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Nato il 19 aprile del 1990 a Tijuana, nello stato di Baja California in Messico, Héctor Miguel Herrera López è un centrocampista tuttofare che dopo essersi imposto nel professionismo con la maglia del Pachuca è sbarcato in Europa, al Porto, un paio d’anni or sono.

Le cose migliori il Zorrillo le ha sicuramente messe in mostra con la maglia d’El Tri, la nazionale del suo paese, che ha onorato fin dalle rappresentative giovanili.

Nel 2012 gioca il Torneo di Tolone vincendolo ed imponendosi come MVP della manifestazione. Nello stesso anno arriva anche la vittoria nel torneo di qualificazione olimpica della CONCACAF, nonché la storica imposizione alle Olimpiadi di Londra.

Dopo aver poi giocato un buonissimo Mondiale in Brasile lo scorso anno si è imposto nella Gold Cup disputatasi questo luglio tra gli Stati Uniti ed il Canada.

Al Porto le cose sono invece andate un po’ meno bene, per quanto anche con la maglia dei Dragões il buon Herrera abbia messo in mostra tutte le sue qualità, disputando da assoluto protagonista la scorsa stagione, con 33 presenze in Liga Sagres ed 11 in Champions League (con un totale di 3 goal all’attivo).

180 centimetri per 74 chilogrammi, il Zorrillo è un centrocampista che suole agire prevalentemente come interno di centrocampo o mezz’ala, a seconda della disposizione tattica scelta dall’allenatore.

Héctor Herrera è il classico giocatore che non eccelle in niente ma è bravo in tutto.

Non ha una grandissima velocità di base, apparendo anzi un po’ compassato nel suo incedere, ma non è nemmeno lento. Non ha un tiro da campione, ma sa farsi valere dalla media distanza sia per precisione che per potenza. Non è un funambolo palla al piede, ma sa saltare l’uomo. Non è un regista puro, ma ha visione di gioco. Non ha la colla sul piede, ma è in possesso di un buonissimo controllo di palla e di un’ottima conduzione della stessa.

Insomma, è un centrocampista box to box che sa aiutare la squadra in fase di ripiegamento tanto quanto dare una mano in costruzione, rifinire il gioco e perché no andare a concludere quando gli si presenta l’opportunità.

Proprio questa mattina, poi, il ragazzotto di Tijuana è stato accostato ad una squadra italiana, il Napoli.

Debbo dire che per lui ho avuto da subito un debole calcistico, fin dalla prima volta che l’ho visto giocare. Perché pur non essendo un fenomeno ha qualità importanti ed ancora margine di crescita. Credo possa quindi diventare un giocatore capace di recitare senza sfigurare sui palcoscenici europei, come del resto ha già dimostrato nel corso della scorsa Champions League.

Fossi nel Napoli, quindi, lo acquisterei senza remore, se potessi.

Certo è che però difficilmente, arrivato in Campania, potrebbe imporsi tanto facilmente.

Lo scenario è chiaro: nel centrocampo a 3 costruito da Sarri Herrera avrebbe senso se usato come mezz’ala, più che come centrale. Quindi, niente lotta per un posto al sole con il duo Jorginho-Valdifiori, ma dualismo con Allan ed Hamsik.

Il primo, però, mi sembra un giocatore oggi insostituibile. Sulla scorta di quanto fatto vedere negli ultimi anni ad Udine, dove si impose come il miglior recupera-palloni del campionato, il brasiliano mi sembra irrinunciabile, in una logica di equilibrio del club napoletano.

Un po’ allo stesso modo, pur con motivazioni diverse, difficile scalzare Marek Hamsik, che dopo un periodo un po’ appannato pare sia tornato su buoni livelli grazie alla “cura” dell’ex tecnico empolese.

Va però detto che il Napoli è una squadra competitiva e che sarebbe bello provasse a competere su tutti i fronti, sia in Italia che in Europa.

Per fare ciò ha ovviamente bisogno di alternative di livello. Ed in questo senso Héctor Herrera, che in Portogallo ha iniziato la stagione trovando un po’ meno spazio del passato, potrebbe essere una buonissima presa…


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Ieri ho scritto un pezzo per spiegare come la penso sull’affare Gabbiadini-Napoli visto dal punto di vista di questi due soggetti. Oggi invece ne parlerò dal punto di vista delle società che, se l’affare si chiuderà, si troveranno a cedere il ragazzo.

Partiamo dalla Juventus, squadra che ne acquistò il 50% del cartellino il 24 agosto 2012 per girarlo poi subito al Bologna in prestito. Gabbiadini che in realtà non ha – ancora, almeno – mai vestito la maglia della Juventus. Al termine di quella stagione, infatti, venne riscattato dalla Vecchia Signora, che ne girò però subito una metà proprio alla Sampdoria.

Juventus che in questi anni ci sta abituando a questo tipo di politica: molti sono i giovani italiani di cui ha detenuto almeno parte del cartellino ma che ha mandato in giro per l’Italia a fare un po’ di esperienza (da Berardi a Zaza passando per Immobile, Rugani e lo stesso Gabbiadini).

Questo tipo di politica, sicuramente interssante, sta però ad oggi fruttando solo qualche plusvalenza (in attesa che Rugani possa sbarcare in Bianconero già a gennaio, come sembra). Forse un peccato, dato che il capitale umano potrebbe forse valere un po’ di spazio in squadra.

