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Giusto ieri il Club Sport Emelec di Guayaquil ha vinto per l’undicesima volta nella propria storia la Primera Categoria Serie A, il massimo campionato di calcio dell’Ecuador. Avvicinandosi così al Club Deportivo El Nacional e al Barcelona Sporting Club, rispettivamente a 13 e 14 imposizioni.
Per esplorare un po’ il mondo calcistico ecuadoregno e per farci raccontare della cavalcata del Bombillo verso un titolo che mancava da ben undici anni ho interpellato l’amico Marco Maioli, redattore di Calcio Sudamericano e massimo esperto italiano di calcio ecuadoriano.
Ne è uscita una chiacchierata molto interessante che vi consiglio di leggere, se volete saperne di più su un calcio così lontano dai nostri lidi e dalle nostre più assidue frequentazioni…
Marco, iniziamo dai presupposti: le leghe al di là dell’Oceano Atlantico hanno più o meno tutte formati un po’ inusuali per noi europei. Introducici quindi nel mondo della Primera Categoria Serie A ecuadoriana: com’è organizzata?
Alla Serie A ecuadoriana partecipano dodici squadre. La stagione calcistica, a differenza anche di diversi campionati sudamericani, segue l’anno solare: si comincia a giocare verso la fine di gennaio e si finisce ai primi di dicembre. Il formato attuale prevede che tutte le squadre si affrontino due volte nella Primera Etapa e altre due nella Segunda Etapa, per un totale di 44 turni: le prime classificate nei due tornei, oltre a qualificarsi alla fase a gironi della Copa Libertadores e alla Copa Sudamericana, si sfidano in una finale di andata e ritorno che assegna il titolo. Se una stessa squadra riesce ad aggiudicarsi entrambi i tornei, invece, si laurea automaticamente campione. Per decidere retrocessioni e qualificazioni alle varie coppe si fa riferimento alla Tabla Acumulada, che tiene conto di tutta la stagione: le ultime due retrocedono in Serie B, la terza classificata va al preliminare di Libertadores, quarta e quinta in Copa Sudamericana.
L’edizione 2013 è stata vinta dall’Emelec, capace di totalizzare ben 85 punti tra la Primera e la Segunda Etapa. Una bella rivincita per il Bombillo, che aveva terminato gli ultimi tre campionati al secondo posto. Vittoria meritata?
Una vittoria assolutamente meritata, nel segno dell’equilibrio e della stabilità. Dopo il terzo anno di fila al secondo posto, per di più con la beffa di vedere i rivali cittadini vincere il campionato, l’Emelec è riuscito a non stravolgere la rosa e ha dominato praticamente per l’intero 2013. Una squadra costruita a partire da una difesa solidissima, guidata dall’argentino Cristian Nasuti e capace di incassare soltanto 29 gol nelle 43 partite disputate finora, ma che si è fatta rispettare anche in fase offensiva, pure in assenza di grandi solisti: basti pensare che il capocannoniere della squadra, De Jesùs, ha fatto soltanto 11 gol e si è trasferito in Messico sei mesi fa. Da sottolineare, poi, come tra coloro che hanno contribuito di più in termini di gol e assist spicchino ben quattro prodotti del settore giovanile electrico, due dei quali, Fernando Gaibor ed Enner Valencia, hanno vestito in questi mesi, per la prima volta, la maglia della nazionale. L’arrivo di Stracqualursi a gennaio è stata soltanto la ciliegina sulla torta.
Per quello che riguarda le altre compagini in gara cosa puoi dirci?
Il 2013 è stato un anno terribile per tradizionali potenze del calcio ecuadoriano, tutte alle prese con lo stesso problema: i debiti. Secondo alcune stime, le società di Serie A sono indebitate per un totale di oltre 33 milioni di dollari. Normale, quindi, che in questi mesi si sia visto di tutto: il pignoramento di alcuni locali dello stadio Monumental di Guayaquil, la mancanza di somme anche minime per effettuare una risonanza magnetica (Barcelona) o per tagliare l’erba del centro d’allenamento (Deportivo Quito), i mesi di stipendi non pagati. Inevitabili le ripercussioni sul piano tecnico, quando i giocatori devono scioperare per reclamare il pagamento degli arretrati: è il caso del Deportivo Quito, che aveva cominciato bene, regalando vittorie e spettacolo, ma è stato sopraffatto dai problemi economici. Deludenti il Barcelona, che non ha saputo rimpiazzare adeguatamente giocatori come Damián Díaz e Narciso Mina, protagonisti della splendida campagna del 2012, e la LDU Quito, che ha provato a ricominciare, dopo l’esaurimento di un ciclo glorioso, ma ha sbagliato buona parte degli acquisti, ritrovandosi con un attacco a dir poco abulico. Non stupisce, quindi, che le uniche squadre in regola con i conti abbiano conquistato i primi due piazzamenti: da sottolineare l’esempio dell’Independiente, società che fino al 2007 viveva nell’oscurità della terza serie e che in quattro stagioni di Serie A è arrivata ai vertici puntando tutto sul settore giovanile, come dimostrano le ripetute vittorie nei campionati di categoria e i tanti giocatori presenti nelle nazionali Under 17 e Under 20. Proprio con i nerazzurri di Sangolquí si è messo in mostra il classe ’94 Junior Sornoza, numero 10 tascabile, rivelazione del campionato con i 20 gol che ne fanno il miglior marcatore tra gli ecuadoriani.
