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Posts Tagged ‘Varese’

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Venerdì a mezzogiorno ho fatto visita al Franco Ossola per tastare sul campo quale fosse lo stato di salute del Varese (squadra che mi è, geograficamente, molto vicina).

I Biancorossi, dopo un buon avvio di stagione, venivano infatti da una serie di partite in cui oltre a non aver brillato non erano nemmeno riusciti a centrare il bersaglio grosso: i tre punti.Stefano Sottili

Quale occasione migliore se non tornare alla vittoria di fronte al proprio pubblico contro l’ultima in classifica?

La cornice era perfetta. Su iniziativa del (sempre meno) neo Presidente Laurenza il Franco Ossola appariva gremito quasi in ogni ordine di posto, grazie ai 2500 bambini delle scuole calcio della provincia invitate sugli spalti.

A mancare, a quel punto, era solo la prestazione in campo.

Che però non è arrivata.

Nonostante il vantaggio – firmato da Neto, a secco da un po’ ma giocatore indiscutibile nella categoria – infatti i Biancorossi si sono fatti prima rimontare e poi superare dagli ospiti, riuscendo a trovare un rocambolesco pareggio solo grazie ad una papera-regalo confezionata da Calderoni e scartata da Bjelanovic in chiusura di match.

Un pareggio che addolcisce, e nemmeno di molto, una pillola comunque indigesta tanto per la squadra quanto – immagino – per la dirigenza che – sicuramente – per i tifosi.

Quale sarà mai, quindi, il problema che tanto assilla questo Varese?

In realtà, ovviamente, il discorso andrebbe fatto al plurale. La rosa non è stata costruita male da Mauro Milanese, D.S. dei lombardi. Che ha operato sul mercato in maniera diligente e pur senza grandi fondi a disposizione per costruire, ancora una volta, una squadra che (ancora forte del nucleo storico) sapesse lottare per i play off.

Missione a mio modesto avviso riuscita anche e soprattutto con l’arrivo di Pavoletti ad arricchire un attacco che – Neto a parte – presentava molte incognite.

A questo punto qual è il problema?

Senza dubbio il gioco non appare brillante e la squadra non sembra, nel suo complesso, particolarmente compatta e robusta.

I giocatori in campo tendono infatti spesso ad allungarsi, e quando in possesso di palla si fatica a creare prediligendo i lanci o le giocate dei singoli.

Il problema alla base, comunque, sembra venire dagli esterni.

Se la coppia di difensori centrali appare nel complesso all’altezza della situazione (Rea è un giocatore che ha già dimostrato, salvo qualche passaggio a vuoto, di poter tranquillamente reggere certi livelli, idem Ely che se continuerà di questo passo potrebbe presto trovare una maglia da titolare in Serie A) sono i terzini che non convincono appieno.

E la cosa non cambia nemmeno a centrocampo, dove facendo giocare Zecchin – l’unico in grado di dare fosforo alla manovra – centrale, affiancato da un segugio come Corti, gli esterni restano un po’ scoperti, o forse troppo offensivi.

Un passo alla volta.I tre moschettieri

Lazaar è un giocatore interessante, soprattutto in fase propulsiva. Nato esterno di centrocampo, si sta evolvendo in terzino. Anche perché, a detta sua, ama avere più campo di fronte a sé per poter liberare la velocità e trovare il fondo.
In fase difensiva, però, i suoi limiti sono ancora evidentissimi, anche per una Serie B.

Giocatore ancora piuttosto giovane che crescendo – considerevolmente – potrebbe anche sperare in un approdo nella massima serie (alcuni club si sono già mossi per osservarlo e lo stesso Sottili ha detto che potrebbe avere un futuro in A), è spesso deficitario in fase di non possesso ed è difficile costruire una difesa solida quando si creano spesso buchi su di una fascia.

Se poi davanti a sé ha – come venerdì e come è accaduto spesso – un giocatore come Calil ecco che la questione peggiora ulteriormente.

Dalla parte opposta, poi, Fiamozzi viene da una buona stagione ma è ancora giovane e ha già mostrato qualche passaggio a vuoto di troppo nell’arco di questa stagione. Ed anche qui se davanti a sé si trova un giocatore dalle caratteristiche prettamente offensive come Falcone ecco che finisce con il soffrire oltremodo le avanzate avversarie.

Sono quindi proprio gli esterni, a mio avviso, i problemi principali di una squadra che non avendo due terzini ancora particolarmente abili sotto il profilo difensivo (e nel complesso più apprezzabili in fase di possesso) non può probabilmente permettersi due esterni particolarmente offensivi.

Zecchin, in questo senso, potrebbe anche aiutare più di Calil (che esterno non lo è nemmeno, in realtà) il Lazaar di turno. Ma tenendo il veneto esterno, almeno fino a che Blasi non tornerà al 100%, si regalerebbe il centrocampo agli avversari, con Corti che è un motorino e un uomo ovunque insostituibile, ma certo non un grande gestore di palla. E Damonte che non mi è mai sembrato adatto a certi livelli, e comunque non si spinge mai oltre ai passaggi più elementari.

Che fare?

Difficile da dire. Il Varese di Sannino poteva contare su Pisano e Pugliese, come terzini. Quello di Maran (che arrivò ad un colpo di testa, quello sbagliato da un metro da Plasmati, dalla Serie A) su Pucino e Grillo. Questo su due giovani fluidificanti ancora tutti da costruire.

Forse la soluzione migliore sarebbe intervenire sul mercato. O forse cambiare modulo.

Del resto inizialmente sembrava che il Varese potesse giocare col trequartista anziché con gli esterni. E con un Blasi in forma (ammesso e non concesso che l’ex Juve torni al top a breve) un centrocampo a tre dietro ad un Calil trequartista potrebbe, avendo due portatori d’acqua ma anche due giocatori abili ad impostare nel vivo del gioco, dare più equlibrio alla squadra.

O forse, ancora, si potrebbe optare ad un 3-5-2, che garantirebbe una difesa sulla carta più solida e darebbe modo a Lazaar e Fiamozzi di esprimersi come fluidificanti veri, sgravandoli un minimo di più dai compiti più prettamente difensivi.Achraf Lazaar

Le soluzioni per provare a cavare qualche ragno dal buco, insomma, ci sono. Sta a mister Sottili trovarle.