In particolare, a mio avviso, in questo caso. Lo sostengo da quando lo vidi giocare per la prima volta (stava ancora nella Primavera atalantina): Gabbiadini ha qualità importanti. E la Juve, che ci ha visto bene due anni e mezzo fa allungando le mani sul suo cartellino, avrebbe dovuto trovare un po’ più di coraggio e provare a lanciarlo.

Ma la Juventus, si sa, viaggia ad un livello in cui lanciare i giovani è sempre difficile. Se l’obbligo è quello di vincere, infatti, le possibilità di errori sono ridotte a zero. E puntare su un giovane non ancora affermato alza sicuramente le chance di sbagliare.

Diverso invece, e probabilmente ancora peggiore, il discorso che possiamo fare in relazione alla Sampdoria. Che oggi gioca – solitamente – con tre punte: Eder, Okaka e lo stesso Gabbiadini.

Addirittura radiomercato dà buone possibilità che a partire già a gennaio siano i due italiani. Che così lascerebbero non poco sguarnito l’attacco doriano, che ha trovato una sua ottima dimensione (come per altro confermato dal match di ieri, vinto con il Verona ed in cui sono andati a segno tutti e tre).

Un giocattolo, quello dell’attacco del Doria, che sta funzionando. Perché romperlo a metà stagione?

Il precedente, per altro, è poco edificante e dovrebbe far riflettere a fondo Ferrero ed i suoi dirigenti. Vi ricordate come finì quella stagione in cui la Samp cedette a gennaio i suoi due attaccanti sin lì fondamentali nel buon andamento della squadra?

Retrocedette.

Ora, io certo non voglio dire che succederebbe la stessa cosa in questo caso. Ma certo è che se ora la Sampdoria è quarta e può addirittura giocarsi la Champions – a patto però che il Napoli continui a stentare – difficilmente il rendimento potrà restare lo stesso se venissero ceduti sia Okaka che Gabbiadini.

In particolare, poi, quest’ultimo è il miglior marcatore della squadra. E non solo. Come dimostrato ieri sera sa fare grandi cose anche in fase di rifinitura. Insomma, è il giocatore più di qualità della squadra.

A margine: per sostituire i due, qualora davvero partissero, si parla di un ritorno proprio di Pazzini e Cassano. Eventualità sicuramente affascinante, ma che tecnicamente parlando risulterà – con ogni probabilità – deficitaria.

Quindi Ferrero, se mai dovessi passare di qua, ascolta il mio consiglio: tieni Okaka e Gabbiadini – o almeno quest’ultimo – sino a fine campionato!

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Nel corso dell’ultima settimana radiomercato ha parlato con insistenza della possibilità che Manolo Gabbiadini lasci la sponda blucerchiata di Genova per trasferirsi a Napoli.

Secondo i soliti beninformati la trattativa dovrebbe chiudersi sui 13 milioni totali (di cui la metà finirebbe alla Juventus, proprietaria del 50% del cartellino). Una cifra che personalmente reputo congrua al valore di un giocatore che ha dimostrato di avere dei numeri, ma che ancora ha dimostrato pochino tra i professionisti per poter vantare valutazioni eccessive.

Per quanto riguarda lo stipendio, invece, ancora non si sa come si accorderanno le parti. Si parlava di 1,2 milioni più bonus, sul modello del contratto firmato da Insigne, ma pare che il giocatore voglia qualcosa in più, a salire nel corso delle stagioni. Ma questo si vedrà.

Interessante è più che altro andare a capire se l’eventuale – perché di ufficiale ancora non c’è nulla – sbarco di Gabbiadini in quel di Napoli sarebbe un acquisto sensato da parte della società europea ed una meta valida per il giocatore stesso.

Per quanto concerne il Napoli, sicuramente l’acquisto sarebbe interessante. Manolo Gabbiadini è un giovane calciatore di classe che pur senza far intravvedere le stimmate del Campione di certo ha i numeri per diventare attaccante di livello.

In particolare di lui mi colpisce una cosa: la tecnica di tiro.

Avete presente quando giocando a PES – sono anni che non lo faccio, ma mi ha segnato l’adolescenza! – si scorrevano i valori dei propri calciatori e quando si arrivava al calcio si potevano apprezzare tre differenti peculiarità: potenza, precisione e tecnica?

Ecco. Gabbiadini ha un tiro discretamente potente e sicuramente preciso. Impreziosito proprio da una tecnica sublime. Di certo in questo fondamentale è uno dei giocatori migliori del nostro calcio.

L’ex atalantino comunque non è un giocatore che inizia e finisce lì. Il bagaglio tecnico è importante anche al di là del tiro. In più è piuttosto intelligente ed educato anche da un punto di vista tattico.

Inoltre è duttile. In carriera ha infatti dimostrato di poter occupare un po’ tutti i ruoli dell’attacco: prima e seconda punta, così come esterno (ruolo in cui lo impiega prevalentemente Mihajlovic).

Per quanto concerne il suo adattamento all’eventuale nuova realtà di Napoli, però, resta una piccola zona d’ombra. Giocatore tutto mancino, predilige – quando viene fatto giocare largo – partire da destra per rientrare e poter liberare il tiro. I partenopei, però, teoricamente dovrebbero star cercando un giocatore in grado di agire sulla fascia opposta, là dove è venuto a mancare Insigne a seguito del suo brutto infortunio.
Riuscirà il buon Manolo, qualora l’intenzione di Benitez sia sfruttarlo davvero come “vice-Insigne” ad adattarsi a sinistra?

