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Archive for the ‘MLS’ Category

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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Giusto ieri sera sui profili ho seguito la finale del campionato MLS 2014. Vinta, come abbiamo già avuto modo di dire, dai Los Angeles Galaxy. Che con questo salgono a cinque successi nella propria storia, prendendosi la prima posizione dell’albo d’oro in solitaria distaccando i DC United di un titolo.

Come successo già al termine della regular season ho contattato Giacomo Costa per farmi una chiacchierata a conclusione della stagione.

Galaxy campioni. Per quanto mi riguarda con merito, dato che i Revs – che pure hanno rischiato di spuntarla – hanno giocato una finale globalmente inferiore a Los Angeles. Che ne dici?

Nella gara di ieri hanno sicuramente meritato i Los Angeles Galaxy. I Revs mi hanno deluso un po’, credo che abbiano giocato al di sotto delle loro possibilità, come gli stessi Galaxy. Gli americani sono abbastanza d’accordo sul fatto che è stata una delle peggiori partite dell’anno. Anche se è stata interessante lo stesso dato che si decideva una stagione intera. Nessuna delle due squadre ha voluto rischiare più di tanto e i giocatori che potevano cambiare il match sono rimasti nell’ombra quasi sempre. Alla fine l’ha spuntata anche la solidità dei Galaxy con un Omar Gonzalez difficilmente superabile quand’è in giornata, riesce quasi a far ben figurare Leonardo, il suo partner. Inoltre ha vinto per l’ennesima volta una difesa americana, come da tradizione. I primi mesi dell’anno non furono ottimi per la squadra di Los Angeles, poi l’esplosione di Zardes, il “ritorno” ai loro livelli di Donovan e Gonzalez e qualche invenzione di Bruce Arena hanno fatto sicuramente la differenza.

Robbie Keane MVP. E a coronare il tutto il goal decisivo in finale, ai supplementari. Premio meritato?

Sì, alla fine direi premio meritato. Anche se io avrei votato Nguyen. Perché 20 goal stagionali da centrocampista sono tanti, senza avere di fianco un Donovan che vince la classifica degli assist. Comunque grandissimo merito all’irlandese che è ancora ben messo fisicamente, d’altronde lo aveva dimostrato anche nel prestito all’Aston Villa, seppur sia passato ormai del tempo. Quest’anno ha giocato la sua miglior stagione e fisicamente, appunto, non mostra segni di cedimento preoccupanti. Si vede che ha ancora tanta fame di vittorie, lotta su ogni pallone e se la prende con l’arbitro anche per il minimo contatto dimostrando tanto agonismo.

La finale di quest’anno è stata anche l’ultima partita della carriera di un grandissimo del calcio americano, Landon Donovan. Sicuramente un esempio da seguire per i più giovani…

Donovan è l’idolo di ogni ragazzino americano che inizia a seguire il calcio. Trovare un altro volto così per il calcio americano sarà davvero difficile, anche perché il fatto che abbia giocato sempre negli Stati Uniti ha aiutato enormemente la crescita della MLS. Purtroppo si ritira già a 32 anni, una scelta inaspettata; avrebbe potuto giocare ancora, decisamente. Bisogna comunque rispettare la sua scelta, come è giusto che sia.

Quanto perde L.A. con il ritiro di Donovan?

Perde il miglior capocannoniere della storia della MLS e della Nazionale, miglior assistman della storia del campionato e un ragazzo capace di finire 7 volte nella Top XI della lega. Inoltre a livello di immagine e vendite (seconda maglietta più venduta dopo quella di Dempsey) è una perdita alla quale non puoi porre rimedio. I californiani hanno ora due Designated Players (Gonzalez e Keane), quindi potrebbero anche entrare nel mercato. Si dice siano interessati a Gerrard e Sneijder, ma sono solo voci.

Cosa ti aspetti dalla prossima stagione? Quali pensi saranno le squadre che si muoveranno meglio sul mercato e partiranno come favorite?

L’Orlando City si sta già muovendo bene. La stagione è finita ieri e già oggi avrebbero chiuso per Amobi Okugo, difensore centrale o centrocampista difensivo di Philadelphia che a questo punto non andrà in Bundesliga. Per il resto tutte dovranno rinforzarsi per arrivare ai play off e l’arrivo di due squadre competitive – almeno nelle intenzioni – come Orlando e New York City è un incentivo per tutte le altre, considerando l’addio del povero Chivas USA che era ormai un valore negativo sotto ogni aspetto per la Lega. In particolare mi aspetto nuovi acquisti dai Portland Timbers, soprattutto in difesa. Avrebbero preso Nat Borchers, molti lo conosceranno per la barba, non giovanissimo ma credo sia la mossa giusta per una difesa pessima. Nel 2013 avevano fatto grandi cose e il loro 4-2-1-3 era davvero bellissimo da guardare. Se sistemano la difesa saranno tra i favoriti. Come sempre tutte se la potranno giocare, in pochi avrebbero pronosticato il New England in finale. Inoltre l’expansion draft che si terrà tra qualche giorno, dove New York City e Orlando sceglieranno giocatori dalle altre squadre, cambierà le carte in tavola. Anche se difficilmente ci saranno giocatori forti non protetti dalle loro squadre, che ne possono salvare 10, più i vari Designated Players e Homegrown players. Poi il SuperDraft, dove se peschi bene puoi metterti in casa un Omar Gonzalez, un Besler o un Zusi, per fare esempi, se peschi male qualche giocatore inutile.

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La Major League Soccer sta entrando nel vivo proprio in questi giorni.

Per portarvi a scoprire meglio questo mondo, e più nello specifico l’andamento della stagione, mi sono fatto una chiacchierata con uno dei blogger più competenti, corretti ed educati della rete: Giacomo Costa, uno dei massimi esperti di MLS in Italia.

Partiamo dalla struttura: spiega un po’ a chi la MLS la conosce poco come è organizzato il campionato.

Comprendere la struttura del campionato può essere difficile per chi non lo mastica, sicuramente meno per chi segue gli altri sport americani. Infatti prende spunto dalle altre leghe con le “conference”, in questo caso Eastern e Western. Attualmente hanno rispettivamente 10 e 9 squadre, ma dalla prossima stagione (il campionato inizia a marzo e finisce ad inizio dicembre) entreranno Orlando City e New York City; inoltre il Chivas USA (ceduto per circa 100 milioni a degli imprenditori locali e a Tan Lian del Cardiff City) darà l’addio portando la lega a 20 squadre con lo Sporting Kansas City e gli Houston Dynamo che traslocheranno nella Western Conference. Entreranno nel 2017 Atlanta (che ha già 16,000 abbonati) e la nuova squadra di Los Angeles. Sacramento (20.000 spettatori in USL Pro) dovrebbe essere la 4° californiana. Ancora qualche dubbio per Miami, soprattutto per lo stadio e per la fan base. David Beckham potrebbe essere costretto a cambiare location, magari per il molto meno “glamour” Minnesota.
Fino a questa stagione le squadre hanno affrontato 24 volte le avversarie della stessa conference e 10 quelle dell’altra andando a comporre 34 giornate. Questo per quanto riguarda la Regular Season, ovviamente. Dall’anno prossimo dovrebbe cambiare il tutto dato che le squadre saranno 20. A fine stagione partono i classici play off dove si qualificano direttamente le prime tre classificate delle due conference, più le due vincitrici dello spareggio tra la 4° e la 5° classificata di ciascuna conference. Si arriva poi alla finale, chiamata MLS Cup, che è una partita secca che si disputa nello stadio della miglior classificata tra le due finaliste nella regular season.
Altra regola fondamentale del campionato è il salary cap, che molti non capiscono, mentre altri vorrebbero anche in Europa. Attualmente il limite è basso, troppo basso, ma già dalla prossima stagione dovrebbe salire grazie anche al nuovo contratto televisivo di 7 anni che porterà nelle casse del campionato circa 530 milioni in più rispetto a quello del periodo 2007-2014. Le regole hanno un solo obiettivo: rendere il campionato il più equilibrato possibile.

Veniamo all’edizione che sta entrando nel vivo in queste settimane: ad est si sono imposti i D.C. United davanti a New England Revolution e Columbus Crew. Al Knockout round vanno invece New York Red Bulls e Sporting Kansas City. La classifica rispecchia il valore effettivo delle squadre?

