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Archive for aprile 2014

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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Ho una sensazione. Che potrebbe essere sbagliata, per carità, ma mi sinistramente concreta: Carlo Ancelotti è un allenatore tutto sommato sottovalutato.

Intendiamoci, non dal sottoscritto. Ma l’impressione che in molti non riconoscano il vero valore di questo allenatore c’è, ed è pure forte.

Nel tempo su di lui ho letto e mi è stato detto di tutto: che non fosse un grande allenatore, che non faccia giocare bene le sue squadre, che sia un “mollo”… fino ad arrivare a stasera, quando qualcuno mi ha risposto dicendomi che con una coppia da 200 milioni come Ronaldo e Bale è facile vincere (e per l’amor di Dio, sicuramente aiuta… ma sono i discorsi che si fanno sempre e che si sono spesi in passato anche per Guardiola, Mourinho, ecc).

Eppure mister Carlo Ancelotti ha una carriera ed una bacheca da fare invidia.

Smesso di giocare iniziò come vice di Sacchi in Nazionale. Quella Nazionale che, come molti ricorderanno, si classificò al secondo posto nei Mondiali americani.

Al primo anno da “titolare”, sulla panchina della Reggiana, fece subito capire di che pasta era fatto: quarto posto e relativa promozione in Serie A.

Un po’ tutti i dirigenti d’Italia hanno però già capito che Ancelotti ha la stoffa del grande allenatore. Così se lo accaparra subito il Parma. Alla seconda stagione da allenatore centra subito il secondo posto. In quella successiva arriva invece quinto, disputando comunque la sua prima Champions League.

Si capisce comunque che è già pronto per un grande club.

Dopo due anni di Parma si prende una pausa, probabilmente in attesa della grande occasione. Che arriva puntualmente nel febbraio del 1999, quando la Juventus caccia Lippi ed affida proprio a lui la panchina. La situazione in campionato risulta irrimediabile, in Champions invece sfiora la finale fermandosi solo contro il Manchester United poi – rocambolescamente – campione.

Passa quindi due stagioni complete a Torino, raccogliendo, nel complesso, il maggior numero dei punti in Serie A in quel biennio. Il tutto però non gli basta a vincere nulla, se non una Coppa Intertoto. In campionato arrivano infatti prima la beffa di Perugia, col titolo che finisce alla Lazio, poi il secondo posto ai danni della Roma, che ne sancisce definitivamente il divorzio da un ambiente con cui Carlo sembrò comunque non legare tantissimo.

Così nel novembre del 2001 altro ingaggio in corsa, questa volta al Milan. Subentra a Terim e a fine stagione suggella un quarto posto che vale i preliminari di Champions. Coppa poi vinta l’anno successivo proprio contro la sua ex Juve. Stagione questa che verrà ricordata anche per la definitiva consacrazione di Pirlo a regista davanti alla difesa, oltre che per la vittoria della Coppa Italia.

In sette anni e mezzo di Milan Ancelotti vinse quindi un campionato, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana, due Champions League, due Supercoppe Europee ed una Intercontinentale, costruendo per altro una delle migliori squadre viste in quel periodo a livello globale (cosa di cui molti si sono dimenticati).

Il primo giugno del 2009 sancisce quindi una svolta nella vita professionale di Ancelotti, che sbarca al Chelsea. Qui nel giro di due anni centra un primo ed un secondo posto, vincendo anche una Community Shield ed una sempre prestigiosissima FA Cup.

Il 30 dicembre 2011 prende quindi il posto di Kombouaré sulla panchina del ricchissimo PSG. Perde sì il primo campionato, a discapito del sorprendentissimo Montpellier, ma vince il secondo. Certo, impresa banale, volendo. Ma nel calcio non c’è nulla di scontato.

Forse proprio il suo passaggio in Francia, con qualche chiaro scuro, rinfocola gli animi di chi non ha mai ben digerito la sua “statura”, e così le critiche aumentano e si legge qualche “allenatore finito” qua e là.

A riprova di questo ecco il suo passaggio, nel giugno scorso, al Real Madrid. Che dopo tre semifinali consecutive ha bisogno di sfatare questo psicodramma. Potendo, fosse possibile, arrivare alla “Decima” Coppa dei Campioni della propria storia.

E beh, l’impatto è subito devastante.

Ancelotti mette a tacere tutti (tranne quelli che per giustificare le loro idee parlano dei campioni a disposizione, ma del resto con delle pippe a pedali non ci vincerebbe nemmeno un Santo) ed estrae dal cilindro una stagione con i controfiocchi.

Intendiamoci, scrivo questo pezzo che tutto è ancora in gioco. Ancelotti potrebbe centrare subito un magnifico Triplete come, invece, chiudere con la sola Coppa del Re in tasca. Però la sua stagione non può che considerarsi positivissima già oggi.

Giusto per curiosità mi sono andato a rivedere un po’ l’andamento degli ultimi mister prima di lui alla loro prima stagione alla Casa Blanca. Condivido quindi con voi quanto ne è emerso, giusto per provare a fare una sorta di parallelo con quanto sta riuscendo ad Ancelotti.

Nel 1996/1997 Capello sbarcò a Madrid per aprire un ciclo. Vinse la Liga ed uscì agli ottavi di Coppa del Re. Ciò non bastò però a riconfermarlo: troppo scarno di spettacolo il suo gioco per poter essere gradito alla platea dal Bernabeu.

Il suo posto fu quindi preso da Jupp Heynckes, che portò subito in dote la vittoria della Champions League (e della Supercoppa di Spagna). In campionato però il Real finì quarto, uscendo ancora una volta agli ottavi di Coppa del Re. Nemmeno lui fu confermato.

Il 1998 vide cadere la scelta su quel volpone di Hiddink, che venne però esonerato. Al suo posto finì Toschak, capace di saltare nella prima metà della stagione successiva.

Qui, l’arrivo di Del Bosque. Che nel suo primo pezzo di esperienza trascinò la squadra fino a centrare la Champions. In Spagna però le cose andarono male, con i quarti di coppa ed un misero quinto posto nella Liga.

Un bottino anche peggiore a quello di Heynckes, che gli valse però la conferma. Così alla prima stagione disputata per intero Del Bosque vinse sì la Liga, ma perse le finali di Supercoppa Europea e di Intercontinentale, fermandosi al primo turno di Coppa del Re e venendo eliminato nelle semifinali di Champions.

Per trovare un nuovo esordiente su questa panchina dobbiamo quindi spingerci al 2003, quando il timone passò nelle mani di Queiroz. Il quale vinse la Supercoppa di Spagna. E basta. Battuto in finale di Coppa del Re, fuori ai quarti di Champions, quarto in campionato.

La stagione successiva vide quindi alternarsi tre allenatori: saltati Camacho e Remon la stagione fu condotta in porto da Luxemburgo, a sua volta esonerato dopo quattordici giornate del campionato successivo.

Nel 2006 nuova “prima”, in qualche modo, di Capello. Che a dieci anni di distanza trovò una squadra piuttosto diversa rispetto a quella che lasciò alla fine degli anni novanta. Nonostante questo si confermò campione della Liga, uscendo però agli ottavi sia nella coppa nazionale che in Champions.

Stagione bissata perfettamente da Schuster l’anno successivo, con in più, però, l’aggravante di aver perso la Supercoppa nazionale.

Nella stagione 2008/2009 sbarcò quindi a Madrid, ma solo a partire dalla decima giornata, Juande Ramos: secondo nella Liga, fuori agli ottavi di Champions e ai sedicesimi di Coppa del Re. Esattamente il bottino raggranellato da Pellegrini la stagione successiva.

Nel 2010, quindi, lo sbarco dell’Alieno Mourinho. Che al suo primo anno non fece né bene né male. Evitando però una stagione da zeru tituli solo grazie alla coppa spagnola, con la squadra fermata al secondo posto in campionato ed in semifinale nella massima competizione europea.

E Ancelotti? Come detto dopo aver messo in bacheca la Coppa del Re eccolo arrivare in finale di Champions (risultato che mancava da una dozzina d’anni) e a giocarsi la Liga con Atletico Madrid e Barcellona. Ricordo infatti che il Real si trova al terzo posto a sei punti dai cugini, ma con una partita in più da disputare. Virtualmente, quindi, l’Atletico decide del proprio futuro. Ma l’aggancio in vetta è lontano un solo passo falso compiuto dai Colchoneros…

Insomma, difficile forse che Ancelotti riesca a centrare un Triplete che avrebbe davvero un sapore storico. Però altrettanto vero e concreto che la stagione compiuta dal mister di Reggiolo e dal suo Real è qualcosa comunque di notevolissimo.

Da un punto di vista del gioco, poi, non si può forse dire che il Madrid sia la squadra più spettacolare al mondo. Ma il suo gioco, sicuramente abbastanza essenziale, è comunque un buon mix di difensivismo e fase offensiva. Non un puro e semplice Catenaccio.

Certo, il suo Milan, fatto da grandi palleggiatori, era capace di ben altro. Ma del resto anche quel meccanismo venne assemblato col tempo. E forse chissà, i giocatori oggi a sua disposizione non gli daranno nemmeno mai la possibilità di ricostruire un gioco corale così sopraffino come fu in Rossonero.

Molto più individualista, questo Real ha comunque i tratti somatici della grande squadra. E l’eventuale “Decima” potrebbe suggellarlo, andando ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, a zittire e smentire i soliti “criticoni”…

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Il match andato in scena ieri sera al Vicente Calderon di Madrid ha sortito reazioni quasi unanimi dal pubblico calciofilo italiano: noia, noia, noia. Profondissima noia.

Eppure strano che proprio dalla patria del Catenaccio per eccellenza possano levarsi critiche così sperticate nei confronti di questo sistema di gioco (che meriterebbe un discorso tutto per sé). Ma evidentemente un po’ l’odio latente nei confronti di Mourinho ed un po’ la nuova rivoluzione catalana, con tanto di tiki-taka e possesso palla estremo, stanno portando a modificare un po’ la visione delle cose anche nel Belpaese.

Mourinho che imposta la partita con il chiaro intento di non prenderle, per nessun motivo al mondo. Abbandonando Fernando Torres a sé stesso e schierando 9 giocatori fissi dietro al pallone. Più il portiere, ovviamente.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/458686227106258945

Ed è proprio la questione portiere a marcare ulteriormente l’intento del tecnico lusitano. A metà del primo tempo, infatti, Cech si fa male ad un braccio, ed è rimpiazzato da nonno Schwarzer. Un motivo in più per pensare solo alla difesa strenua.

Così Mourinho decide di rimettere in scena l’epica battaglia di Fort Alamo.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/458697915947827200

La squadra è virtualmente schierata col 4-3-3, con Ramires e Willian ali a teorico supporto dell’unica punta Torres. Ed un centrocampo fatto da due incontristi puri più il buon Lampard, sempre ben disposto a sacrificarsi per la squadra.

Nel concreto, quindi, il Chelsea si trova a giocare con una sorta di 6-3-1: la difesa si stringe, con i due centrali praticamente appaiati e, subito al loro fianco, i terzini. Una specie di muraglia a difesa centrale dell’area piccola.

La cosa ovviamente lascerebbe molto spazio ai giocatori di fascia Colchoneros, che sono quindi contrati proprio dalle due ali. Che così si trasformano in fluidificanti, praticamente. E spesso si trovano, col possesso saldamente in mano agli avversari, a giocare da terzini effettivi, con Azpilicueta e Cole che si trasformano in centrali aggiunti a supporto di Terry e Cahill.