Venendo a lui, Napoli rappresenta sicuramente una piazza importante. Un’occasione cui è difficile rinunciare.

Ecco perché Gabbiadini “non può” rifiutare i partenopei. Certo, in molti dicono che sarebbe meglio terminare la stagione a Genova. E probabilmente non hanno tutti i torti. Ma treni come questi c’è il rischio non ripassino più. E allora come si può pensare di restare sulla banchina a vederli ripartire?

La discussione sulla collocazione tattica, comunque, resta zona d’ombra anche in relazione a lui. Non solo perché tra tutti i ruoli possibili quello eventuale di ala sinistra è forse quello sulla carta meno adatto ad un giocatore così, ma soprattutto perché – a parere di chi scrive, s’intende – l’ideale per lui sarebbe poter giocare più vicino alla porta, di modo da poter salire di tono in zona goal.

Sono infatti convinto che un giocatore con la sua qualità – tecnicamente è molto superiore a Ciro Immobile, capocannoniere dell’ultima Serie A – possa segnare comodamente 15 goal, se messo nelle giuste condizioni. Logico però che allargarlo significa in primis allontanarlo dalla zona calda, in secondo luogo chiedergli un lavoro in fase di non possesso sicuramente molto più logorante che a farlo giocare davanti.

Ecco perché personalmente preferirei vederlo giocare in una squadra che gli permetta di stare più vicino alla porta avversaria: c’è un feeling col goal che aspetta solo di essere consacrato anche tra i pro.

Nel complesso, comunque, quella di Gabbiadini è una presa sicuramente interessante per il Napoli, che si tutela con un giocatore di qualità capace di giocare in più zone del campo.
Perché attenzione, anche questa è una cosa da tenere in considerazione: nel calcio di oggi le cose cambiano rapidamente. Nulla vieta che a fine stagione, dopo sei mesi di adattamento, Gabbiadini si possa trovare a giocare in un ruolo a lui – secondo me – più congeniale.

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Il responso non dà scampo: Lorenzo Insigne si è rotto il legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Operato oggi a Villa Stuart dal professor Mariani, dovrà stare fermo non meno di 4-6 mesi per poter recuperare.

In pratica, stagione finita.

Perché prima di poter tornare a lavorare in vista d’un match è plausibile che si farà maggio. E a quel punto vorrebbe dire rivedere Insigne in squadra a partire dalla prossima stagione, dal ritiro di Dimaro.

Ora, però, c’è da pensare alla stagione in corso. Alla lotta Champions (difficile, per quanto non impossibile, che il Napoli possa lottare davvero per qualcosa di più). Ad una Europa League che darebbe prestigio e ranking migliore, anche se non grandi incassi. E, perché no, ad una eventuale sostituzione di “Lorenzo il Magnifico”.

Perché l’infortunio ad Insigne apre sicuramente un problema, che il Napoli dovrà comunque affrontare. Con tre possibili soluzioni.

1 – Si fa con quel che si ha.

Il Napoli ha una rosa ben fornita. 25 giocatori, di cui quattro portieri. Il che significa 21 giocatori di movimento. 20 senza Insigne. Sulla carta, due per ruolo.

A questo punto Rafa Benitez, in accordo con la società, potrebbe decidere di accontentarsi di quello che ha sino alla fine del campionato. Magari, eventualmente, attingendo alla formazione Primavera in caso di necessità.

I trequartisti sono però sei. Ne restano quindi solo cinque di ruolo, con l’indisponibilità di Lorenzo (Hamsik, Callejon, Mertens, De Guzman e Michu).

Certo, si potrebbe pensare, eventualmente, di adattare Jorginho. O magari spostare più avanti Zuniga. Ma la coperta, soprattutto in caso di altri infortuni, resterebbe comunque corta. Ed il Napoli, ad oggi, deve comunque pensare ad essere competitivo su tre fronti.

2 – Si cerca un “usato sicuro” per infoltire la rosa.

Qualora si decidesse di intervenire sul mercato ma senza spese sostanziose si potrebbe provare a cercare un giocatore che per quanto non in linea con i parametri cui solitamente si attiene De Laurentiis possa aiutare la squadra almeno sino al termine della stagione. Quindi, un’ala – possibilmente di gamba – che per quanto senza margini di crescita possa garantire un certo tipo di resa nel breve periodo.

Per esemplificare questo concetto, un giocatore alla Dirk Kuyt (magari non Kuyt, che in Turchia guadagna tanto e che difficilmente il suo club mollerebbe nel mezzo della stagione, visti i traguardi da raggiungere) che sia dotato di abnegazione, buone capacità tecniche e che sappia integrarsi negli schemi di Benitez (ed in questo senso l’olandese sarebbe perfetto, avendo già lavorato a lungo con il tecnico iberico).

Acquistando un giocatore di questo tipo si lancerebbe anche un messaggio importante allo stesso Insigne, a mio avviso. Una roba tipo “torna presto, noi ti aspettiamo”.

3 – Si scandaglia il mercato alla ricerca di un giocatore in rampa di lancio.

L’ultima eventualità, tutt’altro che trascurabile, sarebbe quella invece di andare a cercare delle occasioni interessanti per colmare il vuoto creatosi in rosa con l’acquisto di un giocatore con buoni margini di crescita e che possa quindi, perché no, andare a contendere a Mertens (e domani anche allo stesso Insigne) la titolarità nel ruolo di ala.

