Feeds:
Articoli
Commenti

Archive for the ‘Stars of the future’ Category

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.


Ieri pomeriggio si è celebrata la finale della Champions League giovanile, la Uefa Youth League.

A contendersi il trofeo lo Shakhtar Donetsk, arrivato un po’ a sorpresa all’ultimo atto della competizione, ed il Chelsea, indubbiamente la squadra più forte e quindi favorita per la vittoria finale.

Alla Final Four di Nyon erano approdate anche l’Anderlecht, che un po’ tutti ci saremmo aspettati di vedere in finale, e la Roma: i primi hanno avuto un blackout totale nel secondo tempo e dopo essere passati in vantaggio sugli sviluppi di un calcio d’angolo si sono fatti rimontare e distruggere (3 a 1 in favore degli ucraini il risultato finale).
I secondi non sono invece mai entrati in partita: troppo il dislivello rispetto a questo Chelsea, che potendo contare su giocatori già maturi, oltre che molto forti, ha sotterrato i Giallorossi sotto a 4 goal ed è volato in finale.

Anche ieri non c’è stata grande partita, a riprova del fatto che il livello di gioco di questi Blues è assolutamente fuori categoria rispetto alla Youth League.

Come scritto in uno dei tanti tweet letti in diretta dai commentatori di EuroSport, l’under19 del Chelsea sta alla Youth League come l’Ungheria dei primi anni cinquanta stava al calcio mondiale.

Tweet che purtroppo è stato mal interpretato da Benzi e Zanon: ovviamente non voleva essere un paragone diretto tra le due squadre, quanto la volontà di sottolineare come Brown e soci a questo livello risultano praticamente imbattibili. Esattamente come fu l’Aranycsapat per ben quattro anni, tra il 1950 ed il 1954.

Ma parliamone più in dettaglio, di questo Chelsea.

Partendo dalla tattica di gioco: un 4-2-3-1 che ricalca in tutto quello schierato da Mourinho in prima squadra. Decisione questa sicuramente non casuale: sull’insegnamento di grandi scuole calcistiche come Ajax e Barcellona, infatti, anche i Blues hanno deciso di impostare in maniera verticale un modulo di gioco su cui provare a costruire anche l’Academy.
Questo meccanismo ha un vantaggio chiaro: i ragazzi crescono apprendendo già prima di entrare in prima squadra certi dettami tattici, di modo che nel momento in cui si troveranno a fare il salto si troveranno più a loro agio.
Va comunque detto che questo sistema ha anche un altro lato della medaglia: andare alla ricerca di giocatori con determinate caratteristiche può significare snobbare talenti che non rientrato in certi standard o, forse anche peggio, provare a rimodellare i giocatori a seconda delle proprie necessità. Quando invece un giovane andrebbe costruito sulla base delle proprie peculiarità, più che sulle esigenze di una prima squadra che potrebbe anche non vedere mai.

Ma i giocatori? Andiamo a vedere chi sono stati i principali protagonisti di questa cavalcata.

Il portiere è Bradley Collins, 18enne nativo di Southampton approdato in Blues all’età di 11 anni.
Fresco di contratto da pro firmato in estate (scadenza a giugno 2017), si è rivelato estremo difensore non vistoso ma sicuramente affidabile, contribuendo a dare solidità a tutta la squadra partendo dalla difesa.
Per lui si parla addirittura di possibile promozione in prima squadra a partire dalla prossima stagione: il posto di secondo dietro a Courtois, una volta che sarà partito Cech, potrebbe infatti spettare a lui. Certo non la soluzione migliore per farne progredire il talento, ma respirare l’aria della prima squadra almeno per un anno potrebbe accelerarne la crescita caratteriale.

A destra si è invece disimpegnato con profitto Ola Aina, quasi 19enne nativo di Southwark, sobborgo londinese.
Arrivato al Chelsea nel 2007, nasce come ala offensiva piuttosto prolifica ma si evolve come terzino destro molto mobile. Alla bisogna si è comunque disimpegnato anche sulla fascia opposta tanto quanto centralmente.
Diventato professionista il 17 ottobre 2013, ha fatto parte di tutte le selezioni giovanili a partire dall’under16 sino all’under19, squadra che rappresenta tutt’ora.
Grande gamba, risulta a volte abbastanza attaccabili in fase difensiva ma è una vera freccia in più nella faretra di quella offensiva, con le sue sovrapposizioni continue e ficcanti con con provvede sempre a dare un’ulteriore opzione di gioco alla squadra.

L’out opposto è occupato da un giovanissimo, l’ancora 16enne Jay Da Silva.
Nato a Luton il 22 aprile del 1998 fu proprio nel club della sua città natale che mosse i primi passi su di un campo da calcio, per poi approdare al Chelsea nel 2010 ed essere inserito nella compagine under 13.
Nazionale under 16 ed under 17 (che ha aiutato a strappare il pass per l’Europeo di categoria, con 4 presenze ed un goal a cavallo del doppio turno di qualificazione), può disimpegnarsi lungo tutta la fascia laterale, anche come esterno di centrocampo o ala.
Veloce e forte fisicamente nonostante un fisico non poderoso, è il prototipo del terzino moderno. Come detto ancora giovanissimo, dimostra maturità e prospettive. Sicuramente un giocatore da tenere in considerazione in ottica Premier League e Nazionale, a patto mantenga le promesse.

La difesa, centralmente, è invece guidata dal danese Andreas Christensen, già due volte in campo con la prima squadra.
Sbarcato a Londra il 19 maggio 2013, è un classe 96 di 188 centimetri per 74 chili approdato all’età di otto anni nelle giovanili del Brøndby IF.
Già punto fermo dell’under21 danese (che si giocherà la fase finale dell’Europeo a giugno, inserita nel Girone A con Repubblica Ceca, Germania e Serbia), è giocatore abile nel gioco aereo, discreto in marcatura ed elegante nelle movenze.
Futuro da campionato top, Christensen è un altro di quei giocatori che a partire dal prossimo anno potrebbero essere integrati nella rosa della prima squadra. Anche se, per lui, vedo più probabile un prestito altrove.

Al suo fianco si disimpegna Jake Clarke-Salter, 18enne di Carshalton che si è fatto tutta la trafila nelle giovanili del club a partire dalla rappresentativa under 9 in poi.
In gioventù si è disimpegnato anche come centrocampista centrale ed addirittura ala sinistra, anche se ultimamente sembra aver trovato la sua dimensione in difesa. Aggregato in Nazionale a partire dall’under 18, ha firmato il suo primo contratto lo scorso dicembre e resterà in Blues fino al 2017.
Difficile pensare ad un suo futuro prossimo in prima squadra, però. Più probabile che l’anno prossimo rimanga ancora a giocare e crescere nelle giovanili di quello che è il suo club da sempre.

Il re della mediana è un giocatore su cui lo stesso Mourinho si è già sbilanciato, Ruben Loftus-Cheek.
Nato a Lewisham, Londra, il 23 gennaio 1996 entrò nelle giovanili del Chelsea all’età di 8 anni, esordendo in prima squadra lo scorso 10 dicembre nel 3 a 1 rifilato allo Sporting Lisbona. Solo sette minuti di gioco, ma che per Ruben hanno rappresentato la realizzazione di più sogni.
Nel giro della Nazionale a partire dall’under 16, oggi è una delle stelle più luminose dell’under 19, probabilmente la rappresentativa di categoria più forte d’Europa.
Centrocampista box-to-box, come piace definirlo agli inglesi, si disimpegna a tutto campo aiutando la squadra in fase difensiva tanto quanto dando birra a quella offensiva.
Ovviamente professionista, ha un contratto in scadenza nel 2017 ed ha iniziato la stagione aggregato all’under21 dell’Academy Blues. A partire dagli inizi di gennaio è invece stato inserito in pianta stabile nella rosa della prima squadra.

Al suo fianco fa buona mostra di sé un giocatore meno appariscente ma comunque molto interessante come Charlie Colkett, altro centrocampista con moltissimi caps internazionali al suo attivo (classe 96, fa oggi parte della sopracitata rappresentativa under 19).
Blues dai dieci anni in poi, è un centrocampista dedito al taglia e cuci: con la sua sagacia tattica e la comunque buonissima preparazione tecnica Colkett cerca infatti di ricamare gioco in mediana, provando a dare nerbo alla fase difensiva ed ordine a quella di possesso.

Davanti ai due mediani gioca invece Charly Musonda.
Trequartista classe 1996, figlio d’arte (suo padre fu nazionale zambiano), è cresciuto nell’Anderlecht da cui è partito per Londra ormai tre anni or sono.
Letale negli spazi stretti, gran controllo della sfera, buona fase di rifinitura. Dotato di un fisico ancora piuttosto acerbo, Musonda ha un grandissimo primo passo ed una ottima capacità di saltare l’uomo nell’uno contro uno.
Altro grande prodotto del calcio belga, è plasubile lascerà il Chelsea in estate per andare a farsi le ossa con qualche prestito in giro per l’Europa. Personalmente non trovo impossibile possa finire a giocare al Vitesse: un contesto come la Eredivisie potrebbe essere l’ideale per esaltarne le qualità indiscutibili.
Ovviamente è punto fermo delle varie rappresentative giovanili dei Diavoli Rossi (attualmente è già aggregato in under 21).

Al suo fianco, sulla sinistra, si disimpegna un altro giocatore francofono: Jeremie Boga.
Nato a Marsiglia il 3 gennaio 1997 si trasferì presto in Inghilterra, entrando a far parte dell’Academy Blues a partire dall’under12.
Dotato di scatto bruciante ed ottima capacità di dribbling, può giocare sia come trequartista classico che come ala. Fisicamente ben piantato, ha ottime doti atletiche cui abbina un bagaglio tecnico tutt’altro che disprezzabile. Non è comunque tra i giocatori deputati a salire in prima squadra da subito, più probabile per lui un altro anno aggregato alle giovanili o, se proprio, un passaggio in prestito altrove. Chissà, magari nel suo paese di origine (che rappresenta a partire dalla Nazionale under 16 fino all’attuale under 19).