Anche perché in una situazione come quella attuale potrebbe forse bastare anche solo un po’ di convinzione nei propri mezzi in più, anche senza stravolgimenti di modulo, per ricominciare a marciare decisi verso i play off.

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Risvegliarsi dopo il più dolce dei sogni è sempre traumatico.

Eppure oggi Varese questo ha dovuto fare: aprire gli occhi dopo aver vissuto un sogno lungo un anno.

In pochi ci credevano, dodici mesi fa.

Le partenze di Sogliano, Sannino, Pesoli, Dos Santos, Pugliese, Pisano, Ebagua e tutti gli altri avevano disgregato completamente la squadra che la scorsa stagione era stata capace di raggiungere la semifinale playoff, venendo poi eliminata dal Padova.

Eppure Rosati, Montemurro e il nuovo D.S. Milanese erano riusciti a costruire una squadra forse anche più forte dello scorso anno. Sicuramente migliore a partire da gennaio, quando si sono registrati gli arrivi di Albertazzi, Plasmati, Granoche e soprattutto Rivas, un extraterrestre per la Serie B.

L’inizio non era stato dei migliori. Con mister Carbone in panchina il Varese aveva faticato tantissimo.

Poi il cambio di guida tecnica, l’arrivo di Maran e la rinascita di un sogno chiamato Varese.

Biancorossi che hanno per altro spesso espresso buon calcio, con i numeri di Neto e Rivas ad infiammare il pubblico, la solidità di Terlizzi a dare fiducia alla difesa, la crescita esponenziale di Grillo e Cacciatore, il fosforo di Zecchin, il talento di Kurtic, i polmoni di Corti, i goal del baby di casa, De Luca.

Insomma, una squadra piuttosto completa che ha iniziato una risalita importante, culminata nei playoff.

Iniziati subito bene: il 2 a 0 dell’Ossola contro il Verona è senza appello, con i Biancorossi a dominare in lungo e in largo il campo ed i Gialloblù spettatori non paganti.

Più ostico il ritorno, dove il Verona parte fortissimo e si porta in vantaggio, giocando nel complesso un pochino meglio, con il Varese che però esce alla distanza e crea più occasioni della squadra di casa, non demeritando certo il passaggio del turno.

E poi… e poi arriva la doppia finale con la Sampdoria.

Andata in trasferta di fronte a 30mila spettatori (ero a Verona come a Genova… brivido in entrambi i casi, pubblico doriano comunque sempre spettacolare in tutto e per tutto), ritorno in casa davanti ad un Ossola colmo come non mai, ma troppo teso per dare la giusta carica ai giocatori in campo.

E allora l’assenza di Terlizzi al Ferraris si fa sentire tantissimo, con il Varese che commette tre leggerezze assurde e regala alla Samp la vittoria.

Al ritorno Terlizzi non è ancora al top, mancano Troest e Zecchin.

Ma soprattutto manca la testa ad una squadra che sbaglia approccio al match e non riesce a mettere in campo quel gioco fluido che l’ha sempre caratterizzata.

Si chiude bene, la Samp, che nel complesso vince con merito una finale che la vede tornare in A dopo un solo anno.

Là dove, va ammesso, questa squadra con storia, blasone, stadio e tifosi merita di stare.

Al Varese resta quindi in bocca un sapore più amaro del caffè per un sogno solo sfiorato per il secondo anno consecutivo.

Un sogno infranto sul più bello.

E chissà cosa sarà di questa squadra domani.

Milanese ieri nelle dichiarazioni post partita ha lasciato intendere che da lunedì partirà la rifondazione. Una rifondazione non certo voluta, quanto più inevitabile date le comunque limitate risorse economiche del Varese.

Ci saranno giocatori che rientreranno dai prestiti, altri per cui andranno discusse le comproprietà, altri ancora che riceveranno sicuramente chiamate da squadre più blasonate.

In tutto questo, quindi, probabilmente si ripeterà quanto successo lo scorso anno: col mister destinato alla Serie A ed una serie di altri giocatori che potrebbero fare altrettanto (segno anche di come questa squadra, comunque, non demeritasse certo la massima serie) la rifondazione sarà un obbligo.

Fondamentale quindi, ora, non sbagliare le scelte. Perché non potendo confermare il gruppo di quest’anno, che con ogni probabilità si giocherebbe un posto ai playoff anche la prossima stagione, bisognerà operare in maniera oculata sul mercato, andando a prendere quei giocatori utili a costruire un’intelaiatura solida come lo è stata nel corso degli ultimi due anni.

E chissà cosa ne sarà del Varese l’anno prossimo: ennesima caccia ai playoff o campionato di sangue, sudore e lacrime?

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C’ho messo un po’, stavolta, a metabolizzare la trasferta di sabato.

Perché è successo di tutto.

Dal Varese che in qualche modo è riuscito a pareggiare conquistando l’approdo in finale, ad alcuni tifosi veronesi che non ci hanno trattato esattamente bene.

Ed è proprio da qui che mi chiedo: quanto tempo ancora dovrà passare prima che qualcuno decida di pulire veramente gli stadi, riuscendo finalmente ad arginare i violenti al di fuori di essi e permettendo a chi vuole godersi uno SPETTACOLO SPORTIVO di farlo senza problemi?

Ma su questo blog, da che mondo è mondo, si mette il calcio al centro. E allora diciamo due cose sulla partita.

Verona che parte fortissimo. Ma del resto quando ti trovi in 11 contro 15mila non puoi che subire l’impatto iniziale.

Così sospinto da un Bentegodi pieno solo a metà ma più infuocato che mai i Gialloblù partono davvero con le ali ai piedi e per quasi mezz’ora mettono alle corde il Varese.

Che subito l’1 a 0 di Tachtsidis, però, trova la forza mentale necessaria a reagire.

Così il gancio pieno che i Biancorossi ricevono in faccia scuote la squadra, che pian piano si ritrova.

La prima frazione si chiude comunque col Verona in vantaggio. E ad inizio ripresa mi aspetterei una squadra ancora indemoniata, pronta a chiudere il match e prendersi la qualificazione.

Invece più il tempo passa e più le forze vengono meno. Il pubblico stesso, incontenibile ad inizio match, affievolisce un po’ il proprio vigore.

Ed il Varese, che più volte mette in difficoltà Rafael nel corso di tutto il match, trova il pareggio, ancora di testa sugli sviluppi di un calcio piazzato, col solito Terlizzi, tre goal in tre partite.