Il che vorrebbe dire che con Hamsik e Callejon praticamente intoccabili l’anno prossimo ci si troverebbe in una condizione del tipo “tre uomini per una maglia”. Quindi, almeno in teoria, si sancirebbe il fatto che a fine stagione uno dei trequartisti a disposizione dovrebbe partire, col rientro di Insigne.

In questo senso, per altro, si fanno già un paio di nomi. Quelli di Andrè Ayew – 24enne esterno mancino ghanese (ma di passaporto francese) – e di Paul-José Mpoku – 22enne ala belga nativa di Kinshasa -, due giocatori dai profili interessanti e dai costi probabilmente accessibili, essendo entrambi in scadenza a giugno.

A margine, un’ultima considerazione: Lorenzo Insigne non sarebbe mai potuto diventare una sorta di nuovo Roberto Baggio – né tantomeno di novello Maradona -, ma di certo aveva il potenziale per diventare giocatore di livello internazionale. E proprio in questo inizio di stagione stava dimostrandolo: prestazioni nettamente migliori di quelle del suo collega-antagonista Mertens (settimo miglior attaccante della Serie A, come media voto, secondo Fantagazzetta – 6,33 contro 5,7 -, rating di 7.05 – contro 6.73 – su WhoScored) e la forza, in primis caratteriale, di provare a scuotere e sospingere la squadra in un momento difficile, sino alla rinascita del collettivo-Napoli.

Ed è davvero un peccato che questo brutto infortunio, che potenzialmente potrà pesare sullo sviluppo della sua carriera, sia avvenuto proprio nel momento migliore della sua vita da professionista.

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Il Napoli gioca benissimo, strameritando, per buona parte del match. Peccando però in quanto a cinismo: costruisce diverse azioni da goal, ma manca di lucidità e freddezza sotto porta. Il che significa grande prestazione per Fabiano, sostituto del tanto mediocre quanto fortunato (nel match di andata) Helton. Ma soprattutto eliminazione.

Perché dietro bastano poi due sbavature, cinicamente – qui si – sfruttate dal Porto, per veder crollare il castello di carte.

Suicidio sportivo perché stasera il Napoli ha strameritato la gara. Sciupandola. Anzi, gettandola via in maniera assurda.

Un triplice peccato: da una parte per la prestazione di stasera, dall’altra per il calcio italiano di per sé, infine per quanto concerne questa edizione dell’Europa League. Che vede e avrebbe comunque visto la Juventus favorita, ma rispetto cui il Napoli qualche chance l’aveva eccome.

Uno dei migliori talenti nati in Italia ad inizio degli anni novanta, ancora stenta a decollare.

Logico che si inizi a pensare possa essere stato un po’ sopravvalutato dopo le grandi prestazioni mostrate sotto la guida di Zeman, allenatore che da sempre sa far rendere più del lecito le proprie punte (quand’anche esterne, come nel suo caso).

Nuovo Totti non lo sarà senz’altro, ma di certo può dare molto più di quanto mostrato in queste due prime stagioni di Napoli.

Anche stasera non è stato particolarmente brillante, mangiandosi anche un paio di occasioni chiarissime e ghiottissime per diventare eroe della sua città.

Un vero peccato per lui, che pure Sacchi indicava essere come uno dei nostri migliori talenti.

Il timore, ora, è che possa rimanere – anche lui, ahinoi – una sorta di incompiuto.

Tanto stasera quanto – o ancor più – in Portogallo le due difese hanno messo in mostra limiti evidenti.

La parziale giustificazione odierna per il Porto è l’assenza di due titolari su quattro. Il Napoli, invece, ha giocato paradossalmente meglio stasera che non ad Oporto, regalando però due sbavature decisive, sfruttate in maniera molto cinica dagli avanti avversari.

Paradossalmente, quindi, proprio qui sta la differenza: dopo il paio di miracoli del primo scontro Reina nulla ha potuto sugli unici due tiri nello specchio di stasera.

Il Napoli invece all’andata fu fermato da non poca sfortuna (come non ricordare la parata casuale di tacco di Helton, ad esempio). In questo ritorno non ha però avuto quella freddezza necessaria a chiudere prima un match dominato.

Alla fine, quindi, la differenza l’ha fatta il cinismo degli attacchi.

Cinismo è la parola più in voga di stasera.

Ho visto tanto l’andata quanto il ritorno, e penso di poter dire con cognizione di causa che sui 180 minuti meritasse il Napoli.

Che però non è stato cinico – né fortunato, va detto – né all’andata né al ritorno.

Alla fine torna sì a casa con due reti realizzate, ma oggettivamente se andiamo a rivedere tutte le tante occasioni costruite nei due match non solo avrebbe potuto ma avrebbe dovuto realizzarne almeno quattro o cinque, se non sei.

Ad un certo livello, è risaputo, certi errori si pagano. Ed esattamente come per la gara con l’Arsenal, se sprechi tanto è facile che si finisca col pagarla.

Come stasera.

Quaresma aveva anch’esso, un po’ come Insigne, un talento tutt’altro che sottovalutabile.

Intendiamoci, non stiamo parlando di un altro possibile crack alla Cristiano Ronaldo. Ma sicuramente dalla sua carriera ci si aspettava qualcosa in più.

Si è però fatto limitare dalla sua scarsa propensione all’incisività più, forse, la sua ricerca di qualche colpo ad effetto di troppo, come la famosa Trivela usata spesso, potremmo dire, un po’ a sproposito.