Per quanto mi riguarda lo Sporting Kansas City resta la squadra più collaudata, cazzuta ed equilibrata del campionato. Dopo aver trionfato lo scorso anno sono finiti al knockout stage anche per un pizzico di sfortuna. Hanno perso Zusi e Besler, convocati da Klinsmann per il Mondiale, da metà maggio a inizio luglio, il terzino destro Myers è fuori da inizio stagione, hanno ceduto Rosell allo Sporting Lisbona e hanno giocato qualche partita con un solo centrale di ruolo. Per il resto la classifica credo rispecchi i valori delle squadre; quelle rimaste fuori avevano qualcosa in meno delle altre, anche Toronto che ha speso tutto il budget per pochi giocatori. Il DC United ha fatto l’esatto contrario e ha chiuso al primo posto, ma ci sarà modo di parlarne più avanti dei Black & Red. Il New England e il Columbus Crew sono molti simili non avendo nomi che spiccano, ma questo vuol dire davvero poco. Al Knockout stage i newyorkesi hanno il vantaggio di giocare in casa, ma io punterei sullo Sporting Kansas City, anche se fare pronostici è davvero dura. Di solito la squadra di New York nel momento che conta davvero fallisce miseramente, ma il calcio è bello perché hai sempre l’opportunità di rimediare.

Ad ovest invece sono stati i Sounders a spuntarla, tre punti avanti ai Galaxy ed otto sui Real Salt Lake. Allo spareggio Dallas e Vancouver. Anche qui, è questo un ranking veritiero delle forze in campo?

La Western Conference la reputo di qualità migliore rispetto alla Eastern. Credo che anche in questo caso i valori siano stati rispettati quasi del tutto. I Seattle Sounders hanno visto finalmente l’esplosione di Martins e Dempsey dopo un 2013 di certo non brillantissimo e in difesa hanno aggiunto il veterano Chad Marshall, che si è rivelato un vero e proprio colpaccio. Sono una grande realtà che spesso e volentieri gioca di fronte a quasi 70.000 spettatori, sicuramente candidati a vincere la loro prima MLS Cup. I Galaxy a inizio stagione faticavano e non poco; li ritenevo una squadra con grosse lacune. Anche perché Omar Gonzalez, Donovan e Keane stavano giocando malino, e loro tre sono gli uomini fondamentali della squadra. Invece Bruce Arena ha fatto uno dei suoi soliti lavoroni, aiutato anche da un Omar Gonzalez rientrato in gran forma dal Mondiale, e quando è al 100% è insuperabile in difesa, e dall’orgoglio di Donovan dopo la porta che gli ha sbattuto in faccia Klinsmann e dopo il ritiro annunciato ad agosto. Tra i meriti dell’allenatore americano anche l’essersi inventato Robbie Rogers terzino sinistro e l’aver spostato il 23enne Gyasi Zardes in attacco che ha chiuso con 16 goal in 22 partite da titolare. La delusione in questa conference è senza dubbio Portland. Io li avevo addirittura dati come vincitori ad inizio stagione, dopo un gran 2013 nel quale si erano imposti come squadra con il miglior gioco con un offensivo 4-2-1-3. Statisticamente per vincere la MLS hai bisogno di almeno 3 difensori americani; loro dovevano rinforzarsi in quel ruolo e prendere un giocatore come Chad Marshall, che ha acquistato Seattle. Un centrale collaudato, abituato ai lunghi viaggi del campionato e alle difficoltà climatiche. Invece hanno puntato su Paparatto, arrivato dal campionato argentino, che difficilmente poteva fare bene in un campionato con uno stile di gioco come quello americano viste le sue caratteristiche. Infatti è finita male, anche se sono rimasti fuori per un solo punto. Tra Dallas e Vancouver, parlando dello spareggio, credo che siano più meritevoli i texani che giocheranno anche la partita in casa. Attenzione però ai canadesi che hanno giocatori imprevedibili come il 20enne Manneh (se non lo conoscete scaricate il mio ultimo ebook, La carica dei 301, ndr).

La classifica dei marcatori ad oggi è dominata da Bradley Wright-Phillips, autore di ben 27 reti. Quella degli assist dal solito Landon Donovan con 19 passaggi decisivi all’attivo.
Se dovessi fare qualche nome, chi sono stati i migliori giocatori della regular season?

Penso che nessuno, nessuno, si sarebbe immaginato 27 goal (6 su rigore) da parte di Bradley Wright-Phillips. In un certo senso ha anche fatto la storia dato che è il primo europeo a vincere il titolo di capocannoniere nella Major League Soccer. Ora lo seguono diverse squadre di Premier League ma dovrebbe rimanere a New York. Donovan dopo un inizio opaco ha tirato fuori l’orgoglio dopo l’esclusione dal Mondiale e grazie anche all’annuncio del ritiro. Purtroppo uno dei miei calciatori preferiti dal 2006 sta per chiudere una carriera che lo ha reso il vero simbolo del soccer americano.
Per farti qualche nome per ruolo credo che il miglior portiere sia stato Bill Hamid, una vera e propria saracinesca in questa stagione. In difesa premierei Omar Gonzalez e Matt Hedges di Dallas. A centrocampo Nguyen che ha siglato 18 goal da centrocampista centrale e in attacco, oltre a Bradley Wright-Phillips, direi Dom Dwyer, che ha siglato 22 reti, e Martins che mi ha colpito molto per la sua grande forma fisica.

Quando si parla di calcio con me, il discorso non può che finire anche sui giovani. Di americani ne ho inseriti molti nella mia carica dei 301. Ma dicci, quali sono stati i più interessanti di questo campionato, a tuo avviso?

Limitandoci solo alla Major League Soccer ne ho un paio da menzionare. Tra i più “piccolini” uno è sicuramente Erik Palmer-Brown, probabilmente conosciuto per essere un obiettivo di mercato della Juventus da almeno un anno. Ma anche Haji Wright dell’academy dei LA Galaxy che tu hai inserito nel tuo ultimo libro. Passando ai più grandi con buona esperienza come non citare DeAndre Yedlin, apprezzato da tutti al Mondiale? Lo seguo dal 2012 quando ancora giocava nel college e sono contento che avrà l’opportunità di giocare per il Tottenham. Nato nello stesso anno di Yedlin, nel 1993, quindi nemmeno così giovane, anche Wil Trapp. Questo centrocampista di Columbus mi ha stregato perché è un leader nato, sembra di guardare un 35enne a fine carriera quando gioca, ovviamente per l’aspetto carismatico. Leggevo giusto qualche giorno fa un articolo che prendeva in esame i migliori centrocampisti U24 dei migliori campionati del mondo e lui era l’unico con una percentuale di passaggi lunghi (25 o più metri) riusciti dell’86%. Ce ne sarebbero molti altri da citare ma chiudo con Diego Fagundez, il ragazzo che pare essere cercato da Fiorentina e Roma. A 19 anni conta già 88 presenze, 22 goal e 14 passaggi decisivi in campionato. Sicuramente un giovane dal grande talento che può ancora migliorare molto. Spero che che nel caso in cui venga acquistato da una squadra italiana non finisca a marcire in primavera da fuori quota.

Facciamo ora un passo indietro. Brasile 2014: un Mondiale sicuramente positivo per il movimento calcistico statunitense. In quanti anni pensi che la Nazionale a stelle e strisce possa arrivare a costruire una rosa che sia competitiva per, quantomeno, arrivare in semifinale e quindi potersi giocare l’accesso all’ultimo atto?

La semifinale la sfiorarono già nel 2002 quando al comando c’era Bruce Arena, quel match contro la Germania grida ancora vendetta nelle menti degli appassionati americani per quel pallone che finì sul braccio di Frings sulla linea di porta. Il Mondiale passato è stato positivo, ma lo stesso Klinsmann ha commesso qualche errore, a mio modo di vedere. A partire dall’esclusione di Donovan, che meritava sicuramente il posto. E’ ovvio che se a lui ha preferito Brad Davis nella decisione finale ha pesato il rapporto difficile tra i due. Discutibile anche la gestione di Bradley che ha dovuto correre molto (alla fine dei gironi era il calciatore che aveva corso di più in tutta la competizione) per scelta dello stesso Klinsmann che lo ha schierato in un ruolo inedito per lui con una condizione fisica precaria (infatti si è operato ieri a New York). Ma oltre a questo il Mondiale è stato positivo, considerando che si sono ritrovati senza una punta di riferimento dall’inizio. Personalmente pensavo dall’inizio che l’avrebbero spuntata nel girone, mi sono fidato molto di giocatori, soprattutto della MLS, come Zusi, che ha servito assist decisivi, che seguivo da tempo.
Una rosa competitiva ai massimi livelli credo che la avranno nel 2022 quando diversi talenti come Green, Zelalem, Junior Flores, Hyndman, Pulisic, Rubin e via dicendo avranno 25-26 anni. Anche se è presto per dirlo. Prima o poi trionferanno anche in questo sport, credo sia quasi inevitabile.

Ultima domanda, un po’ d’obbligo, sul patron dei D.C. United. Una squadra che l’anno scorso, con Thohir al timone, ha stentato molto. Mentre quest’anno, con l’indonesiano più concentrato sulle vicende interiste, sta volando.
Eventuali coincidenze a parte, come è visto il Presidente dell’Inter nell’ambiente del calcio professionistico americano? E ancora, qual è il tuo pensiero al riguardo?

