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Archive for the ‘Italia’ Category

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.


Il possibile doppio acquisto dell’Inter, che sulla metà campo sembra stia per chiudere per la coppia francese Imbula-Kondogbia, mi stimola a provare a buttare l’occhio in avanti, per capire verso quale tipo di conformazione si sta cercando di portare l’Inter in vista della prossima stagione calcistica.

Prima di provare ad addentrarmi in qualche ipotesi, però, faccio un paio di doverose premesse: innanzitutto nel momento in cui scrivo nessuno dei due giocatori ha ancora firmato per l’Inter, quindi le mie saranno semplici speculazioni “fantacalcistiche”.
In secondo luogo è evidente che se anche i due firmeranno a breve il mercato dell’Inter continuerà e la squadra non verrà quindi schierata come da me ipotizzato. Ma del resto questo è un gioco fatto solo per provare a tracciare una direzione, non ho la minima intenzione di provare ad indovinare l’undici base del prossimo anno (cosa che credo oggi sarebbe impossibile per lo stesso Mancini, per altro).

Nel provare a tracciare il futuro dell’Inter darò quindi tre diverse opzioni tattiche – inteso come modulo base, posto che ovviamente il gioco lo determinano poi i compiti dei singoli e che il modulo è semplicemente una rappresentazione “stilizzata” di qualcosa di molto più complesso di come appare – utilizzando come base i giocatori attualmente in rosa, con due varianti: le coppie Murillo-Miranda ed Imbula-Kondogbia, che fa da stimolo a questo pezzo, e l’assenza di Kovacic, che con l’arrivo dei due francesi credo proprio sarebbe destinato a partire.

Veniamo quindi alla prima soluzione, quella che ad oggi mi sembrerebbe la più probabile: 4-3-3.

Detto che la difesa non la toccherò mai e quindi non ne parlerò oltre, credo potrebbe essere schierata a quattro con la coppia D’Ambrosio-Santon sugli esterni e Miranda-Murillo (altri due giocatori sul punto di arrivare a Milano) in mezzo. Con in porta, confermatissimo, Handanovic, fresco di rinnovo.

Bene. A centrocampo a questo punto si potrebbe utilizzare Kondogbia mezz’ala sinistra con uno tra Medel e Brozovic a destra, anche a seconda del tipo di avversario da affrontare. Logico che Medel porta meno qualità alla manovra, ma in compenso garantisce un livello altissimo di quantità. Brozovic è invece una mezz’ala più di palleggio, ma per quanto discreta anche in transizione negativa sicuramente non garantirebbe la corsa che può assicurare il cileno.
Tra i due, poi, si installerebbe l’ormai ex centrocampista dell’Olympique Marsiglia, che già in Francia ha messo in mostra doti interessanti come fautore di gioco. Certo non è un regista classico alla Pirlo, ma il suo gioco è sempre molto orientato a prendere per mano la squadra e provare a dettare i ritmi. Per di più pur non avando il talento puro dell’Azzurro è comunque giocatore più completo, essendo dotato di una fisicità di altissimo livello che gli permette di essere più incisivo in fase di non possesso.

In attacco a questo punto potrebbe schierarsi Shaqiri largo sulla destra, con licenza di rientrare e “uccidere”, Palacio sull’out opposto, ovviamente con licenza di tagliare, ed Icardi come punta centrale.

Cosa manca a questa formazione? Sicuramente un terzino andrebbe comprato per elevare il livello della linea – ma questo vale a prescindere dalla soluzione tattica -, poi anche un’ala sinistra che possa svolgere il compito meglio dell’improvvisato Palacio.

Già così, comunque, sarebbe un upgrade rispetto alla squadra di oggi.

La seconda opzione prevede invece il 4-3-1-2.

Una soluzione che di fatto cambia poco rispetto a quella precedente. Anche nulla in termini di uomini, qualora il trequartista fosse Shaqiri (con però Hernanes valida alternativa).

Una soluzione che garantirebbe così a Palacio la possibilità di giocare in un ruolo a lui più consono (quello di seconda punta). Ma che potrebbe limitare Shaqiri, che preferisce partire largo.

Per il resto la linea a tre di centrocampo potrebbe rimanere inalterata, con il solito ballottaggio Medel/Brozovic ad affiancare il duo francese.

Al netto di Shaqiri e del problema terzino, quindi, sarebbe forse questa la soluzione ad oggi migliore, sulla base della rosa a disposizione. La squadra sarebbe di per sé già pronta a giocare senza aver bisogno di adattare Palacio sulla fascia.

Una soluzione prevista anche dalla terza ipotesi che avanzo, il 4-2-3-1.

In questo caso la mediana passerebbe a due, con l’esclusione di Brozovic e Medel. Palacio andrebbe quindi nuovamente adattato a sinistra, come detto, mentre Hernanes potrebbe agire sulla trequarti (a meno di non voler avanzare il croato, avendo lui già ricoperto quel ruolo in passato) con Shaqiri largo a destra ed Icardi sulla sinistra.

In definitiva ad oggi si può dire che l’Inter acquistando i due francesi farebbe un passo avanti a prescindere dal modulo tattico che sceglierebbe, che per me ad oggi sarebbe il 4-3-3.

In realtà, come abbiamo visto, la soluzione probabilmente migliore sarebbe il 4-3-1-2, con licenza di allargarsi concessa al buon Shaqiri.

Come la si vuol mettere un passo avanti importante rispetto alla scorsa stagione. Sempre che oltre all’ormai probabilissima partenza di Kovacic non se ne aggiunga un’altra dello stesso livello.

In questo senso: io non credo alla partenza di Icardi. Ma se penso che Kondogbia + Imbula facciano fare un salto di qualità ad un reparto che pure perderebbe Kovacic (nell’immediato, perché a livello di potenziale quella di Kovacic potrebbe rivelarsi cessione sanguinosissima), credo anche che se la campagna di quest’anno portasse anche alla cessione di Icardi le possibilità di fare un passo indietro rispetto allo scorso anno diventerebbe a quel punto molte.


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Torna, dopo l’1 a 1 nella gara disputata ieri tra Lazio e Napoli, la Coppa Italia, con l’andata della semifinale tra Juventus e Fiorentina.