Non solo. A questa linea di sei uomini Mourinho ne pone un’altra di tre (i centrocampisti, appunto), a schermo tra la trequarti e la linea dell’area. Una duplice linea Maginot, una Fort Alamo in chiave lusitanolondinese.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/458701909482684416

Che regge fino alla fine, anche nonostante gli infortuni del già citato Cech e soprattutto di John Terry, che costringe Mourinho a rivedere un po’ le cose: dentro Schurrle, Ramires scalato mezz’ala, David Luiz scalato centrale di difesa. Con buona pace di Kalas ed Aké, evidentemente troppo giovani ed inesperti per reggere in un contesto di questo tipo.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/458704964890554368

Così come in una proprietà commutativa riletta in chiave calcistica pur cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Che ci sia Terry o Schurrle poco cambia. Il piano di Mourinho è ben studiato e soprattutto interpretato alla perfezione, come una poesia studiata a memoria, dai giocatori in Blues.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/458708113843974145

Questa è una riflessione semplice. Il tipo di gioco espresso ieri dal Chelsea – e molte altre volte da Mourinho – ha sempre avuto un nome chiaro, preciso, circostanziato. Almeno nella nostra lingua (diventando però poi molto usato anche all’estero): Catenaccio.

Ecco, perfetto. Usiamo questo nome sempre, anche quando ad applicare questo approccio al match è Mourinho. Che capisco abbia un alone di mito attorno a sé, ma non c’è nulla di male nell’utilizzare il Catenaccio. Tantomeno nel chiamarlo così. Col suo nome.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/458708226117099523

Ieri, a prescindere dalle dichiarazioni post match, è stato chiaro come Mou fosse sceso in campo per non prenderle. Per difendere lo 0 a 0. E poi, fosse capitata l’occasione, per provare a graffiare con qualche sortita sparuta.

Gli infortuni hanno ovviamente complicato ulteriormente i piani dell’allenatore lusitano, che immagino non abbia mai dato l’ordine di mollare, anche per un solo secondo, le posizioni difensive prestabilite.

Ora però in vista del ritorno dovrà studiare qualcosa di diverso: se è vero che l’Atletico Madrid ha difficoltà ad attaccare un Catenaccio strenuo come quello di ieri (ma del resto, chi non ne ha?) e si trova comunque meglio dovendo gestire meno di quanto fatto ieri il possesso, è altrettanto vero che il Chelsea con uno 0 a 0 porterebbe la partita ai supplementari e poi ai rigori, rischiando di uscire di fronte al proprio pubblico.

Nel contempo, però, Mourinho sa bene di non poter nemmeno caricare a testa bassa: un pareggio con goal prevedrebbe l’eliminazione diretta del Chelsea.

Quindi?

Quindi immagino che il Chelsea non partirà forte. Cercherà di lasciare ancora spazio all’Atletico, chiudendolo nella propria rete difensiva. Per poi, un po’ come nel ritorno contro il PSG, crescere di intensità lungo l’arco dei novanta minuti. Fino all’eventuale assalto finale.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/458708513754083329

Ci sono stati alcuni giocatori che, in un match certo non spettacolare, si sono comunque elevati rispetto alla massa.

Ad esempio i due terzini spagnoli, in particolare Juanfran. Autori di una prova e di una pressione offensiva molto costante. O ancora Diego, che in più di un’occasione ha provato a sparigliare le carte sul tavolo puntando frontalmente l’area avversaria e cercando la conclusione da fuori. O ancora Terry, attento fino al momento della sua uscita dal campo. O Willian, impiegato in un ruolo fondamentalmente non suo, ma impeccabile lungo tutto il corso dei novanta minuti.

Il mio MVP però è nettamente Cahill, un difensore che nel corso dei mesi sta guadagnando sicurezza ed è ormai una certezza al centro della difesa Blues. Sicuramente uno dei migliori centrali al mondo oggi, per rendimento. Un giocatore con cui dovrà fare i conti la nostra Nazionale, che proprio l’Inghilterra si troverà ad affrontare in terra di Brasile…

https://twitter.com/sciabolatablog/status/458708645434245120

Come dicevo, Mourinho ha costruito una doppia diga di fronte al proprio portiere. Rendendo praticamente inaccessibili gli ultimi trenta metri.

Ovvio, il pallone in area è stato buttato più volte, ma le torri inglesi hanno praticamente sempre avuto buon gioco. Non solo. Diverse conclusioni sono state portate verso la porta Blues. Ma o da distanza proibitiva, o con una pressione tale per cui fosse difficile indirizzare il pallone imparabilmente.

Praticamente con il Catenaccio fondamentalmente perfetto messo in campo dal Chelsea ieri sera i londinesi hanno tolto 25-30 metri di campo ai Colchoneros. I più importanti. Che si sono trovati monchi, incapaci di concretizzare il tanto lavoro fatto da terzini, centrocampisti e ali.

Diego Costa è rimasto impantanato nelle sabbie mobili dell’area di rigore, Raul Garcia ha provato inutilmente a spalleggiarlo, Diego ha cercato qualche inoffensiva sortita solitaria, Koke non è riuscito a bucare, Arda Turan è entrato nella ripresa dando una scarica elettrica, risoltasi però in un nulla di fatto.

E il capolavoro di Mourinho – perché il Catenaccio può non piacere, ma se fatto bene e ti aiuta ad ottenere ciò che vuoi resta un capolavoro – si è compiuto.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/458708777089249280

Critiche particolari all’Atletico e a Simeone non ne farei. Anche il Barcellona di Guardiola – per molti, lo ricordo, miglior squadra di sempre – andò in crisi contro il Catenaccio dell’Inter di Mourinho. E quel Barcellona era NOTEVOLMENTE più forte di questo Atletico.

I Colchoneros hanno fatto quello che potevano: giocando contro un avversario assolutamente remissivo non potevano che provare a fare il match. Si sono però trovati contro una fase difensiva praticamente inespugnabile. E nonostante i tantissimi tentativi (leggevo ieri, se non erro 29 tiri totali verso la porta avversaria) hanno dovuto alzare bandiera bianca.

Qualcuno mi ha detto anche di Villa. Beh, non credo sia stato un problema di uomini. Ieri anche Messi e Ronaldo avrebbero faticato.

Simeone e i suoi hanno fatto quanto era nelle loro possibilità.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/458708873486925825

Di fronte al proprio pubblico, ovviamente, la squadra favorita sarà il Chelsea. Però occhio. Tra assenze e duplice risultato favorevole all’Atletico i Colchoneros sono tutt’altro che spacciati…

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A sette giorni dal match dell’under 16 visto a Palazzolo, ieri mi sono recato a Borgomanero per poter rimirare coi miei occhi i ragazzi dell’under 18 impegnati in amichevole contro i parietà svizzeri.

Due sono subito state le cose che mi sono saltate all’occhio: l’assenza, ovviamente ampiamente preventivata, di Simone Scuffet e di Alberto Cerri (cui ho scritto ne La carica dei 201).

I due, del resto, hanno ormai abbandonato il giro dei classe 96, la loro classe, per andare a giocare sottoetà ad un livello più alto: il primo ha chance di fare il terzo portiere al Mondiale (in ballottaggio con un altro giovane, Mattia Perin), il secondo è invece aggregato all’under 19, che sempre ieri, ma a Ginevra, ha battuto 4 a 2 proprio la Svizzera (con un suo goal, per altro).

Nonostante queste due assenze, sicuramente non da poco, la nostra under 18 ha saputo imporsi senza alcun patema sugli avversari, in una partita comunque non particolarmente spettacolare.

In questo senso, di certo, la Svizzera non ha aiutato gli Azzurrini: poca roba, almeno vista ieri, la squadra allenata da Heinz Moser. Giropalla discreto e poco più, con sterilità offensiva assoluta e non una eccezionale solidità dietro.

Sicuramente meglio, quindi, i nostri giovani portacolori, che si sono imposti per due a zero non a caso.

A realizzare i goal della vittoria sono stati Mastalli e Bentivenga.

Il primo segna in apertura, attorno al dodicesimo: l’arbitro dell’incontro, il signor Colosimo di Torino, non fischia un fallo evidente su Steffè. La decisione è però felice: il vantaggio permette all’Italia di giocare, e proprio il numero 11 Azzurro calcia alla grande poco oltre il limite, bucando senza appello Fabian Fellmann.

Nella ripresa è invece il talentino scuola Palermo a griffare e chiudere il match, andando a coronare un bel recupero con tanto di slalom degno di Tomba e, saltato il portiere, deposita in rete.

Ma veniamo ai singoli.

In porta si alternano il novarese Lorenzo Montipò ed il friulano Alex Meret, unico sottoetà presente tra i 27 del match.

Il primo, nonostante abbia già esordito tra i pro, mette in mostra alcune incertezze, che potrebbero costare caro alla nostra Nazionale. In una, in particolare, solo un recupero last second del capitano, Capradossi, evita il goal della Svizzera. Il secondo invece è assolutamente ingiudicabile, non avendo praticamente fatto una parata.

Come terzino destro si disimpegna invece Michele Troiani del Chievo Verona. Giocatore che disputa un match molto ordinato, provando a contenere le avanzate svizzere, con gli elvetici più vivi dalla sua parte piuttosto che sull’out opposto. Una partita sicuramente sufficiente per lui, che gioca senza strafare.

Sull’out opposto gioca invece il napoletano Armando Anastasio, terzino di cui si dice un gran bene nell’ambiente ma che ieri evidentemente non era particolarmente ispirato, non avendo giocato un match particolarmente brillante. Anche lui, comunque, limita abbastanza le sbavature in fase difensiva.

I due centrali titolari sono invece Sebastiano Luperto ed il già citato capitano, il romanista Elio Capradossi. Grande protagonista agli scorsi Europei under 17, il ragazzo nativo di Kampala, tanto quanto il suo compagno di reparto, non è sollecitato con grandissima continuità dagli avanti svizzeri, ma si fa comunque trovare più o meno sempre pronto e attento alla bisogna. Giocatore, l’italougandese, che spero possa crescere bene, avendo mezzi importanti.

Gli esterni di centrocampo sono invece Alessandro Mastalli e Vittorio Parigini. Il primo segna il goal dell’1 a 0, come detto, e disputa una partita attenta in fase di non possesso. Il secondo invece dà subito l’idea, con un paio di fiammate, di poter spaccare la partita e dominare la sua fascia di competenza. Poi, però, si spegne subito, limitandosi al compitino e poco più.

I miei due migliori in campo, quindi, risultano essere i centrali di centrocampo, Alessandro Murgia e Demetrio Steffè.
Il primo fa l’uomo d’ordine e cerca di far girare tutta la squadra. In fase di possesso si schiaccia tantissimo, arrivando a scalare in linea coi due centrali per una vera e propria linea a tre di difesa. Ponendosi come centrale, facendo da lì ripartire l’azione, con Lupero e Capradossi che si allargano ed i due terzini che possono salire di qualche metro con più tranquillità.
Il secondo è invece instancabile, corre, lotta, pressa e non pecca comunque in qualità, con giocate semplici ma efficaci.

Male, invece, le due punte titolari. Tra questi un po’ meglio il doriano Edoardo Oneto, che prova a dare un briciolo di vivacità all’attacco. Gara da cinque pieno, invece, quella disputata dall’empolese Alessandro Piu, che fatica a trovare le misure ai propri avversari e finisce col giocare una partita assolutamente sottotono.

