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Archive for gennaio 2011

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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Prima dell’inizio della competizione lo dissi chiaramente: il Giappone di Zaccheroni sarebbe stata la squadra favorita alla vittoria finale dell’edizione 2011 della Coppa d’Asia.

E, come volevasi dimostrare, sono stati proprio i Samurai Blu a riportare la vittoria finale, per la quarta volta nella sua storia.

Grande impresa quella compiuta da Zac e i suoi, che sono riusciti ad imporsi al termine di una competizione molto intensa e tirata.
Ripercorriamo quindi velocemente la cavalcata di questa squadra, capace di tornare sul tetto del proprio continente dopo sette anni.

Parte con una sorpresa il torneo dei nipponici, che impattano 1 a 1 nel corso della prima giornata contro la sorprendente Giordania, poi capace di approdare ai quarti di finale contro ogni pronostico. A salvare la squadra del Sol Levante è Yoshida, che al novantaduesimo minuti insacca la rete di un pareggio d’oro, che varrà la prima posizione nel girone.

Qualche problema in meno nel corso della seconda giornata, quando un rigore di Honda sigilla il 2 a 1 sulla Siria dopo che era stato capitan Hasebe a firmare la rete del vantaggio al trentacinquesimo del primo tempo.
Roboante, poi, la vittoria sull’Arabia Saudita già eliminata nel corso dell’ultimo match del girone: un 5 a 0 che non dà scampo ai sauditi, affondati dalla tripletta di Okazaki, passato giusto ieri allo Stoccarda, e da una doppietta di Maeda.

Chiuso il girone B al primo posto, quindi, ecco l’approdo ai quarti di finale, dove si para l’ostacolo Qatar.Anche in questo caso saranno gli ultimissimi minuti di gioco a decidere il match: la doppietta di uno scatenato Kagawa, infatti, non basta ai nipponici, ripresi prima da Soria poi da Montezine. Decisiva, quindi, la segnatura di Inoha, capace di mettere la firma sulla rete del 3 a 2 all’ottantanovesimo minuto di gioco.

Splendida, poi, la semifinale contro la Corea, dove va in scena una delle partite più belle ch’io abbia visto negli ultimi anni. Grandissima intensità, infatti, tra le due potenze asiatiche, con i rigori che vanno a premiare proprio i Samurai Blu, comunque qualificati fino a sette secondi dal termine del secondo tempo supplementare, prima cioè che Jae-Won realizzasse la rete del 2 a 2 proprio all’ultimo respiro.

La finale, invece, non è all’altezza del penultimo atto, pur restando comunque un match godibile.
A fare un qualcosina di più è l’Australia, in realtà. Che però non fa i conti con un Nagatomo assolutamente straripante: il terzino del Cesena, secondo il sottoscritto assolutamente MVP del torneo, sembra non essere mai stanco e al centonovesimo minuto trova ancora una volta la forza di sprintare in fascia, trovare il fondo e centrare un cross per un solissimo Lee che calcerà benissimo al volo, firmando la rete della vittoria.

Onore a Zaccheroni ed al suo Giappone, quindi.
Sperando che ora il calcio asiatico, almeno nelle sue migliori espressioni, possa diventare discretamente competitivo anche a livello mondiale.

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La partita inizia e viene giocata su ritmi discreti, sicuramente piuttosto inusuali per il campionato italiano.

Dapprima è la Juventus a partire meglio, facendo qualcosina di più. Poi, alla distanza, esce l’Udinese, che dopo una decina di minuti passati a studiare gli avversari prova a prendere il controllo del gioco, iniziando a far girare meglio il pallone con continui cambi di fronte atti ad allargare il più possibile la retroguardia di casa.

Il match stenta comunque a decollare sotto il profilo dello spettacolo, e le occasioni da goal sembrano non fioccare di certo.

Bella, al trentaseiesimo, la conclusione da fuori di Del Piero, che è però deviata in angolo da Handanovic.
Altrettanto efficace la parata del portiere friulano sugli sviluppi del corner che ne segue, con Grosso che va a colpire di destro senza però riuscire a dare la giusta potenza al pallone.

Non da meno l’azione imbastita dall’Udinese all’ultimo minuto del primo tempo, con Isla che arriva a calciare d’interno destro poco entro il limite dell’area mettendo però palla di poco a lato.

In apertura di ripresa Del Piero prova a rispolverare il colpo che lo rese famoso ad inizio carriera andando a rientrare dalla sinistra per poi calciare a giro sul secondo palo, non riuscendo però ad inquadrare, pur di pochissimo, lo specchio di porta.