Prendendo spunto dalle probabili formazioni pubblicate sulla Gazzetta di oggi andiamo a vedere, ruolo per ruolo, quale squadra parte – sulla carta – avvantaggiata.

Storari vs Neto

Neto iniziò male la sua avventura italiana, crescendo però nel tempo sino a guadagnarsi la fiducia di tutto l’ambiente Viola e ad iniziare a rendere per quelle che erano le aspettative.
Promesso sposo proprio della Juventus, è un portiere di buon livello. Ad oggi sicuramente superiore al pur buon Storari, la cui carriera è però ormai arrivata – con ogni probabilità – alla fine.

Caceres vs. Richards

Caceres è un jolly di difesa che mi è sempre piaciuto, già da ben prima che arrivasse in Italia. Spesso troppo irruento, ha quella garra tipica dei giocatori sudamericani che non può lasciarmi indifferente.
Richards, di contro, è una vera promessa mancata: ai suoi esordi in maglia Citizens stregò tutti, ed un suo futuro ad altissimo livello sembrava praticamente scontato.
Ultimamente l’inglese sembra si stia ritrovando, dopo momenti bui passati nelle ultime stagioni. Però ad oggi dovessi scegliere tra i due prenderei sicuramente l’uruguaiano.

Bonucci vs. Basanta

Un po’ come Neto, Bonucci ha passato stagioni non facilissime, ricche di sbavature troppo marchiane per potersi imporre ad alto livello. Quest’anno invece, gli va riconosciuto, la sua percentuale di errore si è abbassata molto, e l’ex Bari sembra si stia attestando su livelli importanti.
Ecco perché la sfida a distanza con Basanta non può che vincerla lui.

Ogbonna vs. Gonzalo

Tecnicamente tutt’altro che disprezzabile, Angelo Ogbonna è un centrale difensivo che non ha mai saputo fare il salto di qualità soprattutto da un punto di vista della concentrazione mentale.
Se oltre ad avere piedi discreti – per il ruolo, almeno – è stato da sempre dotato di doti fisico-atletiche eccezionali, proprio la testa, in senso lato, gli ha sempre fatto difetto. Fin dalle prime volte che lo vidi giocare, quando era ancora un ragazzino, fu sempre la scarsa capacità di concentrarsi il limite che gli imputai. Un limite che continua ad avere tutt’ora.
Proprio per questo motivo Gonzalo Rodriguez, tra i centrali più affidabili dell’intera Serie A, vince il duello senza discussioni.

Padoin vs. Alonso

Negli ultimi tempi Padoin è diventato una sorta di fenomeno della rete. Inneggiato da più parti, un po’ come in passato capitò al buon Moscardelli, viene così però quasi svilito nel suo valore effettivo. Jolly di buon rendimento, può occupare senza problemi almeno quattro diverse posizioni in campo, tra cui quella di terzino.
Certo non un fenomeno ma nemmeno un buco unico, personalmente prenderei lui in un eventuale duello con Alonso.

Vidal vs. Aquilani

Da una parte una delle migliori mezz’ali al mondo. Dall’altra un eterno incompiuto.
Vero, Vidal nell’ultimo anno – da quando ciò ha iniziato ad avere problemi di salute che non sembrano ancora del tutto superati – ha reso sicuramente meno rispetto al suo potenziale. Vero anche, però, che Aquilani ha sempre promesso tantissimo ma mantenuto poco, vuoi per i molti infortuni che l’hanno colpito quando ci si aspettava un salto di qualità, vuoi per una certa fragilità mentale che sembra accompagnarlo ancora oggi.
Di certo c’è solo che oggi, tra i due, prenderei tutta la vita il cileno.

Marchisio vs. Badelj

Intendiamoci, Marchisio non è Pirlo. Il miglior Pirlo. Ma del resto nemmeno Badelj vale, oggi, uno scarpino di Pizarro.
Ecco, ci fosse in campo il cileno prendei probabilmente lui, anziché Claudio Marchisio. Ma nel duello col croato è sicuramente quest’ultimo a vincere, anche forte di un rendimento da perno centrale che non mi sarei mai aspettato da lui, mezz’ala fatta e finita.

Pogba vs. Fernandez

Ai tempi del Colo Colo stravedevo per Mati Fernandez, re delle rabone e talento tracimante.
Il suo impatto in Europa, però, è stato molto al di sotto delle aspettative, anche se probabilmente era prevedibile sarebbe andata così.
Fattostà che nonostante a Firenze si stia comportando sicuramente in maniera più che dignitosa, un confronto diretto con Paul Pogba non può che vederlo uscire sconfitto…

Pepe vs Joaquin

Personalmente Pepe non mi ha mai fatto impazzire. Grande atleta, tecnica discreta, abnegazione assoluta. Ma sull’esterno vorrei sempre giocatori con quel quid in più. Quello spunto che ti porta a superare l’avversario in maniera secca, creare superiorità numerica, spaccare le difese.
Esattamente ciò che in gioventù riusciva a Joaquin. Che dopo un periodo non facile è tornato su ottimi livelli. E che quest’anno sta giocando sicuramente una delle migliori annate della propria carriera.

Llorente vs. Gomez

Chi mi conosce sa che apprezzo molto Fernando Llorente, da sempre. Un giocatore che in Spagna, nell’Athletic, diede bella mostra di sé, tanto da guadagnarsi la chiamata della Juve.
A Torino non ha sempre fatto bene. Certo non negli ultimi mesi. Ecco perché nonostante i suoi tanti limiti ad oggi scelgo comunque Mario Gomez, un giocatore che mi sembra comunque più affidabile sotto rete.

Coman vs. Salah

Salah, ho già avuto modo di parlarne sui miei profili Facebook e Twitter, ha avuto un impatto devastante in Italia, nonostante anche lui abbia qualche limite evidente (e già palesato anche in Viola).
Coman invece è un giovane di grande prospettiva, ma che – come del resto era preventivabile – a Torino sta facendo molta fatica a trovare spazio.
Se si parlasse di prospettiva la sfida sarebbe aperta. Parlando di oggi, invece, la discussione credo non possa nemmeno partire.