Tra i subentrati nella ripresa, detto di Meret, ben impressionano Accursio Bentivenga, Pierluigi Cappelluzzo e Antonio Romano.

I primi due danno un po’ più di vivacità e concretezza all’attacco, con la punta palermitana che, come detto, sigla la rete del 2 a 0.
Il terzo si piazza invece a centrocampo, dà qualità alla manovra e rischia anche di trovare il goal con un bel mancino da fuori.

Mi ha invece deluso un po’ Gennaro Tutino. L’ala napoletana, che tanto bene sta facendo in Primavera, è entrato nel corso della ripresa senza però riuscire minimamente ad incidere.

Nel complesso, come detto, spettacolo sinceramente non di altissimo livello quello visto a Borgomanero. Ma resta sempre un bel pomeriggio di calcio…

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L’esposizione mediatica di Mauro Icardi è stata sicuramente eccessiva, nell’ultimo periodo. La cosa realmente triste, che fa capire quanto sia arretrata la cultura sportiva del nostro paese, è che di lui si è parlato quasi esclusivamente per le ben note vicende extra campo. Come se il calcio, ormai, sia diventato un surplus nella vita di un giocatore.

Eppure Mauro Icardi è tutto fuorché un brutto giocatore, almeno secondo chi scrive.

A dirlo sono anche i numeri: nell’intera storia dell’Inter solo il grande Meazza e l’ottimo Angellilo ebbero una media goal migliore, a 21 anni. Pareggiata, invece, quella del mitico Sandro Mazzola.

Insomma, notevole.

Di Icardi ho parlato lo scorso anno anche nel mio libro, La carica dei 201.

Questo ciò che pensavo e scrissi di lui:

icardi

Insomma, una pietra abbastanza solida su cui poter provare a costruire il futuro della squadra, che con l’arrivo di Thohir ha iniziato una rifondazione a tutto tondo che, ovviamente, deve necessariamente passare anche dal campo.

Se da un punto di vista tecnico non discuto il giocatore, però, ci sono altri aspetti che mi lasciano perplesso.

Solitamente si dice che un campione non può essere tale se non accompagna talento e prestazioni a comportamenti adeguati. Cosa che ad oggi, è inutile nascondersi dietro ad un dito, Mauro Icardi non fa.

L’eccessiva esposizione mediatica di cui parlavo, del resto, è proprio lui a cercarsela. Con un uso smodato, e piuttosto bambinesco, dei social network.

Attenzione, io non sono tra chi crede che i giocatori di calcio non dovrebbero usare i social network. E che i loro eventuali profili dovrebbero essere dati in gestione ad agenzie di comunicazione, così che nulla di evitabile possa essere pubblicato.

Credo sia anzi bello che i calciatori, oggi, possano creare canali di comunicazione diretti coi propri tifosi.

Però, questo senz’altro, bisogna anche usare un minimo di intelligenza, tale per cui non si creino problemi come quelli che invece Icardi ha, a mio avviso, creato.

Un esempio, sicuramente più estremo del suo, è quello di Balotelli. Che oltre ad averne combinate di ogni in carriera, ora fa spesso discutere di sé per tweet poco consoni.

Al tempo stesso, senza voler giudicare la vicenda Maxi-Wanda-Icardi, è palese come l’uso smodato (e fanciullesco, appunto) che Mauro fa dei suoi profili social sia incontrollato e dannoso.

Ovviamente la risposta a queste osservazioni, immancabile, arriva puntuale: “E’ un ragazzo, maturerà”.

Certo. Il problema, che evidentemente molti non capiscono (in primis i giocatori), è che quando sei un calciatore professionista e guadagni quel che guadagni non ti puoi permettere di non essere maturo. Non puoi permetterti di non tenere regole di comportamento standard che non nuociano a te, alla tua società e all’ambiente in generale.

Insomma, penso che Icardi sia un ottimo giovane, dal futuro sicuramente roseo. Ecco, forse dire che è già oggi un mix di Vieri e Batistuta richiederebbe un test dei livelli di alcool nel sangue immediato, ma è altrettanto vero che le prospettive sono quelle di avere un bomber di sicuro rendimento per il futuro.

Nel contempo, però, è anche ora di crescere. O il rischio di rimanere l’eterno adolescente troppo impegnato nel dilettarsi coi selfie o a urlare ai quattro venti l’amore per la propria donna potrebbe presto diventare una triste realtà…

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La classe 1998 del Milan merita un pezzo tutto per sé, da un appassionatissimo di calcio giovanile come il sottoscritto.

Anche nel recentissimo (giocato tra venerdì e sabato) torneo di Madrid in memoria di Luis Aragones, infatti, i ragazzi di mister Brocchi hanno messo in mostra le loro grandi capacità, già ampiamente mostrate nel corso di questo campionato.

Week-end tutto sommato positivo, per loro. Che nonostante si trovano a perdere la finale del Memorial in onore dell’ex C.T. della Spagna, tornano in Italia con due vittorie importanti contro Atletico e Barcellona, e soprattutto la consapevolezza di aver vinto il proprio girone di campionato grazie alla sconfitta interista con il Lumezzane.

Ma andiamo con ordine.

Al torneo madrileno il Milan viene inserito nel gruppo con Atletico Madrid ed Alcobendas. I primi vengono battuti agevolmente 3 a 1, i secondi fanno penare un pochino di più i Rossoneri, che però alla fine si impongono.

In semifinale è quindi la volta del Barcellona. Che passa in svantaggio ma poi mette in mostra più qualità dei rivali. Alla fine le due squadre devono giocarsela ai rigori, e qui esce la maggior freddezza milanista.

L’ultimo atto dovrebbe poter essere una formalità, contro i già battutti Colchoneros. Invece la partita è tirata. La stanchezza (quarta partita in due giorni) probabilmente si fa anche sentire. Ne esce un 1 a 0 tirato per i madridisti, che come puntano schierano quel Salomon Obama di cui ho raccontato ne La carica dei 201, quando ancora nessuno oltre me (su questo blog) ne aveva mai parlato prima, in Italia.

Ma scendiamo un po’ più nel concreto di quanto i giovani Rossoneri hanno mostrato in quel di Madrid. Partendo dai portieri.

L’impressione migliore me l’ha data sicuramente Francesco Fabio Cancelli, che invece nel corso dell’Al Kass Cup che ero riuscito a seguire lo scorso gennaio mi aveva fatto una non buona impressione.
Intendiamoci, l’inizio è un po’ stentoreo. Ma poi si riprende alla grande. Mettendo in mostra una grande qualità nelle uscite, in special modo basse, e grandissima sicurezza (e tecnica) sui rigori. Nella semifinale contro il Barça, infatti, ne para ben quattro, anche se uno viene fatto ricalciare finendo in rete. La strada è quella giusta. Ma per un portiere è anche sempre particolarmente tortuosa.

Gianluigi Donnarumma ha invece il pregio di essere aggregato agli Allievi I/II Divisione pur sottoetà, essendo nato il 25 febbraio del 1999. Di lui posso dire poco. Prestazione senza infamia e senza lode. Sicuramente da rivedere.

Chi invece non mi ha destato grandissima impressione è stato Luca Crosta, che avrà comunque sicuramente modo di rifarsi. A sua parziale discolpa, il fatto di venire da un infortunio che ne aveva condizionato la preparazione nelle ultime settimane.
L’impressione è stata quella di trovarsi di fronte ad un giocatore sicuramente poco sicuro, che ha anche commesso un errore tecnico ad esempio in occasione del primo goal dell’Alcobendas. Il tempo, comunque, è dalla sua.

Prestazioni senza infamia né lode, passando alla difesa, per Marco Iudica. Buone indicazioni, ma me l’aspettavo, dal solito Andrea Malberti, che già avevo apprezzato nel già citato Al Kass Tournament oltre che in Nazionale under 16 giusto settimana scorsa, contro la Polonia. Giocatore attento e discretamente dotato tecnicamente, è sicuramente un capitale su cui la società Rossonera farebbe bene ad investire.

Bene, nel reparto arretrato, anche Michele Spinelli, puntuale in diverse chiusure, e Matteo Trentino, autore anche di una rete.

Infine ottima come sempre la prestazione dell’italospagnolo Andres Acuna Llamas, terzino sinistro anch’esso già nel giro della nazionale con un repertorio già molto completo: quasi mai in difficoltà in fase difensiva, spinta costante in transizione positiva. In più un bel goal in contropiede contro l’Atletico, dove ha messo in mostra tutta la sua forza e la sua esplosività.

Il dominatore senza se e senza ma del centrocampo è stato invece Niccolò Zanellato, già protagonista di una buona Al Kass Cup, e che personalmente fossi in Tedino terrei in considerazione anche in ottica Nazionale. Il ragazzo ha infatti un’ottima struttura fisica, cui abbina dinamismo e buona qualità. Tre i suoi goal nel corso del torneo, dove ha dominato nel gioco aereo le aree avversarie, ed un titolo di miglior centrocampista del Torneo che sicuramente lo ripaga delle belle prestazioni messe in mostra.

Buone cose le hanno messe in mostra anche i vari Raul Zucchetti, Federico De Piano, Mattia El Hilali e Cristian Hadziosmanovic. Che, chi più chi meno, hanno coadiuvato Zanellato nel reparto nevralgico del campo.

Non mi ha trasmesso nulla di che, invece, Abdou Diouf Ndiaye.

Per quello che riguarda il reparto offensivo, poi, complimenti da spargere un po’ su tutto il reparto, pur con parsimonia.

Cosimo Marco La Ferrara fa un gran goal contro l’Atletico Madrid. Punta esterna mobile e vivace, deve trovare però più continuità nel pungere efficacemente le difese avversarie.

Zakaria Hamadi e Mihael Modic hanno invece messo in evidenza il loro ottimo bagaglio di doti tecniche: controllo palla, dribbling, piede educato. Anche in questo caso però quello che si deve richiedere a questi due ragazzi è una maggiore incisività.

Marcello Jones l’ho visto poco per poterlo giudicare, mentre Juvenal Junior Agnero ha sì grandissime doti fisico-atletiche, ma da un punto di vista tecnico è una pepita assolutamente grezzissima e su cui bisognerà lavorare moltissimo onde riuscire a farne un giocatore di livello.

In tutto questo va comunque ricordato che non c’erano quelli che sono probabilmente indicabili come i tre migliori classe ’98 milanisti in assoluto: Patrick Cutrone, Manuel Locatelli ed il già celebratissimo nonché famosissimo Hachem Mastour.

Il primo è un attaccante di rango. Intelligente, essenziale, fiuto di primo livello. Non è andato a Madrid, ma in compenso ha giocato mezz’ora con la Primavera di mister Inzaghi.

Il secondo è invece un centrocampista molto completo, che però ho potuto vedere solo una volta con la maglia della Nazionale. Ma, ancora quattordicenne, mi impressionò moltissimo.

Il terzo lo conoscono tutti, e ne parlo anche nel mio libro. Gran funambolo. Però attenzione, non sempre i funamboli diventano giocatori di calcio! Anche qui ci sarà molto da lavorare, soprattutto da un punto di vista mentale. Perché tecnicamente il ragazzo c’è.

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E’ stato un bel match quello che ieri si è consumato ad Anfield. Una partita che ha visto il Liverpool imporsi sui diretti concorrenti del City, ancora non del tutto tagliati fuori dalla corsa al titolo, giusto nel giorno del ricordo della tragedia di Hillsborough.