Quella del capitano bianconero è però solo una fiammata estemporanea. Dopo la bella occasione costruita ad inizio del secondo tempo, infatti, escono subito gli ospiti, che imprimono chiaramente il proprio marchio sul match, portandosi anche due volte vicini al vantaggio con Di Natale dopo una decina di minuti.

E’ però una Juventus chiaramente non più compatta e quadrata come nel primo tempo, e gli spazi per gli ospiti crescono come funghi. Nel contempo, però, gli ospiti faticano ad approfittarne, non riuscendo comunque a trovare la via della rete.

Al sessantesimo, come non detto, arriva il vantaggio juventino, firmato da una prodezza di Marchisio: il tiro di Del Piero viene murato e ne esce un rimpallo che fa schizzare alto il pallone, con il centrocampista cresciuto proprio tra le fila del settore giovanile bianconero che effettua una splendida mezza rovesciata con cui buca imparabile Handanovic.

L’Udinese è comunque molto più in palla ed al sessantasettesimo trova il pareggio: Di Natale scocca un destro al volo che trova però le manone di Buffon sulla sua strada. Sul rimpallo arriva quindi il tap-in di Zapata, con Buffon che questa volta riesce solo a deviare il pallone senza però riuscire ad impedirgli di varcare la linea di porta.

A cinque dal termine, quindi, Sanchez fa una magia e dà il la ad una splendida azione rapida in velocità che va a chiudere lui stesso, per la rete del definitivo 2 a 1 che vede i friulani imporsi a Torino.

Sul finale di partita vengono quindi espulsi Bonucci e Sanchez, con quest’ultimo già comunque squalificato in vista del prossimo match dopo l’ammonizione del primo tempo.

Juventus

Buffon: 6
Può poco sui due goal.
Meriterebbe ancora di giocare per altri traguardi.

Grygera: 5,5
Non spinge mezza volta, effettua a malapena il compitino in fase difensiva.

Bonucci: 5,5
Ci starebbe un sei, media perfetta tra il sette del primo tempo, dove è tra i migliori in campo in assoluto, ed il cinque del secondo. A fine partita, però, si fa anche espellere scioccamente per un intervento su Sanchez a palla lontana… ed un cinque e mezzo diventa già troppo, per lui.

Chiellini: 6
Prova grintosa, come al solito.

Grosso: 5,5
Fatica non poco a contenere Isla.

Krasic: 5,5
Non è più quello di inizio stagione, ma non gli si può chiedere di fare sempre la differenza. Resta comunque l’unico in grado di saltare l’uomo di slancio. E se l’arbitro fischiasse un paio di ostruzioni nette su di lui…

Aquilani: 5
Dovrebbe accendere la luce, ma sembra essere piuttosto senza idee.
(Dall’84’ Sissoko: s.v.)

Melo: 6
Tra i pochi a salvarsi tra le fila dei padroni di casa. E’ tra i pochi a correre per novanta minuti cercando di tamponare un po’ ovunque.

Marchisio: 6
Splendido il goal con cui sblocca il match. Peccato solo non porti punti alla sua squadra.
(Dall’88’ Libertazzi: s.v.)

Del Piero: 6
Prova ad accendere la luce lui, ma non è molto supportato dai compagni.

Martinez: 5
Prova a farsi notare, ma è assolutamente fuori condizione. Non combina praticamente nulla.

Udinese

Handanovic: 5,5
Non trasmette sicurezza al reparto.

Benatia: 6
Esegue il compitino senza grandi sbavature.

Zapata: 7
Guida ottimamente la difesa e trova la zampata del pareggio.

Domizzi: 5,5
In difficoltà contro un Krasic non certo al top, sa fermare l’ala serba solo grazie a delle ostruzioni.

Isla: 7
A tratti devastante sulla fascia destra.

Pinzi: 6,5
Tanto lavoro oscuro per lui. Pressa gli avversari e tappa tutti i buchi davanti alla propria difesa.

Inler: 6,5
E’ il faro del centrocampo friulano. E’ lui a far girare il reparto.
(Dal 66′ Denis: s.v.)

Asamoah: 6
Partita non brillantissima per il forte centrocampista ghanese, meno incisivo di altre occasioni.

Armero: 6,5
Fa qualcosina meno del suo corrispettivo sulla fascia destra. Buona partita comunque per lui, sempre più realtà consolidata di questa squadra.
(Dal 92′ Coda: s.v.)

