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Posts Tagged ‘Juventus’

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.


Sono ormai diversi mesi, raccontano i soliti beninformati, che Massimiliano Allegri chiede ai suoi dirigenti l’arrivo di un trequartista di livello.

Effettivamente se prendiamo la squadra che solo un paio di mesi fa completò una stagione quasi perfetta un giocatore capace di giocare tra le linee era l’unica mancanza evidente, l’ultimo tassello capace di far fare il salto di qualità al 4-3-1-2 scelte dal tecnico ex Milan nella sua avventura bianconera.

Ad una settimana dalla chiusura del calciomercato, però, questo trequartista non è ancora arrivato.

La Juve ha infatti iniziato un’opera di ringiovanimento della rosa che ha portato cambiamenti già profondi.

Le partenze di giocatori come Pirlo, Vidal e Tevez hanno lasciato un vuoto soprattutto a livello di personalità in una squadra che dovrà già lavorare molto per trovare un nuovo amalgama e per inserire i tanti giovani arrivati senza perdere, per quanto possibile, competitività.

Proprio in queste ore si sta poi consumando l’arrivo a Torino di Cuadrado, ala colombiana che lasciò la Fiorentina solo sei mesi fa per floppare completamente il suo approccio alla Premier League, restando sempre ai margini del progetto tecnico di Mourinho e, appunto, tornando in Italia con la coda tra le gambe.

Per parlare dell’arrivo dell’ex viola alla Juventus servirebbe un articolo a parte. Qui mi limiterò solo a dire che o Allegri ha deciso di abbandonare in maniera più o meno definitiva il 4-3-1-2 (cosa plausibile, visti gli arrivi registrati ad oggi) oppure quello di Cuadrado è un arrivo dettato da un’occasione di mercato interessante e da cogliere al volo, ma che servirà solo per dare più profondità ed alternative tattiche al mister, non precludendo quindi l’arrivo di un trequartista da qui al 31 agosto.

Nell’arco di questi due mesi di mercato i nomi fatti da giornali, radio e tv si sono sprecati. Alla Juventus è stato accostato praticamente ogni trequartista di buon livello acquistabile in giro per l’Europa, alimentando un tourbillon di chiacchiere e illazioni che però ad ora non si è tradotto in nulla di concreto.

Personalmente ho perso il conto dei trequartisti accostati alla Juventus già al secondo giorno di mercato, ma in questo pezzo volevo comunque ricapitolare un po’ tutti i giocatori chiamati in causa per capire quale soluzione potrebbe essere la più sensata per il club bianconero…

Tra i tanti nomi fatti c’è quello di Francisco Román Alarcón Suárez, ai più noto come Isco.
Probabilmente il trequartista più talentuoso del mondo, a soli 23 anni si trova in una situazione molto strana: dopo aver strabiliato, giovanissimo, ai tempi del Malaga passò a suon di milioni al solito Real Madrid, dove però ha faticato a trovare spazio. Così dopo una prima stagione più o meno ai margini ne ha giocata una seconda – complice la scelta scellerata di smembrare il centrocampo della Decima, con le cessioni di Di Maria ed Alonso – provandosi a riciclare mezz’ala, in un ruolo palesemente non suo.
Sulla trequarti potrebbe far fare il salto di qualità a quasi tutte le squadre al mondo. Di certo anche alla Juventus, in barba a chi dice che Allegri è solito usare trequartisti “di peso”, a la Boateng (tipo Cossu ai tempi del Cagliari, no?).
I problemi veri, in questo caso, sono due: uno di natura economica (difficilmente il ragazzo potrebbe partire per una cifra inferiore ai 50 milioni, ed un ingaggio altrettanto principesco), l’altro di natura tecnica (con l’arrivo di Benitez il Real dovrebbe passare al 4-2-3-1, che vorrebbe dire più possibilità per Isco e James di giocare nella posizione da loro preferita).

Qualcuno poi nel corso dei mesi ha citato l’altro grande – per talento assoluto – trequartista del calcio europeo: Kevin de Bruyne.
Scartato dal Chelsea dopo sei soli mesi passati in quel di Londra, ha saputo rilanciarsi alla grandissima tornato in Germania, dove aveva già vestito per una stagione la maglia del Werder Brema. Se da un punto di vista tecnico è un giocatore che lascia pochi dubbi, le chance di poterlo vedere realmente vestire la maglia bianconera sono addirittura inferiori a quelle di Isco: su di lui è infatti piombato il Manchester City, che ha messo sul piatto la bellezza di 70 milioni per acquistarne il cartellino. Giusto stamattina la Bild parlava del fatto che il ragazzo preferisse restare in Germania, magari passando al Bayern Monaco, ma è praticamente certo il suo approdo in uno dei top club europei. Uno di quei club cui la Juventus, da un punto di vista economico, non può oggi fare concorrenza.

Altro giocatore pluricitato, probabilmente quello più citato di tutti in assoluto, lo troviamo sempre in Germania: Julian Draxler, stellina dello Schalke 04.
L’ancora 21enne talento nativo di Gladbeck è stato costantemente al centro delle cronache di mercato per settimane intere. Secondo quello che abbiamo potuto apprendere dai giornali su di lui ci sarebbe stata una trattativa estenuante tra i due club: da una parte la richiesta tedesca di 30 milioni tondi, dall’altra la volontà della Juve di non salire oltre i 25 bonus compresi.
Alla fine, almeno per ora, non se n’è fatto nulla. Eppure parliamo di un giovane dal talento cristallino, che da un punto di vista prettamente tecnico contribuirebbe di certo ad innalzare il livello della squadra. Per di più nonostante la giovane età il ragazzo vanta già una quarantina di presenze in Europa ed un totale di quasi 170 presenze in prima squadra, più 15 con la nazionale tedesca.
Insomma, a Draxler non manca praticamente nulla. Se non un po’ di salute. Essendo già andato incontro ad alcuni problemi fisici (lo scorso anno ha messo assieme solo 15 presenze in campionato, non a caso) è probabile che la Juve voglia puntarci ma con cautela. Da qui il tentennamento nella trattativa.
Tatticamente parlando, comunque, sarebbe un’ottima presa. Potendo giocare sia largo che centrale sarebbe in grado sia di fare il trequartista nel 4-3-1-2 che l’ala nel 4-2-3-1 o nel 4-3-3, integrandosi così bene anche con l’altro – ormai fatto – nuovo arrivo Cuadrado.

Altro nome che è andato di moda per diverse settimane quello del Campione del Mondo Mario Gotze, che dopo aver segnato il goal più importante della sua vita un anno fa non ha probabilmente vissuto la stagione che si aspettava in quel di Monaco.
Dal mio punto di vista il ragazzo ha sicuramente qualità indiscusse, ma ancora non è riuscito ad esprimersi al cento per cento del suo potenziale, comunque inferiore a quello di altri interpreti del ruolo (ad esempi i già citati Isco e De Bruyne). Alla Juventus potrebbe fare molto comodo ma un po’ i 40 milioni di base richiesti dal Bayern, un po’ probabilmente la voglia di rifarsi del giocatore stesso sembrano aver fatto naufragare definitivamente la trattativa.

Restando in terra tedesca diversi media hanno accostato alla Juventus anche il nome di Henrikh Hamleti Mkhitaryan, stella della nazionale armena e – pare – punto di forza del nuovo corso giallonero.
Con l’addio di Klopp e l’arrivo di Tuchel, infatti, l’ex Shaktar Donetsk pare essersi ritrovato: così dopo le sole 4 reti realizzate in ben 30 match la scorsa stagione ha iniziato con un bel 7 goal in 6 match quest’anno, con una media di una realizzazione ogni settantacinque minuti tondi.
Giocatore che da un punto di vista del puro talento è sicuramente inferiore ai giocatori citati qui sopra, Mkhitaryan resta trequartista con buone doti d’inserimento che inserito nel giusto contesto tattico può pagare dividendi interessanti. Basti pensare ai 25 goal segnati in 29 presenze nel corso della sua ultima stagione ucraina, quella che ne segnò la definitiva consacrazione…
Ad oggi, comunque, anche il suo nome pare essere naufragato. A maggior ragione per il fatto che dopo un inizio di stagione di questo genere il Borussia è pensabile voglia fare di tutto per tenerlo quantomeno sino a giugno. Con il contratto in scadenza nel 2017 sarebbe comunque ancora vendibile ad una cifra elevata (come dimostrato proprio da questa sessione di mercato), se segnasse 15/20 goal…

Spostandoci in Inghilterra un nome su cui alcuni giornalisti hanno insistito per qualche giorno è stato quello di Christian Dannemann Eriksen del Tottenham.
L’ex Ajax è un trequartista tatticamente squisito capace di giocare anche a centrocampo, e forse proprio per questo, sotto certi aspetti, l’ideale per la Juventus. Dopo la partenza di Pirlo, infatti, è stato promosso Marchisio a tutti gli effetti nel ruolo che fu del regista Azzurro. Alle sue spalle, però, il vuoto.
Un vuoto che alla bisogna sarebbe potuto essere colmato proprio dal talento danese, capace di arretrare sia in cabina di regia che come mezz’ala su richiesta dell’allenatore.
Sicuramente uno dei nomi più interessanti accostati alla Juventus, anche per lui la richiesta pare fosse sui 30 milioni. Ma la voce che lo ha riguardato se n’è andata come è arrivata: in un batter d’occhio.