Risultato

Ecco quindi che con una rapida cernita dei probabili undici in campo (anche se personalmente resto dubbioso, in particolar modo per quanto concerne l’attacco Bianconero) il responso è questo: la Juve si aggiudica il confronto ruolo per ruolo con 6 giocatori contro 5.

Il che farebbe pensare che la partita potrebbe essere equilibrata. Come in effetti mi aspetterei, anche al di là di questo giochino…

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Come giocherà la nuova Inter di Roberto Mancini?

La risposta sembra scontata: 4-2-3-1, con Podolski e Shaqiri larghi ed il trio Medel-Brozovic-Kovacic (al netto di altri arrivi, ovviamente) a gestirsi le altre tre posizioni.

Eppure la rosa dell’Inter lascia pensare che Mancini potrebbe anche schierare una formazione differente. Ad esempio un 4-3-3, con i due giovani croati ad agire come mezz’ali, o un 4-3-1-2, con Shaqiri trequartista ed uno tra Podolski e Palacio a sostegno del solo Icardi, i cui limiti in fase di manovra sono ben noti da tempo (anche da qui il mio paragone con Trezeguet, di cui chi mi segue su Twitter e Facebook avrà già letto).

Proprio questo è l’argomento al centro del mio ultimo video, pubblicato sul canale Youtube del blog. Date un’occhiata e fatemi sapere come, secondo voi, dovrebbe schierare l’Inter il buon Roberto Mancini…

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Nel corso dell’ultima settimana radiomercato ha parlato con insistenza della possibilità che Manolo Gabbiadini lasci la sponda blucerchiata di Genova per trasferirsi a Napoli.

Secondo i soliti beninformati la trattativa dovrebbe chiudersi sui 13 milioni totali (di cui la metà finirebbe alla Juventus, proprietaria del 50% del cartellino). Una cifra che personalmente reputo congrua al valore di un giocatore che ha dimostrato di avere dei numeri, ma che ancora ha dimostrato pochino tra i professionisti per poter vantare valutazioni eccessive.

Per quanto riguarda lo stipendio, invece, ancora non si sa come si accorderanno le parti. Si parlava di 1,2 milioni più bonus, sul modello del contratto firmato da Insigne, ma pare che il giocatore voglia qualcosa in più, a salire nel corso delle stagioni. Ma questo si vedrà.

Interessante è più che altro andare a capire se l’eventuale – perché di ufficiale ancora non c’è nulla – sbarco di Gabbiadini in quel di Napoli sarebbe un acquisto sensato da parte della società europea ed una meta valida per il giocatore stesso.

Per quanto concerne il Napoli, sicuramente l’acquisto sarebbe interessante. Manolo Gabbiadini è un giovane calciatore di classe che pur senza far intravvedere le stimmate del Campione di certo ha i numeri per diventare attaccante di livello.

In particolare di lui mi colpisce una cosa: la tecnica di tiro.

Avete presente quando giocando a PES – sono anni che non lo faccio, ma mi ha segnato l’adolescenza! – si scorrevano i valori dei propri calciatori e quando si arrivava al calcio si potevano apprezzare tre differenti peculiarità: potenza, precisione e tecnica?

Ecco. Gabbiadini ha un tiro discretamente potente e sicuramente preciso. Impreziosito proprio da una tecnica sublime. Di certo in questo fondamentale è uno dei giocatori migliori del nostro calcio.

L’ex atalantino comunque non è un giocatore che inizia e finisce lì. Il bagaglio tecnico è importante anche al di là del tiro. In più è piuttosto intelligente ed educato anche da un punto di vista tattico.

Inoltre è duttile. In carriera ha infatti dimostrato di poter occupare un po’ tutti i ruoli dell’attacco: prima e seconda punta, così come esterno (ruolo in cui lo impiega prevalentemente Mihajlovic).

Per quanto concerne il suo adattamento all’eventuale nuova realtà di Napoli, però, resta una piccola zona d’ombra. Giocatore tutto mancino, predilige – quando viene fatto giocare largo – partire da destra per rientrare e poter liberare il tiro. I partenopei, però, teoricamente dovrebbero star cercando un giocatore in grado di agire sulla fascia opposta, là dove è venuto a mancare Insigne a seguito del suo brutto infortunio.
Riuscirà il buon Manolo, qualora l’intenzione di Benitez sia sfruttarlo davvero come “vice-Insigne” ad adattarsi a sinistra?

Venendo a lui, Napoli rappresenta sicuramente una piazza importante. Un’occasione cui è difficile rinunciare.

Ecco perché Gabbiadini “non può” rifiutare i partenopei. Certo, in molti dicono che sarebbe meglio terminare la stagione a Genova. E probabilmente non hanno tutti i torti. Ma treni come questi c’è il rischio non ripassino più. E allora come si può pensare di restare sulla banchina a vederli ripartire?

La discussione sulla collocazione tattica, comunque, resta zona d’ombra anche in relazione a lui. Non solo perché tra tutti i ruoli possibili quello eventuale di ala sinistra è forse quello sulla carta meno adatto ad un giocatore così, ma soprattutto perché – a parere di chi scrive, s’intende – l’ideale per lui sarebbe poter giocare più vicino alla porta, di modo da poter salire di tono in zona goal.

Sono infatti convinto che un giocatore con la sua qualità – tecnicamente è molto superiore a Ciro Immobile, capocannoniere dell’ultima Serie A – possa segnare comodamente 15 goal, se messo nelle giuste condizioni. Logico però che allargarlo significa in primis allontanarlo dalla zona calda, in secondo luogo chiedergli un lavoro in fase di non possesso sicuramente molto più logorante che a farlo giocare davanti.

Ecco perché personalmente preferirei vederlo giocare in una squadra che gli permetta di stare più vicino alla porta avversaria: c’è un feeling col goal che aspetta solo di essere consacrato anche tra i pro.

Nel complesso, comunque, quella di Gabbiadini è una presa sicuramente interessante per il Napoli, che si tutela con un giocatore di qualità capace di giocare in più zone del campo.
Perché attenzione, anche questa è una cosa da tenere in considerazione: nel calcio di oggi le cose cambiano rapidamente. Nulla vieta che a fine stagione, dopo sei mesi di adattamento, Gabbiadini si possa trovare a giocare in un ruolo a lui – secondo me – più congeniale.

