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Posts Tagged ‘Torino’

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INFO GENERALI

Nome: Idrottsföreningen Brommapojkarna
Soprannome: BP, The Bromma Boys
Città: Bromma, Stoccolma (Svezia)
Anno di fondazione: 1942
Stadio: Grimsta Idrottsplats (8000 posti)
Presidente: Patrik Emanuelsson
Allenatore: Stefan Billborn
Palmares: 1 secondo posto in Superettan, 3 Division 2 Östra Svealand.
Valutazione complessiva rosa: 4.200.000 € (valutazione transfermarkt)
Sito ufficialehttp://brommapojkarna.se/

ROSA

Portieri: Davor Blazevic, Ivo Vazgec.
Difensori: Pontus Segerstrom, Fredric Jonson, Kristinn Jonsson, Tim Bjorkstrom, Jacob Une Larsson, Martin Falkeborn, Carl Stafelt.
Centrocampisti: Mauricio Albornoz, Seth Hellberg, Jesper Karlstrom, Gabriel Petrovic, Gustav Sandberg Magnusson, Serge-Junior Martinsson Ngouali.
Attaccanti: Andreas Eriksson, Gabriel Ozkan, Philip Tronet, Victor Soderstrom, Niclas Barkroth, Pontus Asbrink, Dardan Rexhepi, Christian Kouakou, Stefano Vecchia.

FORMAZIONE BASE

4-3-3/4-5-1: Blazevic; Bjorkstrom, Segerstrom, Une Larsson, Jonsson; Sandberg-Magnusson, Martinsson-Ngouali, Karlstrom; Barkroth, Rexhepi, Petrovic.

ULTIMI RISULTATI

Nelle ultime cinque gare disputate (due di Europa League e tre di campionato) i Bromma Boys hanno raccolto una vittoria, tre pareggi ed una sconfitta.

ANALISI TECNICA

Il Brommapojkarna è una squadra che tecnicamente non ha moltissimo da dire, pur potendo contare su alcuni elementi comunque interessanti.

In porta si disimpegna il giovane – classe 93 – Davor Blazevic, marcantonio di un metro e novanta di chiare origini croate che ha in passato difeso i pali anche delle rappresentative giovanili nazionali under 17 e 19.
Un estremo difensore con mezzi fisico-atletici notevoli ma un bagaglio tecnico ancora da sgrezzare, e soprattutto una capacità di concentrazione lungo i novanta minuti sicuramente migliorabile.
Nonostante i difetti resta sicuramente uno degli elementi più interessanti della squadra.

In difesa l’elemento più interessante mi è parso invece l’islandese Kristinn Jonsson. Classe 90, è stato ingaggiato (in prestito) ad inizio stagione dal Breidablik. Già nazionale maggiore, è stato in passato colonna delle varie squadre giovanili islandesi.
Terzino sinistro di buon passo, ama sostenere la propria squadra in fase offensiva e nel complesso resta forse il giocatore con le migliori doti difensive tra quelli a disposizione di coach Billborn.

I tre di centrocampo garantiscono poi discreta corsa, ma nel complesso non parliamo di un reparto capace di restare negli annali del calcio mondiale, per così dire.

Il punto di forza resta quindi, forse, l’attacco. Qui giocano tre dei giocatori più abili della compagine svedese.

Innanzitutto il giovane Niklas Barkroth, che gli amanti del videogame manageriale Football Manager ricorderanno in quanto era un buon prospetto qualche edizione fa.
Ventidue anni, l’ala ex Goteborg – e con una esperienza maturata in Portogallo – è giocatore che punta molto su rapidità e tecnica. Ancora poco incisivo (e probabilmente è proprio questo lo step che gli manca per cercare fortuna fuori dalla Svezia), resta comunque un’ala guizzante e capace di rifinire, soprattutto coi cross, il gioco per i compagni.

In particolare per Dardan Rexhepi, svedese nativo di Pristina. Un marcantonio di 190 centimetri che funge da prima punta pura. Abile di testa e bravo a fare a sportellate coi centrali difensivi avversari, non è però – ad oggi – un bomber particolarmente temibile. Insomma, tanto lavoro sporco, ma anche scarsa lucidità sotto porta.

Infine l’attacco è completato dal bosniaco Gabriel Petrovic, centrocampista capace di adattarsi all’ala. Un giocatore tecnico e dal buon calcio, che nonostante non sia il primo terminale delle azioni offensive del Bromma ha realizzato lo stesso numero di goal segnati sino ad oggi – in stagione – da Rexhepi: cinque.

ANALISI TATTICA

Di base il 4-3-3 del Bromma è il classico modulo che si può prestare ad essere interpretato come un 4-5-1 a seconda delle situazioni e della volontà di maestro d’orchestra ed interpreti.

I due esterni offensivi, infatti, possono tranquillamente scalare a centrocampo per dare più copertura alla difesa.

Il centrale dello stesso, dal canto suo, è un mediano abile in fase di rottura, capace di dare peso e corpo proprio in quella zona del campo. Quindi, volendo, il modulo può anche essere interpretato come una sorta di 4-1-4-1.

Per quello che ho potuto vedere, poi, parliamo di una squadra che tende a perdere le giuste distanze di gioco tra i reparti. I quali, al loro interno, vanno sovente in confusione in merito a posizionamenti e chiusure.

La fascia su cui tende a spingere di più è la sinistra, in special modo quando da quella parte si sposta Barkroth (Che può giocare indifferentemente su entrambi gli out): la sua verve abbinata alla facilità di corsa e di spinta dell’islandese Jonsson, infatti, portano a comporre un binario su cui la squadra riesce ad affidarsi con buona efficacia.

