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Archive for the ‘Approfondimenti tattici’ Category

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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Chi segue il calcio con un’attenzione minima che va oltre il semplice “straparlo di calcio al bar e do un occhio alle partite della mia presunta squadra del cuore quando capita” avrà sicuramente sentito parlare più volte dei cosiddetti “giocatori di sistema”. Ovvero quei calciatori capaci di rendere anche oltre il 100% del proprio valore in determinati contesti, ma totalmente incapaci di ripetersi altrove, come pesci fuor d’acqua.

La storia del calcio stesso ci pone davanti ad un numero infinito di casi. Tra tutti ricorderete senz’altro buona parte dei giocatori del Valencia di Cuper. Gente che, come Mendieta, sembrava assolutamente inarrestabile in quel contesto. Ma poi, anche strapagata, non ha saputo nemmeno lontanamente ripetersi altrove.

Del resto è facilmente capibile questo meccanismo: quando si è ben integrati in un contesto tattico è logico che il proprio rendimento sia portato a migliorare. Cambiare contesto può quindi spesso interrompere la magia.

Definiti i contorni di quello che intendo per “giocatore di sistema”, vorrei focalizzare oggi l’attenzione sul milanista Jeremy Menez, sicuramente tra i giocatori più positivi della compagine rossonera quest’anno.

Arrivato certo non in pompa magna in estate, a parametro zero, sarebbe stato poco più di una riserva nei tanti Milan del passato (da quello del trio Gre-No-Li sino alla più recente versione ancelottiana).

La pochezza tecnica attuale dei Rossoneri, però, lo ha fatto diventare da subito giocatore assolutamente imprescindibile nel “non-contesto” tattico di Inzaghi.
Del resto nessun altro, in rosa, ha i suoi colpi. Nessuno come lui, insomma, può decidere i match con una giocata.

Fino a qui tutto bene. Ma certo, per stare nel Milan di oggi significa anche che a queste qualità sicuramente positive Menez deve affiancare degli aspetti totalmente negativi.

Tra questi, da sempre, una atavica incostanza di rendimento, in realtà in qualche modo mascherata – almeno – dal buon numero di goal realizzato sin qui quest’anno.
Ma non solo. I difetti del suo gioco sono svariati. Tra tutti sicuramente la sua vena “veneziana”: solista assoluto, predilige lo spunto in totale solitudine al cercare la manovra di squadra.

Certo, mi si potrà ribattere: in un contesto tecnicamente povero come quella milanista non può fare altrimenti.

Vero, i compagni non lo invogliano sicuramente a modificare il suo gioco. E’ altrettanto vero, però, che chi lo conosce da prima del suo sbarco a Milano sa bene che il tratto fondante del suo gioco è sempre stata una certa anarchia. Insomma, se cerchi un giocatore abile a dialogare coi compagni di certo non puoi andare a rivolgerti a lui.

In tutto ciò, però, Jeremy Menez è finito col trovare l’ambiente ideale per esprimersi proprio sulla sponda Rossonera di Milano.

Qui, infatti, ha trovato una squadra totalmente disorganizzata, con un allenatore neofita ad oggi assolutamente incapace di dare un gioco alla proprio equipe e dei compagni che, di fatto, si sono spesso aggrappati alle sue giocate individuali per provare a sfangarla.

Insomma, in un contesto totalmente destrutturato come quello rappresentato dal Milan di oggi Jeremy Menez, anarchico del rettangolo verde e solista della giocata, trova la sua massima esaltazione.

Se in una situazione organizzata i suoi acuti finirebbero col suonare stonati, infatti, nella sconclusionatezza milanista le sue prove risultano invece dei reali toccasana.

Insomma, preso sulla carta per essere inserito in una certa idea di gioco, Jeremy Menez si è rivelato essere il miglior paracadute di questo Milan proprio grazie la totale assenza di idee di gioco comuni.

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Lo scarso rendimento del Milan attuale è un dato di fatto sotto gli occhi di tutti.

Allo stesso modo credo sia palese come questo scarso rendimento sia sicuramente dovuto a limiti palesi di qualità della rosa, così come ad un allenatore che – ad oggi, almeno – non si sta rivelando all’altezza della situazione.

