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Archive for the ‘Uncategorized’ Category

In Italia, il calcio spettacolare non si limita alla Serie A, ma approda anche in Serie B.
Dal suo avvio risalente allo scorso 25 agosto, il campionato cadetto ha regalato momenti di grande calcio, offrendo sfide al cardiopalma con risultati incerti fino agli ultimi minuti.

Al contrario della Serie A, dove le squadre favorite hanno già dato un’impronta forte all’andamento del torneo, nella cadetteria lo scenario appare più bilanciato con diverse squadre che hanno rovesciato le previsioni e dimostrato il proprio valore in campo.

La Serie B sta suscitando un interesse mediatico sempre più significativo, con le emittenti televisive in lizza per acquisire i diritti. Sky propone un’offerta completa di tutti i match di Serie B, compresi i play-out e i play-off, disponibile per tutti coloro che amano approfondire gli appuntamenti di Serie B. Disponibile anche la trasmissione Sky Serie B, in onda ogni sabato dalle 17:30 alle 23:00,completa di commenti dei protagonisti in campo.

Di grande interesse anche la “Diretta gol Serie B”, la trasmissione che descrive i momenti salienti del turno di campionato dalle 15:00 alle 17:00.
Contestualmente, cresce anche l’interesse per la formula dello streaming online, sempre più scelto dagli utenti in quanto permette di seguire gli eventi tramite smartphone, tablet o computer.

Tra le formule streaming più diffuse del momento c’è quella riservata da SNAI a tutti gli utenti registrati al portale dell’operatore, che potranno usufruire gratuitamente di ogni partita di serie B con relative quote in modalità streaming. Oltre alle partite di Serie B, l’operatore permette lo streaming gratuito anche dei match di Serie A e Lega Pro.
In un torneo cadetto acceso ed impegnativo come quello attuale, la difficoltà di realizzare un pronostico concreto circa le possibili evoluzioni del campionato cresce, rendendo ogni sfida sempre più imprevedibile ed avvincente. Vediamo quindi quali sono le squadre favorite di questa stagione cadetta.

Serie B 2017/18: le favorite in lizza per la vittoria

Tra le squadre in lizza per la promozione troviamo il Palermo, retrocesso nella scorsa edizione della massima serie tra il malcontento dei tifosi che hanno manifestato contro una disorganizzazione societaria che ancora non ha risolto la questione della presidenza vacante. Per quanto riguarda le prestazioni della formazione rosanero, a parte la disfatta contro il Novara, va detto che le aquile hanno disputato un buon campionato conquistando diversi successi contro l’Entella, la Pro Vercelli e il Carpi, grazie ad una rosa rimasta pressoché invariata dall’annata scorsa, capitanata da Nestorovski e dalla guida tecnica Bruno Tedino. Oltre alle preziose abilità del capitano macedone
Nestorovski, confermatissimo in squadra nonostante le tante richieste di cessione, spiccano in questo Palermo anche i due protagonisti del reparto di attacco Trajkovski e Balogh, i centrocampisti Jajalo e Chochev e i difensori Rispoli, Struna e Cionek.
Alle spalle del Palermo troviamo l’Empoli, club retrocesso in cadetteria insieme al Palermo, al termine della stagione calcistica 2016/17. Nell’attuale torneo cadetto, gli azzurri del nuovo tecnico Vivarini hanno collezionato un buon numero di gol, specialmente grazie al tandem Donnarumma- Caputo che ha saputo fare la differenza nelle prime giornate del torneo. Inoltre, la squadra azzurra ha dimostrato di essere in grado di valorizzare il talento del suo giovanissimo centravanti di origini bosniache Krunic e del centrocampista serbo Ninkovic.
Sul podio della classifica cadetta c’è anche il Frosinone, il quale vanta diversi successi in questa stagione tra cui la vittoria contro la Pro Vercelli, il Cittadella, il Bari, l’Ascoli e la Ternana. Una bella soddisfazione per i canarini, provenienti da una retrocessione maturata con una giornata di anticipo nel corso della partita contro il Sassuolo dell’8 maggio 2016, e da una semifinale play-off persa contro il Carpi che li ha estromessi definitivamente dalla lotta per la promozione in massima serie. Protagonisti dei successi giallazzurri i giocatori Moreno Longo, Crivello, Ciofani e Ciano, acquistato dal Cesena durante il calciomercato estivo.
Buone prestazioni anche da parte del Parma, che ritorna finalmente a calcare i campi della Serie B dopo il fallimento societario avvenuto per gravi problemi finanziari al termine della stagione 2014/15, il secondo in dieci anni. I ducali sono stati protagonisti di un avvio di stagione brillante, in cui hanno ottenuto una bella vittoria contro la Cremonese grazie al penalty di Calaiò al 40′ e, dopo una serie di insuccessi, sono tornati a vincere di misura contro l’Entella, l’Avellino e il Foggia. Tra gli autori delle brillanti performance della squadra parmense ricordiamo il capitano Lucarelli e l’ex
difensore del Bari Valerio Di Cesare, giocatore dinamico abile sia di piede sia di testa.
Tra i possibili colpi di scena, gli imprevisti e le sfide sempre più combattute, questa edizione del torneo cadetto continuerà a regalare emozioni e sorprese.

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La passione per il grande mondo del calcio può assumere davvero molte forme: dal tifo più sfegatato che porta tanti italiani ad affrontare lunghe trasferte pur di aver modo di sostenere i propri colori del cuore alle partitelle disputate tra amatori, passando per l’intramontabile piacere per il brivido delle scommesse sportive.

Quote e pronostici continuano ad appassionare i tifosi di tutto il bel paese perché tentare di prevedere il risultato degli incontri di una giornata di campionato oppure di un grande evento atteso da settimane rende ancora più emozionante lo svolgimento dei match e dà modo di dimostrare tutta la propria competenza in ambito calcistico. Da qualche anno poi, gli scommettitori si sono spostati in massa verso i vantaggiosi sistemi resi possibili dal web e dai dispositivi mobile: oggi, per puntare su un evento sportivo è sufficiente connettersi alla rete, scegliere un gestore serio e affidabile e dare prova di tutto il proprio intuito, mettendo a segno le giocate con qualche click del mouse.

Nel giro di pochi anni il mercato del betting via web ha raggiunto dimensioni davvero importanti: nel 2015, il giro di affari ha visto un incremento del 6,2% su base annuale, sfiorando i 435 milioni di euro.

Se gli utenti della rete sembrano apprezzare sempre di più le possibilità offerte dai grandi portali dedicati al gioco online, molto del merito va all’approccio attento alla user experience e sempre orientato all’innovazione con cui i gestori italiani hanno affrontato le sfide e le occasioni create dal web.

Uno dei più noti operatori nazionali, lo storico SNAI, da alcune settimane ha completato il restyling del suo portale, che oggi si presenta ai visitatori con un’immagine completamente rinnovata e contenuti sempre più ricchi e fruibili. Tutto, dal design in stile flat ai banner dinamici, è pensato per guidare la navigazione degli utenti e rendere qualunque informazione semplice da reperire.

Grazie alla chiarezza dei menù e alla velocità di caricamento delle pagine ci si può spostare tra le varie sezioni molto rapidamente, scoprendo la vasta offerta che l’operatore ha messo a punto e che, di giorno in giorno, continua ad arricchire. Nell’area “Sport” gli utenti possono scoprire tutte le migliori scommesse sportive proposte da SNAI, che non si limitano ai campionati nazionali, europei e internazionali di calcio, ma spaziano tra tutte le discipline più amate, fino ad arrivare a sport di nicchia, come le freccette.

