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Posts Tagged ‘Inghilterra’

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A due settimane dal focus sull’ultima stagione di Premier e relative possibilità della Nazionale inglese ai Mondiali, torniamo in Inghilterra per concentrarci, stavolta, sulla seconda serie d’Oltremanica, il comunque seguitissimo campionato di Championship.

Ad accompagnarci in questo nuovo tour due ragazzi molto attenti al calcio minore di Londra e dintorni: Alfonso Russo di UkCalcio e Marco Barbanera.

Partiamo dalla stagione regolare: il Leicester ha ucciso il campionato, 102 punti finali…

Alfonso: Bisogna tornare indietro con la memoria alla stagione 2009/2010 per trovare un’altra vincitrice della Championship con 102 punti: il Newcastle. Il Leicester non è stata una sorpresa. Da molti era data favorita, certo non con questo margine così ampio. C’è da dire comunque che quello di quest’anno è stato il punto di arrivo di una programmazione pluriennale che ha dato i suoi frutti. Sarà interessante vederli in Premier League.

Marco: ….ed era ora! Dopo una serie di stagioni deludenti, le ultime delle quali finite con cocenti delusioni proprio nelle battute finali, le Foxes hanno trovato l’alchimia giusta e hanno meritato ampiamente la promozione. Leicester è una piazza che senza dubbio merita di giocare del calcio di prima divisione.

Al secondo posto il Burnley, alle cui spalle sono finite Derby, QPR, Wigan e Brighton. Ai playoff l’ha spuntata il QPR. Cosa vi aspettate dalle tre neopromosse, nella Premier dell’anno prossimo?

Alfonso: Il QPR ha ottenuto la promozione proprio all’ultimo secondo nella finale plauoff contro il Derby. Nonostante tra le tre promosse sia quella dalla maggiore esperienza recente in Premier credo che dovrà soffrire. Il problema è che specialmente negli ultimi tempi la forbice tra le squadre piccole e medie si è allargata notevolmente dando poco spazio alle squadre di medio valore. Come detto in precedenza mi sembra che il Leicester abbia fatto una programmazione intelligente e potrebbe essere la sorpresa della prossima stagione, ma occhio anche al Burnley che viaggerà sulle ali dell’entusiasmo. Sarò importante valutare le strategie di mercato e la competitività delle rose.

Marco: L’errore più grave (e che spesso viene commesso dalle neopromosse in Premier League) è quello di pensare che confermando la rosa della promozione con un paio di aggiunte si possa far bene al piano di sopra: nulla di più sbagliato. E se Leicester e QPR partono da una buona base (anche se il QPR deve svecchiare la rosa e magari abbassare il monte ingaggi, clamorosamente alto), il Burnley ha veramente tanto da fare. Sean Dyche ha veramente compiuto un capolavoro, arrivando secondo con una rosa cortissima e spendendo una cifra ridicola sul mercato. Non basterà in Premier League, a meno di voler ripetere le “prodezze” del Derby County 2007-08. Nonostante il cospicuo premio in danaro che ricevono le tre promosse, lo scalino economico con le squadre di Premier League è veramente grande e in costante aumento. Dovessi fare un pronostico, direi salvezza tranquilla per il Leicester, lotta dura per il Q.P.R. e retrocessione per il Burnley.

A retrocedere sono invece Doncaster, Barnsley e Yeovil…

Alfonso: Per Barnsley e Yeovil è stata una stagione molto complicata sin dall’inizio e le due squadre non hanno quasi mai dato l’impressione di essere in grado di poter mantenere la categoria. Per il Doncaster discorso diverso. La retrocessione è giunta all’ultima giornata (sconfitta fatale proprio contro i campioni del Leicester). Retrocedere dalla Championship può crere molti problemi alle squadre coinvolte che non possono affatto sentirsi favorite in League One che, insieme alla League Two, è un torneo moto equilibrato e difficilmente prevedibile.

Marco: Per il Doncaster c’è stata un’inversione di fortuna rispetto alla scorsa stagione, nella quale conquistarono promozione diretta (e titolo) all’ultimo secondo grazie ad una incredibile partita contro il Brentford. Il pareggio all’ultimo istante del Birmingham contro il Bolton ha decretato la retrocessione del Donny che comunque non ha fatto molto per meritare la permanenza nel Championship. Stagione assolutamente anonima per il Barnsley mentre lo Yeovil – e di solito odio usare queste frasi – ha già “vinto” con la partecipazione a questo campionato. Pensate che Yeovil è stata la città più piccola nella storia del calcio inglese a partecipare ad un campionato di seconda divisione!