Quando si parla di uno sport sempre più tattico come il calcio, però, non si può nemmeno ignorare proprio questo aspetto. Spesso, infatti, la disposizione tattica di una squadra incide fortemente sulla resa della stessa nel suo complesso quanto dei singoli che la compongono.

Proprio da questo presupposto, ed in seguito alla breve analisi fatta della situazione Inter, vi propongo questo video che illustra alcune differenti disposizioni che potrebbero essere scelte da Inzaghi per provare a ritrovare un po’ di continuità da qui a giugno. Quando, personalmente, farei scattare una rivoluzione tecnica a tutti i livelli, per provare a ritrovare la via che il Milan sembra aver smarrito ormai da qualche anno…

4-3-3: il modulo utilizzato in questo inizio di stagione. Sicuramente una soluzione plausibile, visti soprattutto i tanti esterni offensivi a disposizione. Qualche dubbio, però, lo lascia il centrocampo. Ma più che una questione di modulo, in questo caso, è proprio un problema di uomini.
Questo modulo, per altro, potrebbe vedere il Faraone e Bonaventura alternarsi da una parte e Cerci ed Honda dall’altra, con Menez e Destro a far staffetta a seconda delle richieste del mister.
Trovando una miglior quadratura in fase di non possesso, sicuramente un modulo da riproporre.

4-2-3-1: anche qui il problema resta il centrocampo. Un problema in questo caso ancor più acuito dalla presenza di due soli uomini in mediana. Questo schema, però, sarebbe una scelta logica guardando il parco trequartisti, che potrebbe essere sfruttato ancora più a fondo. Del resto centralmente si potrebbero impiegare i vari Honda, Bonaventura e Suso, più lo stesso Menez…

4-4-2: modulo classico che in fase di transizione negativa permetterebbe sicuramente di coprire meglio il campo. Davanti, poi, darebbe spazio a Destro col supporto di una seconda punta mobile, che potrebbe essere rappresentata dai vari Menez, Cerci o El Shaarawy.
Sicuramente un modulo equilibrato che potrebbe dare qualche certezza in più alla squadra. Ma che, nel contempo, rischia di rinsecchire ulteriormente la fase offensiva.
In più se a sinistra Bonaventura potrebbe tranquillamente fare l’esterno – ruolo già ricoperto a Bergamo – a destra non vedrei benissimo i vari Cerci, Honda o Suso.

4-3-1-2: uno dei miei moduli preferiti in assoluto, ma che certo non si adatta alla perfezione a questo Milan. E’ presto detto: con tutti i trequartisti, soprattutto esterni, a disposizione sarebbe un delitto scegliere un modulo di questo genere.
I tempi del Milan di Ancelotti sono lontanissimi, in tutti i sensi.

4-3-2-1: anche questo è un modulo che ricorda l’epopea ancelottiana. Albero di Natale che però, per lo stesso motivo che ho citato parlando del 4-3-1-2, non sembra il modulo migliore da scegliere. Anche se certo, tra questi ultimi due sarebbe sicuramente quello che prediligerei.

3-4-3: che la difesa a tre non sia ben vista dalle parti di Milanello è un dato di fatto. Anzi, che la difesa debba schierarsi a quattro sembra essere un diktat presidenziale/societario.
Nel contempo, però, bisognerebbe avere la giusta flessibilità per cercare di far rendere al meglio il materiale a disposizione.
In questo senso, quindi, trovo che una delle soluzioni migliori in assoluto per questo Milan potrebbe essere proprio il passaggio alla difesa a 3.Il 3-4-3 mutaforma di gasperiniana ispirazione, in particolare, permetterebbe alla squadra di variare il proprio approccio tattico in continuazione a seconda della situazione di gioco. Si potrebbe così passare facilmente al 4-4-2 con lo slittamente laterale del centrale di destra (Rami) ed il conseguente arretramento della catena di sinistra (Antonelli a terzino e Bonaventura / El Sharaawy ad esterni di centrocampo). Con l’ala destra che, in questo caso, diventerebbe ovviamente seconda punta (Cerci). O trequartista (Honda, col modulo che diventerebbe un 4-4-1-1).
Ma non solo. Con l’abbassamento di entrambe le catene laterali la squadra potrebbe chiudersi ancora di più, per poi puntare tutto sul contropiede, passando al 5-4-1.