Un match che io e l’amico Giovanni Armanini abbiamo vissuto e vi abbiamo voluto raccontare in diretta con i live di hangout, un’idea che mi ballava in testa da un po’ di tempo e che sicuramente riproporrò in futuro.

In questo senso diverse sono state le considerazioni interessanti  fatte, e chi volesse può recuperare il tutto su YouTube.

Primo tempo:

Secondo tempo:

Come al solito, poi, in chiusura di match ho fatto alcune tweet-considerazioni sullo stesso, che andrò a riprendere ed ampliare qui.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/455352803603783680

Ho cercato per almeno venti minuti lo splendido video in cui si sentiva bene Gerrard caricare i compagni a fine partita, dopo le iniziali lacrime per una vittoria che per lui, che perse un cugino nella tragedia di 25 anni fa, è valsa quanto per nessun altro dei propri compagni.

Così mentre in Italia si perde tempo a parlare degli psicodrammi tardo-adolescenziali della coppia Maxi Lopez – Icardi, in Inghilterra un grande Uomo e grande Campione trascinava la sua squadra ad una vittoria che potrebbe essere determinante ai fini del campionato, caricando poi i suoi compagni in vista del rush finale.

Ricordo che vidi giocare per la prima volta Gerrard che aveva solo vent’anni, in un match giocato da esterno destro. Lo vidi e me ne innamorai subito, per qualità e carattere. Il tempo mi ha dato ragione.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/455353713264427008

Coutinho sta giocando ad altissimo livello, da quando è sbarcato a Liverpool. Ieri ha toccato forse il suo apice.

Perché “dominare” IL match della stagione non è roba da tutti. Sicuramente nessuno, ai tempi di Milano, si sarebbe aspettato di vederlo esplodere così. Per di più giocando mezz’ala, cosa cui in Italia evidentemente chi avrebbe dovuto pensarci non arrivò a postulare.

Credo che a Milano farebbero bene a mangiarsi le mani. Perché acquistare Coutinho per una cifra relativamente bassa quando non era ancora maggiorenne fu una grande mossa di mercato. Peccato che poi un giocatore giovane devi capirlo e metterlo in condizione di rendere, sia da un punto di vista tecnico, che tattico, che – soprattutto – mentale.

In questo senso mi è piaciuto il commento di un amico sulla mia bacheca di Facebook:

cou

Coutinho ieri si è dimostrato giocatore di tutt’altra pasta, rispetto a quello che – non – abbiamo apprezzato a Milano. Mezz’ala a tutto campo in grado di dare quantità e qualità al gioco, corre e si sbatte per novanta minuti recuperando anche un buon numero di palloni. Per poi, sul finire di match, siglare anche la rete che condanna il Manchester City. E, soprattutto, fa fare un nuovo, deciso, passo verso l’imposizione finale al suo Liverpool.

Man of the match senza se e senza ma, pur senza scordare il grandissimo contributo dato dall’intramontabile Gerrard, ovviamente.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/455353810438078464

Come detto con Giovanni in live, il 2 a 0 maturato ad inizio match è stato più dovuto ad un approccio sbagliato del City, che non ad un eventuale dominio del Liverpool. Se i Reds sono infatti partiti bene ma senza strafare, il City è sceso in campo mantenendo un baricentro assolutamente troppo basso rispetto a quanto avrebbe dovuto.

In più, un paio di macroscopici errori difensivi hanno steso il tappeto rosso ai giocatori del Liverpool, che si sono facilmente portati in duplice vantaggio: dapprima Suarez si libera troppo facilmente sulla trequarti. Poi, pesca senza problemi Sterling, bravo a tagliare tra due difensori. Infine Hart esce solo a metà, e la stessa ala di origine giamaicana ha buon gioco nel realizzare l’1 a 0.

Il secondo goal arriva invece sugli sviluppi di un duplice calcio d’angolo: nel primo nessuno marca Gerrard, esattamente in mezzo all’area, all’altezza della linea dell’area piccola. Serve quindi un miracolo di Hart per tenere in piedi la baracca. Sul corner che ne nasce, invece, Skrtel taglia bene sul primo palo, senza che però nessuno lo contrasti efficacemente. Ancora una volta un giocatore del Liverpool ha libertà assoluta di colpire la sfera. Ed è il 2 a 0 comodo.

Una volta ristabilito il pareggio con un grande secondo tempo, poi, l’errore definitivo, quello che costa il match. Kompany sbuccia una palla facile facile in area. E regala proprio a Coutinho il goal della vittoria.

Che dire? Troppi errori per poter portare a casa un risutlato anche solo parzialmente positivo in una partita del genere. Ma è un peccato, per il City. Perché semplicemente il Liverpool fa un buon match ma, nel complesso, non merita i tre punti. E solo questi tanti e marchiani errori permettono ai Reds di strappare tre punti.

Un pareggio, a mio avviso, sarebbe stato un risultato più corretto (questo anche in nome del fatto che al City non vengono assegnati due rigori netti, uno per fallo in area di Sakho, l’altro per mani di Skrtel).

https://twitter.com/sciabolatablog/status/455353914037403648

Dicono sia una delle leggi fondamentali del calcio. Ed in effetti si concretizza piuttosto spesso.

Nel secondo tempo il Manchester City cambia completamente l’approccio al match, spostando di svariati metri in avanti il proprio baricentro. La squadra, più forte e qualitativa degli avversari, attacca più alta e con più uomini. Ed anche in fase di non possesso porta un pressing molto più avanzato, addirittura a ridosso dell’area avversaria.

Proprio questo atteggiamento schiaccia il Liverpool, che fatica a distendersi. E porta al 2 a 2 (anche un po’ fortunoso, in special modo sul secondo goal che è viziato da un tocco decisivo di Johnson alle spalle di Mignolet).

A questo punto il City avrebbe anche il colpo del K.O. tecnico, ma su un’imbucata da sinistra Silva arriva in ritardo, tocca sì la palla ma non quel tanto che basta a deviarla con decisione nella porta avversaria.

“Goal sbagliato, goal subito” è una regola quasi infallibile nel calcio. Di certo è valsa – anche – in questo caso. Poche azioni dopo il liscio di Kompany di cui parlavo, e il goal che spegne l’ardore Sky Blues sul più bello.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/455354032136400897

Da appassionato di calcio giovanile, Zabaleta lo conobbi ed apprezzai ben prima che sbarcasse a Manchester, più precisamente nel corso di un Mondiale under 20 giocato – e se non erro vinto – da capitano con la sua Argentina.

Già lì mise in mostra ottime doti: capace di correre su e più per la fascia per novanta minuti, è instancabile e qualitativamente più che discreto. Certo, non avrà la tecnica e l’incisività di un Cafu o un Maicon dei tempi belli, ma è sicuramente uno dei migliori terzini del momento.

Eppure di lui si parla sempre poco. E spesso è proprio questo a fare la differenza tra un buono ed un ottimo giocatore: la sua mediaticità.

Sono convinto, però, che chi di calcio ne capisce non potrà non apprezzare la semplice concretezza del suo gioco.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/455354173404741633

Certo, col senno del poi sono bravi tutti. Ma come ha potuto sentire o sentirà chi ha seguito il commento live in hangout, dissi subito che il cambio Aguero-Dzeko non mi convinceva. Non tanto in valore assoluto, essendo il primo un ottimo giocatore senza alcun dubbio, quanto in valore relativo. In una partita del genere, e a prescindere dal possibile terzo goal Reds, era logico aspettarsi che nel finire di partita ci potesse essere la necessità di avere una torre là davanti.

Cosa che si è puntualmente verificata.

Certo, non si può nemmeno fare una grossa colpa a Pellegrini, comunque. Se quella deviazione di Silva fosse entrata oggi staremmo probabilmente parlando di tutt’altro…

https://twitter.com/sciabolatablog/status/455354313670688769

https://twitter.com/sciabolatablog/status/455354393408573440

Come dicevo, alla fine a fare la differenza alla fine è stato l’approccio sbagliato al match da parte del City, e soprattutto quei tre, imperdonabili, errori in occasione dei goal.

Perché per il resto il Liverpool al netto di Gerrard e Coutinho non splende. Certo, per buona parte del primo tempo grande graniticità difensiva. Ma è pure facile, quando l’avversario praticamente rinuncia a giocare.

Davanti bene, come dico nel tweet, Sterling, soprattutto nel primo tempo. Ma Sturridge è poca roba (in questo match, benintesi) e Suarez fa molto meno di ciò che potrebbe, perso anche in un insensato nervosismo di cui è caduto vittima ieri.

Alla fine, comunque, è chi vince ad aver ragione. E per come sono andate le cose il Liverpool ha sicuramente di che fregarsi le mani!

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Scoperto che l’under 16 di Bruno Tedino avrebbe giocato a Palazzolo sull’Oglio (Brescia), ad un’ora e mezza di macchina da casa mia (che al ritorno causa traffico son diventate due), sono partito in spedizione con tre amici per godermi una bella giornata di calcio giovanile.

E, lo ammetto, per potermi godere da vicino due dei più fulgidi talenti del nostro calcio: Hachem Mastour (di cui ho parlato nel mio primo libro, La carica dei 201) e Patrick Cutrone (di cui parlerò nel mio secondo libro).

Purtroppo appena giunto al campo mi faccio consegnare una distinta e scopro – cosa che però avevo già immaginato, non vedendo il talentino ex Reggiana riscaldarsi coi compagni in campo – che non avrei potuto gustarmi le giocate di Mastour, acciaccato.

Preso posto in tribuna, giusto un paio di file sotto Giovanni Stroppa ed una fila sopra il D.S. Riccardo Guffanti e l’agente FIFA Dario Paolillo, mi sono quindi goduto i nostri ragazzi, che pur con qualche difficoltà iniziale sono riusciti a far di un sol boccone gli avversari.

Le squadre si schierano rispettivamente con un classico 4-4-2 all’italiana l’una, ed un più moderno e soprattutto europeo 4-2-3-1 l’altra.

Azzurrini che vedono quindi il torinista Cucchietti partire in difesa dei pali, con una linea difensiva composta, da destra a sinstra, dal barese Scalera, l’interista Mattioli ed i milanisti Malberti e Llamas. Centrocampo con l’ascolano Eleuteri, l’atalantino Melegoni (sottoetà), il romanista Bordin e l’interista Piscopo. Davanti, infine, bomber Cutrone a supporto del corazziere Scamacca (anch’esso sottoetà, ma dotato di un fisico over size rispetto ai suoi soli 15 anni).

Dal canto suo gli ospiti, allenati da mister Robert Wojcik, rispondono con Zynel in porta, Andrzejewski, Dzieciol, Prusaczyk ed Holownia in difesa, Dziczek e Bielik in mediana, Domanski, Adamczyk e Kaczmarczyk sulla trequarti ed il solo Listowski davanti.

Polonia che mette subito in mostra una discreta facilità nel far correre il pallone al centro del campo, con i nostri portacolori che inizialmente faticano un po’ a prendere le contromisure.

Così le prime due grosse chance sono proprio biancorosse: prima il numero 10 Adamczyk calcia in diagonale da fuori, colpendo un incrocio dei pali clamoroso. Poi una buona azione polacca porta Listowski a tu per tu col portiere, senza che la punta in forza alle giovanili del Pogon Szczecin riesca però ad avere la giusta freddezza per infilare la rete (va detto che il guardalinee aveva comunque ravvisato una posizione di fuorigioco da parte del numero 16 ospite).