ANDAMENTO STAGIONALE

Stagione assolutamente negativa per il Brommapojkarna, che vede lo spettro della retrocessione come assolutamente reale. Così dopo la salvezza risicata dello scorso anno (quando la squadra terminò il campionato al tredicesimo posto, un punto sopra i playout) ecco i soli 8 punti raccolti nelle prime 16 giornate di quest’anno.

La squadra è però in ripresa: dopo cinque sconfitte consecutive (sei, contando l’Europa) il Bromma ha infatti inanellato tre pareggi ed una sconfitta (più due vittorie europee), che l’hanno portata così a fare 3 punti in quattro match, media molto migliore di quella tenuta nel resto del campionato. Ancora poco, certo, ma comunque un piccolo segnale di risveglio.

E in Europa?

Dopo la sconfitta nell’esordio finlandese contro il VPS il BP ha ribaltato il risultato in casa.
Nel secondo turno è quindi arrivata la roboante vittoria casalinga sui Crusuaders (4 a 0), cui ha fatto seguito l’1 a 1 del ritorno, che ha sigillato la qualificazione al terzo ed ultimo turno di qualificazione.

GIUDIZIO COMPLESSIVO

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Danilo D’Ambrosio sarebbe ad un passo dall’Inter.

I Nerazzurri avrebbero infatti bruciato sul filo di lana i cugini milanisti, che fino a qualche settimana fa sembravano in netto vantaggio per l’acquisizione del terzino cresciuto tra Salernitana e Fiorentina.

Galliani e compagnia hanno infatti tentennato troppo nell’affondare il colpo, tra la scarsa liquidità e l’opportunità invitante di chiudere il colpo, eventualmente, in vista di giugno, quando il 25enne napoletano si svincolerà a parametro zero dal contratto che lo lega al Torino.

Proprio questo traccheggiamento ha creato un vuoto in cui si sono prontamente infilati altri club.

In primis la Roma, che avrebbe messo sul piatto addirittura le comproprietà di Caprari e Nico Lopez pur di assicurarsi una delle rivelazioni di queste ultime due stagioni di Serie A.

A tentennare, a questo punto, sarebbe però stato il giocatore stesso, secondo fonti vicine all’ambiente granata desideroso di giocare agli ordini di Walter Mazzarri.

Così, l’offerta dell’Inter del neo-Presidente Thohir non si è fatta attendere.Danilo D'Ambrosio

Il magnate indonesiano, tramite gli emissari della sua società, avrebbe inizialmente offerto uno tra Mudingayi e Kuzmanovic, trovando però la risposta piuttosto fredda da parte di Cairo e del suo entourage. Un po’ perché le contropartite non convincevano appieno (Kuzmanovic in primis per una questione economica), un po’ perché il Torino voleva del cash.

Nelle ultime ore ci sarebbe quindi stata la svolta e da qui a breve potrebbe arrivare il sì definitivo.
Da limare ci sarebbero solo gli ultimi dettagli: la richiesta della società Granata parte da una base di 3 milioni di euro. Riducibile con l’inserimento di contropartite tecniche adeguate.

Che potrebbero essere due: o il redivivo Gaby Mudingayi, o il giovane trequartista argentino Ruben Botta, che potrebbe sbarcare in quel di Torino in prestito con diritto di riscatto della metà.

Nelle prossime ore questo intrigo di mercato dovrebbe risolversi, andando quindi ancora una volta a sottolineare la fragilità milanista sul mercato…

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Il tempo per seguire il blog è sempre meno, ma la passione… beh, quella non viene mai a mancare.

Era da un po’ di tempo in realtà che pensavo a qualcosa come questa. Già anni fa, ben prima che ne esplodesse la moda, volevo aprire una sorta di servizio podcasting. Ma poi serve il tempo, l’ingegno, le persone con cui collaborare, ecc.

Alla fine però chi non risica non rosica, e allora eccomi qui. In realtà l’idea iniziale era quella di registrare la conversazione video su Skype e postare quella. Ma poi alcuni problemi tecnici mi hanno permesso di salvare solo l’audio.

In questa prima puntata di “Pedate d’Autore” l’ospite è un grande della nostra blogosfera, il mitico Andrea Bracco.

Con lui ho voluto parlare di Sudamericano under 20, con un accenno finale al suo Toro.

Per il futuro non c’è niente di pronto. Verrà quel che verrà.

E sono ovviamente apertissimo a proposte e collaborazioni. Se pensate di avere una cultura calcistica particolare fatevi avanti. Alla fine parlare di calcio è bello… facciamolo!

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E’ uno splendido primo tempo quello che va in scena al Marassi tra due delle squadre più interessanti di questo inizio di stagione, almeno per quello che riguarda la Serie A.

In quel di Genova si fronteggiano infatti una Sampdoria a punteggio pieno (non fosse per la penalizzazione) e lanciatissima alla rincorsa della Juve ed un Torino che, come da tradizione “venturesca”, si spende tantissimo in fase di costruzione di gioco, fin dai propri centrali difensivi.

Il problema di questo Toro è più tecnico che tattico. Perché il coach Granata ha costruito, come più o meno sempre è riuscito a fare in carriera, un’impalcatura tattica importante, ha dato un’identità chiara al gioco della sua squadra ma si trova ad avere a che fare con giocatori non sempre all’altezza della situazione.

Tra questi spicca, a mio avviso, sicuramente Glik. Che dopo aver lasciato a desiderare ed aver mostrato le sue lacune già nel primo tempo, quando con un controllo insufficiente spiana la strada della porta (chiusagli in faccia da Gillet) a Maxi Lopez, nella ripresa consegna ai Blucerchiati il pareggio con un intervento sciagurato in area di rigore.