C’è un po’ di indecisione su di lui da parte dei tifosi del D.C. United, almeno per quel che ho potuto vedere io. Il fatto che abbia trascurato la squadra per l’Inter non è piaciuto, più che altro perché lo ha dichiarato pubblicamente, e anche la trattativa per lo stadio da 300 milioni sta un po’ stufando i tifosi che sono costretti a giocare in una struttura davvero pessima per gli standard del campionato. Sicuramente su questo ultimo punto si giocherà moltissima credibilità. Io credo che Thohir sia un ottimo businessman ma è meglio che per la questione tecnica lasci fare agli altri, non a uomini di sua fiducia, proprio ad altri che sanno fare il proprio lavoro. La sua prima stagione nella capitale statunitense è stata disastrosa, poi, complice l’acquisto dell’Inter, si è defilato dando più potere a terzi che, devo dire, hanno operato perfettamente senza acquistare “nomi” ma solo giocatori di sostanza che li hanno portati in testa alla Eastern Conference con un budget normalissimo.

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CRONACA

Il match non parte su ritmi vertigonisi.
La prima conclusione a rete la portano gli americani al quinto di gioco quando Russell centra un pallone da destra che Espindola controlla in area per girarlo poi cercando il secondo palo ma trovando la pronta risposta di Orozco.

Espindola che ci prova anche quattro minuti più tardi quando taglia in area da sinistra riuscendo a bruciare la diagonale di Perez per incornare in tuffo il cross scoccato dalla destra da Morales, senza però riuscire a trovare lo specchio di porta.
Espindola che è da una parte scatenato, dall’altra incredibilmente impreciso. Un solo minuto di gioco ed uno svarione difensivo di Mier spiana la strada alla punta del Real Salt Lake che va a trovarsi solo davanti al portiere sul vertice sinistro dell’area piccola. Il suo diagonale mancino, però, si spegne a lato: occasionissima mangiata malamente.

Americani che dimostrano di avere un gioco molto più arioso e ragionato, fatto di passaggi precisi e mai casuali. Americani, poi, bravi a sfruttare al meglio, a livello di gioco, gli spazi lasciati dalla retroguardia messicana. Americani, privi di un vero bomber, solo incapaci di tradurre in rete le buone azioni costruite.
Messicani che, di contro, non riescono a costruire una manovra degna di questo nome. Troppo lento e compassato il giropalla dei centramericani, infatti, che faticano ad imbastire azioni di gioco.

Dopo i primi dieci minuti di fuoco, sotto il profilo delle occasioni, il Monterrey registra la propria difesa, ben guidata da capitan Basanta, e gli americani, che pur continueranno ad avere un gioco arioso, faticheranno a bucare gli avversari.
La prima occasione vagamente pericolosa i messicani la costruiscono solo alla mezz’ora, quando vanno a scodellare una punizione dalla sinistra là dove proprio Basanta proverà ad infilarsi, non riuscendo però a raggiungere un pallone che terminerà quindi tra le braccia di un Rimando certo non sicurissimo in questa situazione, laddove sarebbe dovuto uscire con sicurezza per fare proprio il pallone anticipando l’avversario.

Al trentaquattresimo la difesa del Monterrey tornerà a ballare ed Espindola dimostrerà ancora una volta la sua inadeguatezza sotto porta. Russell recupera un gran pallone al limite della propria area e mette in movimento Morales la cui verticalizzazione immediata mette in movimento la propria punta che s’infila alle spalle di due difensori (con Perez che bucherà clamorosamente un comodo intervento in anticipo) per presentarsi a tu per tu con Orozco e spedire ancora una volta la palla a lato. Errore madornale ma che è reso meno sanguinoso dalla segnalazione del guardalinee, secondo cui Espindola era in fuorigioco – dubbio, a parer mio – nel momento della partenza del pallone.
Quattro minuti più tardi, finalmente, si farà vedere il Chupete Suazo: messo in movimento dall’ex Boca Neri Cardozo la punta cilena controllerà bene al limite dell’area per sparare un mancino che si spegnerà di poco alto sopra la traversa.

Suazo che al quarantatreesimo veste i panni dell’assistman servendo Ayovì al limite, il cui mancino si spegne però a lato.
L’ex Colo Colo, quindi, decide di risolvere da sè le cose proprio all’inizio del recupero quando scambia due volte con Santana riuscendo a battere l’uscita di Rimando per poi calciare a rete prima della chiusura della difesa, portando in vantaggio i suoi.

Nella ripresa il Real Salt Lake prova subito a rifarsi. Espindola, dopo sei minuti di gioco, si divincola bene tra due avversari, taglia in area da sinistra ma calcia senza grande potenza, trovando la pronta risposta di Orozco.
Al cinquantaseiesimo è invece Olave a provarci da fuori, ma non riuscendo, pur di poco, ad inquadrare lo specchio di porta.

RSL in gran forcing: al cinquantanovesimo Will Johnson riceve palla all’altezza della trequarti, parte in verticale e spara un bel destro da fuori, che si spegne però alto sopra la traversa.
Un paio di minuti più tardi torna quindi a farsi vedere Monterrey: Suazo entra in area e libera di tacco Martinez, il cui tiro di prima intenzione non inquadra però la porta.

Johnson ci riproverà poi una decina di minuti più tardi, trovando però questa volta una deviazione in angolo.
Nemmeno un minuto ed è Morales a concludere a rete, trovando però la sfortunata respinta di Espindola, suo compagno di squadra.

Non ci saranno poi altre grandissimi occasioni. Il Real Salt Lake proverà senza grande efficacia a bucare la resistenza del Monterrey, che di contro proverà di tanto in tanto a pungere ma senza impegnarsi sino in fondo.

Monterrey campione del Nord America, quindi.

COMMENTO

Per il sesto anno consecutivo è una squadra messicana a vincere il massimo trofeo continentale per club. Dopo le tre imposizioni del Pachuca e quelle riportate da America ed Atlante (vinte in quattro occasioni proprio contro ad una squadra del Messico), quindi, è Monterrey a portare il tricolore in vetta al Nord America.

Imposizione, quella degli Albiazules, partita da lontano, più precisamente dallo scorso agosto.
Dopo aver dominato il Gruppo C (con cinque vittorie ed un pareggio in un raggruppamento comprendente i costaricani del Saprissa, gli honduregni del Marathon e gli americani dei Seattle Sounders) Monterrey ha dovuto effettuare ben due scontri fratricidi per qualificarsi alla finalissima.

Dapprima, ai quarti, hanno affrontato e battuto – con un doppio 1 a 0 – il Toluca, per poi sbarazzarsi – vittoria 2 a 1 in casa e pareggio 1 a 1 all’Estadio Azul – del Cruz Azul. In finale, poi, il pericoloso 2 a 2 ottenuto nella partita di andata, per poi, appunto, vincere il ritorno grazie ad una rete del Chupete Suazo.

Davvero un peccato, comunque, per il Real Salt Lake, rappresentante di un movimento in netta crescita cui avrebbe fatto sicuramente bene una imposizione continentale.
RSL capace di imporsi nel Gruppo A, lo stesso formato anche da Cruz Azul, Toronto FC ed Arabe Unido. Ai quarti scontro fratricida anche per gli americani, capaci di imporsi per 4 a 1 sui Columbus Crew dopo lo 0 a 0 riportato in Ohio. In semifinale buona imposizione nella gara di andata disputata contro il Saprissa (2 a 0), ma qualche pericolo corso nella gara di ritorno, persa 2 a 1.

Della finale poi ho già detto, con Suazo capace di consegnare agli Albiazules la Champions nordamericana.

Che dire della partita?
Beh, che nonostante sulla carta i messicani dimostrassero di poter avere qualcosa in più tecnicamente sono stati gli americani a meritare qualcosa di più. Sicuramente più ragionato e convincente, infatti, il gioco di Salt Lake, cui manca però l’esperienza internazionale grazie alla quale poter imporsi in questo tipo di partite (oltre ad una punta di livello, s’intende).

Peccato davvero, comunque. Perché meriterebbero qualcosa di più, come detto. E perché basterebbe anche un 1 a 1 per assicurarsi la vittoria finale.

Interessanti, proprio in merito alla Red&Blue Army, il terzino destro Russell ed il capitano Morales. Due giocatori che mi piacerebbe rivedere in qualche altra occasione, per capire quale sia il loro valore reale.

MVP

Humberto Suazo dimostra di essere una delle punte migliori del continente. Segna (ed un goal molto pesante, per altro), assiste, tiene palla, fa salire e rifiatare la squadra. Giocatore piuttosto completo. Certo non un fenomeno, ma pur sempre una punta di buon valore.