Le proposte del gestore non sono state aggiornate solo nell’immagine: la sezione “Live” del portale, dedicata alle adrenaliniche scommesse in diretta, ovvero da effettuarsi dopo il fischio di inizio della partita, oggi si arricchisce della possibilità di seguire in tempo reale tutti gli eventi coperti, grazie allo streaming video oppure all’innovativo sistema capace di mostrare graficamente lo svolgersi del gioco in campo. Grazie a tutte le novità introdotte, seguire in diretta i match e controllare i continui aggiornamenti delle quote scommesse diventa un’operazione alla portata di tutti, anche degli utenti meno pratici di computer e navigazione online.

Non solo: SNAI ha pensato anche ai tanti appassionati che giocano tramite smartphone e tablet, rivedendo e migliorando l’esperienza offerta dalle proprie applicazioni. Disponibile per dispositivi Android e iOS, l’apprezzata app Sport presenta un’interfaccia ancora più chiara e intuitiva, grazie alla quale tutte le informazioni necessarie per mettere a punto giocate vincenti sono sempre a portata di mano. L’applicazione integra anche un utile widget che permette di accedere direttamente a tutte le informazioni presenti nella sua schermata principale, che gli utenti possono scegliere di collocare in qualunque posizione sul display del proprio dispositivo.

La crescita dell’offerta si accompagna ad una sempre maggiore attenzione per le sicurezza e il benessere di tutti gli utenti: SNAI permette ai giocatori di scommettere e divertirsi in tutta tranquillità, perché i sistemi di protezione dei dati adottati tanto sul portale quanto nelle app garantiscono la completa sicurezza delle informazioni personali e di quelle relative a conti bancari e carte. A ciò si aggiungono le tutele offerte dalla certificazione AAMS: tutti gli operatori autorizzati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli rispettano gli stringenti requisiti di qualità, che impongono di limitare l’accesso al gioco per i soggetti minorenni e di assicurare sempre metodi di assegnazione delle vittorie equi e non manipolabili.

Inoltre, SNAI ha scelto di sfruttare la grande visibilità guadagnata sul web e di ampliare la propria offerta, inaugurando il portale Sportnews. Il sito, online già da qualche mese, punta a ritagliarsi uno spazio sempre maggiore nel campo dell’informazione sportiva, sfruttando la decennale esperienza del gestore e avvalendosi del contributo di molte firme note del mondo dello sport e dello spettacolo. Su Sportnews è possibile trovare tante notizie, approfondimenti e curiosità sugli sport più amati dagli italiani e confrontare le proprie previsioni sull’esito dei grandi eventi della settimana con quelle di giornalisti ed esperti del settore.

Oggi SNAI permette di vivere la passione per il pallone davvero a tutto tondo e di avere sempre a propria disposizione tante possibilità di intrattenimento e tutta l’informazione sportiva che si può desiderare.

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29 maggio 2002. L’Italia si appresta ad esordire al Mondiale nippo-coreano. Avversario nel match d’esordio di un girone non certo di ferro l’esotico Ecuador, alla prima partecipazione iridata della propria storia.

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Sui media italiani inizia ad aleggiare l’ombra di un presunto fenomeno che causerebbe notti più o meno insonni a Giovanni Trapattoni, commissario tecnico Azzurro dell’epoca: Ulises de la Cruz, rapido esterno destro difensivo – ma con qualità marcatamente offensive – sbarcato in Europa solo un anno prima. Dove? Hibernian Football Club, Edimburgo, Scozia.

Solo il campo ridimensionerà lo spauracchio De la Cruz e rimetterà al proprio posto l’Ecuador: pratica risolta in ventisette minuti da una doppietta di Christian Vieri. Quello stesso Vieri che proprio pochi mesi fa, nel suo “Chiamatemi Bomber”, ha riservato un breve passaggio a questa vicenda. Cito testualmente: “De la Cruz? Non pervenuto! Chi cazzo era De la Cruz per mettere in ansia il CT dell’Italia? Boh…”

14 dicembre 2015. L’Italia ha da poco conosciuto gli avversari che dovrà affrontare nel primo turno dell’Europeo francese. Sono passati tredici anni e mezzo da quel fine maggio ed in questo lasso di tempo la nostra Nazionale ne ha vissute di ogni: dall’eliminazione per mano della Corea del Sud di quel Mondiale fino al tonfo brasiliano, passando anche per quello di quattro anni prima in Sudafrica, per l’oro iridato del 2006 e per l’argento europeo del 2012.

Insomma, l’Italia in questi tredici anni e mezzo ne ha passate di tutt’un po’, eppure lo stato d’animo di fondo è sempre quello.

In questi giorni si sente infatti da più parti dipingere il nostro come un girone tosto, addirittura per qualcuno il più tosto dell’Europeo.

Ora, premesso che siamo stati capaci di uscire da un Mondiale pur giocando in quello che probabilmente è stato il girone più facile della nostra storia (per chi non lo ricordasse più, Paraguay – Slovacchia – Nuova Zelanda) ed è quindi evidente che saremmo capaci di suicidarci anche contro San Marino, le cose non ci sono andate esattamente male.

Dice: “L’Irlanda è una buonissima squadra, organizzata benissimo, tignosa. In più è guidata da un grande tecnico come Martin O’Neil”.

Ragazzi, se dobbiamo aver paura di questo Eire possiamo anche non presentarci nemmeno in Francia, perché il fallimento sarebbe assicurato.

Con tutto il rispetto per i nostri avversari, che magari Oltralpe finiranno con lo stupire tutti, parliamo di una compagine piuttosto povera in quanto a talento, probabilmente tra le più povere in assoluto dell’intera competizione. Una squadra che continua a convocare il futuro 36enne Robbie Keane perché non è – ancora, almeno – riuscita in un ricambio generazionale efficace. Una nazionale che a parte forse il buon Seamus Coleman, terzino destro in forza all’Everton, non ha giocatori che potrebbero giocare da titolari in maglia Azzurra.

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L’Eire solo quattro anni fa, con il girone eliminatorio che ha giocato, non si sarebbe nemmeno qualificato a quest’Europeo. Poi il calcio è bello perché gli upset sono all’ordine del giorno, ma nemmeno nel 2012 – quando erano superiori alla squadra che sono oggi – ci impensierirono (ricordate? 2 a 0 proprio nel girone, goal di Cassano e Balotelli. Ah, per la cronaca le altre due compagini con cui ci confrontammo furono la Spagna campione del Mondo e d’Europa in carica e la Croazia…).

Dice: “La Svezia è una squadra organizzata, ha vinto l’Europeo under 21 ed ha quindi tanti giovani forti, in più c’è Ibrahimovic che è un fenomeno”.

Ecco. Passi quest’ultima affermazione. Ma la Svezia, di fatto, si ferma qui. Ibrahimovic + dieci.

Il livello medio della nostra compagine è indubbiamente superiore. Stiamo parlando di una squadra giunta terza dietro ad Austria e Russia, quindi di una nazionale che in un Europeo a sedici, anche qui, non ci sarebbe proprio stata.

Non solo: ai playoff si è presa la Danimarca, passando esclusivamente grazie ad Ibrahimovic, che si è letteralmente caricato la squadra sulle spalle. Ho guardato sia andata che ritorno, e posso dire meritassero i danesi. Con gli svedesi che comunque, senza il loro fenomeno, non sarebbero nemmeno andati vicini a giocarsela.

Avere un Ibrahimovic è una colpa? Affatto. Ma noi, da avversari, dobbiamo dare il giusto peso a questa squadra. Se giochiamo da Italia non possiamo non andare là e vincerla. Provando a contenere Ibrahimovic, sperando non faccia la partita della vita proprio contro di noi.