Sanchez: 7,5
Palla al piede fa ciò che vuole. Rapidissimo in ogni movimento ed in ogni tocco di pallone, ispira e concretizza il goal della vittoria. Peccato solo per l’espulsione finale, che macchia un po’ una prestazione davvero eccezionale.
Curiosissimo di vedere dove finirà a giugno: giocatore da prendere ad occhi chiusi!

Di Natale: 5,5
E’ il peggiore dei suoi assieme ad Handanovic e Domizzi. Piuttosto spento, si lamenta anche, piuttosto inutilmente, della sostituzione. Non in giornata.
(Dal 69′ Abdi: s.v.)

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Si consumerà sabato alle quattro di pomeriggio (ora italiana, s’intende) l’ultimo atto del torneo continentale asiatico in corso di svolgimento in quel del Qatar.

E, tutto secondo pronostico, a giocarsela fino in fondo saranno il Giappone, favorita assoluta alla vittoria finale, e l’Australia, prima tra le outsider in coppia con quella Corea del Sud eliminata dai Samurai Blu proprio nel corso del penultimo atto.

Partita molto vivace ed emozionante quella giocata tra la squadra di Zaccheroni e le Tigri Asiatiche. Indubbiamente il match più appassionante e piacevole da seguire tra tutti quelli visti sino ad oggi in questa comunque interessantissima competizione, che ha messo in mostra come il livello medio del calcio asiatico si stia pian pianino alzando.

Una semifinale che mi auguro abbiate visto un po’ tutti, perché assolutamente meritevole.
Due squadre affrontatesi a viso aperto che hanno dato vita ad uno spettacolo assolutamente apprezzabile.

Giappone schieratosi con il consueto 4-2-3-1 camaleontico con il buon Nagatomo, per quanto mi concerne indubbiamente MVP del match, a fungere da terzino puro in fase di non possesso palla e da ala aggiunta in fase di possesso, scombinando non poco i piani difensivi dei Guerrieri Taeguk, che hanno sofferto molto la spinta portata dal laterale attualmente in forza al Cesena.
Zaccheroni che ha quindi scelto di puntare sul solito Kawashima in porta proteggendolo con Iwamasa, Nagatomo, Uchida e Konno. Confermata quindi la coppia Endo-Hasebe in mediana così come il reparto offensivo, composto da Kagawa-Honda-Okazaki sulla trequarti e dall’unica punta Maeda.

Di contro Cho Jun Heon ha invece schierato un 4-5-1 che ha visto Sung-Ryong agire a difesa dei pali protetto da una linea a quattro composta da Du-Ri e Young-Pyo sugli esterni con Jae Won e Yong-Hyung centrali. A centrocampo, quindi, piazzati Yong Rae, Sung Yueng e Chung Yong con Ji Sung e Ja-Cheol con licenza di supportare l’unica punta di ruolo, Dong-Won.

Partita da subito molto vivace giocata su ritmi piuttosto alti che viene falsata dopo poco più di venti minuti di gioco da un intervento arbitrale che porterà il direttore di gara ad assegnare un penalty assolutamente eccessivo in favore della Corea, per un atterramento in area – successivo ad un contrasto spalla a spalla – di capitan Park Ji Sung. Sul dischetto si presenterà quindi il giovane Sung Yeung che fredderà Kawashima, che avrà comunque modo di rifarsi più avanti.

E’ comunque il Giappone a macinare più gioco. Sotto il profilo atletico, infatti, le due squadre sembrano bene o male equivalersi ma i nipponici mostreranno più fluidità di gioco, costruendo occasioni più interessanti nonostante un Kagawa piuttosto fuori dal match.

Il pareggio arriverà al trentaseiesimo minuto, quando Nagatomo effettuerà una delle sue solite sgroppate sulla fascia infilandosi alle spalle di Cha Du Ri per poi centrare un pallone che Maeda dovrà solo spingere in rete.

Lungo tutto il corso del secondo tempo, quindi, non arriveranno altre realizzazioni nonostante i giapponesi, ancora una volta, provino a fare qualcosina più degli avversari, che comunque non rinunceranno, a loro volta, ad attaccare.

Il match si sbloccherà quindi nuovamente al novantasettesimo minuto quando l’arbitro effettuerà un’ennesima scelta piuttosto dubbia assegnando un rigore al Giappone. Sul dischetto si presenterà Honda che si farà però respingere un rigore calciato malissimo. Sul pallone piomberà quindi Hosogai, che ribadirà in rete per la gioia dei suoi.