Ma non solo.

Il gioco del Torino è fluido, piacevole. Ma è indubbio che un giro palla di quel genere avrebbe bisogno di interpreti tecnicamente più dotati per produrre risultati degni di nota.

Non è quindi un caso se nel primo tempo, in particolar modo, a produrre un gioco migliore siano proprio i Granata, che però non riescono mai a rendersi pericolosi proprio per la pochezza e la scarsa incisività dei suoi singoli.

L’esatto contrario di una Sampdoria che pur avendo un gioco meno fluido si rende molto più pericolosa, arrivando anche a colpire una traversa (Maresca su punizione) e a segnare un goal annullato – giustamente – per posizione irregolare (Maxi Lopez su assist di Berardi).

Inutile negare faccia comunque un certo effetto vedere il Torino, per lunghi tratti della partita, provare a prendere saldamente in mano il pallino del gioco sul campo di una squadra certo non inferiore a livello tecnico. Anzi.

La ripresa è invece qualitativamente un po’ meno interessante della prima frazione, pur arrivando i due goal. Entrambi su rigore.

Ad andare in vantaggio è il Toro, che inizia alla grande la ripresa e trova la massima punizione per atterramento di Soriano ai danni di Cerci. Sul dischetto si presenta Bianchi che ha buon gioco a battere Romero.

L’1 a 0 ospite è la sveglia che ridesta il Doria. Che trova quindi il pareggio per un fallo, come detto, commesso da Glik in maniera piuttosto avventata.

Pozzi, in questo caso, a trasformare, pur con Gillet sulla traiettoria del pallone.

Certo, quattro giornate son poche. Ma i tifosi di queste due squadre, entrambe neopromosse, potranno probabilmente dormire sogni tranquilli, quest’anno.

A chiudere, altre due considerazioni sul Torino: da una parte mi chiedo perché non giochi Sansone, che con Cerci rappresenta il meglio – qualitativamente parlando – a disposizione di Ventura.

Dall’altra Ogbonna: positivissimo anche oggi. Nel corso dell’ultimo anno è maturato veramente tanto. Capibile che Prandelli lo inserisca con continuità nella sua lista delle convocazioni Azzurre.

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Già qualche settimana fa gli organi di informazione fecero girare la notizia: il Torino di Urbano Cairo, in procinto – se tutto andrà come deve – di tornare in Serie A, avrebbe messo gli occhi – e forse pure le mani – su uno dei talenti più interessanti che il calcio d’oltralpe ha saputo esprimere quest’anno.

Hazard, M’Vila, Giroud?

No, non si tratta di uno di questi giocatori. I cui nomi sono già inflazionati più che inflazionati negli ambienti di mercato di mezza Europa.

Né di nessun altro ragazzo messosi in mostra in questa stagione di Ligue 1, la massima serie francese.

Il giocatore in questione gioca infatti nel Clermont Foot, squadra dell’Alvernia che in questa stagione che in questa stagione sta giocandosi la promozione (attualmente gravita infatti in quarta posizione, a due soli punti da Troyes e Reims).
Il suo nome è Romain Alessandrini e mette chiaramente in luce le origini italiane del ragazzo.

Che, nato a Marsiglia, disputò un paio di stagioni in National con la maglia del Gueugnon per poi passare proprio in Rossoblù.

Subito adattatosi alla nuova realtà Romain è ormai reduce da due stagioni disputate ad altissimo livello in cui il ragazzo d’origine corsa ha saputo prendere per mano i propri compagni e guidarli fino alla lotta che varrebbe la Ligue 1.

Proprio le ottime prestazioni inanellate in Alvernia hanno interessato molti dirigenti ed osservatori. Innanzitutto francesi, ovviamente.

Proprio per questo già a gennaio il ragazzo veniva dato in partenza, con Saint Etienne, Rennes e Sochaux pronte a sfidarsi per ottenere i suoi servigi.

Alla fine, però, Romain ha deciso di rimanere a Clermont-Ferrand per tentare l’assalto alla massima serie francese, rimandando l’ormai quasi inoppugnabile partenza a giugno.

Quando, secondo i soliti beninformati, sbarcherà a Torino per 2,5 milioni di euro.

Cifra che in realtà, si dice in Francia, potrebbe non bastare a convincere Claude Michy, Presidente dei Rossoblù d’Alvernia, a cedere il ragazzo.

Tra il Toro e Alessandrini, però, potrebbe mettersi di traverso la squadra che Romain tifa sin da bambino, l’Olympique Marsiglia.

L’equipe della sua città, infatti, parrebbe intenzionata ad assicurarsene le prestazioni in particolar modo se il suo “alterego”, Mathieu Valbuena, dovesse lasciare il Velodrome.

166 centimetri per 63 chili, Romain è un mancino puro che ama giocare – o quantomeno partire – largo sulla sinistra.

A differenza delle classiche ali dal baricentro basso, però, Alessandrini non è tutto solo corsa e dribbling. Tra i suoi punti forti ci sono infatti tecnica e visione di gioco, che lo rendono uno dei prospetti più interessante del calcio francese.

A 23 anni, infatti, nessun traguardo gli è precluso.

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Premessa doverosa: i banchi di scuola non c’entrano nulla.

In questo pezzo parlerò di come sviluppare al meglio il potenziale calcistico che Madre Natura ha donato a Ogbonna e Verratti. Affiancandoli cioè a grandi campioni dei rispettivi ruoli.