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Il responso non dà scampo: Lorenzo Insigne si è rotto il legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Operato oggi a Villa Stuart dal professor Mariani, dovrà stare fermo non meno di 4-6 mesi per poter recuperare.

In pratica, stagione finita.

Perché prima di poter tornare a lavorare in vista d’un match è plausibile che si farà maggio. E a quel punto vorrebbe dire rivedere Insigne in squadra a partire dalla prossima stagione, dal ritiro di Dimaro.

Ora, però, c’è da pensare alla stagione in corso. Alla lotta Champions (difficile, per quanto non impossibile, che il Napoli possa lottare davvero per qualcosa di più). Ad una Europa League che darebbe prestigio e ranking migliore, anche se non grandi incassi. E, perché no, ad una eventuale sostituzione di “Lorenzo il Magnifico”.

Perché l’infortunio ad Insigne apre sicuramente un problema, che il Napoli dovrà comunque affrontare. Con tre possibili soluzioni.

1 – Si fa con quel che si ha.

Il Napoli ha una rosa ben fornita. 25 giocatori, di cui quattro portieri. Il che significa 21 giocatori di movimento. 20 senza Insigne. Sulla carta, due per ruolo.

A questo punto Rafa Benitez, in accordo con la società, potrebbe decidere di accontentarsi di quello che ha sino alla fine del campionato. Magari, eventualmente, attingendo alla formazione Primavera in caso di necessità.

I trequartisti sono però sei. Ne restano quindi solo cinque di ruolo, con l’indisponibilità di Lorenzo (Hamsik, Callejon, Mertens, De Guzman e Michu).

Certo, si potrebbe pensare, eventualmente, di adattare Jorginho. O magari spostare più avanti Zuniga. Ma la coperta, soprattutto in caso di altri infortuni, resterebbe comunque corta. Ed il Napoli, ad oggi, deve comunque pensare ad essere competitivo su tre fronti.

2 – Si cerca un “usato sicuro” per infoltire la rosa.

Qualora si decidesse di intervenire sul mercato ma senza spese sostanziose si potrebbe provare a cercare un giocatore che per quanto non in linea con i parametri cui solitamente si attiene De Laurentiis possa aiutare la squadra almeno sino al termine della stagione. Quindi, un’ala – possibilmente di gamba – che per quanto senza margini di crescita possa garantire un certo tipo di resa nel breve periodo.

Per esemplificare questo concetto, un giocatore alla Dirk Kuyt (magari non Kuyt, che in Turchia guadagna tanto e che difficilmente il suo club mollerebbe nel mezzo della stagione, visti i traguardi da raggiungere) che sia dotato di abnegazione, buone capacità tecniche e che sappia integrarsi negli schemi di Benitez (ed in questo senso l’olandese sarebbe perfetto, avendo già lavorato a lungo con il tecnico iberico).

Acquistando un giocatore di questo tipo si lancerebbe anche un messaggio importante allo stesso Insigne, a mio avviso. Una roba tipo “torna presto, noi ti aspettiamo”.

3 – Si scandaglia il mercato alla ricerca di un giocatore in rampa di lancio.

L’ultima eventualità, tutt’altro che trascurabile, sarebbe quella invece di andare a cercare delle occasioni interessanti per colmare il vuoto creatosi in rosa con l’acquisto di un giocatore con buoni margini di crescita e che possa quindi, perché no, andare a contendere a Mertens (e domani anche allo stesso Insigne) la titolarità nel ruolo di ala.

Il che vorrebbe dire che con Hamsik e Callejon praticamente intoccabili l’anno prossimo ci si troverebbe in una condizione del tipo “tre uomini per una maglia”. Quindi, almeno in teoria, si sancirebbe il fatto che a fine stagione uno dei trequartisti a disposizione dovrebbe partire, col rientro di Insigne.

In questo senso, per altro, si fanno già un paio di nomi. Quelli di Andrè Ayew – 24enne esterno mancino ghanese (ma di passaporto francese) – e di Paul-José Mpoku – 22enne ala belga nativa di Kinshasa -, due giocatori dai profili interessanti e dai costi probabilmente accessibili, essendo entrambi in scadenza a giugno.

A margine, un’ultima considerazione: Lorenzo Insigne non sarebbe mai potuto diventare una sorta di nuovo Roberto Baggio – né tantomeno di novello Maradona -, ma di certo aveva il potenziale per diventare giocatore di livello internazionale. E proprio in questo inizio di stagione stava dimostrandolo: prestazioni nettamente migliori di quelle del suo collega-antagonista Mertens (settimo miglior attaccante della Serie A, come media voto, secondo Fantagazzetta – 6,33 contro 5,7 -, rating di 7.05 – contro 6.73 – su WhoScored) e la forza, in primis caratteriale, di provare a scuotere e sospingere la squadra in un momento difficile, sino alla rinascita del collettivo-Napoli.

Ed è davvero un peccato che questo brutto infortunio, che potenzialmente potrà pesare sullo sviluppo della sua carriera, sia avvenuto proprio nel momento migliore della sua vita da professionista.

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Entusiasmo o allarmismo?

L’esordio in Champions League della Juventus targata Massimiliano Allegri mostra due facce in contrasto abbastanza netto tra di loro.

Da una parte, di certo, la grande capacità della squadra Bianconera di controllare il match.

I dati sono chiarissimi in tale senso: 70% di possesso palla juventino, con ben 21 tiri totali (di cui 7, un terzo, nello specchio) contro i soli 4 (di cui uno nello specchio) del Malmo.

Non solo. Tante occasioni create, dominio della sfera assoluto (col 90% dei passaggi compiuti correttamente) e supremazia aerea certificata dal 61% di successo nei duelli di testa.

Dati però forse normali, se letti in questo senso: la squadra più forte d’Italia negli ultimi tre anni ha messo alle corde una compagine svedese con molte meno capacità tecnico tattiche.

Una vittoria casalinga insomma scontata, anche al di là del numero delle occasioni costruite.