Poi, dopo qualche manciata di minuti necessaria ad adattarsi, è l’Italia ad uscire. Dapprima Cutrone si incunea bene in area ma non riesce a calciare in anticipo rispetto all’uscita di Zynel, che ne spegne sul nascere ogni velleità. Poi il bomber scuola Milan si rifà poco più tardi, ma anche in questo caso uno degli assistenti del signor Provesi di Treviglio sbandiera fuorigioco prima del calcio a rete: goal non valido.

Patrick però non si dà per vinto e qualche minuto più tardi trova la zampata sporca sottomisura, a beffare, infilandogli la palla tra le gambe, l’estremo difensore ospite.

In chiusura di tempo è quindi il numero 10 azzurro, l’interista Reno Mauro Piscopo, a mettere in mostra tutte le sue grandi doti tecniche, con un’ottimo dribbling al limite, capacità di rientrare da sinistra sul destro e tiro a giro sul secondo palo, imprendibile. 2 a 0.

Nella ripresa ha quindi il via la solita inevitabile girandola di cambi, immancabile in occasioni come questa. Ed ovviamente il livello di gioco un po’ ne risente, dovendo entrambe le squadre continuamente riassettarsi in campo.

Quando entra il crotonese Nicoletti in luogo di Piscopo, ad esempio, Tedino si vede anche costretto ad avanzare sulla linea dei centrocampisti il duttilissimo Llamas, proprio per permettere al neo entrato di esprimersi nel suo ruolo naturale.

Cambiano gli addendi ma il risultato non cambia, direbbe qualcuno.

Così dopo la doppietta rifilata alla Croazia a metà del mese scorso ed i due goal (di cui uno però, ripeto, annullato) del primo tempo il solito Cutrone decide di regalare un’altra gioia ai tanti tifosi – per lo più bambini – accorsi sulle tribune del campo di Palazzolo. Infilatosi bene tra le maglie della difesa polacca il numero 9 di Parè si incunea in area e calcia in diagonale, beffando ancora una volta il portiere avversario.

Un 3 a 0 che non lascia quindi molto scampo alla nazionale polacca, troppo inferiore in quanto a qualità rispetto ai nostri portacolori.

Ma veniamo ai singoli.

Per quanto riguarda gli ospiti non si è visto tantissimo di buono. O meglio, ragazzi sicuramente non disprezzabili ce ne sono, ma la maggior parte di questi, ad oggi almeno, non credo possano aspirare ad emigrare verso lidi più blasonati.Mateusz Holownia

Uno dei miei osservati speciali era ad esempio il terzino sinistro in forza al Legia Varsavia Mateusz Holownia, che però – in particolare nel corso del primo tempo – è stato realmente sverniciato da Alessandro Eleuteri. Troppo lo spazio concesso al numero 7 Azzurro, che in un’occasione lo ha anche fatto secco in area con un bel dribbling per poi venire però murato da Bartolomiej Zynel (che, a proposito, gioca nelle giovanili del Jagiellonya Bialystok).
Ma non solo. Il passo dell’ala ascolano gli ha permesso di bucare più volte la fascia, con il malcapitato terzino sinistro polacco sempre vittima delle sue incursioni. Le cose sono cambiate un pochino nel secondo tempo, quando forse anche a causa di un po’ di calo di tensione da parte di Eleuteri Holownia ha retto un po’ meglio.

Il migliore – non che il giocatore più interessante anche e soprattutto in ottica mercato – della formazione ospite è quindi stato proprio quel numero 10 autore sia dell’incrocio dei pali di cui ho raccontato che, soprattutto, di diverse giocate di classe tra la metà campo e la trequarti avversari: Hubert Adamczyk.
Il ragazzo, in forza alla formazione under 19 del Zawisza Bydgoszcz e già nazionale under 17, ha messo in mostra una classe innata, fatta di tecnica sopra la media, piede morbido e buona visione di gioco. Trequartista non ancora formato fisicamente, ma comunque in media rispetto all’età, ricorda il compatriota Piotr Zielinski, attualmente in forza all’Udinese (e, nonostante i soli 20 anni scarsi di età, già nazionale maggiore polacco).

Altro elemento interessante tra i polacchi è anche Krystian Bielik, mediano in forza al Lech Poznan nonché punto fermo della selezione allenata da Robert Wojcik.
Struttura fisica già molto formata, il centrocampista in maglia numero 14 ha messo in mostra una – ovvia – grande capacità nel gioco areo, la ricerca di giocate semplici e non inadatte alle proprie capacità e una tranquillità comunque importante nella gestione del pallone.
Logico che quando a quindici-sedici anni ti trovi a dominare gli avversari da un punto di vista fisico tutto può diventare più facile. E, se pensiamo al puro talento, dobbiamo sicuramente rivolgerci ad Adamczyk più che a lui.
Però ecco, delle basi su cui provare a costruire un calciatore sicuramente le ha, questo ragazzotto.

Veniamo ora ai nostri portacolori.Mattia Del Favero

Non molto da dire sui due portieri, chiamati in causa poco. Il torinista Cucchietti non poteva nulla sull’incrocio di Adamczyk, e per il resto ha dovuto fare forse una parata, nemmeno troppo impegnativa. Lo juventino Del Favero si è invece esaltato parando proprio un rigore calciatore dal numero dieci polacco, intuendo la traiettoria della sfera e lanciandosi efficacemente alla propria destra. Facendo anche un’altra bella parata poco più avanti. Nel complesso comunque una giornata non impegnativissima per i nostri estremi difensori.

Venendo alla difesa, partita più che discreta per il terzino destro scuola Bari Giuseppe Scalera, attento dietro e capace di proiettarsi un paio di volte in avanti in maniera abbastanza efficace.
Si conferma poi ottimo prospetto il solito Andres Llamas, terzino sinistro scuola Milan che avevo già visto giocare più volte in passato. Fisico dirompente, grande gamba, cross discreto ma sicuramente migliorabile. In fase difensiva non ha lasciato alcuno spazio ai propri diretti avversari, in fase offensiva ha supportato con buona costanza la manovra. E’ ancora presto per dire dove possa arrivare, ma certo il Milan in prospettiva ha trovato un giocatore che potrebbe colmare la falla difensiva su quella fascia. Il tutto in attesa di vedere Seedorf lanciare il giovane Tamas, che tanto bene sta facendo in Primavera.

Prove invece contrastanti dei due centrali. Da una parte la solita efficacia del milanista Malberti, anch’esso già visto giocare in più di un’occasione all’Al Kass Cup in gennaio. Difensore centrale piuttosto essenziale, rapido ed attento. Sicuramente un altro giocatore su cui il Milan farebbe bene ad investire in ottica futura.
Male invece, senza se e senza ma, il capitano della nostra rappresentativa under 16, l’interista ex Reggiana Alessandro Mattioli. Poco efficace nel gioco aereo, saltato quasi sempre nell’uno contro uno, molto lento in allungo, poco lucido in fase di impostazione. Di lui ho letto un gran bene. Era la prima volta che lo vedevo giocare. A questo punto anziché bocciarlo lo “rimando a settembre”. Mi viene difficile credere che un giocatore che viene accreditato di grandi cose possa in realtà essere quello visto ieri a Palazzolo.Alessandro Mattioli

Prestazioni senza grandi infamie né lodi per i subentrati nella ripresa, con il crotonese Nicoletti che ha comunque messo in mostra una certa solidità in fase difensiva.

Venendo al centrocampo, bene tutti. Un pochino più opaco degli altri, ma comunque ampiamente sufficiente, il romanista Bordin, sorta di metronomo-frangiflutti davanti alla difesa. Ottime cose le ha invece messe in mostra il classe 1999 Filippo Melegoni, scuola Atalanta. Interno di centrocampo tutto corsa e combattività, è comunque dotato di un tasso tecnico più accettabile per la categoria. Un giocatore che in qualche modo mi ha ricordato un po’ lo juventino Marchisio, come stile di gioco.

Molto bene anche i due esterni schierati da Tedino: sulla destra ha imperversato per tutto il primo tempo, come detto, l’ascolano Alessandro Eleuteri, classico numero 7 di buona gamba e capacità di dribbling che ha bucato più volte la fascia mancina della formazione ospite.
Meno dirompente ma sicuramente più elegante il suo alter ego sulla sinistra, l’interista Piscopo. Grande tecnica di base, ha messo in mostra giocate d’alta scuola che certo non lo hanno fatto sfigurare nel duello a distanza col numero 10 polacco. Il tiro a giro da fuori con cui ha suggellato il momentaneo 2 a 0, poi, è stata una vera e propria ciliegina sulla buonissima torta cucinata ieri dai nostri Azzurrini.

Tra i subentrati si è segnalato, a mio avviso in negativo, lo juventino Simone Muratore. Posizionato a destra in luogo di Eleuteri, non è stato in grado di non far rimpiangere il numero 7 ascolano, non riuscendo praticamente mai a pungere come ci si sarebbe aspettati.

E davanti?

Beh, davanti ha sicuramente deluso molto il “gigante bambino”, Gianluca Scamacca. Il classe 1999 romanista infatti non ha saputo sfruttare il fisico possente (raramente si vede un giocatore di movimento più alto del proprio portiere… cosa che invece è successa ieri con lui e il comunque “non basso” Cucchietti) che madre natura gli ha donato, risultando piuttosto inconcludente ed avulso dal gioco.Gianluca Scamacca

Un po’ di verve in più l’ha quindi provata a mettere il genoano Matarese, subentrato proprio al suo posto nella ripresa.

Ma il protagonista assoluto del reparto offensivo Azzurro è stato, come era logico aspettarsi, il bomber di Parè, Patrick Cutrone. Che dopo la doppietta rifilata nel corso dell’ultima sfida affrontata dalla rappresentativa under 16 contro la Croazia si è ripetuto ieri di fronte ai parietà polacchi. Dimostrando ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, di essere uno dei migliori bomber classe 98 che l’Europa possa offrire oggi.

Ciò che impressiona di questo ragazzo non è però tanto la facilità con cui riesce ad andare in goal. Quanto quella con cui, grazie ad un’intelligenza tattica più unica che rara soprattutto a questa età, sa muoversi in campo.

Giocatore essenziale nelle proprie giocate (tranne quando cerca il goal in pallonetto, giocata che ho capito piacergli molto… ma tentandone anche io spesso lo capisco!), si sa muovere benissimo sia lungo tutto il fronte d’attacco come seconda punta, che in verticale, attaccando gli spazi e l’area di rigore e dettando il passaggio ai propri compagni.

Una vera e propria pepita per il futuro del calcio Rossonero sì, ma soprattutto Azzurro. Perché in fondo se siamo quattro volte campioni del mondo, al netto della fortissima crisi anche tecnica che sta colpendo il nostro calcio, un motivo ci sarà. Ora però dobbiamo proteggere e valorizzare questo talento. Affinché possa ripetere le grandi prestazioni che sta mettendo in mostra a livello giovanile anche una volta che sarà a tutti gli effetti un professionista (cosa che in realtà formalmente è, avendo già firmato un triennale con il Milan, che lo ha subito blindato onde evitare attacchi e “rapine” dall’estero).Patrick Cutrone

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Alla fine la rimonta si è consumata. Il miracolo è compiuto. Il Chelsea rimonta il 3 a 1 rimediato a Parigi ribaltando il risultato con un 2 a 0 secco che gli vale l’accesso alla semifinale di coppa.