Il pezzo veramente pregiato – assieme a Loftus-Cheek – della formazione che ha vinto la Youth League lo troviamo però sulla fascia di destra. Sto parlando ovviamente del classe 97 Isaiah “Izzy” Brown, acquistato dal West Browich Albion (doveva aveva già esordito in prima squadra) nell’estate del 2013.
Capacità atletica straripante, oggi Izzy è praticamente dominante a livello giovanile. Forza fisica abbinata ad un’esplosività abbacinante, risulta praticamente inarrestabile quando parte in velocità. Ottime doti tecniche, può disimpegnarsi su entrambe le fasce quanto centralmente, sia come prima che, preferibilmente, seconda punta.Già inserito stabilmente nella rosa della prima squadra da Mourinho, finora ha collezionato tante panchine e nulla più. E proprio qui casca l’asino: con un talento di questo genere a disposizione perché i dirigenti Blues sono andati ad investire ben 35 milioni (più il prestito di Salah) su Cuadrado, che a sua volta sta trovando pochissimo spazio?
Quel poco spazio non sarebbe stato meglio riservarlo ad un giocatore che ha tutto per imporsi come uno dei migliori giocatori inglesi dei prossimi anni?
Perché poi è proprio così che si bruciano i talenti: non dando loro fiducia e non permettendogli di evolvere il proprio talento in un contesto sempre più competitivo. Come sarebbe vedere il campo al fianco di giocatori come Hazard, Fabregas e Diego Costa.
Campione europeo under 17 in carica, ha quindi aggiunto la Youth League al suo palmares giovanile.

La punta è invece Dominik Solanke, centravanti di lotta e di governo deputato a raccogliere l’eredità di Diego Costa in prima squadra.
Ben 12 reti (e 4 assist, in sole 9 partite) per lui in questa Youth League (vinto il titolo di capocannoniere), il ragazzo d’origine nigeriana (campione europeo under 17 al pari di Brown, vinse il titolo di capocannoniere anche lì) ha una struttura fisica già ben formata ed una forza fisica importante, se rapportata a quella dei pari età.
Per il resto il suo score parla per lui: vede la porta come pochi altri attaccanti della sua età.

Insomma, il Chelsea ha avuto il merito di costruire (per lo più in casa, come abbiamo visto) una vera e propria corazzata, capace di dominare vincendo con grande merito la Uefa Youth League: 9 partite, 8 vittorie e 1 sola sconfitta (nel girone contro l’ottimo Schalke 04) con 32 goal fatti a fronte di soli 6 subiti (di cui due ieri).

Ora però c’è da pensare al futuro professionistico di questi ragazzi, molti dei quali già pronti al salto.

Di sicuro Loftus-Cheek e Brown andranno confermati nella rosa della prima squadra, ritagliando però loro qualche minuti in cui poter vedere il campo. Non c’è cosa peggiore che passare un anno a guardare gli altri giocare, sia da un punto di vista psicologico che sotto il profilo della possibilità di crescita del proprio livello di gioco.

Oltre a loro ci sono poi ragazzi come Collins e Christensen che potrebbero avere qualche chance di integrare la rosa a disposizione di Mourinho. Per tutti gli altri invece si può prospettare un prestito altrove, fatto salvo quel paio di giocatori che potrebbe rimanere un altro anno a completare la propria formazione all’interno dell’Academy.

Di certo, però, c’è che il Chelsea ha lavorato molto bene fino a qui: ora deve completare l’opera valorizzando al meglio questo pozzo di talento che si è costruito in anni di duro lavoro.


Compra il mio secondo libro, “La carica dei 301″! Costa solo 1 euro!

Facebook      Twitterblog      Twitterpersonale      G+      Youtube      Instagram

Read Full Post »

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
________________________________________________________________

Chi mi segue da un po’ (magari anche su Facebook Twitter, dove sono inevitabilmente molto più attivo che sul blog) è senza dubbio a conoscenza della mia sconfinata passione per il calcio giovanile. Che recentemente mi ha portato a guardare, ad esempio, un torneo internazionale di dodicenni. E che nel corso degli ultimi due anni mi ha invece fatto scrivere altrettanti libri sui giovani talenti disseminati in giro per il mondo (l’ultimo dei quali, “La carica dei 301″, è acquistabile al modico prezzo di soli 99 centesimi).

Proprio partendo dalla mia passione per il calcio giovanile, non potevo certo lasciar passare sotto traccia l’orientamento di mercato preso dal Real Madrid. Che in questi ultimi mesi, dopo aver preso l’ennesima stella – James Rodriguez – a suon di milioni, si è messo a porre un pochino di basi anche per il futuro.

Il tutto andando ad ingaggiare, in giro per il mondo, alcuni ragazzi di buon valore e potenzialità assolutamente interessanti che potrebbero tornare utili nei prossimi anni.Giovani Real

  • Martin Ødegaard
    Di lui ne ho – ovviamente – già parlato nel mio ultimo libro, “La carica dei 301″. Un classe 98 con qualità eccellenti ed un talento davvero notevole. Il problema, in casi del genere, è che un po’ la crescita fisicoatletica non va sempre come si spererebbe, un po’ le pressioni che avere tutti i riflettori addosso comportano possono finire col bruciare il ragazzo. Che, bene ricordarlo, ha da poco compiuto 16 anni.
    Talento e tecnica, comunque, restano indiscutibili.
  • Mink Peeters
    Altro classe 98, altro giocatore spiccatamente offensivo. In questo caso parliamo di un giocatore di scuola olandese (è passato sia dalle minors del PSV che dalle giovanili dell’Ajax, da cui il Real lo ha prelevato), tutto mancino, che predilige giocare sulla fascia per trovare più spazio per le sue incursioni palla al piede. Piuttosto innamorato della sfera, è comunque in possesso di una grande visione di gioco e di una certa facilità di assist. Ottimo in fase di rifinitura, può agire anche centralmente, come trequartista classico.
    Anche in questo caso, pur non essendo famoso come Ødegaard (anzi, in Italia credo che lo conosciamo davvero in pochi, posto che non ho mai sentito nessuno parlarne), talento e tecnica restano indiscutibili.
  • Lucas Silva
    Il mediano brasiliano è invece già più “stagionato”. Classe 93, tra meno di un mese compirà 22 anni. Ex Cruzeiro, ama giostrare davanti alla difesa ed è abbastanza utile in entrambe le fasi. Come tipologia di gioco mi ricorda un po’ Xabi Alonso, insomma: si spende per schermare la difesa, ma nel contempo ha anche una tecnica discreta abbinata ad una certa visione di gioco e capacità di far girare il pallone.
    Certo, devono cercare di non fargli fare la fine che ha fatto Casemiro…
  • Marco Asensio
    Una joya tra le più quotate, nel floridissimo panorama giovanile spagnolo. Classe 1996, parliamo di un centrocampista spiccatamente offensivo che può giocare sia da trequartista che da ala (prevalentemente a sinistra), abbinando tecnica e rapidità di gambe a grande inventiva.
  • Abner
    Altro protagonista de “La carica dei 301″, Abner – classe 96 – è un terzino sinistro brasiliano che in passato è stato molto vicino alla Roma. A dispetto dell’interesse dei Giallorossi la scorsa estate è sbarcato a Madrid, per giocare nel Castilla. Atleticamente dotatissimo, è un fluidificante che ama scorrazzare lungo la propria fascia di competenza e supportare molto la manovra offensiva, come da tradizione Verdeoro.
  • Augusto Batalla
    1996 che è anche l’anno di nascita di Augusto Batalla, portierino scuola River che secondo alcune fonti sarebbe stato già acquistato dalla Casa Blanca. Campione sudamericano under 17 due anni fa, oggi sta disputando il torneo continentale under 20. Reputato tra i migliori giovani estremi difensori del Sud America (e da qualcuno del mondo), deve cercare di non ripercorrere le orme di Albano Bizzarri, che nel 1999 sbarcò a Madrid accompagnato dalla promessa di diventarne leader indiscusso per fallire poi miseramente…

A questi giovani, secondo alcune voci di mercato, potrebbe poi unirsi l’ormai famosissimo Hachim Mastour, mediaticissimo talento scuola Reggiana da ormai due anni e mezzo in forza al Milan.

Insomma, il Real non pensa solo al presente ma prova anche a costruire il proprio futuro. C’è solo da capire se lo stiano facendo con senno o se, anche qui, si facciano prendere dalla solita voglia di fagocitare tutto il talento fagocitabile. Anche perché, parlando di giovani, ci vuole poco a bruciare un ragazzo di quest’età. E sarebbe proprio un peccato…

_______________________________________________________________

Compra il mio secondo libro, “La carica dei 301″! Costa solo 1 euro!

Facebook      Twitterblog      Twitterpersonale      G+      Youtube      Instagram

Read Full Post »

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
________________________________________________________________

Grande spettacolo, ancora una volta, ad Arona, isola di Tenerife. Dove negli ultimi tre giorni si è disputato il tradizionale (diciannovesima edizione) torneo di calcio a 7 riservato alla categoria under 13 (quest’anno i 2002).

Un torneo interessantissimo che ha messo in mostra tanto grandi squadre quanto ottime individualità. Nonostante la giovanissima età, infatti, il livello era altissimo. Chi pensa di vedere qualche bambino che corre alla rinfusa dietro il pallone ha sbagliato del tutto a capire.

L’organizzazione di ogni equipe è maniacale ed il talento di molti ragazzini già sfavillante. Certo, è ancora molto presto per dire se potranno arrivare ad alto livello, ma qualcuno di questi ha messo in mostra una base di partenza eccellente su cui provare a costruire un buon professionista.

A rappresentare l’Italia in questo contesto gli Esordienti 2002 della Juventus. Che hanno messo in mostra, ancora una volta, tutti i limiti del nostro calcio, almeno in questa congiuntura temporale.

Parliamoci chiaro: presi singolarmente ci sono diversi Bianconeri – e ne parlerò più avanti – che hanno qualità assolutamente interessanti. Una cosa questa sottolineata anche dai commentatori de La Sexta, tv spagnola che ha trasmesso in diretta l’evento.

A mancare, però, è proprio l’approccio ai match. L’idea di gioco.

Per essere chiari: la Juve disputa due match nel girone, contro PSG e Barcellona, pareggiandoli entrambi. Poi ai quarti incontra il Villarreal e ne esce un nuovo pareggio, con Girelli (il portiere) grande protagonista anche ai rigori.