TABELLINO

Real Salt Lake vs. Monterrey 0 – 1
Marcatori: 45′ Suazo.
Real Salt Lake (4-4-2): Rimando; Russell, Olave, Borchers, Wingert; Williams, Grabavoy, Johnson, Morales; Saborio, Espindola. A disposizione: Reynish, Beltran, Alvarez, Alexandre, Araujo, Warner, Schuler. Allenatore: Jason Kreis.
Monterrey (4-4-2): Orozco; Perez, Mier, Basanta, Osorio; Martinez, Morales, Ayovì, Cardozo; Santana, Suazo. A disposizione: Ibarra, Meza, Davino, Carreno, Rodriguez, Arellano, Garcia. Allenatore: Victor Manuel Vuchetich.

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CRONACA

Pochi secondi e prova subito a farsi vedere Dallas: cross dalla trequarti sinistra con Atiba Harris che gira il pallone di testa verso la porta difesa da Pickens, che non ha però alcuna difficoltà a fare proprio il pallone.
E’ però Colorado ad iniziare meglio: i Rapids fanno infatti girare il pallone in maniera più pulita di quanto non riesca agli avversari. La buona capacità di manovra di Colorado porta la squadra di Gary Smiths a portarsi vicina alla rete dopo sette minuti quando Mastroeni ha una grandissima intuizione ed effettua uno splendido filtrante in favore di Cummings, il cui sinistro da appena dentro l’area sarà però preda di Kevin Hartman, alla caccia della sua terza MLS Cup in carriera.

Dopo i primissimi minuti, però, riguadagna campo Dallas, ristabilendo una sorta di equilibrio che era esattamente ciò che ci si aspettava dalle due squadre dopo che avevano già pareggiato entrambi i match disputati l’una di fronte all’altra in regular season.
Il tutto, comunque, si traduce in tentativi da una parte e dall’altra senza che però nessuno dei due club riesca realmente ad impensierire l’altro, pur con Dallas che arriverà dalle parti dell’area avversaria in maniera più continua rispetto a Colorado.

Rapids che dimostrano comunque qualche problemino di troppo in fase difensiva, laddove sembrano infatti essere particolarmente fragili in special modo sugli esterni.

Al ventisettesimo minuto, però, è la difesa di Dallas ad andare in sofferenza: Casey sfrutta infatti tutta la sua fisicità per liberarsi della marcatura di Ihemelu per poi essere contrato da Benitez. I due sbracceranno un po’ per finire poi entrambi a terra con Casey che si rialzerà immediatamente per venire agganciato proprio dal difensore avversario. Il rigore sembrerebbe essere solare, ma l’arbitro Toledo, piuttosto ben piazzato, deciderà di lasciar correre.
Sulla rimessa laterale che seguirà questa azione piuttosto dubbia il pallone verrà riscodellato ancora al centro dell’area dove sarà impattato da Omar Cummings, che non riuscirà però a trovare lo specchio di porta.

Sul fronte opposto sarà invece Ihemelu a colpire di testa, questa volta sugli sviluppi di un corner battuto da Ferreira. Niente da fare, però, nemmeno per il centrale nigeriano, che spedirà la palla altra sopra la traversa.

Poco dopo la mezz’ora il brasiliano Jackson, terzino di Dallas, dovrà abbandonare forzatamente il match a causa di un infortunio al fianco. Il ragazzo, arrivato in prestito dal San Paolo, abbandonerà quindi il campo in lacrime. Ma del resto è facile capirlo, trattandosi di una finale così importante. Al suo posto Hyndman schiera quindi Zach Loyd.

E non passano che un paio di minuti prima che l’FC Dallas passi: a realizzare la rete capace di sbloccare il match è l’MVP della stagione, il colombiano Ferreira, che si spinge in area per raccogliere un cross dalla destra e bucare Pickens sottomisura.

Colorado non ci sta e prova subito a riequilibrare il risultato. Cummings effettua infatti una bella giocata con un tunnel al limite con il quale si libera al tiro, che finirà però di poco alto.

Sarà comunque un fuoco di paglia, quello. Dallas riuscirà infatti a controllare bene gli sparuti tentativi d’attacco di Colorado per tutto il primo tempo, terminando lo stesso in vantaggio.

L’inizio di ripresa sarà tutto appannaggio dei Rapids, decisi a riequilibrare da subito il risultato. Nulla da fare, però, per i ragazzi di Smith che ce la metteranno tutta ma non riusciranno a scalfire la grandissima solidità difensiva della squadra ottimamente schierata da Schellas Hyndman.

Al cinquantaseiesimo, però, Loyd effettua un alleggerimento molto superficiale spazzando la palla senza buttarla in fallo laterale. Ad intercettarla sarà quindi Jamie Smith che farà secco lo stesso Loyd per poi centrare il pallone in direzione di Casey, il quale riuscirà, sottomisura, a firmare la rete del pareggio.

La reazione di Dallas non si farà però attendere: al cinquantanovesimo McCarty ci proverà da fuori, con buona coordinazione. Il tiro, però, sarà centrale e verrà facilmente bloccato da Pickens.
E’ comunque sempre Colorado, in questa fase, a fare la partita. Al sessantaduesimo Larentowicz ci prova quindi direttamente su calcio di punizione a due: il mezzo esterno del centrocampista di Pasadena gira bene verso il secondo palo, Hartman è però attento e distendendosi alla sua sinistra si salva in angolo.

Intorno al sessantacinquesimo torna quindi a svegliarsi Dallas, che però trova una difesa avversaria un poco più organizzata di quanto non fosse nella prima frazione e, soprattutto, una coppia di centrali, quella formata da Moor e Wynne, di tutto rispetto.
Dallas che si rende comunque pericoloso sugli sviluppi di un corner al settentunesimo minuto. Sul colpo di testa portato da Ihemelu, però, è attentissimo Pickens, che raggiungerà il pallone salvaguardando l’incolumità della propria porta. Poco più tardi sarà invece Ferreira da fuori ad esplodere un destro fortissimo, che si infrangerà però contro un difensore.

Pericolosissima l’azione costruita a sette dal termine da Loyd: penetrato in area da destra  si spingerà fino al vertice laterale dell’area del portiere per poi centrare un pallone basso su cui non interverrà però nessuno dei suoi compagni. Occasione piuttosto ghiotta non sfruttata da Dallas.
Subito dopo mischia in area Rapids risolta da Wynne che opporrà il suo fisico alla botta scagliata da Chavez rimpallando il pallone ben al di fuori dell’area di rigore.

La partita si trascina quindi ai supplementari, ma non ai rigori. Al centosettesimo minuto, infatti arriverà la giocata decisiva, portata dal senegalese Macoumba Kandji: ricevuta palla sul vertice destro dell’area il venticinquenne nativo di Dakar si libererà di Benitez quando dopo averlo stordito con un doppiopasso effettuerà un tunnel con cui riuscirà a dribblarlo per poi calciare di punta verso la porta difesa da Hartman che sarà beffato dallo sfortunato tocco di John che mettendo la coscia per provare a respingere il pallone finirà col deviarlo alle spalle del proprio portiere, per il goal che deciderà il campionato statunitense 2010.

Dallas che si riverserà quindi in attacco con John che proprio a tempo ormai scaduto proverà a farsi perdonare l’autorete segnata qualche minuto prima, trovando però la grande risposta di Pickens, che sigillerà risultato e vittoria. Della partita quanto del campionato.

COMMENTO

Il BMO Field di Toronto fa da palcoscenico alla prima vittoria dell’MLS nella storia dei Colorado Rapids, franchigia fondata nel 1996 con base a Denver che nella sua storia non aveva mai vinto nulla prima di oggi. A parte due campionati riserve e due Rocky Mountain Cup, trofei considerati giustamente minori, i ‘Pids erano riusciti a piazzarsi al massimo in seconda posizione proprio nell’MLS cup del 1997 ed in seconda posizione nell’U.S. Open Cup del 1999.

Vittoria quindi più che mai storica quella fatta registrare da Colorado. Ma altrettanto storica lo sarebbe stata anche qualora ad imporsi fossero stati i ragazzi dell’FC Dallas che parimenti non erano mai stati in grado di riportare la vittoria finale in questa competizione (vincendo, però, una U.S. Open Cup nel 1997).

Dopo aver terminato a pari punti (50) la regular season con un doppio pareggio negli scontri diretti Colorado e Dallas pareggiano anche la finale di MLS Cup.
Partita tutto sommato equilibrata, a sprazzi. In taluni momenti, infatti, a fare gioco è la squadra di Denver, in altri sono i Frisco Kids a tenere in mano il pallino del gioco.

Incontro maschio con alcuni scontri al limite del regolamento, tecnicamente piuttosto povero rispetto agli standard europei (tanti appoggi piuttosto semplici sbagliati, così come certi stop da giocatori non professionisti) ma tatticamente abbastanza interessante.
In particolar modo, in questo senso, molto ben messa in campo Dallas, con un 4-2-3-1 molto quadrato ed ordinato in cui ogni giocatore, al di là dei propri limiti personali, aveva ben imparato a fare quantomeno il compitino.

