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Archive for giugno 2012

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
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Italia

Buffon: 7
Un paio di errori ad inizio partita, che rischiavano di costare caro agli Azzurri. Poi, come se si fosse scrollato addosso l’emozione di una semifinale che fa tremare anche i più grandi, sale in cattedra e dà sicurezza ad un reparto praticamente perfetto. Compiendo anche un paio di parate magistrali su Khedira e Reus.

Balzaretti: 8
A Torino si mangeranno le mani, probabilmente. Di certo c’è che quando ha giocato ha sempre risposto alla grandissima. Miglior terzino di questo Europeo per rendimento. Ieri tante chiusure, tutte puntuali. E diagonali al bacio, che in certi casi valgono quasi come dei goal. Perfetto.
Annulla Podolski, tra l’altro. Ma quella non è una notizia.
Rigore ingeneroso. Trattenuto da dietro, succede quel che succede. Ma è un intervento che non rovina la sua splendida prestazione.

Barzagli: 7
Miglior centrale italiano della stagione, manca tanto all’Italia ad inizio Europeo, rientra e si prende la scena. Meno vistoso del suo compagno di reparto, è la roccia su cui si costruisce la vittoria.

Bonucci: 7,5
Amatodiato da tanti tifosi. Le cose alla Juve, all’inizio della sua esperienza, non girano come dovrebbero. Poi, soprattutto grazie a Conte e negli ultimi sei mesi della sua esperienza in Bianconero, cresce molto. Arrivando alla prestazione di ieri, dove giganteggia in area di rigore. Giocasse sempre così potremmo cantare la rinascita della grande scuola di centrali italiana. In attesa che il suo ex compagno di Bari Ranocchia possa crescere in maniera altrettanto importante.

Chiellini: 6
Rientra da un acciacco che ne aveva messo in dubbio anche la presenza. Poi tra infortuni altrui e squalifiche deve comunque scendere in campo. Pedina comunque importante, soprattutto sulle palle alte, si fa saltare però in diverse occasioni dalla sua parte. Ma, appunto, avendo problemi fisici riesce, anche grazie ai compagni di reparto, a limitare i danni.

Marchisio: 7
Un errore imperdonabile per uno come lui, quando Diamanti lo libera ma il Principino non riesce a trovare la diagonale vincente, snobbando per altro un Di Natale che, tutto solo in mezzo all’area, avrebbe potuto depositare comodamente in rete.
Nel complesso, però, partita sontuosa soprattutto per quantità. Un taglia e cuci continuo che permette agli Azzurri di restare sempre corti, portando a casa un successo forse insperato.

Pirlo: 8
33 anni e non sentirli. Aggettivi per descrivere questo Fenomeno assoluto del pallone è ormai difficile trovarne. Tra i migliori centrocampisti della storia, e non parlo solo di Italia. Monumentale, conduce la squadra per mano. Uscire giocando il pallone a testa alta quando si ha uno come lui in mezzo al campo è sicuramente più facile.

De Rossi: 7
Anche lui ha problemi fisici, ma continua a giganteggiare. Paurosi timing e pulizia nei tackle.

Montolivo: 7
Altra buona prestazione per il neo milanista, cui manca sempre solo l’acuto caratteriale per fare il definitivo salto di qualità tra i grandi del calcio mondiale. Contro l’Inghilterra fu il rigore sbagliato, contro la Germania sciupa l’assist invitantissimo di Cassano.
Preziosissimo comunque il suo apporto sia qualitativo che, soprattutto, a livello di pressing.
(Dal 62′ Thiago Motta: 5,5
Troppo statico per rappresentare un valore aggiunto di questa nazionale.)

Cassano: 7
Schierarlo significa regalare un uomo agli avversari. Praticamente costantemente nullo in fase di non possesso, si accende solo a sprazzi in fase di possesso. Come al ventesimo minuto, quando decide di prendere la manina di Hummels e portarlo a scuola, servendo poi un assist al bacio a Balotelli per l’1 a 0. O quando taglia in area il filtrante per Montolivo. Che, purtroppo, non sa sfruttarlo altrettanto bene.
(Dal 57′ Diamanti: 6
Entra con un piglio meno aggressivo rispetto alle altre apparizioni in questo Europeo ma resta comunque prezioso.)

Balotelli: 8
Niente fischi, critiche, buu razzisti. Il dominatore di Varsavia è lui. Che irride Badstuber e annichilisce Neuer. Se capisce che usando la testa così nulla gli è precluso ne vedremo delle belle.
(Dal 70′ Di Natale: 5,5
Da lui non ti puoi aspettare certi errori sottoporta.)

Germania

Neuer: 6
Non può nulla sui due goal, fa il suo nel resto del match.

Boateng: 6
Spinge tanto, aiutato anche dalla scarsa forma di Chiellini. Non riesce a trovare però l’assist vincente. Dietro qualche problemino in occasione della prima rete…
(Dal 71′ Muller: 5
Mossa della disperazione. Che non frutta un granché.)

Hummels: 5,5
Sarebbe anche lui da sufficienza piena, visto anche che risulta uno dei più pericolosi sui calci piazzati. Non fosse che si veste da scolaretto quando Cassano danza sul pallone e se lo bene con gusto e piacere, servendo a Balotelli la rete del vantaggio.

Badstuber: 4
Mi chiedo sempre perché faccia il titolare tanto al Bayern quanto in nazionale. Letteralmente irriso da Balotelli in occasione del primo goal, quando pur essendo in vantaggio sul colored italiano nemmeno salta per anticiparlo.

Lahm: 5
Da lui ti aspetti sappia arare la fascia, portare pericolosità in sovrapposizione, trovare il fondo con continuità, perché no cercare la conclusione personale. Invece spinge poco e quando lo fa si trova di fronte la muraglia Balzaretti. In più è lui l’ultimo uomo sul 2 a 0, quello che vede Balotelli scappare verso la porta indisturbato e andare a sparare in rete il 2 a 0.

