazione. Smalling manovra sulla destra e serve centralmente per Cleverley che la gira in area, di prima intenzione, in direzione di Welbeck. La punta cresciuta proprio nel settore giovanile dei Red Devils prova quindi a girare immediatamente di testa verso la porta, senza però inquadrare lo specchio.
Segnali di reazione che si concretizzano al cinquantaduesimo quando – guarda caso – sugli sviluppi di un calcio di punizione Young pennella una palla al centro che viene raggiunta da Smalling, bravo a sgusciare tra Dzeko e Lescott. Giunto sulla sfera il difensore dello United non ha quindi alcuna difficoltà a deviare in rete, accorciando le distanze.

Il pareggio è nell’aria ed arriva cinque minuti giusti più tardi. Rooney-Cleverly-Nani imbastiscono un’azione splendida con l’ala portoghese che a quel punto si trova a tu per tu con Hart, battuto con un pallonetto delizioso.
Qualità del gioco dello United cresciuta nel secondo tempo, ma la squadra di Ferguson, nel complesso, non riesce a bucare con continuità la buona difesa costituita da Roberto Mancini.

Ad un quarto d’ora dalla fine si vede quindi finalmente De Gea. Il tiro che gli arriva, in realtà, non è che sia particolarmente ostico, ma riuscire a respingerlo può comunque aiutarlo a riacquisire fiducia in sè stesso.
Cinque minuti più tardi, sul fronte opposto, è Cleverley a provarci. Il destro del giovane centrocampista in maglia rossa, però, è sballato, e si risolve in un nulla di fatto.

Partita che è sempre bloccata. In chiusura una palla vagante in area è girata a rete senza troppa convinzione da Dzeko, con De Gea che non ha però problemi a parare.
In chiusura, però, erroraccio di Kompany che da ultimo uomo punta Nani facendosi rubare palla con l’ala portoghese che s’invola da solo, salta Hart e segna la rete della vittoria.

COMMENTO

Di fronte a 77169 spettatori è lo United a partire meglio, senza però riuscire a mordere. Sarà che i giocatori dotati di maggior talento non sembrano particolarmente ispirati, ma Hart non corre grossi pericoli.

La prima frazione scorre quindi senza particolari sussulti per più di mezz’ora, con i Citizens quasi solo spettatori non paganti di una partita giocata su livelli atletici interessanti ma con contenuti tecnici non all’altezza delle aspettative.

Negli ultimi sette-otto minuti, però, le cose cambiano. Due fiammate firmate City (o, meglio, due errori di De Gea) regalano infatti alla squadra di Mancini un doppio vantaggio certo non meritato ma sicuramente ben accetto dai tifosi accorsi a Wembley per questo importantissimo derby, che vale il primo trofeo inglese della stagione.

Nella ripresa il copione non cambia. E’ sempre lo United a fare la partita, con il City che continua a non avere gioco.

I ragazzi di Ferguson, così, riescono a trovare due reti nel giro di cinque minuti (la seconda, di Nani, molto bella), riequilibrando il risultato.

La rete-partita, poi, è una cappella allucinante di Kompany, che sbaglia grossolanamente regalando la vittoria agli avversari.

Risultato a parte fa molta tristezza il non-gioco del City. Accolita di grandi campioni gestiti piuttosto male da un allenatore, Mancini, che personalmente non capisco come possa essere ancora al suo posto.

Questa squadra, del resto, ha già dimostrato più volte di non avere gioco. Cambiare allenatore sarebbe quindi “il minimo”.

Eppure l’ex coach dell’Inter è ancora lì.

I tifosi credo non saranno contentissimi della cosa.

MVP

Nani firma una doppietta storica, che vale la vittoria del derby di Community Shield.

TABELLINO

Manchester United vs. Manchester City 3 – 2
Marcatori: 38′ Lescott, 45′ Dzeko, 52′ Smalling, 57′, 90′ Nani.

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CRONACA

Partita che inizia subito forte.
Dopo un minuto e mezzo Kebè sfonda sulla destra e centra un pallone a mezz’altezza che mette un po’ in difficoltà De Vries, la cui respinta coi pugni crea un parapiglia in area di rigore, con la difesa, un po’ in difficoltà, che riesce a liberare in qualche modo.

Sul fronte opposto Sinclair parte con una penetrazione centrale andando a subire fallo proprio al limite da Matthew Mills.
Sul punto di battuta si presenta quindi il nostro Borini, il cui piatto destro piazzato termina però alto sopra la traversa.

Bella l’azione costruita al quarto d’ora dal Reading. Azione che sfuma però in nulla, con un cross troppo lungo per essere controllato da McAnuff.
Al ventesimo un guizzo di Dyer vale il rigore per i gallesi: l’ala destra dello Swansea spunta palla al piede, venendo atterrato in area da Khizanisvili. Calcio di rigore.

Sul dischetto si presenta Sinclair che spiazza facilmente Federici, portando in vantaggio i gallesi.

Un minuto e arriva il raddoppio. Dobbie parte da centrocampo bucando la difesa avversaria e centrando un pallone basso che è solo sfiorato da Federici. La palla finisce quindi sul secondo palo, dove si fa trovare, tutto solo, il buon Sinclair, che griffa la sua doppietta personale.

Alla mezz’ora torna a farsi vedere il Reading: sugli sviluppi di un angolo è Noel Hunt a tagliare sul primo palo in tuffo di testa, senza però riuscire a centrare la porta.
Tre minuti ed il trio Borini-Dobbie-Sinclair costruisce un’azione interessante, ma ricevuta palla all’interno dell’area l’italiano vede la sua conclusione stoppata da un avversario.

A cinque dalla chiusura arriva anche la terza rete. Dyer si beve McAnuff e centra un pallone che è deviato dal tacco di Khizanisvili giusto là dove piomba Dobbie, il cui diagonale è imparabile per il portiere Royals. 3 a 0.

In chiusura di tempo occasionissima per Long che, tutto solo sul secondo palo, liscerà clamorosamente il pallone.

In apertura di ripresa la partita si riapre. A piazzare in rete la palla  che riaccende le speranze è Noel Hunt che brucia gli avversari sul primo palo andando ad incornare un cross battuto dalla sinistra da McAnuff.

Al cinquantacinquesimo grandissimo contropiede dello Swansea: ottima verticalizzazione di Borini per Dobbie che salta secco due avversari per presentarsi praticamente a tu per tu con Federici, fallendo però in pieno il destro che avrebbe chiuso definitivamente la partita.
Subito dopo proprio il trequartista della formazione gallese lascia il campo, sostituito dalla mezz’ala Pratley.

Reading che comunque ci crede: Hunt spizza un lancio lungo dalla difesa per il taglio di Kebè, chiuso però dall’intervento di Tate.

La rete è comunque nell’aria ed a firmarla è Mills: sul calcio d’angolo che segue la chiusura di Tate è infatti il capitano Royals a svettare in mezzo all’area, bucando imparabilmente De Vries per il goal che riporta sotto il Reading.

Borini prova quindi a dare subito la scossa: servito da Dyer fa secco un avversario tenendo poi palla bene in mezzo a due giocatori del Reading per tentare un taglio dentro a cercare Sinclair, con cui però non si capisce.
Reading che vola sulle ali dell’entusiasmo, sfiorando il pareggio: Karacan calcia da fuori battendo De Vries ma venendo fermato dal palo. Facile tap-in quindi per Hunt, la cui conclusione è però chiusa dall’intervento provvidenziale di capitan Monk.

Swansea che dopo lo sbandamento riesce comunque a riprendersi, rimettendosi in carreggiata.
Pericolo scampato, i gallesi possono pensare a controllare gli avversari per cercare di colpire in contropiede.

Ed al settantanovesimo arriva il secondo rigore per i gallesi. Tate filtra per Borini che viene messo giù dall’intervento del terzino destro avversario, per una massima punizione che ci stava assolutamente.
Sul dischetto si presenta quindi Scott Sinclair, che buca per la terza volta nella sua partita Adam Federici, chiudendo definitivamente un match che negli ultimi dieci minuti non avrà più molto da dire.

COMMENTO

E’ l’intero Galles a fare festa.

Mai, dalla sua fondazione, una formazione gallese era riuscita ad entrare in Premier League.

Assolutamente significativa, quindi, questa bella vittoria dello Swansea. Non solo per i tifosi della squadra che in questi mesi ha fatto da casa a Fabio Borini, quanto per l’intero Galles.

Bella squadra questa. Un piccolo Barcellona, potremmo azzardarci a dire.

Certo, i mondi in cui vivono le due squadre sono in realtà lontani anni luce, ma dello Swansea si può sicuramente apprezzare il loro tentativo di cercare di fare gioco senza buttare mai via il pallone.

Reading che dopo un inizio di ripresa a spron battuto deve quindi cedere al cospetto di una squadra che si è dimostrata nel complesso superiore.

A fare la differenza, nel complesso, sicuramente quel Sinclair che col suo hat-trick non può che essere votato come MVP del match!

 

TABELLINO

Reading vs. Swansea 2 – 4
Marcatori: 21′ (rig.), 22′, 80′ (rig.) Sinclair, 40′ Dobbie, 49′ Hunt

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