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Archive for dicembre 2009

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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Clima teso in casa Bianconera: la squadra, infatti, è contestata sia nel momento dell’arrivo allo stadio (dove i giocatori, sul proprio pullman, sono oggetto di insulti e lancio di uova da parte di una ventina di tifosi) che all’interno dello stesso (con i tifosi in curva che danno le spalle al campo al momento dell’inizio del match).

Cannavaro immortalato mentre prova a trovare la via del goal in acrobazia

Clima che non è certo il massimo per disputare un match di campionato in una situazione già delicata. E da subito è chiara la differenza di tranquillità tra le due squadre: nonostante occupi l’ultimo posto in classifica, infatti, il Catania gioca con calma olimpica, senza fretta e senza mostrare di subire minimamente la pressione di una situazione di classifica non certo rosea.

LA CRONACA
E’ un primo tempo piuttosto noioso quello giocato a Torino: da una parte la Juventus non fa nulla per rendere spettacolare il match, dall’altra il Catania si limita, anche giustamente, a fare il minimo indispensabile per provare a portare a casa il match.

Dopo sei minuti di gioco Martinez spunta in velocità sulla destra e mette dentro un pallone che è però allontanato da Caceres. Sullo stesso arriva Biagianti che prova quindi a calciare dal limite, il pallone però non gira come dovrebbe e termina a lato.

Dalla parte opposta, invece, è Amauri che prova a rendersi pericoloso: dopo essersi allargato sulla destra punta Spolli e una volta creatosi quel metro di spazio necessario a provare a calciare in porta scocca un tiro sbilenco che termina ben oltre il secondo palo.

Al tredicesimo Morimoto ha una ghiottissima occasione: lanciato in contropiede si infila tra le maglie della difesa avversaria puntando la porta difesa da Manninger venendo però rimontato e chiuso da un grandissimo Legrottaglie, maiuscolo nell’intervenire proprio nel momento in cui la punta catanese stava per scoccare il tiro.

Cinque minuti più tardi è invece Tiago a provarci: liberato al limite da uno scarico di Diego calcia mollemente di interno, passando praticamente il pallone ad Andujar.

Come se non bastasse, quindi, Tiago decide di rendersi protagonista negativo anche nella propria area oltre che in quella avversaria: al ventunesimo Llama calcia una punizione (dubbia, in realtà) dalla trequarti, crossando in mezzo. Sul pallone prova ad arrivarci Spolli, che viene però vistosamente trattenuto da Tiago: Pierpaoli non ha dubbi ed assegna un rigore che oserei definire solare.
Sul dischetto si presenta quindi Martinez che ha buon gioco nel colpire il pallone e spiazza Manninger.

Martinez spiazza Manninger

A quel punto di ci aspetterebbe una reazione di orgoglio di una grande squadra ferita, solo che oggi la Juventus di grande ha solo la tristezza che trasmette con il proprio atteggiamento remissivo e con la soporificità del suo gioco.

Un paio di occasioni nei dieci minuti successivi allo svantaggio, comunque, le produce: prima Amauri spizza in area dal limite dove trova Cannavaro che si coordina benissimo, rovesciando; sul pallone, diretto probabilmente a lato, arriva la zampata di Trezeguet, che non trova però lo specchio. Anche se l’avesse trovato, comunque, il goal non sarebbe stato valido: il guardalinee, infatti, aveva sbandierato una posizione di fuorigioco (molto dubbia).

Tocca poi invece a Marchisio, liberatosi sulla destra sugli sviluppi di una rimessa laterale, infilarsi nelle maglie della difesa avversaria per crossare basso sul secondo palo cercando Amauri. La punta di Carapicuiba è però anticipata in angolo da un grande intervento di Alvarez.

A quel punto, siamo appena prima della mezz’ora, la partita scende ulteriormente di tono, ed i ritmi si abbassano ancor più di quanto già non fossero a terra.

A fine tempo, quindi, qualche piccolo ritorno di fiamma: prima Llama ci proverà con una punizione dalla trequarti facilmente parata da Manninger, poi Amauri pescherà in area Tiago con il centrocampista portoghese che si farà però rimpallare la conclusione da un difensore, infine il solito Llama calcerà una punizione in mezzo con Martinez che arriverà puntuale all’appuntamento col pallone mettendo però a lato.

La ripresa inizia con una Juventus più determinata.

Ci vorranno comunque sei minuti prima di vedere la prima conclusione: dopo aver portato palla orizzontalmente Diego allarga per il sempre arrembante Caceres, che rimette in mezzo di prima. Sul pallone arriva proprio Diego che può battere una sorta di rigore in movimento, messo però alto dal trequartista brasiliano.

Segnali incoraggianti da Diego che lotta su ogni pallone e serve anche un assist

Poco più tardi è invece Grosso a provarci: convergendo dalla sinistra, infatti, il terzino della nazionale prova a cercare la via della rete personale, trovando però l’opposizione di un avversario.
Tocca poi ad Amauri: imbeccato da un servizio di Diego stoppa al limite cercando poi la conclusione rapida, non trovando però, ancora una volta, lo specchio.

Dalla parte opposta, e siamo al sessantesimo minuto, è invece Morimoto a provarci. Anche lui come Amauri però non trova, servito al limite dell’area, la porta, calciando a lato.

Due minuti più tardi, quindi, la Juve costruisce la prima bella azione della partita: Tiago verticalizza per Trezeguet che appoggia subito per Salihamidzic il quale gliela restituisce a campanile di prima intenzione. Dopo aver stoppato di petto sul limite dell’area, quindi, David filtra per l’accorrente Amauri che questa volta troverà sì lo specchio ma il suo tiro, centrale, sarà facilmente parato da Andujar.
Lo stesso Brazzo, protagonista di quest’azione, si rende protagonista anche poco dopo: lancio lunghissimo di Cannavaro, stop del centrocampista bosniaco che si libera poi al tiro. Il suo diagonale, però, termina di poco a lato.

Il goal è comunque nell’aria. Ed al sessantacinquesimo, infatti, arriva: il lancio in area (un lob perfetto) questa volta è effettuato da Diego, lo stop ed il tiro sempre da Salihamidzic. Che questa volta, a differenza di quella precedente, riesce però a trovare lo specchio ed a bucare Andujar per il goal che vale il pareggio.

La Juventus sembra comunque non volersi accontentare, a quel punto. Pare anzi che i giocatori di Ferrara vogliano sfruttare l’inerzia del match, nettamente a loro favore nel secondo tempo, per cercare la vittoria.
Giusto dieci minuti dopo la rete del pareggio, quindi, Giovinco, subentrato poco prima a Tiago, imbecca con un bellissimo filtrante Trezeguet che, pescato in area, cerca il 2 a 1 trovando però la pronta risposta del portiere argentino che gli si oppone in uscita.

Hasan Salihamidzic realizza sottomisura il goal del pareggio

Altri sette minuti ed è Legrottaglie a provarci su di una punizione-cross di Diego. Il suo colpo di testa, però, finisce di almeno un metro oltre la traversa. E’ sempre lui, quindi, che ci riprova anche a quattro dal termine: sugli sviluppi di un angolo Caceres va a crossare in mezzo da destra trovando ancora una volta il centrale difensivo, il cui colpo di testa è però rimpallato da un difensore.

E sulla ripartenza il Catania torna in vantaggio: Plasmati riceve a centrocampo e lancia in profondità Izco che si infila nelle praterie lasciate dai Bianconeri (con i centrali che erano nella metàcampo avversaria per via del corner appena battuto) per andare a bucare l’uscita di Manninger.

A quel punto la Juventus tenta quindi, nei pochissimi minuti che restano, l’arrembaggio forsennato all’area avversaria. I giocatori Bianconeri, però, non paiono trovarsi troppo a proprio agio nelle vesti di novelli predoni, così che tutti i loro tentativi di riportare in equilibrio il match risultano vani.

IL COMMENTO
La crisi tecnica dei Bianconeri è sempre più evidente e colui che dovrebbe portare la squadra a veleggiare fuori da questa situazione – Ferrara – non sembra essere all’altezza della situazione.

Anche oggi, infatti, la squadra è sembrata, specialmente per quanto riguarda il primo tempo, di una mollezza imbarazzante.

A che pro, poi, ripresentare un Tiago le cui prestazioni almeno discrete nella sua avventura juventina si contano sulle dita di una mano?

Certo, non si può dire la Juventus sia stata fortunata con gli infortuni quest’anno. La cosa, però, non può essere presa a giustificazione a maggior ragione in relazione ad un partita nella quale si incontra l’ultima classificata del campionato, nonché la sola squadra, fino a quel momento, ad essere riuscita a vincere una sola partita.

Caceres è stato ancora una volta uno dei più positivi tra le fila Bianconere

Catania che, dal canto suo, gioca un’ottima prima frazione di gioco: sfruttando la pochezza degli avversari, infatti, i siculi controllano bene il campo, occupandolo al meglio e non rischiando mai nulla di particolare. Riuscendo anche, come abbiamo visto, a passare in vantaggio grazie ad un rigore sacrosanto.
Nella ripresa con l’aumento della pressione della squadra di casa il loro rendimento è sicuramente sceso molto. Un po’ per via della fortuna, un po’ per la capacità di tenere comunque i nervi saldi, gli etnei sono stati quindi capaci di riuscire a strappare tre punti insperati prima dell’inizio del match, sfruttando al massimo l’unica vera occasione che sono stati in grado di creare nella ripresa, imbastendo una ripartenza coi fiocchi.

MVP
In una partita come questa, spaccata decisamente in due tronconi, non posso che votare due giocatori: per quanto concerne la prima frazione di gioco, quindi, la mia preferenza ricade su Llama. Molto mobile, infatti, il centrocampista catanese mette in mostra anche una discreta tecnica di base e crea in più occasioni qualche problema alla retroguardia Bianconera. E’ lui, tra l’altro, il giocatore capace prima di guadagnare la punizione decisiva ai fini del primo goal e poi di scodellare il pallone in area giusto in direzione di Spolli, catalizzando quindi in quel punto l’attenzione dell’arbitro.

Per quanto riguarda la ripresa, invece, il nome che faccio è quello di Salihamidzic. Non tanto perché il centrocampista bosniaco, goal a parte, abbia impressionato particolarmente quanto perché, pur con tutti i suoi evidentissimi limiti tecnici, dà una scossa alla sua squadra mettendo in campo tutto il cuore che ha e riuscendo quindi a mettere l’inerzi della partita nettamente a favore dei suoi.

IL TABELLINO
Juventus vs. Catania 1 – 2
Marcatori: 23′ Martinez, 66′ Salihamidzic, 87′ Izco.
Juventus: Manninger; Caceres, Legrottaglie, Cannavaro, Grosso; Melo (33′ Salihamidzic), Marchisio, Tiago (66′ Giovinco); Diego; Amauri (70′ Del Piero), Trezeguet. A disposizione: Chimenti, Grygera, Molinaro, De Ceglie. Allenatore: Ciro Ferrara.
Catania: Andujar; Alvarez, Silvestre, Spolli, Capuano; Carboni, Biagianti, Ledesma (59′ Izco); Martinez, Llama (78′ Bellusci); Morimoto (69′ Plasmati). A disposizione: Campagnolo, Augustyn, Moretti, Ricchiuti. Allenatore: Sinisa Mihajlovic.
Arbitro: Pierpaoli (Firenze).
Ammoniti: 24′ Tiago, 42′ Morimoto, 45′ Diego, 53′ Cannavaro, 57′ Marchisio.

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Juan Sebastian Veron arriva a questa finale con un solo imperativo: vincere. Il tutto per provare a ripetere l’impresa compiuta 41 anni prima dal proprio padre, capace di portare l’Estudiantes sul tetto del mondo al termine della doppia finale dell’Intercontinentale disputata contro lo United (dopo l’1 a 0 dell’andata firmato Conigliaro fu proprio la rete di Juan Ramon Veron a risultare decisiva per la vittoria della coppa nell’1 a 1 dell’Old Trafford).