Schweinsteiger: 6
Non rende onore alla sua fama. Tra i migliori centrocampisti al mondo oggi, giochicchia senza riuscire ad essere dominante. Ma contro il miglior centrocampo al mondo (secondo forse solo a quello spagnolo) ci può stare. A fine partita viene spostato più defilato ed è un cross continuo. Se solo là in mezzo gli Azzurri non le prendessero tutte…

Khedira: 6,5
Migliore tra i tedeschi. Quantità e qualità. Moto continuo, inserimenti, pressing, ripiegamenti.
Ci prova anche da fuori, trovando però un Buffon all’altezza della sua fama.

Kroos: 5,5
Ci prova da fuori in due o tre occasioni, ma senza fortuna. Fatica ad esprimere le sue grandi qualità.

Ozil: 5,5
Giochicchia ma senza riuscire a pungere davvero. Il rigore segnato alla fine, che dà speranza agli ultimissimi istanti tedeschi, è l’acuto migliore della sua partita.

Podolski: 4
Va bene, giocava dalla parte del miglior terzino di questo Europeo. Però anche qui, come con Badstuber, mi chiedo perché farlo giocare. Poca roba.
(Dal 45′ Reus: 6,5
Entra e dà più brio e velocità alla manovra tedesca. Migliore in campo – sulla sponda tedesca – assieme a Khedira, non riesce a trovare il guizzo vincente, nonostante faccia infinitamente meglio di Podolski. Cambio sicuramente azzeccato.)

Gomez: 5
Letteralmente annullato dalla coppia Bonucci-Barzagli. Meriterebbe 4 anche lui, se solo non fosse che i suoi compagni non lo sanno mettere in condizione di giocare come gli piace e deve fare. Cercato sempre nello spazio con tagli profondi. Non così.
(Klose: 6
Altro cambio azzeccato. La Germania cerca di giocare in profondità, Gomez non può restare in campo. Sbatte però contro l’imperforabile difesa Azzurra. Per fortuna.)

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L’epoca d’oro per la Repubblica Ceca è ormai finita, ma si sapeva.

Lontani i tempi in cui Nedved e i suoi “fratellini” trascinarono per due volte la propria nazionale tra le quattro migliori del continente.

Nonostante questo la nazionale oggi allenata da Bilek passa, un po’ a sorpresa, il girone per poi uscire, comunque a testa alta, contro il Portogallo di Cristiano Ronaldo.

Che ora può essere la chiave di volta di quest’Europeo.

Perché se la Germania è stata fino ad ora uno schiacciasassi e la Spagna resta la Spagna i lusitani possono schierare quello che se non è il giocatore migliore al mondo lo è, e per distacco, d’Europa.

Ronaldo che non ha iniziato benissimo il suo Europeo ma che è cresciuto di condizione e anche oggi ha deciso la partita da par suo.

Due pali nel primo tempo, tanto per gradire, rete nella ripresa, quando Moutinho affonda in fascia manco fosse ala di riconosciuta esperienza e crossa sul secondo palo, dove Gebre Selassie (terzino comunque dall’atletismo e dalla spinta interessante) si addormenta lasciando a Ronaldo la possibilità di tagliare e insaccare di testa.

Vittoria comunque meritatissima per i ragazzi di Bento. Vittoria che sarebbe potuta essere molto più ampia se solo la sfortuna e un Cech ad alto livello non si fossero opposti.

Molto indicativi i dati statistici di questo match, che vedono il Portogallo scoccare nel complesso ben 20 conclusioni, contro le sole 2 dei ceki.

Per non parlare del possesso palla, nettamente a favore dei lusitani (62%), del numero di corner (11 a 6) e delle percentuali di passaggio (83% per i portoghesi, 68% per gli avversari).

Insomma, una partita senza storia che ha visto la squadra migliore avanzare in semifinale.

Penultimo atto del Campionato Europeo che la nazionale che fu di Eusebio raggiunge per la quarta volta nella propria storia, dopo le esperienze del 1984, del 2000 e del 2004.

Ora, quindi, Ronaldo e compagni dovranno pensare a questa nuova sfida. E in attesa di sapere chi dovranno affrontare di certo tutti, in Portogallo, staranno già iniziando a sperare nella prima vittoria di un torneo da parte della propria rappresentativa nazionale (che fino ad oggi ha raccolto solo un bronzo mondiale ed un argento europeo, oltre ad una medaglia “di legno” alle Olimpiadi di Atlanta).

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Come ampiamente preventivato, almeno dal sottoscritto, la nazionale Campione d’Europa e del Mondo in carica non si abbassa a biscottare il risultato con la Croazia e l’Italia, imponendosi sull’Irlanda, passa il turno, approdando ai quarti di finale.

Mix di emozioni unico, che solo la nazionale ha sempre saputo darmi.

L’inizio è piuttosto stentato. Per i primi venti minuti abbondanti gli Azzurri sono contratti, bloccati dalla paura, non riescono a distendere nervi e gioco.

Poi qualcosina migliora. L’Italia inizia a provarci.

L’ennesima rivoluzione compiuta da Prandelli, che ad inizio Europeo passò dal 4-3-1-2 delle qualificazioni al 3-5-2 ben conosciuto da molti dei convocati, non porta i frutti sperati in termine di qualità di gioco.

Modulo a parte colpisce la decisione di mettere Thiago Motta trequartista: lento, compassato, peggiore in campo tra gli Azzurri, peraltro fuori ruolo.

Per sbloccare la situazione non possiamo quindi che affidarci ai calci piazzati (sarà un caso, ma tre dei quattro goal realizzati dall’Italia fin qui arrivano proprio su situazioni di calcio da fermo).

Così Cassano, forse il meno abile nel gioco aereo dell’11 prandelliano, spizza sul primo palo un pallone che colpisce la traversa interna e si spegne nettamente oltre la linea di porta, prima di essere ricacciato con forza da un difensore irlandese.

E’ l’1 a 0 che accende i sogni dei tifosi.

Nella ripresa, sofferta ben oltre il lecito, qualcosa l’Italia costruisce.