Giocatori esperti e di classe mondiale che possano accompagnarli nella propria crescita, mostrando loro la via da seguire e limando, anche inconsciamente, eventuali sbavature che i due a tutt’ora capita effettuino.

Del resto è normale, quando si è ancora giovani.

E se Ogbonna è ormai ventitreenne, e dovrebbe compiere il definitivo salto nel grande calcio, il discorso vale doppiamente per Verratti, che invece a vent’anni, nel calcio italiano di oggi, è quasi considerabile un “pulcino”.

E allora partendo dalla riflessione che feci un mesetto fa sulla necessità di svecchiare il calcio italiano parliamo proprio di quale dovrebbe essere, secondo chi scrive, il futuro di due tra i giovani più interessanti dell’intera Serie B.

Iniziando proprio dal talentino pescarese Marco Verratti, 165 centimetri per 60 chili di peso, che quest’anno sta guidando con efficacia il centrocampo della squadra di Zeman.

Nato centrocampista offensivo, evolutosi in regista, esordì in prima squadra a sedici anni.

Una descrizione che cade a pennello anche su Andrea Pirlo che, ormai arrivato a trentatrè anni, ne sarebbe il miglior maestro.

Non mi invento nulla: in questi giorni un po’ tutti i quotidiani sportivi hanno sbandierato – anche reiteratamente – l’interesse di Marotta e Paratici per il genietto pescarese.

Che sarebbe bello si trasferisse a Torino proprio per giocare una stagione all’ombra di uno dei migliori registi della storia del calcio, cui andrebbe poi, piano piano, a sfilare la maglia da titolare. Tanto nel club quanto, magari, in nazionale.

Discorso simile lo farei anche in relazione ad Angelo Ogbonna, che potessi dirottare lontano da Torino vedrei molto bene in Rossonero.

Il mese scorso si vociferò di un interessamento di Galliani nei confronti del centrale torinista, voci però un po’ sopite oggi.

Milan che però potrebbe lasciare partire Nesta, andando a creare un buco notevole in rosa. Da Milano potrebbe poi partire anche l’ormai trentaseienne Mario Yepes, con uno svecchiamento del reparto difensivo che potrebbe essere tradotto in ringiovanimento proprio con l’acquisizione di Ogbonna.

Che, a quel punto, andrebbe inserito anche già da subito, magari in alternanza con Philippe Mexes, al fianco di un campione come Thiago Silva, forse il miglior centrale difensivo al mondo in questo momento.

Con possibilità di crescita enormi per il difensore di Cassino, che potrebbe così disimpegnarsi al fianco di una vera e propria sicurezza come il centrale verdeoro, iniziando a confrontarsi con palcoscenici importanti sviluppando al meglio le proprie potenzialità.

Verratti alla Juventus e Ogbonna al Milan: due investimenti importante per il futuro di due club importanti. E anche di una nazionale in crisi.

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Nel corso degli ultimi giorni ho avuto modo di vedere due match cruciali della ventottesima giornata di Serie B. Lo scontro che ha visto il Torino opposto alla Sampdoria ieri sera e quello che ha visto il Varese far visita al Sassuolo in quel di Modena oggi pomeriggio (la partita sarà trasmessa, col mio commento tecnico, da Rete55Sport stasera alle 21).

Che dire?

Il Sassuolo lo vidi già nel match di andata coi Biancorossi, direttamente dalla tribuna stampa dell’Ossola. Ed anche quella volta, nonostante portò a casa i tre punti grazie all’azione personale di Boakye, mi lasciò abbastanza l’amaro in bocca.

Due, in particolar modo, le armi in più di questa squadra: Fulvio Pea in panchina, Gianluca Sansone in attacco.

Per il resto pochino. Tanto che i punti di differenza tra le due squadra non si sono concretizzati in campo.

Anzi, nel complesso è stato il Varese a dimostrare più qualità di gioco e di palleggio. Col Sassuolo, va comunque detto, a creare più occasioni di un certo pericolo, anche se più che altro su errori o disattenzioni dei singoli in maglia Biancorossa (anzi, bianca per l’occasione).

Sassuolo che quindi ha proprio nella compattezza generale il suo punto di forza. Terranova maiuscolo, Magnanelli coriaceo, tutta la squadra sempre molto attenta e poi Sansone a briglie sciolte a cercare goal e giocate.

Bene invece il Torino, che ha battuto una Sampdoria che a livello di singoli varrebbe il doppio del Sassuolo, ad esempio, ma che pure continua a dimostrare qualche falla di troppo, soprattutto dal punto di vista della compattezza.

Toro che ha avuto ieri in Ogbonna difensore assolutamente affidabilissimo. Un Ogbonna chiamato ad una rapida maturazione: giocatore di grandi potenzialità e prospettive che però troppo spesso in carriera ha dimostrato passaggi a vuoto dal punto di vista della concentrazione.

Torino che comunque dimostra di avere mezzi superiori alla diretta concorrente Sassuolo.

Sampdoria che dal canto suo, invece, dimostra come a livello di singoli potrebbe quasi dominare il campionato, ma anche come la strada per centrare almeno i playoff sia ancora lunga.

A maggior ragione quando il Varese è quello di Modena. Dove, pur con qualche sbavatura, mette in mostra buona facilità di palleggio ed una qualità tecnica nel complesso superiore alla media.

Varese che nonostante l’arrivo del Diablo Granoche, però, pecca ancora in fase di finalizzazione.

Pecca questa che se colmata garantirebbe alla squadra di Maran un posto sicuro tra le prime sei del campionato.

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Per tornare ad essere quelli di Superga di strada da fare ce n’è ancora molta.