Per il resto… sono mediamente organizzati, vero. Ma ormai tutti lo sono. La Romania, squadra per molti chissà quanto inferiore alla Svezia, ha un livello di organizzazione maggiore. Solo che loro non hanno Ibrahimovic a cambiargli le partite…

In ultimo, sfatiamo la questione giovani: hanno vinto l’Europeo under 21, ma non erano la squadra più forte del lotto. Vanno comunque dati loro tutti i meriti, ma bisogna pure dire che quando è contato – cioè nel succitato playoff contro la Danimarca – in campo si è visto solo Lewicki per novanta minuti, con due sprazzi di Guidetti e Hiljemark. I cugini danesi, invece, hanno schierato Hojbjerg, Poulsen, Durmisi ed Eriksen (che agli ultimi Europei under 21 non c’era, ma che era in età per esserci essendo un ’92 come Guidetti), più scampoli di Vestergaard. Insomma, la transizione generazionale sicuramente la faranno anche gli svedesi, e magari come qualità media ci guadagneranno anche. Ma parlare dei loro giovani, ad oggi, non ha molto senso.

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Dice: “Il Belgio è primo nel ranking Fifa, ha un sacco di talenti, ci asfalta”.

Questo è anche probabile. Del resto noi, sulla carta, partiamo come seconda forza del girone. E se tutte le big facessero il loro dovere negli altri gruppi arrivare secondi, per la questione incroci, ci potrebbe anche andare meglio che finire primi.

Anche sul Belgio, comunque, ci sono almeno un paio di “ma”. In primis il fatto che per quanto siano molto talentuosi (Hazard, De Bruyne, Lukaku e Courtois giusto per citare qualche nome) si tratta comunque di una squadra per lo più giovane, ancora inabituata a certi contesti. Il salto di qualità mentale definitivo credo siano destinati a farlo, in futuro. Non è però detto questo capiti già la prossima estate in Francia.

Inoltre, per quanto talento abbiano, ci sono anche zone di campo in cui sono comunque meno forniti. Insomma, non sono un’armata imbattibile, sulla carta. Più talentuosi e futuribili di noi, ad oggi. Ma comunque coi loro punti critici, come più o meno ogni squadra della storia.

Dice: “Siamo scarsi”.

Ma anche fosse, perché magnificare le nostre avversarie ben oltre le loro effettive potenzialità ed i loro effettivi meriti?

Io credo che questa Nazionale sia inferiore a molte delle rappresentative che abbiamo avuto in passato, ma che non sia nemmeno così povera come viene dipinta. Alla fine, come sempre ci capita, a fare la differenza sarà l’amalgama che riusciremo a trovare. Perché se la difesa della Nazionale dovesse confermarsi sui suoi livelli migliori, con un Buffon che è ancora tra i top al mondo nel ruolo ed un centrocampo che spero venga messo nelle mani – anzi, nei piedi – di Verratti (con in primis l’ottimo Marchisio a supporto, ché da secondo violino resta un signor giocatore), potremmo avere limiti evidenti solo davanti. Dove io inizierei a costruire l’attacco / la fase offensiva da Lorenzo Insigne. Perché oggi come oggi è l’unico giocatore convocabile capace di dare una scintilla in più.


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Dopo aver parlato della nuova generazione che proverà a ridare spolvero al calcio polacco eccomi volare in Danimarca, dove una serie di giovani calciatori dipinge un futuro che par esser roseo per la Danish Dynamite.

Partiamo da ciò che fu.

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Dicendo che agli albori del calcio la Danimarca fece buone cose, vincendo gli argenti olimpici del 1908 e del 1912, più il bronzo nel 1948.

Di fatto, però, il calcio danese si imporrà all’attenzione del mondo solo a partire dalla metà degli anni ottanta: semifinale europea nell’84, ottavi Mondiali (alla prima partecipazione della loro storia) due anni più tardi, oro Europeo (da ripescati, in sostituzione dell’esclusa in fase di scioglimento Jugoslavia) nel 1992.
Da lì in poi una serie di piazzamenti europei e mondiali a dare discreta continuità ad un paese che però dal 2006 in poi ha registrato un netto passo indietro: dopo i quarti europei del 2004 (col crollo contro la Repubblica Ceca di Koller e Baroš, 3 a 0 secco) la Danimarca non si è qualificata ai Mondiali del 2006 e del 2014 ed agli Europei del 2008, uscendo al primo turno sia ai Mondiali sudafricani che al torneo continentale del 2012.

Questo discretamente lungo periodo di insuccessi potrebbe però essere superato nei prossimi anni, con una serie di giovani promesse che se probabilmente non sapranno ripetere quanto fatto da Schmeichel e compagni nell’ormai lontano 1992, di certo potranno dar battaglia per riportare i danesi a livelli più accettabili.

Partiamo quindi dall’estate appena passata: proprio in Repubblica Ceca si è giocato l’Europeo under 21, con i danesi che hanno saputo classificarsi terzi a parimerito con la Germania (in questa competizione non si gioca la finalina).

Un buon risultato arrivato grazie al secondo posto nel girone, maturato come conseguenza delle vittorie sui padroni di casa e sulla Serbia e della sconfitta con i tedeschi. Cui ha fatto seguito il netto 4 a 1 (ma era 2 a 1 fino a sette dalla fine, per una partita più aperta di quello che il risultato direbbe) della semifinale, persa contro i futuri campioni svedesi.

Proprio in quell’under 21 ci sono una serie di giocatori molto interessanti, diversi dei quali sono già stati integrati nelle fila di una nazionale maggiore che ha perso solo ai playoff, schiantandosi contro Ibrahimovic, l’accesso all’Europeo francese.

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Primo tra tutti citerei un giocatore di cui ho già parlato anche nei miei libri, quel Pierre-Emile Højbjerg che dal 2012 si è trasferito in Germania per completare formazione e maturazione.
Parliamo di un ragazzo dalle grandi doti tecniche, con controllo e calcio pulito, abile sia a gestire la sfera che a rifinire il gioco per le punte.
Di proprietà del sempre attento Bayern Monaco, ha giocato la seconda parte dell’ultima stagione all’Augsburg (che ha contribuito a qualificare all’Europa League), per passare poi in prestito allo Schalke all’inizio di questa.
A Gelsenkirchen sta trovando poco spazio, ma non per questo in Danimarca si sono scordati di lui. Anzi, ha giocato entrambi gli spareggi di qualificazione ad Euro 2016, segno del fatto che nonostante la giovane età (è un classe 95, quindi nel pieno del suo biennio under 21, dopo aver giocato già lo scorso da sottoetà) resta uno dei giocatori su cui si impernierà il nuovo corso danese.

Restando ai reduci di quell’under 21 passiamo al “macedone” Riza Durmisi, entrato all’età di 10 anni nell’Academy del Brøndby, dove milita tutt’ora.
Si tratta di un terzino sinistro molto ordinato ed educato, che mi ha davvero ben impressionato in Repubblica Ceca. Strano che nessuno, al termine di quella manifestazione giovanile, abbia pensato di andare a prelevarlo. Oggi è il terzino sinistro titolare della nazionale maggiore danese, nonostante per età (parliamo di un classe 94, in questo caso) sia ancora virtualmente un under 21.

Classe 94 è anche Yussuf Yurary Poulsen, lungagnone offensivo abile a giocare sia largo che come riferimento centrale per l’attacco, giocatore in forza al Red Bull Lipsia e già titolare della nazionale maggiore.
Non è un giocatore che mi riempie gli occhi, ma di certo si tratta di un ragazzo con un buon talento e soprattutto una grande abnegazione.