Sempre per quanto riguarda il Tottenham qualcuno ha paventato anche la possibilità riguardante Erik Lamela, ex esterno offensivo giallorosso. Un giocatore che sebbene, appunto, abbia sempre prediletto poter partire largo sulla destra per accentrarsi sul sinistro, piede forte, avrebbe sicuramente anche le capacità di adattarsi a trequartista, pur limitando molto le sue peculiarità.
In questo caso pare che l’eventuale abboccamento di mercato potesse vertere su di un prestito con diritto di riscatto, ma anche in questo caso le voci si sono subito raffreddate. Come esterno offensivo, l’abbiamo detto, la Juventus avrebbe preferito concentrarsi su Cuadrado. E come trequartista puro non penso possa essere interessata a Lamela. Soprattutto perché, sbaglierò, ma un 25/30 milioni da spendere i bianconeri potrebbero tranquillamente ancora averli, nonostante i già tanti arrivi celebrati in questo paio di mesi.

Un nome che mi ero perso, ma che non era sfuggito ai miei sempre attenti followers su Facebook e Twitter, è quello di Hakan Çalhanoğlu, trequartista turco in forza al Bayer Leverkusen.
Tecnicamente completo, solo ventunenne (essendo classe 94 virtualmente potrebbe giocare il prossimo biennio aggregato all’under 21, dove però sarebbe totalmente fuori scala), a Torino permetterebbe soprattutto di colmare una grossa lacuna: quella relativa ai calci piazzati (ieri calciati quasi tutti da Pogba, che ha palesato grossi limiti in tal senso).
Una vera e propria trattativa non credo però sia stata imbastita. E fino a che il Bayer Leverkusen avrà possibilità di qualificarsi alla prossima Champions League (mercoledì il ritorno del playoff contro la Lazio) credo sia pure difficile che i dirigenti tedeschi abbiano anche solo lontanamente pensato ad una sua cessione. E’ il cuore tecnico del suo club, nonché il giocatore capace di cambiare il corso di un match con una giocata (assieme a Bellarabi): se Champions sarà difficilmente Marotta potrà pensare di portarlo a Torino.

Tra i tantissimi nomi fatti anche quello di un ipotetico quanto impossibile ritorno: quello di Javier Pastore.
Un giocatore che, lo dico subito, non mi ha mai convinto. Non tanto per valore assoluto, posto che ha giocate da campione vero, quanto per continuità sia all’interno di un match che di una stagione.
Pastore mi sembra ancora oggi giocatore troppo discontinuo per poter diventare il cuore pulsante di una squadra che non può che partire ogni anno con l’imperativo di vincere lo Scudetto ed essere competitiva in Champions League.
Per di più mi sembra un giocatore su cui ancora oggi Al-Khelaifi ed il PSG tutto puntino piuttosto forte. Il che vorrebbe dire dover sborsare una cifra fuori mercato per poterlo riportare in Serie A. Una cifra che proprio la sua discontinuità sconsiglia di spendere, a mio avviso.

Solo di poco più plausibile potrebbe invece essere il ritorno di Wesley Sneijder.
In questo caso non tanto perché la società detentrice del cartellino, il Galatasaray, chiederebbe cifre astronomiche, quanto più perché coi suoi 31 anni di età Sneijder non rappresenta un investimento “verde”, quanto più “a perdere”: difficile pensare di potersi rifare dei soldi spesi per il suo cartellino con un’eventuale cessione futura, ovviamente. Sarebbe quindi un acquisto abbastanza in contraddizione col resto del mercato.
Per di più se dal punto di vista dell’acquisizione l’ex Inter non dovrebbe costare una cifra eccessiva, da quello dell’ingaggio sicuramente chiederebbe una cifra tra le più alte, diventando uno dei giocatori più pagati in rosa. Quindi, comunque, un investimento non da poco.
Certo Sneijder, arrivasse, sarebbe comunque l’unico vero trequartista in rosa. L’unico giocatore dotato di quell’ultimo passaggio che tanto manca alla squadra di Allegri.
Anche qui, però, la continuità non è mai stata dalla sua parte. Tranne in quel famoso 2010 che regalò il Triplete ai nerazzurri, infatti, Wesley non è mai brillato per continuità…

Venendo al mercato interno uno dei nomi più gettonati, secondo qualcuno addirittura già bloccato in vista della prossima stagione, è quello dell’oriundo Franco Vasquez del Palermo, rilanciato anche oggi tra le pieghe dei vari articoli di analisi della prima sconfitta casalinga alla prima giornata di campionato nell’intera storia della Juventus.
Tra tutti i nomi fatti finora quello del neo Azzurro a tinte rosanero è sicuramente tra i meno accattivanti. Vero che il ragazzo è reduce da un’ottima stagione al Palermo, ma altrettanto vero che non sembra avere il talento assoluto degli altri interpreti né l’esperienza internazionale di molti di loro, già protagonisti anche in Europa nonostante la – per lo più – giovane età.
Al di là di ogni considerazione sul giocatore in sé c’è comunque un aspetto che lascia dire che Vasquez non dovrebbe essere un giocatore appetibile per la Juventus: la mancanza di giocatori offensivi oggi in forza al Palermo.
Con le cessioni di Dybala (allo stesso club di Torino) e Belotti (partito sempre in direzione del capoluogo piemontese, ma nel suo caso sponda granata) il Palermo si è infatti trovato assolutamente sguarnito là davanti. Altri due giocatori sicuramente arriveranno, ma cedere anche Vasquez vorrebbe dire dover ricostruire da zero l’intero reparto offensivo siculo. Probabilmente troppo anche per Zamparini.

Qualcuno ha poi citato il probabile futuro milanista Roberto Soriano, autore ieri di una buona prova alla prima di campionato contro il Carpi.
L’italotedesco è un trequartista atipico, lo definirei “tattico”. Una mezz’ala adattata a trequartista capace di legare i due reparti, di dare copertura in fase di ripiegamento ma sicuramente non in possesso di quel talento tipico dei grandi numeri 10, di quelle giocate in grado di decidere un match, di quelle invenzioni degne di un Archimede Pitagorico in salsa calcistica.
Soriano è un nome che per molti, per tornare alla definizione di “trequartista tipico di Allegri”, potrebbe essere tra i nomi più indicati per la Juventus, ma che a me in quest’ottica non ha mai convinto.
Personalmente, sebbene il costo sia sicuramente alla portata del club di Corso Galileo Ferraris, non l’ho mai trovata un’opzione realistica. Credo infatti che un giocatore del genere, oltre alla Sampdoria, potrebbe essere più adatto a squadre come Napoli o Milan, che paio alla ricerca di un “trequartista tattico”.
La Juventus, invece, sembra alla ricerca di un “trequartista puro”.
Il tutto, ovviamente, fermo restando anche la differenza notevole che passa tra lui ed i trequartisti contenuti in questa lista.

Dodici giocatori vi sembrano tanti?
Beh, sappiate che non sono nulla. Perché l’elenco completo comprende anche i nomi di Alex Teixeira, Hernaes, Nasri, Saponara, Gerson e chissà quanti altri…


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Torna, dopo l’1 a 1 nella gara disputata ieri tra Lazio e Napoli, la Coppa Italia, con l’andata della semifinale tra Juventus e Fiorentina.

Prendendo spunto dalle probabili formazioni pubblicate sulla Gazzetta di oggi andiamo a vedere, ruolo per ruolo, quale squadra parte – sulla carta – avvantaggiata.

Storari vs Neto

Neto iniziò male la sua avventura italiana, crescendo però nel tempo sino a guadagnarsi la fiducia di tutto l’ambiente Viola e ad iniziare a rendere per quelle che erano le aspettative.
Promesso sposo proprio della Juventus, è un portiere di buon livello. Ad oggi sicuramente superiore al pur buon Storari, la cui carriera è però ormai arrivata – con ogni probabilità – alla fine.

Caceres vs. Richards

Caceres è un jolly di difesa che mi è sempre piaciuto, già da ben prima che arrivasse in Italia. Spesso troppo irruento, ha quella garra tipica dei giocatori sudamericani che non può lasciarmi indifferente.
Richards, di contro, è una vera promessa mancata: ai suoi esordi in maglia Citizens stregò tutti, ed un suo futuro ad altissimo livello sembrava praticamente scontato.
Ultimamente l’inglese sembra si stia ritrovando, dopo momenti bui passati nelle ultime stagioni. Però ad oggi dovessi scegliere tra i due prenderei sicuramente l’uruguaiano.

Bonucci vs. Basanta

Un po’ come Neto, Bonucci ha passato stagioni non facilissime, ricche di sbavature troppo marchiane per potersi imporre ad alto livello. Quest’anno invece, gli va riconosciuto, la sua percentuale di errore si è abbassata molto, e l’ex Bari sembra si stia attestando su livelli importanti.
Ecco perché la sfida a distanza con Basanta non può che vincerla lui.

Ogbonna vs. Gonzalo

Tecnicamente tutt’altro che disprezzabile, Angelo Ogbonna è un centrale difensivo che non ha mai saputo fare il salto di qualità soprattutto da un punto di vista della concentrazione mentale.
Se oltre ad avere piedi discreti – per il ruolo, almeno – è stato da sempre dotato di doti fisico-atletiche eccezionali, proprio la testa, in senso lato, gli ha sempre fatto difetto. Fin dalle prime volte che lo vidi giocare, quando era ancora un ragazzino, fu sempre la scarsa capacità di concentrarsi il limite che gli imputai. Un limite che continua ad avere tutt’ora.
Proprio per questo motivo Gonzalo Rodriguez, tra i centrali più affidabili dell’intera Serie A, vince il duello senza discussioni.

Padoin vs. Alonso

Negli ultimi tempi Padoin è diventato una sorta di fenomeno della rete. Inneggiato da più parti, un po’ come in passato capitò al buon Moscardelli, viene così però quasi svilito nel suo valore effettivo. Jolly di buon rendimento, può occupare senza problemi almeno quattro diverse posizioni in campo, tra cui quella di terzino.
Certo non un fenomeno ma nemmeno un buco unico, personalmente prenderei lui in un eventuale duello con Alonso.

Vidal vs. Aquilani

Da una parte una delle migliori mezz’ali al mondo. Dall’altra un eterno incompiuto.
Vero, Vidal nell’ultimo anno – da quando ciò ha iniziato ad avere problemi di salute che non sembrano ancora del tutto superati – ha reso sicuramente meno rispetto al suo potenziale. Vero anche, però, che Aquilani ha sempre promesso tantissimo ma mantenuto poco, vuoi per i molti infortuni che l’hanno colpito quando ci si aspettava un salto di qualità, vuoi per una certa fragilità mentale che sembra accompagnarlo ancora oggi.
Di certo c’è solo che oggi, tra i due, prenderei tutta la vita il cileno.

Marchisio vs. Badelj

Intendiamoci, Marchisio non è Pirlo. Il miglior Pirlo. Ma del resto nemmeno Badelj vale, oggi, uno scarpino di Pizarro.
Ecco, ci fosse in campo il cileno prendei probabilmente lui, anziché Claudio Marchisio. Ma nel duello col croato è sicuramente quest’ultimo a vincere, anche forte di un rendimento da perno centrale che non mi sarei mai aspettato da lui, mezz’ala fatta e finita.

Pogba vs. Fernandez

Ai tempi del Colo Colo stravedevo per Mati Fernandez, re delle rabone e talento tracimante.
Il suo impatto in Europa, però, è stato molto al di sotto delle aspettative, anche se probabilmente era prevedibile sarebbe andata così.
Fattostà che nonostante a Firenze si stia comportando sicuramente in maniera più che dignitosa, un confronto diretto con Paul Pogba non può che vederlo uscire sconfitto…

Pepe vs Joaquin

Personalmente Pepe non mi ha mai fatto impazzire. Grande atleta, tecnica discreta, abnegazione assoluta. Ma sull’esterno vorrei sempre giocatori con quel quid in più. Quello spunto che ti porta a superare l’avversario in maniera secca, creare superiorità numerica, spaccare le difese.
Esattamente ciò che in gioventù riusciva a Joaquin. Che dopo un periodo non facile è tornato su ottimi livelli. E che quest’anno sta giocando sicuramente una delle migliori annate della propria carriera.

Llorente vs. Gomez

Chi mi conosce sa che apprezzo molto Fernando Llorente, da sempre. Un giocatore che in Spagna, nell’Athletic, diede bella mostra di sé, tanto da guadagnarsi la chiamata della Juve.
A Torino non ha sempre fatto bene. Certo non negli ultimi mesi. Ecco perché nonostante i suoi tanti limiti ad oggi scelgo comunque Mario Gomez, un giocatore che mi sembra comunque più affidabile sotto rete.

Coman vs. Salah

Salah, ho già avuto modo di parlarne sui miei profili Facebook e Twitter, ha avuto un impatto devastante in Italia, nonostante anche lui abbia qualche limite evidente (e già palesato anche in Viola).
Coman invece è un giovane di grande prospettiva, ma che – come del resto era preventivabile – a Torino sta facendo molta fatica a trovare spazio.
Se si parlasse di prospettiva la sfida sarebbe aperta. Parlando di oggi, invece, la discussione credo non possa nemmeno partire.

Risultato

Ecco quindi che con una rapida cernita dei probabili undici in campo (anche se personalmente resto dubbioso, in particolar modo per quanto concerne l’attacco Bianconero) il responso è questo: la Juve si aggiudica il confronto ruolo per ruolo con 6 giocatori contro 5.

Il che farebbe pensare che la partita potrebbe essere equilibrata. Come in effetti mi aspetterei, anche al di là di questo giochino…

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Ormai è deciso: da giugno (anche se la Juventus starebbe premendo affinché Sebastian lasci Torino già in questa finestra di mercato) Giovinco sarà un giocatore dei Toronto FC, squadra canadese che milita in MLS (il campionato professionistico USA).

Una scelta da un certo punto di vista sicuramente interessante, quella fatta dalla Formica Atomica, ma da un altro abbastanza deludente. Ma entriamo nel dettaglio.

PRO

  • Stipendio: le cifre ufficiali ancora non si sanno e restano un mistero. La Gazzetta, solitamente bene informato al riguardo, parla di un totale di 8,6 milioni netti l’anno, comprensivi di stipendio (6), bonus e diritti d’immagine.
  • Esperienza: solitamente quello americano è un campionato che chi ha la possibilità di giocare ad alto livello in Europa (quindi vincere campionati, giocare in Champions, essere Nazionale, ecc) prende in considerazione solo dopo una certa età. Gli esempi sono molteplici: da Beckham ad Henry, fino ad arrivare a Kakà, Gerrard e Lampard (che prima o poi lascerà il City di Manchester per quello di New York). A prescindere dall’età, però, quella che si appresta fare Giovinco resta una esperienza di vita notevolissima, che arricchirà sicuramente il suo bagaglio in questo senso.
  • Leadership: da un punto di vista carismatico Sebastian Giovinco non sembra essere giocatore in grado di rappresentare il leader di un gruppo, a prescindere dal campionato in cui si trova a giocare. In compenso, però, sarà sicuramente uno dei leader tecnici della squadra. Insomma, sarà finalmente nella condizione di poter avere i compagni che si troveranno a giocare in funzione alla sua presenza. Cosa che finora non gli è praticamente mai successa.

CONTRO

  • Nazionale: se già in Italia c’è il malvezzo di ignorare per lo più i giocatori che si disimpegnano all’estero (salvo qualche raro caso), la cosa si aggrava per campionati ritenuti di livello inferiore ai quattro o cinque principali d’Europa. Come è stata la Cina per Diamanti e come con ogni probabilità sarà l’America per Giovinco. Insomma, con questa scelta Sebastian rischia di essersi giocato la Nazionale.
  • Coppe europee: un grossissimo limite allo sviluppo della MLS (campionato in forte crescita sotto ogni punto di vista) è sicuramente rappresentato dall’ovvia impossibilità di qualificare squadre a Champions ed Europa League. Un aspetto che spesso pesa molto nelle scelte dei giocatori, che tra nobili decadute da far risorgere e squadre dal passato mediocre ma dal presente europeo scelgono per lo più le seconde. Europa che quindi resterà un ricordo, per Giovinco.
  • Ambizione: a quanto già detto aggiungiamo il fatto che Giovinco si è sempre ritenuto giocatore di fascia alta. Sicuramente più di quanto non fosse realmente. Convinto che avrebbe potuto impattare a livello assoluto a Torino, mi è sempre parso che si reputasse giocatore da top club. Sarà che il tempo l’ha fatto maturare, probabilmente è arrivato a capire che un Barcellona – ma anche, per scendere di qualche gradino, un Arsenal – difficilmente si sarebbero mai fatte avanti per lui. Così ha definitivamente rinunciato alla propria ambizione (oltre che all’Europa e, probabilmente, alla Nazionale), decidendo di volare dall’altra parte dell’Oceano…

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Ieri ho scritto un pezzo per spiegare come la penso sull’affare Gabbiadini-Napoli visto dal punto di vista di questi due soggetti. Oggi invece ne parlerò dal punto di vista delle società che, se l’affare si chiuderà, si troveranno a cedere il ragazzo.

Partiamo dalla Juventus, squadra che ne acquistò il 50% del cartellino il 24 agosto 2012 per girarlo poi subito al Bologna in prestito. Gabbiadini che in realtà non ha – ancora, almeno – mai vestito la maglia della Juventus. Al termine di quella stagione, infatti, venne riscattato dalla Vecchia Signora, che ne girò però subito una metà proprio alla Sampdoria.

Juventus che in questi anni ci sta abituando a questo tipo di politica: molti sono i giovani italiani di cui ha detenuto almeno parte del cartellino ma che ha mandato in giro per l’Italia a fare un po’ di esperienza (da Berardi a Zaza passando per Immobile, Rugani e lo stesso Gabbiadini).

Questo tipo di politica, sicuramente interssante, sta però ad oggi fruttando solo qualche plusvalenza (in attesa che Rugani possa sbarcare in Bianconero già a gennaio, come sembra). Forse un peccato, dato che il capitale umano potrebbe forse valere un po’ di spazio in squadra.

In particolare, a mio avviso, in questo caso. Lo sostengo da quando lo vidi giocare per la prima volta (stava ancora nella Primavera atalantina): Gabbiadini ha qualità importanti. E la Juve, che ci ha visto bene due anni e mezzo fa allungando le mani sul suo cartellino, avrebbe dovuto trovare un po’ più di coraggio e provare a lanciarlo.

Ma la Juventus, si sa, viaggia ad un livello in cui lanciare i giovani è sempre difficile. Se l’obbligo è quello di vincere, infatti, le possibilità di errori sono ridotte a zero. E puntare su un giovane non ancora affermato alza sicuramente le chance di sbagliare.

Diverso invece, e probabilmente ancora peggiore, il discorso che possiamo fare in relazione alla Sampdoria. Che oggi gioca – solitamente – con tre punte: Eder, Okaka e lo stesso Gabbiadini.

Addirittura radiomercato dà buone possibilità che a partire già a gennaio siano i due italiani. Che così lascerebbero non poco sguarnito l’attacco doriano, che ha trovato una sua ottima dimensione (come per altro confermato dal match di ieri, vinto con il Verona ed in cui sono andati a segno tutti e tre).

Un giocattolo, quello dell’attacco del Doria, che sta funzionando. Perché romperlo a metà stagione?

Il precedente, per altro, è poco edificante e dovrebbe far riflettere a fondo Ferrero ed i suoi dirigenti. Vi ricordate come finì quella stagione in cui la Samp cedette a gennaio i suoi due attaccanti sin lì fondamentali nel buon andamento della squadra?

Retrocedette.

Ora, io certo non voglio dire che succederebbe la stessa cosa in questo caso. Ma certo è che se ora la Sampdoria è quarta e può addirittura giocarsi la Champions – a patto però che il Napoli continui a stentare – difficilmente il rendimento potrà restare lo stesso se venissero ceduti sia Okaka che Gabbiadini.

In particolare, poi, quest’ultimo è il miglior marcatore della squadra. E non solo. Come dimostrato ieri sera sa fare grandi cose anche in fase di rifinitura. Insomma, è il giocatore più di qualità della squadra.

A margine: per sostituire i due, qualora davvero partissero, si parla di un ritorno proprio di Pazzini e Cassano. Eventualità sicuramente affascinante, ma che tecnicamente parlando risulterà – con ogni probabilità – deficitaria.

Quindi Ferrero, se mai dovessi passare di qua, ascolta il mio consiglio: tieni Okaka e Gabbiadini – o almeno quest’ultimo – sino a fine campionato!

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Entusiasmo o allarmismo?

L’esordio in Champions League della Juventus targata Massimiliano Allegri mostra due facce in contrasto abbastanza netto tra di loro.

Da una parte, di certo, la grande capacità della squadra Bianconera di controllare il match.

I dati sono chiarissimi in tale senso: 70% di possesso palla juventino, con ben 21 tiri totali (di cui 7, un terzo, nello specchio) contro i soli 4 (di cui uno nello specchio) del Malmo.

Non solo. Tante occasioni create, dominio della sfera assoluto (col 90% dei passaggi compiuti correttamente) e supremazia aerea certificata dal 61% di successo nei duelli di testa.

Dati però forse normali, se letti in questo senso: la squadra più forte d’Italia negli ultimi tre anni ha messo alle corde una compagine svedese con molte meno capacità tecnico tattiche.

Una vittoria casalinga insomma scontata, anche al di là del numero delle occasioni costruite.

Che, anzi, diventano motivo di allarme: può una Juventus capace di creare così tanto vincere solo 2 a 0 (con la seconda rete segnata per altro su calcio piazzato) contro un avversario nettamente inferiore, per altro di fronte al proprio pubblico?

Beh, in questo senso mister Allegri avrà sicuramente da lavorare.

Del resto, paradossalmente, il risultato arrivato da Atene finisce col complicare le cose: l’Olympiakos si impone infatti, in maniera piuttosto inopinata, sull’Atletico Madrid, e balza in prima posizione a braccetto con la Juve a quota 3 punti.

Questo, però, vorrà sicuramente dire che mercoledì primo ottobre il Vicente Calderon sarà un vero e proprio catino ribollente, con i Colchoneros che saranno praticamente costretti a vincere onde evitare che la classifica si possa complicare ancora di più.

Lo scenario potrà infatti essere questo: dopo la vittoria del Pireo ottenuta proprio ai danni della squadra di Simeone l’Olympiakos sa di avere tra le mani un’occasione unica e si presenterà quindi in Svezia con un solo risultato possibile: la vittoria.

Tre punti esterni che saranno tutt’altro che impossibili.

Così, i greci si porterebbero a sei punti. Il che vorrebbe dire che qualora la Juventus vincesse in quel di Madrid, l’Atletico si troverebbe a ben sei lunghezze dalla coppia di testa.

Con quattro partite ancora da giocare nulla sarebbe perduto, intendiamoci. Ma certo la situazione sarebbe ai limiti della drammaticità, con l’Atletico a quel punto praticamente costretto a vincere tutti i restanti match per provare a strappare il passaggio del turno.

Ecco perché Atletico – Juventus è un match già imperdibile, crocevia di buona parte delle chance Colchoneros ma anche possibile ipoteca al passaggio del turno per gli juventini.

Un match imperdibile che, ammetto, sarebbe bello poter vedere live allo stadio. Con l’atmosfera elettrizzante che si respirerà, a maggior ragione in un momento in cui i vicecampioni europei si giocheranno già buona parte delle chance di passaggio del turno.

A chi volesse vedere questo o altri match live mi permetto quindi di dare un piccolo consiglio: è possibile trovare tutte le partite della  Juventus e della Champions qui!

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Metabolizzato l’addio di Antonio Conte, la Juventus deve guardare avanti e iniziare a costruire il proprio futuro facendosi forza delle idee di Massimiliano Allegri, nuovo tecnico bianconero.

Ecco la mia analisi tattica del possibile futuro della compagine torinese:

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La crisi tra la Juventus ed il suo allenatore era nell’aria da qualche tempo. Tanto che ormai un paio di mesi fa sembrava addirittura potesse consumarsi un prematuro divorzio.

Poi le parti si incontrarono e da lì uscì una decisione che in realtà sottolineava con forza come qualche discrepanza dovesse esserci e fosse destinata a rimanere: niente separazione, ma nemmeno niente prolungamento.

Poi le cose devono essere evidentemente degenerate. E giusto dopo un giorno di ritiro, ecco la decisione. Drastica, inaspettata: Conte e la Juventus optano per un divorzio consensuale.

Personalmente non ho – ahimè – insider in alcuna squadra di Serie A, così che non ho news fresche su quelli che possono essere stati i motivi che hanno deciso questa separazione. Quindi è abbastanza inutile parlarne.

C’è chi adduce motivi di mercato in entrata, dicendo che il trio Evra-Iturbe-Morata non sarebbe all’altezza delle aspettative del tecnico salentino che si sarebbe così deciso a mollare il colpo.
Chi invece mette sul banco degli imputati le possibili cessioni, giurando e spergiurando che ora partiranno Vidal e/o Pogba e che proprio questa scelta (che in realtà potrebbe essere più una necessità di bilancio) avrebbe spinto Conte all’addio.
E’ poi molto caldeggiata anche la pista “ripiego”. Ovvero, sapendo di essere un papabile candidato alla panchina della Nazionale Conte avrebbe deciso di terminare la propria storia d’amore con la Juventus, comunque già ampiamente sul viale del tramonto, per non perdersi la chance Azzurra (qui mi verrebbe da chiedermi perché non rinunciarci prima da una parte e come possa aver ricevuto rassicurazioni in tal senso dall’altra, visto che la stessa FIGC al momento è tutta da ridisegnare).

Le motivazioni quindi, se mai usciranno, le tratteremo più avanti. No, in questo post vorrei esplorare un po’ i possibili sostituti di Antonio Conte come allenatore della Juventus. Perché è logico che le chance di conferma al ruolo di campioni d’Italia passeranno, in buona parte, da questa scelta.

In queste prime ore, tra social e media, si è scatenato il pandemonio. Tra possibili acquisti saltati (Evra avrebbe dato uno stop alla trattativa, Iturbe sarebbe addirittura una trattativa chiusa) e nomi snocciolati come se i posti vacanti fossero N è partito il classico isterismo che accompagna decisioni comunque – sportivamente – scioccanti come questa.
Proviamo a mettere un po’ d’ordine tra i nomi e gli scenari.

Partiamo quindi da Massimiliano Allegri, che ha già per altro ricevuto un endorsement importantissimo. Parole dolci nei suoi confronti le ha infatti spese niente popò di meno che Luciano Moggi. Certo, il fatto che gli interessi del tecnico livornese siano curati dal figlio Alessandro non è solo un caso, ma c’è una cosa che credo debba far riflettere: l’ex D.G. della Juventus ha parlato di “tecnico aziendalista” e di come proprio su di un profilo di quel genere dovrebbe orientarsi la dirigenza. E chi conoscete di più aziendalista dell’ex tecnico del Milan?
Il nome credo sia il più realistico e sarà quantomeno valutato – se non direttamente contattato – da Marotta e soci. Anche se al riguardo credo ci sarebbe da consultare anche Andrea Pirlo, che non penso la prenderebbe benissimo.
Personalmente non l’ho mai reputato un allenatore da grande squadra, nemmeno quando vinse lo Scudetto al suo primo anno di Milan, senza però dare mai un gioco degno alla sua compagine. Per altro al secondo anno perse il campionato proprio contro la prima Juve di Conte, a mio avviso sicuramente inferiore da un punto di vista tecnico. Insomma, un allenatore che non dovrebbe sedere su di una panchina così importante (vale per il Milan, varrebbe per Juve e Nazionale).

Se quella di cercare un tecnico aziendalista fosse priorità anche di Agnelli e del suo entourage ecco che verrebbe scartato automaticamente il nome di Clarence Seedorf, che molti, soprattutto tifosi milanisti, hanno sussurrato poco dopo l’ufficializzazione dell’addio di Conte.
Qui però cadiamo più nel tifo che non nella concretezza, credo. L’ipotesi verterebbe infatti sulla voglia di rivalsa che l’ex Rossonero avrebbe in sé. Che immagino essere tanta, ma non penso possa bastare alla Juventus in un momento così.
Per quanto concerne poi il mio giudizio su di lui, mi espressi già a tempo debito: ragazzo molto intelligente che può dare sicuramente tanto al calcio anche fuori dal campo. Fossi stato nel Milan non l’avrei cacciato (anche se lì i problemi sono stati palesemente extra campo). Però nel contempo mi ha un po’ deluso il suo incaponimento su di un modulo che non ritengo fosse il migliore per la rosa a sua disposizione fino a poche settimane fa.

Altro nome giustamente caldo è invece quello di Roberto Mancini, uno dei due principali contender – assieme al già citato Allegri – alla panchina della Nazionale, almeno fino a poche ore fa. Mancini che si è da poco liberato del suo vincolo col Galatasaray e che credo tornerebbe volentieri in Italia, pur dovendo però accettare una decurtazione dello stipendio.
Anche questo mi sembra un nome concreto, su cui la Juve potrebbe lavorare.
Personalmente è un altro che, come Allegri, ritengo abbastanza sopravvalutato. Allenatore forse più da inizio progetto che non da continuazione di un percorso già avviato. Ha vinto campionato con squadre praticamente sempre molto più forti delle avversarie, ed in alcuni casi anche in maniera rocambolesca. In Europa ha sempre fallito. Insomma, un altro allenatore che non credo farebbe fare un salto di qualità al progetto Juve. Che anzi, rischierebbe così di recedere.

Sarebbe calda anche la pista Luciano Spalletti, sollevato dall’incarico di allenatore dello Zenit il 10 marzo scorso (dopo una vittoria in undici partite) ma ancora legato alla squadra di San Pietroburgo.
Anche questa come le precedenti due (Seedorf come detto la considero più una boutade di chi spera di non vederlo alla Juve per non rimpiangerne il fresco esonero) credo sia una pista reale, che verrà o è già stata sondata.
Tra i tre è l’allenatore che in un certo modo mi convinse di più. Alla Roma seppe fare bene nonostante ci fossero squadre più attrezzate in Italia e soprattutto, a differenza dei due succitati, seppe dare un gioco chiaro e piacevole alla sua squadra. In Russia ammetto di averlo seguito poco, se non in Europa. Dove ha onestamente fallito. Anche questa opzione mi saprebbe di ripiego. Esattamente come in ottica Nazionale (dove non vorrei nessuno dei tre).

Qualcuno ha poi paventato una sorta di “minestra riscaldata”: Fabio Capello.
Questo nome, che ritengo poco realistico anche e soprattutto per una questione economica (oggi guadagna 8 milioni l’anno, credo che sotto ai 4/5 non scenderebbe ed è comunque una cifra che reputo troppo alta per una società italiana oggi), viene fatto soprattutto in virtù dei suoi problemi con la federazione russa, nati – o comunque detonati – dopo la prematura eliminazione dal Mondiale.
Indubbiamente un tecnico di profilo più alto dei succitati. Ha vinto tanto ed in Italia sarebbe una garanzia. Ha palle di ferro e sarebbe in grado di panchinare anche un Buffon, se non lo ritenesse migliore del suo sostituto. Tra i contro c’è però il fatto che gioca sempre male e che comunque in Europa, soprattutto a Torino, fece male.

Sempre parlando di – in questo caso già ex – C.T. che hanno mal figurato in Brasile, è stato paventato anche un – anche qui – possibile ritorno di Alberto Zaccheroni.
Allenatore in una delle fasi più complicate del post-Calciopoli, l’ex commissario tecnico del Giappone credo possa essere un nome che difficilmente avrà chance reali di ritorno a Torino. Penso infatti che anche se il suo nome venisse valutato, partirebbe dietro a tutti quelli già citati (forse anche Seedorf, vi dirò).
Personalmente lo reputo un allenatore più da provincia che non da grande piazza. E soprattutto non da grandi obiettivi. Vinse un campionato sì, ma non credo sappia bene nemmeno lui come. Per il resto, sa anche dare una fisionomia alla sua squadra, spesso. Ma credo che in una squadra che punti all’Europa League potrebbe fare meglio che non dove è costretto a vincere il campionato per non interrompere una striscia lunga ormai tre anni.

Altro nome tirato in ballo – anche per la Nazionale, come buona parte dei succitati – è quello di Francesco Guidolin, che in realtà è ormai un ex allenatore. Al termine della stagione appena conclusa ha infatti lasciato la panchina per diventare supervisore tecnico del tris di squadre di proprietà dei Pozzo: Udinese, Watford e Granada.
Nome che probabilmente potrebbe anche stuzzicare le fantasie della dirigenza juventina, non so quanto possa essere realistico proprio vista la supposta volontà dello stesso ex giocatore del Verona di appendere il fischietto al chiodo.
Personalmente lo trovo un ottimo allenatore. Molto preparato. Sicuramente tra i migliori, se consideriamo solo il lotto di nomi fatti in vista della successione di Conte. Il problema suo, che espressi anche in ottica Nazionale, riguarda il carattere. Piuttosto fragile e allergico alle pressioni già di una piazza provinciale come Udine. Come potrebbe resistere a quelle di Torino?

Su Sky è stato poi citato anche Sinisa Mihajlovic. Che però ha un contratto in essere con la Sampdoria e, a quanto pare, potrebbe accettare un eventuale nuovo incarico solo se venisse esonerato (e quindi non se si dimettesse di sua sponte).
Perché mi fa strano questo nome? Per mille motivi, in primis proprio il fatto che si ripieghi a stagione già formalmente iniziata su di un tecnico comunque occupato. Perché potrebbe essere un nome realistico? Perché con l’avvento del nuovo Presidente stanno lasciando la Samp in molti, almeno in società. L’ex tecnico del Catania è stato fondamentalmente confermato, ma le cose possono cambiare rapidamente come insegna proprio la vicenda Conte.
Anche qui il carattere non manca. Le idee di calcio sono abbastanza chiare. Difficile però definire se possa essere o meno un tecnico da grande squadra. Il carattere per sopportare le pressioni lo ha e si sa. La capacità di lavorare su di un gruppo costretto a vincere, però, è tutta da testare.

Altro nome rimbalzato un po’ qua e un po’ là è quello di un ennesimo ex, Didier Deschamps.
Nome questo che ritengo plausibile e su cui non mi stupirebbe che la Juventus lavori o abbia lavorato. Ci sono però due problemi che ne allontano il possibile ritorno: in primis proprio il ricordo, da parte sua, di come fu trattato quando venne scaricato ai tempi del ritorno in A. In secondo luogo il contratto in essere con la Federazione francese.
Allenatore che ha dimostrato di saperci fare, cerca forse ancora il salto di qualità. Che potrebbe in realtà trovare, anche se solo tra due o quattro anni, anche sulla panchina su cui siede ora, essendo la Francia una delle nazionali di maggior prospettiva del continente. In questo caso, forse, l’opzione club potrebbe essergli gradita.

Da qui in poi si entra nel campo della fantascienza (ma occhio che nel calcio non va mai dato nulla per scontato.

Qualcuno parla di Luis Felipe Scolari, fresco di tragedia in nazionale.
Nome su cui non credo la Juve possa muoversi realisticamente. Un po’ perché non penso valutino davvero la pista straniera (dove per straniero intendo allenatore estraneo al mondo del calcio italiano e/o juventino), un po’ perché in Nazionale non guadagnava poco e non so quanto vorrebbe ora per allenare un club.
Sicuramente è un condottiero. Di errori col suo Brasile ne ha comunque commessi diversi. In più non credo sia un grande innovatore e non so quanto potrebbe fare meglio del suo predecessore. Come detto – anche per la Nazionale, come per un po’ tutti i club – io la pista straniera è una pista che prenderei in considerazione. Però pondererei molto bene la scelta.

Tornando agli ormai – anche se in questo caso già da diversi anni – ex allenatori si è citato anche Gianluca Vialli. Che oltre ad essere un ex allenatore è anche un ex juventino, per quanto vestii quei panni come calciatore.
Beh, sinceramente difficile dire se possano valutare una pista di questo genere. A pelle direi assolutamente no.
Come allenatore è poi altrettanto difficile da giudicare. Allenò per molto poco pur portandosi a casa qualche trofeo. Il problema vero è che al di là di tutto allenò comunque un calcio molto diverso da quello odierno. Praticamente, quindi, sarebbe come prendere un mister senza alcuna esperienza.

A questo proposito non sono quindi mancati gli endorsement anche per Alessandro Del Piero.
Opzione che tenderei a cassare in pieno. Un po’ perché non si lasciò bene con la società, e non credo i tempi siano già così tanto maturi da permettergli un suo ritorno addirittura come allenatore così, di punto in bianco. Un po’ anche perché lui continua a dire di sentirsi ancora allenatore. E, certo non ultimo, anche qui bisogna ricordare che sarebbe un salto nel buio totale, non avendo allenato un solo minuto nella sua vita.

Ex giocatore della Juve – per quanto lui faccia ancora parte della “famiglia” bianconera – è anche Fabio Grosso, attuale allenatore della Primavera.
Anche questa ipotesi tenderei a scartarla. I tecnici delle giovanili solitamente vengono promossi solo a fine stagioni, quando c’è da cercare un traghettatore. Oppure dopo qualche tempo di svezzamento, se c’è un progetto su di loro. Cosa che in questo caso non credo ci sia, dato che la scorsa stagione il terzino Campione del Mondo nel 2006 la iniziò come vice della Primavera, per poi diventare capo allenatore solo in seguito agli scarsi risultati di Zanchetta.
In merito ricorderei, con una battuta, che “non tutti i Guardiola vengono col buco”. E che il passaggio da una “seconda squadra” ad una “prima” non è mai facile, e l’esempio di Pep non deve trarre in inganno.

Infine qualcuno ha buttato lì anche il nome di Zinedine Zidane, che in realtà è da un paio di settimane il tecnico del Castilla, la squadra B del Real Madrid.
Ipotesi sicuramente affascinante, la trovo la più sensata tra quelle che riguardano gli ex giocatori della Juve infilati nel calderone dei nomi, per quanto tutt’altro che probabile essendo appunto lui già impegnato. Del resto, comunque, la sua volontà di allenare era nota da anni e dopo l’apprendistato al fianco di Ancelotti chissà che il buon Zizou non si farebbe già tentare da una sfida così difficile ma comunque affascinante come quella che potrebbe eventualmente proporgli la Juventus.
Ovviamente da un punto di vista tecnico-tattico c’è poco da dire al riguardo, non avendo lui ancora mai allenato. Posso solo dire che probabilmente, per non bruciarsi, gli converrebbe stare dov’è e crescere senza troppe pressioni. Ma certo, che carattere dimostrerebbe a lasciare un lido così sicuro (con per altro possibilità di arrivare su di una panchina prestigiosa come quella del Real nei prossimi anni) per un’avventura molto più complicata come quella che si troverebbe ad affrontare a Torino!

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E’ notizia di queste ore: la Juventus avrebbe praticamente formalizzato l’acquisizione di Kingsley Coman, giovane trequartista (parliamo di un classe 96) del PSG.

Che tipo di giocare sia, questo colored tutto scatti e tecnica, l’ho raccontato già l’anno scorso nel mio primo libro, La carica dei 201 (cui spero di far seguire presto un secondo, sempre di medesima fattura).

Ciò su cui voglio concentrarmi ora, invece, sono altri aspetti. Quelli che andranno cioè ad influenzare il suo futuro prossimo al di là delle sue stesse caratteristiche tecnico-tattiche e fisico-atletiche.

Partiamo dal principio, trasferimento e contratto.

In questo senso Marotta & Company hanno sicuramente chiuso un’ottima operazione. Almeno, se modalità e cifre saranno confermate i dirigenti bianconeri avranno di che leccarsi i baffi.

Le voci più insistenti parlano infatti di un trasferimento a costo zero ed un contratto al ragazzo da 400mila euro l’anno, con scadenza a giugno 2018.

Ma come è possibile che la Juventus sia riuscita a mettere le mani su uno dei più promettenti talenti francesi – se non europei – a costo zero? Semplice: il PSG non era ancora riuscita a trovare un accordo col giocatore, che non aveva quindi ancora mai firmato un contratto da professionista. Da qui, l’opportunità di liberarsi a zero (che non dovrebbe essere esattamente zero: con ogni probabilità i bianconeri verseranno un risarcimento di circa 300mila euro al club che ha cresciuto il ragazzo).

Da un punto di vista societario, quindi, manovra da 10+: costo del cartellino nullo (o comunque contenutissimo, sicuramente molto al di sotto del reale valore di mercato del ragazzo), fronte temporale sufficiente a valutare il ragazzo, stipendio assolutamente sostenibile.

Però… ci sono un paio di però, su cui è bene riflettere.

In primis, che fine farà il ragazzo una volta sbarcato a Torino. Proviamo a semplificare. Le opzioni sono fondamentalmente quattro:

  • resta a Torino ed entra in rotazione;
  • resta a Torino ma marcisce in panca non riuscendo ad adattarsi al nuovo contesto;
  • parte in prestito (le comproprietà, del resto, non esistono più);
  • gioca un anno in Primavera (che l’anno prossimo vedrà impegnati i classe 96 e 97).

Partiamo dal fondo: abbastanza impensabile che un giocatore del genere, già aggregato più volte alla prima squadra in quel di Parigi, non abbia chiesto certezze almeno in questo senso. Pensare possa essere aggregato davvero alle giovanili è folle (inserisco la possibilità solo perché esistente e perché… beh, siamo in Italia…).

Il prestito a qualche squadra, sicuramente di Serie A, potrebbe essere un’opzione. Bisognerebbe trovare però una squadra disposta a farlo giocare, magari anche approntando l’operazione facendo leva su una qualche formula che possa prevedere una ricompensa economica qualora il giocatore venisse valorizzato.

Infine, la sua permanenza a Torino, aggregato alla prima squadra. Dove potrebbe ritagliarsi uno spazio – un po’ come fatto dal francesino che l’ha preceduto, Pogba – come finire panchinato per tutta la stagione (prospettiva che credo lo porterebbe a chiedere la cessione, quantomeno in prestito, da subito o se non altro da gennaio).

Riguardo ad un suo utilizzo più o meno costante, però, c’è una grande incognita: Antonio Conte, lo ha dimostrato negli ultimi tre anni, è un allenatore non molto incline a lanciare i giovani.

C’è stato Pogba, certo. Obiezione comoda, direi. Ma la mia risposta è altrettanto ovvia: Paul Labile Pogba si è dimostrato giocatore già troppo pronto – e forte – per poter essere trattato come un ragazzino qualunque.

No, la verità è che Antonio Conte preferisce giocatori già formati, affidabili, al rischio che comporta il lancio di un giovane.

Esempi in questo senso? Ce ne sono a decine. Basti pensare a tutti i buoni giovani che la Juventus ha in giro per l’Italia e che non si decide a valorizzare in casa. Da Luca Marrone, tenuto e panchinato senza scampo, fino ai vari Gabbiadini e Berardi, che ancora non vengono ritenuti pronti per rientrare a casa. Per non parlare di Immobile, rimpallato da una piazza all’altra per tre anni, in cui è stato capace di vincere due titoli di capocannoniere, conquistarsi la Nazionale e finire nelle mire del Borussia Dortmund.

Quindi, una sola chance. O Kingsley Coman riesce a ripercorrere le tracce lasciate da Pogba ed imporsi da subito, o il rischio concreto è che butti via – o quasi – un anno.
In realtà le chance sarebbero due. Ma non so, non mi pare che Conte, di punto in bianco, si stia decidendo a lanciare giovani a profusione…

Detto dei dubbi rispetto alla fine che il ragazzo potrebbe fare una volta sbarcato a Torino veniamo alla seconda questione, che riguarda un aspetto prettamente tattico.

Kingsley Coman, come ho avuto modo di dire nel mio libro (e non per farmi pubblicità, ma vi invito a comprare il prossimo… senza doti divinatorie, si leggono comunque schede interessanti su giocatori che di qui a breve finiranno per forza di cose a movimentare il mercato), nasce trequartista ed evolve come esterno. Abbastanza naturale vista la congiuntura storica, che vede i ragazzi con caratteristiche come le sue finire spesso larghi, per sfruttare rapidità e dribbling provando ad avere più campo rispetto che se si facessero imbottigliare centralmente, sulla trequarti.

Le posizioni preferite di Kingsley Coman

La Juventus però, ad oggi, gioca in una maniera molto particolare, il tanto decantato – e criticato – 3-5-2, che non prevede né l’uso del trequartista classico, né dell’esterno prettamente offensivo.

Mai, infatti, Coman potrebbe – ad oggi, ma temo anche in futuro – andare a ricoprire il ruolo di fluidificante. Semplicemente, quelle non sono le sue caratteristiche.

Quindi?

Anche qui, due possibilità: o Conte, le volte in cui dovesse decidere di provarlo, lo testerà come seconda punta, oppure dovrà studiare un cambiamento di modulo.

Nella prima ipotesi il ragazzo – basandoci sull’organico attuale – potrebbe tranquillamente agire in coppia sia con Llorente, di cui potrebbe sfruttare le sponde ma che potrebbe anche valorizzare con sgroppate e cross dal fondo, sia con Tevez, per dialoghi nello stretto ed in rapidità.

Nella seconda, invece, Coman potrebbe trovarsi a giocare in un ruolo più adatto a lui. Sono almeno un paio d’anni, infatti, che si dice la Juventus dovrebbe o potrebbe passare al 4-3-3. Un’eventualità che sicuramente potrebbe aiutare Kingsley ad inserirsi nella nuova realtà.
Ma siamo proprio così sicuri che Antonio Conte abbia intenzione di abbandonare il modulo che lo ha reso tre volte Campione d’Italia…?

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Ieri – come succede praticamente sempre – non riuscivo a dormire. Così ho iniziato una conversazione su Whatsapp con un amico (milanista) che si è rivolta, ovviamente, al calcio.

Non so bene come sia uscita la cosa, fatto sta che è uscita l’ipotesi di un super-tridente (lo dico subito, impossibile da realizzare nel concreto) per la Juventus del futuro, composto da Griezmann sulla sinistra, Sanchez sulla destra e Lukaku in mezzo.

Partendo da qui, e dall’assunto che sento ripetere da un paio d’anni secondo cui Antonio Conte vorrebbe passare al 4-3-3, vorrei proporre un’ipotesi di mercato.

Ovviamente è un gioco. Una cosa più simile a quanto succede su Football Manager che non nella realtà. Quindi, prendetelo come tale.

Iniziamo dall’elencare le cessioni. Partendo da un presupposto: ovviamente una squadra che vuole crescere esponenzialmente dovrebbe acquistare i cosiddetti “top player” senza nel contempo cedere nessuno dei propri punti di forza.

Questo, però, non sembra possibile, oggi, per le squadre italiane. Che per fare mercato hanno sempre necessità di ricorrere alle cessioni, autofinanziando così i propri acquisti.

Ecco quindi che si dovrebbe sacrificare il pur ottimo – e potenzialmente fenomenale – Paul Pogba, per il quale PSG e Manchester United pare siano disposte a spendere addirittura 70 milioni di euro.

Il francese però non può essere il solo a partire. Già ceduta la metà di Ciro Immobile al Borussia Dortmund per 9,75 milioni, si potrebbe far partire anche lo spagnolo Fernando Llorente. Ottimo giocatore, abile di testa quanto ben dotato tecnicamente. Non in grado, però, di far fare un vero salto di qualità, soprattutto europeo, alla squadra.

In questo senso radiomercato parla di una richiesta di 25-30 milioni, sicuramente troppo alta rispetto al reale valore del ragazzo (che, ricordo, ha 29 anni). Diciamo quindi che una valutazione più realistica possa aggirarsi tra i 15 ed i 20 milioni e poniamo che Marotta, dopo qualche trattativa (si parla di una richiesta importante da parte di Luis Enrique, neo allenatore del Barcellona), riesca a piazzare il giocatore a 17,25 milioni.

I soldi incassati da queste tre sole cessioni ammonterebbero a ben 97 milioni di euro, tutti reinvestibili sul mercato. Non solo. La partenza di Pogba e Llorente porterebbe il monte ingaggi (le cifre sono indicative, ovviamente riferibili al netto) da 50.1 milioni a 45.6 milioni di euro.

Le partenze, però, non si fermerebbero qui.

Davanti farebbero facilmente le valigie anche Vucinic (8 milioni richiesti dalla Juve) e Quagliarella (4) davanti ed Isla (7) e Padoin (3,5) in mezzo. In porta, lascerei invece scadere il contratto di Storari, liberandolo a zero euro.

Senza contare i vari rientri da prestito e soprattutto tutta l’intricata situazione delle comproprietà (in questo senso, meno male che sono state abolite!) ecco che la Juventus potrebbe incassare 119,5 milioni di euro dalla cessione di questi otto giocatori, abbattendo il monte stipendi a 37.9.

Poi, però, ci sarebbe da muoversi in entrata (intendiamoci, non sto dicendo che prima vadano ceduti tutti e poi acquistati altri ragazzi, perché è ovvio che poi i prezzi schizzerebbero).

Come detto, partiamo dall’attacco: Griezmann (30), Lukaku (25) e Sanchez (25). 80 milioni per un tridente giovane, talentuoso, forte e soprattutto con prospettive importanti per il futuro.

Il centrocampo lo puntellerei facendo rientrare un paio di canterani: Fausto Rossi dal prestito al Rayo Vallecano e Luca Marrone dalla comproprietà (3,5 milioni). Per sostituire Storari farei invece rientrare Leali, oggi in prestito allo Spezia. Così da fargli passare una stagione sotto l’ala protettrice di Buffon. Per poi, qualora venga reputato all’altezza, fargliene prendere a mano a mano il posto dall’annata successiva.

Per dare un’alternativa in più all’attacco, inserendo un’ala di ruolo a roster, rinnoverei la comproprietà di Domenico Berardi col Sassuolo, portandolo però a Torino.

Infine ci sarebbe da cercare un terzino sinistro, a meno che non si voglia adattare lì uno tra Chiellini ed Ogbonna.

I soliti – presunti – beninformati parlano di un interessamento per Marcelo, che però non so bene come possa sbarcare a Torino.

Ma dato che stiamo giocando, facciamolo fino in fondo. Il valore relativo di Marcelo sarebbe tra i 25 ed i 30 milioni. Il giocatore – che verso la fine della stagione aveva fondamentalmente perso il posto a favore di Coentrao – è però in scadenza tra un anno. Quindi andrà via ad un prezzo più basso (a meno di follie arabe). Quindi, assegniamogli un valore di 15 milioni, che è quello che gira tra i media.

Finite le mosse di mercato, ricapitoliamo. Partendo dalla rosa.

Portieri: Buffon, Leali, Rubinho.
Difensori: Lichtsteiner, Caceres, Bonucci, Barzagli, Ogbonna, Chiellini, Marcelo, Peluso.
Centrocampisti: Vidal, Pirlo, Marchisio, Rossi, Marrone, Asamoah.
Attaccanti: Griezmann, Lukaku, Sanchez, Tevez, Berardi, Giovinco, Pepe.

Venticinque giocatori, più qualcuno eventualmente aggregato dalla Primavera.