A quel punto i coreani troveranno la forza di effettuare l’ultima sfuriata e dopo aver inserito i 196 centimetri di Shin-Wook daranno il tutto per tutto per trovare il pareggio, iniziando a recapitare una serie di palloni sulla testa del loro puntero che sgomiterà con efficacia nel cercare di farli rendere al massimo.
E proprio un pallone recapitato sulla sua testa accenderà una mischia in area che sarà risolta, a sette secondi dalla fine, da Jae-Won.

Finale all’ultimo respiro, quindi, con le due squadre costrette ai rigori.

Qui Kawashima, come detto, si riscatterà e metterà in mostra la sua grandissima reattività andando a parare i rigori di Koo Ja Cheol e Lee Yong Rae rendendo quindi superfluo l’errore dal dischetto di Yuto Nagatomo, che macchierà una prestazione praticamente perfetta (in cui andrà anche a sfiorare un incrocio dei pali e a colpire proprio un palo esterno in una seconda occasione) non trovando lo specchio di porta dagli undici metri.

Il successivo errore di Hong Jeong-Ho sarà quindi poi sfruttato da Yasuyuki Konno, che spiazzando l’estremo difensore avversario chiuderà definitivamente ogni discorso, catapultando i nipponici in finale.

Giappone che ora se la dovrà quindi vedere contro un’Australia capace di fare d’un sol boccone un Uzbekistan assolutamente non all’altezza della situazione. Dopo essersi meritatamente qualificati alle semifinali, infatti, Jeparov e compagni cederanno di schianto, facendosi asfaltare con un 6 a 0 che non lascerà dubbio alcuno.

Mattatori della partita saranno Kewell, Ognenosvki, Carney, Emerton, Valeri e Kruse, che dovranno ora provare a ripetersi anche nel corso della finalissima.

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Sesta puntata della rubrica di approfondimenti tattici che tengo su Pianeta Sport.

Partiti come grandi favoriti della Coppa d’Asia, i Samurai Blu hanno terminato il loro girone in prima posizione per poi battere i padroni di casa del Qatar nei quarti di finale, al termine di una gara molto tirata e spettacolare. Parliamo quindi proprio dell’approccio tattico delle due squadre, focalizzandoci in particolare sulla nazionale del Sol Levante, e vediamo com’è andata la partita e chi ne è stato il grande protagonista.

Padroni di casa schieratisi con un classico 4-4-2 con Burhan a difesa dei pali protetto da una linea a quattro composta, da destra a sinistra, da Al-Hamad, Mohammed, Al Ghanim ed Abdulmaged. Ismail ed El Sayed le ali di centrocampo, Rizki e Quaye i mediani. Davanti, infine, Ahmed e Soria l’uno al fianco dell’altro. Di contro i giapponesi rispondono con un 4-2-3-1 con Kawashima in porta, Inoha e Nagatomo terzini e Yoshida-Uchida centrali. Endo e Hasebe i centrocampisti con licenza di rompere il gioco altrui per fare ripartire l’azione, ed un trio di trequartisti composto da Kagawa, Honda ed un Okazaki con licenza di scambiarsi di posizione con l’unica punta, Maeda.

Subito una buona partenza da parte dei padroni di casa che applicando un gran pressing sul centrocampo avversario impediscono alle due fonti di gioco nipponiche di poter impostare l’azione con efficacia. Per amplificare l’operato dei mediani, quindi, anche l’accoppiata Soria-Ahmed si mette a fare pressing alto, dando non pochi problemi al duo Uchida-Yoshida. Pressing, quello qatarese, abbinato ad una linea di difesa molto alta atta a tenere quanto più corta possibile la squadra. Aspetto, questo, riscontrabile anche da parte nipponica. Presto detto quale ne è stato il risultato: congestione massima a centrocampo.

Termina di leggere questo articolo su Pianeta Sport

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La seconda giornata dei quarti di finale, che decide il tabellone delle semifinali, ha una sola parola d’ordine: extratime.

Entrambi i match, infatti, terminano oltre il novantesimo minuto, decisi da un goal arrivato quando ormai un po’ tutte le speranze di vittorie andavano scemando.

Gli australiani, ad esempio, riescono ad imporsi sugli iracheni per 1 a 0 solo al centodiciottesimo minuto, ovvero sia a due soli minuti dal termine della partita. A due soli primi dai calci di rigore.

A decidere il match è il redivivo Harry Kewell, che dimostra di non essere ancora un giocatore da pensionare andando a raccogliere al limite dell’area un traversone proveniente praticamente da centrocampo, bucando il portiere avversario con un’incornata precisa che catapulta i Socceroos direttamente in semifinale, dove dovranno affrontare lo scoglio uzbeko.