E del 94, annata che ha dato ottimi frutti in Danimarca, è anche Viktor Fischer, attaccante esterno scuola Ajax.
Scuola che condivide con un giocatore che seppur sulla bocca di tutti da tanti anni ha solo 23 anni: Christian Eriksen, probabilmente il giocatore più tecnicamente dotato in assoluto dell’attuale formazione danese.

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Beh, se anche mi fermassi qui vi avrei già dato un po’ di motivi per cui la Danimarca, continuasse su questa strada, potrebbe tornare a raccogliere buoni risultati a livello di nazionale maggiore.

Ma la verità è che ci sono altri giocatori che vale la pena citare.

Ad esempio, per quanto concerne la cerniera centrale del reparto arretrato, il capitano della spedizione ceca Jannik Vestergaard, 23enne centrale del Werder Brema, ed il giovanissimo (classe 96, ma già titolare in Champions League con la maglia del Borussia Moenchngladbach) Andreas Christensen, due giocatori che potranno dare una certa solidità là dietro per diversi anni.
In particolare sono molto curioso di seguire il percorso di crescita, già piuttosto precoce, del secondo. Anche lui è uno dei tanti ragazzi che ho presentato già nei miei libri: scuola Chelsea, con cui ha vinto l’ultima edizione della Youth League, è un centrale educato ed elegante, già molto più maturo di quanto i suoi 19 anni non lascino pensare. Ha sicuramente i numeri per imporsi come uno dei migliori interpreti europei del ruolo, a maggior ragione in un periodo storico in cui la qualità, in difesa, latita.

Nei miei libri, gli anni scorsi, presentai anche il buon Pione Sisto, anche lui – come i due centrali appena citati e molti altri ragazzi cui mi riferisco in questo pezzo – presente in Repubblica Ceca lo scorso giugno.
In questo caso parliamo di un colored – le origini ugandesi vengono tradite anche dal nome, non propriamente danese – che ama agire sulla fascia (preferibilmente destra), con qualità e spunti in velocità. Abile nel dribbling e dotato di una buona progressione, Sisto venne seguito da club italiani già un paio d’anni fa, pur rimanendo poi – almeno fino ad oggi – al Midtjylland.

A questi giovani o giovanissimi aggiungerei poi qualche giocatore già un po’ più maturo, ma comunque con diversi anni di carriera ancora davanti. Ad esempio l’ex palermitano Kjær (26 anni!), i 24enni Delaney, Braitwhaite e Nicolai Jørgensen, il 23enne Falk.

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Insomma, il materiale umano per provare a riportare la Danimarca a livelli accettabili (intendo nella fase ad eliminazione diretta di Mondiali ed Europei) c’è senz’altro.
Vedremo se tutti questi ragazzi sapranno mantenere le promesse anche a livello di nazionale maggiore, o se dopo le belle speranze lasciate intravvedere da ragazzi non sapranno ripetersi dove più conta davvero…


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Torniamo a dare un’occhiata al Ranking UEFA, aggiornando la situazione post fase a gironi.

L’Italia chiude questa sesta giornata con un bottino non più che discreto: una sconfitta, due pareggi e due vittorie.

Il tutto va a sommarsi ai 18 punti di bonus (ovviamente totali, non a coefficiente nazionale) raggranellati da Juventus e Roma in virtù dell’accesso agli ottavi di Champions League (che pesa 9 punti a squadra), portando l’Italia a crescere dagli 8.5 punti di coefficiente della scorsa giornata ai 10.3 attuali.

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Proprio il bonus qualificazione gioca però contro l’Italia: come dicevo in questi giorni a chi – erroneamente – diceva fosse meglio che le inglesi passassero in Champions perché in Europa League avrebbero potuto accumulare più punti, l’Inghilterra porta a casa ben 31 punti totali come bonus qualificazione (27 per il passaggio del turno di City, Chelsea ed Arsenal più i 4 della partecipazione ai gironi dello United) e ci scavalca nella classifica dei coefficienti di questa stagione.

Certo, se poi davvero le inglesi di Champions dovessero uscire subito potremmo pensare che il bonus si compensi con quello che avrebbero invece potuto guadagnare in Europa League, ma siamo nella terra dei se e dei ma, perché giocando al 100% potrebbero passare così come giocando al 10% sarebbero potute uscire anche in Europa League.

Inghilterra che passa così dal sesto al quarto posto stagionale. Un buon duplice salto in avanti, che ora andrà però confermato con l’anno nuovo (e noi, da italiani, non possiamo sperare altro che ciò non avvenga!).

Passando quindi al ranking quinquennale, quello che ricordo a tutti “fa fede” e porta all’assegnazione dei posti in Europa, la situazione rimane per noi sostanzialmente invariata. L’Inghilterra torna ovviamente ad allungare di qualcosa, ma la differenza è sempre intorno ai tre punti totali.

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Una distanza che potrebbe essere difficile da colmare in questa stagione (ma non impossibile, soprattutto qualora le inglesi dovessero riprendere il proprio “suicidio di massa” all’inizio della fase ad eliminazione diretta) ma che in proiezione futura non deve spaventare affatto.

Terminasse oggi l’attuale stagione, infatti, inizieremmo la prossima virtualmente davanti ai Figli d’Albione, come mostra la grafica che segue.

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In più bene sottolineare, anche se si inizia ad andare troppo in là nel tempo ed a stagione non ancora terminata significa parlare un po’ di aria fritta (ma per una volta facciamolo!) che se la nuova stagione iniziasse così ci basterebbe anche solo pareggiare i conti con gli inglesi per allungare ulteriormente l’anno dopo, come mostra la grafica qui sotto. Che, addirittura, racconta di un’Italia davanti anche alla Germania, virtualmente. Ma con una stagione e mezza ancora da disputare, è veramente uno sguardo in avanti troppo ardito per parlarne in maniera concreta (nel complesso, però, serve a far capire che rispetto a qualche stagione fa il miglioramento delle italiane in Europa c’è ed è tangibile).

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Il calcio, inteso come impresa economica, presenta caratteristiche anomale. In uno scenario dove regna la stagnazione, il calcio pare non soffrire particolarmente, anzi.

Il suo indotto economico in Italia si attesta su cifre superiori ai 6 miliardi di euro, cifre che lo collocano fra i primi settori economici d’Italia.

Non sembra eccessivo parlare allora di industria del calcio. Qui vorremmo soffermarci su questo aspetto: quali sono, per esteso, le figure lavorative inerenti al mondo del calcio.

Non ci sono solo i top-player e i Mourinho, e nemmeno gli Aristoteles e gli Oronzo Canà.

C’è un modo, ci chiediamo, per riuscire a entrare nel sistema, senza essere un campione col pallone tra i piedi – e senza esser la parte passiva dello stesso, cioè quella maggioranza che spende per assistere allo spettacolo più bello del mondo? Dal ruolo più umile alla giocata più eccelsa, le squadre di calcio professionistiche hanno una lista di dipendenti lunga quanto quella che compare sullo schermo a fine proiezione, a prescindere dagli undici che scendono in campo.

Questa potrebbe essere una considerazione sufficiente per cominciare a cercare se le tue competenze rientrano in quelle là ricercate, oppure se è possibile trovare un percorso professionalizzante per raggiungerle.

Una squadra professionistica deve avere un buon staff tecnico, a partire dall’allenatore con i suoi assistenti.

L’allenatore è in bilico tra la considerazione e la stima dei suoi giocatori, del club, della stampa; a volte è stimato, lodato, apprezzato, altre volte (molto più spesso a dir la verità) rifiutato, criticato, disprezzato ed in ultimo esonerato.