3-5-2: variante del 3-4-3, anche se dal mio punto di vista meno adatta alla rosa attuale del Milan, è ovviamente il 3-5-2 con cui la Juve ha vinto gli ultimi tre Scudetti. Certo, quella era tutta un’altra squadra. Ma del resto il gap coi Bianconeri non è tattico, ma proprio di qualità della rosa.

E voi? Quale modulo scegliereste, allenaste il Milan al posto di Inzaghi?

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Come giocherà la nuova Inter di Roberto Mancini?

La risposta sembra scontata: 4-2-3-1, con Podolski e Shaqiri larghi ed il trio Medel-Brozovic-Kovacic (al netto di altri arrivi, ovviamente) a gestirsi le altre tre posizioni.

Eppure la rosa dell’Inter lascia pensare che Mancini potrebbe anche schierare una formazione differente. Ad esempio un 4-3-3, con i due giovani croati ad agire come mezz’ali, o un 4-3-1-2, con Shaqiri trequartista ed uno tra Podolski e Palacio a sostegno del solo Icardi, i cui limiti in fase di manovra sono ben noti da tempo (anche da qui il mio paragone con Trezeguet, di cui chi mi segue su Twitter e Facebook avrà già letto).

Proprio questo è l’argomento al centro del mio ultimo video, pubblicato sul canale Youtube del blog. Date un’occhiata e fatemi sapere come, secondo voi, dovrebbe schierare l’Inter il buon Roberto Mancini…

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Metabolizzato l’addio di Antonio Conte, la Juventus deve guardare avanti e iniziare a costruire il proprio futuro facendosi forza delle idee di Massimiliano Allegri, nuovo tecnico bianconero.

Ecco la mia analisi tattica del possibile futuro della compagine torinese:

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Qualche giorno fa un follower su Twitterblog mi ha chiesto quale fosse la squadra che mi aveva colpito di più tra quelle partecipanti ai Mondiali in corso di svolgimento in Brasile.

La risposta era per me scontata: il Cile di Sampaoli, che tanto in difficoltà ha messo il Brasile padrone di casa.

Evoluzione de La Roja che fu del maestro Bielsa, il Cile attuale ha mostrato una applicazione ed una capacità di adeguamento a varie situazioni davvero di altissimo livello tanto che, a mio avviso, avrebbe meritato il passaggio del turno contro i Verdeoro.

Questi i punti focali di quanto mostrato dalla nazionale andina:

  • Pressing alto

  • Attacchi verticali
  • Ritmo molto elevato
  • Attaccanti che non danno punti di riferimento
  • Vidal poteva essere falso nueve
  • Medel perno della difesa a tre
  • Esterni a tutto campo, da terzini ad ali
  • Con Australia 4-4-2 a diamante, spazio per i cross dalle fasce, goal così
  • Secondo tempo Australia 4-3-3 per contenere le fasce e sovrapposizioni terzini
  • Con Spagna vinti tutti i duelli personali
  • Stile di gioco rugbystico con movimento della palla in orizzontale per trovare varchi
  • Con Brasile tante palle lunghe. Duello Silva-Neymar soprattutto nel primo tempo
  • Con Pinilla per Vidal Cile si spacca e lascia gioco a Brasile

Una squadra, quella cilena, che ha messo in mostra un calcio interessantissimo. Linea di difesa con tre giocatori di bassa statura, ma tutti molto combattivi, esterni a tutto campo, interni indomabili, Vidal che potenzialmente poteva essere l’uomo in più (peccato per la sua condizione, certo non ottimale) ed attaccanti larghi ma capaci di tagli repentini a bucare la difesa.

Davvero una squadra piacevolissima da vedere. Che consiglio ad ogni buon mister di studiare. Nel calcio globalizzato di oggi le innovazioni e gli spunti positivi possono venire da qualsiasi parte del mondo. E’ ormai finita l’epoca d’oro in cui erano gli altri a dover guardare in casa nostra…

 

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La vittoria con l’Inghilterra aveva ingannato qualcuno. L’Italia torna sulla terra contro Costa Rica. Anzi, sotto terra. Un goal di Bryan Ruiz condanna infatti gli Azzurri ad una sconfitta inusitata.