In semifinale c’è l’Atletico Madrid, che domina il match. La Juve gioca lungamente con un inguardabile – permettetemi la franchezza – sorta di 4-1-1. I telecronisti iberici parlano di “Catenaccio contro Toque”, ed hanno ragione. La Juve fa poco-nulla in fase di possesso, ma regge discretamente dietro. Ad un minuto dalla fine però la decide Mario Soriano: Bianconeri eliminati.

Il canovaccio della finalina – disputata contro il Real Madrid – sarebbe lo stesso, non fosse che Theo Fernandez (uno dei quattro figli di Zinedine Zidane, per intenderci) la sblocca subito. Ed allora la Juve – finalmente, permettetemelo – inizia a giocare in maniera più propositiva.
Pedro Paulo raddoppia con una grande giocata personale, ma la Juve c’è e chiuderà perdendo 2 a 1, disputando paradossalmente il miglior match del proprio torneo. L’unico in cui ha giocato. In cui si è trovata costretta a giocare.

Che dire invece della scuola spagnola? Per me resta diversi passi avanti alla nostra, oggi. Un po’ tutte le squadre giocano coralmente, cercando per altro di valorizzare i propri giocatori di maggior qualità. L’esatto contrario di ciò che fa la Juve, che gioca invece speculando sugli – eventuali – errori avversari.

Un gap culturale che nel calcio di oggi paghiamo tantissimo. Anche perché i pochi giocatori di qualità finiscono col perdersi, isolati in un contesto che gli è avverso. E senza nemmeno le giocate dei singoli (stile Euro 2012, per intenderci) come possiamo pensare di vincere qualcosa?

Insomma, a parere di chi scrive – che di partite e tornei giovanili ne vede diversi – il contesto formativo italiano è inadeguato, se rapportato a quelle che sono le eccellenze calcistiche dei giorni nostri. Passi l’organizzazione difensiva, ma nel corso degli ultimi dieci o vent’anni abbiamo dato il via ad un tatticismo esasperato fin dalle categorie dei più piccolini, che ha portato ad una contestuale demineralizzazione assoluta della nostra fase offensiva.
A livello di gioco difficilmente le squadre italiane hanno mai brillato, ma ultimamente l’andazzo porta a soffocare, anziché esaltare, anche quei giocatori di talento che un tempo diventavano i Baggio, i Del Piero ed i Totti.

A vincere il torneo, tornando al campo, il Valencia di Joaquin Garcia (premiato come migliore coach della competizione). Una squadra con un paio di individualità assolute (tecnicamente Ferhat ed Oscar Domenech – quest’ultimo premiato come MVP del torneo – sono sublimi) ed un contesto organizzatissimo in tutte le fasi, davvero di alto livello. Uno spettacolo per gli occhi.

Secondo l’Atletico Madrid, squadra che vive con lo “Spirito di Aragones”, come detto dal proprio allenatore, e che ha dimostrato organizzazione e soprattutto tanta determinazione. Ma certo, anche qualità.

Terzo, infine, il Real Madrid. In cui gioca quello che è forse oggi il miglior 2002 al mondo: Pedro Paulo Kasanzi Lubamba, un giocatore di cui ho parlato anche nel mio ultimo libro (“La carica dei 301″, che vi invito ad acquistare costando solo 99 centesimi).

Ma un po’ tutti i club spagnoli mi hanno fatto una grandissima impressione dal punto di vista della tecnica individuale, della qualità e delle idee di gioco.

Parlando di singoli, vorrei proporvi quello che per me è la Top XI del torneo (pur se questo si è giocato a sette), più qualche altro nome di giocatori che si sono messi in bella mostra.

In porta la mia scelta ricade sull’italiano Giulio Girelli. Il portierino Bianconero è in realtà un portierone, se si pensa alla sua taglia. Assolutamente oversize rispetto all’età.
Un fisico possente e slanciato cui fa da contraltare un’ottima reattività. Diverse parate importanti, sicuramente determinante nel portare il proprio club al quarto posto, compie un solo errore in cinque gare, quello che costa l’1 a 0 nella finalina (e che paradossalmente farà del bene alla Juve, che da lì inizierà finalmente a costruire gioco).

Terzino destro, con una scelta non facile, scelgo invece il (real) madridista Lorenzo Agudelo. Taglia ridotta ma buon passo e tanta qualità, che sfrutta anche per realizzare un gran goal al termine di un’azione solitaria con cui salta due o tre avversari per poi concludere a rete sparandola all’incrocio.

Il primo dei due centrali è il secondo italiano della formazione, Riccardo Sganzerla. Anche in questo caso parliamo di un giocatore dal fisico non eccezionale, ma indubbiamente in assoluto il migliore interprete in fase di uno contro uno difensivo. Un centrale sempre attento, con un già spiccato senso della posizione e davvero difficile da superare.

Il secondo centrale è invece il blaugrana Ricard Cartañá. Lui sì con un fisico già piuttosto sviluppato, unito alla classica tecnica sopraffina propria dei centrali che crescono dalle parti di Barcellona.

Come terzino sinistro la scelta ricade su Jacob Lopez, trottolino e capitano del Valencia. Anch’egli taglia molto minuta, mostra già un carisma spiccato ed ottime doti difensive. Agile e rapido nello stretto, accompagna anche i propri compagni quando si tratta di offendere.

A centrocampo due Oscar.

Impossibile non selezionare l’MVP del torneo, il valenciano Oscar Domenech. Un giocatore dal tocco sensibilissimo che sa dettare i tempi, lanciare i propri compagni, tenere il possesso ed aiutare in transizione negativa. Davvero un giocatore già piuttosto completo e dalla grandissima qualità.

Per far sì che il centrocampo regga gli affianco quindi il capitano dell’Espanyol, Oscar Carrasco. Un capellone tutto corsa e senso della posizione, imprescindibile per permettere alla propria squadra, per lunghi tratti, di giocare addirittura con due punte pure.

La trequarti è poi il trionfo della qualità e della tecnica.

A destra ci piazzo il già citato Theo Fernandez, figlio d’arte col papà piuttosto ingombrante visto il ruolo (Zinedine Zidane, appunto). Il terzo dei figli di Zizou si prende il titolo di capocannoniere con 4 realizzazioni, questo nonostante giochi da titolare solo gli ultimi match del torneo.
La tecnica è di primissima qualità. Intelligente, buon tiro, capace di usare entrambi i piedi quasi senza risentirne, abile nell’uno contro uno… è presto per dire dove potrà arrivare, ma certo non è la qualità a mancargli.

A sinistra un altro (real) madridista, Pedro Paulo.
Semplicemente devastante.
Gioca a tutto campo senza risentirne. Quando prende palla arriva praticamente sempre al tiro. Ha un cambio di passo assolutamente illegale. Se riuscirà a conservarlo per tutta la propria crescita… beh, sicuramente arriverà a giocare in un campionato importante.
Ecco, il suo problema è che spesso tende a giocare troppo da solo. Ma del resto quando a 12 anni ti riesce qualsiasi cosa tu voglia è anche capibile che tu possa tendere a fare il veneziano…

Trequartista centrale un altro campione del torneo: Ferhat.
Un giocatore a due facce. Da subito mette in mostra una tecnica sopraffina, ma poi si nasconde un po’ per diverse partite. In finale, quando la temperatura sale, prende in mano le sorti della propria squadra. Numeri eccezionali palla al piede, grande propensione al gioco di squadra e due goal con cui decide quasi da sé l’ultimo atto del Liga las Promises.
Che dire se non “a buon rendere”?

Di punta, per chiudere questa Top XI, ci piazzo un secondo giocatore del Barça: Pablo Moreno. Un giocatore che deve forse imparare a diventare più spietato sottoporta, ma che mette davvero tantissima qualità nel proprio gioco.

Ma permettetemi di andare oltre alla semplice Top XI, segnalandovi altri giocatori che si sono espressi si buonissimi livelli.

Il Valencia campione ha messo in mostra due terzini sinistri molto interessanti: oltre al già citato Jacob impossibile non parlare di Dani Montes, versione più offensiva del proprio capitano. Bene anche Carlos Perez, il portiere titolare, e Ferran Giner, punta di movimento ma già ben strutturata.

L’Atletico, secondo, mette in mostra quello che è stato votato come il miglior portiere del torneo, Miguel Prieto. Oltre a lui bene il trequartista Mario Soriano, il giocatore di maggiore qualità, e la punta Erick Jeenn, quantità e fiuto per il goal.

Nella Juventus bene anche l’esterno Paolo Boffano, autore del pareggio contro il PSG (goal decisivo per il passaggio del turno) ed il terzino tutto pepe Franco Tongya. Non male anche Nar Diop, centrocampista che per fisico ed incedere ricorda molto Paul Pogba (anche se non per tecnica, purtroppo per lui). Mi aspetterei invece di più, vista la struttura che madre natura gli ha donato, da Aboubacar Da Costa. Certo, piuttosto abbandonato a sé stesso dai compagni, ma con una serie di limite (sia tecnici che tattici) assolutamente da eliminare.

Il Barcellona esce presto dalla competizione con non poca sfortuna, ma è forse la squadra globalmente più interessante del torneo (al pari del Valencia). Oltre ai già citati Moreno e Cartana si sono messi in luce, tra gli altri, anche il portiere Pol Tristan, il terzino destro Marc Alegre e la guizzante ala Alex Rico, minutissimo ma un vero peperino palla al piede.

Nel Real Madrid, invece, molto bene anche il capitano David Cuenca (difensore centrale capace di agire anche a sinistra, tecnicamente molto dotato e difensivamente sempre attento) ed il portiere, Lucas Canizares (sì, anche lui figlio d’arte).

Sempre a proposito di figli d’arte, per tornare al Valencia, vi segnalo anche Fran Perez, figlio di Rufete. Un esterno discreto, già formato fisicamente e dal buon passo. Ma che in questo torneo, debbo dire, non si è distinto.

Tornando ai giocatori che si sono messi più in bella mostra, per chiudere, vi faccio altri sei nomi: bene le due punte dell’Espanyol, Samba Kante e Jordi Escobar. Impossibile non citare i due leader tecnici del Siviglia, l’imponente centrale Miguel Bereket e la punta tutta fantasia Antonio Zarzana (autore di un gran goal con ruleta incorporata). Infine bene anche, rispettivamente per Villareal e PSG, il trequartista German Valera e la punta Isaac Karamoko.