Che, anzi, diventano motivo di allarme: può una Juventus capace di creare così tanto vincere solo 2 a 0 (con la seconda rete segnata per altro su calcio piazzato) contro un avversario nettamente inferiore, per altro di fronte al proprio pubblico?

Beh, in questo senso mister Allegri avrà sicuramente da lavorare.

Del resto, paradossalmente, il risultato arrivato da Atene finisce col complicare le cose: l’Olympiakos si impone infatti, in maniera piuttosto inopinata, sull’Atletico Madrid, e balza in prima posizione a braccetto con la Juve a quota 3 punti.

Questo, però, vorrà sicuramente dire che mercoledì primo ottobre il Vicente Calderon sarà un vero e proprio catino ribollente, con i Colchoneros che saranno praticamente costretti a vincere onde evitare che la classifica si possa complicare ancora di più.

Lo scenario potrà infatti essere questo: dopo la vittoria del Pireo ottenuta proprio ai danni della squadra di Simeone l’Olympiakos sa di avere tra le mani un’occasione unica e si presenterà quindi in Svezia con un solo risultato possibile: la vittoria.

Tre punti esterni che saranno tutt’altro che impossibili.

Così, i greci si porterebbero a sei punti. Il che vorrebbe dire che qualora la Juventus vincesse in quel di Madrid, l’Atletico si troverebbe a ben sei lunghezze dalla coppia di testa.

Con quattro partite ancora da giocare nulla sarebbe perduto, intendiamoci. Ma certo la situazione sarebbe ai limiti della drammaticità, con l’Atletico a quel punto praticamente costretto a vincere tutti i restanti match per provare a strappare il passaggio del turno.

Ecco perché Atletico – Juventus è un match già imperdibile, crocevia di buona parte delle chance Colchoneros ma anche possibile ipoteca al passaggio del turno per gli juventini.

Un match imperdibile che, ammetto, sarebbe bello poter vedere live allo stadio. Con l’atmosfera elettrizzante che si respirerà, a maggior ragione in un momento in cui i vicecampioni europei si giocheranno già buona parte delle chance di passaggio del turno.

A chi volesse vedere questo o altri match live mi permetto quindi di dare un piccolo consiglio: è possibile trovare tutte le partite della  Juventus e della Champions qui!

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Metabolizzato l’addio di Antonio Conte, la Juventus deve guardare avanti e iniziare a costruire il proprio futuro facendosi forza delle idee di Massimiliano Allegri, nuovo tecnico bianconero.

Ecco la mia analisi tattica del possibile futuro della compagine torinese:

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La crisi tra la Juventus ed il suo allenatore era nell’aria da qualche tempo. Tanto che ormai un paio di mesi fa sembrava addirittura potesse consumarsi un prematuro divorzio.

Poi le parti si incontrarono e da lì uscì una decisione che in realtà sottolineava con forza come qualche discrepanza dovesse esserci e fosse destinata a rimanere: niente separazione, ma nemmeno niente prolungamento.

Poi le cose devono essere evidentemente degenerate. E giusto dopo un giorno di ritiro, ecco la decisione. Drastica, inaspettata: Conte e la Juventus optano per un divorzio consensuale.

Personalmente non ho – ahimè – insider in alcuna squadra di Serie A, così che non ho news fresche su quelli che possono essere stati i motivi che hanno deciso questa separazione. Quindi è abbastanza inutile parlarne.

C’è chi adduce motivi di mercato in entrata, dicendo che il trio Evra-Iturbe-Morata non sarebbe all’altezza delle aspettative del tecnico salentino che si sarebbe così deciso a mollare il colpo.
Chi invece mette sul banco degli imputati le possibili cessioni, giurando e spergiurando che ora partiranno Vidal e/o Pogba e che proprio questa scelta (che in realtà potrebbe essere più una necessità di bilancio) avrebbe spinto Conte all’addio.
E’ poi molto caldeggiata anche la pista “ripiego”. Ovvero, sapendo di essere un papabile candidato alla panchina della Nazionale Conte avrebbe deciso di terminare la propria storia d’amore con la Juventus, comunque già ampiamente sul viale del tramonto, per non perdersi la chance Azzurra (qui mi verrebbe da chiedermi perché non rinunciarci prima da una parte e come possa aver ricevuto rassicurazioni in tal senso dall’altra, visto che la stessa FIGC al momento è tutta da ridisegnare).

Le motivazioni quindi, se mai usciranno, le tratteremo più avanti. No, in questo post vorrei esplorare un po’ i possibili sostituti di Antonio Conte come allenatore della Juventus. Perché è logico che le chance di conferma al ruolo di campioni d’Italia passeranno, in buona parte, da questa scelta.

In queste prime ore, tra social e media, si è scatenato il pandemonio. Tra possibili acquisti saltati (Evra avrebbe dato uno stop alla trattativa, Iturbe sarebbe addirittura una trattativa chiusa) e nomi snocciolati come se i posti vacanti fossero N è partito il classico isterismo che accompagna decisioni comunque – sportivamente – scioccanti come questa.
Proviamo a mettere un po’ d’ordine tra i nomi e gli scenari.

Partiamo quindi da Massimiliano Allegri, che ha già per altro ricevuto un endorsement importantissimo. Parole dolci nei suoi confronti le ha infatti spese niente popò di meno che Luciano Moggi. Certo, il fatto che gli interessi del tecnico livornese siano curati dal figlio Alessandro non è solo un caso, ma c’è una cosa che credo debba far riflettere: l’ex D.G. della Juventus ha parlato di “tecnico aziendalista” e di come proprio su di un profilo di quel genere dovrebbe orientarsi la dirigenza. E chi conoscete di più aziendalista dell’ex tecnico del Milan?
Il nome credo sia il più realistico e sarà quantomeno valutato – se non direttamente contattato – da Marotta e soci. Anche se al riguardo credo ci sarebbe da consultare anche Andrea Pirlo, che non penso la prenderebbe benissimo.
Personalmente non l’ho mai reputato un allenatore da grande squadra, nemmeno quando vinse lo Scudetto al suo primo anno di Milan, senza però dare mai un gioco degno alla sua compagine. Per altro al secondo anno perse il campionato proprio contro la prima Juve di Conte, a mio avviso sicuramente inferiore da un punto di vista tecnico. Insomma, un allenatore che non dovrebbe sedere su di una panchina così importante (vale per il Milan, varrebbe per Juve e Nazionale).