A dire il vero, forse, mai più i Granata torneranno ad essere grandi come lo erano all’ora.

Del resto quel Torino fu qualcosa di probabilmente irripetibile.

Tornare ai livelli che competono a questa squadra, ovvero perlmeno in Serie A, è invece cosa possibilissima.

Per farlo la società presieduta da Urbano Cairo ha deciso di puntare su di un allenatore d’esperienza, Giampiero Ventura. Che, a sua volta, sta cercando di individuare gli uomini giusti per il suo progetto.

Riportato alla base Giulio Ebagua, cresciuto proprio in Granata e reduce da un’ottima stagione in quel di Varese, ora le attenzioni del Toro si stanno concentrando sugli esterni.

Il gioco di Ventura, infatti, si impernia spesso su di un 4-4-2 che predilige proprio il gioco sulle fasce.

Abbiamo ancora tutti in mente il Bari di un paio d’anni fa, che poggiando sulla solidità garantita dalla coppia Bonucci-Ranocchia sciorinò le proprie perle di bel gioco un po’ in tutta Italia.

Per provare a ripetere lo stesso copione anche a Torino il tecnico genovese sta quindi pensando di acquistare Stefano Guberti, ala di proprietà della Roma (che ne ha appena riscattato la comproprietà per la misera cifra di 500 euro) che ha trascorso l’ultima stagione e mezza proprio sulla sponda nerazzurra della sua città.

Operazione intrigantissima quella che va profilandosi: Guberti sarebbe un lusso assoluto per la Serie B.
Nonostante sia reduce da una retrocessione l’ala nativa di Sesto San Giovanni è giocatore tecnicamente valido e dalle potenzialità interessanti. Che un posto in A, anche solo in una squadra che lotti per non retrocedere, lo meriterebbe di certo.

Ma del resto quando si vuole puntare ad una promozione senza lasciare nulla al caso è normale affidarsi a giocatori di categoria superiore. Proprio come Guberti, appunto.

Torino che sarebbe quindi un ottimo ambiente in cui rilanciarsi: il posto da titolare, sulla carta, non sarebbe in discussione e la Serie A potrebbe essere ritrovata nel giro di una sola stagione.

Prima di definire nei dettagli il suo trasferimento in Piemonte, però, il giocatore dovrà incontrare i dirigenti Giallorossi per chiarire la propria posizione. Difficile pensare che Luis Enrique possa decidere di trattenerlo nella capitale. Ma come rincalzo, in effetti, potrebbe anche far comodo…

Ecco perché Claudio De Nicola, agente del ragazzo, si è espresso così nei giorni scorsi: “Guberti in questo momento è in vacanza con la moglie ed il bimbo appena nato. Per ora il futuro è la Roma. Il Torino a quanto si legge lo vuole tanto, ma ad ora deve parlare con la Roma e vedere che progetti hanno su di lui”.

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Giuseppe Sannino

Il Varese torna in Serie B venticinque anni dopo l’ultimo match disputato in Cadetteria, ed è subito un esordio col botto.
La squadra di mister Sannino, sempre più Re di una piazza che vede in lui un condottiero fiero ed indomabile quanto capace, riesce infatti ad avere la meglio su di una delle squadre più quotate di questo campionato. In trasferta, per di più.

Ed è una vittoria, questa, che non si concretizza solo nel risultato ma che è frutto di un dominio territoriale particolarmente spiccato in special modo nel primo tempo.

Ma chi ha seguito la cavalcata trionfale di questa squadra nel corso della scorsa stagione non si sarà certo stupito nel vedere la fluidità di manovra della squadra Biancorossa: confermata in quasi tutti i suoi elementi, infatti, la compagine varesina non ha dovuto ritrovare una propria identità quanto più rafforzare quella costituitasi in Lega Pro.

Ed è un Varese che oltre ad un gioco piacevole si dimostra subito arrembante tanto che dopo soli diciassette secondi Neto Pereira riceverà palla in area da uno scatenato Carrozza, addormentandosi però al momento del tiro.
Nei primi quattro minuti, quindi, sono due le palle da goal costruite dalla squadra lombarda: la seconda capiterebbe sui piedi di Cellini, che sciuperà però tutto tentennando troppo in area di rigore anziché andando alla conclusione repentina.

La maggior tonicità degli ospiti porta quindi al doppio vantaggio: un Torino annichilito resta infatti a guardare i vari Carrozza, Zecchin e Pereira mettere a ferro e fuoco la propria retroguardia.
L’1 a 0 arriva però solo su calcio di punizione: a realizzarlo è Bubba Buzzegoli, bravissimo a pennellare un tiro dal limite su cui Morello non può nulla. Il raddoppio è invece opera di Neto, bravo, a differenza di quanto accaduto in apertura, a finalizzare una splendida azione corale mettendo il proprio sigillo sulla partita.

A riaprire il match, quindi, ci pensa Obodo: nel recupero del primo tempo, con il Varese in dieci uomini per la momentanea assenza di Neto (a bordocampo causa un problema muscolare che lo costringerà ad uscire ad inizio del secondo tempo), l’ex Udinese scoccherà infatti un piattone destro dal limite, che bucherà Moreau senza scampo.

Nella ripresa, poi, prenderà via via più terreno il Torino: da una parte inizierà infatti a farsi sentire la stanchezza ospite, dall’altra crescerà sempre di più la voglia di pareggio dei padroni di casa.