Per guidare una squadra l’allenatore deve possedere competenza tecnica – magari suffragata dall’esperienza sul campo, una competenza nella guida della squadra, oltre a buone doti da psicologo. Se pensi di possedere anche solo parzialmente una di queste caratteristiche, è già una buona notizia. Quello che manca lo potrai apprendere in un corso della Federazione, o, più semplicemente, attraverso la pratica sul campo.

Diverse sono poi le figure di provenienza medica: laddove c’è una competizione, ci vogliono persone preparate a portare la squadra al migliore stato di forma. Si tratta di un’equipe sanitaria composta da medici, fisioterapisti e preparatori atletici, chiamati tutti assieme a lavorare in sinergia per il raggiungimento della vittoria. Il trattamento degli infortuni e ancora di più la loro prevenzione, costituiscono la seconda faccia di questo lavoro.

Se possiedi una preparazione medico sportiva, potrebbe essere per te vicina un’opportunità di questo tipo.

Per avere un panorama delle varie offerte di lavoro nel mondo del calcio, un valido strumento, raggiungibile attraverso la rete, sono i siti di annunci on-line. Essi operano in relazione a diverse categorie di compravendita (dalle auto alle case, passando per i corsi di formazione), sono tendenzialmente gratuiti e mettono in correlazione chi domanda e chi ricerca.

Il sito Bakeca, sul podio del settore, vi sarà certamente di aiuto nella ricerca di un’occupazione all’interno del campo del vostro cuore.


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Si è concluso ieri notte, con la vittoria della Nigeria, il Mondiale under 17 disputatosi nelle ultime settimane in Cile.

Un Mondiale che ha visto ancora una volta ben comportarsi le compagini africane, forti di una precoce maturità fisico-atletica che a questo livello finisce quasi sempre per avvantaggiarle.

Proprio da qui nasce una finale disputatasi tra due stati del Continente Nero: Nigeria, appunto, e Mali.

Ma andiamo a vedere l’undici del torneo, composto con un po’ quelli che sono stati i giocatori capaci di raggiunge un livello di gioco più alto.

Akpan Udoh – Nigeria
Il portiere che mi ha impressionato di più tra quelli visti, cosa che per altro aveva fatto già all’epoca degli Europei under 17, è stato sicuramente il belga Teunckens. Che, però, si è macchiato di un errore sanguinosissimo nella semifinale contro Mali, un “infortunio” che di fatto è costato la finale ai giovani Diavoli Rossi.
Ecco perché, alla fine, la mia scelta deve cadere sul pur buon Udoh, estremo difensore dai riflessi notevoli capace di aiutare la Nigeria a riportare la Coppa del Mondo under 17 a Lagos e dintorni.

John Lazarus – Nigeria
Sul miglior terzino destro, invece, meno dubbi. Ed anche qui si torna in casa Nigeria, per premiare il buon Lazarus. Un pendolino capace di arare la propria fascia con costanza, avanti ed indietro. Un cursore laterale dalla grande soglia di attenzione e dall’ottima capacità di spinta. Certo, anche in questo caso l’essere già piuttosto maturo da un punto di vista atletico è evidente che lo ha aiutato molto ad imporsi come il miglior interprete del ruolo nel torneo.

Joaquín Esquivel – Messico
Il capitano del Messico, giunto quarto dopo averle prese dalla Nigeria in semifinale ed aver ceduto al Belgio nella finalina, si è dimostrato un giocatore già molto maturo dal punto di vista caratteriale e comportamentale. Giocatore già in possesso di una buona qualità tattica e dotato tecnicamente oltre la media del ruolo, ha dimostrato grande carisma e capacità di comandare tanto il proprio reparto che la propria squadra. Sicuramente una risorsa importante, per il Messico, su cui costruire il proprio futuro.

Wout Faes – Belgio
Il capitano del Belgio, arrivato terzo dopo aver ceduto al Mali per colpa della già citata “cappella” di Teunckens, si è dimostrato tra i centrali più affidabili del torneo, come del resto già fatto all’Europeo di categoria. Certo, la finalina è stata macchiata da un’espulsione, su cui per altro i giovani Diavoli Rossi hanno avuto molto da recriminare, ma nel complesso anche lui si è dimostrato difensore già discretamente solido e soprattutto maturo, quantomeno in relazione ad età e ruolo.

Pervis Estupiñán – Ecuador
Il terzino sinistro ecuadoregno si era già rivelato come il miglior laterale difensivo sinistro del continente sudamericano nel corso dell’ultimo torneo continentale di categoria. Bene o male si è ripetuto anche a livello mondiale, mostrando grandi doti atletiche che lo hanno reso una freccia davvero inarrestabile su quella fascia. Inutile dire che proprio la sua maggior maturità atletica ha inciso molto sul suo rendimento, permettendogli di dominare contro avversari certo non inferiori a lui, in prospettiva. Riuscirà a mantenere questo strapotere fisico negli anni?

Kelechi Nwakali – Nigeria
Il capitano della nazionale laureatasi campionessa del mondo ha messo in mostra un ottimo bagaglio, già piuttosto completo nonostante l’età verde. Tecnicamente abile, tatticamente attento, dotato di un fisico slanciato ed una buona capacità polmonare, Nwakali ha messo in mostra un gioco fatto di lotta e di governo che l’ha portato tanto a gestire il possesso nigeriano quanto a fungere da schermo per la propria difesa. A questo ha aggiunto anche una discreta capacità sui calci piazzati, sia diretti che non.

Dante Rigo – Belgio
Il giovane talento in forza al PSV è stato tra i trascinatori della nazionale belga, arrivata ad un onestissimo terzo posto finale. Sicuramente tra le mezz’ali più interessanti sul panorama internazionale, unisce una certa predisposizione all’inserimento con un buon feeling col goal, come confermato anche nel corso di questo Mondiale.

Dante Vanzeir – Belgio
Si può inserire un giocatore nella Top XI di un torneo basandosi su di una sola partita?
Non lo so, ma lo faccio uguale. Perché quanto fatto ieri da Vanzeir nella finalina contro il Messico è stato assolutamente devastante: due goal ed un assist in un match giocato per buona parte con l’uomo in meno, e soprattutto dando l’impressione di uno strapotere assoluto che non ricordavo dai tempi di Deulofeu, che in categorie come queste sembrava un Messi più forte.
Doveva essere Azzaoui la star dell’attacco belga, ed invece proprio sul filo di lana il Belgio ha “scoperto” il giocatore del Genk…

Samuel Chukwueze – Nigeria
Sicuramente uno dei giocatori più dotati dell’intera competizione. Taglia e cuce il gioco in posizione avanzata, rifornendo di palloni un po’ tutti i compagni che gli capitano a tiro, a partire dal bomberissimo Osimhen. A livello di under 17 sicuramente un talento importante e difficile da contenere.

Aly Mallé – Mali
In realtà non è stato certo l’unico maliano ad aver fatto molto bene – altrimenti non sarebbero arrivati sino in finale – ma tra una cosa e l’altra è l’unico che vado ad inserire in questa Top XI. Ed è di certo un giocatore che porterei immediatamente in Europa, dato che ha prospettive solidissime da giocatore di categorie importanti. Da capire, semmai, a quale livello riuscirà ad attestarsi.