Come se non bastasse Ceccarelli, a pochi minuti dal triplice fischio finale, si fa espellere per un fallo di frustrazione.

La stessa frustrazione che poco dopo, a match concluso, i tifosi veronesi riversano sui giocatori del Varese, comunque più che contenti per il risultato ottenuto.

Un 1 a 1 nel complesso forse giusto. Perché se è vero che il Verona nel complesso pare superiore, sospinta da un pubblico in questo senso spettacolare, dall’altra è il Varese a creare le occasioni migliori, con Rafael MVP del match e Bressan quasi mai impegnato.

Triste comunque, in questo senso, quanto accaduto in sala stampa. Dove il buon Mandorlini, sicuramente dispiaciuto per l’eliminazione, dà tutta la colpa di quanto successo all’arbitro. Laddove per quanto errori ce ne siano va pur detto che il Verona la qualificazione l’ha persa nella gara di andata, dove è stato letteralmente dominato per quasi novanta minuti filati.

Tornando ai singoli detto della prestazione magistrale di Rafael (che in sala stampa ha dichiarato di voler proseguire la sua esperienza con gli scaligeri) va sottolineata anche l’incontenibilità di Hallfredsson e la grandissima partita disputata da Ferrari, che ha fatto letteralmente impazzire Troest.

Proprio il centrale danese è tra i peggiori in campo, assieme con Granoche e, in parte, il giovane Pucino.

Nel Varese benissimo Rivas, indubbiamente di altra categoria, e Terlizzi, grande condottiero del reparto arretrato e giocatore sempre pericolosissimo sugli sviluppi di un piazzato.

Così e così Neto e la cerniera centrale di centrocampo, bene De Luca e Zecchin, che entrano nel momento di flessione del Verona e danno una scossa decisiva al Varese.

Che mercoledì sarà di scena a Marassi. Per la partita più importante degli ultimi trent’anni.

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Domina in lungo e in largo il Varese di Maran, che parte col piede giusto in questi playoff che potrebbero regalare un sogno impensabile solo un due/tre anni fa a tutta la città e la provincia, da sempre conosciuta e rinomata più per il basket, il volo ed il canottaggio che non per il calcio.

Vibrano però i calciofili varesini, giunti in massa al Franco Ossola credendo nel miracolo.

E la squadra risponde alla grande, riscattando quel 3 a 0 patito proprio a Verona in regular season grazie alle reti di Kurtic e Terlizzi e ad una prestazione globale di altissimo profilo.

Troppo contratto e rinunciatario il Verona di Mandorlini, che scende in campo, nonostante il 4-3-3 base, per cercare un pareggio che non arriverà, infrangendosi anzi dopo soli due minuti quando Kurtic, su punizione, batte sul proprio palo un Rafael non esente da colpe.

Da lì in poi, in particolar modo nel primo tempo, sarà un monologo varesino.

Solo sporadiche e comunque senza nerbo le avanzate ospiti, continuative e ficcanti, invece, quelle varesine.

Padroni di casa trascinati in particolar modo da un sempre immenso Neto Pereira, che, non mi stancherò mai di dirlo, non si capisce come a 33 anni possa non aver ancora assaggiato la Serie A, e di un Emanuel Rivas in grande spolvero che nei primi quarantacinque minuti domina la sua fascia ridicolizzando a più riprese i diretti avversari e mettendo in mostra una facilità di dribbling disarmante, che ricorda un po’ quella di uno dei beniamini Biancorossi che lo scorso anno sfiorarono l’impresa: Alessandro Carrozza.

E’ forte, compatto e maturo questo Varese, che segue i dettami tattici di mister Maran e che a sprazzi dimostra di poter essere serissima candidata ad un posto nella massima serie: come quando con tocchi rapidi nello stretto riesce ad uscire alla grande dalla propria metàcampo per distendersi in fase offensiva e creare apprensioni alla difesa veronese.

In cui, debbo dirlo, sono rimasto un po’ deluso dall’islandese Hallfredsson, altro giocatore che meriterebbe ben altri palcoscenici che non quelli comunque più che degni rappresentati dalla Serie B.

Vittoria più che meritata, insomma, per la squadra di casa che, a ben vedere, con un po’ di precisione in più sottoporta chiuderebbe con tre o quattro goal di vantaggio facili, chiudendo la pratica finale.

Da Cacciatore a De Luca a Rivas, però, è proprio l’ultima stoccata a mancare spesso agli uomini di Maran, che così tengono assolutamente in gioco un Verona che, ne sono certo, al ritorno scenderà in campo con tutt’altro spirito e il pugile all’angolo, al Bentegodi, potrebbe veramente essere il Varese.

Che ora dovrà quindi dimostrare di essere stato capace di fare un ulteriore step di maturità, andando su un campo ostico, con pubblico numeroso ed infuocato, se non a fare la partita quantomeno a reggere il colpo.

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Partita stregata.

Bastano due parole a spiegare al meglio quello che è stato Varese – Grosseto stasera.

Sotto la fittissima pioggia che, iniziata proprio qualche istante prima del fischio d’inizio, ha bagnato senza soluzione di continuità il Franco Ossola il Varese di mister Maran cade al cospetto di un Grosseto certamente non irresistibile e non sfrutta al meglio un turno che, dopo le gare di venerdì e sabato, sembrava potesse sorridere completamente ai Biancorossi.

Il dio del calcio però, si sa, a volte può essere spietato.

Così dopo aver privato i padroni di casa di due dei giocatori più importanti della squadra – Corti e Neto, forse i più importanti in assoluto – decide di beffare un Varese che domina il primo tempo e non demerita nemmeno per buona parte della ripresa, crollando solo nel finale peraltro piuttosto inopinatamente.

Ma andiamo con ordine.

Biancorossi subito avanti con Granoche, bravo a sfruttare il poco spazio concessogli da una retroguardia, quella ospite, non apparsa esattamente una linea Maginot nel corso di tutto il match (da segnalare comunque la discreta prestazione del giovane Antei… la cui strada da fare per imporsi ad alti livelli resta comunque tanta).

Da lì fino al fischio che sancisce la fine del primo tempo succederà quindi un po’ di tutto, ma è un tutto di puro stampo Biancorosso.

De Luca si mangerà, in sospetto fuorigioco, il più facile dei goal. Errore che invece non commetterà Terlizzi, la cui segnatura verrà però inspiegabilmente – almeno da quanto ho potuto notare io dalla tribuna stampa – annullato da una terna arbitrale un po’ in palla nel corso di tutto il match.