Un pochino più confusionario, invece, il 4-4-2 di Colorado posto che in alcuni momenti della partita saltavano certi schemi, in particolar modo in difesa.

Partita gradevole, tutto sommato, anche se non al cardiopalma.

MVP

Difficile, dal mio punto di vista, poter dire che ci sia stato un giocatore nettamente al di sopra degli altri. La mia citazione, quindi, va a Conor Casey, ventinovenne punta nativa di Dover City che in carriera ha vestito le maglie di Borussia Dortmund, Hannover, Karslruher, Mainz e Toronto. Medie goal piuttosto scarsine in carriera, con il salto di qualità arrivato proprio in quel di Denver.

Ad impressionare, però, non è tanto la sua capacità sotto porta (il suo goal, comunque, è stato importantissimo perché ha rilanciato le ambizioni della sua squadra, poi capace di imporsi ai supplementari) quanto una fisicità con cui può risultare realmente devastante nei corpo a corpo anche con il marcatore più tenace.

Giocatore non certo di primo piano a livello mondiale questo Casey, ma raramente ho visto punte capaci di avere un impatto come il suo, in questo senso.

TABELLINO

FC Dallas vs. Colorado Rapids 1 – 2
Marcatori: 36′ Ferreira, 56′ Casey, 107′ Kandji
FC Dallas: Hartman; Benitez, John, Ihemelu, Jackson (34′ Loyd); Shea (64′ Cunningham), Hernandez, McCarty, Chavez (104′ Avila), Ferreira; Harris. A disposizione: Sala, Alexander, Guarda, Luna. All: Schellas Hyndman.
Colorado Rapids: Pickens; Wallace (90′ Baudet), Wynne, Moor, Kimura; Mullan, Larentowicz, Mastroeni, Smith (89′ Thompson); Casey, Cunninghams (97′ Kandji). A disposizione: Joyce, Palguta, Claudio Lopez, Amarikwa. All: Gary Smith.
Ammoniti: Wallace, Smith, Casey (CR); Benitez (FCD).

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Dopo la fallimentare (economicamente parlando, almeno) esperienza della NASL il calcio professionistico americano ricominciò ad esistere a partire dal 1993 con la creazione della Major League Soccer, a tutti meglio conosciuta come MLS.

Senza voler entrare troppo nel dettaglio della storia di questo campionato (chi fosse interessato può informarsi meglio seguendo quanto prodotto dalla redazione MLS del sito PlayItUSA) limitiamoci a parlare dell’aspetto che ci interessa relativamente a questo articolo: i contratti e gli stipendi elargiti ai giocatori.

Perché è bene dire che per evitare di fare la fine del proprio illustre predecessore la MLS decise di dotarsi di un sistema di contenimento dei costi molto valido: il salary cap, o tetto salariale.
Per chi non lo sapesse, infatti, è bene rendere noto che buona parte delle uscite affrontate annualmente dalle principali squadre del mondo sono affrontate proprio in relazione al pagamento degli stipendi. In Italia, ad esempio, a fronte di una spesa complessiva netta di 100 milioni, va ricordato, una società si trova a sborsarne 200 per poter coprire anche le spese relative a tasse e contributi.

Il tetto salariale, quindi, serviva proprio a questo: contenimento dei costi.

Obiettivo sicuramente centrato in pieno dato che in questi ultimi diciassette anni il movimento calcistico americano è andato via via crescendo sempre più, sino a raggiungere i discreti livelli cui si trova ora (con una previsione realistica, comunque, che dovrebbe portarlo a crescere ulteriormente a livello globale).

Certo, però, il salary cap oltre a garantire una certa stabilità economica di un movimento che, in special modo all’inizio, non navigava certo nell’oro ha comportato anche qualche problemino a livello concorrenziale. Perché se da una parte era garantita la solidità di una squadra dall’altra questa stessa squadra non poteva realmente permettersi di poter concorrere sul mercato rispetto all’acquisto di grandi giocatori.

Proprio per poter aggirare quest’ostacolo venne inserita la regola dei Designated Players, ovvero sia venne data la possibilità ad ogni franchigia di firmare un giocatore (attualmente è possibile firmarne due) il cui contratto non sarebbe pesato (se non per 400mila dollari) sul salary cap della squadra, facendo quindi diventare le varie squadre MLS competitive sul mercato delle stelle internazionali.

Del resto è presto detto: attualmente il salary cap di ogni squadra è posto a poco più di due milioni e mezzo di dollari. Con quella cifra non si pagherebbe nemmeno un panchinaro di squadre come Real, Barcellona, Manchester, Inter o Milan. Senza contare, poi, che con due milioni e mezzo di dollari l’anno si deve costruire una squadra intera.

Gli ingaggi annuali quindi, come è facilmente intuibile, sono piuttosto bassini, mediamente. Non potrebbe essere altrimenti.

Nel contempo, però, proprio la regola dei Designated Players ha fatto sì che venissero a crearsi delle posizioni privilegiate nei confronti di alcuni giocatori.

In totale, infatti, sono otto, attualmente, i Paperoni del calcio americano. Otto giocatori che, sfruttando questa regola, riescono a portarsi a casa ingaggi superiori al milione di dollari.

Il re di questa sorta di classifica non poteva che essere lui, David Beckham: con i suoi sei milioni e mezzo di dollari l’anno, infatti, è il giocatore più pagato dell’intero campionato professionistico statunitense.

Al secondo e terzo posto si piazzano invece due new entries della MLS, due vecchie conoscenze dell’elite del calcio europeo: Thierry Henry e Rafa Marquez, entrambi recentemente trasferitisi da Barcellona a New York, dove ora indossano la maglia dei Red Bulls. Stipendi molto simili e di tutto rispetto per loro: 5,6 milioni il francese, 5,544 milioni il messicano, con quest’ultimo cui in estate vennero anche spalancate le porte della Juventus ma che al blasone di uno dei club più vincenti della storia d’Italia, che però non avrebbe potuto garantirgli un ingaggio così principesco, ha preferito i dollari sonanti che gli pioveranno in tasca giocando nella Grande Mela.

Molto più normali, calcisticamente parlando, gli stipendi degli altri cinque calciatori inseriti nell’elite degli stipendi del calcio statunitense. Appena sotto al terzo gradino del podio, infatti, si piazza la stella del calcio americano: Landon Donovan. Il suo stipendio, però, non è proprio paragonabile a quello di Beckham, Henry e Marquez. Al cospetto di questi stipendi, infatti, i suoi 2 milioni e 128 mila euro risultano quasi essere un salario povero.

Nel trovare in quinta posizione un altro giocatore con addosso la maglia dei Red Bulls il lettore più attento non potrà che chiedersi “ma non c’era la possibilità di ingaggiare due soli DP per squadra?”. Beh, è presto detto: ogni franchigia può pagare una luxury tax ammontante a 250mila dollari (che saranno poi ripartiti tra le squadre che non useranno un terzo DP spot) per avere la possibilità di firmare un terzo Designated Players.
Ecco quindi come oltre alle due ex stelle Blaugrana New York può permettersi di dare anche 1 milione e 918 mila euro a Juan Pablo Angel, punta colombiana nativa di Medellin in passato già goleador di River Plate ed Aston Villa.

Certo che con tutti questi investimenti il minimo è che ora New York porti a casa quantomeno il titolo nazionale…

Notevole anche l’investimento fatto in quel di Chicago, unica squadra, oltre ai Galaxy ed ai Red Bulls, ad aver contrattualizzato due giocatori il cui contratto ammonta a più di un milione di dollari. Ai Fire, infatti, molto pesanti sono i contratti del messicano Nery Castillo (1 milione e 788 mila euro) e Freddie Ljungberg (1 milione 314 mila euro), quest’ultimo acquistato proprio recentemente dai Seattle Sounders.

Completa il lotto, quindi, Julian De Guzman che a Toronto guadagna ben 1 milione e 717 mila dollari l’anno.

Sono questi, in definitiva, i Paperoni del calcio statunitense. Ma in un campionato parsimonioso come è stato sino ad oggi quello americano va detto che ci sono altri giocatori che se la passano piuttosto bene.
Dallo spagnolo Mista, anch’egli in forza ai Toronto FC, che guadagna 987 mila dollari l’anno a Kyle Beckermann (Real Salt Lake) e Danny Califf (Philadelphia Union) sono ben ventidue i giocatori che si portano a casa un minimo di 250 mila dollari.

E se un giorno la FIFA decidesse di espandere su scala globale questo sistema del salary cap americano?