Prima del raddoppio firmato Balotelli, però, la tegola: Chiellini si fa male ed è costretto ad abbandonare il campo. Bruciando un cambio a Prandelli (che così finirà col non sostituire Motta, preferendo far rifiatare le due punte) e soprattutto giocandosi, pare, come minimo la partita dei quarti di finale.

Cronaca assolutamente spiccia. Ma del resto i dati parlano chiaro: 20 milioni (o forse più…) di italiani davanti alla tv per guardare la partita. Non devo certo essere io ora, a quasi ventiquattr’ore dalla fine della stessa, a raccontare come siano andate le cose.

Qualche considerazione sparsa, però, è giusto farla, per dare il mio taglio alla partita stessa.
E allora via al brainstorming.

Balotelli mette in mostra ancora una volta tutto sé stesso. Nel bene e nel male.
Da una parte il giocatore bizzoso, sempre vagamente svogliato e strafottente. Dall’altra il giocatore puro istinto, che quando si ferma a riflettere troppo rischia l’errore (come contro la Spagna), ma che quando deve agire guidato solo dal suo istinto raramente sbaglia. E il goal di questa partita ne è la prova lampante.

Poi Balzaretti. Terzino a mio avviso nel complesso modesto, solo discreto, che ieri però mette una garra prettamente sudamericana al servizio di una squadra impaurita e mai troppo coraggiosa nemmeno nei momenti di maggior impeto. Prestazione maiuscola la sua, nettamente tra i migliori in campo. E in tanti, ora, si chiederanno con ancor maggior vigore e convinzione il perché di Giaccherini titolare nelle prime due del Torneo.

Giù il cappello anche di fronte alla prestazione messa in campo da Daniele De Rossi. Che tornato a metà campo, zona a lui più consona, torna ad essere decisivo abbinando quantità e qualità.

Bene, molto bene, anche il rientrante Barzagli. Miglior centrale difensivo italiano per distacco, oggi.
E lo dico cospargendomi il capo di cenere. All’epoca del Mondiale, da lui vinto da comprimario, mai avrei pensato ad un suo possibile rendimento a questi livelli. Esattamente come al suo approdo alla Juventus stortai il naso, pensando all’ennesimo buco nell’acqua.
Non posso che ricredermi.

Abbastanza bene anche Abate, sicuramente non inferiore a Maggio a livello di rendimento, e Marchisio, che non riesce ancora ad esprimersi al cento per cento delle sue possibilità ma che non demerita mai.

Solo così così, questa volta, Andrea Pirlo. Giocatore però imprescindibile.

Capitolo a parte per gli attaccanti: Di Natale ci prova ma non è sfruttato secondo le sue caratteristiche, Cassano ha una scarsissima autonomia, Balotelli è Balotelli.

Motta, invece, dovrebbe accomodarsi in panchina.

Diamanti, infine, variabile importante. L’avrei voluto vedere almeno a partita in corso contro i croati. L’avrei anche fatto partire titolare ieri. Può ritagliarsi il suo spazio.

Difficile dire dove potrà arrivare questa squadra, a maggior ragione senza nemmeno sapere, ancora, quale sarà il prossimo scoglio. A vederla in campo, ieri, comunque, si direbbe non potrà andare oltre i quarti di finale.

Ma c’è sempre un però.
E come ben sappiamo è soprattutto la compattezza, che potrebbe aumentare col passare dei giorni, la forza della nostra Nazionale.

Quindi chissà…

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Il tempo è poco, la tensione tanta. Perché il brivido Azzurro mi ha sempre scosso da dentro in maniera dirompente. E ad ogni grande competizione è sempre la stessa storia… nel bene e nel male.

Troppe chiacchiere si sono fatte in questi giorni.

Logico aver paura, ma la mancanza di rispetto che in tanti hanno avuto nei confronti di Spagna e Croazia, mettendo le mani avanti su di un possibile biscotto insultando così la correttezza e la sportività di questi due popoli, e, non meno, dell’Irlanda, snobbata manco fosse un mix del peggio di Andorra e San Marino, mi ha abbastanza nauseato.

Due sono, dal punto di vista di chi scrive, le cose importanti oggi:

– battere l’Irlanda (prima cosa, fondamentale, anche solo per riscattare un Europeo comunque finora sottotono);

– rispettare chi si ha di fronte.

Punto.

Perché il colmo sarebbe che la Spagna o la Croazia la spuntassero, servendoci su di un piatto d’argento la possibilità di passare il turno, e noi non andassimo oltre un pareggio con l’Irlanda del Trap, che dopo due sconfitte nelle prime due giornate sicuramente vorrà lasciare all’Olanda il triste primato degli zero punti in classifica.

E in questo senso fa riflettere il comportamento di Cesare Prandelli, piuttosto impanicato.

Perché dopo aver effettuato delle convocazioni per continuare, palesemente, sulla strada del 4-3-1-2 ha deciso, all’ultimo, di stravolgere il modulo. Commettendo poi diversi errori di valutazione nella scelta degli uomini da schierare dall’inizio quanto dei cambi da attuare a partita in corsa.

Vistosi mettere con le spalle al muro, con un solo risultato utile per sperare di passare il turno, eccolo tornare sui suoi passi, rivoluzionare la difesa e tornare alle origini, con il modulo che ci ha permesso di volare all’Europeo.

Nonostante tutto questo “rebelott”, come si direbbe dalle mie parti, l’Italia parte favorita stasera.

Diamo quindi per buono che gli Azzurri ce la facciano.

Serve che dall’altra parte, possibilmente, una delle due squadre si imponga sull’altra.

O, quantomeno, che non pareggino con due o più goal per parte.

In questo senso io vedo scarsamente probabile l’eventualità di un biscotto. Un po’ perché tutti gli occhi del mondo saranno puntati su quella partita, vista la pressione mediatica di cui è stata caricata.

Un po’, soprattutto, perché conto tanto sull’orgoglio in particolar modo spagnolo.