Neto Pereira

Nonostante questo il Toro non arriverà comunque mai a meritare davvero il pareggio: dopo essere stato messo nettamente sotto nella prima frazione di gioco, infatti, il Torino migliorerà la propria prestazione nella ripresa, andando anche vicino al goal. Nel contempo, però, non senza concedere più di una palla goal agli ospiti, che avrebbero anche potuto tranquillamente chiudere la partita sul 3 a 1 senza trascinarla sino al termine con un solo goal di vantaggio, cosa, questa, che ha portato ad un finale piuttosto concitato.

Torino

Morello: 6,5
E’ il migliore dei suoi dopo Obodo. Piuttosto incolpevole sui due goal, infatti, il portiere Granata si dimostrerà anche all’altezza della situazione con diversi interventi importanti.

Filipe: 5
Poco incisivo in fase offensiva, impalpabile dietro.

Di Cesare: 6
E’ l’unico della retroguardia Granata a salvarsi un minimo. Non del tutto esente da colpe (è lui, ad esempio, a causare la punizione del vantaggio ospite) non è comunque aiutato da un reparto assolutamente allo sbando.

Ogbonna: 4,5
Il capitano torinista incappa in una pessima serata. Ha mezzi interessanti, ma pare palesare dei limiti di concentrazione non indifferenti. Buona parte delle colpe relative al secondo goal, ad esempio, sono da attribuire a lui. Ma più in generale, comunque, disputa una partita ampiamente insufficiente.

Garofalo: 5
Viene saltato puntualmente. Probabilmente in ritardo di condizione.

Claudio Rivalta

(Dal 73′ Rivalta: 6
Entra in campo quando il Varese ha già notevolmente arretrato il proprio baricentro. E, rispetto ai compagni, non viene impegnato particolarmente)

Gorobsov: 5
Quasi ectoplasmico: non fluidifica la manovra, perde qualche pallone di troppo ed in fase di interdizione risulta pressoché nullo.
(Dal 46′ Zanetti: 5,5
Fare meglio del compagno che va a sostituire non è poi difficile. Tanta corsa, poco altro. Meglio di Gorobsov, sì, ma comunque una prestazione rivedibile per lui.)

Obodo: 7
Esordio maiuscolo per il centrocampista nigeriano che dimostra chiaramente di essere di un’altra categoria. Oltre al tanto lavoro svolto in mezzo al campo riesce a rendersi pericoloso anche in fase offensiva dove riesce a trovare la rete che accorcia le distanze per poi sfiorare, a match quasi concluso, il pareggio.

Sgrigna: 6
Paga un ambientamento non ancora avvenuto. Ma del resto è a Torino da cinque soli giorni. Lascia comunque intravvedere le proprie interessantissime potenzialità.

Belingheri: 5
Tendente all’invisibilità  ed all’impalpabilità, dovrà alzare di molto il proprio livello di gioco per contribuire alla causa Granata.
(Dal 46′ Stevanovic: 6
Il giovane proveniente dalla Primavera interista dà una bella iniezione di tonicità ad una squadra spenta. Peccato questo non basti a trovare il pareggio.)

Iunco: 5,5
Nel primo tempo resta alla mercè dei giocatori avversari che, come detto, dominano il match. Nella ripresa cresce, come tutto il Toro, pur senza incidere come potrebbe.

Bernacci: 5
Per il goal mangiato a pochi minuti dall’inizio del match, quando si fa respingere sulla linea di porta un tiro a botta sicura ed a portiere già battuto, meriterebbe forse anche mezzo punto in meno. Opaca, la prestazione della punta cesenate.

Varese

Moreau: 5,5
E’ il meno positivo dei suoi. Sul goal non può molto, ma le sue tante e ripetute indecisioni in uscita potrebbero costare la vittoria.

Pisano: 7
E’ il migliore del reparto arretrato ospite. Difende sapientemente, contenendo tutte le avanzate avversarie, e spinge quando può. In più si immola sullo 0 a 0, respingendo sulla linea un tiro a botta sicura di Bernacci.

Pesoli: 6
Non la migliore delle serate per lui. Che, comunque, riesce a disimpegnarsi tanto da guadagnarsi la sufficienza.

Emanuele Pesoli

Camisa: 6,5
Guida la difesa con sapienza e tranquillità. Buona la prova del capitano Biancorosso.

Pugliese: 6
Parte bene, poi dopo l’ammonizione deve trattenersi molto.
(Dall’84’ Figliomeni: s.v.)

Zecchin: 6,5
Decide di non strafare. Ma, pur controllandosi, gioca una partita d’alto livello.
(Dal 65′ Osuji: 6
Dà quantità al centrocampo Biancorosso ed aiuta i suoi ad erigere la barriera con cui difendere il vantaggio.)

Corti: 6,5
Motorino del centrocampo varesino. Ottima la sua prestazione, con diversi chilometri percorsi.

Buzzegoli: 6,5
Sembra giochi un po’ a nascondersi. Ma, ancora una volta, dimostra di poter essere determinante con le sue doti balistiche. Potrebbe essere uno degli uomini in più della squadra di Sannino.

Carrozza: 7
Subito scatenato Carrozza gioca un’ora ad altissimo livello, per poi accusare un calo fisiologico che lo porta a tirare i remi in barca.

Neto Pereira: 7
Parte malino, mangiandosi al ventesimo secondo l’occasione del possibile uno a zero, per poi crescere notevolmente di tono: dribbling, passaggi ed un goal. Ottimo esordio.
(Dal 48′ Mustacchio: 6,5
La sua velocità, devastante quando liberata in allungo, può essere un fattore. Arma tattica interessante a disposizione di mister Sannino.)