Victor Osimhen – Nigeria
Se la Nigeria è stata la squadra mattatrice del torneo (come dimostrano vittoria finale ed il fatto che ho pescato nella loro rosa a piene mani per costruire questa Top XI) di sicuro Osimhen ne è stato il mattatore assoluto. Un goal ogni sessantatre minuti giocatori. Ovvero sia dieci segnature totali, con tanto di record storico nella competizione, posto che prima di ieri Sinama-Pongolle era riuscito a fermarsi “solo” a nove. Giocatore assolutamente devastante, ma altrettanto evidentemente già molto più maturo dei propri pari età. Ora c’è quindi da capire quanti margini di miglioramento possa avere (da un punto di vista tecnico nemmeno pochissimi, ma ci si deve lavorare tanto e bene).


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Partiamo da un presupposto: non ho potuto vedere il match tra Milan e Sassuolo, essendo impegnato allo stadio di Solbiate Arno a seguire il Varese.

Non potrò quindi parlare del primo match ufficiale in Serie A disputato ieri da Gigio Donnarumma, né mi soffermerò su di un goal subito che ho potuto vedere solo rapidamente su Goal Parade.

Anche avessi potuto seguire il match in diretta, magari dalle tribune di San Siro, il discorso comunque non cambierebbe. Non è infatti possibile esprimere giudizi definitivi su di un giocatore che ha visto il campo a livello professionistico una sola volta. Non avrebbe poi tutto questo senso dedicare un pezzo ad una prestazione del genere.

No, in questo articolo vorrei parlare in generale degli esordi precoci. Perché mettere piede in campo in Serie A a soli 16 anni e 8 mesi tondi questo è: esordire precocemente.

Ecco, in questo senso ho sentito qua e là, di sfuggita, pareri differenti. Da chi ha condannato in toto l’idea di far giocare tra i professionisti un ragazzo così giovane a chi ha esaltato la volontà del Milan di puntarci, passando per una serie di sfumature nel mezzo, che non mi hanno comunque convinto fino in fondo.

Per questo, vi dico la mia.

Gigio Donnarumma lo seguo da almeno un paio d’anni, da quando cioè giocava aggregato sottoetà con la formazione degli Allievi Lega Pro di Christian Brocchi, attuale tecnico della Primavera rossonera.

Sottoetà perché già a 14 anni, e chi lo conobbe – sportivamente – all’epoca lo ricorderà, era un atleta già molto più maturo dei pari età.

Fisico più sviluppato della media, buona impostazione tecnica, una certa tranquillità nell’affrontare le varie situazioni che i match gli proponevano davanti a sé. Un portiere, insomma, con già un buon livello di “cottura”, per quanto proprio quello dell’estremo difensore sia probabilmente il ruolo in cui i giocatori maturino più tardi.

Gigio Donnarumma era un portiere che ti rubava subito l’occhio: impossibile non notarlo con quella stazza poderosa, anche rispetto ai ragazzi di un anno più grandi. Impossibile non farci caso anche nel vederlo disimpegnarsi in partita, tra i pali come in uscita.

Insomma, Gigio Donnarumma ha dei numeri importanti nella sua faretra. Ha un fisico di un certo livello, che andrà ad affinarsi ancora. E tante qualità importanti, tra queste – pare – anche serietà e voglia di impegnarsi.
E’ quindi un portiere con del potenziale, un ragazzo che ha prospettive importanti e che tra qualche anno – se non prima – potremmo trovare a giocare stabilmente in Serie A. O, perché no, può coltivare anche sogni di Nazionale, sempre ricordando che nel giro delle giovanili c’è – ovviamente – già da tempo (anche qui, ancora una volta sotto età).

Gigio Donnarumma è quindi uno di quei talenti precoci come ce ne sono stati tanti nel corso della storia del calcio. Storie diverse, che hanno visto giovanissimi campioni in erba arrivare ad esplodere e vincere tutto in taluni casi, o implodere e sparire dal calcio che conta in altri.

Dove arriverà Gigio Donnarumma non lo posso certo sapere. Il punto cui voglio arrivare è un altro, e non riguarda lui in senso stretto.

Sono personalmente fermamente convinto che un ragazzo, specialmente ad un’età verde, abbia bisogno di fiducia per crescere. In primis di fiducia in sé stesso.

Sentirsi responsabilizzato nel venir mandato in campo così giovane può sicuramente rivelarsi un boomerang: se da un parte ti viene dimostrato che si crede in te, dall’altra vieni caricato di responsabilità enormi, che non è detto a 16 anni tu possa essere in grado di reggere.

Ecco perché è necessario che venga costruito attorno al talento prococe – Donnarumma è solo un pretesto, questo discorso vale per lui come per tutti quelli che arrivano tra i professionisti presto -, così che il ragazzo possa crescere in un contesto in cui troverà degli appigli cui aggrapparsi quando il fardello si farà troppo pesante, i giusti stimoli per continuare a crescere e quella fiducia dell’ambiente che introiterà diventando anche fiducia in sé e nelle proprie capacità.

Prendere un giovane talento e lanciarlo nella mischia solo per spostare attenzioni dai propri problemi a lui, per dare un nuovo mini-beniamino alla piazza o pregustando future maxi-plusvalenze è quanto di più sbagliato sia possibile.

Nel calcio, come in ogni altro ambito della vita, è necessario fare ampio uso di programmazione. Quando si vuole lanciare un giocatore così precoce è necessario costruire un percorso a tappe da seguire per poter arrivare a far maturare tanto le qualità tecniche quanto il lato umano del ragazzo, trasformando una crisalide in una farfalla.

Ecco, tornando a Gigio Donnarumma il mio timore è che il Milan, che pure ha ampiamente dimostrato di credere e puntare nel ragazzo, questa programmazione non l’abbia fatta.

Donnarumma ha iniziato di fatto la stagione come terzo portiere e, senza una motivazione apparentemente valida, si è trovato a fare il primo portiere, pur con Lopez ed Abbiati a disposizione.

Mi viene difficile credere che già in estate tutto questo fosse stato messo nero su bianco da dirigenza sportiva e comparto tecnico. Mi sembra invece che la sua titolarità di ieri sia frutto più del caso e della cattiva partenza del Milan, che non di un progetto atto a far sbocciare il portierino rossonero.

Ovviamente, nel calcio – come nella vita -, tutto succede. Così come ci possono essere giocatori che pur nel miglior contento del mondo non arriveranno mai ad esprimere appieno il loro potenziale, ce ne potranno essere altri che pur senza un progetto a supporto riusciranno comunque ad arrivare al top.

Ovviamente a Gigio Donnarumma, come a chiunque altro, auguro di imporsi come prima di lui fece un altro grande talento precoce del nostro calcio, Gianluigi Buffon.

Di certo però la strada, ad oggi, mi sembra in salita: il Milan è una polveriera, con un allenatore dalla panchina traballante ed un gruppo di giocatori dal valore tecnico relativo.

Il Milan è una squadra che non è ancora stata capace di chiudere una partita senza subire goal, e questo di certo non aiuta l’inserimento di un giovanissimo portiere cui giocare con a protezione un reparto ed una fase difensiva solida sarebbe molto d’aiuto.

Insomma, Gigio Donnarumma non mi sembra sia nella situazione più comoda di sempre, per trovare i propri esordi ad alto livello. Però ha delle qualità interessanti e comunque tutte le possibilità di crescere.

Spero solo che ora, dopo il match giocato con relativo goal “discutibile” subito, non venga fatto sedere subito da Mihajlovic: sarebbe la cosa peggiore, per un ragazzo che come tutti, come dicevo, ha bisogno di fiducia e di credere in sé stesso.


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Ieri pomeriggio Kovacic è finito al Real Madrid nell’ambito di un’operazione lampo che ha visto il talento – inespresso – croato passare dai Nerazzurri alla Casa Blanca per una cifra oggettivamente altina: 38 milioni garantiti più 2 legati ai bonus. Un totale (possibile) di 40 milioni per finanziare la chiusura del mercato interista.