Stasera però ha siglato un gran bel goal. Ma soprattutto un goal importante. Decisivo.

Perché certo, dopo la rete di Ghilas le cose erano già difficilissime per il Napoli, che aveva solo venti minuti per trovare due reti. La sua segnatura, però, ha fondamentalmente posto la parola fine alla partita.

Certo, personalmente probabilmente avrebbe preferito fare uno scherzetto del genere alla sua ex Inter. Ma visti i tanti moti di scherno che hanno accompagnato la sua esperienza italiana (e quanto ne è seguito), direi che stasera avrà qualcosa di speciale da festeggiare, non solo la “semplice” vittoria.

La squadra è una buona squadra, e bisogna avere tempo e pazienza. Continuando a ben comportarsi in Europa – certo, questa sera sarebbe dovuto arrivare il passaggio del turno per incamerare altri punti – ed avendo un po’ di fortuna prima o poi il Napoli smetterà di avere gironi impossibili, in Champions League.

Ma anche pensando all’Italia, il divario con la prima della classe è ad oggi ancora netto.

Quindi De Laurentiis non può che continuare su questa strada. Fare degli sforzi per provare a rinforzare il club.

Certo però che se per acquistare giocatori importanti devi cederne altri, come Cavani, il gioco si fa duro.

Un’idea però, vista l’involuzione netta di questa stagione, potrebbe essere quella di cedere Hamsik.

Il timore, da fuori, è che possa sentire un po’ come in fase di esaurimento la propria esperienza napoletana.

Posto che sulla linea di trequarti la squadra non è comunque messa male, il suo sacrificio potrebbe essere utile.

Per fare un ulteriore salto di qualità la sensazione è che possano mancare un paio di top player o giù di lì tra difesa e centrocampo…

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Ieri un tweet di Pietro Nicolodi ha scatenato un po’ di reazioni in rete e una serie considerazioni in me su quello che è Gonzalo Higuain.

Un giocatore che chi mi conosce sa non essere tra i miei preferiti. Ma che nel contempo resta una punta di buonissimo livello.Gonzalo Higuain

La questione è: un giocatore di questo genere rientra nella tanto inflazionata definizione di top player?

Vedendo quanto è stato pagato la risposta sarebbe automatica: sì. Forse, però, la sua valutazione di mercato è un pochino più alta del suo effettivo valore.

Parlando genericamente di lui ci sono delle cose che saltano all’occhio: punta dotata di un’ottima base tecnica e di un fiuto del goal comunque notevole, ha sicuramente limiti evidenti ma nel contempo non ci sono moltissimi bomber che gli sono indubbiamente superiori, al mondo.

In più credo che, nei prossimi anni di carriera, possa maturare ulteriormente, accrescendo il proprio – già tutt’altro che disprezzabile – livello di gioco.

Se dovessi provare a “pesarlo”, però, non lo farei rientrare nella categoria “top player”.

Dove per top player intendo un giocatore di valore assoluto, che sappia impattare sui match in maniera più o meno sempre significativa.

Higuain, come detto, è un buon bomber, ma comunque limitato. Un giocatore di alto ma non altissimo profilo.

Eppure è costato 40 milioni. Una cifra altissima, soprattutto per l’attuale mercato italiano.

Così mi sono messo a fare due conti. Un paragone per definire meglio i contorni di questa operazione.

Il parallelo quindi viene fatto in rapporto al mercato della Juventus che ha riguardato il reparto offensivo.

Intendiamoci. I moduli utilizzati dalle due squadre sono diversi. Però la cosa ritengo risulti comunque interessante.

Così se sommiamo i soldi spesi per l’acquisizione del cartellino dell’ex Real a quelli che ogni anno deve investire la società per pagargli lo stipendio arriviamo ad una cifra complessiva che, secondo i miei calcoli, dovrebbe ammontare a 83.5 milioni di euro circa. Un investimento sicuramente pesantissimo, anche se spalmato su base quinquennale.

Dal canto loro, invece, i dirigenti della Juventus hanno acquisito due nuove punte, ristrutturando così – efficacemente – il proprio reparto offensivo.

Ovviamente, parlo di Tevez e Llorente.

Il primo è arrivato per 9 milioni più sei di bonus, da pagare a seconda delle prestazioni e dei risultati raggiunti nelle prossime tre stagioni.
Il secondo è invece stato acquistato, come è noto, a parametro zero.

In questo caso l’operazione totale, compresa ovviamente di stipendi al lordo, ammonta a 71.1 milioni di euro.

Ovvero: la Juventus ha acquistato due punte spendendo complessivamente meno di quanto il Napoli ha speso per il solo Higuain.

Logicamente le situazioni non sono paragonabili. Ma siamo sicuri che il detto “chi più spende meno spende” sia sempre valido?

A parità di costo (senza contare il fatto che in questo caso, come si è visto, non è nemmeno una vera parità) meglio, in generale, acquistare il solo Higuain o affidarsi al duo Llorente-Tevez?Llorente Tevez

A voi l’ardua sentenza.

Io un’opinione ce l’ho. E credo si legga bene, tra le righe.

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Missione compiuta per il Napoli/2.

Perché quello che scende in campo al San Paolo contro i non certo irresistibili svedesi dell’AIK è un Napoli zeppo di riserve belle e buone, senza con questo voler offendere o sminuire nessuno.

Ci sono però degli aspetti che rendono comunque interessante anche questa squadra e questo match: la presenza di alcuni giovani che, come da tradizione per un allenatore non certo disponibilissimo verso i giovani, in altri contesti non trovano moltissimo spazio.