Insomma, come al solito un grande torneo, con calcio già di alto livello e diversi giocatori da tenere d’occhio per il futuro.

Certo, difficile dire a soli 12 anni dove possano arrivare. Ma altrettanto vero, come dicevo in apertura, che diversi di questi mostrano di avere le basi giuste su cui provare a costruire una carriera. Molto passerà dalla loro capacità di progredire e, nondimeno, da quella di tenere i piedi ben piantati per terra…

_______________________________________________________________

Compra il mio secondo libro, “La carica dei 301″! Costa solo 1 euro!

Facebook      Twitterblog      Twitterpersonale      G+      Youtube      Instagram

Read Full Post »

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
________________________________________________________________

La classe 1998 del Milan merita un pezzo tutto per sé, da un appassionatissimo di calcio giovanile come il sottoscritto.

Anche nel recentissimo (giocato tra venerdì e sabato) torneo di Madrid in memoria di Luis Aragones, infatti, i ragazzi di mister Brocchi hanno messo in mostra le loro grandi capacità, già ampiamente mostrate nel corso di questo campionato.

Week-end tutto sommato positivo, per loro. Che nonostante si trovano a perdere la finale del Memorial in onore dell’ex C.T. della Spagna, tornano in Italia con due vittorie importanti contro Atletico e Barcellona, e soprattutto la consapevolezza di aver vinto il proprio girone di campionato grazie alla sconfitta interista con il Lumezzane.

Ma andiamo con ordine.

Al torneo madrileno il Milan viene inserito nel gruppo con Atletico Madrid ed Alcobendas. I primi vengono battuti agevolmente 3 a 1, i secondi fanno penare un pochino di più i Rossoneri, che però alla fine si impongono.

In semifinale è quindi la volta del Barcellona. Che passa in svantaggio ma poi mette in mostra più qualità dei rivali. Alla fine le due squadre devono giocarsela ai rigori, e qui esce la maggior freddezza milanista.

L’ultimo atto dovrebbe poter essere una formalità, contro i già battutti Colchoneros. Invece la partita è tirata. La stanchezza (quarta partita in due giorni) probabilmente si fa anche sentire. Ne esce un 1 a 0 tirato per i madridisti, che come puntano schierano quel Salomon Obama di cui ho raccontato ne La carica dei 201, quando ancora nessuno oltre me (su questo blog) ne aveva mai parlato prima, in Italia.

Ma scendiamo un po’ più nel concreto di quanto i giovani Rossoneri hanno mostrato in quel di Madrid. Partendo dai portieri.

L’impressione migliore me l’ha data sicuramente Francesco Fabio Cancelli, che invece nel corso dell’Al Kass Cup che ero riuscito a seguire lo scorso gennaio mi aveva fatto una non buona impressione.
Intendiamoci, l’inizio è un po’ stentoreo. Ma poi si riprende alla grande. Mettendo in mostra una grande qualità nelle uscite, in special modo basse, e grandissima sicurezza (e tecnica) sui rigori. Nella semifinale contro il Barça, infatti, ne para ben quattro, anche se uno viene fatto ricalciare finendo in rete. La strada è quella giusta. Ma per un portiere è anche sempre particolarmente tortuosa.

Gianluigi Donnarumma ha invece il pregio di essere aggregato agli Allievi I/II Divisione pur sottoetà, essendo nato il 25 febbraio del 1999. Di lui posso dire poco. Prestazione senza infamia e senza lode. Sicuramente da rivedere.

Chi invece non mi ha destato grandissima impressione è stato Luca Crosta, che avrà comunque sicuramente modo di rifarsi. A sua parziale discolpa, il fatto di venire da un infortunio che ne aveva condizionato la preparazione nelle ultime settimane.
L’impressione è stata quella di trovarsi di fronte ad un giocatore sicuramente poco sicuro, che ha anche commesso un errore tecnico ad esempio in occasione del primo goal dell’Alcobendas. Il tempo, comunque, è dalla sua.

Prestazioni senza infamia né lode, passando alla difesa, per Marco Iudica. Buone indicazioni, ma me l’aspettavo, dal solito Andrea Malberti, che già avevo apprezzato nel già citato Al Kass Tournament oltre che in Nazionale under 16 giusto settimana scorsa, contro la Polonia. Giocatore attento e discretamente dotato tecnicamente, è sicuramente un capitale su cui la società Rossonera farebbe bene ad investire.

Bene, nel reparto arretrato, anche Michele Spinelli, puntuale in diverse chiusure, e Matteo Trentino, autore anche di una rete.

Infine ottima come sempre la prestazione dell’italospagnolo Andres Acuna Llamas, terzino sinistro anch’esso già nel giro della nazionale con un repertorio già molto completo: quasi mai in difficoltà in fase difensiva, spinta costante in transizione positiva. In più un bel goal in contropiede contro l’Atletico, dove ha messo in mostra tutta la sua forza e la sua esplosività.

Il dominatore senza se e senza ma del centrocampo è stato invece Niccolò Zanellato, già protagonista di una buona Al Kass Cup, e che personalmente fossi in Tedino terrei in considerazione anche in ottica Nazionale. Il ragazzo ha infatti un’ottima struttura fisica, cui abbina dinamismo e buona qualità. Tre i suoi goal nel corso del torneo, dove ha dominato nel gioco aereo le aree avversarie, ed un titolo di miglior centrocampista del Torneo che sicuramente lo ripaga delle belle prestazioni messe in mostra.

Buone cose le hanno messe in mostra anche i vari Raul Zucchetti, Federico De Piano, Mattia El Hilali e Cristian Hadziosmanovic. Che, chi più chi meno, hanno coadiuvato Zanellato nel reparto nevralgico del campo.

Non mi ha trasmesso nulla di che, invece, Abdou Diouf Ndiaye.

Per quello che riguarda il reparto offensivo, poi, complimenti da spargere un po’ su tutto il reparto, pur con parsimonia.

Cosimo Marco La Ferrara fa un gran goal contro l’Atletico Madrid. Punta esterna mobile e vivace, deve trovare però più continuità nel pungere efficacemente le difese avversarie.

Zakaria Hamadi e Mihael Modic hanno invece messo in evidenza il loro ottimo bagaglio di doti tecniche: controllo palla, dribbling, piede educato. Anche in questo caso però quello che si deve richiedere a questi due ragazzi è una maggiore incisività.

Marcello Jones l’ho visto poco per poterlo giudicare, mentre Juvenal Junior Agnero ha sì grandissime doti fisico-atletiche, ma da un punto di vista tecnico è una pepita assolutamente grezzissima e su cui bisognerà lavorare moltissimo onde riuscire a farne un giocatore di livello.

In tutto questo va comunque ricordato che non c’erano quelli che sono probabilmente indicabili come i tre migliori classe ’98 milanisti in assoluto: Patrick Cutrone, Manuel Locatelli ed il già celebratissimo nonché famosissimo Hachem Mastour.

Il primo è un attaccante di rango. Intelligente, essenziale, fiuto di primo livello. Non è andato a Madrid, ma in compenso ha giocato mezz’ora con la Primavera di mister Inzaghi.

Il secondo è invece un centrocampista molto completo, che però ho potuto vedere solo una volta con la maglia della Nazionale. Ma, ancora quattordicenne, mi impressionò moltissimo.

Il terzo lo conoscono tutti, e ne parlo anche nel mio libro. Gran funambolo. Però attenzione, non sempre i funamboli diventano giocatori di calcio! Anche qui ci sarà molto da lavorare, soprattutto da un punto di vista mentale. Perché tecnicamente il ragazzo c’è.

________________________________________________________________

Facebook      Twitterblog      Twitterpersonale      G+      Youtube      Instagram
Acquista il mio primo libro: La carica dei 201! Costa solo 99 centesimi!

Read Full Post »

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
________________________________________________________________

C’è un folletto brasiliano che sta dominando e devastando il Campionato Primavera italiano.

Il suo nome è Victor Matheus Da Silva, fantasista di Cuiabà nato il 4 gennaio del 1995.Victor Da Silva

Formatosi nel calcio a 5, entra nell’Academia del Brasil Central quando è solo un bambino, lasciando da subito intravvedere le sue grandi doti tecniche e di palleggio.

Non passano che quattro anni ed arriva per lui il tempo di lasciare casa, trasferendosi in Italia. E’ il 2008, infatti, quando Maurizio Costanzi, attuale responsabile del settore giovanile clivense, lo fa sbarcare in quel di Verona.

La crescita è costante. Il ragazzo nonostante le misure certo non da corazziere riesce a giocare tranquillamente anche sottoetà.

L’esplosione vera e propria arriva lo scorso anno, quando mister D’Anna ne fa uno dei punti di forza della sua Primavera e lui ripaga la fiducia a suon di goal.

A maggio arriva quindi l’esordio in Serie A. Il mese successivo guida il suo Chievo alle semifinali del campionato Primavera, dove arriva la sconfitta contro la Lazio poi Campione d’Italia.

Quest’anno è quindi ripartito con ancora più vigore, per provare a centrale lo Scudetto giovanile solo sfiorato lo scorso anno.

Il bottino per ora fa impallidire un po’ tutti: 14 realizzazioni in 9 match, una media da fenomeno stile Cristiano Ronaldo o Leo Messi. Il tutto tenendosi ben alle spalle campioncini in erba come il napoletano Gennaro Tutino (11 centri in 12 match, di cui 3 però su rigore) ed il laziale Mamadou Tounkara (10 goal in 9 partite).

In pratica Victor ha saputo fare in mezza stagione ciò che gli riuscì nell’intero campionato scorso.

Al che non può che sorgere spontanea una domanda: il ragazzo non è un po’ sprecato?

Nel momento in cui riesce con questa facilità a dominare il campionato in cui gioca, non significa forse sia venuto il momento di provarlo su palcoscenici più importanti, di modo che non smetta di crescere ma anzi trovi nuovi stimoli nel confronto con avversari più dotati?

Il rischio, a mio avviso, un po’ c’è. Capisco anche la volontà da parte dei dirigenti clivensi di sfruttarne le qualità per provare ad imporsi nel Campionato Primavera. Ma ricorderei sempre che una vittoria giovanile ha un senso e un valore molto relativo. Le squadre di questo tipo devono servire a formare i campioni del domani, non a vincere trofei inutili non permettendo però ai ragazzi di crescere al pieno delle proprie potenzialità…

________________________________________________________________

Facebook      Twitterblog      Twitterpersonale      G+      Youtube      Instagram
Acquista il mio primo libro: La carica dei 201!