Del resto che figura ci farebbero i Campioni d’Europa e del Mondo in carica se biscottassero una partita con la comunque nettamente inferiore Croazia per estromettere la certo non irresistibile Italia?

Oggettivamente una figura barbina.

Poi certo, nel calcio tutto è possibile e qualcuno, come Marca, addirittura rispolvera vecchie ruggini – calcistiche – del passato, citando la gomitata di Tassotti a Luis Enrique, per sottolineare come dei rancori non ancora sopiti potrebbero esserci. Rancori che potrebbero portare all’accordo con la Croazia.

Io a tutto questo non credo.

Penso anzi che le possibilità di qualificazione, a bocce ferme, vedano la Spagna nettamente favorita per il passaggio del turno, seguita proprio dall’Italia. Con la Croazia, quindi, sfavorita rispetto agli Azzurri.

E ripeto: innanzitutto vincere. Perché non ci sarebbe beffa più grande, nemmeno il biscotto, di una Spagna che distrugge i croati con l’Italia che non riesce a battere l’Irlanda e deve uscire mestamente dal torneo…

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Colmenar Viejo, Stadio Alberto Ruiz.

E’ qui, nella Comunità Autonoma di Madrid, che si è svolta la finale di quello che gli organizzatori hanno chiamato, forse un po’ presuntuosamente e pretenziosamente, Mondiale per Club under 17.

Ad affrontarsi, comunque, due delle migliori cantere spagnole: da una parte l’Atletico Madrid, dall’altra l’ormai leggendaria cantera blaugrana del Barcellona.

Ma bando alle ciance, veniamo subito alle formazioni.

Atletico che Armando de la Morena schiera con un 4-2-3-1 che vede Fran a difesa dei pali, Chele ad agire come terzino destro con Sergi sull’out opposto (e la memoria corre subito, guardando la maglia degli avversari, ad un altro laterale difensivo mancino… Sergi Barjuan…) e la coppia Alberto – Canete in mezzo.
Ad agire come mediani sono invece Juanjo e Borja, con Nacho trequartista centrale affiancato da Ivan sulla destra e Arona sulla mancina. Unica punta Carlos.

Classico 4-3-3, invece, per il Barcellona che schiera José in porta e una difesa composta, da destra a sinistra, da Godswill, Riera, Tarin, Xavier Quintillà.
Iu e Pau le mezz’ali, con Jordi centromediano. Maxi ed Ebwelle le ali offensive, Munir la prima punta, Xavi Garcia Pimienta l’allenatore.

Entrambe le squadre partono da subito a viso aperto. Qui non si fanno calcoli: c’è l’entusiasmo dei ragazzini coniugato a due scuole calcistiche che fanno capo al movimento spagnolo, ovvero possesso e fase offensiva.

La prima azione realmente degna di nota la costruiscono i Rojiblancos: Juanjo, numero 10 della squadra, parte centralmente palla al piede seminando terrore tra le fila Blaugrana e portando la sfera sino al limite dell’area, per il tocco filtrante in direzione di un Nacho che s’infila bene tra le maglie della difesa avversaria arrivando a calciare. A salvare la situazione ci pensa però capitan Riera, che stringe bene la diagonale difensiva deviando in spaccata la conclusione del trequartista madridista.

La rete che sblocca il risultato è però nell’aria e arriva proprio sugli sviluppi della rimessa laterale che segue l’azione appena raccontata.
Rimessa che Chele batte lunghissima in area, altezza primo palo, a mo’ di corner. A ricevere palla è un liberissimo Carlos, che sfruttando il buco di Tarin mette giù il pallone di petto per affrettare poi una conclusione sbilenca. La traiettoria di tiro è infatti chiusa troppo e sarebbe destinata forse addirittura alla rimessa laterale se solo Arona non sbucasse alle spalle di Godswill per depositare in rete l’1 a 0 comodo comodo.

Difesa Blaugrana che scricchiola a ripetizione e che è tenuta a galla solo da capitan Riera.
Due o tre minuti dopo il goal, infatti, l’Atletico scende sulla destra con Chele che si sovrappone a Ivan per poi centrare una bella palla in direzione di Carlos, anticipato dalla solita diagonale di Riera, cui tocca mettere pezze un po’ ovunque.

Al ventisettesimo ancora Rojiblancos avanti, con una grandissima azione targata Nacho-Carlos.
E’ il trequartista a portare palla ed avanzare, arrivando quasi al limite dell’area dopo un triangolo chiuso proprio con la sua punta. Che, restituitogli il pallone, si infilerà alle spalle dei difensori per ricevere il lob con cui Nacho lo metterà da solo a tu per tu col portiere.

Il tentativo di pallonetto del numero 9 madridista, però, non sarà minimamente all’altezza. Carlos, infatti, toccherà male il pallone, consegnandolo direttamente tra le braccia di José e chiudendo nel peggiore dei modi uno splendido scambio con Nacho.

La prima occasione costruita dal Barça arriva quindi solo alla mezz’ora, e solo grazie ad una punizione battuta nell’arco di pochi centesimi dalla sua assegnazione.
Quando l’arbitro fischia un presunto fallo di Canete ai danni di Munir, infatti, la punta Blaugrana ferma il pallone e lo lancia subito in direzione di Ebwelle, cogliendo assolutamente impreparati tutti i giocatori dell’atletico e permettendo al compagno camerunense di presentarsi a tu per tu con Fran. Quando, però, viene meno il sangue freddo. Così che il tiro si stampa giusto contro all’estremo difensore Rojiblancos.

Atletico che è comunque in pieno controllo del match, con Nacho che prova a dispensare assist.
Il trequarti madridista prova infatti a mandare in porta anche Ivan, chiudendo un triangolo di tacco, con l’ala Rojiblancos che però si trova costretto a calciare di sinistro, per un tiro molle con cui riesce comunque a guadagnare un calcio d’angolo.

La prima frazione si chiude quindi con un Atletico in completo controllo e dominio del match, ed un Barcellona che prova affannosamente a restare in partita.