La partita è stata comunque piuttosto equilibrata, almeno in parte. Meritata dal Chelsea, certo, che non ha comunque giocato a dominare gli avversari. Squadra che ci ha provato, ma sempre in maniera guardinga, passa grazie ad un goal “sporco” di Demba Ba a pochi minuti dal termine, nel più classico degli arrembaggi finali.

Giusto ieri pomeriggio avevo provato, su questo blog, ad introdurre la gara. Alla fine devo dire di averci visto abbastanza giusto per quello che riguarda le sfide 1-contro-1.

La difesa del Chelsea, che accreditavo come essere più forte rispetto a quella parigina – al netto della presenza di Thiago Silva – ha retto bene, non facendosi mai infilare. Una cosa che può sembrare banale, ma che è risultata decisiva: due goal sarebbero bastati solo se dietro non si fosse imbarcata acqua. E così è stato.

Certo, va anche detto che questo è stato possibile anche perché Cavani, in un paio di occasioni, ha fatto tutto benissimo fuorché la conclusione. Altrimenti ora staremmo parlando di un altro match.

Ma entriamo più nello specifico del match e vediamo cos’è stato.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/453609149553979393

Il match non era iniziato un granché bene per il Chelsea, che dopo poco più di un quarto d’ora si era trovato a rinunciare al suo giocatore migliore: Eden Hazard, uscito acciaccato.

Oggettivamente, chi si sarebbe aspettato che a fare le cose migliori, in fase offensiva, sarebbe stato proprio il suo sostituto, Andre Schurrle?

Pochi. Forse nessuno. Almeno a giudicare dalle risposte che ho avuto a questa mia domanda. Non uno che abbia detto “il Chelsea può ancora farcela”.

Eppure il talento tedesco ieri ha dimostrato tutta la tipica risolutezza teutonica. Un calcio abituato, parla la storia, a raggiungere le fasi calde delle coppe, quando si tratta di nazionali. Ed evidentemente la cosa resta poi impressa nel DNA di molti figli di Germania…

https://twitter.com/sciabolatablog/status/453614171889106946

Così sarà proprio l’ex Magonza a portare in vantaggio i suoi. Il tutto poco dopo la mezz’ora, su un calcio d’angolo che vede una difesa non proprio impeccabile lasciar passare un pallone che è spizzicato da David Luiz e giunge proprio sul destro di Schurrle. Tiro di prima intenzione, goal.

Nelle immagini si può notare come davanti a David Luiz salti Thiago Motta, non riuscendo però ad elevarsi più di tanto e lasciando così passare la sfera.

Posto che il marcatore del difensore-neo-mediano Verdeoro non sarebbe lui, va detto che se il centrocampista Azzurro gestisse meglio la situazione e arrivasse anche solo a sfiorare quel tanto la sfera, tutto ciò non accadrebbe.

Coi se e coi ma, però, non si fa la storia. E così Schurrle alimenta le giuste speranze di rimonta del popolo Blues. Mettendo, meritatamente, la propria griffe sulla partita.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/453630107606085633

Nella ripresa la partita continua con qualche alto e basso. E’ il Chelsea a controllarla, in linea di massima, ma i parigini avrebbero l’occasione di pareggiare prima e passare in vantaggio poi, con due ottime occasioni capitate sul sinistro e sul destro di Cavani, che però non ne approfitta.

Così Blanc decide di inserire un altro difensore, Marquinhos, in luogo di Lucas Moura. Per ergere una sorta di Linea Maginot in chiave calcistica che però dura lo spazio di pochi minuti.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/453633103483785217

Battaglia di nervi per eccellenza quella tra Chelsea e Paris Saint Germain.

Una sorta di guerra di trincea, come fu la Prima Guerra Mondiale, in cui si vince per logoramento dell’avversario, non per capacità impattante impossibile da contenere.

E quando si tratta di fare una battaglia nervosa ben sappiamo a chi doverci rivolgere: José Mourinho, il miglior allenatore al mondo, quando si tratta di gestire questo tipo di situazioni.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/453633278197895168

Il Paris aveva iniziato il match molto bene. Reggendo in maniera più che dignitosa di fronte alle avanzate iniziali del Chelsea.

Il canovaccio tattico era chiaro a tutti: contenere per ripartire, con un attacco fatto da giocatori rapidi, bravi nel dribbling ed, essenzialmente, ottimi contropiedisti.

Così davanti alla linea a quattro di difesa ha posto il suo solito centrocampo. Fatto sì di giocatori bravi nel gestire il pallone, ma anche capaci di interdire.

Ed inizialmente le cose hanno funzionato. Del resto il primo goal Blues è arrivato solo da palla ferma: in situazione di palla in movimento, infatti, l’impalcatura tattica studiata da Blanc aveva retto alla grande.

I problemi veri sono sorti, diciamo, negli ultimi venti minuti.

Cavani, come dicevo, ha fallito due ottime occasioni di riequilibrare il risultato, ipotecando così, di fatto, il passaggio del turno.

Blanc deve essersi evidentemente fatto prendere dalla paura. E ha deciso di ergere quella famosa Linea Maginot rivistata in chiave calcistico-moderna per provare a tutelarsi.

La cosa però non è servita. Anzi, è stato quello il definitivo suicidio tattico di un mister rimandato – con tutta la sua squadra – alla prova di maturità.

La squadra si è infatti fatta schiacciare totalmente nella propria area. Alla lunga, ed il sentore c’era tutto, è quindi arrivata la classica “palla sporca” in area. Che ha beffato la difesa e permesso al Chelsea di trovare il goal della vittoria.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/453633450172379136

Come detto anche in precedenza la vittoria ieri è stata ampiamente meritata per il Chelsea. Che l’ha spuntata in questa sorta di battaglia di nervi, riuscendo a sopraffarre gli avversari proprio negli ultimi scampoli di match.

Guardando l’andamento dello stesso, comunque, pochi dubbi su chi meritasse: due goal e due traverse, oltre ad un gioco sicuramente più inteso e deciso, volto proprio alla ricerca del risultato necessario e sperato.

Una bella prova per questo Chelsea, che ora resterà in attesa di capire quale altro ostacolo si frapporrà alla finalissima.

Venendo ai singoli assegnerei il titolo di MVP a Schurrle per un motivo molto semplice: nei primi minuti il Chelsea combina poco, anche grazie ad un PSG molto guardingo. Poi entra il tedesco ed in qualche modo, con la sua vivacità e la sua decisione, cambia l’inerzia del match.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/453633669396045824

Sempre a livello di singoli vanno però fatti grandissimi complimenti anche a David Luiz, probabilmente la vera chiave di questo match. Un po’ come avevo detto nella preview, del resto, con la formazione schierata da Mourinho era necessaria una super prestazione del neo-mediano brasiliano, che è arrivata puntale.

Luiz ha dominato in lungo e in largo il centrocampo, facendo da vero e proprio frangiflutti davanti alla difesa. E dando quella solidità alla squadra che è stata determinante per trovare la vittoria.

Molto bene comunque anche un sempre, a mio modo di vedere, sottovalutatissimo Ivanovic. Uno dei miei difensori preferiti in assoluto.

Centrale adattato terzino, non ha grandi doti propulsive ma garantisce una solidità più unica che rara in fase di non possesso. Giocatore di cui si parla troppo poco in relazione alle prestazioni che è solito profondere e che mi spiace molto non aver potuto vedere in Italia.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/453633859620331520

Per quanto concerne i singoli del PSG, sicuramente meno brillanti di quelli Blues, la nota Azzurra dolente è senza alcun dubbio Marco Verratti. Il talentino pescarese ha infatti giocato molto male: avulso dal gioco, falloso – come spesso purtroppo gli capita -, un pochino troppo nervoso. Si è insomma sciolto come neve al sole.

Va però detto che tutto il Paris ha fatto piuttosto fatica a gestire il match da un punto di vista psicologico, quindi è anche normale che lui, più giovane in campo, ne abbia risentito anche più dei compagni, in questo senso.

E che di contro, a centrocampo, sia emersa l’esperienza di Thiago Motta. Un giocatore che a me certo non fa impazzire, ma che ieri se l’è quantomeno cavicchiata là in mezzo. Facendo sicuramente meglio dei proprio compagni di reparto, Matuidi e Verratti appunto.

Così i due migliori in maglia parigina sono probabilmente state le due ali, contropiedisti per eccellenza. Veloci e ficcanti, hanno provato a dare un po’ di verve alla propria squadra, risultando comunque molto limitati negli ultimi sedici metri.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/453634132535304192

La beffa più grande per il PSG, giusto contrappasso per i magnati che amano alla follia il calcio-business sempre più globalizzato di oggi, è quindi arrivata da Demba Ba, calciatore senegalese nato però a Sèvres, 12 chilometri da Parigi.

Insomma, un po’ come la storia di Bruto che assassinò suo padre, Giulio Cesare.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/453643854332178432

Alla fine il miglior commento dopopartita l’ha fatto, a mio avviso, lo stesso Mourinho. Che ha parlato esplicitamente di “culo”. Risultando molto più onesto nel giudizio dei suoi tanti fan (anzi, discepoli).

Intendiamoci, il tecnico lusitano prepara bene il match. Soprattutto psicologicamente, ma questa certo non è una novità.

I suoi partono con i piedi di piombo. La consegna è: “provarci, senza imbarcare”. E così i suoi fanno.

David Luiz domina la mediana tenendo in linea di galleggiamento i suoi. La difesa non concede eccessive sbavature. Davanti Eto’o si danna l’anima, Willian svaria molto, Schurrle sostituisce Hazard e fa il fenomeno o giù di lì.

Ma guardiamo in faccia alla realtà. Da un punto di vista tattico o di lettura del match Mourinho fa cose “normali”. Da allenatore capace e intelligente, intendiamoci, ma non da fenomeno. Ciò che lo rende fenomeno è la gestione psicologica dei suoi calciatori, ed un perché lo dirò tra poco.

Le mosse: Schurrle è un cambio forzato dagli acciacchi di Hazard. Imputare genialità a questa sostituzione significa fare, con un’espressione tanto cara allo stesso tecnico ex madridista, “prostituzione intellettuale”.

Il belga si fa male e lui gioca la carta tedesca. Che risulta vincente.

Per non parlare degli ultimi minuti. In cui hai una sola speranza: buttare la palla davanti e sperare in qualcosa. Da qui l’ingresso di Ba e Torres. Mosse semplici, che avrebbe fatto più o meno chiunque.

Alla fine la risolve proprio Ba, lesto ad approfittare di un tiro di Azpilicueta sporcato, che mette fuorigioco la difesa (Maxwell si allunga ma non ci arriva).

Colpo di genio?

No. “Culo”.

Chapeau Mourinho. Quando “piange” dopo una sconfitta mi piace meno di zero. Ma se non altro, da gran signore, sa vincere.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/453650556628635648

L’ultimo pensiero lo dedico al GENIO che sapendo che il Chelsea avrebbe potuto combinare lo scherzetto al Paris St Germain, e quindi a Blanc, si è recato allo stadio con la maglia di Emil Kostadinov.

Il nesso logico, è capibile, non è chiaro a tutti. Quindi mi permetto di spiegarlo anche a chi non ha colto la sfumatura.

17 novembre 1993, stadio Parco dei Principi, Parigi. La nazionale di casa si gioca l’accesso ai Mondiali che si svolgeranno l’anno seguente negli Stati Uniti sfidando la rampante Bulgaria di un certo Hristo Stoichkov, talento e genialità al servizio del suo popolo.