Messi si mostra pensieroso nel pre-partita. Che la caviglia malandata lo facesse preoccupare?

Estudiantes, però, che parte nettamente sfavorito, almeno per quanto dicono carta e pronostici, nei confronti di un Barcellona che si presenta come la squadra più forte del mondo guidata dal Pallone d’Oro in carica, Leo Messi.
Messi che, tra l’altro, si trova proprio nel corso della finale ad affrontare, per la prima volta nella sua carriera professionistica, un club argentino in una competizione ufficiale. E pur di farlo è disposto a stringere i denti per non sentire il dolore alla caviglia, destinato però a condizionare il suo rendimento in campo.

LA CRONACA
Ci si aspetterebbe grande spettacolo in campo nel corso dell’ultimo match del Mondiale per Club 2009 ma le due squadre deludono nettamente sotto questo punto di vista, in special modo nella prima frazione di gioco.

Il primo tempo, infatti, scorre senza grandissimi sussulti e giusto il vantaggio a sorpresa siglato da Boselli ad una decina di minuti dal termine del match mette un po’ di pepe ad un match quasi soporifero disputato sottotono da entrambe le squadre.

Eppure il tutto era iniziato bene: dopo tre soli minuti di gioco, infatti, Veron era riuscito a servire magistralmente Perez, bravo ad infilarsi nella retroguardia Blaugrana, partita con sufficienza esattamente come in semifinale, per venire però contrato dalla tempestiva uscita di Valdes.

Poco più tardi era stato invece Xavi, ben imbeccato da un ottimo assist di Ibrahimovic, a centrare palla cercando lo stesso svedese o l’arrembante Henry, senza però trovare nessuno dei due.

A quel punto, quindi, la partita inizia a languire sino alla mezz’ora quando è lo stesso Xavi a rendersi pericoloso: penetrato in area, infatti, prova a superare Albil che esce però scompostamente impattando – sembra – con il centrocampista spagnolo. Per l’arbitro, però, quell’intervento non è considerabile calcio di rigore.

Pochi minuti e Boselli porta quindi avanti i suoi: ben imbeccato da un cross dalla destra parte in leggero fuorigioco e sfugge ai suoi marcatori, andando a siglare di testa il vantaggio per i suoi.

Sabella cerca di guidare i suoi alla vittoria

A quel punto ci si attende una pronta reazione della squadra guidata da Guardiola, reazione che però non arriva almeno fino allo scadere.

Nella ripresa, infatti, scende in campo ben altro Barcellona: i Blaugrana prendono in pieno il dominio del campo, non lasciando praticamente più spazio per tutti i successivi quarantacinque minuti agli avversari. E riuscendo anche, in chiusura, a trovare il pareggio.

Ma andiamo con ordine: Ibrahimovic continua a dimostrare quanto non sia capace di influire sui match che contano e spreca un mucchio di opportunità.
Al quarantasettesimo si libera di Desabato ma calcia a lato. Al settantottesimo imbeccato da un cross di Alves mette a lato di testa. A tre dal termine non arriva su di un cross del neoentrato Jeffren.

Meglio fa invece Pedrito: al cinquantanovesimo buca un ottimo cross di Henry che sarebbe stato solo da spingere in rete ma otto minuti più tardi salta due avversari trovandosi a tu per tu con Albil, che chiude però in angolo il suo tiro. A due dal termine, infine, riceve una spizzata di testa di Pique e, lasciato colpevolmente libero dalla retroguardia dei Pincharratas buca Albil per il goal che vale il pareggio e che manda le squadre ai supplementari.

Extra-time che proseguono sulla stessa falsariga del secondo tempo: con una sola squadra in campo, il Barcellona.

Qui, infatti, i Blaugrana continuano il loro forcing, sospinti da un redivivo Messi e da un pimpantissimo Jeffren.

Dopo quattro minuti Messi batte una punizione dalla distanza col pallone che finendo sulla parte alta della rete dà l’impressione del goal. Subito dopo sfonda centralmente e perde palla, il rimpallo finisce però ad Alves che centra per Ibrahimovic, ancora una volta in ritardo all’appuntamento col pallone. Un altro minuto ed è ancora la Pulce a farsi vedere: palla dentro per Ibrahimovic che dopo averla portata fino al limite esterno dell’area la ridà a Messi che calcia però a lato.

Pedrito festeggia il goal del pareggio

Al novantottesimo, quindi, Jeffren subisce fallo a mezzo passo dall’area: Zlatan ci prova con una punizione di potenza, palla sulla barriera. Al centesimo minuto tondo è ancora l’ala ispano-venezuelana a rendersi pericolosa ma la sua fuga sulla destra termina in un cross allonato da Cellay. L’ultima occasione dei primi quindi minuti dell’extra-time la costruisce ancora Jeffren: palla dentro ad Ibra che invece di farla scorrere la stoppa per poi non coordinarsi al meglio entrato in area e calciare a lato.

Già al termine del primo tempo supplementare pareva chiaro come le forze iniziassero a venir meno anche tra i Blaugrana. E l’inizio del secondo tempo lo conferma.

A dieci dal termine, però, la doccia ghiacciata per gli argentini: Dani Alves crossa bene da destra, Messi si infila dietro a tutti e sbuca alle spalle di Cellay andando a tuffarsi come per prenderla di testa ma finendo con l’impattare il pallone di petto, mettendolo alle spalle di Albil e segnando il 2 a 1.

L’Estudiantes, però, nonostante il poco tempo a disposizione prevederebbe una veemente reazione di cuore non ha la forza per riversarsi nell’area avversaria e deve quindi inchinarsi alla squadra più forte del mondo nonostante al centosedicesimo minuto Boselli avrebbe sulla testa la palla del pari con Valdes che compie però un miracolo (vano, dato che il guardalinee aveva comunque sbandierato un fuorigioco inesistente) e a tempo scaduto una punizione calciata da Veron sarà spizzata a lato da Desabato.

Barcellona Campione del Mondo.

IL COMMENTO
Primo tempo piuttosto noioso, secondo tempo a senso unico, supplementari nel segno di Messi.

Così si può riassumere, in breve, la finale del Mondiale per Club 2009.

Il Barcellona ha giocato sicuramente meglio degli argentini: dopo un primo tempo guardingo in cui hanno trovato un po’ per caso la rete del vantaggio, infatti, Sabella ha arretrato notevolmente il baricentro della sua squadra, fino a farla sparire praticamente dal campo.

Messi festeggia il goal vittoria

E’ piuttosto incredibile, infatti, quanto successo: come potete rendervi conto nel leggere la cronaca la squadra di Sabella non ha più costruito nulla da dopo il goal che li aveva portati in vantaggio e nemmeno classe e carisma di Veron, che fallisce il grande obiettivo che si era prefessato, possono nulla.

Barcellona meritatamente Campione del Mondo. Meritatamente proprio per quanto appena detto. In realtà, comunque, da una squadra come quella guidata da Guardiola ci si aspetta molto di più: tante azioni costruite, sì, ma anche un possesso di palla che oltre a non essere fluido come al solito risulta anche ancor più sterile. E davanti ad una squadra remissiva come quella argentina si sarebbe dovuto fare davvero ben altra partita.

Certo, avere come centravanti un giocatore che, come Ibrahimovic, sparisce letteralmente negli scontri diretti che contano non aiuta.

MVP
Difficile definire un migliore in campo. Dovendolo fare, comunque, la mia preferenza va a Pedrito: molto mobile e ficcante nella ripresa è stato un fattore molto importante del match. Suo, per altro, il goal che manda ai supplementari le due squadre, risultando quindi a suo modo decisivo per le sorti di un match che fino a due minuti dalla fine sembrava ormai segnato.

IL TABELLINO
Estudiantes vs. Barcellona 1 – 2 (d.t.s.)
Marcatori: 37′ Boselli, 89′ Pedrito, 110′ Messi.
Estudiantes La Plata: Albil; Desabato, Cellay, Diaz, Rodriguez; Perez (79′ Nunez), Veron, Re (90’+1 Rojo), Brana, Benitez (76′ Sanchez); Boselli. A disposizione: Fernandez, Taborda, Alayes, Salgueiro, Carrusca, F. Fernandez, Gonzalez, Huerta. Allenatore: Alejandro Sabella.
Barcellona: Valdes; Alves, Pique, Puyol, Abidal; Busquets (79′ Tourè), Keita (45′ Pedrito), Xavi; Messi, Henry (83′ Jeffren), Ibrahimovic. A disposizione: Mino, Pinto, Marquez, Bojan, Milito, Maxwell, Jonathan, Chigrynskyi. Allenatore: Josep Guardiola.
Arbitro: Benito Archundia (Messico).
Ammoniti: 23′ Messi, 45’+2 Diaz, 58′ Rodriguez, 65′ Perez, 82′ Henry, 94′ Sanchez, 112′ Rojo, 118′ Valdes, 119′ Brana, 119′ Desabato.

I giocatori del Barça festeggiano la vittoria del Mondiale per Club

I PREMI
Pallone d’Oro: Lionel Messi (Barcellona)
Pallone d’Argento: Juan Sebastian Veron (Estudiantes la Plata)
Pallone di Bronzo: Xavier “Xavi” Hernandez Creus (Barcellona)
Scarpa d’Oro: Denilson Martins Nascimento (Pohan Steelers)

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Farias deve fare a meno di Hwa Yong, Jae Sung e Jae Won, tutti espulsi da Rosetti nella semifinale contro l’Estudiantes. Cruz ha invece a disposizione tutti i convocati e decide di affidarsi alla sua formazione tipo per guadagnarsi la medaglia di bronzo.

Un fan aspetta l'inizio della finalina tra Pohang ed Atlante

LA CRONACA
La prima metà del match scorre con un equilibrio sostanziale più o meno perfetto.

Dopo trenta soli secondi di gioco Bjung Yun è lanciato da Denilson verso la porta avversaria ma si trova chiuso dalla tempestiva uscita di Vilar. Sul ribaltamento di fronte i messicani si trovano a battere una punizione grazie alla quale liberano Marquez al limite dell’area piccola, con la punta che mette però a lato.

Al nono una punizione battuta da un coreano da metà campo mette in difficoltà Vilar, che è costretto ad alzare in corner. Poco più tardi ci prova invece Hyung Min dal limite, ma il solito Vilar è attento e para.
Sul ribaltamento di fronte, quindi, Bermudez fugge in contropiede trovandosi a tu per tu con Dong Jin, che prova a saltare in pallonetto con il portiere coreano bravo però a smanacciare in corner. Sugli sviluppi dello stesso Pereyra svetta colpendo però la traversa.

Al diciannovesimo Denilson decide quindi di partire in solitaria prendendo palla nella propria metà campo, saltando tre avversari ed andando a concludere dal limite dell’area, trovando però la pronta risposta del solito Vilar.

Una decina di minuti più tardi torna quindi a farsi vedere l’Atlante: Navarro scambia al limite con Marquez e, penetrato in area, calcia contro il portiere avversario, guadagnando un angolo. Sugli sviluppi dello stesso Dong Jin esce male sfiorando il pallone, Velasquez riceve quindi sul secondo palo mettendo però a lato a porta vuota.
Poco più tardi Pereyra colpisce quindi un altro legno: questa volta, però, è un palo.

Li ultimi dieci minuti saranno quindi tutti appannaggio dei coreani: prima Byung Jun svetta in area colpendo centrale, poi Denilson segna l’1 a 0 servito da un colpo di testa di Hyung Min susseguente ad un cross portato da Jung Kyum e deviato da un difensore messicano, poi Hyo Jin prova a chiudere la partita con una grande progressione sulla destra grazie alla quale semina due avversari per arrivare a centrare un pallone che è però messo in angolo dal ritorno di un difensore, bravo ad anticipare il solito Denilson.