Troppo differente la condizione atletica delle due squadre, così i centramericani hanno buon gioco, sfruttano gli errori della nostra nazionale e fanno bottino pieno, qualificandosi con un turno d’anticipo agli ottavi di finale.

Nel video verranno analizzati tatticamente i due errori principali, nonché decisivi, del match: quello compiuto da Balotelli in uno vs uno con Navas, e poi quello che ha portato al goal partita degli avversari.

Ora sarà interessante capire se e cosa cambierà Prandelli in vista del match contro l’Uruguay, che gli Azzurri non possono permettersi di perdere.

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Stasera alle 18 ora italiana la nazionale Azzurra scenderà in campo all’Arena Pernambuco di Recife e, agli ordini del signor Osses, sfiderà la Costa Rica per ottenere il primo posto in solitaria del girone.

Una partita già cruciale per ottenere il passaggio del turno: con i tre punti della vittoria sugli inglesi in cascina fare bottino pieno anche stasera vorrebbe dire, di fatto, staccare o quasi il pass per gli ottavi.

Il 3 a 1 inflitto dai Ticos alla Celeste (che a sua volta ha battuto ieri l’Inghilterra) deve però far riflettere: nel calcio moderno non c’è più quasi nessun avversario (quantomeno tra quelli che riescono a qualificarsi al Mondiale) che debba essere snobbato. Perché ok che sulla carta il potenziale italiano è sicuramente superiore a quello costaricano, ma non tutte le ciambelle vengono sempre col buco.

Ma che tipo di partita sarà quella che verrà giocata a Recife? Cosa ci si deve aspettare, tatticamente, dalle due squadre in campo? Quali potrebbero essere le chiavi di lettura del match?

Per – provare, almeno – a rispondere a tutti questi interrogativi ho creato un video – caricato sul mio nuovo canale Youtube, cui vi invito ad iscrivervi – in cui provo a formulare una sorta di preview tattica dell’incontro.

Altre ne seguiranno, ovviamente.

Spero l’idea vi piaccia. A questo punto, ci vediamo – anche – sul Tubo!

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Ieri sera si è giocato uno dei tanti derby di Londra, quello che ha messo contro il lanciatissimo Chelsea di Josè Mourinho al Tottenham, sempre poco a suo agio quest’anno quando si è trattato di affrontare una delle “big four” di questo campionato.

Spurs che in realtà non demeritano, almeno fino alla rete dell’uno a zero. La squadra allenata da Tim Sherwood, infatti, riesce a contenere bene gli avversari (a parte un paio di notevoli sbandate iniziali), provando anche a pungere quando si crea l’occasione (come al quattordicesimo, quando un diagonale di Bentaleb si spegne di poco a lato).

A fare la differenza è quindi la tenuta mentale della squadra. Che commette una serie di errori individuali assolutamente incredibili, se rapportati al livello di cui stiamo parlando.
Roba che, non me ne vogliano i tifosi del Tottenham, si stenta a vedere nei nostri oratori.

Ma vediamoli più nel dettaglio, questi errori…

L’1 a 0 arriva poco prima dell’ora di gioco. Su – e già questo dice molto – una ripartenza Spurs.

Il primo errore lo commette Kaboul. Il centrale francese, infatti, si mette ad allacciarsi le scarpe con il pallone che è sì tra i piedi di un proprio compagno, ma ancora nella trequarti del Tottenham.

A questo punto l’avanzamento della sfera subisce però un arresto. Il portatore, che credo fosse Walker, fa una cosa che solitamente non andrebbe mai fatta. Ovvero sia taglia il campo in orizzontale con un passaggio che metta in movimento Verthongen. In questo caso, però, il passaggio ci potrebbe anche stare, visto il molto spazio lasciato dai Blues al difensore belga.

Qui però già un secondo errore, dopo quello di Kaboul: il passaggio non è precisissimo. Non viene infatti fatto sulla corsa del compagno, che è così costretto ad arrestare la propria avanzata per rinculare di alcuni metri.