Un pareggio sarebbe bastato ai ragazzi di Gerard Houllier per strappare la seconda posizione, e quindi un pass per l’America, dietro la nazionale svedese.

Francia che schierava una squadra tutt’altro che disprezzabile, quella sera. In campo c’erano in fatti giocatori di alto livello come Desailly, Deschamps, Papin, Cantona… e lo stesso Laurent Blanc.

Sono proprio i padroni di casa a portarsi in vantaggio, grazie a “Sua Maestà Genio e Sregolatezza” Eric Cantona.

Francia che probabilmente si sente tranquilla e viene così beffata solo cinque minuti più tardi da Kostadinov, che pareggia.

Il che però non basterebbe a garantire il passaggio del turno ai bulgari.

Gli dei del calcio però, è risaputo, sono spesso beffardi.

Al minuto 90 lo stesso Kostadinov è lanciato in profondità da un compagno. Il giocatore taglia da destra alle spalle del proprio diretto avversario, lo supera di slancio e si porta in area.

Arrivato sul punto di sparo proprio il malcapitato Laurent Blanc tenta il tutto per tutto, tuffandosi disperatamente in scivolata. E’ troppo tardi. Emil esplode il proprio destro e buca Lama sul primo palo. E’ il goal del 2 a 1. Francia a casa, Bulgaria ai Mondiali statunitensi.

(A parziale discolpa dei francesi va detto che vennero eliminati nel girone che si rivelò essere il più ostico del lotto, contenendo le due squadre che l’anno seguente si affrontarono nella finale per il terzo e quarto posto proprio negli States. E che solo quattro anni più tardi, aperto un nuovo ciclo, seppero laurearsi campioni del mondo proprio in quel di Parigi.)

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Subito dopo i sorteggi dei quarti di finale di Champions League la netta parte di osservatori ed appassionati sentenziarono che quello tra Paris Saint Germain e Chelsea sarebbe stato lo scontro più equilibrato tra i quattro.

L’andata è però stata vinta in maniera più larga del previsto dai parigini padroni di casa, che si sono riusciti ad imporre per 3 a 1 mettendo sicuramente almeno la punta del piede in semifinale.

I giochi però sono ancora apertissimi. Con un 2 a 0 tutt’altro che impossibile da centrare i Blues riuscirebbero infatti a strappare la qualificazione ai francesi, che di contro aspettano la gara di stasera frementi, consci del fatto che si tratti di una vera e propria prova di maturità per loro: in palio c’è l’accesso al gotha del calcio europeo.

Chi la spunterà è difficile da dire. Sicuramente l’attesa è tanta. La speranza di poter vedere un bel match, da neutrale, anche di più.

Ma facciamo qualche comparazione tra i due team che scenderanno in campo…

I londinesi padroni di casa dovrebbero schierarsi col classico 4-2-3-1, sempre più modulo base di molti club europei. Diverso invece il discorso riguardante gli ospiti, accreditati del 4-3-3.

Prendendo le possibili formazioni in mano è facile notare come sotto molti punti di vista il duello dovrebbe essere abbastanza equo. I rispettivi 11 hanno infatti segnato 8 e 9 goal in questa edizione della Champions League, per un rating WhoScored medio praticamente uguale, che vede il PSG davanti al Chelsea di un solo punto decimale (7.2 contro 7.1).

Davvero molto simili, a conferma del fatto che chi prevedeva un duello equilibrato aveva la carta dalla propria parte, anche gli altri parametri. Se l’età media è praticamente uguale, lo stesso si può dire per i tiri medi per giocatore (un decimo in più per i padroni di casa), i duelli aerei (il Chelsea ne vince il 4% in più), i dribbling (0.4 in più a partita, sempre in favore dei Blues) ed i tackle (il questo caso è il dato parigino a risultare migliore, 1.8 contro 1.7).

Alla fine le uniche differenze sostanziali che si possono notare statisticamente osservando i due probabili 11 in campo riguardano gli assist (15 contro 10 per il PSG) e l’altezza media (ben cinque centimetri in più in favore dei Blues, in questo caso).

Insomma, equilibrio al potere.

Proviamo quindi a fare il classico giochino del “ruolo per ruolo, chi tiri giù dalla torre”. E vediamo se un certo equilibrio persiste anche qui (quello scritto tra parantesi è il rating WhoScored inerente a questa edizione della Champions League)…

Cech (6.82) vs. Sirigu (7.19)

Sebbene il rating sia fortemente appannaggio del portiere italiano e nonostante fossi nel Chelsea avrei già accantonato il portierone ceko in favore di Courtois… beh, nonostante tutto sulla gara secca mi affiderei ancora più volentieri al primo piuttosto che al secondo, nonostante gli anni passino per tutti ed anche l’ex Rennes qualche segno di vecchiaia ha iniziato a palesarlo.

Ivanovic (7.48) vs. Van der Wiel (7.61)

Qualcuno si stupirà nel sapere che tra tutti i 22 probabili in campo il secondo rating più alto è quello del terzino olandese trasferitosi sulle rive della Senna. Eppure Van der Wiel, che pure ha limiti molto evidenti secondo chi scrive, sta giocando una grandissima Champions, essendo anche stato capace di servire ben 4 assist nei sei match giocati ai suoi compagni di squadra. Quindi vince lui il duello col terzino serbo? Assolutamente no. Ivanovic è secondo il mio parere uno dei difensori più solidi dell’intera Europa. Un giocatore cui non rinuncerei mai e che proprio anche nel corso di questa Champions ha dimostrato comunque più affidabilità, in fase di non possesso, rispetto all’omologo parigino. Certo, il suo apporto in fase offensiva resta comunque più limitato di quello che riesce a generare il proprio avversario, ed in un contesto in cui ci sono due goal da recuperare questo può essere in un certo senso penalizzante. Ma è pur vero che se vuoi ribaltare il risultato, non può nemmeno permetterti di subire goal…

Cahill (7.06) vs. Thiago Silva (7.07)

Come ben sa chi mi segue su Facebook (pagina molto attiva grazie soprattutto ai tanti utenti che ci si sono affezionati… vi invito a seguirci perché escono spesso discussioni molto interessanti!) ritengo il centrale brasiliano il difensore più forte al mondo, oggi come oggi. Quindi nonostante il buon Cahill stia giocando sicuramente su livelli interessanti per quello che mi riguarda la discussione qui non comincia nemmeno.

Terry (6.93) vs. Alex (6.82)

I due sono stati compagni di squadra per diversi anni. Primavere che sono passati per entrambi, ovviamente, ma che sembrano farsi sentire – semplice questione anagrafica – più per il nazionale inglese che non per Alex. Però, un po’ come nel caso del duello Cahill – Silva, la discussione per me non ha nemmeno da iniziare.

Azpilicueta (7.35) vs. Maxwell (6.97)

Azpilicueta è un giocatore che mi piaceva moltissimo ai tempi delle under spagnole, ma che secondo ad oggi sta ancora rendendo generalmente meno di quanto potrebbe (nonostante un rating molto alto). Quindi pur ritenendolo giocatore in grado di raggiungere in carriera vette di rendimento sicuramente superiori a quelle dell’omologo brasiliano del PSG, opto in questo caso per un pareggio. Dovuto in primis alla tanto decantata – in Italia, almeno – esperienza di quest’ultimo, che in partita come quella odierna può sicuramente entrare in gioco e contare.

David Luiz (6.95) vs. Thiago Motta (7.67)

Un po’ a malincuore, ma per oggi opto per Thiago Motta. Giocatore dal passato ad alto livello (cosa che in realtà sta garantendo tutt’ora) ma che non riesco ad amare. In primo luogo, per fallosità e soprattutto lentezza di gioco. E proprio questa potrebbe essere una delle chiavi di volta del match: la tecnica c’è tutta, ma gli inglesi giocano a ritmi forsennati. Riuscirà il nazionale Azzurro a rimanere bene in partita? Non so. Ma di certo, anche qui grazie all’esperienza, potrebbe comunque vincere il duello di ruolo con Luiz, difensore centrale ormai adattatosi al ruolo di mediano che ha comunque dimostrato di saper fare grande legna lì in mezzo. Paradossalmente anche il Chelsea si gioca molto con lui: dovendo attaccare a spron battuto, David Luiz avrà il compito di contrastare puntualmente le probabilissime ripartenze francesi…

Lampard (7.22) vs. Matuidi (7.46)

Frankie è stato uno dei migliori centrocampisti mondiali dell’ultima decade. Certo, oggi un po’ appannato dall’età, che passa anche per lui. Di contro Matuidi è uno dei perni insostituibili dell’ingranaggio messo a punto da mister Blanc, e sta tenendo livelli di rendimento elevati sia in Champions che in campionato. Nonostante questo però mi trovo ad optare per il sempre ottimo inglese, che ha esperienza, carisma e fiuto per aiutare i suoi nell’impresa.

Oscar (7.1) vs. Verratti (7.28)

Potrò sembrare parziale nello scegliere il talentino pescarese in luogo di quello Verdeoro. Ma al netto di una posizione in campo diversa, tra i due scelgo comunque il giocatore sbocciato in Serie B due stagioni or sono agli ordini di Zdenek Zeman. Opinione che comprendo essere criticabile… ma a me, sinceramente, il buon Oscar non ha mai convinto fino in fondo. Certo, anche Verratti deve crescere molto in molti aspetti del suo gioco… ma ecco, credo abbia un talento superiore. E soprattutto margini molto più ampi. Poveri noi che l’abbiamo fatto scappare all’estero…

Willian (7.18) vs. Lucas (6.83)

Due giocatori che avrebbero le carte in regola per incidere anche più di quello che fanno. Uno – il parigino d’adozione – probabilmente anche più talentuoso dell’altro, che però sta rendendo un pochino di più. Alla fine pari e patta tra i due Verdeoro, in attesa che uno dei due si decida a consacrarsi definitivamente.

Hazard (7.55) vs. Lavezzi (7.02)

In assoluto il più impari dei duelli. Lavezzi è un buon giocatore – che non amo particolarmente, ma resta un buon giocatore – Hazard un grande calciatore, con le stimmate del fenomeno. Buonissima parte delle chance di qualificazione pesano sulle sue spalle. Se stasera sarà in serata il Chelsea avrà concretamente la possibilità di farcela. In caso contrario…

Torres (6.95) vs. Cavani (7.34)

WhoScored dà partente Torres, la Gazzetta stamattina dava invece Eto’o. Personalmente non avrei dubbi su chi scegliere. Esattamente come non si pongono questioni su chi scegliere tra l’imbolsito spagnolo ed il bomber uruguagio.

Alla fine, in questo senso, il Chelsea vince lo scontro 5 a 4, visti anche i due pareggi. Ulteriore segno di un equilibrio che è equilibrio delle sensazioni, ma anche dei numeri.

Chi vincerà non lo so dire. Certo non scommetterei su un passaggio del turno Blues. Ma da spettatore mi auguro loro ci credano e Mourinho sappia caricarli alla grande, così da poter assistere ad un grande spettacolo.