A decidere l’ultimo quarto è invece Yoon Bit-Garam.

Il quarto sulla carta più equilibrato, infatti, è fatto proprio dai sudcoreani che s’impongono solo nel recupero del primo tempo supplementare, ad un quarto d’ora dai calci di rigore.

Decisivo il mancino piazzato calciato dal limite dal centrocampista del Gyeongnam FC, che buca il portiere avversario con un colpo da biliardo.

Corea che possiamo dire non abbia certo avuto la dea bendata dalla sua: dopo il difficile scoglio iraniano i Taeguk Jeonsa dovranno vedersela con i favoritissimi. L’ultimo scoglio da superare prima della finalissima è infatti rappresentato da l Giappone di Zaccheroni.

E saranno scintille.

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Qatar e Giappone aprono i giochi in questi quarti di finale con uno scontro molto appassionante che vede i Samurai Blu imporsi in extremis sui padroni di casa, che abbandonano quindi, ma a testa molto alta, la competizione.

Qatar che si porta in vantaggio a sorpresa dopo tredici soli minuti di gioco quando l’uruguagio Soria penetra in area da destra e dopo aver saltato Yoshida buca un non certo incolpevolissimo Kawashima facendo esplodere il tifo sugli spalti.

Il vantaggio dura però solo un quarto d’ora: poco prima della mezz’ora, infatti, Kagawa, stellina del Borussia delle meraviglie analizzato qualche giorno fa su Pianeta Sport, sfrutta il pallonetto di Okazaki su Qasem per appoggiare comodamente in rete il pallone che vale il pareggio.

Nella ripresa è però ancora il Qatar a portarsi in vantaggio, questa volta grazie a Montezine che sfrutta un secondo errore dell’estremo difensore nipponico per trovare la via della rete, segnando direttamente su punizione da posizione improbabile.

Kagawa, però, non ci sta e dopo nemmeno dieci minuti trova il pareggio andando a finalizzare un’azione corale.
Il tutto con la squadra rimasta in dieci proprio in occasione del secondo vantaggio qatarese.

L’inferiorità numerica, però, non impedisce ai giapponesi di pareggiare, appunto, e trovare, al novantesimo, il goal della vittoria.
A realizzarlo è Inoha che sfrutta la percussione di Kagawa per realizzare il goal che chiude il match e dà l’accesso alle semifinali alla nazionale del Sol Levante.

Nel secondo quarto della giornata, quello che vede i Lupi Bianchi uzbeki opposti alla sorpresa giordana, la partita si sblocca solo nella ripresa.

Il primo tempo, infatti, termina sullo 0 a 0 con un paio di buone occasioni per parte, non sfruttate però dagli effettivi in campo.

Ad inizio ripresa, però, le cose cambiano subito e l’Uzbekistan effettua, con Bakayev, un uno-due micidiale che stende gli avversari nel giro di tre minuti: la doppietta del bomber dell’FC Tobol spacca infatti la partita, dando un vantaggio realmente importante agli uzbeki.

A riaprire il tutto ci pensa, dieci minuti più tardi, Yasser.

Nonostante tutto, però, la Giordania non riesce più a rimettersi in carreggiata, vedendosi quindi costretta a chinare il capo di fronte ad una squadra tutto sommato più dotata e che non per nulla avevo indicato già ad inizio competizione come possibile outsider.

Sarà quindi ora molto interessante vedere i Lupi Bianchi alla prova con l’Australia che, imprevisti a parte, domani dovrebbe estromettere dalla corsa al titolo i campioni in carica iracheni per poi misurarsi proprio contro Djeparov e compagni.

Dalla parte opposta del tabellone, invece, il Giappone attende la vincente tra Iran e Corea per sapere con chi dovrà misurarsi per ottenere la qualificazione alla finalissima.
Terreno di certo non facilissimo quello per Zac e i suoi. Ma la qualità non manca. E chissà che Kagawa non li trascini ancora…

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16 gennaio 2011, ore 20 (italiane), stadio Alfredo Schurig di San Paolo: il signor Luiz Flavio de Oliveira dà il via ad un match valevole per la seconda giornata del Campionato Paulista tra il Corinthians padrone di casa e la Portuguesa, con i primi nettamente favoriti vista la presenza di giocatori interessanti come Jucilei e Dentinho e di due vecchie glorie del calcio carioca, Ronaldo e Roberto Carlos.