Il che, ovviamente, permette agli avversari di rientrare in pressing su Vertonghen. Che, così, si gira su sé stesso, provando a liberarsi in dribbling. Compiendo però un terzo, per quanto sfortunato, errore: i tacchetti non trovano grip col terreno, ed il giocatore cade.

Qui, il quarto errore. Anziché provare a tenere palla, magari cercando un fallo (o, in alternativa, facendolo, sull’avversario), Vertonghen lascia partire un passaggio improbabile verso la propria area di rigore. Completamente a caso, senza che nessun compagno sia posizionato in maniera adeguata.

Qui ci si ricollega all’errore di Kaboul. Che, appena rialzatosi dopo essersi allacciato le scarpe, è completamente fuori posizione, con Eto’o che ha buon gioco a tagliare alle sue spalle.

L’uscita – per altro poco decisa – del portiere ed il tentativo di disperato recupero di Noughton non possono nulla. La punta camerunense, che poi inscenerà una simpaticissima esultanza post goal, ha gioco facile, e porta in vantaggio i suoi.

Il due a zero arriva solo quattro minuti dopo. Ed anche questo nasce da un errore di Kaboul, espulso nell’occasione.

L’avanzata di Hazard sulla sinistra è inarrestabile, ma non giustifica il fatto che lui, ancora una volta, si faccia tagliare fuori da Eto’o.
Così, in ritardo, prova a disturbare l’avversario, intervenendo da dietro.

L’ex interista finisce a terra. L’occasione da goal è più che chiara. Rigore ed espulsione una conseguenza praticamente diretta.

Il 3 a 0 arriva invece a fine match, più precisamente all’ottantottesimo minuto.

Ancora, frutto di un errore-sfortunato di un giocatore Spurs.

Difesa in affanno – anche per via dell’uomo in meno – che si fa bucare sulla sinistra. Il cross basso in mezzo sarebbe piuttosto innocuo. Ma Sandro, passato a giocare centrale dopo l’espulsione di Kaboul, sbaglia un pochino il tempo dell’intervento. E, per recuperare, finisce con lo sbilanciarsi e scivolare.

Così facendo regala palla a Demba Ba. Per cui segnare è un gioco da ragazzi.

Un solo minuto ed arriva un altro erroraccio clamoroso.

Walker si vede spiovere addosso una palla, oltre la propria trequarti.
Anziché provare a controllare o cercare un appoggio comodo cerca un passaggio lungo, di testa, verso il proprio portiere.

Il tutto, però, senza accorgersi che da quelle parti sta ancora stazionando lo stesso Ba.

L’epilogo è scontato. Demba Ba si mette in movimento ed anticipa piuttosto facilmente Lloris.

Da lì in poi trovare il goal del 4 a 0, a porta vuota, è un gioco da ragazzi.

Senza voler togliere nulla al Chelsea, squadra compatta e sempre in partita mentalmente, fa davvero specie vedere una messe di errori così importante. Che, di fatto, decidono in maniera pesantissima una partita infinitamente più equilibrata di quanto non direbbe il risultato.

Se una squadra doveva vincere, intendiamoci, era sicuramente quella allenata da Mourinho.

4 a 0, però, è forse giusto un tantino largo, come risultato.

Per chi si fosse perso il match, comunque, trova gli highlights qui.

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Premessa doverosa: ieri sera avevo un impegno e non ho guardato Roma – Juventus.

Ciò detto, stamattina mi sono andato a guardare un paio di azioni: quelle dei due goal.

Posto che come ben sa chi mi segue da tempo fare moviola non mi interessa, mi concentrerò sulla rete – decisiva – subita dalla Juventus. In particolare sui due errori di Bonucci.

Partiamo da un presupposto: citare la palla persa che da il la all’azione è secondo me poco sensato. Sono cose che accadono diverse volte a partita, sia per errori tecnici dei singoli che per bravura degli avversari.
Non è quindi pensabile addurre la palla persa a difesa degli errori che vengono compiuti da lì in avanti. Semplicemente perché un errore non può giustificarne un altro.

Scendiamo quindi nello specifico e analizziamo le cose un passo alla volta.