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Il nostro girovagare alla scoperta del calcio nei vari angoli del mondo ci porta oggi in Turchia. Ho infatti contattato Bruno Bottaro, fondatore di CalcioTurco.com, per fare il punto della situazione di quanto sta accadendo oggi nell’ex Impero Ottomano. Dove come da tradizione Galatasaray e Fenerbache duellano per la vittoria…

Galatasaray – Fenerbahçe. Il calcio turco si può forse riassumere un po’ tutto in questa sfida. Le due squadre più titolate del paese, le due squadre che si sono divise otto degli ultimi dieci titoli, le due squadre che si sono appena scontrate al vertice. Partiamo da qui: che partita è stata?
Una partita aspra, dura, piena di cartellini (14 gialli e 2 rossi): insomma, più una battaglia che un match qualsiasi. Due vecchie conoscenze del campionato italiano al centro del ring: parliamo di Felipe Melo (ex Juve e Fiorentina) ed Emre Belozoglu (ex Inter), che in una partita del genere non si sono tirati indietro. Come prevedibile, sono stati proprio loro i due espulsi. In ogni caso quasi sempre è così, in Turchia. Il calcio è vissuto con enorme passione dai tifosi, che purtroppo molte volte superano il limite. Lo scontro più acceso è senz’altro quello tra Galatasaray e Fenerbahçe: la parte europea di Istanbul contro quella asiatica, una sfida di stili di vita, culture e modi di essere. Va anche detto che nel match di ieri ad aver superato il limite sono stati i giocatori, più caldi nelle risse che con il pallone tra i piedi; sugli spalti invece i tifosi del Galatasaray sono stati essenzialmente corretti. L’unico episodio vergognoso a proposito è avvenuto fuori dallo stadio, con il pullman ospite assaltato da un gruppo di ultrà. Fatti che purtroppo sono all’ordine del giorno anche qui in Italia…
Venendo al campionato, il Fenerbahçe mantiene un buon vantaggio sui propri acerrimi rivali. Chi pensi la spunterà, alla fine?
Il titolo è saldamente nelle mani del Fenerbahçe, che nonostante la sconfitta nel derby resta a +7 sul Galatasaray. Il vantaggio dei Canarini potrebbe aumentare ulteriormente, dato che la Turkish Football Federation ha lasciato in sospeso una decisione importante: si tratta di Trabzonspor-Fenerbahçe, match sospeso per lancio di oggetti in campo da parte dei tifosi di casa. Con tutta probabilità il risultato sarà assegnato 0-3 a tavolino. Così il Fenerbahçe salirà a +10, un vantaggio quasi impossibile da demolire in 6 giornate. Il Galatasaray si concentrerà piuttosto sulla lotta per il secondo posto contro il Besiktas: in gioco c’è l’accesso diretto alla Champions League, dato che il Fenerbahçe pagherà ancora un anno di squalifica per il caso calcioscommesse del 2011.
19 titoli il Galatasaray, che ha vinto gli ultimi due, 18 il Fenerbahçe, che quest’anno potrebbe pareggiare i conti. Fermo a 13 il Besiktas, che negli ultimi vent’anni è riuscito ad imporsi solo in due occasioni. Nei prossimi anni le Aquile Nere pensi potranno colmare il gap tecnico con le due squadre che le precedono nell’albo d’oro?
Assolutamente. Sulla riva europea del Bosforo in una location suggestiva come poche è in costruzione la nuova Vodafone Arena, stadio di proprietà da 40mila posti che darà nuova energia ai bianconeri di Istanbul. La tifoseria locale – i çarsi, gruppo ultrà d’ispirazione anarchica – è l’anima delle Aquile Nere e può dare un grande impulso per far rinascere un ambiente in una fase delicata. Il Besiktas è il club del popolo, che tenta da anni di contrastare l’egemonia delle altre due superpotenze di Istanbul. Club virtuoso anche dal punto di vista societario, è stato ingiustamente coinvolto nel calderone del calcioscommesse 2010-2011, da cui è poi uscito pulito in seguito alle sentenze della giustizia ordinaria. L’UEFA ha penalizzato il Besiktas senza aspettare l’esito del terzo grado di giudizio, una scelta davvero al limite di qualsiasi logica di regolamento. In ogni caso, le Aquile Nere hanno faticato in questa tribolata stagione senza stadio: tutti aspettano quella Vodafone Arena che rimescolerà le carte. Da lì ripartirà il Besiktas, cercando di crescere di anno in anno per ritagliarsi uno spazio importante, sia in Turchia che nelle competizioni europee.
Quattro anni fa salì alla ribalta il fenomeno Bursaspor, oggi undicesimo in classifica. A cosa è stata dovuta questa rapidissima ascensione con successivo immediato declino dei Coccodrilli?
La storia del Bursaspor e del titolo 2009-2010 è una delle più belle dell’intero panorama calcistico turco e merita di essere raccontata. Club relativamente recente, fondato nel 1963, ha iniziato a pensare al titolo soltanto nei primi anni 2000. Una fortunata serie di circostanze ha permesso ai Coccodrilli Verdi di arrivare nell’aprile di quella stagione nelle vicinanze del Fenerbahçe capolista. In quelle ultime partite, l’ambiente casalingo del Bursa Ataturk Stadium ha fatto la differenza: giocarci era impossibile, la squadra era compatta e faceva impazzire il pubblico. Il fantasista argentino Pablo Batalla fu il trascinatore; quest’anno purtroppo ha lasciato la Super Lig per cercare fortuna in Cina. 
Quello del 2009-2010, in ogni caso, non fu un trionfo qualunque. Avvenne all’ultima giornata di campionato e resta tuttora il primo ed unico titolo nazionale del Bursaspor, che negli anni seguenti ha pagato una sorta di appagamento dell’ambiente. La dirigenza non ha saputo dare continuità al progetto, che però non finisce in quel 2010. Anche il Bursaspor infatti punta a rilanciarsi grazie al nuovo stadio di proprietà, la Timsah Arena, impianto da 40mila posti a forma di Coccodrillo verde. L’arena verrà inaugurata all’inizio della prossima stagione e sicuramente, anche grazie al suo aspetto particolare, lascerà il segno nel panorama calcistico europeo.
La lotta è appassionante anche in zona retrocessione, dove nessuna squadra sembra spacciata ed in totale sono almeno sei le squadre tutt’altro che tranquille. Chi pensi subirà l’onta della discesa in TFF 1 Lig?
Impossibile fare pronostici in zona-retrocessione quest’anno: l’esempio lampante è il Kayserispor, formazione costruita per puntare all’Europa, ora all’ultimo posto in classifica. I giallorossi di Kayseri sono reduci da una serie positiva e potrebbero farcela (anche se è durissima); interessante il duello-salvezza contro l’altra compagine di Kayseri, l’Erciyesspor trascinato dall’attaccante portoghese Edinho (9 gol in 9 partite!). 
La squadra meno in forma, al momento, è l’Elazigspor di Buruk, ex-centrocampista dell’Inter. Ora Okan Buruk allena; nonostante l’attuale posizione in classifica ha fatto un buon lavoro, portando quella che è potenzialmente la peggiore compagine di Super Lig verso una dignitosa lotta-salvezza. Credo che sia proprio l’Elazigspor a rischiare di più, insieme all’Antalyaspor. Anche questa è una sorpresa, trattandosi di una formazione costruita per ben altri obiettivi; ma il disastroso lavoro dell’allenatore Samet Aybaba prima, e di Fuat Capa adesso, sta portando gli “Scorpioni” di Antalya verso la 1 Lig.
La classifica dei cannonieri è attualmente guidata da Chahechouhe, Stancu e Yilmaz (vincitore delle ultime due classifiche cannonieri), tutti appaiati a quota 13 realizzazioni. Sono però una quindicina, vista la classifica molto corta, i giocatori che possono giocarsi questo titolo fino alla fine. Guarda dentro la palla di cristallo: chi la spunterà?
Anche in questo caso esprimere un pronostico è estremamente difficile, ma ci proverò. I giocatori coinvolti sono tantissimi; ad oggi punto su Aatif Chahechouhe, ala sinistra del Sivasspor di Roberto Carlos. Senza dubbio è lui la sorpresa della stagione, esaltato dal super-offensivo 4-2-3-1 del tecnico brasiliano. Chahechouhe sta dimostrando di avere un eccezionale fiuto del gol. Chissà che non venga premiato, a fine stagione, da un trasferimento in un club più blasonato. Sempre che non voglia restare: il Sivasspor è in zona-Europa League…
Ultimamente il calcio turco ha dato dimostrazione, con gli acquisti di Sneijder e Drogba ma non solo, di essere capace di effettuare acquisti economicamente molto importanti. Pensi che il calcio turco possa accrescere ulteriormente il proprio livello nei prossimi anni?
Certamente. La tassazione favorevole aiuta i club ad ingaggiare giocatori dagli stipendi più alti, anche se purtroppo il limite imposto al tesseramento di stranieri (massimo 10 per rosa e 6 in campo) rischia di azzoppare una lega che ha bisogno di campioni. Probabilmente la Turkish Football Federation dovrà rivedere questa tanto criticata “Foreigner Rule”, altrimenti il campionato turco non riuscirà mai a crescere quanto merita.
Ho avuto la fortuna di andare in Turchia l’anno scorso e di respirare personalmente l’aria di un paese in crescita. Il calcio locale è sempre più attraente, gli ambienti infuocati come Galatasaray e Fenerbahçe hanno grande appeal – lo stesso arrivo di Mancini lo dimostra. Le società turche stanno guadagnando visibilità, grazie alle recenti buone prove in Champions ed Europa League. La situazione degli stadi di proprietà, inoltre, è avanti anni-luce rispetto all’Italia: ambienti come quelli in costruzione a Bursa, Konya, Antalya, Trebisonda e Besiktas ce li sogniamo. Peccato per il caso calcio-scommesse, che rimarrà come un’ombra indelebile sul calcio turco per i prossimi anni.
Capitolo giovani, inevitabile quando si parla con me. Chi sono i prospetti più interessanti del calcio turco?
La stagione attuale di Super Lig ci sta offrendo grandi spunti, a proposito di giovani talenti. Per quanto riguarda gli stranieri presenti in Turchia, il Mondiale Under-20 giocato proprio tra l’Anatolia e Istanbul ha dato grande impulso. Il primo nome che viene in mente è senza dubbio Ali Adnan Kadhim Al-Tameemi, terzino iracheno classe ’93 del Rizespor: i suoi video su Youtube stanno facendo il giro del mondo, il suo spettacolare sinistro ricorda quello di Roberto Carlos. Un altro protagonista della rassegna mondiale sbarcato in Turchia è Bruma, portoghese classe ’94 del Galatasaray che purtroppo ha appena patito la rottura del crociato. Ma avrà tempo per dimostrare la sua forza…
Capitolo Turchia: i talenti sono tantissimi e attirano sempre più osservatori da tutt’Europa. Salih Uçan (Fenerbahçe – ’94) e Oguzhan Ozyakup (Besiktas – ’92) sono due centrocampisti già completi e in grado di poter dare spettacolo nei prossimi anni. Il difensore che sta offrendo più garanzie è del Galatasaray, si tratta di Semih Kaya (classe ’91), definito da Mancini come “miglior giocatore turco”. Ma è il Bursaspor a battere ogni record di precocità, lanciando il classe ’97 Enes Unal (lui ed Uçan li trovate recensiti nel mio libro: La carica dei 201, ndr), già in gol in Super Lig a 17 anni ed autore di ottime giocate.
Infine un piccolo spazio lo meritano i turchi che hanno cercato fortuna altrove, frutto in parte dell’emigrazione in Germania degli anni ’70; il calcio turco è in crescita anche grazie a loro. L’esempio da seguire è Arda Turan dell’Atletico Madrid; spera di percorrerne le orme Hakan Calhanoglu, trequartista dell’Amburgo. Tutta la Turchia punta già su di lui, per il futuro…

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