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Nome: Jack McInerney
Data di nascita: 8 maggio 1992
Luogo di nascita: Alpharetta (Georgia)
Nazionalità: statunitense
Ruolo: punta
Club: Philadelphia Union
Scadenza contratto: Generation Adidas (dicembre 2013)
Valutazione: 500mila euro

CARRIERA
Nato l’8 maggio 1992 ad Alpharetta, cittadina nel nord della Fulton County, Jack McInerney è uno dei migliori giovani prospetti del calcio statunitense. Avendo ancora solo 17 anni la sua carriera, come è facilmente capibile, è solo agli inizi.

Cresciuto calcisticamente nel Cobb FC McInerney è stato la stella dell’ultima nazionale under 17, squadra con cui ha disputato prima il torneo CONCACAF e poi il Mondiale di categoria.
Ma andiamo con ordine: a cavallo tra l’aprile ed il maggio scorso il ragazzo venne convocato da coach Wilmer Cabrera e partì per il Messico, dove avrebbe dovuto provare a trascinare gli States a vincere il torneo continentale. La sfida, certo, non sarebbe stata facile: i padroni di casa si presentavano infatti ai nastri di partenza con una squadra molto forte in cui spiccava sopra gli altri il talento di Martin Galvan, 16enne nativo di Acapulco che in patria è ritenuto come una sicura star del calcio mondiale.

Purtroppo a causa dell’epidemia di suina scoppiata nel paese centramericano il torneo venne sospeso al termine della fase a gironi, senza quindi che venissero disputati i match di semifinali e la finalissima, cosa che non diede modo a McInerney di portare gli USA under 17 ad imporsi a livello continentale.

Avendo vinto tutti e tre i match della fase a gironi, però, gli Stati Uniti si erano assicurati il passaggio del turno, cosa che garantiva loro la possibilità di partecipare al Mondiale nigeriano che si sarebbe disputato di lì a pochi mesi.

Mondiale di cui parleremo tra un attimo perché prima c’è da parlare di quanto fatto da Jack nel corso del suddetto torneo CONCACAF. Nelle tre partite disputate dai suoi McInerney scese ovviamente sempre in campo, mettendo in mostra tutto il proprio talento. Alla fine, quindi, furono ben cinque le reti realizzate, cosa questa che lo portò ad essere eletto come capocannoniere della competizione davanti all’honduregno Lozano, fermo a quota quattro, e proprio alla stellina messicana Galvan, ferma a quota tre reti.

McInerney, insomma, aveva dato dimostrazione con facilità e sicurezza di essere un ragazzo, calcisticamente parlando, molto maturo per la sua età, nonché uno dei migliori under 17 dell’intero continente nordamericano.

A quel punto, per quanto riguardava l’ambito internazionale, non restava che confermarsi anche al Mondiale.

Nessuna sorpresa, quindi, quando Cabrera, nello stilare la lista dei 21 ragazzi da portare in Nigeria, lo inserì nel novero degli attaccanti convocati per quella competizione.

L’esordio in terra africana non fu dei migliori per la sua squadra ma, al contrario, fu molto soddisfacente da un punto di vista personale. Dopo quattro soli minuti dall’inizio del match contro la Spagna, infatti, fu proprio McInerney a portare in avanti i suoi, firmando l’inaspettato vantaggio contro la formazione iberica. Che nei minuti successivi, però, seppe ribaltare il risultato grazie alle reti di Borja e Sarabia, stelline delle cantere madridiste (Atletico e Real rispettivamente).

Dopo essere rimasto a secco nella vittoria contro il Malawi, quindi, Jack firmò l’1 a 0 decisivo ai fini dell’imposizione come seconda forza del proprio girone contro gli Emirati Arabi.

L’avventura americana non sarebbe comunque durata molto tempo ancora: il 5 novembre, infatti, avrebbe visto il suo epilogo in quel di Kaduna. Quel giorno la nazionale americana scese in campo contro gli Azzurrini di Pasquale Salerno che infransero il loro sogno mondiale vincendo 2 a 1 grazie alle reti messe a segno da Beretta e Iemmello. Quella partita, tra l’altro, peserà a lungo sulla coscienza di McInerney: nonostante avesse disputato una prova più che dignitosa si rese protagonista di un errore piuttosto pesante dal dischetto: intorno al quarto d’ora del match, con le squadre ancora sul punteggio di 0 a 0, Jack si presentò dagli undici metri in seguito ad un fallo di mano compiuto da Federico Mannini. Il livornese Francesco Bardi, sostituto dell’infortunato Mattia Perin, riuscì però a stregarlo, neutralizzando il rigore battuto dalla punta americana.
Un errore pesantissimo. Chissà come sarebbe andata la partita se fossero stati gli Stati Uniti a passare subito in vantaggio.

Gioie e dolori nella breve carriera internazionale di McInerney, insomma. Quell’errore dal dischetto non gli ha comunque fatto perdere la fiducia dell’ambiente calcistico americano tanto che il mese scorso gli è stato fatto firmare un contratto come Generation Adidas.

Prima di parlare degli ultimi sviluppi della sua carriera bisogna quindi fare una piccola digressione riguardante il sistema calcistico americano: a livello giovanile i ragazzi sono solitamente legati alle squadre delle High School prima e dei College poi, generalmente. Una volta finito il proprio percorso di crescita possono passare al professionismo.
In alcuni casi, però, il processo viene troncato prima del proprio naturale esaurimento: molti giovani, infatti, preferiscono lasciare gli Stati Uniti per completare la propria formazione calcistica altrove (spesso in campionati europei di secondo piano), questo perché in molti casi anche una volta arrivati al professionismo avranno degli stipendi che non permetteranno loro di vivere esclusivamente di calcio, cosa che difficilmente avviene spostandosi in Europa.

Altre volte, invece, interviene un supporto di altro tipo: i contratti Generation Adidas, appunto. Questo programma altro non è che una joint venture tra la Major League Soccer, la lega professionista americana, e la United States Soccer Federation, la Federazione calcistica americana, atta a creare le condizioni necessarie ad un innalzamento del livello medio del calcio americano.
Sponsorizzato da Adidas, come facilmente intuibile dal nome, il programma incoraggia la rapida entrata nella MLS dei talenti più fulgidi del calcio americano che firmando un contratto di questo tipo diventano a tutti gli effetti dei calciatori professionisti e, soprattutto, hanno la garanzia di guadagnare uno stipendio molto più elevato rispetto al minimo sindacale garantito dalla MLS.
Diventando giocatori professionisti, quindi, perdono la facoltà di poter partecipare alle rassegne calcistiche riservate alle squadre di College ma dato che il loro stipendio non va a pesare sul tetto salariale delle franchigie che li acquistano diventano giocatori ancora più appetibili per le squadre militanti nella Major League Soccer, che sono quindi spinte a draftarli, integrandoli nella propria rosa.

Questo progetto, che fino al 2005 era sponsorizzato da Nike ed era conosciuto come Project-40, ha visto negli anni la martecipazione di molti giocatori che si sono poi saputi esprimere ad alto livello e di altri che, ancora giovani, hanno comunque il potenziale di fare molto bene. Tra gli altri, giusto per far capire il valore della cosa, è giusto citare Tim Howard (ex portiere del Manchester United oggi all’Everton), DaMarcus Beasley (ex ala del PSV Eindhoven oggi ai Rangers Glasgow), Carlos Bocanegra (ex difensore del Fulham oggi al Rennes), Jozy Altidore (punta del Villareal attualmente in prestito all’Hull City), Freddy Adu (fantasista del Benfica attualmente in prestito all’Aris Salonicco), Michael Bradley (ex centrocampista dell’Heerenveen attualmente al Borussia Moenchengladbach) e tanti, tanti altri talenti molto interessanti.

Il fatto che a McInerney sia stato fatto firmare un contratto di questo tipo dovrebbe farvi capire la reputazione che il giocatore si è costruito in questi anni passati al Cobb FC (dove militava dal 2004) e l’attesa che attorno a lui si sta creando in America.

Nonostante la giovanissima età Jack è entrato, giusto da ieri, nel mondo del calcio professionistico venendo draftato nel corso dell’MLS SuperDraft 2010 dalla neonata franchigia dei Philadelphia Union, che l’hanno preso come settima scelta del primo giro.

Nonostante abbia solo 17 anni, quindi, McInerney è a tutti gli effetti un giocatore professionista e dal marzo prossimo potrà confrontarsi con il massimo campionato statunitense.
Giustamente, aggiungo io. Il giocatore messosi in mostra nel corso dell’ultimo Mondiale under 17 merita sicuramente un’occasione di questo genere. Ora starà solo a lui dimostrare di valere già oggi questi livelli.

La scommessa compiuta dai dirigenti di Philadelphia, comunque, è molto interessante: qualora la vinceranno potranno avere a disposizione uno dei migliori giocatori del calcio statunitense.