Ripresa che si apre subito con un cambio. Armando de la Morena, infatti, decide di togliere uno dei più brillanti in campo, Nacho, per sostituirlo con Sainz.

La musica comunque non cambia. In apertura di ripresa è sempre l’Atletico a spingere con Arona che torna a farsi vedere dopo la realizzazione dell’1 a 0 saltando secco Godswill e mettendo in difficoltà anche Riera prima di servire Carlos, il cui tiro, un po’ problematico e non certo coordinatissimo, è parato da José.

Estremo difensore Blaugrana che mette però in mostra tutti i suoi limiti proprio il nuovo entrato Sainz calcia non irresistibilmente poco oltre la trequarti e lui, con tecnica molto più che rivedibile, si lascia scappare dalle mani un pallone praticamente già parato, con una papera che costa il 2 a 0 ai danni del Barça.

Barcellona che prova comunque a scuotersi subito, con Maxi che penetra bene in area per appoggiare poi al limite a Munir, il cui calcio è però leggermente impreciso e porta il pallone a spegnersi di poco oltre la traversa.

Con il Barça che prova a risvegliarsi de la Morena effettua un altro cambio, con Arona, autore dell’1 a 0, sostituito da Maya.

Il Barcellona è però finalmente entrato in partita e appena prima della metà del secondo tempo accorcia le distanze con Munir, che riceve in area un cross proveniente dalla sinistra incornandolo di testa per il 2 a 1.

Da lì in avanti, comunque, i giovani Blaugrana non riusciranno più a raddrizzare il match, consegnando all’Atletico Madrid quello che il commentatore della tv spagnola, un po’ pretestuosamente, definirà il titolo di “miglior cantera del mondo”.

Tornando all’aspetto tattico interessante il 4-2-3-1 madridista, con il trequartista centrale molto mobile e portato sia a duettare con la prima punta che a proiettarsi anche oltre ad essa, infilandosi alle spalle dei difensori.
Bene anche la fase offensiva della catena di destra, e nel complesso squadra molto ordinata e ben messa in campo.

Classico 4-3-3, invece, per i catalani, dove più che lacune strettamente tattiche si sono registrate approssimazioni tecniche un po’ preoccupanti, almeno se viste con gli occhi da tifoso.

Venendo ai singoli bene Alejandro Gómez Martín, detto Chele, terzino destro Rojiblancos. Buona propensione e propulsione offensiva, duetta con continuità con Ivan, ala destra con facilità di corsa disarmante e tanta voglia di pungere.

Bene anche Nacho, trequartista mobile capace di duettare nello stretto con tutti i suoi compagni.

Si vede solo a sprazzi, invece, Arona Sane, autore dell’un po’ fortunosa realizzazione che sblocca il match e di una prestazione altalenante.

Nel complesso, comunque, non si sono visti potenziali veri fenomeni, almeno non in questa partita. Per quanto tra l’Atletico di Madrid nessuno demeriti.

Piuttosto male, invece, un po’ tutti i giocatori del Barça.

Dove Alain Richard Ebwelle mette in mostra grandi doti di velocista e la capacità di essere ficcante, senza però riuscire a pungere davvero.

Interessante, comunque, l’ecletticità di Xavier Quintillà Guasch, di cui parlai già più di un anno fa.

Dopo averlo visto giocare tanto mediano quanto difensore centrale, infatti, mi è capitato di vederlo anche terzino sinistro. E con discreti risultati. Del resto il compito più complicato era il suo, alle prese con Chele e Ivan, e le cose non sono andate poi così male.

Il ragazzo, per altro, è un classe 96. Ovvero uno tra i più giovani in campo.

Bene, indubbiamente, anche il capitano della formazione, Roger Riera Canadell. Difensore centrale carismatico e sa già ben leggere i tempi delle azioni.
Penalizzato, ahilui, dal giocare stretto nella morsa di Godswill Elohor Ekpolo, terzino destro con pesanti lacune, e Rodrigo Tarin Higon, centrale che inanella una sbavatura dietro l’altra.

Piuttosto male anche i centrocampisti, in blocco, col reparto nevralgico del campo che soffre in continuazione lasciando il possesso della palla nelle mani dei madrileni, facendo così crollare come un castello di carte il “sistema Barça”.

Sempre interessante, comunque, vedere come si muovono le cantere spagnole. Peccato solo che il calcio giovanile, in Italia, non abbia lo stesso spazio.

Ma, del resto, sono i giovani stessi a non avere spazio in questo paese quanto nel mondo del nostro calcio.

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Ammetto che commentare qualsiasi cosa in situazioni come queste non mi viene facile.

Perché sono emotivo, e per la maglia Azzurra ho versato lacrime come per pochissime altre cose nella mia vita.

Come se non bastasse i pensieri mi si accavallano in testa e con la – scarsa – lucidità che una partita come questa ti può lasciare viene difficile riordinarli.

Allora facciamo un po’ di brain storming, perché comunque molto più di questo difficilmente riuscirò a produrre. Non vogliatemene.

Ripartiamo dall’hangout di stamattina. Dove qualcuno – non ricordo e non mi interessa andare a vedere chi, perché non è importante – disse che l’unico fuoriclasse di questa squadra è Mario Balotelli.

Beh, l’unico fuoriclasse di questa squadra, almeno parlando di giocatori di movimento, è Andrea Pirlo.

Che va anche in difficoltà in certi momenti della partita, come normale quando tutto l’undici fatica, ma che ha veramente tutto: classe, temperamento, tranquillità, talento.

E’ lui a sbloccare il match. Dopo che Cassano, Balotelli, Marchisio non erano riusciti a fare altrettanto. Con una punizione magistrale che s’infila imparabile e ci mette in una condizione privilegiata.

Sull’1 a 0 infatti, come ho avuto modo di scrivere sulle pagine Twitter e Facebook del blog, solo gli Azzurri potevano “perdere questa vittoria”, suicidandosi (sportivamente parlando, s’intende).

E guarda caso così è stato.

