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Rientrato dal cenone della Vigilia mi sono messo a letto deciso a guardare un film che potesse conciliarmi il sonno, senza però resistere alla tentazione di interagire con chi ha il piacere di seguirmi sui vari social. Con un quiz.
Avendo ancora aperta la pagina di Wikipedia che si riferisce al Mondiale del 1998, mi è caduto l’occhio su un nome – a suo modo – da leggenda: quello di Theodore Whitmore.
Da lì è partito il quiz, che come feedback mi ha restituito anche un pezzo molto bello scritto dagli amici di Lacrime di Borghetti proprio sulla nazionale giamaicana che quell’anno partecipò per la prima – e ad ora unica – volta nella propria storia ai Mondiali di calcio.
Così l’intenzione di condirmi via con un film ha presto lasciato il posto al bisogno di tornare a scrivere. Ma farlo dei Reggae Boyz e della loro impresa mondiale non avrebbe avuto senso, essendo già stata magistralmente raccontata da Nesat.
No, la mia intenzione è quella di parlare proprio di Theodore Whitmore, giocatore baciato da Madre Natura alla nascita, dotato di ottime basi su cui costruire una carriera da calciatore.
A fare da contraltare, forse, solo una piccola sfortuna: quella di essere nato a latitudini in cui il calcio è sì uno splendido passatempo, ma non molto di più.
Tappa aveva un po’ tutto.
In primis un fisico da corazziere, buono per ogni battaglia: 188 centimetri d’ebano per 81 chilogrammi di pura forza.
Non bastassero le qualità fisiche, il ragazzo di Montego Bay aveva ricevuto in dono anche qualità tecniche invidiabili e non comuni, almeno dalle sue parti.
Destro naturale potente ed esplosivo, era in grado di scaricare a rete dalla media distanza quanto di dialogare coi compagni, cercando la rifinitura.
Buon controllo di palla e visione di gioco tutt’altro che disprezzabile, era un colosso capace di disimpegnarsi tanto a centrocampo quanto sulla linea di trequarti. Con quel quid in più che lo portava spesso a vedere cose cui gli altri non potevano nemmeno lontanamente pensare.
Attenzione, a leggere così la sua descrizione sembrerebbe quasi di trovarsi di fronte ad uno dei più grandi campioni mai esisti nella storia di questo sport, quando evidentemente non è stato così.
Ma il valore del ragazzo che seppe realizzare il sogno di un intero popolo con un semplice goal è altresì certamente superiore a quello che dice il suo curriculum.
La sua storia parla infatti di un ventenne di Jamaica che dovette dividersi tra calcio e lavoro per potersi mantenere, quando alle nostre latitudini i giocatori migliori del paese non solo possono concentrarsi esclusivamente sullo sport, ma sono anche pagati più che profumatamente per farlo.
Un ragazzo che era considerato una stella, nella terra di Bob. E che grazie alle sue prestazioni aveva aiutato Renè Simoes, il tecnico brasiliano dei Reggae Boyz, a portare la sua nazionale a concorrere davvero per un posto ai Mondiali.
Perché se il pass venne strappato solo grazie all’apporto decisivo dato dai giamaicani d’Inghilterra – come sapientemente raccontato da Nesat – fu proprio Tappa a trascinare la squadra al quarto, decisivo, round qualificatorio.
5 dei suoi 24 goal realizzati in nazionale (di cui è terzo miglior marcatore all time dietro a Luton Shelton ed Onandi Lowe) Theo li realizzò infatti proprio nei primi turni qualificatori.
Il primo arrivò il 31 marzo del 1996 al Flora Stadion di Paramaribo, Suriname. Dove i padroni di casa furono piegati da un goal della stellina di Cape Town Spurs e Violet Kickers prima, Seba United poi.
Nel secondo round Whitmore si ripeté, questa volta davanti al proprio pubblico. Fu infatti lui che aprì le marcature nel 2 a 0 con cui la Jamaica superò Barbados quel lontano 30 giugno 96, preludio ad un terzo turno che a detta di molti doveva sancire l’eliminazione di Simoes e dei suoi ragazzi.