E’ comunque il Varese a fare la partita nel corso della prima frazione. E dato che il Grosseto di tirare in porta non vuole proprio saperne il pareggio, ad inizio ripresa, non può che arrivare su autogoal, con Troest che per anticipare Sforzini colpisce maldestramente e batte il suo stesso portiere.

1 a 1 palla al centro, il Varese deve gettare il cuore oltre l’ostacolo.

Le condizioni però giocano oggettivamente a sfavore dei padroni di casa.

L’arbitro sbaglia tanto (anche a sfavore del Grosseto) e scalda gli animi tanto dei tifosi quanto, parzialmente, dei ventidue in campo. La pioggia cade incessante e il comunque ottimo terreno del Franco Ossola fa sempre più fatica, col passare dei minuti, a drenarla. I giocatori iniziano a sentire la stanchezza sia da un punto di vista fisico che psicologico e le occasioni si diradano di più.

Così quando vedo un giocatore del Grosseto avvicinarsi alla bandierina del corner per andare a scodellare in mezzo il pallone mi permetto una riflessione, nel corso della telecronaca che sto svolgendo: il Varese deve fare molta attenzione dietro. Perché se è giusto cercare i tre punti, fino a quel momento per altro meritati, altrettanto vero è che, come già visto in occasione dell’1 a 1, si tratta della classica partita in cui basta poco per venire beffati.

Detto-fatto Padella incorna di testa e si materializza un 2 a 1 che è un colpo mortale per i già provati giocatori varesini, che capitolano nuovamente subito dopo per l’1 a 3 finale.

Che è piuttosto ingiusto, come detto. Perché prima della rete di Padella il Grosseto non tira praticamente mai in porta. Ospiti che, per altro, prima dell’autogoal di Troest non si fanno nemmeno quasi vedere dalle parti di Bressan.

Varese invece che paga sicuramente l’assenza del giocatore di maggior creatività oltre che della scarsa incisività di alcuni suoi uomini e dei diversi errori compiuti in fase offensiva.

Quando poi là dietro compi certi errori… certo, puoi prendertela col fato per aver preso tre goal su due tiri in porta. Ma anche scaricare tutte le colpe sulla terna arbitrale – comunque pessima – non può essere una scusante per una squadra che, nel complesso, ha sbagliato troppo.

Una squadra che dopo i primi quarantacinque minuti di gioco vedeva già forse una mini fuga verso la sicurezza dei playoff, ma che ora dovrà versare sudore e sangue per bissare il traguardo raggiunto l’anno passato.

A margine mi permetto un piccolo appunto che muovo a Padella: un ragazzo che ha la fortuna di giocare in Serie B e, immagino, guadagnare meglio della maggior parte dei suoi coetanei, facendo per altro il lavoro dei sogni di molti di essi, non può davvero permettersi di esultare a quel modo.

Perché passi l’andare un po’ sotto la tribuna varesina, cosa che sarebbe meglio evitare per non surriscaldare gli animi ma che personalmente non mi sento nemmeno di demonizzare troppo, ciò che non mi è piaciuto per nulla è averlo visto calciare una barella a bordo campo.

Questo perché è un gesto forse antisportivo ma soprattutto molto brutto. Diseducativo sicuramente, fortemente maleducato ed irrispettoso nei confronti di un’istituzione che andrebbe ringraziata notte e giorno, non presa a calci in quel modo.

Il destino, tra l’altro, ha voluto che proprio quella barella, una manciata di minuti più tardi, lo accompagnasse a bordo campo.

Con la speranza che almeno lì il ragazzo abbia capito l’errore. Che non gli è costato l’espulsione, certo. Ma nel calcio dovrebbero esistere anche certi valori, ancor prima di un goal o di un cartellino.

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Nel corso degli ultimi giorni ho avuto modo di vedere due match cruciali della ventottesima giornata di Serie B. Lo scontro che ha visto il Torino opposto alla Sampdoria ieri sera e quello che ha visto il Varese far visita al Sassuolo in quel di Modena oggi pomeriggio (la partita sarà trasmessa, col mio commento tecnico, da Rete55Sport stasera alle 21).

Che dire?

Il Sassuolo lo vidi già nel match di andata coi Biancorossi, direttamente dalla tribuna stampa dell’Ossola. Ed anche quella volta, nonostante portò a casa i tre punti grazie all’azione personale di Boakye, mi lasciò abbastanza l’amaro in bocca.

Due, in particolar modo, le armi in più di questa squadra: Fulvio Pea in panchina, Gianluca Sansone in attacco.

Per il resto pochino. Tanto che i punti di differenza tra le due squadra non si sono concretizzati in campo.

Anzi, nel complesso è stato il Varese a dimostrare più qualità di gioco e di palleggio. Col Sassuolo, va comunque detto, a creare più occasioni di un certo pericolo, anche se più che altro su errori o disattenzioni dei singoli in maglia Biancorossa (anzi, bianca per l’occasione).

Sassuolo che quindi ha proprio nella compattezza generale il suo punto di forza. Terranova maiuscolo, Magnanelli coriaceo, tutta la squadra sempre molto attenta e poi Sansone a briglie sciolte a cercare goal e giocate.

Bene invece il Torino, che ha battuto una Sampdoria che a livello di singoli varrebbe il doppio del Sassuolo, ad esempio, ma che pure continua a dimostrare qualche falla di troppo, soprattutto dal punto di vista della compattezza.

Toro che ha avuto ieri in Ogbonna difensore assolutamente affidabilissimo. Un Ogbonna chiamato ad una rapida maturazione: giocatore di grandi potenzialità e prospettive che però troppo spesso in carriera ha dimostrato passaggi a vuoto dal punto di vista della concentrazione.

Torino che comunque dimostra di avere mezzi superiori alla diretta concorrente Sassuolo.

Sampdoria che dal canto suo, invece, dimostra come a livello di singoli potrebbe quasi dominare il campionato, ma anche come la strada per centrare almeno i playoff sia ancora lunga.

A maggior ragione quando il Varese è quello di Modena. Dove, pur con qualche sbavatura, mette in mostra buona facilità di palleggio ed una qualità tecnica nel complesso superiore alla media.

Varese che nonostante l’arrivo del Diablo Granoche, però, pecca ancora in fase di finalizzazione.