E proprio l’ex terzino sinistro di Inter e Real Madrid si renderà protagonista, al diciannovesimo minuto di gioco, di una rete da incorniciare: ricevuta palla poco oltre la metàcampo si lancerà in velocità lungo la fascia di sua competenza superando di slancio Paulo Sergio per poi andare a crossare in mezzo, un po’ come ai bei tempi.
Sul pallone, però, non arriverà nessun suo compagno, così che la sua sgroppata varrà solo un corner.

Sul punto di battuta si presenterà quindi lo stesso ex Campione del Mondo, che si inventerà una prodezza balistica delle sue, tirando fuori dal cilindro niente popò di meno che un cosiddetto Gol Olímpico, ovvero sia una rete realizzata direttamente dalla bandierina del corner.

Sistemata la palla nel quarto di luna apposito, infatti, l’ex nerazzurro calcerà d’esterno sinistro il pallone, cercando direttamente la porta. E trovandola, riuscendo quindi a beffare un Weverton che mai si sarebbe aspettato una conclusione del genere, soprattutto perché solitamente dall’angolo sul fronte sinistro dell’attacco avversario le conclusioni dirette possono arrivare allor quando è un destro a portarle, non un giocatore che predilige calciare col mancino.

Ma quando il mancino è quello di Roberto Carlos, giocatore tra i più straordinari che ho mai visto in vita mia, tutto è possibile.

A margine, una piccola curiosità: perché in Sudamerica i goal realizzati direttamente da corner vengono chiamati Gol Olímpico?

E’ presto detto: perché nel lontano 1924 – precisamente il 2 ottobre – tal Cesáreo Onzari, ala sinistra dell’Atletico Huracan, realizzò quella che passò alla storia come la prima rete dalla bandierina.
Alle Olimpiadi?
No, ma contro gli allora Campioni Olimpici dell’Uruguay. E proprio lì, in quel momento, nacque il mito del Gol Olímpico.

Gesto tecnico, questo, riuscito per altro una sola volta nel corso della storia dei Mondiali: era il 3 giugno del 1962, infatti, quando il colombiano Marcos Coll, cresciuto nello Sporting de Barranquilla ed in quel momento assoldato tra le fila dell’América de Cali, segnò direttamente dalla bandierina nel corso di un match contro l’Unione Sovietica, nella seconda giornata della fase a gironi.
La partita, per la cronaca, terminò con un roboante 4 a 4 e fu proprio quello l’unico punto realizzato dai colombiani, precedentemente battuti 2 a 1 dalla Celeste e successivamente distrutti dal 5 a 0 yugoslavo.

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Purtroppo ultimamente ho sempre meno tempo a disposizione per seguire il calcio in un po’ tutte le sue sfumature, ed ecco che, di conseguenza, ho anche sempre meno tempo per dedicarmi a questo blog.
Mi trovo quindi a dover fare un recap della terza giornata di Coppa d’Asia per intero, a giochi ormai fatti.

Partiamo quindi con il Gruppo A, chiusosi, come era prevedibile, con l’Uzbekistan in prima posizione. I Lupi Bianchi hanno infatti fermato sul 2 a 2 la Cina nel corso dell’ultima giornata, impedendo così alla nazionale del grande paese dell’estremo oriente di proseguire la propria marcia in questa competizione.
A beneficiarne è così il Qatar padrone di casa, che proprio facendo perno sul fattore campo è riuscito a battere anche il Kuwait per 3 reti a 0 volando quindi agli ottavi.

Nel Gruppo B si è invece consumata la più grande sorpresa di questo inizio di Torneo, con l’Arabia Saudita che ha perso anche il suo ultimo match con il Giappone: pesantissima la scoppola rifilata dai nipponici ai sauditi, un 5 a 0 firmato dalla tripletta di Okazaki e dalla doppietta di Maeda che ha fatto saltare il secondo allenatore nel giro di pochi giorni.
Giappone, primo, che passa a braccetto con la Giordania, capace di imporsi, un po’ a sorpresa, anche con la Siria. A fare la differenza è quindi la diversa differenza reti (scusate il gioco di parole) tra le due squadre: proprio il 5 a 0 con i sauditi, quindi, risulta decisivo per strappare la prima posizione ad un Giappone che resta la grande favorita del Torneo.

Nel Gruppo C va tutto secondo copione con la Sud Corea che fa d’un sol boccone l’India e l’Australia che s’impone sul Bahrain.
Anche in questo caso, quindi, con due squadre a 7 punti a fare la differenza è la differenza reti: a spuntarla sono i Socceroos, grazie alla rete realizzata dall’indiano Chhetri proprio nel corso dell’ultimo match.