Quando il pallone sta spiovendo verso il centro del campo la situazione è semplice: la difesa sta scappando verso la propria area di rigore, come in una classica azione a palla scoperta.
Certo, in questo caso il possesso non è ancora di nessun giocatore della Roma, ma Bonucci non può non vedere che a pochi passi da lui c’è Miralem Pjanic.
Così il centrale juventino si muove in controtempo coi propri compagni di reparto, che scappando non vanno a coprire l’uscita in pressione da parte dell’ex difensore del Bari.

Detto-fatto Pjanic sprinta, accorcia sul pallone e riesce ad anticipare l’avversario. Che oltre a sbagliare il movimento (secondo chi scrive, va da sé che ognuno poi avrà la propria opinione) entra poi senza nerbo, molle, facendosi appunto anticipare troppo facilmente dal centrocampista bosniaco della Roma.

L’uscita a vuoto di Bonucci spiana quindi la strada al contropiede romanista. Un contropiede che sarebbe potuto partire lo stesso, ma che con il temporeggiamento in blocco della linea difensiva sarebbe potuto essere contenuto più facilmente dalla stessa.

A questo punto difesa e centrocampo sono costretti a rinculare, partendo però da una posizione svantaggiata, trovandosi ad inseguire gli avversari.
Giunti al limite dell’area di rigore la situazione è chiara: Gervinho sta tagliando verso l’area di rigore, mentre Strootman si sta sovrapponendo da sinistra, dettando il passaggio a Pjanic.

Strootman insegue quindi la palla, riuscendo a raggiungerla e crossarla prima che finisca oltre il fondo.
Nell’immagine che segue si può però cogliere il momento in cui Gervinho inizia il proprio contromovimento: dopo aver puntato il centro dell’area di rigore decide di tagliare verso il primo palo, provando ad anticipare Bonucci.

La cosa riesce: Bonucci recupera la posizione corretta, ma lì si pianta. Gervinho fa quindi una sorta di “taglia fuori”, converge sul primo palo e passa davanti al difensore Bianconero. Che, appunto, piantatosi sulle gambe non reagisce.

Così facendo riesce effettivamente ad anticipare Bonucci. Il contromovimento è perfetto, Gervinho si trova sul primo palo, all’interno dell’area piccola, e tra due difensori.

Senza che nessuno dei due, però, possa fare nulla per anticiparlo.

A questo punto qualcuno potrebbe prendersela anche con Storari, con il pallone che gli passa giusto sotto il braccio.

La realtà dei fatti però è che Storari può poco-nulla in questa situazione. E che esattamente come detto all’inizio del pezzo, se delle piccole colpe si possono trovare anche tra i compagni di squadra, nulla di tutto ciò può sminuire le responsabilità dello stesso Bonucci. Che pecca in pieno ben due volte nella stessa azione, spianando la strada al goal romanista che vale l’eliminazione dalla Coppa Italia per la Juventus.

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La storia è nota: Conte sbarcò a Torino con l’etichetta di vate del 4-2-4. Dopo alcuni tentativi falliti, decise di schierare la propria squadra con l’attuale 3-5-2, modulo che è valso due Scudetti (e che ha portato la Juventus in vetta alla classifica anche quest’anno).

Le cronache di mercato, però, sottolineano con insistenza con Marotta & Co. sarebbero interessati all’acquisto di Menez dal PSG.
Contratto in scadenza a giugno, potrebbe liberarsi facilmente già a gennaio, per andare a rinforzare la rosa – già comunque molto competitiva in ambito nazionale – della Vecchia Signora.

L’eventuale acquisto dell’ex romanista, però, non può non aprire alcune riflessioni di carattere tattico.

Come detto, del resto, la Juventus di Conte si schiera ormai abitualmente con un modulo molto preciso. Che vede la presenza di tre centrali di ruolo, uno dei quali con licenza di offendere quando se ne presenta l’opportunità (Chiellini), uno che fa da regista arretrato aggiunto (Bonucci) ed un terzo più prettamente marcatore (Barzagli).

Sulle fasce, poi, agiscono Lichtsteiner ed Asamoah come fluidificanti, con Pirlo regista basso e la coppia d’oro Vidal-Pogba mezz’ali.