In generale, quali squadre sono state sorpresa e delusione dell’anno?

Alfonso:  Due delusioni. Il Nottingham Forest che viene dato – anche a ragione – favorito ogni inizio di stagione, vede poi miseramente crollare il suo rendimento da gennaio in poi. Difficile trovare il colpevole, ma credo che la società abbia molto di cui scusarsi con i tifosi. Seconda delusione il Watford che con Zola avrebbe dovuto compiere un decisivo salto di qualità e solo Sannino (vera sorpresa della stagione) ha posto fine ad una pericolosa discesa verso le ultime posizioni di classifica. Non mi aspettavo una stagione così ricca di continuità dal Derby County che è arrivato a pochi secondi dal realizzare un sogno.

Marco: La sorpresa – pur dovendo ripetermi – è stato il Burnley. Dato per spacciato ad Agosto (i bookmaker li davano tra i primi quattro favoriti…per la retrocessione), con un budget minimo ed una rosa risicata, ha realizzato una stagione da favola. Vokes e Ings hanno portato avanti la squadra a suon di gol e non si può non menzionare lo splendido lavoro di Sean Dyche, che ormai per tutti è “The Ginger Mourinho”. La mia personalissima delusione è stato invece il Charlton. Lo scorso anno, da neopromossi, chiusero il campionato a ridosso della zona playoff dopo un inizio disastroso. Quest’anno non solo non si sono mai avvicinati alla promozione, ma hanno rischiato seriamente di retrocedere. Hanno sbagliato nel non licenziare il loro manager, Chris Powell, tenuto solo per il buon run di FA Cup (ed esonerato all’indomani dell’uscita dalla coppa) e hanno anche subito un passaggio di proprietà nel bel mezzo della stagione. Inoltre, un prato di The Valley ridotto ad un pantano e il già citato buon percorso in FA Cup li hanno costretti ad una raffica di rinvii che si sono tradotti in un grande numero partite ravvicinate nella fase finale della stagione. Il prossimo anno bisogna seriamente cambiare la squadra se si vuole essere un minimo competitivi.

A livello di singoli, chi sono stati i migliori in stagione? C’è qualcuno che potrà fare il salto di qualità in una prima divisione, l’anno prossimo?

Alfonso: Jordan Rhodes e Troy Deeney hanno dimostrato di essere pronti a fare il salto di qualità e fossi in una delle neopromosse farei un pensierino su uno dei due. Segnare rispettivamente 25 e 24 reti in due squadre (Blackburn e Watford) che non hanno raggiunto alcun obiettivo importante in stagione ritengo sia un notevole biglietto da visita. In particolare Deeney è stato protagonista di un fantastico inizio di stagione.

Marco: Non si può non citare Jordan Rhodes. Il perché sia ancora in Championship è un mistero irrisolto del nostro tempo. Nelle ultime tre stagioni ha realizzato 40, 27 e 25 gol fra coppe e campionato, col suo passaggio al Blackburn nell’Agosto 2012 che è stato il trasferimento più costoso nella storia del calcio inglese al di fuori della Premier League, ben 8 milioni di sterline. Tutti aspettano il suo passaggio in Premier League e credo che questa sia l’estate buona per vederlo passare al piano superiore.

Parlando di giovani, quali sono i migliori messisi in mostra quest’anno?

Alfonso: La scelta potrà sembrare scontata ma è inevitabile. Will Hughes, classe 1995, è sicuramente un giovane da tenere d’occhio ed il fatto che sia stato insignito del premio The Football Leage Young Player of the Year non è cosa di poco conto. Ha già compiuto la trafila delle nazionali giovanili entrando già nel giro dell’under-21; lo ricordo tra l’altro per essere stato protagonista di una puntata di The Football League Show mettendo in mostra anche le sue qualità umane. Sul piano tecnico: ottimo controllo di palla e velocità nei passaggi. Da lui ci si aspettava di più nella finale playoff, ma bisogna essere più clementi con un diciannovenne. La prossima potrebbe essere la stagione della consacrazione.