Ma torniamo all’hangout. Dove dissi che personalmente non mi erano piaciuti i due attaccanti, Motta e Giaccherini.
Cosa che ho poi approfondito meglio nel post pubblicato stamane.

Partiamo dall’attacco, dove avrei schierato Di Natale titolare. Idea che non ha trovato concordi Vialli e Materazzi.

Coi se e coi ma non si va da nessuna parte, ma come detto Di Natale è arrivato all’apice della sua carriera ed è diventato un cecchino quasi infallibile. Cosa sottolineata anche contro la Spagna, dove ha freddato senza batter ciglio Casillas, non proprio l’ultimo arrivato.

Prandelli, purtroppo, non mi ha ascoltato. Dico purtroppo perché resto convinto che, a maggior ragione dopo aver visto l’approccio degli Azzurri ai primi quarantacinque minuti, Di Natale avrebbe potuto segnare, sfruttando le sue doti di bomber oggi uniche in Italia.

Ma niente.

Meglio farlo entrare a venti dal termine, dicevano.

Certo, ma non si può sempre pretendere che possa fare la differenza in uno scampolo di partita.

E soprattutto nel momento in cui lo inserisci DEVI metterlo nelle condizioni di far male. Cosa che non è mai avvenuta.

Come avevo criticato Cassano e Balotelli dopo il primo match devo comunque fare complimenti parziali, oggi, al barese. Che dà sprazzi della sua immensa classe (ecco un altro potenziale ma purtroppo inespresso fuoriclasse).

Purtroppo continua a girare a scartamento ridotto.

Cosa che se sommata al fatto che Balotelli non si sprechi molto di più in fase di non possesso e, non bastasse, non sappia nemmeno fare minimamente male in fase offensiva… ecco che ne viene fuori un bel patatrac.

Perché l’Italia merita nettamente nel primo tempo, nonostante qualche piccola sbavatura. Solo che non ha il cinismo e soprattutto il carattere che gli permette di chiudere la partita. E questo, va da sé, è colpa anche e soprattutto di chi si trova a giocare davanti.

Motta e Giaccherini, dicevo.

Il primo continua ad essere compassatissimo. Nel primo tempo non demerita, come tutti gli Azzurri, ma più che una sufficienza stiracchiata gli si fa fatica a dare.

Le alternative non sono i Gerrard, Lampard o Gattuso dei tempi d’oro, certo, ma dopo la grandissima stagione disputata Nocerino, forse, andrebbe tenuto un po’ più in considerazione. Anche perché nonostante limiti notevoli ha ben altro passo, e se vuoi permetterti il lusso di avere due punte nulla in fase di non possesso questa è una cosa, come dicevo già oggi, da considerare.

Purtroppo Prandelli mi sembra coerente ben oltre i limiti dell’incaponimento e Motta continua a stazionare (in tutti i sensi) sulla mediana Azzurra.

Giaccherini invece disputa una partita da sufficienza piena nel complesso. Copre bene tutta la fascia con continuità aiutando anche più di quanto ci si potrebbe aspettare da lui in fase difensiva.
Peccato per la mezza sbavatura sul goal croato, dove le colpe sono da attribuire quasi in toto a Chiellini (e ci arrivo), certo, ma dove lui, visto il compagno fuori posizione, avrebbe potuto forse provare a fare qualcosa in più.

Chiellini, dicevo.
Bella partita. Perché al di là di tutto non può essere un errore a far dimenticare la prestazione di novanta minuti.

Del resto fino al goal di Mandzukic non sbaglia nulla. E anzi, a mio avviso si dimostra il migliore del pacchetto arretrato.

Poi, però, si dimentica un uomo come un professionista non dovrebbe mai fare. E allora, vista anche la pesantezza di quel goal (che potrebbe significare Italia eliminata, se le cose andassero male tra stasera e lunedì), la sufficienza – larga sino a quel momento – ahimè sfuma via.

Nel complesso sono comunque forma e approccio ad essere sbagliati.

In questo senso: lo stato di forma non permettere di reggere 90 minuti a buon livello di intensità. Troppe pause e fiato che finisce ben prima del triplice fischio. Difficile portare a casa i risultati, così.

L’approccio invece è sbagliato perché questa squadra, nel complesso, sembra aver paura della sua ombra. Ma probabilmente è solo una conseguenza del ragionamento fatto qui sopra.

Mancano fiato e gambe, e invece di entrare in dominio del match quando le cose girano ci si affloscia su sé stessi, lasciando agli avversari il pallino e la possibilità di uscire a testa alta, di metterti in difficoltà, di arrivare a pareggiare un match che diventa un suicidio sportivo raro.

Perché diciamolo chiaramente: poca roba l’Irlanda e un po’ di fortuna nel primo match, poca roba la Croazia (qualche bella individualità e poco più) oggi. Avversario non solo battibilissimo, ma da battere.

Ora inutile fare calcoli.

Bisogna vincere l’ultima gara (cosa tutt’altro che scontata) e poi rivoluzionare questo calcio italiano.

Perché seguendo la china attuale un movimento che in dieci anni è passato dai vertici mondiali a quello che è forse il suo minimo storico (nel complesso, non parlo solo di risultati della nazionale maggiore) non potrà che sprofondare ulteriormente.

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Stamattina sono stato contattato dalla Gazzetta dello Sport, che direi non abbia bisogno di presentazioni, per partecipare all’hangout su Google Plus relativo a Italia – Croazia, gara di questa sera che potrebbe decidere il cammino degli Azzurri all’Europeo.

Naturalmente lo spazio concessomi, anche essendo stato presentato come lettore e non come blogger, è stato pochissimo, e non ho avuto modo di spiegare in pieno i concetti che avevo in testa.

Ma del resto è sicuramente più interessare capire cosa pensino Vialli e Materazzi, che di grande calcio se ne intendono molto più di me.

Avendo un po’ di tempo libero in attesa del match, però, ne approfitto per approfondire un attimo meglio il discorso qui.

Come detto personalmente credo, e lo credevo già prima del match d’esordio, che questo possa essere l’Europeo di Totò Di Natale.