Infine, davanti, stanno trovando una sempre miglior intesa Tevez e Llorente, ormai praticamente inamovibili.

Dove potrebbe andare a schierarsi, in questo contesto tattico, Menez?

Forse giusto come seconda punta, giocando un po’ alla Vucinic. Ma sarebbe comunque una forzatura e significherebbe acquistare un giocatore per andare a snaturarne le caratteristiche.

Menez, valore – discutibile – a parte, non ha bisogno di presentazioni. I suoi trascorsi romani li ricordiamo un po’ tutti. E’ un ragazzo che predilige giocare tra le linee, in particolar modo partendo in posizione defilata. Il tutto per sfruttare rapidità, inventiva e dribbling.

Stante queste considerazioni viene naturale pensare che Antonio Conte potrebbe avere in mente un possibile cambio di modulo.

Del resto la critica che viene mossa più spesso alla sua squadra è semplice: in Europa praticamente nessuno (se escludiamo alcune squadre italiane ed il Liverpool) gioca con la difesa a tre. Che proprio al di là delle Alpi diventerebbe il limite principale dei Bianconeri.

Sarà mica che ragionando su queste critiche Conte stia iniziando a lavorare per passare al 4-3-3?

Così fosse, però, come verrebbe modificato l’11 di base?

Innanzitutto il passaggio alla difesa a 4 imporrebbe la sostituzione – o l’adattamento – di uno dei due centrali. In questo senso la Juve dispone di Giorgio Chiellini, che potrebbe facilmente tornare a fare il terzino sinistro, suo ruolo “d’origine”.

I due centrali resterebbero quindi Barzagli e Bonucci, mentre sulla destra dovrebbe scalare Lichtsteiner, perfettamente a suo agio nel ruolo di terzino destro.

Il centrocampo resterebbe praticamente invariato, mentre davanti Tevez dovrebbe defilarsi, per lasciare il centro dell’attacco a Llorente permettendo così di inserire Menez come alterego di Carlitos.

Sulla carta, insomma, dei cambiamenti minimi, che potrebbero essere ben metabolizzati dalla squadra.

Sorge però un dubbio (più che legittimo, penso): vale la pena modificare in maniera così profonda il modulo di gioco andando ad adattare o riadattare alcuni giocatori in ruoli più o meno differenti rispetto a quello attuale per far posto in squadra ad un giocatore come Menez?

Dovessi dare una risposta di getto risponderei sicuramente di no.

Perché il 26enne cresciuto nelle giovanili dei Lionceaux è sempre stato un giocatore terribilmente altalenante (ed in questo l’ho sempre visto molto simile a Vucinic). Capace sì di alternare giocate da fuoriclasse assoluto a prestazioni però molto povere di incisività.

Del resto se la materia di base è di primissima fattura, gli ingredienti non devono evidentemente essere stati amalgamati bene – volendo fare un paragone culinario – e ciò che ne risulta è un giocatore incostante, a tratti scostante, con le capacità di tirare fuori dal cilindro la giocata decisiva ma anche di regalare un uomo agli avversari.

Non solo.

Ammesso e non concesso che il suo valore assoluto possa essere superiore a quello di Asamoah (per logica dovrebbe essere lui, qualora si operasse questo eventuale cambiamento tattico, il giocatore sacrificato) e che Chiellini e Lichtsteiner possano rendere al massimo come terzini (sul secondo pochi dubbi, sul primo molti di più… forse a quel punto bisognerebbe operare sul mercato anche in questo senso) siamo proprio sicuri sarebbe cosa buona e giusta allontanare Tevez (attualmente il miglior realizzatore della squadra al pari con Vidal) dalla porta avversaria, andando quindi a limitarne l’incisività sottoporta?

Discorso che vale anche qualora si decida di togliere Llorente per tenere Tevez punta centrale – atipica – e schierare Menez-Vucinic larghi.
Due giocatori così poco costanti valgono il sacrificio di una punta utile e discretamente incisiva come Llorente?

Dubbi che solo il tempo potrà dissipare.

Di certo se un cambiamento tattico deve essere fatto va ragionato a fondo, anche e soprattutto in quelle che sarebbero le sue conseguenze tecniche.

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