Ognuno ha ovviamente il proprio punto di vista, ed in questo pezzo – come già fatto in occasione dell’idea “El Shaarawy mezz’ala” – ne riporterò molti altri oltre il mio.

Che è semplice: Kovacic ha del gran potenziale, ma come già detto praticamente inespresso. Per di più è un giocatore che tatticamente parlando non ha ancora una propria identità, cosa che a 21 anni non è così “normale”, per quanto non sia certo il primo cui è accaduto.
Su di lui bisognerebbe lavorarci molto e con calma, per plasmarne il talento e tirare fuori un giocatore di calcio. Cosa che oggi, esagerando il concetto, non è.

Nel corso degli ultimi mesi è stato provato praticamente ovunque, per provare a coglierne il meglio. Esterno in un centrocampo a 4, ala in un attacco a 3, mezz’ala, centromediano con compiti di regia…

Lavorare su di un ragazzo per costruirne un’identità tattica, però, non significa buttarlo in campo cambiandogli posizione sino a che non si troverà la migliore in cui può giocare. Significa studiarne le caratteristiche per provare a capire qual è quella in cui potrebbe rendere meglio e, da qui, lavorare per fargli apprendere al meglio i movimenti e lo stile di gioco grazie ai quali può interpretare al meglio il ruolo.

Insomma, all’Inter mi pare che nessuno abbia avuto la pazienza e la capacità di intraprendere un lavoro del genere. Al Real Madrid Benitez potrebbe anche provarci, soprattutto partendo dal presupposto che Kovacic non parte certo per essere titolare. In più Rafa – che è un allenatore che non ho mai amato particolarmente, ma che comunque sa il fatto suo – ha già dimostrato di saper lavorare sui giocatori, come nel caso di Insigne (progredito molto nella fase di non possesso, ad esempio).

Il problema vero è che di solito in quell’ambiente non viene dato il tempo di lavorare su di un ragazzo. Per questo, per lo più, il Real cerca giocatori già pronti: la richiesta è quella di vincere sempre e comunque. Difficile farlo con giocatori che, come Kovacic, ancora non sanno di essere carne o pesce.

Per questo motivo credo che a 40 milioni totali l’Inter abbia fatto bene a cederlo. Vero è che tra un anno, facesse bene a Madrid, costerebbe almeno il 50% in più. Però una cifra del genere, soprattutto per una squadra che acquista i giocatori quasi solo a “pagherò”, era praticamente irrinunciabile. Ancor più per un giocatore che non sarebbe partito titolare, già solo per il fatto che ancora non sa nemmeno lui dove deve giocare.

E adesso?

Io credo che l’idea – ammesso e non concesso che ci sia un progetto tecnico dietro al suo acquisto – possa essere di provare a fare di Kovacic il nuovo Modric. Quindi un interno di centrocampo di lotta e di governo, capace sia di contribuire alla costruzione del gioco che di “rompere” quello altrui. Non sono però convintissimo che Kovacic possa diventare quel tipo di giocatore.

Dove lo avrei visto meglio?

Rispondendo di botto, senza star lì a valutare ogni possibile ipotesi, dico Barcellona. Proprio pensando alle sue caratteristiche personali avrei provato a farne un vice-Iniesta: mezz’ala che sa portare palla e spezzare gli equilibri di un’azione, creando superiorità numerica nella trequarti avversaria.
Ovviamente il valore dei due è, ad oggi, molto diverso. Ma per caratteristiche credo possa diventare più simile ad Iniesta che non a Modric.

E la vostra opinione?

Ho chiesto un po’ ai miei followers su Facebook e Twitter di dirmi cosa ne pensassero di questo trasferimento…

A lanciare strali e anatemi ci pensa Andrea Scariot, secondo cui la cessione di Kovacic è “un ERRORE CLAMOROSO, la Serie A perde l’unico giovane di valore assoluto dopo Pogba. Questo non è uno inadatto al nostro campionato come Coutinho”.

Di fatto, però, è l’unica opinione che legge in maniera davvero negativa la cessione del talento croato.

Secondo Busonzio, ad esempio, “a quelle cifre, giusto ma doloroso cederlo. Va però assolutamente rimpiazzato, o il reparto di cc sarà troppo muscolare. non capisco cosa se ne faccia il Real, sebbene il calcio spagnolo sembri particolarmente adatto al gioco di Kovacic”. Paolo Inaudi è invece un po’ più duro con l’Inter, ma pure col Real: “sbagliato cederlo (l’inter ha cambiato tutto, troppo a mio parere), inutile per il Real e 35ml è da folli”.

Real Madrid che avrebbe commesso un errore anche secondo l’idea di Alessandro Rubichini, che critica anche la scelta del giocatore di trasferirsi alla Casa Blanca: “La scelta peggiore che potesse fare, sia lui, che il Real. 35M per uno che aveva bisogno di giocare e trovare la posizione ideale, sono una follia. L’Inter ha fatto benissimo a cederlo, cambiargli ruolo ogni partita poteva solo distruggerlo, ma il Real è la squadra meno adatta (al momento) per il continuo della sua carriera. Questo tra 2 anni torna a metà prezzo”.

Secondo Matteo Spaziante scegliere il Real resta un’incognita, per Kovacic: “in una squadra come il Real ha le stesse possibilità di esplodere o di diventare il nuovo Sneijder”.
Perplessità per quello che sarà l’utilizzo a Madrid che vengono sottolineate anche da Luca: “a queste cifre giusto cederlo x l’Inter,ma nel modulo di Benitez non capisco dove si possa collocare”.

L’idea di Ale Duò è invece che si tratti di una sorta di gioco d’azzardo: “é come se avessi 10 euro in tasca e tanto per usarli comprassi un gratta e vinci, ne ho tanti, li butto o stravinco”.

Secondo Leonardo Campana Kovacic è un “giocatore molto sopravvalutato. Non ha un ruolo definito. Gran talento ma molto, troppo, discontinuo. Indubbie potenzialità ma sui 15-17 mln era il prezzo giusto. Al solito il Real deve fare l’acquisto mediatico e gettare soldi nel cesso tipo 40 Illaramendi. La solita operazione senza senso”.
Mentre per Daniele Magni “se non prendono Melo o Leiva al suo posto non c’è nulla da dire… è una cifra irrinunciabile…il ragazzo però corre il rischio di diventare un altro caso simile a quelli di Snejider Van der Vaart Robben e Huntelaar oppure come ora Illarramendi”.

Hendrick analizza invece la cosa dal punto di vista interista: “C’è un criterio generale che vale per tutti i club che non abbiano uno sciecco o un oligarca al timone, e che non siano Real, Barcellona, Bayern o ManU: se arriva l’offerta-monstre per il tuo pezzo migliore, devi cedere. Il fatto di cedere la stella della squadra è un falso problema: il vero problema è come spendi quei soldi per far diventare la squadra migliore di quanto lo fosse con la stella. Vale per l’Inter, il BVB, il Milan, la Roma, l’Arsenal, l’Atletico Madrid…”

Luca Fermi e Agostino sono invece convintissimi l’Inter abbia fatto bene a sbarazzarsi di Kovacic: Ottima operazione e ottima plusvalenza per l’Inter. Il Real non so cosa possa farsene però, lo vedo quasi un doppione di Isco e Modric”. “Affarone dell’Inter che si vede pagare molto bene un giocatore talentuoso ma che non è mai riuscito a trovare una collocazione in campo”.