La classifica dei cannoniere vede ai primi tre posti tre calciatori argentini. Come valuti la cosa? E cosa ci dici di Federico Laurito, giunto seconda a quota 25? L’ex Udinese ha trovato la sua dimensione?
L’Ecuador è, da sempre, terra di conquista per allenatori e calciatori argentini. Nulla di strano, quindi, nel vedere in vetta alla classifica cannonieri Federico Nieto, passato inosservato dalle parti di Verona nel 2007 e letale a queste latitudini come non è mai stato da nessun’altra parte. Laurito, secondo davanti al connazionale Andrés Ríos, aveva già dimostrato di saper segnare da queste parti con la maglia del Deportivo Cuenca, ma con l’Universidad Católica si è superato, aiutato dall’atteggiamento sempre molto offensivo della squadra: la prossima stagione, quando presumibilmente giocherà per qualche grande club ecuadoriano, sarà decisiva per capire dove può arrivare.
Qual è lo stato di salute del calcio ecuadoriano, sia per quanto riguarda il campionato che la nazionale? Cosa ti aspetti dall’avventura che la Tri affronterà in Brasile?
Il campionato, visti i problemi economici di cui si è detto, non vive un gran momento e nell’immediato le cose potrebbero non migliorare: la LDU Quito ha già annunciato di voler ridurre della metà le spese e probabilmente altri dovranno fare lo stesso. Decisamente più in salute la nazionale: il terzo mondiale conquistato in un decennio non è un caso, ma il risultato di una crescita di tutto il movimento calcistico, che ha portato i giocatori ecuadoriani a fare esperienza in campionati importanti. Nell’ultimo anno l’Ecuador ha vinto in casa del Portogallo di Cristiano Ronaldo e ha dimostrato di poter mettere in difficoltà una squadra come l’Argentina; Rueda ha qualche questione da risolvere, a partire da chi affiancare a Caicedo in attacco dopo la prematura scomparsa del Chucho Benítez, ma la squadra ha una sua identità tattica ben definita e i giocatori di qualità non mancano, sopratutto da centrocampo in su. In Brasile molto dipenderà dal sorteggio dei gironi, ma non penso che la Tri possa accontentarsi di partecipare: un obiettivo ragionevole sarebbe bissare il risultato del 2006 e arrivare fino agli ottavi di finale.
Prima di salutarti, non posso non chiederti di rivolgere un pensiero a Iván Kaviedes…
Jaime Iván è un personaggio che divide e fa parlare di sé. Recentemente non ha escluso un suo ritorno al calcio giocato: l’unica cosa che lo motiva, sostiene, è il pensiero di giocare un altro mondiale, quindi la vedo difficile (se non impossibile). Amato per i suoi gol o deriso per gli eccessi fuori dal campo, Kaviedes è un personaggio con cui bisogna fare i conti: la sua rete del 2001 all’Uruguay, decisiva per la qualificazione della nazionale al primo mondiale della sua storia, è scolpita nella memoria collettiva degli ecuadoriani, e a quindici anni di distanza nessuno ha eguagliato i suoi 43 gol nella Serie A 1998 o i cinque milioni di dollari spesi per lui dal Perugia di Gaucci, tuttora il record per un giocatore del campionato ecuadoriano. E poi faceva dei gol bellissimi, che forse è la cosa che conta.
Grazie mille per la disponibilità, Marco. Uno splendido dipinto di un universo calcistico tanto poco conosciuto, in Italia. E chissà che un giorno non sbarchi un nuovo Kaviedes nel Belpaese, a colmare un pochino la distanza che ci separa dall’Ecuador…
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[…] dovrebbe raggiungerlo la Svizzera, ma io non darei per morto l’Ecuador dell’amico Marco Maioli a […]
[…] principio fu l’Ecuador, con l’intervista a Marco Maioli. Poi fu la volta del Brasile, con Stefano Silvestri. Quindi […]