Se quella di cercare un tecnico aziendalista fosse priorità anche di Agnelli e del suo entourage ecco che verrebbe scartato automaticamente il nome di Clarence Seedorf, che molti, soprattutto tifosi milanisti, hanno sussurrato poco dopo l’ufficializzazione dell’addio di Conte.
Qui però cadiamo più nel tifo che non nella concretezza, credo. L’ipotesi verterebbe infatti sulla voglia di rivalsa che l’ex Rossonero avrebbe in sé. Che immagino essere tanta, ma non penso possa bastare alla Juventus in un momento così.
Per quanto concerne poi il mio giudizio su di lui, mi espressi già a tempo debito: ragazzo molto intelligente che può dare sicuramente tanto al calcio anche fuori dal campo. Fossi stato nel Milan non l’avrei cacciato (anche se lì i problemi sono stati palesemente extra campo). Però nel contempo mi ha un po’ deluso il suo incaponimento su di un modulo che non ritengo fosse il migliore per la rosa a sua disposizione fino a poche settimane fa.

Altro nome giustamente caldo è invece quello di Roberto Mancini, uno dei due principali contender – assieme al già citato Allegri – alla panchina della Nazionale, almeno fino a poche ore fa. Mancini che si è da poco liberato del suo vincolo col Galatasaray e che credo tornerebbe volentieri in Italia, pur dovendo però accettare una decurtazione dello stipendio.
Anche questo mi sembra un nome concreto, su cui la Juve potrebbe lavorare.
Personalmente è un altro che, come Allegri, ritengo abbastanza sopravvalutato. Allenatore forse più da inizio progetto che non da continuazione di un percorso già avviato. Ha vinto campionato con squadre praticamente sempre molto più forti delle avversarie, ed in alcuni casi anche in maniera rocambolesca. In Europa ha sempre fallito. Insomma, un altro allenatore che non credo farebbe fare un salto di qualità al progetto Juve. Che anzi, rischierebbe così di recedere.

Sarebbe calda anche la pista Luciano Spalletti, sollevato dall’incarico di allenatore dello Zenit il 10 marzo scorso (dopo una vittoria in undici partite) ma ancora legato alla squadra di San Pietroburgo.
Anche questa come le precedenti due (Seedorf come detto la considero più una boutade di chi spera di non vederlo alla Juve per non rimpiangerne il fresco esonero) credo sia una pista reale, che verrà o è già stata sondata.
Tra i tre è l’allenatore che in un certo modo mi convinse di più. Alla Roma seppe fare bene nonostante ci fossero squadre più attrezzate in Italia e soprattutto, a differenza dei due succitati, seppe dare un gioco chiaro e piacevole alla sua squadra. In Russia ammetto di averlo seguito poco, se non in Europa. Dove ha onestamente fallito. Anche questa opzione mi saprebbe di ripiego. Esattamente come in ottica Nazionale (dove non vorrei nessuno dei tre).

Qualcuno ha poi paventato una sorta di “minestra riscaldata”: Fabio Capello.
Questo nome, che ritengo poco realistico anche e soprattutto per una questione economica (oggi guadagna 8 milioni l’anno, credo che sotto ai 4/5 non scenderebbe ed è comunque una cifra che reputo troppo alta per una società italiana oggi), viene fatto soprattutto in virtù dei suoi problemi con la federazione russa, nati – o comunque detonati – dopo la prematura eliminazione dal Mondiale.
Indubbiamente un tecnico di profilo più alto dei succitati. Ha vinto tanto ed in Italia sarebbe una garanzia. Ha palle di ferro e sarebbe in grado di panchinare anche un Buffon, se non lo ritenesse migliore del suo sostituto. Tra i contro c’è però il fatto che gioca sempre male e che comunque in Europa, soprattutto a Torino, fece male.

Sempre parlando di – in questo caso già ex – C.T. che hanno mal figurato in Brasile, è stato paventato anche un – anche qui – possibile ritorno di Alberto Zaccheroni.
Allenatore in una delle fasi più complicate del post-Calciopoli, l’ex commissario tecnico del Giappone credo possa essere un nome che difficilmente avrà chance reali di ritorno a Torino. Penso infatti che anche se il suo nome venisse valutato, partirebbe dietro a tutti quelli già citati (forse anche Seedorf, vi dirò).
Personalmente lo reputo un allenatore più da provincia che non da grande piazza. E soprattutto non da grandi obiettivi. Vinse un campionato sì, ma non credo sappia bene nemmeno lui come. Per il resto, sa anche dare una fisionomia alla sua squadra, spesso. Ma credo che in una squadra che punti all’Europa League potrebbe fare meglio che non dove è costretto a vincere il campionato per non interrompere una striscia lunga ormai tre anni.

Altro nome tirato in ballo – anche per la Nazionale, come buona parte dei succitati – è quello di Francesco Guidolin, che in realtà è ormai un ex allenatore. Al termine della stagione appena conclusa ha infatti lasciato la panchina per diventare supervisore tecnico del tris di squadre di proprietà dei Pozzo: Udinese, Watford e Granada.
Nome che probabilmente potrebbe anche stuzzicare le fantasie della dirigenza juventina, non so quanto possa essere realistico proprio vista la supposta volontà dello stesso ex giocatore del Verona di appendere il fischietto al chiodo.
Personalmente lo trovo un ottimo allenatore. Molto preparato. Sicuramente tra i migliori, se consideriamo solo il lotto di nomi fatti in vista della successione di Conte. Il problema suo, che espressi anche in ottica Nazionale, riguarda il carattere. Piuttosto fragile e allergico alle pressioni già di una piazza provinciale come Udine. Come potrebbe resistere a quelle di Torino?