Pecca questa che se colmata garantirebbe alla squadra di Maran un posto sicuro tra le prime sei del campionato.

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Sampdoria

Romero: 5,5
Praticamente incolpevole sul goal, non sembra però dare grossa sicurezza al reparto arretrato.

Volta: 4-
Non è in partita e lo si vede sin da subito. Tanti falli, tanti giri a vuoto. E’ il giocatore da puntare e non è un caso se è da una situazione di uno contro uno che lo vede coinvolto se esce il goal varesino.

Rossini: 4,5
La difesa non gira e lui, che ne è il centrale, non si salva di certo. Anzi.

Costa: 5
Prova da dimenticare anche per lui.

Rispoli: 5,5
Prova a contenere più che ripartire. Lo fa anche discretamente, ma non può che perdersi nel marasma Blucerchiato.

Padalino: 7
Un vero leone. Corre a perdifiato e lotta su ogni pallone. Almeno finché ha una stilla di forza nel corpo. Immenso e sprecato nel contesto in cui si trova a giocare.
(85′ Koman: 3
Di per sè il peggiore in campo è Volta. Ma Koman merita una menzione d’onore. Entra a partita praticamente finita giusto per effettuare un intervento spacca gambe dopo la rete varesina. E io che pensavo fosse entrato per dare qualità alla manovra.)

Palombo: 4,5
Che fine ha fatto l’ex centrocampista della Nazionale Azzurra?

Bentivoglio: 4
Partitaccia. Anche lui pensa più a tirare a calci che a giocare a calcio.
(Kristicic: 5
Fare meglio del Bentivoglio di ieri non è certo impresa titanica. Però anche lui può poco nella confusione doriana.)

Lazcko: 5
Poco propositivo, poco dinamico. Prova insufficiente (che lo rende comunque uno dei migliori della squadra).

Juan Antonio: 5
Parte bene ma si spegne presto. Peccato, avrebbe potuto dare verve all’incontro.
(45′ Pozzi: 5,5
Prova a dare nerbo alla manovra offensiva. Non ci riesce. Generoso.)

Bertani: 5,5
Lasciato veramente troppo solo. Cosa avrebbe potuto fare di più? In un paio d’occasioni riesce comunque a rendersi pericoloso, confermandosi attaccante tra i più interessanti della categoria.

Varese

 Bressan: 6,5
Poco impegnato, risponde comunque con sicurezza alle due conclusioni interessanti portate da Bertani.

Pucino: 6,5
Come ho detto in telecronaca è il più giovane in campo ma non lo dimostra. Disputa un primo tempo di altissimo livello per poi tirare un po’ i remi in barca nella ripresa. Affidabilissimo, qualora crescesse ulteriormente il suo livello di gioco finirebbe con lo sbarcare in Serie A senza problemi.

Troest: 6,5
Con Terlizzi compone una coppia di sicuro affidamento e grande valore. Una sola piccola sbavatura cui comunque rimedia lui stesso. Big Roccia.

Terlizzi: 7
Praticamente perfetto. Un solo appunto: alle volte si fida troppo di sè stesso, quando tratta il pallone.

Grillo: 7
Primo tempo su livelli accettabili, ripresa super. Ha da contenere il migliore dei doriani e lo fa alla grande. In più spinge come può, piazzando una discesa stile Zambrotta versione 2006.

Nadarevic: 6
Come detto è tutto sommato il giocatore meno in palla degli undici titolari. Disputa comunque una partita pienamente sufficiente.
(71′ Carrozza: 7
Un fattore. Entra, corre, dribbla. Bene isolarlo in uno contro uno con Volta. Situazione risolutiva, come da me predetto.)

Kurtic: 7
Finalmente una prestazione pienamente convincente per lui, che in B dovrebbe fare la differenza bendato.

Corti: 7-
Solito piccolo gigante del centrocampo!

Zecchin: 6,5
Quantità e qualità per la fascia sinistra (principalmente) biancorossa.

Neto: 6,5
Desse continuità durante tutto il match alla sua prestazione sarebbe da nazionale.
(85′ Damonte: 7
Una giornata che non scorderà mai.)

Martinetti: 6,5
Tra i migliori nel complesso. Centravanti di manovra che dovrebbe solo affinare le proprie doti di realizzatore per arrivare al sette fisso.
(65′ De Luca: 6
Mette un po’ di pressione alla retroguardia avversaria con la sua grande rapidità.)

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Aria di crisi, aria di contestazione.

Al triplice fischio finale della gara col Varese si taglia con un dito la tensione sulla sponda Blucerchiata di Genova.

Perché la squadra, partita per contendersi la vittoria finale col Torino, stenta. I risultati non arrivano come si pensava e il gioco non incoraggia per nulla.

Così al termine di novanta tristissimi minuti di gioco partono cori e insulti, che si protraggono anche fuori dallo stadio.

Situazione triste e spiacevole che non vorrei vedere mai in nessuna piazza italiana, tantomeno se passionale come quella di Genova.

E’ però pur vero che vanno capiti anche i tifosi: la scorsa ultima parte di stagione fu una vera e propria tragedia. La prima metà di questa non molto più positiva. La misura è evidentemente colma.

Certo, personalmente vorrei vedere il pubblico incitare sempre la propria squadra. Anche, e forse soprattutto, in momenti difficili come quelli che sta attraversando in questo momento la squadra Blucerchiata.

Perché poi la pressione che una piazza come quella doriana comporta si trasforma in una zavorra psicologica che si amplifica notevolmente in un clima come quello attuale.

E così non stupisce vedere una Sampdoria remissiva, confusa e confusionaria venire – a tratti – letteralmente annichilita da un Varese, di contro, assolutamente sgombro mentalmente, sceso in Liguria per giocare senza niente da perdere con un seguito di tifosi che per la Città Giardino è un piccolo esodo.

Perché in campo, specialmente nel primo tempo, c’è praticamente una squadra sola: quella guidata dalla sapiente mano di mister Rolando Maran.

Che prepara benissimo la partita: classico 4-4-2 ordinato e costruito per arginare le avanzate altrui ripartendo poi con scambi rapidi e precisi fino a cercare la conclusione sul fronte opposto.

La Sampdoria però, proprio per via di quella zavorra di cui parlavo, si mette fondamentalmente in difficoltà da sola.

Iachini schiera i suoi con un 3-5-2 che risulta da subito essere un 5-3-2 mascherato.