Perché oltre all’argentino Fernandez dietro, affiancato però dagli espertissimi Gamberini ed Aronica, c’è un tridente verdissimo formato dal nuovo arrivo El Kaddouri, il cavallo di ritorno Insigne e l’oggetto misterioso Vargas.

Ed è proprio il cileno l’osservato speciale. Alla seconda presenza da titolare da quando è a Napoli (nove mesi circa) l’ex stellina dell’Universidad de Chile aveva fatto storcere il naso a più di qualcuno visto lo scarso feeling con il goal mostrato fino qui in Italia (certo però, mai messo in condizione di ben figurare).

Serve quindi la discesa in Campania dei Vichinghi per risvegliare un giocatore un po’ depresso negli ultimi mesi.

Perché l’AIK – poca roba nel complesso, pochissima dietro – si dimostra avversario ideale per il cileno.

La tripletta che sforna, infatti, è frutto sì delle sue qualità e soprattutto della sua voglia di riscatto ed imposizione, ma anche – probabilmente in primis – della pochezza del pacchetto arretrato svedese.

Basti guardare i goal: nel primo caso Johansson lo può anticipare comodamente, ma buca clamorosamente e lascia pallone e spazio a Vargas, per cui è un gioco da ragazzi bucare Turina.

La seconda rete è invece facilitata da Majstorovic, splendidamente ritratto dal commentatore tecnico di Fox Sports: un lottatore di lotta libera, troppo lento nei movimenti per poter evitare il raddoppio Azzurro.

La terza, infine, arriva su un’imbucata di Hamsik, entrato nella ripresa (su di lui torneremo più avanti) e bravo a servire nella profondità il compagno per il 3 a 0 che chiude definitivamente ogni discorso.

Per un Vargas che fa fuoco e fiamme e che si merita un otto pieno, un El Kaddouri invece non molto positivo. Il trequartista marocchino-belga, infatti, non sembra ancora essersi calato nella nuova realtà. Arrivato dal Brescia in estate, seguito da molti club importanti, tecnicamente dotato, andrà aspettato senza bruciarlo.

Discreta, invece, la prestazione di Insigne, che quando parte palla al piede fa sempre paura e che nel primo tempo cerca un goal “alla Oscar”, giusto per ricollegarci alla perla del brasiliano di ieri sera.

Hamsik, dicevamo. Entra e serve a Vargas il 3 a 0. Poi, poco più tardi, viene messo a terra da uno spintone di Johansson, reagisce e si becca un cartellino rosso che, a regolamento, ci sta tutto. Vedremo ora cosa deciderà il giudice sportivo: di certo almeno un paio di giornate dovrebbe saltarle.

Buona, nel complesso, la vittoria di questo Napoli/2, insomma.

Che inizia bene e dopo nemmeno dieci minuti è in vantaggio. Ma che poi stranamente si ferma, nel corso della prima frazione, lasciando uscire troppo l’AIK. Che, per fortuna di Mazzarri ed i suoi, è poca roba, come detto. Contro un avversario di altro valore lasciare andare così tanto la partita può voler dire buttare via il vantaggio.

Nella ripresa, per fortuna, i napoletani tornano in sé e decidono di chiudere il match tornando a giocare ai loro livelli.

Positivo anche il fatto che i partenopei, rimasti in 10, non molleranno nulla. Anzi, troveranno anche il 4 a 0 con Dzemaili, anche lui entrato nella ripresa, con un tiro da fuori deviato da Majstorovic.

Del resto il calcio italiano è in crisi. Ma ad oggi le riserve del Napoli restano superiori ai titolari dell’AIK Solna.

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Il reparto offensivo del Napoli ha perso in estate uno dei suoi tre pezzi da novanta, quell’Ezequiel Lavezzi trasferitosi a Parigi convinto dai petroldollari di cui si fa forte Leonardo, che si traducono in un progetto importante di “dominazione globale”.

Lavezzi che è stato comunque sostituito in maniera tutto sommato degna: dall’Inter è arrivato il macedone Pandev, già ambientatosi nella seconda parte della scorsa stagione, e da Pescara è rientrato all’ovile il figliol prodigo Insigne, golden boy del calcio nostrano su cui è utile Mazzarri decida di costruire il Napoli del futuro.

Negli ambienti del mercato nostrano, pur depresso dalla crisi che il nostro calcio, tanto quanto il nostro paese, sta attraversando, si vocifera però che De Laurentiis non sia ancora sazio e che stia iniziando a gettare le fondamenta di un’operazione di mercato da compiersi tra gennaio ed il prossimo giugno e che vedrebbe il rientro in Italia di uno dei – sempre più numerosi – talentini che lasciarono il Belpaese per cercare fortuna all’estero: Giuseppe Rossi.

L’italoamericano, infatti, ben si è comportato, sfortuna permettendo, in quel di Villareal. Con il Sottomarino Giallo che, non a caso, ha patito tantissimo il suo infortunio dello scorso anno. Perso il talento dell’ex United, infatti, la squadra che solo l’anno prima aveva chiuso in zona Champions è sprofondata sempre di più in classifica, fino a retrocedere.

Logico che trovandosi oggi in quella che in Italia chiamiamo Serie B il Sottomarino non possa più permettersi di trattenere un certo di giocatori, soprattutto a fronte dei lauti stipendi che deve versare loro.