Read Full Post »

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
________________________________________________________________

Colmenar Viejo, Stadio Alberto Ruiz.

E’ qui, nella Comunità Autonoma di Madrid, che si è svolta la finale di quello che gli organizzatori hanno chiamato, forse un po’ presuntuosamente e pretenziosamente, Mondiale per Club under 17.

Ad affrontarsi, comunque, due delle migliori cantere spagnole: da una parte l’Atletico Madrid, dall’altra l’ormai leggendaria cantera blaugrana del Barcellona.

Ma bando alle ciance, veniamo subito alle formazioni.

Atletico che Armando de la Morena schiera con un 4-2-3-1 che vede Fran a difesa dei pali, Chele ad agire come terzino destro con Sergi sull’out opposto (e la memoria corre subito, guardando la maglia degli avversari, ad un altro laterale difensivo mancino… Sergi Barjuan…) e la coppia Alberto – Canete in mezzo.
Ad agire come mediani sono invece Juanjo e Borja, con Nacho trequartista centrale affiancato da Ivan sulla destra e Arona sulla mancina. Unica punta Carlos.

Classico 4-3-3, invece, per il Barcellona che schiera José in porta e una difesa composta, da destra a sinistra, da Godswill, Riera, Tarin, Xavier Quintillà.
Iu e Pau le mezz’ali, con Jordi centromediano. Maxi ed Ebwelle le ali offensive, Munir la prima punta, Xavi Garcia Pimienta l’allenatore.

Entrambe le squadre partono da subito a viso aperto. Qui non si fanno calcoli: c’è l’entusiasmo dei ragazzini coniugato a due scuole calcistiche che fanno capo al movimento spagnolo, ovvero possesso e fase offensiva.

La prima azione realmente degna di nota la costruiscono i Rojiblancos: Juanjo, numero 10 della squadra, parte centralmente palla al piede seminando terrore tra le fila Blaugrana e portando la sfera sino al limite dell’area, per il tocco filtrante in direzione di un Nacho che s’infila bene tra le maglie della difesa avversaria arrivando a calciare. A salvare la situazione ci pensa però capitan Riera, che stringe bene la diagonale difensiva deviando in spaccata la conclusione del trequartista madridista.

La rete che sblocca il risultato è però nell’aria e arriva proprio sugli sviluppi della rimessa laterale che segue l’azione appena raccontata.
Rimessa che Chele batte lunghissima in area, altezza primo palo, a mo’ di corner. A ricevere palla è un liberissimo Carlos, che sfruttando il buco di Tarin mette giù il pallone di petto per affrettare poi una conclusione sbilenca. La traiettoria di tiro è infatti chiusa troppo e sarebbe destinata forse addirittura alla rimessa laterale se solo Arona non sbucasse alle spalle di Godswill per depositare in rete l’1 a 0 comodo comodo.

Difesa Blaugrana che scricchiola a ripetizione e che è tenuta a galla solo da capitan Riera.
Due o tre minuti dopo il goal, infatti, l’Atletico scende sulla destra con Chele che si sovrappone a Ivan per poi centrare una bella palla in direzione di Carlos, anticipato dalla solita diagonale di Riera, cui tocca mettere pezze un po’ ovunque.

Al ventisettesimo ancora Rojiblancos avanti, con una grandissima azione targata Nacho-Carlos.
E’ il trequartista a portare palla ed avanzare, arrivando quasi al limite dell’area dopo un triangolo chiuso proprio con la sua punta. Che, restituitogli il pallone, si infilerà alle spalle dei difensori per ricevere il lob con cui Nacho lo metterà da solo a tu per tu col portiere.

Il tentativo di pallonetto del numero 9 madridista, però, non sarà minimamente all’altezza. Carlos, infatti, toccherà male il pallone, consegnandolo direttamente tra le braccia di José e chiudendo nel peggiore dei modi uno splendido scambio con Nacho.

La prima occasione costruita dal Barça arriva quindi solo alla mezz’ora, e solo grazie ad una punizione battuta nell’arco di pochi centesimi dalla sua assegnazione.
Quando l’arbitro fischia un presunto fallo di Canete ai danni di Munir, infatti, la punta Blaugrana ferma il pallone e lo lancia subito in direzione di Ebwelle, cogliendo assolutamente impreparati tutti i giocatori dell’atletico e permettendo al compagno camerunense di presentarsi a tu per tu con Fran. Quando, però, viene meno il sangue freddo. Così che il tiro si stampa giusto contro all’estremo difensore Rojiblancos.

Atletico che è comunque in pieno controllo del match, con Nacho che prova a dispensare assist.
Il trequarti madridista prova infatti a mandare in porta anche Ivan, chiudendo un triangolo di tacco, con l’ala Rojiblancos che però si trova costretto a calciare di sinistro, per un tiro molle con cui riesce comunque a guadagnare un calcio d’angolo.

La prima frazione si chiude quindi con un Atletico in completo controllo e dominio del match, ed un Barcellona che prova affannosamente a restare in partita.

Ripresa che si apre subito con un cambio. Armando de la Morena, infatti, decide di togliere uno dei più brillanti in campo, Nacho, per sostituirlo con Sainz.

La musica comunque non cambia. In apertura di ripresa è sempre l’Atletico a spingere con Arona che torna a farsi vedere dopo la realizzazione dell’1 a 0 saltando secco Godswill e mettendo in difficoltà anche Riera prima di servire Carlos, il cui tiro, un po’ problematico e non certo coordinatissimo, è parato da José.

Estremo difensore Blaugrana che mette però in mostra tutti i suoi limiti proprio il nuovo entrato Sainz calcia non irresistibilmente poco oltre la trequarti e lui, con tecnica molto più che rivedibile, si lascia scappare dalle mani un pallone praticamente già parato, con una papera che costa il 2 a 0 ai danni del Barça.

Barcellona che prova comunque a scuotersi subito, con Maxi che penetra bene in area per appoggiare poi al limite a Munir, il cui calcio è però leggermente impreciso e porta il pallone a spegnersi di poco oltre la traversa.

Con il Barça che prova a risvegliarsi de la Morena effettua un altro cambio, con Arona, autore dell’1 a 0, sostituito da Maya.

Il Barcellona è però finalmente entrato in partita e appena prima della metà del secondo tempo accorcia le distanze con Munir, che riceve in area un cross proveniente dalla sinistra incornandolo di testa per il 2 a 1.

Da lì in avanti, comunque, i giovani Blaugrana non riusciranno più a raddrizzare il match, consegnando all’Atletico Madrid quello che il commentatore della tv spagnola, un po’ pretestuosamente, definirà il titolo di “miglior cantera del mondo”.

Tornando all’aspetto tattico interessante il 4-2-3-1 madridista, con il trequartista centrale molto mobile e portato sia a duettare con la prima punta che a proiettarsi anche oltre ad essa, infilandosi alle spalle dei difensori.
Bene anche la fase offensiva della catena di destra, e nel complesso squadra molto ordinata e ben messa in campo.

Classico 4-3-3, invece, per i catalani, dove più che lacune strettamente tattiche si sono registrate approssimazioni tecniche un po’ preoccupanti, almeno se viste con gli occhi da tifoso.

Venendo ai singoli bene Alejandro Gómez Martín, detto Chele, terzino destro Rojiblancos. Buona propensione e propulsione offensiva, duetta con continuità con Ivan, ala destra con facilità di corsa disarmante e tanta voglia di pungere.

Bene anche Nacho, trequartista mobile capace di duettare nello stretto con tutti i suoi compagni.

Si vede solo a sprazzi, invece, Arona Sane, autore dell’un po’ fortunosa realizzazione che sblocca il match e di una prestazione altalenante.

Nel complesso, comunque, non si sono visti potenziali veri fenomeni, almeno non in questa partita. Per quanto tra l’Atletico di Madrid nessuno demeriti.

Piuttosto male, invece, un po’ tutti i giocatori del Barça.

Dove Alain Richard Ebwelle mette in mostra grandi doti di velocista e la capacità di essere ficcante, senza però riuscire a pungere davvero.

Interessante, comunque, l’ecletticità di Xavier Quintillà Guasch, di cui parlai già più di un anno fa.

Dopo averlo visto giocare tanto mediano quanto difensore centrale, infatti, mi è capitato di vederlo anche terzino sinistro. E con discreti risultati. Del resto il compito più complicato era il suo, alle prese con Chele e Ivan, e le cose non sono andate poi così male.

Il ragazzo, per altro, è un classe 96. Ovvero uno tra i più giovani in campo.

Bene, indubbiamente, anche il capitano della formazione, Roger Riera Canadell. Difensore centrale carismatico e sa già ben leggere i tempi delle azioni.
Penalizzato, ahilui, dal giocare stretto nella morsa di Godswill Elohor Ekpolo, terzino destro con pesanti lacune, e Rodrigo Tarin Higon, centrale che inanella una sbavatura dietro l’altra.

Piuttosto male anche i centrocampisti, in blocco, col reparto nevralgico del campo che soffre in continuazione lasciando il possesso della palla nelle mani dei madrileni, facendo così crollare come un castello di carte il “sistema Barça”.

Sempre interessante, comunque, vedere come si muovono le cantere spagnole. Peccato solo che il calcio giovanile, in Italia, non abbia lo stesso spazio.

Ma, del resto, sono i giovani stessi a non avere spazio in questo paese quanto nel mondo del nostro calcio.

________________________________________________________________

Profilo Twitter personale: http://twitter.com/Mahor17
Profilo Twitter blog: http://twitter.com/sciabolatablog
Pagina Facebook blog: http://www.facebook.com/sciabolatamorbida

Read Full Post »

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
________________________________________________________________

Nome: Mikel Zatón Escudero
Data di nascita: 15 aprile 1996
Luogo di nascita: Barakaldo (Spagna)
Nazionalità: spagnola e basca
Altezza: 174 centimetri
Peso: 65 chilogrammi
Ruolo: ala sinistra, attaccante
Club: Athletic Bilbao (Cadets)
Scadenza contratto: –
Valutazione: –

CARRIERA

Nascere a Barakaldo, città basca da quasi 100mila abitanti, significa avere un po’ la vita segnata.