Juan Antonio, appena arrivato da Brescia, parte bene e si dimostra propositivo. Ma la sua verve dura poco, e sparisce presto nel marasma della sua squadra.

La difesa è un po’ in bambola e fatica a contenere a dovere gli avanti Biancorossi. In particolar modo, come ho avuto modo di dire in telecronaca, Volta è parso da subito molto in difficoltà.
Non a caso, commentando, usai un gioco di parole per far capire che la chiave di volta della partita sarebbe potuto essere proprio una situazione di uno contro uno col difensore doriano. Situazione, questa, che andava cercata quanto più possibile, in particolare con gli uomini più rapidi e dotati della squadra (come Neto e Carrozza, appunto).

Il centrocampo, poi, davvero male. Bentivoglio disputa una partitaccia, Palombo irriconiscibile rispetto a quello che vidi a Varese in un’amichevole di un paio d’anni fa.
A tirare la carretta, quindi, il solo Padalino, vero e proprio motorino della squadra. Il centrocampista svizzero dà tutto, ma è comunque ben contenuto da Grillo.

Infine male Bertani, lasciato però davvero troppo solo da tutti i suoi compagni. Qualcosina di meglio la fa vedere infatti nel secondo tempo. Non a caso quando mister Iachini gli affianca un’altra punta di ruolo, Pozzi.

Bene, invece, praticamente tutto il Varese.

Tra gli undici iniziali, infatti, non c’è nessuno che sfigura. Se non un pochino Nadarevic, sicuramente non in giornata di grazia.

La difesa regge invece benissimo, in particolare nel primo tempo, quando rischia zero.

Il centrocampo è guidato da un Kurtic in grande spolvero, ha in Corti il solito piccolo gigante e in Zecchin l’uomo di qualità che può dialogare col sempre ottimo Neto, le cui fiammate fanno tremare non poco i tifosi accorsi – in massa, come sempre – a Marassi.

E proprio l’attacco riserva una delle note per me più liete della giornata: quel Martinetti che si batte, è utilissimo alla costruzione della manovra e ci prova anche.
Certo, un po’ di incisività in più sottoporta non guasterebbe.

In particolar modo pensando al fatto che ci riferiamo ad una squadra che spesso riesce a mettere in campo un gioco interessante (basti pensare all’ultima prima della sosta, quando un Verona capace di vincere nove delle ultime dieci partite strappò un pareggio immeritatissimo al Franco Ossola, dove solo la poca lucidità dei Biancorossi sotto porta salvò gli Scaligeri) fino agli ultimi quindici metri.

In questo senso è ancora lontano dalla piena maturazione anche Beppe De Luca. Il gioiellino della cantera varesina, infatti, mette in mostra qualità realmente interessanti. Ma il feeling col goal è ancora tutto da costruire.

Nel primo tempo si vede comunque un grande Varese, che si disimpegna sempre alla grandissima, non rischia nulla e si rende pure pericoloso a folate.

La ripresa è invece un pochino più equilibrata ma la vittoria, arrivata allo scadere con goal di Damonte (su assist di Carrozza, in situazione – guarda caso – di uno contro uno con Volta), va giustamente alla squadra di Maran.

Più decisa, compatta e incisiva.

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Terza vittoria di fila per il Varese di Maran che vince e – a tratti – convince contro il Padova di Dal Canto.

Che, in realtà, parte meglio.

Dati come sicuri vincitori alla vigilia, gli ospiti si presentano con il duo Marcolini-Milanetto (potenzialmente devastante) in panchina ed il trio Cutolo-Cacia-Lazarevic davanti.

E nei primi quarantacinque minuti le decisioni prese dal mister patavino sembrano essere anche azzeccate perché i suoi, pur senza strafare, impegnano in più di un’occasione un sempre attento Bressan, che disputa una partita magistrale.

Il Varese invece dal canto suo è piuttosto sottotono: la difesa è un po’ in affanno, schermata non a dovere da un centrocampo in cui Kurtic continua a palesare una certa staticità e Corti non è quello dei tempi migliori.

Davanti, poi, Cellini corre tanto, ma per lo più a vuoto, e Martinetti le spizza tutte di testa, ma manca incisività.

La partita sembra quindi instradarsi sui binari che vogliono gli ospiti, come da programma, andare in cerca della vittoria fino all’ultimo.

Eppure l’intervallo stravolge le cose. E chissà che la mano di Maran non si sia fatta sentire proprio lì, a livello caratteriale prima ancora che tecnico-tattico.

Perché il Varese che scende in campo nella ripresa è assolutamente un’altra squadra. Molto più concentrata e aggressiva, cerca di schiacciare il Padova nella propria metà campo. Con gli ospiti che, dal canto loro, si lasciano soggiogare dal nuovo approccio alla partita messo in campo dagli avversari, e lasciano il campo alla squadra di casa.

Ecco quindi come arrivano i tre goal dei Biancorossi. Che sarebbero pure potuti essere di più se il sempre ottimo Perin non avesse messo in mostra tutto il suo repertorio.

Dopo il goal di Cacciatore, che sblocca la partita, arriva il rigore di Cellini a chiudere il match e la botta da fuori di Kurtic a metterci la giusta ciliegina.

Non tutto è oro ciò che luccica, comunque. I limiti di questa squadra, che ha sicuramente cambiato volto rispetto ad un mesetto fa, sono comunque ancora evidenti.

In particolar modo è il reparto offensivo a preoccupare, laddove l’incisività è chiaramente latente e la creatività, senza Neto, è limitata agli esterni di centroacampo.

A margine della partita qualche considerazione sparsa.

Innanzitutto bisogna dire che Maran sta sicuramente dimostrando ottime cose, e chissà che Varese non faccia da trampolino di lancio per lui come fu per Sannino. Ma, altresì, che i giocatori una parte – consistente – della responsabilità per la partenza un po’ stentata non possono che averla.

Certo, l’addio di Sannino, le tante partenze estive e i rumors di mercato non concretizzati (che quindi forse hanno lasciato l’amaro in bocca a qualche giocatore, voglioso di seguire i Pesoli e i Pisano in Serie A) hanno sicuramente contribuito a creare un ambiente elettrico, ma carico di energia negativa. E lì, probabilmente, mister Carbone non ha saputo agire adeguatamente sulla psiche dei propri giocatori.