Su Sky è stato poi citato anche Sinisa Mihajlovic. Che però ha un contratto in essere con la Sampdoria e, a quanto pare, potrebbe accettare un eventuale nuovo incarico solo se venisse esonerato (e quindi non se si dimettesse di sua sponte).
Perché mi fa strano questo nome? Per mille motivi, in primis proprio il fatto che si ripieghi a stagione già formalmente iniziata su di un tecnico comunque occupato. Perché potrebbe essere un nome realistico? Perché con l’avvento del nuovo Presidente stanno lasciando la Samp in molti, almeno in società. L’ex tecnico del Catania è stato fondamentalmente confermato, ma le cose possono cambiare rapidamente come insegna proprio la vicenda Conte.
Anche qui il carattere non manca. Le idee di calcio sono abbastanza chiare. Difficile però definire se possa essere o meno un tecnico da grande squadra. Il carattere per sopportare le pressioni lo ha e si sa. La capacità di lavorare su di un gruppo costretto a vincere, però, è tutta da testare.

Altro nome rimbalzato un po’ qua e un po’ là è quello di un ennesimo ex, Didier Deschamps.
Nome questo che ritengo plausibile e su cui non mi stupirebbe che la Juventus lavori o abbia lavorato. Ci sono però due problemi che ne allontano il possibile ritorno: in primis proprio il ricordo, da parte sua, di come fu trattato quando venne scaricato ai tempi del ritorno in A. In secondo luogo il contratto in essere con la Federazione francese.
Allenatore che ha dimostrato di saperci fare, cerca forse ancora il salto di qualità. Che potrebbe in realtà trovare, anche se solo tra due o quattro anni, anche sulla panchina su cui siede ora, essendo la Francia una delle nazionali di maggior prospettiva del continente. In questo caso, forse, l’opzione club potrebbe essergli gradita.

Da qui in poi si entra nel campo della fantascienza (ma occhio che nel calcio non va mai dato nulla per scontato.

Qualcuno parla di Luis Felipe Scolari, fresco di tragedia in nazionale.
Nome su cui non credo la Juve possa muoversi realisticamente. Un po’ perché non penso valutino davvero la pista straniera (dove per straniero intendo allenatore estraneo al mondo del calcio italiano e/o juventino), un po’ perché in Nazionale non guadagnava poco e non so quanto vorrebbe ora per allenare un club.
Sicuramente è un condottiero. Di errori col suo Brasile ne ha comunque commessi diversi. In più non credo sia un grande innovatore e non so quanto potrebbe fare meglio del suo predecessore. Come detto – anche per la Nazionale, come per un po’ tutti i club – io la pista straniera è una pista che prenderei in considerazione. Però pondererei molto bene la scelta.

Tornando agli ormai – anche se in questo caso già da diversi anni – ex allenatori si è citato anche Gianluca Vialli. Che oltre ad essere un ex allenatore è anche un ex juventino, per quanto vestii quei panni come calciatore.
Beh, sinceramente difficile dire se possano valutare una pista di questo genere. A pelle direi assolutamente no.
Come allenatore è poi altrettanto difficile da giudicare. Allenò per molto poco pur portandosi a casa qualche trofeo. Il problema vero è che al di là di tutto allenò comunque un calcio molto diverso da quello odierno. Praticamente, quindi, sarebbe come prendere un mister senza alcuna esperienza.

A questo proposito non sono quindi mancati gli endorsement anche per Alessandro Del Piero.
Opzione che tenderei a cassare in pieno. Un po’ perché non si lasciò bene con la società, e non credo i tempi siano già così tanto maturi da permettergli un suo ritorno addirittura come allenatore così, di punto in bianco. Un po’ anche perché lui continua a dire di sentirsi ancora allenatore. E, certo non ultimo, anche qui bisogna ricordare che sarebbe un salto nel buio totale, non avendo allenato un solo minuto nella sua vita.

Ex giocatore della Juve – per quanto lui faccia ancora parte della “famiglia” bianconera – è anche Fabio Grosso, attuale allenatore della Primavera.
Anche questa ipotesi tenderei a scartarla. I tecnici delle giovanili solitamente vengono promossi solo a fine stagioni, quando c’è da cercare un traghettatore. Oppure dopo qualche tempo di svezzamento, se c’è un progetto su di loro. Cosa che in questo caso non credo ci sia, dato che la scorsa stagione il terzino Campione del Mondo nel 2006 la iniziò come vice della Primavera, per poi diventare capo allenatore solo in seguito agli scarsi risultati di Zanchetta.
In merito ricorderei, con una battuta, che “non tutti i Guardiola vengono col buco”. E che il passaggio da una “seconda squadra” ad una “prima” non è mai facile, e l’esempio di Pep non deve trarre in inganno.

Infine qualcuno ha buttato lì anche il nome di Zinedine Zidane, che in realtà è da un paio di settimane il tecnico del Castilla, la squadra B del Real Madrid.
Ipotesi sicuramente affascinante, la trovo la più sensata tra quelle che riguardano gli ex giocatori della Juve infilati nel calderone dei nomi, per quanto tutt’altro che probabile essendo appunto lui già impegnato. Del resto, comunque, la sua volontà di allenare era nota da anni e dopo l’apprendistato al fianco di Ancelotti chissà che il buon Zizou non si farebbe già tentare da una sfida così difficile ma comunque affascinante come quella che potrebbe eventualmente proporgli la Juventus.
Ovviamente da un punto di vista tecnico-tattico c’è poco da dire al riguardo, non avendo lui ancora mai allenato. Posso solo dire che probabilmente, per non bruciarsi, gli converrebbe stare dov’è e crescere senza troppe pressioni. Ma certo, che carattere dimostrerebbe a lasciare un lido così sicuro (con per altro possibilità di arrivare su di una panchina prestigiosa come quella del Real nei prossimi anni) per un’avventura molto più complicata come quella che si troverebbe ad affrontare a Torino!

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Due Mondiali, due enormi fallimenti. Inframezzati da un buon Europeo, forse più episodico che meritato.

La realtà è che il Mondiale brasiliano ci ha consegnato un ritratto della realtà che molti ancora non vogliono guardare: la crisi del nostro calcio non riguarda solo l’economia dei nostri club, ma il movimento nel suo complesso.