Nel Gruppo D, infine, l’Iran dimostra una forza forse inaspettata battendo anche l’UAE con un secco 3 a 0. Gli iraniani sono quindi l’unica squadra ad aver terminato la prima fase a punteggio pieno.
La spuntano anche i campioni in carica iracheni, che nel corso dell’ultima giornata battono i nordcoreani grazie ad una rete di Jassim ed accedono alla fase ad eliminazione diretta.

Seconda fase

Finita la fase a gironi ecco comporsi davanti ai nostri occhi il tabellone della fase ad eliminazione diretta.

Interessante vedere quindi come il percorso dei Socceroos sarà, sulla carta, tutto sommato morbido.
Intendiamoci, arrivati a questo punto di facile non ci sarà nulla. Ma è anche logico che ci siano partite più abbordabili di altre.

Ecco quindi come in Australia staranno sicuramente fregandosi le mani nel vedere che l’accoppiamento ai quarti riserverà loro l’Iraq, campione in carica sì ma sicuramente non temibile come altre compagini. E lo stesso faranno anche nel notare come nell’eventuale semifinale ci sarebbe una tra la Giordania (sicuramente la preferita dai Canguri) e l’Uzbekistan (da prendere con le molle, ma tutto sommato inferiore ad altre due o tre squadre).

La parte bassa del tabellone è invece una sorta di girone infernale dantesco: il Giappone, fattore casalingo a parte, non dovrebbe avere grandissimi problemi ad eliminare il Qatar ed approdare in semifinale. Dove, però, incontrerebbe una tra Iran e Sud Corea: praticamente una finale anticipata.

Si fa quindi sempre più interessante questa Coppa d’Asia, che personalmente vi consiglio di iniziare a seguire almeno in questa fase finale!

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E’ terminata oggi la quattordicesima edizione del torneo continentale oceanico per rappresentative under 17, disputato per la sesta volta nella storia – seconda di fila – in Nuova Zelanda.
Uno solo è stato lo stadio deputato ad ospitare i match della competizione: il North Harbour Stadium (25.000 posti a sedere) di Albany, piccolo complesso suburbano a nord di Auckland.

Dieci erano invece le squadre ammesse al torneo, divise in due gironi da cinque in cui ogni squadra si scontrava con le avversarie una sola volta.
Padroni di casa inseriti nel Gruppo A comprendente anche le rappresentative giovanili di Vanuatu, Papua Nuova Guinea, Fiji e Samoa Americane, con Tahiti, Isole Salomone, Nuova Caledonia, Isole Cook e Tonga inserite invece nel secondo raggruppamento.

Le aspettative maggiori erano ovviamente tutte riversate sulla squadra di casa, unica nazione tra quelle oceaniche ad avere un movimento calcistico di livello quantomeno accettabile (e la partecipazione degli All Whites all’ultimo Mondiale ne è la conferma).
Ed i giovani neozelandesi, guidati in panca da Steve Cain ed in campo da capitan Luke Adams, non hanno tradito le attese.

Giovani All Whites partiti subito benissimo, con un bel 5 a 1 all’esordio contro Vanuatu: Yamamoto porta in vantaggio la squadra di casa dopo due soli minuti, con Tuiloma, Payne e Vale che chiudono il match prima dell’intervallo. Ad inizio ripresa, poi, Santino Mermer firma la rete della bandiera ospite, con Cameron Howieson che chiuderà definitivamente i conti a tre dal termine.

Due giorni più tardi i neozelandesi dovranno invece vedersela con i giovani figiani reduci da un inizio col botto (9 a 0 sulle Samoa Americane) ed un secondo match al di sotto delle aspettative (sconfitta per 2 a 1 contro i papuani). Fiji che si dimostra comunque squadra ostica andando a mettere i bastoni tra le ruote altrui, con i padroni di casa che riusciranno comunque a spuntarla per 1 a 0 grazie ad una rete di Jordan Vale, già in goal contro Vanuatu.

Il quattordici, poi, la Nuova Zelanda ha l’impegno sulla carta più semplice, contro le Samoa Americane. Che vengono infatti puntualmente superate con un secco 4 a 0 firmato da James Wypych, Rory Turner, Tim Payne e Ken Yamamoto.