Va insomma da sé che un giocatore come Giuseppe Rossi, pur profondamente minato dagli ultimi due gravi infortuni che ne hanno impedito la partecipazione all’ultimo Europeo e non gli daranno modo di scendere in campo prima del 2013, possa rappresentare un investimento importante per tante società, soprattutto di fascia medio-alta.

Non è quindi un caso se in questi giorni, tra i vari sussurri di mercato, ci sia stato chi abbia paventato anche l’ipotesi Milan.

Affascinante, però, sarebbe soprattutto quella legata al Napoli, che con l’acquisto dell’ex Red Devils arriverebbe a costruire un attacco di valore assoluto, specialmente se rapportato al campionato italiano, e soprattutto di età ancora piuttosto verde.

Prova a immaginare, in un futuro non troppo lontano, di vedere gli Azzurri scendere in campo con un goleador eccezionale come l’uruguaiano Cavani accompagnato da una seconda punta tecnica e ficcante come il buon Giuseppe. Il tutto impreziosito dal sostegno vivace e fantasioso di Lorenzo Insigne, giocatore per cui Prandelli in primis, in questi giorni di amichevole internazionali, ha speso parole di profonda stima e ammirazione.

Ma quello di Rossi sarebbe un acquisto importante anche, e forse soprattutto, qualora la stessa stella della nazionale Celeste dovesse partire, magari l’anno prossimo.

Eventualità che, inutile dirlo, per molti sembra sempre più prossima.

E allora se tridente dei sogni non potrà essere resta scontato sia fondamentale, per una squadra ambiziosa come il Napoli, rimpiazzare al meglio i campioni partenti.

Certo, caratteristiche, e probabilmente anche valore assoluto, sono diverse tra il bomber ex Palermo e la stellina nata negli States e poi cresciuta tra Parma e Manchester. Inutile dire, però, che l’arrivo di quest’ultimo potrebbe sicuramente far ingoiare un po’ meno amaramente la partenza di una delle stelle più luminose del firmamento partenopeo.

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Partiamo da un assunto importante: tutti i tifosi del Napoli dovranno ringraziare per sempre Walter Mazzarri per quello che ha fatto sulla panchina della loro squadra.

Basti pensare allo scorso campionato, giocato lungamente quasi alla pari col Milan campione. O alla splendida favola rappresentata dall’avventura in Champions quest’anno, dove da vittima sacrificale di un girone tostissimo il Napoli è stato capace di compiere l’impresa, crollando solo nel ritorno contro i futuri campioni d’Europa del Chelsea.

O, ancora, alla Coppa Italia appena vinta, capace di interrompere un digiuno di trofei che durava da troppo tempo per una squadra così importante ed un tifo tanto passionale come quello napoletano.

Posto questo, però, bisogna anche ricordare che “non tutto è oro ciò che luccica”, come si dice.

E allora se da una parte è vero che Mazzarri ha saputo fare grandissime cose sulla panchina del Napoli dall’altra è altrettanto indiscutibile il fatto che lo stesso non sembri il tecnico adatto per proseguire nello sviluppo del progetto De Laurentiis.

Perché è inutile girarci intorno: il Presidente ha fissato un tetto salariale piuttosto basso per i canoni dei top club europei. Tanto basso che non permetterà mai, stante così le cose, di aprire un ciclo capace di dominare in Europa come, per dire, ha fatto il Barcellona ultima in ordine di tempo.

Anche da qui nasce il probabilissimo addio di Lavezzi, che ovunque finirà (Inter, PSG o altro che sia) andrà sicuramente a guadagnare più di quello che prende e prenderebbe a Napoli.
Stesso discorso potrebbe essere valido per Cavani, che sicuramente interesserà molte squadre (prima fra tutte, pare, la Juventus di Conte, a caccia di un top player per l’attacco).

Poniamo quindi il caso che uno, o magari entrambi, dei “tre tenori” partano. Chi potrebbe prenderne il posto?

Certo, se veramente De Laurentiis riuscisse a strappare 30 milioni per l’argentino e addirittura 40 per l’uruguaiano avrebbe i capitali da investire sul mercato anche per qualche acquisto “pesante”.

Difficile però, con quel tetto ingaggi già citato, convincere un top player a prendere il posto del duo partente.

Anzi. Probabile che De Laurentiis, che solo a gennaio ha speso una decina di milioni per il cileno Vargas, sia convinto di avere già “in casa” i sostituti dei due partenti: lo stesso Vargas, appunto, più il genietto Insigne, che a Pescara sta facendo il diavolo a quattro.

In questo senso, però, il buon Mazzarri non pare sentirci. Il tecnico del Napoli infatti, notoriamente, non è mai molto ben disposto a dare grande spazio ai giovani, preferendo solitamente affidarsi a giocatori più navigati e di comprovata esperienza.
In questo senso non sarebbe certo contento di trovarsi a sostituire Lavezzi con Insigne.

Quale futuro per la guida tecnica dei partenopei, quindi?

De Laurentiis e il tecnico si incontreranno a giorni. E lì sapremo che ne sarà del loro rapporto.

L’incompatibilità di fondo sul “progetto giovani”, però, pare piuttosto palese. E allora, nonostante la stima e il riconoscimento di cui parlavo all’inizio, forse sarebbe giusto interrompere il rapporto con un anno di anticipo sulla scadenza naturale.

Chi puntare a quel punto, però?

Di nomi se ne vociferano un po’.