Che però, appunto, avrebbero dovuto approcciarsi alle partite diversamente. Perché tre vittorie di fila oggi non possono certo essere frutto del lavoro tattico fatto da Maran. Ma di una svolta dal punto di vista psicologico.

Per ciò che concerne il Padova, invece, appare chiaro come una squadra che voglia puntare dritta alla A non possa presentarsi con una difesa che, nel complesso, lascia un po’ a desiderare.

In particolar modo non convince affatto una coppia come Legati-Schiavi. Forse qualcosa, in futuro, bisognerebbe fare, là dietro.

Infine Perin. Già due anni fa dissi che questo aveva i mezzi per poter puntare dritto alla nazionale maggiore. E lo ribadisco.

Se solo nel calcio italiano ci fosse più coraggio e si desse più fiducia ai giovani Perin oggi sarebbe titolare fisso di una buona squadra di Serie A.

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Ieri mi sono recato a Brusson, in Valle d’Aosta, per seguire live l’amichevole tra Reggina e Varese, due squadre che saranno impegnate nel prossimo campionato di Serie B.

Per ovvi motivi mi sono concentrato in special modo sui Biancorossi.

Varese che come è risaputo è al centro di una rivoluzione importante. Agli addii di due colonne come Giuseppe Sannino e Sean Sogliano, probabilmente i veri artefici del miracolo varesino, si sono aggiunti, in questo primo mese di mercato, quelli di tanti giocatori importanti.

Dal portiere, Massimo Zappino, alla punta di sfondamento, Giulio Ebagua, passando per il leader difensivo Emanuele Pesoli, per il forte terzino Eros Pisano, per il centrocampista scuola Juve Alessandro Frara e tanti altri.

Una rivoluzione che quindi partendo dalle fondamenta (allenatore e D.S.) si è ripercossa anche sul campo da gioco.

L’aria di contestazione che si inizia a respirare dalle parti del Franco Ossola (dove ieri sono stati esposti striscioni in tal senso) si fa sempre più densa ed il mercato ad oggi non ha ancora riservato veri e propri colpi.

Il D.G. Enzo Montemurro, comunque, prima della partita ha parlato per rassicurare i tifosi. Lo stesso è stato fatto dal D.S. Mauro Milanese, che al termine del match ha assicurato che arriveranno dei rinforzi importanti per la categoria, in nome di quella permanenza in B che per qualcuno inizia già a sembrare un miraggio.

Il mercato, in effetti, chiuderà solo tra un mese, ed è ancora molto presto per tirare le prime somme. E’ comunque anche capibile la preoccupazione di quei supporter che hanno dovuto attendere venticinque anni (quindi in alcuni casi anche tutta la loro vita o quasi) per vedere il Varese in B e che oggi si vedono partire tutti i cardini di quel gruppo fantastico che ha sfiorato l’approdo in A solo qualche mese fa.

I nomi che circolano sono diversi ed è ancora difficile capire dove si orienterà davvero la dirigenza.

Ecco, comunque, quali sono i giocatori che secondo le voci di corridoio sono fortemente indiziati a vestire la maglia del Varese.

Partiamo dalla porta, quindi, dove negli ultimi tempi si era fatta l’ipotesi Rubinho, col portiere brasiliano che avrebbe però rifiutato di trasferirsi sui sette laghi.
L’alternativa più probabile oggi sembra quindi un possibile ritorno di fiamma per Salvatore Pinna, estremo difensore che ha passato l’ultimo biennio al Pescara che Milanese conosce bene, avendoci disputato una stagione in C1 a Salerno (culminata con la promozione in B).

Pinna che garantirebbe un grande apporto di esperienza dall’alto dei suoi trentacinque anni. Per quanto, è pur vero, ha comunque disputato due soli campionati in cadetteria, avendo passato la maggior parte della propria carriera in C1.

La difesa è invece il reparto che ad oggi necessita di più modifiche.

L’unico inserimento nell’undici titolare, in questo senso, è stato fatto con l’acquisizione di Fabrizio Cacciatore, terzino destro ex Sampdoria che ha disputato l’ultima metà stagione a Siena, senza però vedere molto il campo.

Cacciatore che giunge a Varese proprio per rilanciarsi. Aspetto importante per una squadra che ha fatto proprio della “fame” il suo punto di forza, in questi ultimi anni.
Certo non far rimapingere un idolo come Eros Pisano non sarà comunque affatto facile, per lui.

Altro giocatore già sbarcato a Varese ma ancora tutto da verificare è Fabrizio Grillo, ex CSKA Sofia.
Terzino sinistro scuola Roma, Grillo viene da un periodo di stop dovuto a malanni fisici che possono averne minato la solidità. Andrà quindi capito se il ragazzo garantirà una resa di livello ed una continuità di rendimento all’altezza.

Se sulle fasce il Varese potrebbe essere a posto il problema sorge nel mezzo, laddove Pesoli e Dos Santos non sono ancora stati rimpiazzati.

I nomi che si fanno in tal senso sono quelli di Loria e Terlizzi, due giocatori esperti che in B potrebbero fare sicuramente bene.
Tutto da capire se anche loro sbarcherebbero – eventualmente – a Varese con quella fame che ha saputo spingere questa squadra a traguardi fino a poco prima impensabili.

Per il centrocampo l’unica certezza, ad oggi, è il solito indomabile Corti, ad oggi forse il vero leader di questa squadra.

Per rinforzare la mediana, dove sono già comunque stati inseriti Loris Damonte (proveniente dall’Alessandria) e Filipe Gomes (nell’ultima stagione a Como), si starebbe pensando ad Ahmed Barusso, mastino di centrocampo che radiomercato da in fase di svincolo da Roma.

Tutta da valutare, invece, la situazione per ciò che riguarda il reparto offensivo, indubbiamente il più coperto.

Ma veniamo al match di ieri, che ha visto i ragazzi di Benito Carbone opposti alla Reggina di Breda.

Mister Carbone che ha schierato i suoi ragazzi con quel 4-2-3-1 che pur non essendo il suo modulo preferito è, secondo il suo pensiero, quello che può far esprimere meglio l’attuale rosa a sua disposizione.

L’undici titolare ha visto Moreau in porta, Cacciatore ed Armenise terzini schierati al fianco della coppia centrale Figliomeni-Camisa.
Damonte e Corti i due interni di centrocampo, con Nadarevic (a destra), Neto (centrale) e Cazzola (a sinistra) schierati sulla trequarti, alle spalle dell’unica punta Eusepi.