Ma ancora una volta a tenere vivo il sogno di un intero popolo fu lui, Tappa. Altri tre goal e tante giocate di livello nei doppi confronti con Messico, Honduras e St. Vincent & Grenadines a sancire l’approdo a quell’ultimo round dove, appunto, l’aggiunta di giocatori come Robbie Earle, Frank Sinclair e Deon Burton risultò decisiva per la qualificazione ai Mondiali.
A lasciare una firma indelebile nella storia della nazionale giamaicana, però, non furono i ragazzi di Newcastle-under-Lyme, Lambeth o Reading. Quanto la perla di Jamaica, Theodore Whitmore.
Che il 26 giugno del 1998 griffò con una splendida, decisiva, doppietta la prima e sinora unica vittoria iridata dei Reggae Boys.
Messosi in mostra tra Lens, Parigi e Lione, Tappa non restò ancora molto in Giamaica. L’Hull City decise infatti di puntare sulle sue qualità. Così dopo una settimana di prova arrivò il suo trasferimento ufficiale in Inghilterra, giusto riconoscimento per un giocatore più che discreto.
A questo si aggiunse, in campo videoludico, l’omaggio che Konami, famosa casa produttrice di videogames che sviluppa la saga dei Pro Evolution Soccer, volle tributargli.
Dimostrando di aver ben metabolizzato la doppietta con cui Theo sancì la terza sconfitta in tre partite per i Samurai Blue, i programmatori giapponesi vollero riconoscere anche nel mondo virtuale le sue capacità calcistiche. Rendendolo, proprio nei PES usciti in quegli anni, un giocatore tutt’altro che disprezzabile, come molti sicuramente ricorderanno.
Tornando al calcio giocato, nei tre anni – non facilissimi, per i Tigers – che Whitmore passò nello Yorkshire il beniamino di tutta la Jamaica seppe ritagliarsi uno spazio importante anche nel cuore dei suoi nuovi tifosi, da cui decise però di separarsi nel 2002 per tornare brevemente a casa, nella natia Montego Bay, prima di tentare l’avventura scozzese col Livingston.
Da lì altro rimbalzo in Giamaica a far da preludio ad un paio di stagioni nei Tranmere Rovers, prima di accettare l’incarico da giocatore-allenatore nel suo Seba United.
Appesi gli scarpini al chiodo Theodore Whitmore ha quindi deciso di dedicarsi a questa nuova avventura. E dopo aver guidato per un paio d’anni la squadra della sua città è entrato, nel 2007, nel giro del coaching staff della nazionale. Head coach dal 2009 in poi, ha rassegnato le dimissioni lo scorso giugno, a causa degli scarsi risultati ottenuti alle qualificazione al prossimo Mondiale (cui la Giamaica, ancora una volta, non parteciperà).
Giusto il mese scorso, poi, un nuovo trauma personale ha colpito Tappa.
Se nel 2001 era stato coinvolto nell’incidente in cui perse la vita il compagno di nazionale Stephen Malcolm, lo scorso novembre Theo si è visto strappare un figlio da un incidente motociclistico.
Una prova sicuramente difficile da superare anche per chi con le sue giocate ed i suoi goal seppe mettere la bandiera della Giamaica, anche se solo per un’estate, sul planisfero calcistico mondiale.
Theodore Whitmore: un raggae boy da leggenda che avrebbe probabilmente meritato una carriera di livello un tantino più elevato.
Ma che forse, fosse nato a latitudini in cui il calcio è una religione, si sarebbe perso nel mare magnum dei ragazzi che, più o meno talentuosi, inseguono il sogno di fare della propria passione il proprio lavoro, e di realizzarsi potendo inseguire e prendere a pedate quel pallone che corre sul prato.
Insomma, in definitiva è andata bene così. Tappa è cresciuto nella terra che un po’ per tutti è del raggae e della marijuana. Ed ha saputo regalare un sogno ad un popolo che calcisticamente parlando ha sempre contato poco-nulla, a livello planetario. Ma che per un giorno, quel 26 giugno del 1998, dimostrò a tutti di esserci e di sapersi togliere anche qualche bella soddisfazione…
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