Ce ne sono due, però, che vedrei perfetti per un progetto giovani che non punti a vincere a tutti i costi: Bielsa e Zeman.

Non che convincerli sarebbe facile, probabilmente. Dato che entrambi hanno costruito due splendide realtà tra Bilbao e Pescara.

Però ad entrambi, grandissimi MAESTRI di calcio, non manca il coraggio di far giocare i giovani.

Il “Loco” l’ha dimostrato lanciando senza remore, tra gli altri, Muniain ed Aurtenexte, due che in Italia avrebbero probabilmente giocato in prestito in B l’ultima stagione.

De Laurentiis è Presidente vulcanico. Ma sicuramente non pecca in intelligenza.Zeman ha invece creato spettacolo assoluto con Verratti, Insigne (guarda caso…), Immobile, Caprari, Capuano, Romagnoli…

E allora ci pensi, De Laurentiis.

Perché se progetto giovani dev’essere le chiavi della squadra sarebbe bene darli in mano ad un maestro senza remore…

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E’ l’attuale capocannoniere del campionato olandese.

E se segni 14 reti in 13 partite non passi inosservato, nemmeno se ti trovi a giocare in un campionato di seconda fascia come è l’Eredivisie.

Lui è Bas Dost, il gigante di Deventer.

Ex nazionale giovanile olandese, Bas mosse i primi passi nel Germanicus per passare poi all’Emmen, dove l’8 febbraio 2008 realizzò la sua prima rete ufficiale nel calcio professionistico in un match contro il Fortuna Sittard.

A fine stagione il trasferimento all’Heracles Almelo, che sborsò 300mila euro per assicurarsi le prestazioni, e soprattutto il cartellino, di questo centravanti d’area.

L’acquisto di Bas Dost non era infatti visto solo in funzione migliorativa del roster degli Heraclieden. Ma anche, e soprattutto, come un investimento per il futuro.

Investimento che ha pagato dividendi alti. Passano due anni e il ragazzo, seguito anche da Ajax e Twente, si accasa all’Heerenveen, squadra in cui milita – e soprattutto segna – tutt’ora.

Due milioni e mezzo il prezzo pagato per lui, praticamente il decuplo di quanto la squadra di Almelo dovette sborsare per acquistarlo ventiquattro mesi prima.

Bas che sta crescendo molto. Lo dicono le statistiche.

La stagione 2008/2009 la chiuse con tre sole reti all’attivo. Che in quella seguente divennero 14 in 34 match, tutti giocati da titolare.

L’anno scorso, alla sua prima stagione ai Trots van het Noorden, furono 13 i timbri posti sul cartellino, frutto però di 10 sole partite disputate da titolare più altre 13 giocate da subentrante.

E quest’anno, come detto, il boom definitivo, che ha messo il suo nome al centro dell’attenzione degli esperti di mercato. 14 goal in 13 partite, frutto soprattutto della spettacolare prestazione disputata lo scorso 10 dicembre contro l’Excelsior quando Bas mise a segno ben cinque reti, affondando così la malcapitata terza squadra di Rotterdam.

Allo score fatto registrare in campionato vanno poi aggiunte le cinque segnature realizzate in KNVB Beker, l’equivalente della nostra coppa Italia. Due doppiette (FC Oss e Harkemase Boys) e una rete nel match contro il VVV Venlo, per un totale di ben 19 goal messi a segno nell’arco di 16 match.

Ed è un repertorio completo, il suo. Da attaccante di razza.

Goal di testa, ovviamente. Perché quando madre natura ti dota di un fisico di quel genere non puoi che essere forte nel gioco aereo.
Non solo quello, comunque. Tocchi sotto misura, goal di rapina, calci di rigore.

Per un fiuto del goal spiccato, che lo può rendere una delle punte di spicco nel panorama calcistico europeo.

Ma come dice il titolo questo pezzo non vuol solamente celebrare lo splendido stato di forma di una delle giovani punte che più si stanno mettendo in mostra nel corso di questa stagione.

Perché il nome di Bas Dost sta salendo alla ribalta in questi giorni non tanto per le reti realizzate quanto più per le voci di mercato che si stanno susseguendo sul suo conto.

Perché secondo quanto si inizia a vociferare da più parti sul gigante di Deventer si stanno muovendo due compagini nostrane: Napoli e Fiorentina.

Due squadre che sono alla ricerca di una punta da inserire a roster e che potrebbero puntare proprio sull’attuale capocannoniere dell’Eredivisie.

Qualche dubbio, però, su quando potrebbe chiudersi il trasferimento.

Probabile che il talentino Oranje possa infatti essere lasciato in Olanda sino al termine della stagione.

Questa, almeno, potrebbe essere una soluzione ottimale un po’ per tutti. Perché così il ragazzo potrebbe terminare la stagione trionfalmente, continuando a questi ritmi. E l’Heerenveen, inoltre, non si priverebbe della sua punta di diamante proprio ora che è in piena corsa per cercare di centrare l’Europa.

Ma non solo: acquistarlo oggi che la sua valutazione di mercato oscilla tra i 6 e gli 8 milioni di euro permetterebbe anche all’acquirente di assicurarsi le prestazioni future di uno dei talenti più interessanti d’Olanda senza spendere una cifra allucinante.

Perché inutile negarlo: se da qui a giugno Bas dovesse fare altri venti goal, oltre ad assicurarsi un posto per Euro 2012 vedrebbe soprattutto crescere – e di molto – la sua valutazione…

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