E proprio questa squadra ha dato buone indicazioni, avendo disputato un primo tempo su buonissimi livelli, specialmente in quanto a fase offensiva.

Gara tutto sommato abbastanza equilibrata, col Varese che mette in campo però un gioco un tantino migliore.

Biancorossi che passano dopo tre soli minuti di gioco quando Cazzola parte con un contropiede devastante servendo poi Nadarevic, spostatosi a sinistra per sovrapporsi al compagno. Palla rasente il suo verso il centro, zampata dell’accorrente Neto e 1 a 0 Varese.

Pochi minuti più tardi però il buon Neto Pereira, affetto da problemi di stomaco, deve lasciare il campo a De Luca, che va a posizionarsi nella per lui insolita posizione di trequartista.

Varese che continua comunque la sua partita in maniera piuttosto autoritaria, fino a trovare il raddoppio con Eusepi che poco dopo la mezz’ora sfrutta una respinta corta di Puggioni.

Ad inizio ripresa ci pensa quindi Viola a trasformare un rigore (che non mi sembrava esserci) per riportare sotto la Reggina, che si fa però bucare nuovamente, questa volta da De Luca, a metà del secondo tempo.

I tanti cambi avvenuti nel corso della ripresa hanno ovviamente rivoluzionato entrambe le compagini, così che il gioco ne ha un po’ risentito.

Venendo ai singoli: buona prova di Moreau, nulla da segnalare per quanto riguarda Milan, che ha disputato solo una ventina di minuti di gioco.

Per ciò che concerne la difesa invece qualche sbavatura sia nel primo che nel secondo tempo. Indubbiamente mister Carbone, forse anche con l’aiuto del mercato, dovrà lavorare per aggiustare un po’ le cose.

Nel complesso comunque discrete le prove di tutti, in particolare di capitan Camisa che ha mostrato buona sicurezza nell’arco dei novanta minuti (unico dei suoi a non essere stato sostituito).

Rimandato invece Grillo, che entrato ad inizio ripresa al posto di Armenise ha mostrato un valido senso della posizione ma anche una condizione ancora abbastanza scadente. Come detto andrà aspettato e valutato nel tempo.

Ultima nota per ciò che riguarda Dikaba: il terzino destro colored a disposizione di Carbone ha messo in mostra un grandissimo atletismo ma una tecnica rivedibile.

A centrocampo molto bene, come sempre, Corti.
Non mi ha invece impressionato Damonte, che mi è sembrato un po’ troppo timido nel giocare il pallone. Forse però vista la struttura fisica dev’essere ancora abbastanza appesantito dalla preparazione, quindi per un giudizio più completo e definitivo bisognerà aspettare qualche altra settimana.

Nulla da segnalare, invece, per quanto riguarda i sostituti. Wagner e Gambadori hanno fatto il loro, senza particolare infamia né lode.
Quest’ultimo, comunque, sembra poter essere in procinto di partire. Ed è un giocatore che sicuramente potrebbe fare la fortuna di diverse squadre della Lega Pro.

Veniamo alla trequarti.
Neto ha giocato pochissimo, ma è subito riuscito a mettere il proprio sigillo. Sarà indubbiamente uno dei cardini del Varese targato Carbone, i tifosi preghino che possa stare al meglio possibile.

Cazzola inizia benissimo poi un po’ tende a nascondersi. Nadarevic invece tra i più positivi. Discreta qualità e soprattutto tanta quantità per un giocatore pescato in Serie D che però dimosterà sicuramente di non demeritare nemmeno in B.

De Luca bel goal e tanto movimento, ma non mi sembra quella la zona del campo dove possa rendere al meglio. Tripoli due belle sgroppate in fascia e poco altro, Scialpi gioca poco più di dieci minuti e si fa notare solo per una bella punizione parata però senza eccessivo affanno da Kovaksic.

Il tutto ricordando che non hanno giocato Zecchin e Carrozza, in non perfette condizioni fisiche. Due giocatori che, al meglio della loro condizione, potranno tornare sicuramente molto utili al mister (a conferma di come la forza di questa squadra oggi sia proprio dalla cintola in su).

E finiamo con l’attacco. Dove ha dato buonissima mostra di sè quell’Eusepi che se confermerà quanto fatto ieri potrebbe essere la vera rivelazione di questa nuova annata Biancorossa.
Nulla da segnalare, invece, per quanto riguarda Cellini.

La squadra nel complesso sta lavorando bene. E questo non lo dice il sottoscritto ma lo staff tecnico stesso, che ho avuto modo di sentire ieri sia all’inizio che al termine del match.

Parlare di salvezza impossibile al 28 di luglio, quindi, è un po’ eccessivo.

Penso che ai tifosi non resti che aspettare e vedere cos’altro riserverà questo mercato. Dopo tante “brutte sorprese” chissà che non arrivi anche qualche nota positiva, per loro.

Per chi è interessato, intanto, ecco il tabellino del match preso da Varesenews:

Reggina – Varese 1-3 (0-2) 
Marcatori: Neto Pereira (V) al 3’ pt, Eusepi (V) al 34’ pt; Viola (R) su rig. al 4’ st 
Reggina (4-3-3): Puggioni (Kovaksic dal 23’ st); Colombo (Adejo dal 23’ st), Cosenza, Giosa, Rizzato; De Rose (Bombagi dal 23’ st), N. Viola (Tedesco dal 23’ st), Barillà (Castiglia dal 23’ st); Ceravolo (Lousada dal 23’ st), Bonazzoli (Sy dal 6’ st), Campagnacci (A. Viola dal 23’ st). All. Breda.
Varese (4-2-3-1): Moreau (Milan dal 26’ st); Cacciatore (Dikaba dal 1’st), Camisa, Figliomeni (Carrieri dal 23’ st), Armenise (Grillo dal 1’ st); Corti (Wagner dal 21’ st), Damonte (Gambadori dal 15’ st); Nadarevic (Scialpi dal 33’ st), Neto Pereira (De Luca dall’11’ pt), Cazzola (Tripoli dall’8’ st); Eusepi (Cellini dal 1’ st). All. Carbone.
Arbitro: Lanza di Nichelino.
Note: giornata fredda e nuovolosa, terreno in buone condizioni. Nessun ammonito. Angoli: 5-3 per il Varese.

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