Mattia Mustacchio

Cellini: 6,5
Tanto movimento che si traduce in tante occasioni da goal. Tutte sprecate, però, in un modo o nell’altro. Certo, alcune per la bravura di Morello, altre per sfortuna: quel palo su imbeccata di Mustacchio grida ancora vendetta…

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Un paio di settimane fa avevo postato l’intervista ad uno dei maggiori protagonisti dell’ultimo Torneo di Viareggio, quel Paride Addario che aveva trascinato il suo Empoli all’ultimo atto della competizione con una serie di buone prestazioni e di rigori parati da fare invidia anche a tanti suoi colleghi più famosi.
Oggi è quindi la volta di presentarvi un altro portiere messosi in mostra nel corso dell’ultima Coppa Carnevale: Danilo Tunno, portiere classe 1990 nato il 14 novembre a Rivoli, terzo comune per popolazione della provincia di Torino.

Cresciuto tra Torino e la Sardegna, dove passava le vacanze in compagnia della famiglia, presto terminerà il liceo scientifico.
E proprio la famiglia è uno dei centri di gravità della vita di Danilo, che al riguardo mi dice: “Ho la fortuna di avere una famiglia ottima e con cui ho un grande rapporto: tra noi non ci sono omissioni, ed il continuo dialogo è il frutto dell’ottimo legame che c’è tra noi. Ho una sorella cui sono molto legato e che è sportiva quanto me, giocando nella rappresentativa regionale di basket, ed un padre con cui mi posso rapportare per quanto riguarda l’ambito calcistico essendo lui mister dei portieri proprio nel settore giovanile Granata”.

Ma andiamo con ordine, iniziando a parlare del suo rapporto con lo sport, ed in particolare con il calcio, fin dai suoi primi anni di vita: “Non ho mai praticato altri sport oltre il calcio, pur avendo sempre giocato un po’ a tutto. Proprio per quanto concerne il calcio, invece, iniziai a praticarlo all’età di cinque anni nel Venaria, il paese dove risiedo. Quattro anni più tardi, quindi, il passaggio al Torino dopo un ballottaggio con la Juventus: fu la fede calcistica a farmi vestire di Granata. Qui ho fatto tutta la trafila del settore giovanile, dai pulcini sino alla Primavera”.

Amore vero, quello per il Toro. Società che ha comunque lasciato per un breve lasso di tempo lo scorso anno, quando decise di andare a farsi le ossa in Serie D al Renate: “30 presenze e secondo posto in classifica con tanto di playoff disputati a fine stagione, più la semifinale di coppa. A livello personale, comunque, la soddisfazione più grande è stata l’esser votato come miglior portiere di categoria”.

Cuore Granata, comunque, Danilo torna a fine stagione alla casa madre, dove viene reintegrato in Primavera per vestire i panni del primo portiere e tentare l’assalto a Campionato, Coppa Italia e Torneo di Viareggio. Tutti trofei importanti che andrebbero – o sarebbero potuti andare a – arricchire una bacheca personale di un portiere che ha già riportato alcune vittorie nel corso della sua carriera: “Da più giovane vinsi svariati tornei, mentre nella stagione 2007/2008 arrivò lo Scudetto Beretti, anche se quell’anno sfortunatamente persi metà stagione a causa di un infortunio al braccio”.

Proprio su di uno dei tornei che lo hanno visto protagonista quest’anno, la Coppa Carnevale, vertevano un paio di domande. Era lì, del resto, che avevo scoperto le sue interessanti qualità, vedendolo volare da un palo all’altro nel corso di quella competizione in cui mi aveva più volte ben impressionato: “Il Viareggio è stata un’esperienza importante e costruttiva, peccato solo non aver avuto una rosa abbastanza ampia. Giocando ogni due giorni sempre con lo stesso undici, infatti, siamo stati penalizzati fisicamente”.
Essendo lui un portiere, poi, non potevo che chiedergli un parere rispetto al premio come miglior interprete del suo ruolo, assegnato allo juventino Pinsoglio ma che poi personalmente avrei dato, anche se non certo per demeriti del portiere Bianconero, ad Addario: “Sono molto contento per Carlo, che è un mio vecchio amico. Addario ha disputato un ottimo Viareggio, purtroppo per lui steccando la finale”. E per quanto concerne le sue prestazioni? “Per quanto mi riguarda mi è dispiaciuto uscire di scena presto perché continuando a giocare su quei livelli magari avrei potuto giocarmi le mie chance ed essere io a vincere quel premio”.
Tunno, Pinsoglio, Addario… e gli altri portieri del Viareggio? “Nessun altro mi ha impressionato”.

Proprio nel periodo del Torneo, per altro, scambiai due parole con Gianni, padre di Danilo, che proprio commentando alcuni articoli apparsi su questo blog sosteneva il figlio dicendo che, per altro, si stesse costruendo da solo, senza appoggi né spinte ma solo con impegno e dedizione. Chiederne a lui in primis un’opinione al riguardo era il minimo: “Mi ci ritrovo in queste definizioni. Tutto ciò che ho fatto finora e quello che farò in futuro sono e saranno sempre frutto esclusivamente del duro lavoro e di nessun altro espediente”.