Un’idea simile la esprime anche Daniele Orsini: “Ottimo affare dell’inter…Kovacic è forte, ma a Milano rimarrebbe un’eterna promessa, e 30 milioni ci fanno comodo. Al Real può migliorare molto (se gioca) ma che non si dica in futuro “avete venduto un fenomeno”. Io sono uno di quelli convinti che se Coutinho tornasse in Serie A calerebbe tantissimo di rendimento rispetto a quello che sta facendo a Liverpool”.

Cessione giusta anche secondo Angelo Pisani: Riguardo ai miei amici interisti scontenti, ho chiesto: tifiamo l’Inter o l’fc Kovacic? Io tifo l’Inter, e come inter abbiamo fatto bene. Mateo all’Inter non parte tra i titolati, e non ha ancora un ruolo definito. Vendere Kovacic a 35+bonus è una buona cessione, non tanto per le potenzialità quanto per quello che ha dimostrato. Secondo me è il miglior talento dell’Inter, ma se dobbiamo tenerlo per sballottarlo da un ruolo all’altro – mezzala, ala, regista – meglio darlo via. Lo pagano gli stessi soldi di Vidal, per dire… Per il Real (tecnicamente, non economicamente) buona presa. Può sostituire Modric davanti alla difesa (l’anno scorso – nel momento cruciale – è mancato tantissimo), o fare la mezzala di possesso. Ha le qualità, con un progetto tecnico più definito può fare finalmente il salto”.

A chiudere il lotto dei pareri Edoardo Rinaldi, secondo cui si tratta di un “affarone per entrambi imo. L’Inter vende un giocatore con una bella classe ma che in Italia non riesce a fare la differenza, soldi che servono per i giocatori che vuole mancini. Il real prende un giocatore tipico del moduli di Benitez. Lo scorso anno con gli infortuni di Modric e Kroos e Rodriguez si era ritrovato con la panchina fin troppo corta. Il problema rimangono gli allenatori. Secondo me falliranno entrambi e questi giocatori saranno solo un peso per chi verrà dopo. Ma l’affare è corretto”.


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L’Inter è su Felipe Melo da ormai un mese abbondante.

Secondo i vari media nostrani il sempre pretenzioso Mancini avrebbe individuato nel mediano Verdeoro il rinforzo giusto per il centrocampo Nerazzurro.

L’ex juventino, che proprio a Torino floppò clamorosamente dopo essere stato acquistato a peso d’oro dalla Fiorentina, sarebbe il giocatore preposto a giocare davanti alla difesa, là dove lo scorso anno giocò Gary Medel.

“Volante” sudamericano più di lotta che di governo, non è certo il classico regista “alla Pirlo”, per quanto abbia comunque una capacità di amministrare la sfera quantomeno sulle brevi distanze un po’ più spiccata del cileno. Certo, comunque, le sue doti principali si riflettono nei duelli aerei, negli intercetti e nel tackling.

Insomma, per la sua nuova Inter Roberto Mancini dopo aver – pare – semi bocciato l’esperimento Kovacic in cabina di regia come centromediano metodista voleva un giocatore capace di dare muscoli e quantità con un tocco di qualità in più rispetto a Medel.

La situazione economica della società di Eric Thohir, però, non è certo delle più floride. Il che significa dover soppesare ogni centesimo offerto, cosa che come diretta conseguenza porta all’allungamento ed all’imbolsimento delle trattative.

Così giusto ieri sera pare essere arrivata la rottura definitiva: dalla Turchia è infatti rimbalzata la notizia che l’ex Viola avrebbe rinnovato il suo contratto in scadenza a giugno con il Galatasaray, portandolo al 2019. Il tutto accettando una riduzione dell’ingaggio, passato dai 3.3 mln della versione precedente ai 2.6 più bonus di quella attuale.

Giusto poco prima che arrivasse in Italia la notizia del rinnovo, il giornalista interofilo Marco Barzaghi aveva tweettato l’idea che frullava nelle teste dei dirigenti Nerazzurri: mollare Melo (ormai perso, in realtà), per puntare su Assane Gnoukouri, giovane talento ivoriano svezzato in casa.

Una soluzione, questa, che trova il mio pieno appoggio.

Certo, sono un po’ deluso dal fatto che ancora una volta i dirigenti nostrani si rifugino nella soluzione giovane solo a fronte delle difficoltà a reperire giocatori già formati sul mercato.
I nostri settori giovanili dovrebbero essere fucine di talenti, non parcheggi di giocatori di procuratori amici o fonte di plusvalenze con cui fare un po’ di maquillage a livello di bilancio.

Però è proprio questa strada, intrapresa pur forzatamente dall’Inter, a dover essere seguita.

Il perché è semplice: Felipe Melo è un giocatore adrenalinico che potrebbe tenere alta la tensione della squadra, certo. Nel contempo però un giocatore non può cambiare da solo l’approccio ai match di un’equipe.
In più ci sono una serie di lati negativi: l’età non più verde del ragazzo (32 anni), l’esborso economico per il cartellino (posto che non si è riusciti a chiudere lo scambio con Nagatomo) in una situazione come detto già complicata, il salario sostanzioso preteso dal giocatore (che fino a ieri guadagnava appunto più di tre milioni l’anno).

E’ qui che serve un cambio di filosofia. Gnoukouri ha già dimostrato di potersi disimpegnare in maniera egregia in Serie A, un posto in rosa quindi lo può meritare. Tanti anni di carriera davanti, nessun costo del cartellino essendo giocatore già di proprietà, stipendio infinitamente inferiore a quello del brasiliano. Che significa valorizzare un asset già di proprietà, che nel caso potrà quindi portare anche ad una futura plusvalenza, ma soprattutto fare economia sul mercato, liberando risorse da concentrare su altri giocatori.

E proprio qui sta il salto culturale che andrebbe fatto in Italia.

Lo spiegavo ieri in una discussione (che in quel caso riguardava la Juventus) su Facebook: Football Manager è solo un videogame, ok, ma ricalca in maniera abbastanza fedele la realtà manageriale di una società calcistica.

Ebbene, da sempre a Football Manager organizzo le mie squadre così: punto forte sul settore giovanile (cercando 15/16enni di valore, ingaggiando gli scout e i tecnici migliori, ecc) per far sì che questo diventi un serbatoio sicuro da cui attingere per rimpolpare la rosa della prima squadra.

Questo mi permette quindi di concentrare le mie risorse economiche non tanto sull’ampliamento quantitativo della rosa, quanto sul miglioramento qualitativo della stessa.

Così anziché spendere (cifre ipotetiche) 100 per acquistare 10 giocatori (con conseguente frazionamento degli investimenti), posso spendere 100 per acquistare 5 giocatori, perché gli altri 5 li promuoverò dal settore giovanile. Che gestito a dovere mi garantirà come minimo giocatori pronti per lo meno per affrontare un campionato da Serie A, per quanto magari non già da protagonisti assoluti.

Concentrare le risorse solo su pochi acquisti, ovviamente, mi permetterà di puntare giocatori più costosi e, generalmente, di maggior qualità.

Ecco perché puntare su Assane Gnoukouri, nel caso dell’Inter, è meglio che andare ad acquistare Felipe Melo: il giovane ivoriano ha dimostrato di reggere senza grossi problemi il palcoscenico che è chiamato a calcare. Certo non cambierà la squadra da solo, ma questo non l’avrebbe fatto nemmeno il brasiliano.
In un contesto funzionale potrà però dire la sua, posto che tecnicamente ha dimostrato di non avere molto da invidiare a tanti protagonisti della massima serie. E proprio la sua conferma in luogo di un nuovo acquisto potrà permettere all’Inter di concentrare le proprie risorse su altri giocatori.


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