La giornata decisiva ai fini del passaggio del turno è però l’ultima in cui Vanuatu affronta proprio il materasso samoano cercando una vittoria larga che potrebbe permettere, in caso di sconfitta neozelandese con Papua Nuova Guinea, il passaggio del turno proprio agli outsider.
I ragazzi di Cain, però, sono troppo decisi e vanificano il roboante 7 a 0 di Vanuatu su Samoa con un secco 3 a 0 sui papuani firmato dalle reti di Ryan Howlett, in goal dopo un solo minuto di gioco, Nathan Buswell e Tim Payne.

Nuova Zelanda che si qualifica quindi alla finalissima del torneo grazie ad un percorso netto in cui ha raccolto quattro vittorie in quattro partite, con il miglior attacco – al pari di quello di Vanuatu, 13 reti realizzate – e la miglior difesa – 1 solo goal subito – del girone.Vanuatu, invece, si qualifica alla finalina.

Percorso netto, sul fronte opposto, anche per Tahiti che vince tutti e quattro i suoi match con uno score molto simile a quello dei neozelandesi: 14 reti fatte, 2 subite.
Tahitiani che cominciano con l’8 a 0 su Tonga (peggior squadra del torneo) firmato dal poker di Tevairoa Tehuritaua e dalle reti realizzate da Ahonui Tahi, Tauhiti Keck, Tihoni Yohann e Heremana Teikiteepupuni per poi proseguire con il 2 a 1 in extremis sulle Isole Salomone (dopo la rete del vantaggio firmata da Yohann era infatti arrivata, a sei dal termine, un’autogoal a ristabilire la parità… a decidere il match è quindi stato, a due dal termine, Alex Waimora),  l’1 a 0 sulle Isole Cook (deciso dalla rete realizzata all’ora di gioco da Tahi) e terminare il proprio girone con il 3 a 1 sulla Nuova Caledonia (firmato dalle reti di Rainui Aroita, Gianni Manca e Tihoni Yohann, che hanno reso vana la rete del momentaneo pareggio realizzata da Stéphane Tein-Padom).

Tonga peggior squadra del torneo, dicevo. Non per nulla i tongani hanno terminato la competizione con uno score assolutamente negativo: 2 sole reti realizzate, ben 46 subite.
Notevoli, in questo senso, le roboanti vittorie delle Isole Salomone (seconda classificata nel girone, 15 a 0) e della Nuova Caledonia (17 a 0).

Giusto oggi, quindi, si è concluso il torneo. Dapprima si è giocata la finalina di consolazione, con le Isole Salomone capaci di battere Vanuatu per 2 a 0 grazie alle reti, realizzate rispettivamente al tredicesimo ed al ventiseiesimo del primo tempo, di Solo Kuki ed Harrison Mala.

Poi si è giocata la finalissima, che ha visto i padroni di casa trionfare, come tutti si aspettavano, grazie alle reti messe a segno da Cameron Howieson al settimo minuto di gioco e da Tim Payne al trentaseiesimo.

Nuova Zelanda che si aggiudica quindi il titolo di Campionessa Continentale under 17 per la quarta volta nella propria storia dopo le imposizioni del 1997 (1 a 0 sull’Australia), del 2007 (vinse il girone a quattro comprendente Tahiti, Fiji, e Nuova Caledonia) e del 2009 (vinse il girone a quattro comprendente Tahiti, Nuova Caledonia e Vanuatu) e che volerà in Messico dove si disputerà, a partire dal prossimo 18 giugno, la quattordicesima edizione del Mondiale under 17.

A margine: capocannoniere della competizione è stato il caledoniano Renaldo Nonmeu, capace di realizzare otto reti in quattro match.
Media straordinaria. Eppure è probabilissimo che non sentiremo mai più parlare di lui…

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Quinta puntata della rubrica di approfondimenti tattici che tengo su
Pianeta Sport
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In Germania c’è una squadra che sta stupendo il mondo: il Borussia Dortmund di Jürgen Klopp, quarantaquattrenne allenatore nativo di Stoccarda già in passato alla guida del Magonza.

Nessuno, infatti, si sarebbe aspettato che il BVB fosse in grado di mantenere un tale ritmo in questa prima metà di campionato: con quindici vittorie su diciotto partite i gialloneri stanno dominando incontrastati la Bundesliga con dodici punti di vantaggio sull’Hannover, secondo.A fare impressione dei Die Schwarzgelben è soprattutto il fatto che essi sono attualmente considerabili una macchina praticamente perfetta: miglior attacco (42 reti segnate) e miglior difesa del campionato (11 subite) sono lì a dimostrarlo.

Ma su cosa si fonda questo straordinario schiacciasassi che sta facendo impazzire il Signal Iduna Park?

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