Al di là di quello che ne possano pensare gli altri (io per primo) di lui resto sempre convinto che un ottimo modo per approcciarsi ad un giocatore e per poterne capire qualcosa in più sia chiedere a lui stesso di descriversi. Ecco quindi, in merito, la risposta di Danilo: “Sono un portiere dotato di un fisico normale, non sono certo un bestione essendo alto 182 centimetri e pesando 72 chili. Uno dei miei principali punti di forza è la lettura della traiettoria, sia in profondità che rispetto alle palle alte. Proprio le uscite alte, per altro, sono la mia specialità, così come sono caratterizzato da una grande reattività nei tiri ravvicinati. Non solo punti di forza, comunque: il mio punto debole principale penso siano i rinvii, aspetto su cui devo sicuramente lavorare per ridurre il margine d’errore”.
Detto delle sue caratteristiche fisiche e tecniche, quindi, ci parla anche dei suoi idoli, degli esempi che prova a seguire: “Il mio ideale è Julio Cesar, ma il miglior portiere con cui abbia mai avuto la fortuna di giocare è Matteo Sereni. Stratosferico”.

Danilo che proprio come questi due portieri vorrebbe vivere il proprio sogno: “Riuscire ad esordire tra i professionisti per poi affermarmi ad alti livelli”.

Ma se potesse rubare una caratteristica a qualcuno, cosa sceglierebbe? “Vorrei assomigliare a Marchegiani nella sua capacità di intervento sulle palle alte, specialità della quale è sicuramente stato uno dei maggiori interpreti”.
E, sempre a proposito di caratteristiche proprie di un portiere, è proprio vero, chiedo io, che i portieri hanno tutti in sè un pizzico di follia? “Sicuramente sì. Molte volte sarebbe impossibile fare certi interventi senza quel briciolo di follia”.

Per intanto, comunque, resta un giocatore della Primavera. E, come tale, ha senz’altro un’ottima conoscenza della realtà giovanile italiana attuale. Impossibile per me, quindi, non chiedergli un suo parere al riguardo: “In alcune realtà il livello è molto alto, basti pensare alla situazione di squadre come Juventus, Inter, Palermo e Fiorentina, ma non solo. Mediamente comunque direi che il livello non è eccelso: purtroppo la realtà è che ultimamente si fa molta fatica a puntare sui giovanissimi nonostante all’estero ci siano esempi lampanti di progetti “verdi” ben riusciti (vedasi Barcellona ed Arsenal)”.
E qui apro una parentesi personale di commento a questa risposta. Perché l’analisi di Danilo è lucidissima. Senza volermi dilungare in spiegazioni al riguardo per non spostare il punto del discorso resta il fatto che mi sento di condividere praticamente in toto questa sua affermazione. In Italia non mancano certo talenti interessanti tra i ragazzi con meno di vent’anni, il problema vero, a mio avviso, riguarda la cultura sportiva che abbiamo qui. E questo porta appunto a tralasciare un po’ la cura e la crescita dei nostri giovani, quando invece proprio gli esempi citati da Danilo dovrebbero far capire come coltivare i talenti fin dalla tenerissima età paghi, quando lo si fa bene.

Sempre inerentemente allo stato del nostro calcio giovanile, comunque, era d’obbligo anche chiedergli di farmi qualche nome, magari partendo dai propri compagni di squadra. In particolar modo da quello con cui ha più affiatamento: “Sicuramente Balzo, ragazzo con cui gioco da dieci anni. Lo reputo anche un ottimo giocatore, peraltro, e lo ha dimostrato proprio al Viareggio. Ma non è il solo giocatore dotato tecnicamente tra i miei compagni: Benedetti credo abbia un grande futuro davanti a sè, ad esempio, così come Miello. In assoluto, però, credo sia Suciu il più forte: mostruoso palla al piede ed in progressione, in più ha anche un senso tattico molto raro”.
Mentre tra gli avversari? “Ho giocato contro gente come Marilungo, Poli ed altri che si sono già imposti in prima squadra. Altri nomi di sicuro avvenire sono quelli di Marrone, Giannetti, Schenetti, Strasser ed Esposito, solo per citarne alcuni”.

Detto del calcio giovanile si passa quindi al calcio italiano nel suo insieme, con un pensiero alla nazionale: “Sicuramente lo stato del nostro calcio non è ottimale, anche se resta tra i top mondo. Altrettanto sicuramente il pensiero di poter vestire un giorno la maglia della nazionale è per me un sogno…”

Vittorie, sogni, obiettivi… passato e futuro si mescolano nelle parole di un diciannovenne che proverà ad imporsi ai massimi livelli del nostro calcio grazie a talento, passione e lavoro.

Ma il calcio non è l’unica passione di Danilo, che al di fuori del campo da gioco resta un ragazzo come tutti: “Amo stare in compagni degli amici, quelli veri… quelli con cui esco da una vita: Alessio, Riccardo, Giacomo, Mirco. Mi piace poi ascoltare musica, prevalentemente italiana, amo qualsiasi tipo di primo piatto e vado matto per la milanese, soprattutto se a farla è mia nonna: in quel caso me ne divoro anche cinque o sei per volta. Sono legatissimo a mio cugino – di un anno più grande di me – tanto che passiamo moltissimo tempo assieme, ultimamente anche in coppia essendo ora entrambi fidanzati. Da otto mesi infatti stò con Cristina, una ragazza di due anni meno di me che è la sola che sia mai riuscita a farmi innamorare e l’unica con cui abbia progettato qualcosa per il futuro. Sono anche un amante del cinema e mi diletto nello sfidare i miei amici alla Play Station. Per quanto riguarda le serate amo passarle in maniera tranquilla, a bere qualcosa con amici o sul divano davanti ad un film con la mia ragazza o mia sorella”.

E per il futuro? “Mi piacerebbe rimanere in questo campo oppure, più in là, andare a vivere in qualche località di mare con la mia famiglia, aprendomi un bar sulla spiaggia”.

Per intanto Danilo resta coi piedi ben saldi a terra. La prima squadra è là che lo aspetta, e se saprà guadagnarsela sicuramente la raggiungerà.

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