No, nessuna storia triste tipo ragazzini che nascono nelle favela. Quanto più un legame a doppio filo con lo sport che spesso porta alla nascita di atleti di buon livello.

Due, in particolare, le discipline cui Barakaldo è legata: ciclismo e calcio.

Alle due ruote la città che diede i natali allo scrittore Juan Manuel de Prada ha regalato David López García, Héctor González, Isidro Nozal e Javier Otxoa.

Al calcio, invece, il terzino sinistro Asier Del Horno (ex Athletic, Chelsea e Valencia, oggi al Levante), il portiere Iñaki Lafuente e il centrocampista Javier González Gómez (ritiratisi lo scorso anno), l’attaccante Mikel Dañobeitia (attualmente in forza al Logroñés) e Josep Lluís Núñez, Presidente del Barcellona tra il 1978 ed il 2000.

Non solo: la città che ha dato i natali a Zatón è anche sede di una discreta squadretta di calcio, che attualmente milita in Tercera División (quarta serie spagnola): il Barakaldo Club de Fútbol, la squadra in cui il ragazzo ha iniziato a giocare e da cui è stato acquistato dall’Athletic.

Insomma, nascere a Barakaldo vuol dire nascere in una città di sportivi. E Mikel ha voluto continuare la tradizione.

Così oggi, a pochi giorni dal compimento del suo sedicesimo compleanno, Zatón  è al centro di una rovente battaglia di mercato.

Prodotto di uno dei settori giovanili più floridi dell’intera Spagna (basti pensare a Fernando Llorente o alla recente esplosione di Iker Muniain), l’Athletic Bilbao, Mikel Zatón Escudero è seguito da diversi club.

Liverpool su tutti, a quanto si vocifera in Inghilterra. Ma non solo: un vero e proprio “Clasico” di mercato lo vedrebbe al centro dei desideri di Real Madrid e Barcellona, che vorrebbero assicurarselo prima che il suo prezzo lieviti troppo.

Non deve stupire, comunque, che il ragazzino di Barakaldo sia già al centro di queste guerre di mercato. Né dovrà stupire l’eventualità che, alla fine, l’Athletic riesca a tenerlo in squadra, vista la particolare situazione che si vive nei Biancorossi di Bilbao.

Non deve stupire perché quest’anno, inserito nei Cadetti dell’Athletic, Zatón sta facendo davvero il diavolo a quattro.

Il ragazzo, numero 19 sulle spalle, ha infatti disputato 28 match nella Cadets Basque League, campionato che la sua rappresentativa ha provato a vincere quest’anno (a una giornata dal termine sono sei i punti di svantaggio sulla Real Sociedad), realizzando ben 25 reti.

Score notevole che ne fanno una delle giovani punte più interessanti dell’intero panorama calcistico spagnolo.

Zatón che partì subito forte alla prima di campionato, con una tripletta rifilata proprio ai “cugini” della Real Sociedad.

Da lì in poi buona continuità, per lui. Una rete all’Antiguoko e nessuna alla Real Union. Tripletta nel 19 a 0 allo Zaramaga e bocca asciutta contro il Santutxu. Goal all’Eibar, tripletta al Getxo, rete al Romo. Pausa contro il Barakaldo, club della sua città, prima di tornare al goal nel 4 a 0 casalingo con il Durango. Tre match a secco, poi di nuovo in rete nel 3 a 3 con l’Alaves. Altre tre partite senza goal prima della doppietta al Real Union e della tripletta allo Zaramaga. Piccola pausa con il Santutxu e goal all’Eibar e al Getxo. Poi altre due partite senza centrare il bersaglio grosso, prima di freddare il suo Barakaldo. Altra partita a secco ed ennesima tripletta, questa volta al Lengokoak. Bocca asciutta contro l’Ariznabarra e goal al Danok Bat. Niente reti con l’Alaves e… vedremo cosa combinerà nell’ultima di campionato, contro l’Indartsu.

Prestazioni notevoli che sono valsi all’Athletic il miglior attacco del campionato.

Insomma, uno score che ha ingolosito i palati di molti osservatori. Vedremo quindi la prossima estate se il ragazzo si farà convincere dalle proposte delle grandi di Spagna o che arrivano dall’estero… oppure se, alla fine, l’orgoglio basco prevarrà, ed il prossimo anno Zatón proverà a ripetersi nei Junior National.

CARATTERISTICHE

Mancino sì, ma con un destro più che accettabile.

Capace di svariare lungo tutto il fronte d’attacco, ama giocare in particolar modo al centro, dove può sfruttare la sua capacità di “sentire” la porta, che un po’ decentrato a sinistra.

La facilità di dribbling di cui è in possesso lo rendono attaccante temibile e temuto, anche se, nel complesso, a impressionare di più è proprio il feeling con la porta, con cui sembra vivere in simbiosi.

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE

Presto per dire dove possa arrivare, vista la sua giovanissima età.

Di certo fossi in suo padre, o nel suo procuratore, gli intimerei di restare a Bilbao.

Inutile girarci intorno: posto che l’Athletic punta – ancora, per ora – solo su giocatori baschi o comunque fatti in casa le possibilità di arrivare ad esordire nella Liga sarebbero infinitamente maggiori lì che altrove.

E allora bene continuare il proprio percorso di crescita in un centro giovanile attento e soprattutto con la fiducia di tutto l’ambiente attorno a sé.

E chissà che un giorno non troppo lontano non lo vedremo duettare con Llorente e Muniain nell’attacco della prima squadra…

________________________________________________________________

Profilo Twitter personale: http://twitter.com/Mahor17
Profilo Twitter blog: http://twitter.com/sciabolatablog
Pagina Facebook blog: http://www.facebook.com/sciabolatamorbida

Read Full Post »

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
________________________________________________________________

Nome: Joel Pohjanpalo
Data di nascita: 13 settembre 1994
Luogo di nascita: – (Finlandia)
Nazionalità: finlandese
Altezza: 176 centimetri
Peso: 60 chilogrammi
Ruolo: attaccante
Club: HJK Helsinki
Scadenza contratto: 30 novembre 2015
Valutazione: –

CARRIERA

Jari Litmanen è stato uno dei giocatori finlandesi più apprezzati della storia.

Forse, in assoluto, ha rappresentato la stella più luminosa del firmamento calcistico del suo paese.

Purtroppo, però, il tempo passa per tutti, e prima o poi arriva l’ora di abbandonare i palcoscenici lasciando ad altri la ribalta.

Questo è successo anche al grande Jari, che nonostante abbia indossato la maglia della nazionale finlandese in quattro decadi diverse (80, 90 e le prime due del duemila) è ormai stato costretto dall’età a lasciare spazio ai suoi più giovani connazionali.

Tra questi vi è sicuramente Joel Pohjanpalo, che qualcuno già vede come colui che è destinato a raccogliere l’eredità di Litmanen, tenendo un minimo alta la bandiera del calcio finnico.

Pohjanpalo che ha caratteristiche tecnico-tattiche piuttosto differenti dall’ex campione dell’Ajax, ma che ha sino ad oggi messo in mostra delle doti realizzative notevoli che, se ben sfruttate, potrebbero effettivamente permettergli di provare a diventare un calciatore “vero”.

Di lui non si sa moltissimo.

Prodotto delle giovanili dell’HJK, compagine più vincente della storia della Veikkausliiga, Pohjanpalo esordì appena sedicenne nel Klubi-04, la squadra riserve dell’HJK. Dove mise da subito in mostra il suo istinto killer per il goal.

Le 33 reti che riuscì a segnare quell’anno in poco più di 20 match gli valsero infatti la vittoria del premio come miglior giocatore della Kakkonen (terza divisione finlandese) e, soprattutto, la promozione in prima squadra.

Lo scorso anno arrivò la vittoria di campionato e coppa nazionale, cosa che impone ai dirigenti dell’HJK di presentare una squadra che sia il più competitiva possibile. Impresa non facilissima dato l’addio al calcio di Jari Litmanen.

Nel calcio però serve coraggio, esattamente come nella vita. Ed ecco lo sbarco in prima squadra dell’ormai diciassettenne Pohjanpalo, che in attesa di capire se potrà o meno non far rimpiangere Litmanen sui palcoscenici internazionali ha già iniziato a rimpiazzarlo nei cuori dei tifosi della squadra della capitale.

Pohjanpalo è infatti già praticamente un titolare fisso del suo club, che ha recentemente iniziato il nuovo campionato.

Prima di debuttare in Veikkausliiga, però, Joel è stato capace di mettere assieme alcune presenze in Liigacup, la Coppa di Lega finlandese.

Inserito nel gruppo B, il suo HJK ha esordito contro il Lahti con Pohjanpalo titolare dal primo minuto al fianco di Berat Sadik (autore di una doppietta). Quarantacinque minuti giocati per lui, che si è poi scatenato nel corso della seconda giornata di coppa contro il Mypa.

Ancora una volta titolare, infatti, il giovanissimo Joel ha firmato una doppietta nell’arco di sei minuti grazie alla quale l’HJK ha potuto poi dilagare portandosi a casa i tre punti.

Pohjanpalo che ha tutta la fiducia del proprio mister e gioca un’ora anche nella brutta sconfitta (2 a 0) contro l’Honka, che si dimostra la bestia nera dell’HJK andando a vincere anche il match di ritorno con punteggio ancor più pesante (4 a 0, con Pohjanpalo in campo per cinquantasette minuti).

Capitolini che non ci stanno ed hanno uno scatto di orgoglio nel ritorno contro il Lahti, quando Joel, in campo per sessantasette minuti, firma la rete del momentaneo 1 a 0.

HJK che chiude il proprio girone al terzo posto con la sconfitta per 3 a 1 al Lehtomäki Tekonurmi contro il Mypa, con Joel in campo tutto il match ma incapace di trovare la rete.

Arrivato alla fase ad eliminazione diretta l’HJK prova a cambiare marcia e dopo aver eliminato il KuPS (2 a 1, Pohjanpalo in campo per tutto il match) affonda l’Inter Turku ai rigori (da registrare l’assenza di Pohjanpalo).

La finale del Sonera Stadium, però, non arride ai capitolini, che perdono il trofeo proprio dagli undici metri.

Per Pohjanpalo, comunque, la soddisfazione di aver realizzato una rete (quella del definitivo 1 a 1) anche in un match così importante.