Certo, questo fino a quando l’Europea di turno non si accorgerà del suo valore e non venga a portarlo via, magari pagando un buona quantità di milioni. E pensare che solo fino ad un mese fa si sarebbe potuto portare a casa con qualche migliaio di euro…
Riguardo a questa questione è comunque doveroso aprire una piccola parentesi: nel corso della sua adolescenza McInerney è già entrato in contatto col calcio del Vecchio Continente almeno in due occasioni: il ragazzo effettuò infatti un periodo di prova prima al West Ham e poi al Vitesse Arnhem, anche se in entrambi i casi non si formalizzò alcun trasferimento.

CARATTERISTICHE
Jack è un ragazzo dal fisico piuttosto minuto (solo 175 centimetri per 70 chili di peso). Non essendo ancora nemmeno maggiorenne, però, questo può essere plasmato attraverso tanto lavoro in palestra e sul campo da gioco. Certo, questo richiede una quantità di impegno e dedizione non indifferente, ma la professionalità del ragazzo non lascia dubbi riguardo al fatto che sarebbe disposto a sacrifici notevoli pur di arrivare.
Se da un punto di vista fisico non sembra essere ancora pronto diverso è il discorso che si può fare per l’aspetto tecnico: certo, non stiamo parlando di un nuovo fenomeno del calcio mondiale, ma anche qui le basi su cui lavorare sono notevoli. McInerney fa del fiuto del goal la sua caratteristica principale, cosa che abbinata ad una certa rapidità e ad una buona tecnica di base ne fanno un cannoniere più che discreto come dimostrato dai numeri realizzati con l’under 17 statunitense.

IMPRESSIONI E PROSPETTIVE
Le basi su cui lavorare, come detto, sono buone. La dedizione sembra essere quasi totale. Le prospettive, quindi, non possono che essere più che interessanti.

In America molti sono già convinti di avere a che fare con un nuovo Donovan, cosa questa che non va letta tanto da un punto di vista tecnico-tattico quanto di blasone: Landon è uno dei migliori giocatori della storia del calcio statunitense e viene idolatrato da molti suoi connazionali, McInerney è uno dei migliori under 17 del suo continente ed uno dei più interessanti in ottica mondiale ed in futuro potrebbe arrivare ad essere conosciuto, seguito e rispettato quanto il talento di Redlands.

Investire sul suo talento sarebbe quindi una mossa sicuramente azzeccata: posto che nessuno di noi ha la sfera di cristallo non possiamo sapere a priori quali dei tanti talenti interessanti sapranno imporsi anche tra i professionisti ad alti livelli e quali no. Vanno quindi fatti investimenti oculati in tal senso, e lui potrebbe davvero essere una presa interessante.

Oggi, provenendo da una realtà particolare come quella della MLS, una sua valutazione realistica potrebbe aggirarsi attorno al mezzo milione (anche se non mi stupirei affatto qualora raggiungesse il milione). Fino ad un mesetto fa, però, sarebbe stato acquistabile a molto meno.

Peccato solo che in Europa, a differenza di quanto accada nel suo paese d’origine, non ci sia ancora nessuno pronto a puntare su di lui.

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Primo giro
01. Philadelphia esordisce nel draft scegliendo la punta Danny Mwanga da Oregon State.
02. I Red Bulls scelgono il centrocampista Tony Tchani dall’University of Virginia.
03. San Jose sceglie il difensore Ike Opara da Wake Forest University.
04. Kansas City sceglie la punta Teal Bunbury da Akron University.
05. Dallas sceglie il centrocampista Zach Loyd da North Carolina University.
06. Philadelphia sceglie il centrocampista Amobi Okugo da UCLA.
07. Philadelphia sceglie la punta Jack McInerney da Cobb Soccer Club.
08. Columbus sceglie il centrocampista Dilly Duka da Rutgers University.
09. I Revs scelgono la punta Zack Schilawski da Wake Forest University.
10. I Chivas scelgono il centrocampista Brail Gavin da Akron University.
11. Seattle sceglie la punta David Estrada da UCLA.
12. Columbus sceglie la punta Bright Dike da Notre Dame University.
13. Chicago sceglie il centrocampista Corben Bone da Wake Forest University.
14. I Red Bulls scelgono il centrocampista Austin daLuz da Wake Forest University.
15. Salt Lake sceglie il centrocampista Collen Warner da Portland University.
16. Los Angeles sceglie il centrocampista Michael Stephens da UCLA.

 

Secondo giro
17. Philadelphia sceglie il centrocampista Toni Stahl da Connecticut University.
18. I Red Bulls scelgono il difensore/centrocampista Tim Ream da Saint Louis University.
19. San Jose sceglie il centrocampista Michael Thomas da Notre Dame University.
20. Kansas City sceglie il difensore Olukorede Aiyegbusi da North Carolina State University.
21. Dallas sceglie la punta Andrew Wiedeman da California University.
22. Colorado sceglie la punta Andre Akpan da Harvard University.
23. Colorado sceglie il centrocampista Ross LaBauex da Virginia University.
24. Toronto sceglie il difensore Zachary Herold da West Pines United Club.
25. I Revs scelgono il difensore Seth Sinovic da Creighton University.
26. Chicago sceglie il difensore Kwame Watson-Siriboe da Connecticut University
27. Seattle sceglie il centrocampista/punta Mike Seamon da Villanova University.
28. San Jose sceglie il difensore/centrocampista Justin Morrow da Notre Dame University.
29. Chicago sceglie il centrocampista Drew Yates da Maryland University.
30. San Jose sceglie il difensore/centrocampista Steven Beitashour da San Diego State University.
31. I Revs scelgono il centrocampista/punta Zac Boggs da South Florida University.
32. Salt Lake sceglie il centrocampista/punta Justin Davis da New Mexico University.

 

Terzo giro
33. Philadelphia sceglie il centrocampista/punta Kyle Nakasawa da UCLA.
34. I Red Bulls scelgono la punta Conor Chin da San Francisco University.
35. I Chivas scelgono il difensore Kevin Tangney da Maryland University.
36. Kansas City sceglie il difensore Nick Cardenas da San Diego State University.
37. San Jose sceglie la punta Andrew Hoxie da William And Mary University.
38. Dallas sceglie la punta Jason Yeisley da Penn State University.
39. Salt Lake sceglie il difensore Chris Schuler da Creighton University.
40. Colorado sceglie il difensore Chad Borak da CSUN.
41. Kansas City sceglie il centrocampista/punta Mauro Fuzetti da Michigan University.
42. I Chivas scelgono il centrocampista/punta Isaac Kissi da Dayton University.
43. Houston sceglie il centrocampista/punta David Walker da California – Santa Barbara University.
44. Dallas sceglie il centrocampista Eric Alexander da Indiana University.
45. Chicago sceglie il difensore Steven Kinney da Elon University.
46. Houston sceglie il centrocampista Samuel Appiah da Boston University.
47. I Chivas scelgono il centrocampista Ben Zemanski da Akron University.
48. I Revs scelgono il centrocampista/punta Jason Griffiths da Kentucky University.

 

Quarto giro
49. Philadelphia sceglie il portiere Brian Perk da UCLA.
50. I Red Bulls scelgono il centrocampista/punta Irving Garcia da California – Irvine University.
51. Chicago sceglie il portiere Sean Johnson da Central Florida University.
52. Kansas City sceglie il difensore Ofori Sarkodie da Indiana University.
53. Toronto sceglie il centrocampista Nane Joseph da Old Dominion University.
54. Dallas sceglie il centrocampista Dane Saintus da Southern Methodist University.
55. D.C. United sceglie il difensore Jordan Graye da University of North Carolina.
56. Colorado sceglie il centrocampista/punta Chris Cutshaw da Bradley University.
57. I Revs scelgono il difensore Adam Welch da Lehigh University.
58. I Chivas scelgono il centrocampista Chris Ross da Colgate University.
59. Seattle sceglie il centrocampista Jamel Wallace da San Diego State University.
60. Columbus sceglie il difensore Kwaku Nyamekye da Harvard University.
61. Columbus sceglie il centrocampista Othaniel Yanez da Louisville University.
62. Houston sceglie il difensore Euan Holden da New Mexico University.
63. Columbus sceglie il difensore Shaun Francis da Lindsey Wilson College.
64. Salt Lake sceglie il difensore Kris Banghart da Denver University.

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Lo stemma dei Galaxy, prossima futura possibile destinazione di Christian Vieri (mls.theoffside.com)

Lo stemma dei Galaxy, prossima futura possibile destinazione di Christian Vieri (mls.theoffside.com)

Potrebbe essere in America, a Los Angeles in particolare, il futuro di Christian Vieri.

Secondo il settimanale Chi, infatti, l’ex bomber di Juve, Lazio, Inter (tra le altre) nonché della nazionale azzurra dovrebbe infatti trascorrere un breve periodo in California accompagnato dalla sua attuale fidanzata, Melissa Satta, per eseguire un provino per la squadra della Citta degli Angeli.

Aiutato da David Beckham, giocatore momentaneamente in forza al Milan, che lo avrebbe messo in contatto con la dirigenza dei Galaxy, Vieri avrebbe preso accordi per questo provino, cui potrebbe seguire un contratto definitivo.