Giocatore ormai maturo, all’apice della carriera, viene da annate fenomenali in maglia friulana ed è all’ultima chiamata. O fa bene oggi o tra qualche anno solo ad Udine si ricorderanno di lui.

Maturazione, forma e motivazione. Un mix che nessun altro attaccante a disposizione di mister Prandelli ha e che dovrebbe portarlo ad essere, oggi, il primo attaccante della lista.

Il mio primo intervento è stato frainteso. Perché quando ho parlato di dare spazio a Di Natale, come ho avuto modo di completare dopo, intendevo dire che lo vorrei vedere titolare con Balotelli. Questo per due motivi.

Da una parte Balotelli mi sembra un ragazzo piuttosto fragile, ed un eventuale “panchinamento” potrebbe influire molto sul suo morale. Il giocatore, però, è di prima fascia e non va perso, nemmeno psicologicamente.

Dall’altra Cassano, che pure a sprazzi ha mostrato le sue indubbie qualità anche contro gli spagnoli, ha uno stato di forma eufemisticamente non ottimale, e rischia di essere un lusso.

Ecco perché io proporrei la coppia Balotelli – Di Natale.

Su Giaccherini e Motta, invece, il discorso è semplice.

Da una parte lo juventino quest’anno non ha giocato tantissimo e ha comunque reso più da mezz’ala che da tornante. Ruolo che infatti non copre benissimo, palesando qualche difficoltà di troppo in fase difensiva e quando si tratta di chiudere le diagonali.

Dall’altra Motta mi è sembrato troppo compassato.
E’ un po’ il suo gioco, vero, ma se si vuol partire con Cassano servono poi altri dieci giocatori tonici, altrimenti il gap atletico rischia di diventare troppo pesante. A maggior ragione contro una Croazia che da questo punto di vista ha poco da invidiare a chiunque.

In questo caso le alternative non sono esaltanti, le lascio a voi.

Ci sarebbe l’eventualità Nocerino per Motta, certo. Oppure lo spostamento di Giaccherini in posizione di mezz’ala, che come detto è stata la sua preferita quest’anno.

Poche alternative invece a sinistra. Dove il solo Balzaretti sembra poter ricoprire quel ruolo. Balzaretti che non mi sta entusiasmando molto, però.

Insomma, contento di aver partecipato all’hangout, mi spiace solo non aver avuto modo di approfondire le mie idee.

Ma di fronte a Vialli e Materazzi non posso che inchinarmi.

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Bella squadra questa Germania.

Completa in ogni reparto e con un bomber da subito implacabile: 3 goal in 2 partite e dichiarazione d’intenti chiara. Il titolo di cannoniere del torneo ha già il suo pretendente.

E non solo.

Portogallo, Olanda.

Vittime illustri annoverate sulla strada di questa squadra. Prima pretendente al titolo, oggi. E a quel trono che fu della Spagna solo quattro anni fa.

Basta scorrere i nomi per capire che per quanto non si tratti di undici fenomeni si è comunque di fronte ad una tra le squadre più forti e complete del torneo.

A partire dalla porta, dove trova spazio uno dei portieri più forti del mondo, per arrivare a quell’attacco che come detto è il regno del bomber Gomez, passando per difesa (dove da bella mostra di sé Hummels, pur non certo perfetto in occasione della segnatura di Robin Van Persie, per non parlare del sempre maiuscolo Lahm) e centrocampo, con Bastian Schweinsteiger che sarebbe titolare in ogni nazionale presente a questo campionato Europeo.

O ancora Ozil, partito bene per spegnersi un po’ con l’andare dei minuti, non a caso sostituito dal comunque non malvagissimo Toni Kroos.

Insomma, un parco giocatori di assoluto livello. La Spagna è avvertita.

Delusione quasi assoluta, invece, l’Olanda.

Certo, pronosticare per loro problemi difensivi, vedendo le convocazioni, era tutt’altro che difficile.

Van der Wiel, lo penso da parecchio, è giocatore piuttosto sopravvalutato. Discreto in proiezione offensiva, assolutamente non eccelso in fase difensiva, nel complesso un po’ molle.
Guarda caso descrizione che ricalca abbastanza bene quella che si potrebbe fare parlando di Urby Emanuelson. Anche lui molto pompato ad inizio carriera, non ha saputo trovare il proprio spazio ad alti livelli.

Sembra invece di ben altra pasta, ma comunque pecca un po’ di inesperienza e un po’ di lacune tattiche comunque colmabili con il giusto lavoro sul campo, Jetro Willems, giovanissimo terzino sinistro (classe 94) che dimostra già una buona personalità e una certa determinazione.
Se poi si pensa che in Italia i suoi coetanei a stento giocano in Primavera…

Sui centrali invece, mi si passi la battuta, sta ormai crescendo la muffa. Heitinga e Mathjisen non erano dei fenomeni nel pieno del proprio vigore,  non possono esserlo oggi, a trent’anni suonati.

Il problema, comunque, non è nemmeno solo la difesa.

Perché in realtà anche tralasciando il centrocampo, dove la coppia Van Bommel – De Jong ha poco da dare in fase di costruzione e non ha comunque più lo smalto – soprattutto pensando all’ex milanista – già solo di due anni fa, è l’attacco, paradossalmente, il vero problema di questa squadra.

Perché se annoveri i cannonieri principi di Premier e Bundesliga non puoi trovarti ad avere una fase offensiva così sterile. A maggior ragione se a questi ci aggiungi, a seconda, Sneijder, Robben, Kuyt e Afellay.

Eppure l’Olanda parte male. Dietro fatica e non riesce assolutamente a contenere Gomez, davanti manca del tutto il feeling e non arrivano nemmeno gli acuti dei singoli.

Per trovare la prima rete Oranje di questo campionato Europeo bisogna quindi aspettare il settantatreesimo, quando Van Persie riceve sulla trequarti, si libera del diretto marcatore, punta l’area di rigore e scarica un destro su cui nemmeno l’esplosività di Neuer può nulla.