Nel complesso, quindi, un buon battesimo del fuoco questa Liigacup per il diciassettenne attaccante finlandese, che chiude la competizione con un discreto bottino: 4 reti in 8 match – non tutti giocati per intero, come abbiamo visto – per lui, che conferma una certa affinità con la porta avversaria anche contro avversari di prima grandezza (relativamente al contesto finlandese) come quelli affrontati in questa competizione.

Il meglio della finora brevissima carriera di Pohjanpalo, comunque, deve ancora arrivare.

Archiviata la Liigacup è tempo di pensare alla Veikkausliiga, ovvero sia il campionato.

L’esordio stagionale dell’HJK nonché l’esordio personale del giovane Joel è fissato per domenica 15 aprile 2012, una data che difficilmente Pohjanpalo e i suoi familiari potranno scordare.

Antti Muurinen, infatti, è sempre più convinto possa davvero essere il giovane Joel il miglior sostituto di Jari Litmanen. Quantomeno all’interno del rettangolo verde.
E quando a pensarlo è uno dei migliori allenatori del tuo paese (6 campionati, 3 coppe nazionali ed altrettante di Lega, per cinque volte miglior allenatore della Finlandia, commissario tecnico della nazionale finnica per cinque anni nonché primo allenatore finlandese a disputare una Champions League quando nella stagione 98/99 il suo HJK eliminò Yerevan e Metz approdando al tabellone principale della massima competizione continentale per club) qualcosa deve pur voler dire.

Ancora una volta, quindi, Joel Pohjanpalo è schierato dal primo minuto.

Ed è un esordio perfetto, come perfetta risulterà essere la tripletta che il “nuovo Litmanen” sarà capace di segnare nell’arco di due minuti e quarantadue secondi.

Una serie di goal a ripetizione che metteranno in mostra il suo istinto da killer dell’area di rigore e la sua capacità innata di bucare la rete in qualsiasi modo: di testa, col mancino e col piede destro.

Pohjanpalo si candida insomma ad essere la grande rivelazione di questo 2012,  almeno per quanto concerne il calcio finlandese.

Il suo talento, comunque, non viene certo scoperto oggi, almeno dagli addetti ai lavori.

In passato il ragazzo effettuò infatti dei provini con Monaco e Liverpool. Con questi ultimi che pare lo monitorino ancora costantemente.

CARATTERISTICHE

I paragoni, penso di averlo ripetuto ormai mille volte su questo blog, sono di per sé errati per natura. Ogni giocatore ha infatti caratteristiche uniche ed irripetibili. E dire che questo o quel giovane somigli ad un campione piuttosto che ad un altro lascia veramente il tempo che trova.

Allo stesso tempo però, non posso che ripetermi, è altrettanto vero che nel momento in cui si parla di un giocatore poco conosciuto i paragoni, se presi con le pinze, possono aiutare ad inquadrare anche solo vagamente i tratti peculiari del ragazzo in questione.

In questo senso Joel Pohjanpalo è sicuramente giocatore irripetibile nella sua unicità. Ma nell’osservarlo si possono notare alcuni tratti simili a giocatori ben più conosciuti (nonché forti).

L’istinto da killer dell’area di rigore sembra infatti somigliare vagamente a quello del nostro Filippo Inzaghi. Una dote naturale, una capacità innata, un feeling con la porta che nessun preparatore potrà mai allenare e che non è possibile sviluppare nemmeno con lavoro continuo ventiquattro ore al giorno.

Certo, Inzaghi è più unico che raro. E nel complesso le caratteristiche di questo ragazzo non possono essere confuse con quelle di SuperPippo. Ma ecco, il feeling con la porta… quello sì, sembra poter essere vagamente paragonabile.

Al tempo stesso, poi, l’altra caratteristica principale di Pohjanpalo è quella di trovare la porta in qualsiasi modo. O, se non altro, di provarci.

Caratteristica questa che richiama alla mente un altro grande bomber della storia recente juventina, quel David Trezeguet capace di bucare i portieri avversari colpendo la palla in qualsiasi modo: di testa, di destro e di sinistro.

Insomma, Joel Pohjanpalo è ancora giovanissimo ma ha già una sua dimensione ben precisa – e di alto profilo – nel modesto calcio finlandese (giusto ricordare, infatti, che la Veikkausliiga occupa oggi il ventinovesimo posto nel ranking UEFA).

Da vedere, invece, cosa potrebbe combinare in contesti più competitivi. Sempre tenendo conto, comunque, che avendo solo diciassette anni può crescere ancora. Fino magari, chissà, ricordare Inzaghi e Trezeguet anche a livello di goal realizzati e trofei vinti.

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE

Quando in un ragazzo c’è qualcosa che può ricordare dei grandi campioni è sempre bene tenere alta l’attenzione.

In compenso, però, come detto il contesto in cui si trova ad operare oggi Pohjanpalo (che in questo momento vanta uno score notevole, 7 reti in 9 partite con la prima squadra dell’HJK in competizioni ufficiali) è di livello piuttosto basso, almeno se rapportato ai migliori campionati d’Europa.

Per poter capire quali siano le reali potenzialità di questo ragazzo bisognerebbe forse vederlo alla prova in ambienti più probanti della modesta Veikkausliiga.

L’impressione, comunque, è quella di trovarsi davanti ad un ragazzo determinato e con quel feeling innato con il goal che potrebbe davvero portarlo a raggiungere traguardi insperati.

Litmanen forse era più campione a tutto tondo.

Lui, però, proverà davvero a non farlo rimpiangere.

________________________________________________________________

Profilo Twitter personale: http://twitter.com/Mahor17
Profilo Twitter blog: http://twitter.com/sciabolatablog
Pagina Facebook blog: http://www.facebook.com/sciabolatamorbida

Read Full Post »

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
________________________________________________________________

Nome: Paul Pogba
Data di nascita: 15 marzo 1993
Luogo di nascita: Lagny-sur-Marne (Francia)
Nazionalità: francese, guineana
Altezza: 186 centimetri
Peso: 80 chilogrammi
Ruolo: centrocampista centrale
Club: Manchester United
Scadenza contratto: 30 giugno 2012
Valutazione: 5.000.000 euro

CARRIERA

Nato il 15 marzo di diciannove anni fa a Lagny-sur-Mer, cittadina che sorge a ventisei chilometri ad est del centro di Parigi, Paul Pogba è però ragazzo di origine guineana.

Terzo di tre fratelli, ha il calcio nel sangue.

Non è infatti un caso se da casa Pogba sono usciti tre calciatori su tre: Florentin, che gioca nel Sedan, Mathias, attualmente al Wrexham, e Paul, gioiellino dell’Academy dei Red Devils.

Oggi è a Manchester. Ma i primi passi da calciatore il più piccolo dei tre Pogba li mosse all’US Roissy-en-Brie, società con casa a pochi chilometri da Lagny.

Nel 2006, quindi, il passaggio al più importante Torcy, dove capitanò la squadra under 13, per poi spiccare il volo verso il Le Havre, una tra le società più importanti del settentrione d’Oltralpe.

Un altro paio di stagioni e l’ennesimo trasferimento. Questa volta, però, fuori dal territorio francese.

Su di lui hanno messo infatti gli occhi gli osservatori che Sir Alex Ferguson sguinzaglia in tutto il mondo.

Il ragazzino, ormai sedicenne, è il capitano delle selezioni under 16 di Le Havre e della nazionale francese, e viene ritenuto un potenziale fuoriclasse. Così lo United, applicando pratiche piuttosto antipatiche, lo ruba al Le Havre (che farà partire una sorta di guerra legale durata poi qualche mese) per rinforzare la propria Academy.

Scelta azzeccata, non c’è che dire.

A Manchester Paul viene subito aggregato alla formazione under 18, dove esordisce il 10 ottobre (quattro soli giorni dopo l’ufficializzazione del suo passaggio ai Red Devils) contro il Crewe Alexandra.

Nel complesso, quell’anno, Pogba metterà a referto 19 presenze e 7 reti. Un bottino niente male per un centrocampista.

Le vittorie di squadra, però, stentano ad arrivare. Almeno nei club.

Perché dopo aver sollevato i trofei dell’Aegean Cup e del Tournoi Val de Marne Paul si era dovuto accontentare solo della seconda piazza nel campionato nazionale francese under 16, dove il suo Le Havre si era dovuto inchinare al Lens (che come ho già avuto modo di dire in altre situazioni è indubbiamente un punto di riferimento per il calcio giovanile francese).

Allo stesso modo Paul deve chinare la testa anche al suo primo anno inglese. Quando lo United viene sconfitto – ai rigori – dai pari età dell’Arsenal nella semifinale playoff del campionato under 18 di quell’anno.

Le vittorie, così, continuano ad arrivare solo in maglia Bleus.
Proprio quell’estate, infatti, l’under 18 francese è chiamata a confermarsi nel torneo Memorial Carlo Sassi. E Paul fa, ovviamente, parte di quella squadra che riuscirà a riportare la vittoria finale.

La stagione successiva arriverà invece il suo esordio tra le riserve. Che avverrà, più precisamente, il 2 novembre 2010, in un 3 a 1 con il Bolton.

Sfiorerà solo, invece, l’esordio in prima squadra. Con Ferguson che lo convocherà, il febbraio seguente, in vista del match di FA Cup contro il Crawley Town (oltre che in quello di campionato con i Wolves) senza però dargli modo di scendere in campo.

La mancata gioia dell’esordio in prima squadra sarà comunque compensata dalla prima vittoria di club.

Quell’anno, infatti, le Riserve dello United riusciranno ad imporsi nella FA Youth Cup, battendo 6 a 3, nel doppio confronto finale, lo Sheffield United.

Questa stagione, quindi, il debutto ufficiale in prima squadra. Che arriverà il 19 settembre in Coppa di Lega contro il Leeds.
Il 31 gennaio scorso, invece, sarà la volta dell’esordio (nonché unico cap, finora) in Premier. Quando, in un match contro lo Stoke City, rileverà il Chicharito Hernandez al settantaduesimo minuto.

Pogba che, nel contempo, continua la sua brillante carriera come alfiere delle nazionali giovanili francesi.

Così dopo aver vestito le maglie dell’under 16, dell’under 17 e dell’under 18 è oggi uno dei punti fermi dell’under 19 guidata da Pierre Makowski.