Vieri ha da pochi giorni sciolto il suo contratto con la sua ultima squadra, l’Atalanta. Sul sito della società stessa apparve infatti pochi giorni fa questo comunicato ufficiale: “L’Atalanta B.C. comunica che il calciatore Christian Vieri ha espresso la volontà di interrompere anticipatamente il rapporto contrattuale con la Società. L’Atalanta, preso atto della volontà del calciatore, acconsente alla risoluzione consensuale del contratto economico” che ha messo definitivamente la parola fine alla sua terza esperienza nerazzurra.

Christian, infatti, non era nuovo all’ambiente atalantino: nato il 12 luglio 1973 a Bologna si trasferì con la famiglia in Australia in tenera età, crescendo lì. E proprio nel continente oceanico lui, figlio d’arte (suo padre Roberto indossò le maglie di Fiorentina, Juventus e Roma, tra le altre), cominciò a tirare i primi nei Marconi Stallions, squadra italo-australiana con sede a Sydney in cui all’epoca giocò anche il padre.

Rientrato in patria adolescente (all’età di quindici anni) gioca una stagione nell’A.C. Santa Lucia, squadra di un piccolo paese vicino a Prato (dove viene allenato da Luciano Diamanti, padre di Alessandro, attuale fantasista del Livorno). La stagione successiva entra quindi a far parte della Berretti del Prato, mettendosi in mostra a suon di goal e facendosi notare dal Torino, che lo preleva la stagione seguente.

Dopo un anno di apprendistato nelle giovanili arriva l’esordio in A, anche se viste la giovane età Vieri è utlizzato molto sporadicamente: lo score della sua prima stagione da professionista, 91/92, lo vede terminare il campionato con una rete realizzata in sette incontri.

Dopo le esperienze a Pisa, Ravenna e Venezia lo sbarco a Bergamo, dove indossa per la prima volta nella sua carriera la maglia dell’Atalanta.

L’anno successivo, essendosi rivelato come uno dei giovani più interessanti del campionato italiano, viene ingaggiato dalla Juventus: qui giocherà, grazie agli infortuni della coppia titolare (Boksic – Del Piero) diverse partite, confermando tutto il suo potenziale e vedendo crescere il proprio valore a dismisura; a fine stagione, infatti, verrà ceduto per 34 miliardi di lire all’Atletico Madrid, dove giocherà una sola stagione diventando pichichi della Liga. Quell’estate disputerà poi un ottimo mondiale nella pur poco fortunata esperienza azzurra, confermandosi come uno dei migliori bomber a livello mondiale. La stagione seguente torna quindi in Italia, dove trova un Cragnotti disposto a versare più di 50 miliardi di lire per il suo cartellino. Anche qui continuerà a mettere in mostra tanto un’ottima capacità realizzativa quanto una fragilità fisica degna di nota, che lo porterà ancora una volta a saltare buona parte della stagione.

Dopo aver vinto una Coppa delle Coppe in maglia biancoceleste verrà quindi acquistato dal Presidente Moratti, che vedrà in lui l’uomo giusto per la sua Inter: il suo trasferimento sarà un record per l’epoca, venendo pagato ben 90 miliardi di lire complessivamente. Soldi che verrano comunque giustificati da Bobo con le sue prestazioni: Vieri segnerà infatti 123 goal complessivamente in 190 gare, 103 in 144 gare se consideriamo solo il campionato.

Dopo sei anni l’amore con il club nerazzurro, l’unico in cui è riuscito a trascorrere più di una stagione in tutta la sua carriera di professionista fino ad ora, finisce e dopo la risoluzione del contratto (con cospicua liquidazione) Vieri effettua un discussissimo passaggio agli arcirivali dell’Inter: i cugini del Milan.

Dove sarà il futuro di Christian Vieri? (calciopro.com)

Dove sarà il futuro di Christian Vieri? (calciopro.com)

In maglia rossonera però Vieri giocherà poco e male (un goal in otto presenze) evidenziando come la condizione atletica non fosse più quella dei tempi migliori e come il viale del tramonto sembrava poter essere già stato imboccato.

A gennaio, così, tenta l’avventura francese per evitare di perdere il mondiale di Germania: siamo infatti nel 2006 e sulla panchina della nazionale azzurra siede Lippi, suo grandissimo ammiratore. Al Monaco le cose iniziano meglio e Bobo mette a segno 3 reti in 7 partite. A marzo, però, riporta un serio infortunio che lo costringe a stare fermo diversi mesi, rendendosi quindi indisponibile per il mondiale, che non contribuirà quindi a vincere.

A giugno firma quindi un contratto annuale con la Sampdoria, finendo però col rescinderlo l’agosto stesso. Poche settimane più tardi deciderà di tornare quindi all’Atalanta, dove inizierà la sua seconda esperienza bergamasca, per tentare il rilancio. Qui firmerà un contratto ai minimi sindacali con incentivi a seconda delle proprie prestazioni, ma la prima convocazione arriverà solo in aprile, ritardata dai molti infortuni che, come e più del solito, lo affliggono.

Dopo aver firmato due reti in sette presenze con la maglia della Dea lascia per la seconda volta la società orobica, trasferendosi a Firenze. Qui farà un po’ meglio delle ultime stagioni, segnando 3 reti in UEFA e 6 in Serie A, ma macchiandosi dell’errore decisivo dal dischetto nella semifinale di UEFA giocata contro i Rangers di Glasgow.

Al termine della stagione si svincola quindi dai Viola e torna all’Atalanta, dove viene però accolto malissimo dai tifosi: viene infatti considerato un mercenario e, soprattutto, non gli si perdona il fatto di aver esultato sotto la Fiesole dopo un suo goal alla Dea stessa.

Tutto ciò, unito al fatto che all’Atalanta non è nient’altro più che una riserva, lo portano a chiedere la rescissione del contratto, di cui abbiamo parlato all’inizio del pezzo.

Ora sembra quindi che la sua carriera calcistica possa continuare altrove; potrebbe infatti decidere di ripercorrere le orme di altri giocatori affermatisi in Europa (come Beckham, Claudio Lopez e, ultimo in ordine di tempo, Ljungberg) andando a fare il pioniere negli States, dove il movimento del soccer è in lenta ma continua crescita e dove l’aspetto mediatico è importantissimo. In questo senso l’acquisto di un giocatore come Vieri, che come abbiamo detto ha raggiunto negli anni una fama mondiale (per quanto questa sia un po’ scemata ultimamente, per ovvi motivi), potrebbe essere utile al movimento in quanto che potrebbe aiutare ad avvicinare il pubblico americano (tradizionalmente più vicino ad altri sport) al calcio.

Da un punto di vista tecnico, però, non saprei dire quanto questo Vieri potrebbe essere utile: vero è che il suo bagaglio tecnico, tattico e, soprattutto, di esperienza è qualcosa che in America la maggior parte dei giocatori si sogna, altrettanto vero però è che Vieri attualmente non è più quel giocatore capace di trascinare la propria squadra a suon di goal e spallate: la sua forza fisica si è infatti molto ridotta nel corso degli anni, così come la capacità di incidere sul risultato.

Se quindi da un punto di vista dell’immagine Vieri potrebbe essere un acquisto interessante, da un punto di vista tecnico l’operazione lascerebbe non pochi dubbi.

Ulteriore perplessità scaturisce pensando all’organizzazione del movimento calcistico USA, dove ogni squadra ha un limite imposto dalla lega sia rispetto al numero di giocatori tesserabili che, soprattutto, rispetto al tetto salariale, che è di poco meno di due milioni e mezzo. Quindi, con ogni probabilità, Vieri dovrebbe accontentarsi di uno stipendio davvero misero, probabilmente non molto superiore a quello che prendeva nella sua seconda esperienza in quel di Bergamo.

Arena nega la possibilità che Vieri finisca ai Galaxy (wikimedia.org)

Arena nega la possibilità che Vieri finisca ai Galaxy (wikimedia.org)

Il suo possibile passaggio ai Galaxy, comunque, è stato prontamente smentito da Bruce Arena, ex C.T. della nazionale americana nonché attuale allenatore della formazione californiana: Arena ha infatti dichiarato al Washington Post che la sua società non ha alcuna intenzione di far effettuare un provino al giocatore né, tantomeno, di ingaggiarlo.

C’è quindi ora da capire se il tutto è stata una trovata giornalistica per suscitare un po’ di clamore oppure se Arena sta sviando le voci per poter trattare con calma l’ingaggio del giocatore.

Di certo, comunque, è difficile pensare ad un Vieri (ormai quasi 36enne) che possa tornare a giocare ad alti livelli qui da noi. In questo senso, quindi, un’avventura “esotica” potrebbe essere una buona soluzione per un giocatore la cui carriera è ormai agli sgoccioli.

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