Solo che ormai è troppo tardi. La Germania ritrova compattezza, prova a perdere qualche minuto, e trae in porto una vittoria che a un quarto d’ora dal termine sembrava scontata.

E pensare che solo una settimana fa Germania ed Olanda erano date dai più come le favorite – assieme alla solita Spagna – di quest’Europeo.

Oggi, però, palesano due momenti e due situazioni all’esatto opposto.

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Due domande e una certezza.
Questo quanto mi lascia Danimarca – Portogallo, partita in cui i lusitani partono bene e trovano il doppio vantaggio salvo poi farsi rimontare da una doppietta del redivivo Bendtner. Giusto prima che Varela firmi il 3 a 2 definitivo.

Partiamo dalla certezza, quindi: la Danimarca, grandissimo cuore dopo la già incredibile vittoria all’esordio con gli Oranje, non merita la sconfitta.

Purtroppo, però, paga sicuramente, da una parte, un tasso tecnico indubbiamente più basso, che pur non sempre si palesa in campo, e dall’altro una solidità difensiva tutta da costruire.

Tra le fila dei danesi, comunque, mi sarebbe piaciuto vedere qualcosa in più da parte del gioiellino Eriksen, che radiomercato dà già intorno ai 20 milioni di valutazione ma che oggi, pur non demeritando affatto, non dà sfoggio delle sue capacità pallonare.

Bene, invece, Bendtner.
Passato da young star, pupillo di Wenger, sembrava destinato a ripercorrere le orme lasciate nel mondo del grande calcio da suoi illustri connazionali come i fratelli Laudrup e Peter Schmeichel.

Il passare del tempo, però, ha palesato tutti i suoi limiti, dimostrando ancora una volta di come a 17/18 anni puoi finire col fare la differenza tra i tuoi coetanei anche solo per una maturazione fisica anticipata rispetto alla media. Differenza che logicamente si cancella poi col passaggio tra i grandi, dove se non dimostri di avere davvero qualcosa in più finisci con lo sfumare tra il gruppone di calciatori solo dignitosi.

Oggi, però, Bendtner rispolvera i vestiti da stella e firma una doppietta importante che, per un attimo, porta i tifosi danesi a riassaporare sensazioni sopite ormai vent’anni fa, quando la Danske Dynamite salì inaspettatamente sul tetto d’Europa.

Le due domande, invece, riguardano la nazionale portoghese. Una, in particolare, più specificatamente il suo capitano.

– Che fine hanno fatto i leggendari palleggiatori lusitani?

Da che mondo è mondo, almeno fin da quando, piccolissimo, iniziai a seguire il calcio io è sempre stato così.

Il maggior problema che veniva imputato a questa nazionale era quello di non avere la giusta bocca da fuoco davanti (o di averla capace di segnare solo nelle qualificazioni alle piccole squadre, come Pauleta). Perché non era certo la creativa di un centrocampo capace di lunghi possessi palla e di invenzioni abbacinanti a mancare.

In questo senso basti citare due campioni dei nostri tempi, Rui Costa e Figo, per esplicitare meglio il tutto: al Portogallo non sono mai mancati palleggio, possesso e creatività.

Eppure oggi i lusitani, da questo punto di vista, faticano. Tanto che a fine primo tempo il dato sul possesso palla e quasi choccante, con il 63% in favore dei danesi, solo parzialmente rimediato nella ripresa (quando si passa ad un 59-41).

– Che fine ha fatto Cristiano Ronaldo?

No, ovviamente non è sparito nel vero senso della parola.

Però quello in campo oggi sembrava quasi più il cugino brocco.

Per l’amor del cielo, sembrava. Perché poi quando le cose girano sa tirare fuori colpi di grandissima classe, come il tocco d’esterno a mettere in movimento Postiga giusto un attimo prima della sua sostituzione.

Nel complesso, però, sbaglia tanto il fenomeno portoghese, capitano della Selecção das Quinas. Tra cui anche un tiro piuttosto facile in situazione di uno contro uno con il portiere avversario, quando non riesce nemmeno ad inquadrare la porta.

Cristiano Ronaldo che ora, a partita finita, dovrebbe andare a ringraziare Varela: senza il suo goal la pessima prestazione e gli errori del capitano avrebbero infatti probabilmente segnato pesantemente l’eliminazione del Portogallo da questo Campionato Europeo.

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Bastano cinque minuti di fuoco alla Repubblica Ceca per avere la meglio su di una Grecia che nel complesso si dimostra poca roba, anche se sempre con un grande cuore.

La partenza è infatti choc e segna in maniera irreparabile il match: uno-due nei primissimi minuti e Grecia affondata, praticamente estromessa dall’Europeo.

I greci però, che si trascinano appresso tutto un popolo ferito mortalmente dalla crisi, hanno carattere e lo dimostrano rialzandosi quando sembravano già battuti e provandoci fino in fondo.

Greci che perverrebbero anche al pareggio, non fosse che il goal del momentaneo 2 a 1 viene invalidato dal direttore di gara per presunto fuorigioco.

A regalare il goal della bandiera – che sarebbe potuto essere del pareggio – ai greci è quindi una paperissima di Petr Cech, che dopo essersi laureato campione europeo per club con il Chelsea si è imbambolato su di una palla totalmente innocua che diventa però sanguinosissima quando transita dalle sue parti.

Grecia praticamente fuori, dicevamo, Repubblica Ceca assolutamente in gioco che si giocherà tutto all’ultima gara contro i padroni di casa polacchi.

Repubblica Ceca che comunque, va detto, è una squadra ben lontana da quella dei Nedved e dei Poborsky.

Con cui Rosicky, uno dei pochi ad elevarsi dalla media, giocò da ragazzo, ma che è evidente come non siano stati rimpiazzati adeguatamente dalle nuove leve.

Nel complesso, quindi, si conferma poca cosa questo Gruppo A in cui Grecia e Repubblica Ceca rappresentano due delle squadre ad oggi meno quotate e interessanti di quest’Europeo.

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