Basta scorrere la lista dei convocati per l’amichevole del 29 con la Spagna, infatti, per trovare il suo nome in mezzo a quello di Areola, Digne, Kondogbia e Bahebeck.

Il suo futuro prossimo, comunque, potrebbe non essere più colorato a tinte Red Devils.

Il suo contratto, come è possibile leggere nella scheda riassuntiva ad inizio di questo articolo, scade infatti a fine stagione. E su di lui sarebbero piombate diverse squadre.

Tra cui anche Milan e Juventus. Con quest’ultima che, secondo quando si vocifera tra Francia ed Inghilterra, sarebbe oggi in pole position per assicurarsi le prestazioni di questa giovane stellina francese (cui Marotta e Paratici starebbero di far firmare un quadriennale).

Il tutto nonostante Ferguson abbia ribadito più volte di puntare sul ragazzo. E nonostante lo United gli abbia offerto – pare – un rinnovo da 15mila sterline a settimana.

Ovvero sia poco meno di un milione di euro l’anno.

CARATTERISTICHE

Come facilmente intuibile dal titolo c’è chi paragona Paul Pogba a Patrick Vieira.

E nel guardare questo colosso d’ebano viene facile capire perché: fisico importante, potenza muscolare, ruolo simile.

La verità, però, è che troppo spesso questi paragoni vengono fatti in maniera superficiale.

Esattamente come in questo caso.

Perché Vieira era giocatore piuttosto completo che sapeva alternare bene le due fasi. Ma che, nel complesso, era, potremmo dire, un mediano molto tecnico con capacità d’inserimento.

In questo senso, invece, Pogba è ben altro tipo di giocatore.

E quindi se entrambi, per semplificare, possono essere definiti “centrocampisti centrali” è altrettanto vero che ci sono due differenziazioni importanti da sottolineare, che fanno saltare il banco a chi azzarda paragoni superficiali: posizione e propensione.

Perché se il collocamento, appunto, è da centrocampista centrale la posizione è più avanzata rispetto a quella occupata da Vieira.

Per non parlare poi della propensione: perché Pogba è giocatore con una gran bella tecnica di base che non disdegna qualche buon dribbling e che soprattutto ama supportare con continuità la fase offensiva della propria squadra.

In più, nonostante l’altezza, si tratta di un giocatore che ha qualche numero interessante palla al piede nella propria faretra ed un calcio che sembra essere più potente e preciso di quello dell’ex Milan, Arsenal, Juventus ed Inter.

Insomma tecnica, rapidità nel gioco di gambe inusuale in un giocatore col suo fisico, forza, potenza, discreta visione di gioco, propensione ad offendere.

Tutte caratteristiche che ne fanno un centrocampista temibile e, soprattutto, un giovane dal potenziale più che interessante.

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE

Per sapere dove potrà arrivare Paul Pogba dovremmo essere degli indovini.

Perché è già capitato in passato di vedere giocatori di 18/19 anni con un potenziale adatto ad imporsi a livello mondiale perdersi poi in un bicchier d’acqua, compiendo una carriera molto al di sotto delle proprie possibilità.

Nel calcio come nella vita, però, chi non risica non rosica.

E se Ferguson se ne è innamorato tanto da portare lo United a presentargli un’offerta faraonica (a maggior ragione se pensiamo al fatto che non ha ancora nemmeno esordito dal primo minuto in prima squadra) e Paratici è disposto a dichiarare guerra allo United è perché questo giocatore ha effettivamente potenzialità importanti.

Avendo la possibilità di acquistarlo a zero, quindi, è un colpo che qualsiasi società al mondo dovrebbe provare a fare.

Perché sì, l’impressione è di essere di fronte ad un giocatore con le potenzialità per essere uno dei migliori centrocampisti della sua generazione.

Assomigliando, in questo sì, a Patrick Vieira.

________________________________________________________________

Profilo Twitter personale: https://twitter.com/#!/Mahor17
Profilo Twitter blog: https://twitter.com/#!/sciabolatablog
Pagina Facebook blog: https://www.facebook.com/sciabolatamorbida

Read Full Post »

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
________________________________________________________________

Nome: Serge Aurier
Data di nascita: 24 dicembre 1992
Luogo di nascita: Abidjan (Costa d’Avorio)
Nazionalità: ivoriana, francese
Altezza: 174 centimetri
Peso: 75 chilogrammi
Ruolo: terzino
Club: RC Lens
Scadenza contratto: 30 giugno 2015
Valutazione: 5.000.000 euro

CARRIERA

Nato il giorno della vigilia di Natale di diciannove anni fa in quel di Abidjan Serge è cresciuto nel Villepinte, piccolo club di un paesino ad una mezz’ora dal centro di Parigi.

Cresciuto come centrocampista difensivo, passa al Lens – in compagnia del fratello Christopher, di un anno più giovane – nel 2005.
Coi Sang et Or si toglie da subito diverse soddisfazioni, ben prima di esordire tra i professionisti.

Nelle giovanili del suo nuovo club, infatti, diventa vice-campione nazionale under16 prima e si laurea campione di Francia under18 poi.
Il tutto prima di passare nella squadra riserve, dove diventerà subito capitano.

Proprio le prestazioni che farà segnare nella squadra riserve gli permetteranno di guadagnarsi il suo primo contratto da pro, firmato nel giugno del 2009.

Alla fine di quell’anno, quindi, l’esordio ufficiale, arrivato giusto due giorni prima di compiere 17 anni.

In quel match, disputato contro il St. Etienne, si trova catapultato titolare per via della squalifica di Marco Ramos e, opposto a Dmitri Payet, inizia mostrando qualche difficoltà di tenuta del campo.
Col passare dei minuti, però, la tensione si scioglie e lui acquista fiducia, chiudendo discretamente la partita.

La sua seconda presenza tra i professionisti andrà quindi ancora meglio. Nel “Derby du Nord” contro il Lille, infatti, Serge dimostrerà già una grande maturità e terminerà la partita tra gli applausi dei suoi tifosi. Non solo: le statistiche a fine match dimostreranno la sua totale nonchalanche. Con sessantanove palloni toccati, infatti, Aurier si dimostrerà essere il secondo giocatore più attivo del match, dietro Franck Beria.

A fine stagione, quindi, arriverà una doppia soddisfazione per il ragazzo. Che da una parte riceverà la tanto agognata doppia cittadinanza, e che dall’altra sarà votato come miglior giovane del suo club, vincendo così la “Gaillette d’Or”.

La stagione scorsa, quindi, Serge viene promosso a titolare praticamente indiscutibile, disputando così una trentina di match con la prima squadra.

La retrocessione in Ligue 2 della sua squadra non scoraggia comunque il ragazzo, che alla fine accetta di buon grado di restare al Lens (nonostante dichiari che per la sua crescita sarebbe stato meglio continuare a giocare in Ligue 1).

Le sue buone prestazioni attirano comunque subito una grande quantità di squadre che decidono di sondare il terreno, anche attratte dalla scadenza del suo contratto, posta a giugno 2012.

Per evitare di perdere a zero o comunque a due soldi uno dei migliori prodotti delle proprie giovanili, però, i dirigenti del Lens decidono di blindarlo, facendogli firmare un contratto che vede ora la scadenza, come riportato sopra, a giugno 2015.

Lazio, Fulham, Manchester City, Blackburn e Getafe (più tutti gli altri club che sicuramente si interesseranno a lui nei prossimi mesi) sono quindi avvisati. Per strapparlo alla squadra che l’ha cresciuto e fatto sbocciare ci vorrà sicuramente qualche milioncino sonante…
Diciamo che l’eventuale cessione il prossimo giugno partirebbe sicuramente da una base di sette o otto milioni…

Così dopo Varane – sbarcato in estate al Real – un altro giovane lensois è pronto a spiccare il volo verso il grande calcio…

E intanto si fregano le mani anche i tifosi della nazionale francese.
Perché quando Daniel Leclercq (circa 400 partite in maglia Sang et Or) disse, più o meno un anno fa, che Aurier avrebbe potuto finire col giocare il Mondiale 2014 in maglia Bleu lui, Serge, ha lasciato la porta assolutamente aperta a questa possibilità…

CARATTERISTICHE

La sua posizione naturale è quella di terzino destro, ma il suo tecnico, Jean-Louis Garcia, lo schiera anche, alla bisogna, sulla fascia di sinistra.

Non particolarmente alto, Serge è però piuttosto potente e molto esplosivo.

E proprio l’atletismo è il punto di forza di un giocatore che mostra invece qualche lacuna tattica, in particolar modo per ciò che riguarda la gestione della fase difensiva.

Piuttosto veloce e tecnicamente discreto, Aurier non disdegna di spingere sulla propria fascia sia palla al piede che per semplici sovrapposizioni. Così come, quando ne ha la possibilità, va alla conclusione con piacere.

Nel complesso, quindi, un giocatore dalle caratteristiche atletiche importanti, tecnicamente abbastanza dotato, già piuttosto pronto ad affrontare un campionato da professionista.

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE

Le potenzialità ci sono tutte. Le fondamenta su cui costruire un giocatore importante, insomma, ci sono tutte.

Bisogna comunque capire come saprà crescere, sotto un po’ tutti i punti di vista.

Innanzitutto quello atletico. Perché se è vero come è vero che proprio quello è il suo punto di forza bisogna anche dire che avendo solo diciotto anni potrebbe migliorare ulteriormente il suo rendimento, crescendo.

A quel punto poco da fare: saremmo di fronte ad un giocatore atleticamente dominante.

Poi quello tattico. Che, come detto, è attualmente un po’ il suo piccolo punto debole.

Intendiamoci, non che non sappia come muoversi in campo. Ma in alcune circostanze ho potuto notare (dalla tv però, per un giudizio più completo bisognerebbe osservarlo dallo stadio) come si perda un pochino via.

In questo senso potrebbe essere fondamentale per lui un eventuale approdo in Italia. Dove avrebbe sicuramente difficoltà di adattamento , visto il tatticismo estremo che permea il nostro calcio. Ma dove, altresì, potrebbe davvero crescere tantissimo in quello che è, appunto, il suo punto debole.

Insomma, giocatore da seguire sicuramente con attenzione. E chissà mai che in futuro non diventi quel mezzo fenomeno che diventava puntualmente in ogni partita di Football Manager 2011…

Read Full Post »

Older Posts »

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: