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Archive for the ‘2012/2013’ Category

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E’ una finale molto godibile quella che Borussia e Bayern mettono in scena scontrandosi, prima volta assoluta per due compagini tedesche, in finale di Champions League.

Una finale che i gialloneri possono affrontare più sgombri psicologicamente rispetto ad un Bayern che arriva alla terza finale in quattro anni con due sconfitte cocenti alle proprie spalle da riscattare, oltre che i favori assoluti dei pronostici ed investimenti molto più importanti da giustificare.

Entrambe le squadre si schierano col loro classico 4-2-3-1 fronteggiandosi quindi in maniera speculare.

Ad iniziare – nettamente – meglio è il Borussia: ben messo in campo, affamato, come detto più sgombro mentalmente. Tutte cose che permettono ai gialloneri di sviluppare la propria manovra con efficacia, dando del filo da torcere a Neuer e applicando un pressing alto che mette in difficoltà gli avversari.

In questo senso l’immagine che segue spiega benissimo quanto appena detto:

Schweinsteiger costretto ad abbassarsi fino alla propria area di rigore per provare ad impostare l’azione, provando così ad alleggerire un po’ la pressione portata da Lewandowski, Reus e in generale un po’ tutti i ragazzi di Klopp.

Questa vigoria dura circa venticinque minuti. Perché il Bayern, come una formichina, lavora senza scomporsi cercando di girare l’inerzia della partita a proprio favore.

Il primo squillo i giocatori allenati da quella vecchia volpe di Jupp Heynckes lo fanno quindi proprio al venticinquesimo quando Mandzukic svetta in mezzo a due avversari trovando però un attento Weidenfeller molto attento e bravo ad alzare sopra la traversa.

Alla mezz’ora, poi, la difesa giallonera inizia a mostrare le prime crepe piuttosto importanti.

Il Bayern manovra sulla sinistra e la difesa scivola da quella parte.

Nel farlo (da questa foto si può apprezzare Schmelzer, terzino sinistro, stringere su Ribery verso il centro del campo) viene però lasciato liberissimo Robben sulla fascia opposta. Grosskreutz infatti non si abbassa con tempismo, e l’olandese volante è lanciato in profondità. Per un uomo con la sua velocità presentarsi a tu per tu con Weidenfeller è praticamente uno scherzo. Giunto in area, però, sembra rinnovare la propria maledizione da finale, sparacchiando contro al portiere avversario.

Cinque minuti e sono i bavaresi a farsi prendere d’infilata. Reus infilza la difesa con un bel filtrante fatto partire da poco prima della trequarti, con Lewandowski che si muove bene dettandogli ottimamente il passaggio per andare poi a superare Boateng, diretto marcatore, concludendo però contro Neuer, bravo ad uscire tempestivamente.

La partita è quindi molto piacevole ma i goal stentano ad arrivare. Come se non bastasse, in chiusura di primo tempo, Robben decide di mangiarsi un’altra rete:

Hummels buca malamente il lancio di Dante e l’ala olandese, dopo aver vinto anche un rimpallo, riesce a trovarsi nuovamente a tu per tu con Weidenfeller.

La maledizione sembra però farsi sempre più reale e pressante. Robben non ha la freddezza per piazzare la sfera, calcia dritto per dritto e colpisce il petto dell’estremo difensore avversario, bravo a chiudergli repentinamente lo specchio di porta.

Le emozioni principali, così, questa finalissima ce le riserva per la ripresa.

Un secondo tempo in cui il Borussia va in affanno, ballando in maniera incredibile – fino a capitolare due volte, ma sarebbero potute essere molte di più – di fronte al grande attacco bavarese.

Il match si sblocca al cinquantanovesimo.

Con una difesa giallonera che collassa.

TRE giocatori escono su Ribery. Che con un tocco mette in movimento Robben. Palla in mezzo dove a quel punto non c’è praticamente nessuno. 1 a 0 facile.

La gara però non è finita qui.

Il Borussia non ci sta. Dante commette una follia in area su Reus

e permette a Gundogan di pareggiare su rigore. Così alla maledizione personale di Robben sembra unirsi anche quella del Bayern tutto, che inizia ad aver paura di perdere la sua ennesima finale.

Finale che sembra davvero assolutamente stregata per l’ala olandese quando Subotic lo anticipa praticamente sulla linea di porta.

Eppure le cose sono destinate a cambiare proprio in chiusura. Quando Ribery riceve al limite, difende palla e prova a farla filtrare con un colpo di tacco.

Un gesto che potrebbe sembrare quasi scriteriato non fosse che Robben ha troppa voglia di riscattarsi. Così sprinta, raggiunge la sfera, riesce in qualche modo a bucare la difesa e fredda l’uscita di Weidenfeller. Per un goal che rompe sia la sua maledizione che quella della sua squadra, ora a quota 5 Coppe dei Campioni al pari del Liverpool e dietro alle sole Real e Milan.

Una vittoria meritata quella del Bayern, sia prendendo in considerazione l’intero percorso (annichilite Juventus e Barcellona), sia per la partita in sé. Dove a parte i primi venticinque minuti di difficoltà i ragazzi dell’ormai ex Heynckes hanno dimostrato la propria superiorità.

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25 maggio 2013.
Una data storica per l’intero calcio tedesco.Tifosi Bayern Monaco

Certo, probabilmente non paragonabile a quel 4 luglio del 1954 quando l’allora Germania Ovest battendo 3 a 2 l’Ungheria di Puskas, Hidekguti e Kocsis si laureò campione del mondo per la prima volta nella storia. Né a quel 7 luglio del 74 quando i goal di Paul Breitner e Gerd Muller permisero di sconfiggere l’Olanda di Cruyff e Neeskens, vincendo il secondo alloro mondiale. O, ancora, alla sera dell’8 luglio del 1990, quando all’Olimpico di Roma un rigore segnato da Brehme all’84esimo portò alla terza imposizione iridata. Vittima, in quel caso, l’Argentina di un certo Maradona.

Forse non paragonabile a questi trionfi, appunto, ma di portata ugualmente storica.

Quella sera, infatti, per la prima volta da quando esiste la fu Coppa dei Campioni saranno due squadre tedesche a contendersi la più importante competizione europea per club.

Sei sono state le Coppe Campioni / Champions League finite in Germania. Quattro volte in quel di Monaco, una Dortmund ed una ad Amburgo.

In nessuno di questi casi, però, la vittoria finale era arrivata in uno scontro fratricida con un’altra compagine teutonica.

Un po’ il segno dei tempi.

Perché negli ultimi anni il calcio tedesco ha saputo crescere globalmente in maniera esponenziale.

La nazionale è una delle più quotate al mondo ed il prossimo anno si presenterà ai nastri di partenza di Brasile2014 tra le favorite assolute alla vittoria finale.

I club vedono un Bayern che nelle ultime quattro stagioni ha raggiunto per ben tre volte la finale, migliorando anche quanto fatto dal super Barcellona di Xavi, Iniesta e Messi, capace sì di giocare e vincere tre finali in sei anni ma non di riuscire a giocarne tre nell’arco di quattro stagioni.

Non solo. Oltre ad un Bayern che, anche per come si sta muovendo sul mercato, potrebbe aprire un ciclo impressionante (dico potrebbe perché perdesse contro il Borussia sarebbe comunque a tre sconfitte su tre finali negli ultimi quattro anni), c’è un Borussia Dortmund che dopo due imposizioni in campo nazionale è riuscito a scalare l’Europa fino in mansarda. Da capire solo se, ora, riuscirà ad arrivare al tetto.

Il tutto con un progetto con fondamenta solidissime. Uno stadio da urlo, un pubblico mozzafiato, un allenatore capacissimo, una serie di giovani calciatori affamati e tecnicamente validissimi. Insomma, una programmazione perfetta, che ha dato i suoi frutti.

Un modello, quello tedesco, da prendere sicuramente ad esempio. Che sia fonte di ispirazione per i nostri club sempre più in crisi. Economica, ma anche di idee.

Personalmente trovo che, per com’è andata la stagione, una finale Bayern Monaco – Borussia Dortmund sia la più giusta possibile.

Al di là del tifo che ognuno di noi può esprimere ci si deve solo levare il cappello di fronte a queste due squadre, protagoniste di cavalcate strepitose.

I bavaresi (che l’anno scorso persero in finale col Chelsea e che due stagioni prima capitolarono contro l’Inter di Mourinho) hanno avuto vita assolutamente facile ai gironi, conquistando 13 punti in 6 gare in cui hanno realizzato anche 15 reti, risultando avere il miglior attacco dell’intera prima fase.

Agli ottavi poi la netta imposizione esterna con l’Arsenal, seguita da un ritorno con più ombre che luci condito da passaggio del turno dovuto solo alla regola dei goal fuori casa.

Un passaggio a vuoto che non ha però minato le sicurezze di una squadra di altissimo livello, che ai quarti ha liquidato con un doppio 2 a 0 gli ormai bicampioni italiani della Juventus.

In semifinale, ed è cronaca di questi giorni, l’incredibile 7 a 0 complessivo contro il Barcellona, che dovrà ripensare un tantino il proprio futuro (anche se prima di parlare di ciclo finito aspetterei, vist’anche l’età verde di Messi). Un risultato roboante che consegna la palma di favorita d’obbligo (non bastassero i venti punti di vantaggio in campionato) alla squadra di Heynckes.

Ruolino fors’anche migliore quello dei gialloneri, capaci di raccogliere 14 punti nel girone di ferro di questa edizione (Real, City e Ajax), per poi eliminare con un 3 a 0 casalingo secco l’ottimo Shaktar e col rocambolesco 3 a 2 del Westfalen la sorpresa Malaga.

Anche la loro semifinale è poi cronaca di quest’ultima settimana. Real demolito 4 a 1 in casa e sconfitta 2 a 0 – la PRIMA della loro Champions League – al Bernabeu al ritorno.Tifosi Borussia Dortmund

Insomma, arrivano in finale le due squadre più meritevoli. Per un derby tutto tedesco che è una primizia per il calcio europeo, in passato capace di sfornare finali fratricide solo relativamente al calcio spagnolo (Real – Valencia del 2000), italiano (Milan – Juventus del 2003) ed inglese (Manchester United – Chelsea del 2008).

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Robert Lewandowski4 a 0, 4 a 1.
Una duplice scoppola praticamente impronosticabile alla vigilia che pone oggi il calcio tedesco alla ribalta, con le due compagini teutoniche capaci di “scalpare” in maniera così fragorosa e decisa le due nobili del calcio spagnolo.

Insomma, sembrerebbe proprio che la Germania – che già a livello di nazionale sta lavorando molto bene ed era indubbiamente una delle favorite nel corso dell’ultimo Europeo, dove però si fece addomesticare dall’Italia prandelliana – si candidi a faro del movimento calcistico europeo (e mondiale) per i prossimi anni.

Il tutto grazie ad un lavoro di programmazione che parte da lontano e di cui si stanno iniziando a raccogliere frutti importanti negli ultimi anni.

Tutto ciò sembra – ma attenzione, aspetterei a celebrare un funerale che qualcuno sta già imbandendo troppo frettolosamente – coincidere con il declino del calcio spagnolo, praticamente “pigliatutto” nel corso degli ultimi anni.

Una Spagna che a livello di rappresentative nazionali ha saputo infilare un incredibile filotto Europeo – Mondiale – Europeo con la maggiore, mai riuscito prima di allora a nessun’altra nazione nella storia del calcio.
Ma non solo. Tantissime le vittorie anche a livello giovanile: Europeo under 21 nel 2011, sei degli ultimi undici Europei under 19 (più un secondo posto, quindi in finale otto volte su undici), due degli ultimi sei Europei under 17 (più un secondo posto, quindi tre finali su sei).

Spagna che si è posta un po’ come riferimento anche a livello di club, soprattutto grazie a quel Barcellona che ha letteralmente dominato l’Europa negli ultimi anni, con ben tre delle ultime sette Champions in bacheca (Barça capace per altro di arrivare sempre in semifinale, tranne nel 2007… praticamente, sette semifinali come risultato minimo nelle ultime otto Champions League!).
Ovviamente, non solo Barcellona. Basta scorrere un po’ le ultime edizioni della coppa per rendersi conto di come il Real sia pur sempre alla terza semifinale Champions consecutiva.
E ancora, cinque delle ultime otto Europa League sono state vinte da squadre spagnole. Con l’ultima finale addirittura giocata da due compagini iberiche (idem nel 2007).

Insomma, un vero e proprio dominio.

Che forse non potrà essere ripetuto in tutto e per tutto da una Germania il cui campionato ha peculiarità diverse, in primis la capacità del Bayern Monaco di acquistare quasi sempre i migliori talenti della Bundesliga, ovviamente impoverendo le altre squadre che così oltre a rappresentare un pericolo minore in patria perdono propulsione anche in Europa.

Però se il “palleggio” e l’offensività tipica del calcio spagnolo hanno segnato diciamo l’ultima decade, di certo programmazione ed incisività di quello tedesco potrebbero segnare la prossima.

Personalmente però, come detto, aspetterei a suonare le campane a morto nei confronti degli spagnoli. Che magari nella prossima generazione non avranno i Xavi e gli Iniesta (magari…), ma che sicuramente stanno continuando a lavorare nella giusta direzione.

Quindi, forse, più che soppiantare il calcio spagnolo potrebbe nascere un bel dualismo, che potrebbe portare in futuro molte sfide appassionanti come quelle degli ultimi due giorni (certo, se il Borussia Dortmund continua a smobilitare sarà il solo Bayern a tenere alto il vessillo tedesco, almeno in Champions).Thomas Muller

E in tutto questo l’Italia, incapace di programmare come fatto da spagnoli e tedeschi, resta a guardare. Aggrappata al suo blasone e ad una supremazia tattica che però, forse, iniziano a non bastare più.

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Troppo Bayern o troppo poco Barça?

Credo sia questa la domanda centrale di una partita davvero letteralmente dominata da una squadra troppo a lungo – stoltamente – sottovalutata qui in Italia.Arjen Robben

Dove c’è sempre un “bug” culturale non indifferente per cui una squadra diventa “forte” solo DOPO aver eliminato una nostra compagine in Europa.

La spiegazione è semplice: nella patria del “siamo tutti CT” nessuno (ovviamente va letto come “pochissimi”) guarda le partite. Se non FORSE quelle della propria squadra, appunto.

E così si finisce col parlare troppo spesso per nulla. Ahimè, anche tra gli addetti ai lavori.

Troppo Bayern o troppo poco Barça, dicevo?

Ad inizio stagione vedevo i catalani come favoriti. Ma del resto, a rigor di logica, non si poteva fare altrimenti. Certo, io per primo avevo qualche dubbio riguardante il cambio di allenatore, ma la squadra, sulla carta, è così forte che non può non essere considerata a priori la prima forza d’Europa.

Squadra inferiore al solo Barça mettevo proprio questo Bayern Monaco. Che ad una difesa certo non irresistibile affianca un ottimo – per quanto non sempre propriamente continuo, ma la materia è di primissima qualità – portiere, un centrocampo tra i migliori d’Europa per distacco ed un attacco – ovviamente trequarti compresa – letteralmente devastante.

Questo per sottolineare come nulla voglia togliere al Bayern. Ma indubbio è che mai – da quando esiste il “superBarça”, almeno – ho visto un Barcellona così scialbo come quello di stasera.

Tanto possesso palla – e questo è il dato peggiore di tutti: tenere palla per il 65% del tempo e perdere 4 a 0 – mai sterile quanto oggi ed una debolezza complessiva davvero spaventevole.

Il Bayern Monaco però è oggi una corazzata davvero quasi inaffondabile. Che per l’anno prossimo ha già preso Guardiola e Gotze, segno chiaro di come punti a costituire un vero e proprio impero, proprio stile Blaugrana.

Che, dal canto loro, qualcuno dà come a fine ciclo.

Non so, difficile dirlo. Difficile essere a fine ciclo quando si ha in squadra il miglior giocatore al mondo, che davanti a sé ha ancora molti campionati da protagonista.

Certo è però che, in qualche modo, questo ciclo sta sì esaurendosi ed il Barça avrebbe bisogno di una bella rinfrescata. Magari iniziando ad investire bene sul mercato, non come fatto spesso in passato.

Come dimenticare l’acquisto forse più folle della storia, quell’Ibrahimovic che per quanto fortissimo fu pagato uno sproposito (più dei 50 milioni in sé non si capisce come si fosse potuto aggiungere un Campione come Eto’o a quell’offerta) in una squadra che di lì a poco inizierà a giocare col “falso nueve”?

O ancora il caso Chygrynsky, pagato una follia (rispetto all’accoppiata valore effettivo/utilità) per essere poi subito rispedito al mittente. O quell’Alexis Sanchez anche oggi spettatore non pagante, inserito in un contesto in cui un giocatore dalle caratteristiche del contropiedista come lui fatica ad adattarsi?

Insomma, il Barcellona oggi è a metà del guado. Non può chiudere completamente i conti col proprio passato, dato che diversi giocatori in rosa oggi dovranno gioco-forza far parte del Barça del futuro, ma non può nemmeno lasciare tutto invariato. Questa Champions lo dice chiaramente, del resto.

Nel corso della fase finale si è superato – e con qualche fatica di troppo – un Milan tutt’altro che irresistibile ed un PSG certo non stellare, per altro rischiando di non passare il turno. Fino all’ecatombe di stasera.

Certo, nel calcio tutto è possibile e magari la sera del ritorno mi troverò a rimangiarmi tutto quanto, ma la Champions giocata quest’anno, sicuramente sotto i loro livelli e le loro aspettative, dice chiaramente che qualcosa in estate andrà fatto per dare una mano di “vernice fresca” alla squadra.

E il Bayern?

Come detto, chapeau. Finalmente anche in Italia iniziano ad accorgersi che in Germania c’è un’etica del lavoro che noi qui ci sogniamo. Una capacità di programmazione e di spendere bene davvero notevole (cosa quest’ultima che lo stesso Barça, come detto, si sogna). E tanta voglia di fare bene.

La forza economica del Bayern è difficilmente replicabile altrove, ma da sola non basterebbe. I soldi vengono spesi bene, secondo una logica ferrea. Il Bayern è la squadra che accentra la maggior parte dei migliori talenti che escono in Bundesliga, potendoselo permettere. Cosa questa che ovviamente rende più facili i giochi anche una volta varcato i confini.Mario Gotze

Ovvio, il calcio è fatto di cicli. E fino a ieri il ciclo vincente era quello del Barcellona. Che però oggi, come detto, si trova a dover fare una mezza rifondazione. E domani, soprattutto, potrebbe trovarsi a battagliare di anno in anno, fino allo stremo delle forze, contro un Bayern Monaco che mentre vede la coppia Ribery-Robben avvicinarsi o toccare i trent’anni si è già assicurato la coppia Shaqiri-Gotze.

E scusate se è poco…

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Partiamo da un presupposto: stasera ero piuttosto diviso.

In realtà da italiano con tanto di tricolore immancabile appeso in camera spero sempre che le nostre compagini, dalla Nazionale in giù, si rendano onore fuori dai patri confini.

Dall’altra parte, però, una vocina dentro di me mi ripeteva in continuazione che, se proprio remuntada doveva essere, non tutto il male sarebbe venuto per nuocere.Lionel Messi

Davvero troppi, nelle ultime settimane, avevano sventagliato ai quattro venti la fine del Barcellona.

Che ok, qualche problema sta avendolo. Ma certo prima di dare per finita la squadra più incredibile dell’ultimo decennio (e forse non solo) bisogna aspettare un po’.

Così detto-fatto in una serata sola si smentiscono almeno due cliché o presunti tali: la fine del Barcellona e l’incapacità di Messi di segnare su azione ad un’italiana (giusto per non sbagliare decide di farne due).

Chissà quindi che quanto successo stasera non aiuti, più avanti, a giudicare con maggior calma le situazioni. Soprattutto quando coinvolgono le grandi squadre.

Venendo a quanto visto in campo… beh, potrei liquidare il tutto con un “poco da dire”. Checché se ne dica, infatti, troppo netta la superiorità di un Barcellona che comunque non dà la stessa impressione di “dominio” di qualche tempo fa.

O forse troppo inferiore il Milan odierno rispetto ad una squadra che pur non essendo all’apice della sua parabola è qualitativamente su pianeti distanti miliardi di anni luce.

Ecco quindi che stasera è stato possibile verificare in campo come la vittoria Rossonera dell’andata, certo non per togliere meriti alla squadra di Allegri, fu dovuta più ad un Barcellona assolutamente lontano parente di sé stesso che non ad una prestazione super della pur buona squadra di casa.

Perché quando il Barça decide di giocare, come stasera, non ce n’è quasi per nessuno. Certo non per questo Milan.

Ripercorrere le segnature che trasformano la remuntada in realtà avrebbe senso relativo. Consiglio piuttosto di andare a guardarsi uno dei tanti video-highlights che già da ora popoleranno la rete.

Piuttosto darei qualche statistica e mi soffermerei su qualche singolo.

Innanzitutto, secondo i “santoni” della rete, il Barcellona sarebbe la prima squadra nella storia della Champions a qualificarsi dopo aver perso 2 a 0 la gara di andata. Quindi, se la cosa fosse confermata, sarebbe l’ennesima impresa di una squadra che, evidentemente, non aveva finito di stupire nonostante in molti già suonassero le campane a lutto.

Poi qualche statistica di campo.

A partire da quella netta differenza che è percepibile nei passaggi realizzati. 88% fronte Barça, 74% da parte Rossonera.

Una statistica che nel primo tempo era ancora peggiore per gli ospiti, capaci di realizzare solo il 68% dei passaggi totali in maniera corretta.

Ok, il Barcellona è tradizionalmente imbattibile in questo fondamentale. Sia perché hanno giocatori oggettivamente super da un punto di vista tecnico che, soprattutto, perché il loro approccio tattico li porta a effettuare moltissimi passaggi “stretti” a partita. Incredibile, in tal senso, la statistica che ho pubblicato oggi su Facebook e Twitter che diceva come il Barcellona avesse fin qui realizzato più di 2000 passaggi in più (scusate la ripetizione) del Manchester United, seconda classificata in quanto a numero di passaggi totali realizzati.

Ma il punto non è tanto la differenza, netta, col Barcellona. Quanto il dato milanista in sé e per sé, che racconta benissimo l’incapacità della squadra italiana di costruire anche solo una parvenza di manovra. Un po’ per colpa di qualità tecniche non eccelse nella maggior parte degli uomini in campo, un po’ per l’efficacia della proverbiale pressione Blaugrana.

Andiamo avanti.

Possesso palla 67 a 33.

Un dato poco indicativo di per sé. Basti pensare al fatto che anche la gara di andata si era chiusa con un dato simile.

Un dato però che deve far riflettere proprio sull’approccio del Barça. Assolutamente negativo all’andata, con possesso palla sterile, svogliato e fine a sé stesso, altrettanto assolutamente deciso stasera, con la porta come vero “target” per i giocatori.

Duelli aerei (nel primo tempo) 70 a 30. Ovvero sia non vincere un colpo di testa contro una squadra di giocatori mediamente non giganteschi.
Dato che, per fortuna del Milan, nel secondo tempo si è un po’ raddrizzato. Certo, la solfa non è cambiata, ma anche questo fa capire come, soprattutto ad inizio match, il Milan fosse assolutamente in balia dell’avversario.

Milan in cui credo si possano salvare solo un paio di giocatori: Montolivo ed El Sharaawy.

Il primo può poco ma si arrangia con quello che ha. A fine partita risulterà il giocatore con più tackle all’attivo (8, tre in più di Iniesta e Mascherano secondi in questa speciale classifica), più palle intercettate (6, come Abate) e con il maggior numero di palle giocate tra i suoi compagni di squadra (ben 71, più del doppio di Flamini ed Ambrosini, suoi compagni di reparto).
Offensivamente nullo (ma non gliene possiamo nemmeno fare una colpa), realizzerà un totale di 53 passaggi (anche in questo caso il massimo tra le fila Rossonere) con una percentuale di riuscita però non eccezionale (68%).
Insomma, davvero il meglio (o il meno peggio).

A salvarsi, come detto, è pure il Faraone, che gioca sputando l’anima predicando però un po’ nel deserto (come in quell’occasione in cui è lanciato in contropiede da Ambrosini ma giunto sul fianco sinistro dell’area non trova nessun compagno in mezzo alla stessa, e deve accontentarsi di dribblare il diretto marcatore per poi sparare senza troppa convinzione tra le braccia di Valdes).

Discorso inverso, come è ovvio, per il Barcellona.

Dove a parte Mascherano (clamoroso il suo buco su Niang) e Pedro – almeno tra i titolari – giocano davvero tutti alla grande.

Sopra a tutti, guarda caso, Messi, Xavi e Iniesta. Ovvero sia il trio di Fenomeni che è la vera trave “portante” di questa squadra.

Alla grande, però, anche Jordi Alba, che è oggi uno dei migliori terzini in circolazione (questo anche grazie alla pochezza nel ruolo, s’intende). E’ lui a chiudere la remuntada col goal del 4 a 0. Un goal che, non so a voi, mi ha subito fatto correre la mente a quello che segnò il 1° luglio scorso contro l’Italia… sarà per l’identico risultato finale…).

Ma in generale è stata davvero buona la partita di un po’ tutti gli interpreti catalani.

Prima di chiudere un altro paio di considerazioni. In primis il palo di Niang. Che avrebbe potuto girare il corso del match.

Certo, ridurre questa partita ad UN episodio sarebbe sbagliato, ma è indubbio che se la palla fosse entrata – sarebbe stato l’1 a 1 – il Barcellona avrebbe avuto molta più difficoltà a passare. In primis perché con ogni probabilità la seconda realizzazione di Messi – arrivata solo un minuto più tardi, o già di lì – non ci sarebbe stata. In secondo luogo perché subire il pari, con la conseguente consapevolezza di dover per forza segnare almeno altri tre goal, sarebbe stata mazzata non da poco per i catalani.

Però non si può nemmeno crocifiggere un giocatore così giovane per una situazione di gioco che comunque era stato bravo a crearsi/sfruttare ed in cui anche solo un pizzico di fortuna in più avrebbe potuto realizzare nel goal della carriera. Speriamo, quindi, che stampa e tifosi non infieriscano troppo.M'Baye Niang

Ultimissima considerazione va invece al futuro di questa coppa. Per qualcuno – magari gli stessi che due settimane fa diedero per morto il Barcellona – i Blaugrana tornano subito ad essere la favorita numero uno per la vittoria finale.

Per me no. Perché, come detto, non mi hanno dato la solita impressione di strapotere, nonostante abbiano più o meno dominato il Milan. E perché da una parte sembra poter essere ancora l’anno di Mourinho, dall’altra tengo in grandissima considerazione il Bayern.

Al tempo stesso, però, è certo che ora chiunque vorrà vincere la Coppa dovrà fare i conti con questa squadra. Data per morta davvero troppo presto…

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Mercoledì ho avuto il piacere e la possibilità di fare un viaggetto a Torino.

Sono infatti stato ospite di UniCredit in occasione del match di ritorno che ha visto la Juventus opposta al Celtic alla ricerca di un ormai già più che scontato passaggio del turno.Juventus Stadium

Certo, arrivare due giorni dopo a raccontare una partita può sembrare insensato. Ma essendo questo blog un punto di incontro e di racconto, e non un vero e proprio strumento informativo, dirò comunque la mia sul match. Anzi, sulla serata.

Perché era la mia prima volta allo Juventus Stadium, e debbo dire di essere rimasto molto favorevolmente impressionato tanto dalla struttura in sé quanto dall’ambiente.

Davvero, in un paese imbolsito come l’Italia, una sorta di avanguardia che mi auguro in molti possano seguire presto.

Non che di stadi carini in Italia non ce ne siano. Se penso a Genova o Milano, ad esempio, mi vengono in mente due impianti storici e tutt’altro che disprezzabili.

Fuori dai tempi, però.

Splendido, oltre alla struttura in sé, anche l’ambiente che si è creato, almeno mercoledì sera.

Dalla coreografia, con migliaia di bandierine che hanno dipinto a strisce bianconere gli spalti – con una sezione dedicata al tricolore -, fino al pubblico. Caldo, vicino alla squadra.
Per non parlare dei tifosi scozzesi, che hanno fatto tutto il match a cantare e saltare, in molti casi a petto nudo nonostante la temperatura piuttosto rigida ed il tempo certo non accattivante.

Venendo alla partita, non c’è stata molta storia. Ma questo era più che preventivabile, a maggior ragione posto che il discorso qualificazione si era già chiuso con il 3 a 0 maturato a Glasgow.

Conte così dà discreto spazio al turn over schierando Marrone davanti al solito Buffon sostenuto da Bonucci e Barzagli ai suoi lati.

A centrocampo dentro Padoin, Pogba e Peluso ad affiancare Vidal e Pirlo. In avanti il duo Matri-Quagliarella.

Da parte sua invece Lennon, che probabilmente aveva già il cuore in pace ancor prima di prendere l’aereo per Torino, mette in campo un 4-3-3 piuttosto pretenzioso, con il quale però più che cercare l’impresa vuole assicurare almeno una gioia ai tanti tifosi che hanno seguito la squadra fino in Italia.

Come sia andata la partita l’avrete visto o letto tutti, ormai. Un 2 a 0 senza appello che chiude definitivamente ogni conto, con Matri e Quagliarella a timbrare il cartellino ed una squadra tutta che si impone contro un avversario indubbiamente inferiore con il classico approccio “massimo risultato col minimo sforzo”.

Qualche considerazione sparsa sulla partita, allora.

Partiamo da Buffon. che deve fare poco, ma quando è chiamato in causa con una parata tutt’altro che facile (tiro da fuori deviato, lui preso in controtempo che si sdraia alla sua sinistra ed alza la palla sopra la traversa) risponde alla grande, mantenendo un’imbattibilità europea sempre più importante. E soprattutto segnando ancora una volta, ce ne fosse il bisogno, la differenza tra un portiere ed un grande portiere: quella di sapersi far trovare pronto anche in quell’unica occasione nel corso di novanta minuti in cui vieni chiamato in causa.

Capitolo difesa.
Marrone si piazza lì in mezzo e gioca discretamente. Guidato mano nella mano da un Bonucci cresciuto moltissimo soprattutto da un punto di vista caratteriale dal suo arrivo a Torino.
Bonucci stesso che, a sua volta, gioca più che discretamente. Per quanto il migliore in campo, almeno là dietro, sia ancora una volta Barzagli.

Giocatore per il quale io non ho mai straveduto nemmeno quando, nel 2006, si laureò campione del mondo in Germania.
Ma che oggi, e ormai da un paio d’anni, è una vera e propria sicurezza. Non avrà le qualità ed il talento dei tanti fenomeni difensivi che gli appassionati hanno potuto ammirare fino a qualche anno fa (oggi c’è in giro pochino, in questo senso), ma ha raggiunto una solidità globale davvero notevole.

A centrocampo c’è il solito Pirlo ad orchestrare gioco. Meno smagliante di altre volte, ha comunque sempr quel destro chirurgico capace di spaccare le difese con un tocco. Come in occasione del 2 a 0, quando è proprio una sua invenzione a pescare Vidal in posizione favorevolissima, per il successivo assist a Quagliarella.

Vidal che dal canto suo è ormai un idolo dello Stadium ed una sicurezza. Ma che in certi casi pecca un po’, forse per la troppa voglia di fare, finendo con l’eccedere ed il bucare qualche intervento di troppo. Interventi che, va detto, un giocatore “normale” nemmeno proverebbe. E che, in realtà, gli escono quasi sempre. Non è un caso se proprio lui, già prima di quest’ultimo turno, era il giocatore con il maggior numero di tackle riusciti in questa Champions League…

I due esterni fanno il loro, senza infamia né lode. Pogba, invece, ha già stregato tutti. Ed ogni volta che ha palla diciamo entri gli ultimi venticinque metri di campo è spinto da tutto lo stadio a calciare, anche qualora non abbia nemmeno lo spazio per farlo.
Fortuna sua, in questo senso, che è già abbastanza maturo da non farsi trascinare troppo. Altrimenti il suo numero di palle perse aumenterebbe in maniera esponenziale.

In ultimo i due là davanti. Giocatori certo non di primissimo piano, ma che quest’anno stanno trovando una buona continuità, almeno in Europa.
Però certo, la gara di mercoledì non è molto indicativa in questo senso. Giocavano contro una squadra i cui valori tecnici sono veramente bassi…

E allora due parole anche riguardo a questo Celtic. Che ha poco da dire.
Perché la squadra è davvero piuttosto scarsa. E come se non bastasse non c’è nemmeno una chiarissima idea di gioco.

Ambrose, che regalò due delle tre reti all’andata, è tenuto in panchina, almeno ad inizio match. Non che questo serva ad alzare una muraglia invalicabile là dietro, però.

Tra tutti, a discapito di quanto ho letto ieri abbia detto la Gazzetta, sono rimasto piacevolmente impressionato da un giocatore sopra gli altri: Charlie Mulgrew.

Il ragazzo, costruito in casa, è tornato in biancoverde nel 2010, diventando uno dei punti fissi della squadra.

Mercoledì è stato schierato da perno centrale del centrocampo (schierato a 3, come detto in precedenza), nonostante sia nato centrale difensivo.
Certo, il paragone diretto, posto che si è messo in qualche modo in cabina di regia, sarebbe impietoso, perché di Pirlo non ha nulla.

La sapienza tattica, la tranquillità e la ricerca di porsi a “metronomo” della squadra, però, lo hanno fatto emergere rispetto alla “massa informe” rappresentata dai suoi compagni di squadra, laddove solo in un altro paio – a parer mio – si sono in qualche modo salvati.Charlie Mulgrew

Certo non si può sperare che un giocatore dalla visione e dai piedi comunque limitati potesse creare chissà quale occasione. Ma un po’ di ordine tattico, quello sì, ha provato a darlo.

Davvero una gran bella serata, insomma. Perché la Champions è sempre la Champions, e visitare lo Stadium è stato un vero piacere. Il tutto nonostante il grande freddo che mi sono dovuto sorbire (e davvero, non so come abbiano fatto gli scozzesi a resistere tutto quel tempo a petto nudo… l’alcol da solo non è una spiegazione valida…)!

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Da sportivo non posso che essere piuttosto triste, dopo questa serata di Champions che speravo di vivere diversamente.

Per due motivi.Cristiano Ronaldo

Il primo è facilmente intuibile a chiunque abbia guardato la partita: un’espulsione ingiusta ha cambiato il corso di un match fino a quel momento condotto – sia nel punteggio che in campo – dallo United, che non è poi stato capace di tenere botta in dieci contro undici ed ha dovuto abbandonare anzitempo la competizione.

Il secondo è invece un po’ più strettamente inerente al gioco e si rifà al fatto che anche in situazione di parità numerica la partita era tutt’altro che bella, con due squadre scese in campo certo non alla ricerca dello spettacolo che, globalmente, restava ben al di sotto delle attese che un “United – Real” dovrebbe dare.

A tenere di più il possesso del pallone sono gli ospiti, che però risultano inefficaci negli ultimi venti metri.

Molto meglio le ripartenze dei Red Devils, che trovano in Welbeck l’uomo dalle accelerazioni brucianti ed il solo palo a negare a capitan Vidic la via del goal.

Da quel volpone di Ferguson e dallo stratega Mourinho, però, non ci si poteva onestamente aspettare più di una partita piuttosto bloccata, con ritmi sì discreti ma non certo spettacolare.

A sbloccare il risultato ci pensa quindi Sergio Ramos, che però sbaglia porta e manda lo United in vantaggio.

Vantaggio meritato ai punti perché nonostante possesso e gioco non certo spettacolare sono proprio i padroni di casa, come detto, a combinare qualcosa in più.

Poi l’espulsione di cui parlavo in apertura a girare le sorti di un match che magari il Real avrebbe vinto lo stesso. Ma non è coi se e coi ma che si fa la storia.

Arrivato il rosso a Nani Mourinho si scuote un po’ dal torpore in cui sembra essere piombato e tira fuori immediatamente dal cilindro una carta importante per tentare di ribaltare il match: Luka Modric.

Che non a caso segnerà il pareggio con un bolide da fuori area, splendido goal che vedrà la sfera colpire il palo interno prima di spegnersi in rete.

I grandi giocatori in campo sono tanti e qualche numero spettacolare è quindi scontato. Se molto bello risulta il goal realizzato dal centrocampista croato, almeno altrettanto apprezzabile è l’azione che porta al raddoppio che consegna il passaggio del turno in mani madridiste: Higuain triangola in area con Ozil, che gli rende palla di tacco. Il fendente basso della punta argentina taglia tutta l’area di rigore fin sul secondo palo, dove il solito Ronaldo gira la sfera in porta, rifiutandosi poi di esultare davanti ai suoi ex tifosi.

Le premesse, insomma, sono state bene o male rispettate. Gara piuttosto bloccata, poco spettacolare, emozionante solo a strappi ma dagli altissimi contenuti tecnici.

Unica nota stonata una decisione arbitrale che va a macchiare il passaggio del turno del Real Madrid, sancendo di fatto la disfatta di uno United che cede dal punto di vista nervoso, prima che fisico, alla vista di quel rosso.

Permettetemi, a margine di questo match, di incensare il grandissimo Ryan Giggs, autore oggi della sua millesima gara in carriera.Ryan Giggs

Un giocatore che fin da piccolo amai moltissimo (uno dei miei preferiti in assoluto, all’epoca in cui iniziò ad imporsi nel calcio mondiale) e che ha interpretato come pochissimi altri al mondo, almeno negli ultimi vent’anni, il ruolo di ala.

Quanto avrei voluto vederlo in Italia…

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Nel suo piccolo, un’impresa.

Mi ha fatto piuttosto strano leggere, per tutto il primo tempo e forse fino al goal di Boateng, tanta gente lamentarsi della partita in generale e dell’atteggiamento del Milan in particolare.Boateng

Io da parte mia, invece, twittavo qui e lì le mie impressioni: partita discreta, esattamente per come me l’aspettavo, e buon Milan.

Ora. A chi leggendo “buon Milan” sale la bile dico subito che commentare cose tipo “hai visto un’altra partita” sarebbe piuttosto inutile..

Il Milan ha fatto oggettivamente una buona partita. Del resto le cose vanno lette con occhio critico, scevro da ogni condizionamento.

Quindi: da una parte la squadra ritenuta globalmente la più forte del mondo. Con un fenomeno assoluto capace di segnare un’epoca (oltre che tonnellate di goal), due fenomeni un po’ sottovalutati come Xavi ed Iniesta ed un undici titolare che, globalmente, sembra oggi essere irraggiungibile.

Dall’altra una squadra solo lontanissima parente di quella che vinse la famosa finale di Coppa dei Campioni contro il Barça di Cruyff, ma anche di quella di Capello o di Ancelotti.
Un Milan che schiera titolari giocatori piuttosto mediocri come Zapata, Mexes e Muntari.

Posto questo, chiaro che il Milan non possa che giocare aspettando il Barcellona. Del resto chi capisce un minimo di calcio ben sa come aggredire i Blaugrana voglia dire farsi saltare più o meno sistematicamente. O nell’uno contro uno, o dall’ormai celeberrimo tiki taka.

Un altro appunto, riguardo il “catenaccio” usato dal Milan per venire a capo di questa partita: come vinse la Champions lo scorso anno il Chelsea di Di Matteo? Come battè il Barcellona stesso?
E Mourinho, universalmente riconosciuto come uno dei migliori allenatori al mondo, come battè il Barcellona l’anno del Triplete, nonostante avesse a disposizione una squadra nettamente più forte di questo Milan?

Quindi, permettetemelo: impresa Milan.

Per altro, dato statistico da non sottovalutare, era addirittura dal 2004 che il Milan non batteva il Barcellona. Pur avendolo incontrato spessissimo in questi anni.

Quell’anno fu Shevchenko a decidere il match. Quest’anno un assist involontario – e falloso – di Zapata e un goal di Muntari.

Strano il calcio, no?

Altra doverosissima riflessione non può che riguardare Messi ed il Barcellona tutto.

Ormai è storia: Messi contro le italiane non segna. Non su azione, almeno.

Ma è il gioco del Barcellona in generale ad entrare in crisi profonda, quando incontra il calcio italiano.

Anche oggi ne abbiamo avuto la conferma. Il tiki taka sa essere un gioco efficace quando, come detto in precedenza, ha un minimo di spazio in cui svilupparsi.

Poi certo, colpa dei giocatori in campo anche l’approccio alla fase di finalizzazione. Difficile segnare senza tirare, non credete?

I detrattori di Messi, quindi, dovrebbero tenere conto di questo. Perché se dicono che la Pulce è esaltata dal gioco del Barcellona, e che fuori da lì non riuscirebbe a fare minimamente quanto fa in blaugrana, devono anche ammettere che in partite come quella di oggi paga lo scotto di una squadra che si perde assolutamente in un bicchier d’acqua.

Il ritorno ora diventerà interessantissimo.

Chissà se da qui a quella sera i catalani ripartiranno con il tormentone “remuntada”, come fatto contro l’Inter di Mourinho.

Di certo per il Milan non sarà facile.

Il Barcellona è battibile, certo. Ma è più facile farlo davanti al proprio pubblico ed in una serata in cui non si ha nulla da perdere, che non al Camp Nou in una situazione in cui si ha un vantaggio da difendere ed un passaggio del turno alla portata.

Sarà come sarà, di certo partita da vedere!

Per chiudere la questione riguardante la partita di stasera, un po’ di numeri e di considerazioni sparse.

Assurdo che una squadra tenga il possesso del pallone per più del 70% del tempo ma si trovi a calciare meno degli avversari (8 a 7).
Assurdo che una squadra realizzi con successo il 90% dei propri passaggi, senza trovare un assist e una verticalizzazione vincente.

Se vinci con un assist – involontario e falloso, come detto – di Zapata ed un goal di Muntari significa che gli Dei del calcio ti hanno voluto regalare la serata della vita.Muntari e Boateng

Ottimo Montolivo. Non sarà mai un Campione, ma sta arrivando, ora che è giocatore maturo, ad un livello di gioco diciamo “solido”.

Al ritorno servirà tutto il carattere che questa squadra può riuscire a trovare, per completare l’impresa…

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“Massimo risultato col minimo sforzo” è una massima calcistica che non calzerà forse a pennello questa sera, ma che non descrive nemmeno malissimo la prestazione della Juventus di Antonio Conte.Antonio Conte

Che passa in vantaggio dopo tre minuti per uno svarione difensivo che nemmeno in Serie D per poi vivacchiare lungamente. Di certo per tutto il primo tempo, in cui esce discretamente – pur con scarsa qualità – il Celtic. Forse anche per i primissimi minuti della ripresa.

Alla lunga però l’impeto tutto cuore e volontà dei padroni di casa va scemando ed escono i valori tecnici.

Che per quanto in Italia siano sempre più bassi restano nettamente sbilanciati a favore della Juventus, oggi.

Così, alla lunga, proprio questi valori tecnici finiscono col pesare. E, contestualmente, i limiti evidenti di una squadra che comunque merita gli applausi di un Celtic Park violato per la prima volta nella storia dalla Juventus (due i precedenti, in entrambi i casi vinsero gli scozzesi).

Così prima Marchisio, ben imbeccato un ottimo Matri, fa secco Brown (che di contro, invece, avrebbe dovuto finire la partita anzitempo) in area per scaricare in rete. Poi Vucinic sfrutta la seconda immensissima cappella di Ambrose – la prima era valsa l’1 a 0 – e pone definitivamente la parola “fine” non solo sulla partita, ma probabilmente proprio sul discorso qualificazione.

Si conferma così benevolo il sorteggio per la Juventus, che dopo essere incappata in un girone non proprio morbidissimo in cui si è dovuta sbarazzare dei Campioni d’Europa in carica ha avuto l’indubbia fortuna di pescare i non irresistibili scozzesi, regolati alla grande questa sera.

Credo bastino queste poche parole per far capire a chi non ha visto il match cosa può essersi perso.

Se siete amanti dei numeri, però, ve ne aggiungo qualcuno, giusto per inquadrare meglio il tutto.

Il possesso è stato leggermente a favore dei padroni di casa (53%), esattamente come i tiri totali (17 a 10). Interessante in questo senso, però, notare come quelli fuori dallo specchio mostrino una netta preponderanza nel fondamentale da parte dei Bianconeri, che solo in un caso non hanno trovato lo specchio, contro le ben otto volte degli scozzesi.
Una volta, poi, si pensava al calcio d’Oltremanica come ad un calcio semplicemente agonistico e roccioso, con difensori e punte infallibili nel gioco aereo e centrocampisti tecnicamente forse non eccelsi ma invalicabili a centrocampo. Beh, quest’ultima tendenza resta, con i 23 tackle a 17 (nonostante abbiano tenuto di più il possesso di palla) di Brown e compagni.  Il gioco aereo, però, è stato fondamentale appannaggio degli ospiti, che hanno vinto il 60% dei contrasti.

Tra i giocatori chiave della Juventus sicuramente il solito Andrea Pirlo: 81% di passaggi corretti ed un totale di 79 possessi (il secondo è Barzagli, a 66), a dimostrazione di come sia lui il cuore pulsante di una squadra che pure questa sera non mi ha impressionato.Andrea Pirlo

Una citazione finale mi permetto di riservarla a Federico Peluso. Giocatore martoriato dagli insulti al momento del suo sbarco a Torino, ma che oggi ha esordito alla grande in Europa in un ambiente comunque non facile (splendida, in questo senso, la cornice di pubblico) risultando in assoluto uno dei migliori in campo.

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CRONACA

Sono i padroni di casa a fare la partita. Al decimo minuto arriva la prima buona occasione per i parigini con Menez che riceve una sventolata in area e la centra di prima intenzione cercando Lavezzi, la cui conclusione è però deviata in angolo dalla difesa.
Il Porto però non ha timori reverenziali e risponde subito con Jackson Martinez, il cui tiro dal limite è messo oltre il palo da un provvidenziale intervento in scivolata di Thiago Silva.

L’opportunità buona, per i padroni di casa, arriva al ventitreesimo quando Ibrahimovic è pescato sul secondo palo da un traversone profondo. La punta svedese, però, impatta male il pallone al volo, mettendolo a lato della porta difesa da Helton.
La rete arriva quindi al ventinovesimo, quando Menez guadagna una punizione sulla sinistra che è centrata da Maxwell. Sul cross arriva puntuale Thiago Silva, che sceglie benissimo il tempo e incorna giusto sotto la traversa, cercando l’incrocio alla destra di un Helton assolutamente freddato.

La replica è però immediata. Danilo salta facilissimamente Pastore e crossa sul secondo palo, dove Jackson Martinez sbuca alle spalle di un Alex certo non perfetto per incornare di testa alle spalle di Sirigu per la rete del pareggio.
Porto che mette in campo una maggior qualità di gioco e di giropalla. Bella l’azione imbastita al quarantesimo dai lusitani, che portano alla conclusione da fuori Moutinho. Il tiro, piazzato, non ha però la giusta potenza e non riesce a mettere in difficoltà Sirigu.

La prima frazione si chiude quindi con uno splendido colpo di testa di Ibrahimovic che prova a beffare Helton, bravissimo però a recuperare la posizione e smanacciare la palla grazie ad uno splendido quanto spettacolare colpo di reni.
La seconda si apre invece con un’occasionissima per Menez, che imbeccato da Pastore si ritrova in posizione buona per concludere a rete, ma Helton è bravissimo ad opporsi al suo destro potente.

Il raddoppio parigino arriva quindi proprio su di una papera del portiere brasiliano. Menez entra in area con palla che finisce a Lavezzi il cui tiro sul primo palo buca inspiegabilmente l’estremo difensore del Porto.
L’opportunità per rimediare subito il pareggio arriva comunque a stretto giro di posta. Martinez è imbeccato a tu per tu con Sirigu, che però esce benissimo chiudendo lo specchio della porta in faccia al portiere avversario. Sulla ribattuta piomba quindi Lucho, il cui tiro di prima intenzione si spegne però sul fondo.

Il match finisce quindi col colpo di testa tentato da Defour su punizione battuta dalla sinistra da James Rodriguez. Una deviazione con cui il centrocampista belga non trova però il bersaglio grosso.

COMMENTO

Non una grandissima partita quella che permette al Paris Saint Germain di vincere il Gruppo A di questa edizione della Champions League.

Non una grandissima partita perché il Porto è squadra ma fatica ad incidere, il PSG ha grandi individualità ma non è squadra.

Così lo spareggio (entrambe erano già qualificate) per il primo posto viene deciso solo da una super papera dello sciagurato Helton, che non si capisce bene come riesce a far passare un tiro di Lavezzi assolutamente e facilmente controllabile anche da un portiere con mezzi limitati.

Buon primo posto, quindi, per un Paris però ancora molto lontano da una fisionomia accettabile.

Sarà quindi durissimo, se continueranno così, il percorso per i parigini. Che qualificandosi in prima posizione potrebbero avere un ottavo di finale abbordabile (ma occhio al Real Madrid, squadra che con ogni probabilità farebbe terminare subito le velleità di passaggio del turno della banda Ancelotti) ma che nel complesso non sembrano assolutamente essere all’altezza per provare a lottare fino in fondo per questa coppa.

Del resto prima di arrivare a competere con le migliori il PSG dovrà fare ancora molta strada. Sia sul mercato che a livello di lavoro in campo giorno per giorno.

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