I giocatori del Pohang Steelers festeggiano Denilson dopo la rete dell'1 a 0

La seconda metà di gioco risulta invece notevolmente più noiosa e scarna della prima. A salvarla un minimo solo il primo quarto d’ora giocato da un arrembante Atlante, poi il nulla o quasi.

L’inizio della ripresa è infatti choccante: dopo soli ventisette secondi Marquez, servito da un filtrante di Pereyra, buca Dong Jin con un bel diagonale che s’infila sul secondo palo.
Poco dopo il solito Pereyra libera di tacco Bermudez che fugge sulla destra ed arrivato in area scarica a Silva che calcia però contro ad un difensore guadagnando solo un angolo.
Qualche minuto ed è ancora Pereyra a rendersi protagonista con una punizione che sfiora il palo.

Da lì in poi, almeno fino agli ultimissimi minuti, una serie di minuti vissuti con le squadre che sembrano più trascinarsi stancamente per il calcio che combattere per la vittoria.
Fino alle porte del recupero, quindi, si vedranno solo tre conclusioni piuttosto velleitarie portate da Silva, uno scivolone di Bjung Jun che vanifica un’occasione potenzialmente buona e un Pereyra che dopo aver saltato Dong Jin s’allarga troppo e conclude poi non trovando lo specchio di porta.

A tempo ormai scaduto e con i rigori alle porte (il regolamento, infatti, vuole che si vada direttamente ai rigori senza giocare i tempi supplementari) la partita s’infiamma tutt’a un tratto. Prima il solito Pereyra colpisce, di testa sugli sviluppi di una punizione, il terzo legno della sua partita, poi Denilson riceve in area e salta un avversario calciando però contro a Vilar.

Ai rigori, quindi, è la maggior freddezza dei coreani ad avere la meglio nonostante Cruz avesse inserito appena prima della lotteria finale Solari e Peralta apposta per battere i rigori.

Sul dischetto si presenta per primo Solari che spiazza Dong Jin con un sinistro potente e preciso. E’ quindi la volta di Byung Jun, che fa altrettanto con Vilar.
Il secondo rigore lo va a battere Marquez, che calcia però male e si fa parare la conclusione dal portiere coreano. Tocca quindi al sempre ottimo Denilson portare in vantaggio i suoi spiazzando ancora una volta Vilar.
E’ quindi la volta di Peralta che, entrato apposta per battere il rigore, non tiene certo fede alla sua fama di rigorista, colpendo il palo. Hyung Min firma quindi il doppio vantaggio per gli asiatici spiazzando il portiere argentino.
Silva si presenta quindi sul dischetto conscio che un suo errore potrebbe chiudere i giochi ma, non senza fortuna, riesce a segnare nonostante Dong Jin arrivi a toccare la palla. Hee Chul, quindi, sente forse troppo la pressione – segnando il suo rigore avrebbe posto fine al match – e calcia a lato.
A quel punto Vilar, che aveva già ampiemente dimostrato di non trovarsi a proprio agio nel parare i rigori, mostra a tutti che dal dischetto è più implacabile che tra i pali, freddando il collega avversario. Hyung Il, votato a suo tempo come miglior giocatore dell’ultima Champions Asiatica, mette però in mostra tutto il suo sangue freddo andanto a bucare lo stesso Vilar con l’ultimo rigore della serie e regalando così una grande vittoria ai suoi: i Pohang Steelers si guadagnano quindi la medaglia di bronzo.

Navarro e Meung Chung lottano per il possesso del pallone

MVP
Il titolo di miglior giocatore del match mi sento di assegnarlo a Pereyra: il fantasista dell’Atlante, infatti, oltre ad offrire l’assist a Marquez per la rete del pareggio risulta essere in prima persona il giocatore più pericoloso della sua squadra come dimostrano anche i tre legni colpiti nel corso della partita.
Un grandissimo match per che ha affrontato questa finalina con una carica ed una grinta che non aveva messo in campo in precedenza.

IL TABELLINO
Pohang Steelers vs. Atlante 1 – 1 (5 – 4 d.c.r.)
Marcatori: 42′ Denilson, 45′ Marquez.
Pohang Steelers: Dong Jin; Hyo Jin, Taesu, Okayama, Hyung Il; Meung Chung (65′ Seul Ki), Chang Ho (60′ Chang Hyun), Hyung Kyum (54′ Hee Chul), Hyung Min; Byung Jul, Denilson. A disposizione: Hong Kyoo, Ji Dong, Jin Sung, Do, Dae Ho.
Atlante: Vilar; Velasquez, Arreola (45′ Silva), Negro, Chicharo; Chepe, Rojas, Bermudez, Navarro (90’+3 Solari), Pereyra (90’+3 Peralta); Marquez. A disposizione: Kampa, Munoz, Karevic, Castillo, Ovalle, Carillo, Garcia, Ruiz, Perez. Allenatore: Jose Cruz.
Arbitro: Matthew Breeze (Australia).
Ammoniti: 38′ Jung Kyum, 54′ Velasquez, 77′ Chang Hyun, 80′ Hee Chul, 84′ Denilson.

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Ibrahimovic non brilla come potrebbe contro l’Atlante

Il Barcellona si approccia alla semifinale contro l’Atlante senza la sua stella più luminosa, quel Leo Messi che solo pochi giorni prima si era portato a casa il Pallone d’Oro. Dal canto suo, invece, il prof Cruz conferma lo stesso undici che era stato capace, pur con qualche difficoltà iniziale, di sconfiggere 3 a 0 l’Auckland City ai quarti.

LA CRONACA
L’inizio è choccante: dopo quattro soli minuti di gioco, infatti, i Blaugrana mostrano tutta la sufficienza con cui hanno approciato la partita facendosi infilare da un lancio del portiere dalla propria trequarti con Rojas bravo a sfuggire agli inseguitori per portare in vantaggio i suoi.

Il Barcellona, però, non si scompone ed inizia piano piano a fare la sua partita fatta di possesso palla e fraseggi continui. Un solo minuto dopo la rete subita, quindi, Dani Alves crea un pericolo agli avversari mettendo dentro per Pedrito che però non arriva sul pallone. Subito dopo ci prova invece Busquets che va su di testa sugli sviluppi di un corner trovando però la risposta di Vilar.

All’undicesimo, però, il Barça potrebbe replicare l’errore compiuto poco prima: stavolta è Bermudez che s’infila bene in velocità ma entrato in area, sentendosi braccato, non se la sente di tirare, cercando un appoggio in mezzo. Appoggio che non è però fruttuoso, non venendo raccolto da nessun compagno.

Qualche minuto dopo Pedrito fugge a sinistra e mette dentro per Ibrahimovic che viene però anticipato all’ultimo dall’ottimo intervento di Velsquez. Ibra che poco più tardi si fa invece anticipare, su un cross portato da Alves questa volta, dall’uscita di Vilar.

Così al venticinquesimo è Iniesta a prendere l’iniziativa: forse stufo del tanto fumo prodotto dal gioco della sua squadra non ci pensa due volte quando dopo aver ricevuto al limite si gira rapidamente per scaricare un mancino tanto violento quanto leggermente impreciso, che può solo sfiorare l’incrocio.

Poco dopo la mezz’ora ci prova invece Ibrahimovic che non riuscendo a pungere su azione, sempre ben controllato dalla retroguardia messicana, ci prova con una punizione dai venticinque metri, con cui non riesce però a trovare la porta.

Il goal è comunque nell’aria ed arriva poco dopo: Xavi batte un angolo su cui Tourè svetta bene girando il pallone in mezzo all’area. Ci pensa quindi Busquets a deviarlo sotto misura siglando la rete del pareggio.

La prima frazione di gioco, quindi, si esaurisce quando Pedrito libera Dani Alves che però giunto a tu per tu con Valdes non riesce a bucare Vilar colpendo il pallone d’interno mettendolo però a lato del primo palo.

Il pallino del gioco è tutto nelle mani del Barcellona che risulta però, come spesso capita, più attento al fraseggio che alla finalizzazione.

A cambiare la cosa ci pensa Messi: la Pulce, infatti, entrato da appena un minuto taglia obliquamente la difesa messicana inserendosi in area e ricevendo palla da Ibrahimovic per saltare poi Vilar e depositare in rete il goal che vale il vantaggio.

Poco più tardi Rojas prova quindi a ripetere la prodezza d’inizio partita ma dopo aver superato Piquè calcia trovando l’opposizione di Puyol, che gli smorza il tiro.

Nei successivi dieci minuti, quindi, si vedrà solo il Barça: prima Xavi pennella un cross su punizione con cui trova Ibrahimovic sul secondo palo, la punta svedese prova quindi a fare ponte aereo mettendo palla in mezzo all’area piccola ma non trovando nessun compagno. Poi Iniesta porta palla a sinistra e dopo essere entrato in area libera Pedrito che chiude il match segnando il 3 a 1. Infine Ibrahimovic tenta un pallonetto piuttosto improbabile che esce malamente a lato.

Al settantaquattresimo, quindi, Marquez Lugo proverà a riaprire il match sfruttando un buco difensivo di Abidal ma non riuscendo a battere Valdes, bravo a disinnescare la sua conclusione.

Da lì in avanti, quindi, saranno solo i Blaugrana a farsi vedere, controllando il match per rendersi quindi pericolosi in più circonstanze con le fiammate di Bojan, Ibrahimovic, Pedrito e Messi.

IL COMMENTO
L’inizio del match ha lasciato senza dubbio la bocca aperta a molte persone: pensare che il Barça potesse finire sotto dopo quattro soli minuti sembrava più fantascienza che possibile discorso realistico.
Eppure la sufficienza della squadra, in particolar modo del reparto difensivo, ha fatto sì che fossero proprio i messicani a portarsi in vantaggio, illudendo i propri tifosi.

Perché, in realtà, l’Atlante non ha mai avuto vere possibilità di vincere il match: la superiorità Blaugrana è stata assolutamente imbarazzante e non fosse stato per quel primo svarione dovuto alla troppa tranquillità non ci sarebbe davvero molto da dire riguardo a questa partita.

Un dato, in particolar modo, fa riflettere: al ventiduesimo minuto del match, infatti, la regia internazionale ha fatto apparire il dato relativo al possesso palla, cosa che ha lasciato a bocca aperta. I Blaugrana, infatti, avevano in quel momento, e nonostante lo svantaggio, addirittura l’ottanta percento di possesso palla.
Un dato davvero incredibile, quasi inverosimile. Eppure è stato davvero così: la supremazia territoriale è stata veramente schiacciante e se solo fossero stati più cinici i giocatori del Barcellona avrebbero potuto compiere una vera e propria mattanza (sportiva).

Ibrahimovic non trova la via del goal nel suo esordio al Mondiale per Club

Il risultato della finale, insomma, sembrerebbe essere già scritto. Chissà che gli dei del pallone, però, non abbiano in serbo qualche sorpresa per sabato…

MVP
Direi che dopo una partita del genere non sia giusto dare il titolo ad un giocatore. Più giusto, infatti, è assegnarlo al gioco del Barcellona: manovra ariosa, fraseggi precisi ed interminabili, densità in ogni zona del campo, possesso di palla schiacciante, dimostrazione di come la miglior difesa possa davvero essere l’attacco.

IL TABELLINO
Atlante vs. Barcellona 1 – 3
Marcatori: 5′ Rojas, 35′ Busquets, 55′ Messi, 67′ Pedro.
Atlante: Vilar; Martinez, Gonzalez, Velasquez (63′ Pereyra), Arreola; Navarro, Solari (56′ Carevic), Guerrero, Bermudez, Rojas; Marquez. A disposizione: Ruiz, Perez, Peralta, Munoz, Castillo, Ovalle, Carrillo, Garcia, Ruiz, Silva. Allenatore: Jose Cruz.
Barcellona: Valdes; Alves, Marquez (54′ Pique), Puyol, Abidal; Xavi, Busquets, Tourè (53′ Messi); Pedrito, Iniesta (76′ Bojan); Ibrahimovic. A disposizione: Mino, Pinto, Jeffren, Henry, Keita, Milito, Maxwell, Jonathan, Chigrynskyi. Allenatore: Josep Guardiola.
Arbitro: Carlos Simon (Brasile).
Ammoniti: 8′ Solari, 40′ Guerrero, 61′ Velasquez, 65′ Ibrahimovic, 90’+2 Pique.

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Entrambi gli allenatori, Garzitto e Posa, modificano leggermente le proprie squadre rispetto alle partite precedenti e schierano le loro squadre in campo con la solita approssimazione tattica, soprattutto per quanto riguarda i giocatori africani, tanto generosi quanto poco propensi a tenere la posizione.

I giocatori dell'Auckland City festeggiano il goal partita

LA CRONACA
La prima metà del primo tempo è appannaggio degli africani, la seconda dei neozelandesi. Auckland City che però parte subito meglio: passano solo quarantacinque secondi, infatti, e Vicelich è dimenticato tutto solo nell’area del Mazembe e può andare a saltare sugli sviluppi di un corner battuto dalla destra, non trovando però lo specchio.

Da lì in poi, quindi, i neozelandesi si limiteranno lungamente a controllare lo sterile possesso di palla africano: il Mazembe, infatti, terrà quasi ininterrottamente il possesso di palla per più di venti minuti, creando però molto poco.

Al diciannovesimo il primo sussulto: Kabandu riceve largo a destra e dopo aver stoppato punta Hogg, gli prende un metro e calcia mollemente d’interno destro, trovando la pronta risposta di Gothard. Un paio di minuti più tardi Kasongo calcia bene dalla distanza, ma Campbell ci mette la testa e devia in angolo.

Al ventitreesimo, quindi, la partita cambia: Koprivcic, lanciato in contropiede, fugge nelle larghe maglie della difesa africana involandosi verso la porta. Kidiaba, quindi, esce dalla propria area per cercare di contrastarlo e si lancia in scivolata; la punta neozelandese, quindi, tenta di saltarlo ed il portiere africano tocca la palla nettamente con la mano. Arbitro ed assistente non hanno dubbi, il portiere va espulso.
Rimasti in 10, quindi, gli africani si vedono anche costretti a sostituire Mvete per fare posto a Bakula, il secondo portiere.

L’espulsione cambia gli equilibri della partita e l’ACFC prende campo. Pochi minuti dopo, quindi, Hogg fugge sulla sinistra e dopo essersi liberato di un avversario con un sontuoso tunnel non trova l’assist vincente.
Subito dopo, però, la difesa del Mazembe dimostra ancora una volta tutti i suoi limiti e lascia che Hayne fugga infilandosi tra le proprie maglie, stoppando al limite dell’area, superando Bakula e depositando l’1 a 0 in rete.

Gli africani però non ci stanno e tentano subito di trovare il pareggio: ripartiti da centrocampo, infatti, recapitano palla a capitan Mputu che entrato in area salta un avversario ma anziché provare a calciare direttamente verso Gothard centra un pallone che è allontanato dalla difesa.

La difesa degli africani continua comunque a mostrare i propri limiti: Hayne si lancia per l’ennesima volta in contropiede ed infila la retroguardia avversaria portandosi al limite per poi scaricare all’accorrente Coombes, il cui tiro è però rimpallato e poi messo in angolo.

E’ proprio sugli sviluppi di un angolo, qualche minuto più tardi, che Coombes può crossare per Campbell. La traiettoria del pallone, tutt’altro che irresistibile, finisce comunque per beffare un non certo irresistibile Bakula che buca l’uscita lasciando la propria porta sguarnita. Il centrale neozelandese, però, non ne approfitta, colpendo di testa e mandando il pallone a lato.

La ripresa comincia invece con gli africani molto arrembanti e decisi, nonostante l’inferiorità numerica, a trovare almeno il pareggio.

Così nei primi cinque minuti capitan Mputu si scatena: prima riceve dal limite e calcia di sinistro, non trovando però la porta. Poi, sempre dopo aver ricevuto al limite, libera l’accorrente Kabangu che sbaglia però una sorta di rigore in movimento. Infine si infila in area su di un lancio proveniente dalle retrovie ma dopo aver messo fuoritempo Gothard con un tocchetto al pallone non riesce a raggiungere lo stesso, lasciando che questo sfili sul fondo.

La gioia è però solo rimandata di dieci minuti, lasso di tempo nel quale le squadre si dividono le azioni interassanti: da una parte il solito Hayne si lancia in contropiede trovandosi a tu per tu con Bakula che è però bravo, stavolta, a non andare giù riuscendo quindi a parare la conclusione dell’ala neozelandese. Dall’altra arriva invece in area un cross calciato dalla trequarti su cui Ekanga è bravissimo a svettare in mezzo all’area non riuscendo però ad indirizzare il pallone stesso tra i pali della porta difesa da Gothard.

Di lì a pochi secondi, però, il Mazembe riesce a recuperare subito il pallone recapitandolo a Kasongo che ricevendo al limite dell’area decide di sparare un missile dritto per dritto che si va ad infilare all’incrocio dei pali.

Il ritrovato pareggio galvanizza quindi gli africani, decisissimi a puntare alla vittoria.

Al sessantaquattresimo, quindi, i giocatori del Mazembe portano un cross da destra sul quale Pritchett non riesce ad intervenire e che libera tutto solo Kasusula, il cui tiro è però messo in angolo da Gothard. Sul corner successivo, quindi, Mputu svetta dall’area piccola non trovando però i pali.

La gioia per Kasusula, comunque, è solo rimandata di tre minuti: Mputu, infatti, lo libera in area con uno splendido colpo di tacco e Gothard, questa volta, non può far nulla per arginare la sua conclusione. E’ il 2 a 1.

A quel punto arriva per la reazione dei campioni d’Oceania: passano cinque minuti ed un rimpallo tra Coombes ed un difensore africano fa finire la palla a pochi metri dalla porta, con Bakula che deve quindi uscire a valanga per anticipare Young. Il portiere congolese, però, non riesce a trattenere il pallone che finito tra i piedi del solito Hayne è depositato in rete dalla stessa ala neozelandese.

A poco meno di venti minuti dal termine, quindi, saltano tutti gli schemi ed i giocatori si affidano al cuore. E sembrerebbe che ad averne di più siano i giocatori africani, dapprima pericolosi con Kasongo che non trova la porta con una deviazione sottomisura, poi con Kaluyituka che dopo essersi liberato bene nel suo ingresso in area stringe troppo la conclusione, infine con lo stesso Kaluyituka che, liberato dal ponte di un compagno, si trova a tu per tu con Gothard che è però bravo a deviare in angolo.

Van Steeden esulta dopo aver realizzato il goal vittoria

La partita, quindi, sembra avviarsi verso la fine, con i rigori ormai prossimi. Per quanto gli africani non accettino il verdetto del campo, infatti, la porta sembra essere stata preda di un qualche sortilegio. Tre minuti oltre il novantesimo, quindi, la beffa finale per il Mazembe: la tanta pressione che portano in direzione della porta avversa li porta a scoprirsi così che a tempo ormai scaduto l’ACFC imbastisce una grande azione di contropiede che porta Van Steeden, entrato da poco, a colpire a rete, bucando Bakula e sancendo la vittoria ed il quinto posto a questo Mondiale per l’Auckland City.

MVP
Dovendone scegliere uno solo non posso che pescare il giocatore più determinante nelle sorti della squadra che è riuscita ad imporsi nel match: Jason Hayne.
L’ala neozelandese, già messasi in evidenza nelle due partite giocate al Mondiale per Club prima di oggi, è infatti riuscita a creare grossisimi grattacapi alla retroguardia avversaria.

Dotato di buona tecnica, soprattutto rispetto alla media di compagni ed avversari, e di un passo discreto Hayne è riuscito anche ad ergersi a goleador riuscendo a trovare in ben due occasioni la via della rete e risultando quindi assolutamente determinante ai fini della vittoria.

E’ comunque doverosa una citazione anche per Mputu, vero leader della squadra africana e, soprattutto, giocatore ben più dotato rispetto al resto della truppa di Garzitto.
Pensare ad un futuro europeo per lui è assolutamente legittimo.

TABELLINO
TP Mazembe vs. Auckland City 2 – 3
Marcatori: 29′ Hayne, 60′ Kasongo, 67′ Kasusula, 72′ Hayne, 90’+3 Van Steeden.
TP Mazembe: Kidiaba; Kasusula, Mabele, Mihayo, Milandu; Kabangu (74′ Kaluyituka), Bedi, Ekanga, Kasongo; Mvete (26′ Bakula), Mputu. A disposizione: Nkulukuta, Kanda, Ndonga, Ngoyi, Kayembe, Tshizeu, Lusadisu. Allenatore: Diego Garzitto.
Auckland City: Gothard; Hogg (75′ Van Steeden), Vicelich, Campbell, Williams; Lee, Pritchett, Hayne, Coombes; Dickinson (45′ Young), Koprivcic (45′ Morgan). A disposizione: Spoonley, Eaddy, Urlovic, Feneridis, Uhlmann, Nikolic. Allenatore: Paul Posa.
Arbitro: Benito Archundia (Messico).
Ammoniti: 10′ Koprivcic, 57′ Milandu.
Espulsi: 24′ Kidiaba.

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Per tentare l’assalto ad un’insperata finale Sergio Farias, coach dei Pohang Steelers, ripropone lo stesso undici che solo quattro giorni fa era riuscito ad imporsi per 2 a 1 sul TP Mazembe.
Dal canto suo, invece, Alejandro Sabella deve gioco forza rinunciare ad Angeleri (lungodegente) e Sosa (non è arrivato il transfer in tempo, salterà quindi il Mondiale) ma può fare affidamento su Juan Sebastian Veron, cui affida le chiavi dell’intera squadra.

I tifosi dell'Estudiantes festeggiano l'approdo in finale

LA CRONACA
Anche in questo match, esattamente come successo nei precedenti, il ritmo di gioco è tutt’altro che vertiginoso, così ne esce un primo tempo sicuramente non particolarmente emozionante.

Dopo due soli minuti di gioco Nunez, dopo aver sfondato a destra, crossa cercando Boselli, che è però anticipato da Hwa Yong in uscita. Poco dopo, quindi, il portiere coreano non sa ripetersi: un cross assolutamente innocuo effettuato da Rodriguez finirebbe dritto tra le sue braccia ma lui effettua un intervento eufemisticamente rivedibile e finisce per farsi sfuggire il pallone, che arriva a Boselli. La punta argentina, quindi, mette in mostra tutte le sue doti acrobatiche inventandosi una rovesciata per girare in rete il pallone, che termina però la sua corsa contro il palo. Le emozioni non sono comunque finite: sulla ribattuta del montante, infatti, arriva Benitez il cui tap-in a botta sicura termina però alto.
Una fiammata, questa, in un match tutt’altro che emozionante.

Al nono Veron, le cui geometrie non hanno perso lo smalto dei tempi migliori, verticalizza pescando in area Boselli, il cui tiro è però deviato in angolo da Hyung Il. Subito dopo, quindi, la punta argentina ci proverà ancora, questa volta dalla media distanza, non trovando però lo specchio della porta.

Poco dopo il quarto d’ora, quindi, si fanno vedere anche i Pohang, su una delle poche iniziative che sono stati in grado di costruire: Albil, portiere dell’Estudiantes, va in affanno su di un’uscita con la quale prova ad intercettare un corner, smanacciando malamente il pallone al centro dell’area. La palla, quindi, giunge a Byung Yun che ciabatta però il tiro, respinto dalla difesa, mangiandosi un’ottima occasione per portare i suoi in vantaggio.
Sul ribaltamento di fronte, quindi, Benitez crosserà in mezzo e sul pallone si avventerà Boselli, bravissimo a tagliare sul primo palo anticipando il proprio marcatore. Il suo colpo di testa, però, sarà assolutamente impreciso e terminerà a lato della porta difesa da Hwa Yong.

Da lì alla mezz’ora, quindi, le squadre abbasseranno ulteriormente i loro ritmi, non producendo azioni degne di note.

Perez e Meung Chung in un duello aereo

Al trentesimo minuto esatto, quindi, Rodriguez si inserirà dalle retrovie andando a calciare dal limite ma trovando la pronta risposta del portiere avversario, per cui non è un problema afferrare il tiro centrale scoccato dal terzino argentino.

Poco dopo tornano invece a farsi vedere i sudcoreani: Yung Kyum riceve poco oltre la metà campo e dopo essersi ben liberato di un avversario va a calciare dalla media distanza, trovando però la replica pronta di Albil.

Sul finale del primo tempo, poi, la partita si accenderà tutt’a un tratto per merito dell’Estudiantes: prima Perez calcerà a giro dal limite sfiorando l’incrocio, poi Boselli, imbeccato da una verticalizzazione del solito Veron, calcerà da fuori facendosi parare un tiro non certo irresistibile, infine lo stesso Boselli, due minuti dopo il quarantacinquesimo, segnerà l’1 a 0 andando a spizzare di testa una punizione battuta da Benitez dalla trequarti e mandando le due squadre al riposo.

Dopo quarantacinque minuti abbastanza noiosi, quindi, il goal del vantaggio.
Vantaggio che viene raddoppiato ad inizio ripresa: pochi minuti dopo essere tornati in campo, infatti, i giocatori dell’Estudiantes trovano la seconda rete. Una discesa sulla destra della coppia Rodriguez-Nunez porta Veron a poter mettere palla dentro mettendo in movimento Perez che, forse fallosamente, riesce ad anticipare Hwa Yong prolungando il pallone con un campanile. Il pallone, finito sul secondo palo, sarà quindi comodamente appoggiato in rete da Benitez, che questa volta non sbaglierà il tap-in da pochi metri.

Denilson, però, non ci sta. Così la punta brasiliana (che immaginiamo tutt’altro che contenta di farsi battere dagli acerrimi rivali argentini) dopo aver ricevuto in area stoppa e si inventa una rovesciata con la quale cerca di mettere in difficoltà Albil, che è però attento e para.

Passano giusto sessanta secondi dal sussulto orgoglioso della punta carioca e Rosetti chiude, formalmente, il match: Nunez, sempre molto frizzante e rapido in fascia, punta per l’ennesima volta Jae Won che, come già successo nel primo tempo, si sente bruciato sullo scatto e frappone il suo corpo tra l’ala argentina ed il pallone, facendo ancora una volta ostruzione. Proprio come successo nella prima frazione, quindi, Rosetti gli mostra un giallo, facendo quindi terminare lì il suo match e, era logico pensare, quello della sua squadra.

Rosetti espelle Jae Sung

Dopo dieci minuti passati a cercare di controllare le sterili avanzate altrui si fionda in contropiede: Hyo Jin viene quindi liberato sul lato destro dell’area, l’occasione sarebbe sicuramente interessante (essendoci anche in mezzo un accorrente Denilson) ma il terzino coreano spara una sorta di tiro-cross un po’ a casaccio che termina addirittura in rimessa laterale.

Ne passano quindi altri cinque e, incredibilmente, Denilson trova il goal su di un’azione confusa viziata, tra l’altro, da un fuorigioco non segnalato dal nostro Copelli e andando a segnare la terza rete personale in questo Torneo.
Non contenti di aver appena ritrovato il goal che riapre la partita, però, i coreani commettono una leggerezza incredibile: Jae Sung, infatti, va in pressing su Veron, rifilandogli un calcione con cui si merita, esattamente come il suo capitano in precedenza, il secondo cartellino giallo e lascia quindi i suoi compagni in nove uomini.

Ad un quarto d’ora dalla fine, poi, l’apoteosi: Nunez si infila nelle praterie coreane, Hwa Yong esce quindi per ancitiparlo ma arriva tardi, impattando con l’ala argentina. Rosetti decide per la stangata ed espelle il terzo coreano in questa partita. Con Denilson, quindi, che finisce con l’andare in porta al suo posto dato che Farias aveva già esaurito le sostituzioni.
Dopo sei minuti persi per trovare una maglia alla punta-portiere, quindi, la partita può finalmente ricominciare con Veron che calcia la punizione contro la barriera.

Rimasti in otto, quindi, i Pohang hanno ben poco da fare. A quattro dal termine rischiano anche di subire la terza rete con Rodriguez che dopo aver scambiato con Nunez si infila in area e calcia battendo Denilson ma trovando il secondo palo della giornata per la sua squadra.

Nel recupero, quindi, l’unica occasione degna di nota, in sei minuti giocati di melina dagli argentini, è un tiro di fuori senza troppe pretese scagliato da Nunez dalla media distanza che termina fuori dai pali.

IL COMMENTO
Si dice spesso che gli arbitri italiani siano i migliori al mondo, e forse è anche vero.
Di certo però oggi Rosetti, Airoldi e Copelli non hanno tenuto fede a questa cosa: sono loro, infatti, i principali protagonisti della prima semifinale del Mondiale per club. Da una parte perché convalidano due goal (il primo, quello che le statistiche assegnano a Benitez ma che sarebbe da attribuire a Boselli, partito, pare, in posizione di leggero fuorigioco oltre a quello segnato nella ripresa da Denilson) dall’altra, soprattutto, perché utilizzano un metro di valutazione eccessivamente duro che finisce con il falsare un pochino la partita.

Denilson veste la maglia di Hwa Yong e ne va a prendere il posto tra i pali dopo l'espulsione di quest'ultimo

Ben otto, infatti, sono i cartellini gialli sventolati ai danni dei giocatori coreani, ammonizioni che valgono tra l’altro due espulsioni. A questo, quindi, va sommata anche l’espulsione diretta per Hwa Yong, il portiere.
Un’ecatombe, insomma, che influenza tantissimo il risultato finale.

Certo, la vittoria è stata comunque meritata dai giocatori di Sabella, questo al di là di tutto.
Il secondo tempo, però, è stato obiettivamente poco guardabile e il nostro Rosetti, è inevitabile dirlo, non ha assolutamente arbitrato come ci si aspetterebbe da lui.

Riguardo alla partita, quindi, c’è poco altro da dire.

Gli argentini hanno la meglio su di un avversario notevolmente più debole che non riesce a mettere in campo quell’intesità necessaria a mandare in affanno giocatori tecnicamente meglio dotati.

Contro il Barcellona (che dovrebbe facilmente superare i messicani dell’Atlante domani pomeriggio) sarà però tutta un’altra storia.

MVP
Il premio non può che essere consegnato a Veron: il regista ex Inter, infatti, gioca una partita a ritmi piuttosto bassi ma di grande generosità e, soprattutto, mettendo in campo tutto il fosforo di cui è dotato.

E’ lui, infatti, a regalare palloni a destra e a manca con lanci e verticalizzazioni perfette, come pochi altri giocatori al mondo sono capaci di fare. E’ da lui, poi, che tutti i compagni di squadra sono soliti ripartire quando trovano troppo traffico e non riescono a sfondare le linee nemiche.

Grande classe ed intelligenza, insomma, per un giocatore che sabato prossimo proverà a riportare l’Estudiantes sul tetto del mondo, esattamente come 41 anni fa era stato in grado di fare suo padre prima di lui.

TABELLINO
Pohang Steelers vs. Estudiantes 1 – 2
Marcatori: 45’+2 Boselli, 53′ Benitez, 71′ Denilson
Pohang Steelers: Hwa Yong; Hyo Jin, Taesu (58′ Okayama), Jae Won, Jung Kyum; Jae Sung, Hyun Gil, Do (45′ Meung Chung), Hyung Min, Byung Jun (54′ Hee Chul); Denilson. A disposizione: Dae Ho, Dong Jin, Hong Kyoo, Gi Dong, Jin Sung, Seul Ki, Chang Go, Chang Hyun. Allenatore: Sergio Farias.
Estudiantes: Albil; Desabato, Diaz, Re, Rodriguez; Perez, Nunez, Brana, Veron, Benitez; Boselli. A disposizione: R. Fernandez, Taborda, Sanchez, Alayes, F. Fernandez, Gonzalez, Rojo, Huerta. Allenatore: Alejandro Sabella.
Arbitro: Roberto Rosetti (Italia).
Ammoniti: 5′ Taesu, 12′ Jae Won, 20′ Jae Sung, 22′ Veron, 45’+1 Jung Kyum, 56′ Jae Won, 72′ Jae Sung, 86′ Meung Chung, 90’+3 Hyun Gil.
Espulsi: 56′ Jae Won, 72′ Jae Sung, 77′ Hwa Yong.

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Che inizi a scottare, la panchina di Ferrara?

La Juventus si presenta a Bari per riscattare la cocente delusione portata dall’ultimo match giocato contro il Bayern Monaco e che ha sancito, con una pesantissima sconfitta, l’eliminazione Bianconera dalla Champions.

Per farlo, quindi, Ferrara si affida ad Amauri e Trezeguet in avanti con Diego a supporto. A centrocampo, invece, viene schierato un po’ a sorpresa Tiago come mezz’ala sinistra, al fianco di Poulsen e Marchisio. In difesa, infine, Caceres continua saldamente ad occupare la corsia di destra, con Molinaro schierato sull’out opposto. Cannavaro e Legrottaglie a fare da bodyguard al solito Buffon, che dopo la partita contro i bavaresi ha deciso di rimandare l’operazione al ginocchio.

Ventura, di contro, affianca Meggiorini a Barreto, schierando alle loro spalle il suo classico 4-4-2 fatto di scambi rapidi ed infilate in velocità soprattutto da parte degli esterni, molto bravi a tagliare dentro.

LA CRONACA
La Juventus parte in maniera molto più decisa rispetto a martedì.
Dopo quattro soli minuti Caceres, mobilissimo e molto propositivo sulla sua fascia, porta il primo cross in direzione di Amauri che tenta però un colpo di tacco piuttosto improbabile che si esaurisce in un nulla di fatto.

Al settimo minuto, dopo che fino a quel momento la Juventus era sembrata indubbiamente più in palla, arriva, piuttosto a sorpresa, il vantaggio della squadra di casa: il Bari fa grande pressione sui portatori di palla riuscendo a recuperarla in uno scontro con Marchisio, troppo molle nel tentare un rinvio. Il pallone quindi termina tra i piedi di Meggiorini, il cui tiro, deviato, beffa Buffon per l’1 a 0.

La Juve, quindi, ci mette un attimo a reagire. Bisogna infatti aspettare sino al dodicesimo per vedere Diego che dopo aver stoppato al limite si gira e calcia un tiro che è però facile preda di Gillet.
Pochi minuti più tardi, quindi, Amauri duetta bene con Marchisio e dopo essersi portato al limite dell’area piccola calcia però malamente a lato. Tocca poi a Cannavaro, bravo a spizzare di testa una punizione battuta dalla distanza da Diego, impensierire, ma con poca efficacia, Gillet.

Un paio di minuti più tardi, quindi, le cose si invertono: Almiron calcia una punizione da destra, Bonucci sfugge a Cannavaro e si porta in area piccola, colpendo però male il pallone di testa e facendolo terminare ben alto oltre la traversa.

La Juventus, comunque, c’è. E lo dimostra subito: Diego parte centralmente e dopo aver resistito all’assalto di Masiello calcia dal limite; Gillet si distende e smanaccia, la palla finisce a Trezeguet che deposita facilmente in rete.

Trovato il pareggio i Bianconeri non sembrano però accontentarsi: due soli minuti dopo il goal, infatti, la Juve porta palla in area Diego salta Masiello ma il suo tiro è rimpallato da Alvarez e termina tra i piedi di Amauri che gira però debolmente tra le braccia del portiere avversario.
Sulla ripartenza, quindi, Donati prova a verticalizzare per Meggiorini che scattando sul filo del fuorigioco vanifica però tutto calciando male a lato della porta.

A quel punto, siamo a cavallo della mezz’ora, le due squadre si prendono una sorta di pausa. Per dieci minuti tondi, infatti, il gioco ristagnerà a centrocampo. Al trentaseiesimo, quindi, la partita torna ad infiammarsi.
Una percussione di Rivas sulla sinistra fa sì che la palla termini a Meggiorini che ricevuto al limite dell’area calcia però mollemente tra le braccia di Gillet.

A quel punto Caceres prova a risolvere lui le cose: il suo primo cross interessante è in direzione di Trezeguet che scarica di prima al limite dell’area a Tiago. Il tiro della mezz’ala portoghese, però, è deviato in angolo.
Il secondo cross interessante, invece, è solo sfiorato da Amauri. L’azione comunque non si esaurisce lì: Diego recupera infatti palla sulla sinistra e la scarica al limite per l’accorrente Marchisio, che impatta però male il pallone calciandolo a lato.

Nonostante sia la Juve a fare la partita, con i padroni di casa che si affidano più che altro alle ripartenze, in chiusura di tempo arriva il raddoppio dei pugliesi: Barreto entra in area da sinistra e punta Cannavaro, che lo atterra. La punta brasiliana si presenta quindi sul dischetto, dove spiazza Buffon. E’ quindi il 2 a 1 che fondamentalmente chiude la prima frazione di gioco.

Chi si aspetta una Juve arrembante nel secondo tempo si troverà invece di fronte ad uno spettacolo ben diverso. Al primo minuto, infatti, il Bari costruirà subito un’occasione per chiudere il match portando ben tre giocatori al tiro nella stessa, confusa, azione. La difesa Bianconera, comunque, riuscirà a salvarsi in qualche modo.

Al 51′ Diamoutene bucherà in area un cross portato da Molinaro lasciando che il pallone giunga a Diego, anticipato però prima del tiro. A quel punto arriverà però a sorpresa Trezeguet alle spalle di tutti, che calcerà contro Gillet guadagnando solo un angolo.

Subito dopo il Bari dimostrerà di trovarsi a proprio agio negli spazi che nel secondo tempo la Juve sarà costretta a lasciare: Almiron darà bene dentro ad Alverez il cui cross non sarà però impattato da nessuno. Sul successivo controcross di Rivas, invece, interverrà Cannavaro che proverà a spazzare calciando però contro a Molinaro e creando così un pericolo ancora più grosso di quello portato dal cross stesso.

Sarà poi la volta di Poulsen che calciando da fuori non riuscirà però a trovare lo specchio della porta. Trezeguet si vestirà quindi da asisstman crossando per Amauri che sfiorerà solo il pallone.

Subito dopo il Bari darà invece lezione di fraseggio a centrocampo portando quindi Donati a verticalizzare per Barreto, anticipato dall’uscita a spron battuto di Buffon, bravo ad anticipare a perdifiato la punta brasiliana.

Caceres tornerà quindi a farsi vedere al ventesimo: da un suo cross nascerà infatti un’ottima occasione che vedrà Trezeguet spizzare di testa liberando Tiago, il cui tiro non troverà però lo specchio. Sarà ancora la mezz’ala portoghese, quindi, a rendersi pericoloso subito dopo intervenendo di testa su di un cross portato da Diego, mettendo però ancora una volta la palla a lato.

A quel punto Kamata, subentrato nel secondo tempo, inizierà a dare dimostrazione delle sue doti atletiche fuggendo a Marchisio e centrando per l’accorrente Meggiorini che, tutto solo, colpirà di testa mettendo però la palla centrale.

Toccherà poi a Grosso, sul lato opposto del campo, rendersi pericoloso: il terzino della nazionale, che aveva da poco rilevato Molinaro, si porterà in area entrando in contatto con Almiron. Il rigore, sicuramente meno netto di quello assegnato a Barreto nella prima frazione di gioco, sarà comunque sbagliato da Diego, che non troverà nemmeno lo specchio della porta dai canonici undici metri.

Poco dopo è ancora una volta il terzino sinistro a farsi vedere: sul suo cross, però, Amauri si fa anticipare mollemente mentre Marchisio, giunto sulla respinta della difesa, verrà chiuso nel suo tentativo di sfondamento centrale.

Ci proverà quindi anche Legrottaglie di testa sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Ma la palla, passata a pochi centimetri dall’incrocio, si spegnerà a lato.

A quel punto, quindi, il Bari deciderà di spegnere ogni velleità di rimonta: è il 79′ minuto di gioco ed il solito Kamata fuggirà sulla sinistra. L’occasione è ghiottissima: i baresi, infatti, si trovano in superiorità numerica, tre contro due. L’ala franco-angolana, però, sprecherà tutto tenendo troppo a lungo palla e facendosi quindi chiudere in area da Legrottaglie, guadagnando solo un corner.
Solo, visto quanto era ghiotta l’occasione. In realtà, però, il corner sarà fondamentale: dagli sviluppi dello stesso, infatti, arriverà la rete che chiuderà il match. La palla, allontanata da Caceres, giunge al limite a Kamata, che la appoggia subito per Almiron. L’ex juventino, quindi, colpirà, tutto solo, dal limite, incrociando imparabilmente sul secondo palo.

A quel punto la Juve proverà una piccola quanto inutile sfuriata: prima Poulsen proverà a calciare su di una respinta corta di Bonucci ma troverà la risposta di Gillet. Poi Amauri, sugli sviluppi del corner guadagnato proprio dal biondo centrocampista danese, riceverà un cross portato da Grosso riuscendo a colpire abbastanza bene ma mettendo palla a lato. Infine Giovinco, entrato da poco, riceverà al limite, facendosi però parare il tiro da Gillet.

Quest’ultima azione di Giovinco, in realtà, farà da intermezzo a due occasionissime avute – e sbagliate – da Alvarez, entrambe le volte ottimamente servito da un frizzante Kamata.

IL COMMENTO
Il tentativo di rialzare la testa dopo la pesantissima sconfitta con il Bayern fallisce piuttosto miseramente. Più da un punto di vista del risultato che per quanto visto in campo.

Intendiamoci, la Juventus fa tutto fuorché costruire qualcosa che si possa chiamare un gioco, ma quantomeno crea delle occasioni. Certo, più con i nervi che con la circolazione di palla, ma del resto questa squadra oggi non può fare altrimenti. Perché un gioco ed un’identità non le ha.

Alla fine, comunque, crea più del Bari, ma lo fa con molta più approssimazione e meno qualità.

Bari che vince quindi meritatamente un match che la Juventus, almeno nel primo tempo, non meritava certo di perdere. Nella ripresa, poi, c’è invece stata la legittimizzazione, anche grazie agli spazi lasciati da una squadra che ha alzato il proprio baricentro per cercare il pareggio, del risultato, che alla fine avrebbe anche potuto essere più pesante.

Diego continua a non brillare

Certo, risulta comunque quantomeno bizzarro vedere una squadra alzare il proprio baricentro concedendo di più… ma senza riuscire contestualmente anche a creare di più.

Ferrara, insomma, è in una posizione non certo invidiabile. La squadra è da recuperare sia fisicamente che, soprattutto, mentalmente. Ma farlo sembra tutt’altro che facile.

Tre sono state le cose che non mi sono piaciute di questa Juve, in definitiva: l’approccio del secondo tempo (in cui, appunto, si sono sbilanciati senza però creare quanto ci si aspetta da un atteggiamento spregiudicato), la prestazione di Amauri (nel senso che ha confermato di attraversare davvero un pessimo stato di forma) e la non reazione di Diego dopo il rigore sbagliato (un potenziale campione pagato 25 milioni come lui, infatti, lì avrebbe dovuto avere una reazione di orgoglio ed avrebbe dovuto, a mio avviso, dare quel quid in più… invece si è eclissato dal match).

TABELLINO
BARI vs. JUVENTUS 3-1
Marcatori: 7′ Meggiorini, 23′ Trezeguet, 44′ Barreto rig., 81′ Almirón
Bari: Gillet; A. Masiello, Diamoutene, Bonucci, Stellini; Álvarez, Donati, Almirón, Rivas (62′ Kamata); Meggiorini (72′ Gazzi), Barreto (61′ Greco) (a disp. Padelli, Belmonte, Allegretti, Koman). All. Ventura
Juventus: Buffon; Cáceres, Cannavaro, Legrottaglie, Molinaro (67′ Grosso); Poulsner, Tiago (74′ Camoranesi, 87′ Giovinco), Marchisio; Diego; Amauri, Trezeguet (a disp. Manninger, Grygera, Salihamidzic, Giovinco, Del Piero). All. Ferrara
Arbitro: Tagliavento (Terni)
Ammoniti: 8′ Meggiorini, 23′ Tiago, 44′ Cannavaro

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L’Auckland City arriva allo scontro con l’Atlante ancora una volta come sfavorito. Per tentare di ribaltare i pronostici come fatto contro l’Al-Ahli e qualificarsi alla semifinale contro il Barcellona Paul Posa si affida agli stessi 11 capaci di sconfiggere la squadra degli Emirati Arabi all’esordio. Dal canto suo, invece, Cruz cerca di sfruttare al massimo la densità di gioco a centrocampo, lasciando fondamentalmente il solo Marquez come punta.

Foto di rito dei giocatori dell'Atlante nel pre-partita: (back row) Rafael Marquez, Miguel Martinez, Federico Vilar, Santiago Solari, Luis Velasquez and Daniel Arreola. (front row) Christian Bermudez, Fernando Navarro,Jose Guerrero, Jose Gonzalez and Guillermo Rojas

LA CRONACA
Il match non è certo giocato su ritmi vertiginosi, anzi.
In particolar modo il primo tempo risulta quasi completamente privo di spunti degni di nota.

Ci voglio più di dieci minuti prima di vedere un’occasione degna di nota: un pallone allontanato oltre il limite dell’area giunge a Chicharo che calcia al volo coordinandosi bene ma mettendo la palla di poco oltre la traversa.

Verso la mezz’ora Rojas salta Coombes in fascia e rientra calciando di destro – lui che è mancino puro – e non riuscendo quindi a trovare la porta. Poco più tardi ci prova invece il coreano Lee con una conclusione velleitaria da più di 35 metri che non trova lo specchio della porta.

Poco dopo, quindi, il fattaccio: sugli sviluppi di un angolo la difesa neozelandese pasticcia un po’ con McGeorge che si trova poi un pallone da spazzare giusto al limite dell’area; il centrocampista della formazione neozelandese, però, liscia il pallone regalandolo ad Arreola che non ha quindi problemi a siglare l’1 a 0.

Nella ripresa i ritmi aumentano di qualcosina e la partita si fa un po’ più interessante.

In apertura un giocatore dell’Auckland ci prova da più di trenta metri con Vilar che è però bravo a distendersi e deviare il pallone.

Al cinquantacinquesimo Marquez calcia da fuori ed impegna Spoonley, che è però bravo a disinnescare la conclusione dell’avanti messicano in due tempi.

Poco dopo l’Auckland costruisce la sua miglior palla goal: Hayne salta un uomo sulla destra e mette in mezzo basso, Navarro buca il rinvio e la palla arriva quindi indisturbata a Dickinson che però, forse sorpreso da un pallone che non sperava più di ricevere, effettua uno stop un po’ macchinoso vedendosi quindi poi chiuso al momento del tiro. La palla, rimpallata al limite, giunge quindi a Lee, che ci prova di prima: Vilar si dimostra però ancora una volta affidabile e vola deviando in corner.

Vilar, portiere e capitano dell'Atlante

Otto minuti più tardi, quindi, il goal che chiude il match: Marquez pesca Bermudez al limite che raddoppia bucando l’uscita di Spoonley.

La reazione dei neozelandesi è però un fuoco di paglia: Coombes crossa basso ma Young non arriva sul pallone, con un difensore che spazza in angolo. Sugli sviluppi del corner è lo stesso Coombes a provarci da fuori, ma il suo tiro è deviato da un difensore.

Finisce qui, praticamente, la partita dei campioni d’Oceania.

Di lì in poi, infatti, solo Atlante.
Al settantacinquesimo Rojas crossa in mezzo, Uhlmann è tutto solo ed invece di stoppare e liberare con tranquillità la propria area prova un incredibile quanto insensato colpo di tacco, che puntualmente buca. La cosa libera quindi Marquez che però, a tu per tu con Spoonley calcia fuori.

Una decina di minuti dopo lo stesso Rojas calcia dalla trequarti, impensierendo il portiere avversario. Poco dopo è sempre lui a scendere sulla sinistra crossando in mezzo e trovando Silva che mette però fuori di testa.
Sugli sviluppi della ripartenza l’Atlante recupera subito il pallone che viene recapitato a Pereira il quale dopo essersi liberato di un avversario con un sombrero non batte Spoonley in uscita.

A tempo ormai scaduto, quindi, Silva triplica andando a concludere una gran bella azione corale, ampiamente favorita dall’atteggiamento ormai più che rassegnato degli avversari.

IL COMMENTO
I neozelandesi mettono in mostra tutta la loro pochezza tecnica, i messicani deludono. In più quest’ultimi mettono in evidenza un problema che sembra essere insito in un po’ tutti i club messicani (almeno in quelli che arrivano al Mondiale per Club): la scarsissima prolificità delle proprie punte.

Silva esulta dopo la rete del 3 a 0

Nonostante le tre reti realizzate, infatti, Marquez ha messo in mostra sì discrete capacità di manovra, ma nel contempo ha dimostrato di non essere in grado di pungere con pericolosità.

Contro il Barça, comunque, le cose dovranno cambiare: se la squadra di Cancun dovesse riproporre la stessa prestazione di oggi, infatti, troverebbe praticamente impossibile riuscire ad imporsi sui Blaugrana.

MVP
L’MVP del match è Rojas, ala/seconda punta che ha più volte creato numerosi grattacapi alla difesa neozelandese grazie alla sua mobilità, ad una buona tecnica ed a una discreta capacità di saltare l’uomo palla al piede, creando superiorità numerica.

TABELLINO
Auckland City vs. Atlante 0 – 3
Marcatori: 36′ Arreola, 69′ Bermudez, 91′ Silva.
Auckland City: Spoonley; Williams, Hogg, Vicelich, Uhlmann; Lee (78′ Nikolic), Coombes, Hayne, McGeorge; Koprivcic (66′ Young), Dickinson (88′ Urlovic). A disposizione: Eaddy, Gothard, Pritchett, Van Steeden, Morgan, Campbell, Feneridis, Jordan. Allenatore: Paul Posa.
Atlante: Vilar; Martinez, Gonzalez, Velasquez, Arreola; Navarro, Solari (74′ Silva), Guerrero, Bermudez, Rojas; Marquez (86′ Pereyra). A disposizione: G. Ruiz, Perez, Peralta, Munoz, Carevic, Castillo, Ovalle, Carrillo, Garcia, F. Ruiz. Allenatore: Jose Cruz.
Arbitro: Coffi Codjia (Benin).
Ammoniti: 10′ Marquez, 26′ Arreola, 43′ McGeorge.

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Il Mohammed Bin Zayed Stadium di Abu Dhabi ospita, dopo il match d’esordio tra Auckland City ed Al-Ahli, la sfida – valida per i quarti del Mondiale per Club – che vede i Campioni d’Africa del TP Mazembe opposti ai Campioni d’Asia dei Pohang Steelers.

Il Mondiale per Club è anche questo: i colori dei tifosi di ogni angolo del mondo

Le due squadre arrivano a questa partita con spiriti differenti: se da una parte Diego Garzitto, coach italofrancese dei congolesi, parla infatti di occasione da sfruttare al massimo per mettersi in mostra e di palcoscenico più unico che raro per i suoi dall’altra Sergio Farias parla invece, addirittura, delle possibilità che la sua squadra potrebbe avere in un futuro prossimo di imporsi in questa competizione.

Al di là di quanto detto nel pre partita, comunque, le due squadre scendono entrambe in campo per sopraffarre l’avversario, pur nella loro pochezza tecnico-tattica.

LA CRONACA
I coreani partono provando subito a fare male: dopo due soli minuti Denilson (solo omonimo dell’ex stella del Betis) filtra per Byung Jun, che viene però anticipato dall’uscita di Kidiaba.
Quest’azione è però un fuoco di paglia. Nei primi minuti, infatti, sono gli africani a fare meglio: al terzo Mputu fugge sulla destra e centra basso per Kaluyituka che però liscia il primo tiro per poi calciare contro un avversario; sul rimpallo arriva quindi Kabangu che calcia con tanta potenza e poca precisione, mettendo a lato.

Poco più tardi Kabangu sfonda a destra e crossa in mezzo trovando sul secondo palo un Ekanga che saltando più in alto di Jae Sung non riesce però a trovare lo specchio.
E’ quindi proprio Jae Sung a provarci: calcio di punizione dal limite, palla deviata prima dalla barriera e poi da capitan Mputu che mette in difficoltà Kidiaba che riesce comunque a salvarsi in qualche modo.

Il match scorre quindi senza particolari sussulti con le evidenti lacune tattiche e limiti tecnici degli africani e la scarsissima capacità di essere incisivi dei coreani.

Al 21′ arriva quindi la miglior occasione del primo tempo coreano: Ekanga fa fallo su Tae al limite, Bjung Jun calcia una punizione quasi perfetta che Kidiaba è però bravo a deviare in angolo con un volo perfetto.

Poco prima della mezz’ora, quindi, la rete del vantaggio congolese: Mputu riceve al limite e manovra cercando spazi che non trova. Dopo aver arretrato sino a prima della trequarti, quindi, appoggia indietro all’accorrente Bedi che dopo aver stoppato effettua un paio di passi prima di scaricare da più di 35 metri andando a bucare Hwa Yong, che nonostante si distenda riesce solo a sfiorare il pallone.

Bedi festeggia l'1 a 0

Qualche minuto più tardi, quindi, Denilson veste ancora i panni dell’assist-man e libera con un bel colpo di tacco Do, che è però anticipato da Kidiaba, sempre ottimo nelle uscite basse.

Al trentottesimo Jae Sung può sfruttare un errore degli africani andando a fuggire completamente solo ed arrivando al limite dell’area senza particolari pressioni: il suo tiro, però, è assolutamente floscio, facilmente parato da Kidiaba. Subito dopo Jae Sung ci prova quindi con un cross in mezzo con un compagno che colpisce verso la porta avversa trovando però la pronta respinta di Kidiaba, bravo poi a chiudere basso anche su Denilson.
Al quarantunesimo un altro errore grossolano dei congolesi, questa volta con Mihayo che sbaglia in fase d’impostazione, spiana la strada al solito Jae Sung che però, ancora una volta, non mette cattiveria nel colpire il pallone, che finisce mollemente tra le braccia del portiere.

Un paio di minuti dopo è Do, invece, ad avere una palla d’oro: pescato in area da un ottimo cross di Jung Kyum, però, colpisce malamente di testa mettendo a lato.

A tempo ormai scaduto torna a farsi vedere il Mazembe: Mputu riceve sulla trequarti e calcia cercando l’incrocio ma mettendo a lato di poco e chiudendo, di fatto, una prima frazione che vede sì in vantaggio i congolesi ma che è stata affrontata meglio dai coreani, più capaci di costruire qualcosa grazie ad una miglior disposizione in campo.

La ripresa è invece giocata su ritmi ancora più bassi della prima frazione.

A giocarla meglio, ancora una volta, gli asiatici che dopo quattro soli minuti si rendono pericolosi: sponda di testa di Do per Jae Sung che è però chiuso dall’uscita bassa del sempre ottimo Kidiaba.

Denilson festeggia l'1 a 1

Subito dopo arriva però il pareggio: Byung Jun riceve sul secondo palo e controcrossa beffando il portiere e pescando Denilson sul secondo palo. Per la punta brasiliana è quindi un gioco da ragazzi realizzare l’1 a 1.

Passano dieci minuti e il Mazembe avrebbe l’opportunità di tornare in vantaggio: Ekanga libera Kabango che infilatosi tra i due centrali avversari entra in area per poi calciare però a lato del palo di sinistra.

Poco più tardi altra grande occasione, questa volta per i coreani: Hyung Min libera con un bellissimo pallonetto a scavalcare tutta la difesa Jin Sung che si trova con spazio e tempo tali da poter piazzare il pallone o, ancor meglio, liberare un compagno al suo fianco. Jin Sung, però, non fa nulla di tutto questo, si fa ipnotizzare da Kidiaba che ne para la conclusione, in qualche modo.

Al settantasettesimo, quindi, il solito Denilson dimostra di essere l’unico giocatore con sangue freddo della sua squadra: imbeccato da un lancio da centrocampo, infatti, l’attaccante verdeoro scatta sul filo del fuorigioco e buca Kidiaba trovando il vantaggio.

Gli africani, però, non reagiscono con veemenza allo svantaggio, non riuscendo a costruire vere palle goal. Tanto che al novantaduesimo il solito Denilson avrebbe l’opportunità di chiudere il match ma questa volta non riuscirà a battere il portiere avversario in 1 contro 1.

Negli ultimi due minuti, quindi, l’assalto all’arma bianca: prima Bedi prova a bissare il golazo del primo tempo con un tiro da grande distanza, trovando però l’opposizione del portiere. Poi Mvete pesca con una bella sponda di testa Kasongo al limite dell’area piccola, con l’ala africana che si fa però anticipare in angolo da un avversario.

O’Leary, quindi, sancisce qui la fine del match. Pohang Steelers 2, TP Mazembe 1: coreani qualificati alla semifinale che giocheranno contro l’Estudiantes.

IL COMMENTO
Sono i campioni d’Asia, quindi, ad imporsi in un match privo di grandi contenuti tecnici ed abbastanza scevro anche per quanto riguarda l’impostazione tattica. Grandi limiti da entrambe le parti, infatti. In particolare tra le fila dei congolesi, che ribadiscono, se ancora ce ne fosse bisogno, che il calcio africano, almeno a livello di club, è ancora anni luce indietro e dovrà passare ancora moltissimo tempo prima che lo si possa considerare ad un livello almeno accettabile.

Fatte salve alcune grandi nazionali (composte in toto o quasi da giocatori che gioca da anni, quando non ci sono cresciuti, in Europa), infatti, il Continente Nero esprime davvero poco: atleticamente sono sì spesso dominanti, ma in tutte le altre componenti fondamentali hanno ancora tanti e tanti passi da fare.

I tifosi dei Pohang Steelers supportano i loro beniamini in campo

Se il Mazembe è quindi una squadra con grandissime lacune poco di meglio si può dire in relazione ai coreani. Sicuramente meglio messi in campo, infatti, i giocatori di Farias non hanno comunque dimostrato grandissime cose, faticando molto ad essere incisivi contro una difesa assolutamente disorganizzata (almeno rispetto agli standard cui siamo abituati in Europa).

Proprio in relazione a ciò, quindi, viene automatico pensare a come sia possibile che nel pre-partita proprio il tecnico brasiliano avesse detto che in futuro gli Steelers potranno arrivare al Mondiale per Club come seri concorrenti per la vittoria finale.

Sinceramente ci sembra fantascienza.

Come per il Mazembe, infatti, i passi che dovranno fare per arrivare ai nostri livelli sono davvero tanti e lunghi. Certo, in un futuro può essere che la distanza verrà colmata, ma è davvero un futuro lontano e difficilmente immaginabile oggi.

Farias, comunque, in Corea nutre un gran credito: è infatti l’allenatore straniero più vincente del paese e di lui si vocifera addirittura potrebbe subentrare all’attuale C.T. dei Guerrieri Taeguk.

MVP
L’MVP del match non può che essere coloui che l’ha deciso, il brasiliano Denilson Martins Nascimento.
Nato il 4 settembre del 1976 a Salvador di Bahia ebbe la sua prima esperienza ad un certo livello nel modesto Camacari squadra da cui venne prelevato nel 1996 dal Feyenoord, che lo portò in Europa. Dopo una sola stagione, quindi, il passaggio al PSG. Anche qui, però, restò un solo anno, giusto il tempo di fare le valigie e passare altri dodici mesi all’Uniao de Lamas. Nel 1999, quindi, il matrimonio con il continente asiatico: da lì in poi, infatti, giocherà solo in Asia (a parte una breve parentesi all’Atlas). Al-Shabab, Dubai Club, Al-Nasr, Daejeon Citizen e, dal 2008, Pohang Steelers, squadra con cui il matrimonio è più felice che mai: è lui, infatti, la star della squadra allenata dal connazionale Farias, squadra che ha guidato alla conquista di una FA Cup, una K-League ed un’AFC Champions League.

Citazione doverosa, però, anche per Kidiaba, portiere africano. E’ grazie ai suoi interventi e soprattutto alla sua tempestività ed incredibile efficacia nell’1 contro 1, infatti, che il Mazembe resta a galla per buona parte dell’incontro.

Kidiaba è stato senza dubbio il migliore in campo tra i giocatori del Mazembe

IL TABELLINO
TP Mazembe vs. Pohang Steelers 1 – 2
Marcatori: 28′ Bedi, 50′ e 78′ Denilson
TP Mazembe: Kidiaba; Nkulukuta, Mabele, Tshizeu, Mihayo; Kabangu, Bedi, Lusadisu (60′ Kasongo), Ekanga (83′ Kanda); Mputu, Kaluyiutuka (82′ Mvete). A disposizione: Bakula, Kasusula, Tshani, Ngoyi, Kayembe, Milandu. Allenatore: Diego Garzitto.
Pohang Steelers: Hwa Yong; Hyo Jin, Taesu, Jae Won, Jung Kyum; Jae Sung, Hyun Gil, Do (56′ Jin Sung), Hyung Min (80′ Seul Ki), Byung Jun (88′ Chang Ho); Denilson. A disposizione: Dae Ho, Dong Jin, Kyoo, Okayama, Gi Dong, Meung Chung, Hee Chul, Chang Hyun. Allenatore: Diego Farias.
Arbitro: Peter O’Leary (Nuova Zelanda)
Ammoniti: 45’+3 Mabele, 54′ Nkulukuta

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Kebano al suo arrivo al PSG

Il nostro viaggio alla scoperta dei giovani talenti della nuova generazione continua con la trentunesima puntata della rubrica Stars of the Future, che coincide anche con la quinta intervista fatta da questo blog.
Dopo aver fatto due chiacchiere con Simone Sini, Luca Santonocito, Marco Duravia ed Alessandro De Vitis, infatti, Sciabolata Morbida valica i confini italiani per andare ad incontrare Neeskens Kebano, giovane in forza alle giovanili del PSG e punto di forza dell’ultima nazionale under 17 francese, quella che naufragò nel corso degli ultimi europei di categoria fallendo così la qualificazione al Mondiale nigeriano poi vinto dalla Svizzera.

Ma chi è Neeskens Kebano e, soprattutto, a cosa è dovuto il suo nome, così particolare ed inusuale?

Nato il 10 marzo 1992 a Montereau, piccolissimo centro abitato della Loiret. Lui, originario del Congo, è però francese al 100%, tanto da vestire con orgoglio la maglia dei Blues.
Per quello che riguarda il suo nome, invece, Neeskens dice che “Mio padre fu un grande fan dell’olandese Johan Neeskens, giocatore che giocò nell’epoca d’oro dell’Ajax, squadra con la quale vinse tre Champions League. Mio padre lo ammirava talmente tanto da decidere di darmi il suo nome”. Scelta sicuramente quantomeno bizzarra per quanto io, da fanatico del calcio quale sono, non posso non apprezzarla. Neeskens Kebano, per altro, mi suona anche abbastanza bene.

In casa, insomma, Neeskens respirava calcio fin da piccolissimo. Però non fu questo il primo sport che iniziò a praticare: “Ero immerso nel calcio sin da piccolissimo per quanto, però, iniziai a praticare il judo come primo sport. Anche se la cosa durò molto poco”.

A sei anni, infatti, la decisione, naturale direi per un ragazzo che porta un nome come il suo, di dedicarsi al calcio, sport per il quale, si nota subito, è peraltro molto portato. “Iniziai a giocare all’età di sei anni a Montereau, nella squadra del mio paese. Lì vi rimasi per 8 anni, quando poi passai nelle giovanili del Paris Saint Germain, squadra nella quale milito tutt’ora”.
Squadra nella quale milita ancora oggi, come giustamente ci tiene a sottolineare reputando un onore vestire una maglia del genere, e con la quale ha già vinto tanto, almeno a livello giovanile: “Da quando sono a Parigi ho vinto diversi trofei: la Coupe de Paris, il Torneo di Dubai ed i campionati nazionali under 14, 15 e per ben due volte l’under 16”. Neeskens, non ancora diciottenne, ha già un palmares importante, insomma. E chissà che non possa arricchirlo più avanti, nel corso della sua carriera da pro.

Logico, essendo entrati in tema PSG, chiedergli cosa voglia dire per un ragazzino come lui vestire una maglia così prestigiosa e vivere in una città tanto importante come lo è la capitale di Francia: “Al PSG vivo molto bene, c’è un bell’ambiente e mi diverto anche molto al Centro (Centro di Formazione del PSG, ndr). Nonostante quello che si possa pensare, quindi, la vita in una squadra gloriosa come questa non è molto difficile, non subiamo particolari pressioni”. Ed è sicuramente questo uno dei segreti del Centro del PSG che in questi anni sta sfornando tanti buoni giocatori (Sakho in primis, ma anche un coscritto e compagno anche di nazionale di Neeskens, quel Jimmy Kamghain che ha già firmato un contratto da pro e su cui si è già mossa una squadra sempre attenta ai giovani quale è l’Arsenal).

E per quest’anno cosa aspetta il giovane Kebano? “Per questa stagione sono stato aggregato al PSG CFA e penso di rimanerci fino al termine della stagione”. Il CFA, per chi non lo sapesse, altro non è che il Campionato Francese Amatori, anche conosciuto come National 2. Praticamente, per fare un paragone con l’Italia, è la quarta serie francese, quello che da noi è la Seconda Divisione di Lega Pro. Anche se le cose, in Francia, sono diverse: le squadre della CFA, infatti, sono o squadre riserve delle grandi società (come quella in cui gioca Neeskens) o squadre semiprofessionistiche.
Non lasciatevi ingannare da questa cosa, però. Riguardando i vincitori degli ultimi campionati, infatti, si può notare come ci siano state anche squadre di un certo livello che hanno poi dato la scalata al calcio francese: nel 1998 a laurearsi campione fu il Valenciennes, squadra che è oggi in Ligue 1. Lo stesso dicasi per il Boulogne, capace di vincere il campionato nel 2005 per arrivare in Ligue 1 quest’anno. Notevole anche il risultato del Clermont Foot (squadra in cui gioca Yacine Brahimi, giocatore di cui abbiamo parlato qualche mese fa), club oggi ben saldo in Ligue 2.

Neeskens Kebano è una delle stelle del PSG CFA

E se l’immediato futuro è tra gli amatori, quello a medio termine dove lo vede? In prima squadra, forse? “Non saprei proprio dire quale possa essere il mio spazio nel mondo del calcio”. Doveroso quindi, dopo una risposta del genere, chiedergli quale sia il suo sogno calcistico. E ci si aspetterebbe la citazione di una vittoria in Champions League, se non al Mondiale. E, invece, Neeskens dimostra di essere una persona sì di poche parole, ma sicuramente anche molto umile: “Sogno di diventare un calciatore professionista”.
Un sogno che non si può certo definire volo pindarico e che, possiamo dirlo con estrema sicurezza, si avvererà presto. Un talento del genere, infatti, non può non arrivare a firmare un contratto da pro.

Neeskens che fa tanta tenerezza anche quando ci parla del momento più bello ed emozionante vissuto nella sua sinora pur breve carriera calcistica. Anche qui ci si aspetterebbe che venissero citati i trofei vinti, le esultanze per i campionati conquistati, qualche vittoria particolarmente soddisfacente ottenuta con la nazionale. Neeskens, invece, è un ragazzo molto più semplice: “Il momento più bello della mia vita calcistica fu il giorno in cui mio padre mi vide segnare il primo goal”.

Semplice, ma anche superstizioso. Quando gli chiedo chi dei suoi compagni potrebbe arrivare ad imporsi ad alti livelli, infatti, risponde così: “Preferirei non rispondere a questa domanda, non vorrei portare sfortuna a qualcuno di loro…”.
E se per quanto riguarda i compagni avuti preferisce non sbilanciarsi su nessuno diverso è il discorso riguardante gli avversari incontrati con PSG e rappresentative nazionali: “Giocando in campionato con il PSG non ho incontrato avversari particolarmente forti. Giocando con la nazionale, invece, mi ha particolarmente impressionato Adrià Carmona, ala spagnola in forza al Barcellona”. E se un po’ stupisce la prima parte, quella relativa agli avversari incontrati in terra di Francia, sicuramente non stupisce particolarmente la seconda: Carmona, infatti, è un giocatore dotato di notevole talento.

Per quello che riguarda il calcio professionistico, invece, Neeskens non ha dubbi e ci dice con fermezza chi sia, secondo lui, il miglior giocatore francese attualmente: “Anelka”. Così come non mostra nessun tentennamente nemmeno quando gli chiedo di dirmi con quale star del passato vorrebbe giocare se potesse usufruire di una macchina del tempo: “Platini”.
Certo, forse suo padre avrebbe preferito che a questa domanda rispondesse “Johan Neeskens”!

Un’intervista con un giocatore che ha partecipato all’ultimo Europeo under 17 non poteva non andare a parare proprio su quella competizione. Il 12 maggio scorso, tra l’altro, la rappresentativa francese incontrò proprio i nostri ragazzi e venne sconfitta dalla squadra di Salerno. Chi segnò l’unico goal francese di quella partita? Indovinate… “Penso che quella italiana sia una buona squadra, con già molta esperienza. Il ricordo più bello che manterrò della partita che ci vide scontrarci agli Europei è sicuramente il goal che segnai”. Già, proprio lui!
Quell’Europeo, comunque, fu un fallimento per i francesi, che pure vi erano arrivati carichi di aspettative: Tambe, Appiah, Situ, Kebano, Kamghain erano solo alcuni dei tanti ragazzi che componevano la rosa dei Galletti. Giocatori di assoluto livello per la categoria, ma che non sono riusciti a trovare la giusta quadratura. Al riguardo, comunque, Kebano vede solo la parte positiva della faccenda: “Credo sia stata comunque una buona esperienza e che ci aiuterà in futuro e nella nostra cresciuta”.

Una volta introdotto il discorso Italia, comunque, era giusto cavalcare l’onda e sentire un po’ cosa Neeskens avesse da dire sul nostro calcio: “Penso che quello italiano sia un buon campionato, dove non mi spiacerebbe affatto giocare. La mia squadra italiana preferita è l’Inter”.

Kebano è uno dei migliori talenti under 17 di Francia

Centrocampista dalle spiccate doti offensive ha in Cristiano Ronaldo il proprio idolo. Ma prima che un giocatore di calcio Neeskens è un ragazzo come tutti: “Amo giocare con i videogame ed ascoltare musica: zouk, rap ed r’n’b sono i miei generi preferiti”.

Ragazzo tranquillo e con la testa sulle spalle. Non si pone obiettivi ma spera di realizzare il suo sogno. Un 17enne come tanti, ma che più di tanti ha un talento raro nel giocare il pallone.

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