I talenti migliori, se togliamo i reduci del Mondiale del 2006 (che comunque non ci saranno tra quattro anni – escluso forse De Rossi – quando potremo fare affidamento solo sulle nuove leve), giocano altrove: Colombia, Cile e Belgio, ad esempio. Esempi di paesi in cui si è riusciti, per fortuna o per bravura, a costruire programmi di formazione all’altezza, evidentemente.

Non solo. A livello atletico sia i nostri club che la nostra Nazionale dimostra di non riuscire a tenere certi ritmi, ormai indispensabili nel calcio d’oggi.

E tanto, tanto altro ancora.

In questa sorta di video-editoriale ho provato ad analizzare alcuni aspetti del nostro calcio da revisionare per ripartire. Perché il calcio italiano è storicamente elite del calcio mondiale. E non può permettersi di scadere come sta facendo.

Questi i punti toccati nel discorso. Sarebbe bello che tra i vertici del calcio italiano si aprisse una discussione SERIA riguardo i nostri fallimenti e si provasse DAVVERO a cambiare rotta.

  • Vertici Federali.
  • Classe dirigente.
  • Giornalisti.
  • Calo drastico qualità dei giocatori.
  • Pochi giovani all’altezza.
  • Errori personali di Prandelli.
  • Mancanze dei singoli.
  • Futuro: dal mister ai giovani d’Italia.

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Oggi, all’ora di pranzo, è andato in scena uno dei due – almeno presunti – big match di questa giornata di Serie A: Juventus – Fiorentina.

La partita, baciata dal tiepido sole di metà marzo che splendeva oggi sopra allo Stadium, ha visto imporsi per 1 a 0, grazie ad una grande giocata di Kwadwo Asamoah, i padroni di casa.

Ma, a dirla tutta, il match è stato in primis un suicidio tattico del mister Viola, il pur buon Vincenzo Montella.

Lo twittavo attorno al diciottesimo: la chiave tattica sarebbe stata la libertà concessa dalla premiata ditta Diakitè-Cuadrado allo stesso centrocampista ghanese.

Se la cosa era chiara ad un signor nessuno come me, come può Montella non essersene accorto?
E, qualora l’avesse fatto, perché non ha agito di modo da limare questo difetto congenito nel suo 11?

La questione era chiara: il difensore ex Lazio, schierato terzino destro vista l’assenza di Tomovic, tendeva troppo a schiacciarsi verso il centro, là dove è più abituato a giocare.
La mezz’ala destra, Aquilani, non poteva farsi risucchiare verso Asamoah: avrebbe concesso troppo spazio al suo diretto avversario, Paul Pogba.
L’ala destra (Cuadrado), infine, tornava poco e mai con i tempi giusti.

Qualcuno in rete mi ha obiettato – mi permetto di dire, piuttosto scioccamente – che quelli sono i giocatori a disposizione di Montella. Che al posto del tanto criticato Diakitè non può certo schierare, il coach Viola, un Piquè o un Hummels.

Certo. Considerazione anche corretta, di per sé. Ma pur tralasciando il fatto che nemmeno questi ultimi due sarebbero terzini – e che quindi il problema di per sé potrebbe facilmente ripresentarsi – il dato di fatto vero è che esistono mille espedienti tattici per provare a limare un problema del genere.

La Fiorentina, invece, ha proseguito su questa falsariga. Rischiando di prendere goal già solo pochi minuti dopo il tweet postato qui sopra.

Quello che mi chiedo è: se la debolezza di questa Fiorentina l’ho subito individuata io,

come può non averla individuata il tecnico dei Viola?

In occasione del goal Asamoah comunque, va detto, fa anche una magia da un punto di vista tecnico. Certo, Diakitè se lo porta fino in area e Cuadrado arriva per provare a contrarlo con diversi secondi di ritardo. Ma il fluidificante ghanese è comunque bravissimo a liberarsi in mezzo a 2/3 uomini con un grande gesto tecnico, per poi scaricare di destro – non so quanto sensibilmente deviato – in rete.

Al di là di queste considerazioni, che secondo me hanno deciso il match, non si è visto un grande spettacolo in quel dello Stadium, come ormai abitudine nei match della nostra – sempre più triste – Serie A.

Così pur continuando con la propria crisi di gioco la Juventus, che mi piace sempre meno ogni settimana che passa, si impone con il minimo sforzo sulla Fiorentina, dimostrando nel complesso di essere ancora una volta la squadra più solida del campionato.

Una delle diverse considerazioni post-match che ho fatto via Twitter, riguarda poi lo stesso Cuadrado, di cui ho già parlato in precedenza.

Se la sua prestazione in fase difensiva è stata ai limiti dell’imbarazzante, davanti ha mostrato, pur solo a sprazzi, la sua esplosiva incontenibilità.

Polpacci e quadricipiti alla dinamite, l’ala colombiana ha una rapidità ed una velocità più uniche che rare.

In una Fiorentina rinunciataria e così tanto involuta come quella di oggi, però, finisce per perdersi anche lui, che di certo non ha né le capacità tecniche né il carisma per poter trascinare da solo una squadra in un match di questo genere.

Sempre parlando di singoli Viola, poi, citazioni anche per Gomez, Pizarro e Diakitè.

Il primo un fantasma assoluto. Ha toccato solo 16 volte il pallone, per lo più per passaggini elementari che non hanno dato nulla di specifico alla manovra o alla squadra.
Assolutamente fuori contesto, e certamente ancora non supportato da una forma anche solo lontanamente accettabile.

Il secondo ha perso un sacco di palloni, un paio di volte anche in posizioni che avrebbero potuto portare al goal degli avversari. Giocatore palesemente fuori forma, non ha avuto l’intelligenza – calcistica – di non tentare quelle giocate che solitamente, quando sta bene, si può permettere.

Diakitè infine è stato un disastro. Altro corpo estraneo, in questo caso da un punto di vista tattico, alla squadra.
Anarchico, non ha tamponato la sua fascia dovere né si è dimostrato all’altezza in fase di possesso, alle volte verticalizzando senza avere le capacità tecniche per farlo, altre tentando sparute sortite palla al piede senza l’idea di dove andare a parare.

Infine, venendo ai singoli della Juventus, ancora buone cose le ha messe in mostra Tevez, con Asamoah il più pericoloso dei suoi e sempre molto attivo anche in fase di non possesso.

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