Queste le due possibili formazioni, ovvero titolari + squadra riserve:

Infine, l’aspetto economico.

Se le cifre fossero queste lo sbilancio tra entrate ed uscite segnerebbe un negativo di 1.5 milioni di euro. Un’inezia, per un club con un fatturato comunque importante come quello della Juve (che quindi ci si aspetta possa e debba investire anche al di là delle entrate dovute a cessioni).

Il monte ingaggi, invece, si attesterebbe indicativamente sui 56 milioni. Ovvero, di circa cinque milioni più alto rispetto a quello attuale.

Un livello di investimento che, credo, sia plausibilmente sopportabile da un club come la Juventus.

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Non sempre tutte le ciambelle escono col buco, dice il detto. Così nella riedizione riveduta e corretta di Juventus – Fiorentina, andata in scena solo quattro giorni prima in campionato, ai Bianconeri non riesce il colpaccio. Il tutto nonostante i presupposti fossero simili.

Perché anche ieri la squadra di casa ha iniziato avendo il dominio assoluto delle fasce laterali. Con Asamoah e il redivivo Isla (che ha iniziato bene, pur non mettendo un cross buono che fosse uno) ad imperversare, mettendo alla berlina Roncaglia da una parte e Tomovic dall’altra.

Il goal di Vidal, arrivato a tre soli minuti dal via, ha probabilmente illuso un po’ tutti sul fatto che si potesse presentare, ai nostri occhi, una gara diversa rispetto a domenica. Più agonisticamente combattuta.

E invece dopo un primo tempo giocato ad un buon ritmo da parte di entrambe le squadre, nella ripresa lo stesso è calato significativamente e la Juventus, esattamente come quattro giorni prima, ha tirato palesemente i remi in barca, accontentandosi dell’1 a 0.

Ma se domenica la traversa aveva evitato il pareggio di Matos, ieri Gomez ha saputo sfruttare una palese disattenzione della retroguardia per colpire ed insaccare la sfera, strappando un importantissimo 1 a 1 in ottica ritorno.

Conte dice che non si tratta di un problema fisico-atletico.

Se davvero così fosse, la Juventus deve tornare ad avere quella mentalità che la contraddistinse al primo anno in cui il tecnico salentino si sedette su quella panchina.

Ci sono tre corresponsabili, nell’azione che porta al goal di Mario Gomez (cui vanno comunque fatti i complimenti per come detta il passaggio, si muove, controlla la sfera e la recapita in rete): Caceres, Ogbonna e Buffon.

Analizziamo un pochino più nel dettaglio: quando Ilicic fa partire il suo ottimo lancio, Gomez si trova tra Caceres ed Ogbonna.

Il primo è più vicino alla punta tedesca, che seguendo la traiettoria del pallone va a tagliare verso destra. Nel farlo, Caceres decide di non seguirlo. Quando invece, palesemente, avrebbe potuto tenerlo ed andare a contrargli il tiro con, probabilmente, grande efficacia e senza troppi rischi.

L’errore più grande è quindi probabilmente quello del difensore uruguaiano. Posto comunque che lo stesso Ogbonna è in ritardo e si perde sia la sfera che il taglio alle sue spalle dell’avversario.

In ultimo, una parte di colpe è sicuramente attribuibile anche a Buffon: il portiere della nazionale tentenna infatti molto sull’uscita. Dapprima sembra voler chiudere con vigore, poi si ferma, fa mezzo passo indietro, ed alla fine quando si rende conto che Ogbonna non arriverà mai su quel pallone e che Gomez si presenterà quindi tutto solo davanti a lui prova a salvare il salvabile, senza però potere più molto.

Un triplo errore che regala quindi un importantissimo pareggio ai Viola.

C’è stato un momento del match, credo fosse ancora nel primo tempo, in cui mi sono detto una roba del tipo “A fine partita farò i complimenti ad Ogbonna, dicendo che se gioca a questi livelli potrà tornare utile anche per la Nazionale”.

Poi però il centrale ex Torino ha fatto diverse sbavature, non ultima quella che lo ha visto compartecipe del goal di Gomez.

Purtroppo su di lui continuo a pensarla come tanti anni fa, quando era ritenuta una grande speranza del football Azzurro: giocatore con mezzi fisico-atletici impressionanti ed una tecnica di base sicuramente più che discreta, soprattutto in relazione al ruolo che occupa.

Però ha un grande limite: la continuità nel corso dei novanta minuti.

Un limite che ha palesato anche ieri, quando appunto ad un ottimo inizio di gara ha contrapposto due o tre sbavature piuttosto pesanti che lo rendono un giocatore ancora inaffidabile.

Quell’ancora però suona quasi come una “campana a morto”. Vero è che ci sono giocatori che, di punto in bianco, esplodono anche “avanti” con l’età. Ma è altrettanto vero che a 25 anni un giocatore dovrebbe avere già raggiunto una certa maturità calcistica. Che di tanto in tanto un ragazzo così possa fare qualche sbavatura ci potrebbe ancora ancora stare. Ma il fatto che praticamente ad ogni match che gioca ce ne pianti qualcuna, ecco, fa temere che il calcio italiano dovrà continuare a cercare oltre lui i suoi centrali del futuro.

Questo ragazzo è impressionante.

Giocatore moderno, a tutto campo. Corre e lotta come pochi altri. Recupera palloni, sa giocare la sfera, dialoga a centrocampo, all’occorrenza ha fatto tanto il difensore centrale quanto il terzino. E poi, segna a non finire. E più cresce, più matura, più prende convinzione nei propri mezzi e più aumenta il suo bottino di goal.

Non so quante altre mezz’ali, arrivate al 13 marzo, fossero state in grado di mettere assieme un numero così cospicuo di goal. 18, appunto, di cui 11 in campionato, 5 in Champions League (in 6 presenze, media da bomber di razza) e già due in Europa League (in 3 presenze).

18 goal, ovvero sia già 3 in più della stagione scorsa (pur avendo ad ora giocato otto partite in meno). O anche cinque realizzazioni più di Llorente e due più di Tevez.

O, ancora, cinque reti più del trio Marchisio-Pirlo-Pogba.

Insomma, sarà pur vero che gioca in un campionato di livello non più altissimo come quello italiano, ma anche quando varca i nostri confini dimostra di essere un centrocampista di valore assoluto oltre che un bomber implacabile.

Top player senza se e senza ma. Con in più una caratteristica più unica che rara: un tempo nell’elevazione che ricordo in pochissimi grandi giocatori del passato (uno di questi, sicuramente l’inglese Paul Scholes).

La Fiorentina si presentava al via della Serie A con la miglior coppia d’attacco del campionato, al pari di quella juventina: Rossi-Gomez.

Solo che, a differenza dei Bianconeri, i Viola sono stati sfortunatissimi. Dapprima hanno patito l’assenza, per praticamente metà stagione, dello stesso tedesco. Poi, ancor prima che rientrasse l’ex puntero del Bayern, hanno dovuto piangere anche l’infortunio alla stellina italoamericana.

Ovvio quindi che la – comunque buona – stagione della Fiorentina sia condizionatissima da questi infortuni.

Il ritorno al goal (soprattutto, un goal così importante) di Mario Gomez è comunque un’ottima notizia: il terzo posto sarà difficilmente raggiungibile, ma il passaggio del turno in Europa League è una possibilità concreta. E, soprattutto, Gomez potrà sfruttare questi ultimi mesi che lo separano dalla fine della stagione per ritrovare la condizione ed entrare appieno negli schemi di Montella. In vista di una rincorsa al traguardo Champions cui, al netto degli infortuni, dovrà puntare con decisione la squadra già a partire dalla prossima stagione.

Il passaggio del turno in Europa League è una possibilità concreta, dicevamo.

Del resto l’1 a 1 esterno da una possibilità in più, ai Viola. Che oltre a vincere il ritorno di fronte al proprio pubblico, avranno anche la possibilità di pareggiare 0 a 0.

Sinceramente credo comunque che difficilmente le due squadre non segneranno, al Franchi. E allora ai Viola non converrà scendere in campo pensando di fare calcoli.

Le armi per provare a controbattere le hanno (al netto dell’assenza di Rossi, ieri è stato tenuto a riposo anche Cuadrado, che invece potrebbe essere tranquillamente presenze a Firenze). E soprattutto, avranno dalla propria parte tutto il calore di un pubblico che non vede l’ora di fare uno sgarbo agli odiati rivali Bianconeri. A maggior ragione quest’anno in Europa League, con la finale che si giocherà proprio allo Juventus Stadium.

Ed è proprio questo il motivo per cui, già prima di ieri, davo più chance del “normale” alla Fiorentina: pensate a cosa sarebbe, per i Viola, vincere l’Europa League allo Juventus Stadium, per di più dopo aver eliminato con le proprie mani i Bianconeri…

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