Marco: Per quanto riguarda i giovanissimi, bene Mason Bennett del Derby, che ha giocato solo 10 partite di campionato prima di essere spedito in prestito al Chesterfield (dove però non ha mai giocato). Nonostante le presenze limitate, ha portato comunque a casa il premio di Young Apprentice per quanto riguarda il Championship. Mentre per quanto riguarda calciatori un po’ meno “giovani”, Will Hughes (sempre del Derby) merita assolutamente una menzione. Dopo l’esonero di Nigel Clough ha preso le mani del centrocampo disegnato da Steve McClaren, diventando praticamente inamovibile dall’11 titolare dei Rams. Anche per lui c’è stato un premio a fine anno, quello di Young Player Of The Year dell’intera Football League.

Infine, non possiamo non parlare del Leeds United, che nonostante McCormack (capocannoniere del torneo con 28 reti) non ha disputato una stagione brillante. Quali sono le prospettive del club recentemente acquistato da Cellino?

Alfonso: Le difficoltà societarie hanno giocato un ruolo decisivo nel rendimento stagionale del Leeds. E lo stanno giocando ancora. La complicata situazione con i creditori che dovrebbe trovare una soluzione in questi giorni, sta impedendo alla società di pianificare l’immediato futuro tanto che la panchina risulta ancora vacante. Cellino non è ben visto dai tifosi che sono comunque coscienti del fatto che senza il suo intervento la squadra avrebbe avuto notevoli difficoltà. Crdo di poter affermare che la prossima sarà una stagione di assestamento, ma sarà importante per il Leeds poterla pianificare il prima possibile.

Marco: McCormack ha fatto una stagione stupenda. Non è più giovanissimo (classe 1986) e quindi, a differenza di Rhodes, non credo possa veramente sfondare ad altissimi livelli, ma questo nulla toglie alla sua annata. A livello societario ci sono state enormi turbolenze. Il tira e molla fra Cellino e la Football League è durato per mesi e nel frattempo nella squadra regnava l’anarchia più totale. Brian McDermott è stato cacciato e ripreso nel giro di qualche ora, negli ultimi mesi di campionato ci sono stati grossi problemi col pagamento degli stipendi…veramente una brutta situazione e infatti la squadra ha “flirtato” per diverse giornate con la retrocessione. Ora la situazione pare essersi stabilizzata e Cellino e i suoi hanno tutta l’estate per rimettere in moto la società e riportarla verso la retta via. Una delle tante, tantissime piazze di Championship che meriterebbero il ritorno in Premier League.

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Dalla Francia all’Inghilterra il passo è breve. Basta attraversare la Manica.

Così salutato Mattia Rossi eccomi in terra d’Albione con Matteo Portoghese ed Antonio Cunazza, entrambi tifosi ed esperti del football di quelle latitudini.

City campione: successo meritato?

Matteo: Direi di sì, la squadra è cresciuta tanto in mentalità (e con meno sfortuna negli accoppiamenti sarebbe andata lontano in Champions) ed è stata, nell’arco dell’intera stagione, quella più continua. Vero che a lungo non ha condotto, ma per via del calendario intasato dagli impegni di coppa ha avuto quasi sempre delle gare da recuperare. Non sottovaluterei neanche la vittoria in Coppa di Lega: è vero che “conta” di meno della FA Cup, però resta un torneo storico con finale a Wembley. Insomma, meglio vincerlo, nel dubbio (specie per un club che in bacheca ha pochi trofei, rispetto ad altri).

AntonioSì, no, forse. Ancora adesso risponderei così. Quest’anno il campionato ha offerto una lotta al titolo senza precedenti e, qualunque fosse stato l’esito, ognuna delle prime 4 avrebbe potuto considerarla come un’occasione persa. Il Manchester City ha vinto perché ha saputo affrontare al meglio, da grande squadra, i momenti cruciali della stagione.

Quello del Liverpool è stato una specie di suicidio sportivo, tragicamente griffato dall’uomo simbolo di questa squadra: Gerrard. Quale futuro per i Reds? Saranno all’altezza del campionato appena terminato anche l’anno prossimo?

Matteo: Molti dicono che il Liverpool abbia fatto un gran campionato perché privo degli impegni di coppa, ma è anche vero che la rosa era davvero corta, appunto perché giocava una volta a settimana. Con solo13-14 giocatori di livello non è molto diverso da affrontare una stagione di 60 partite con 20-22 potenziali titolari; servono nuovi sostituti, una difesa solida e un vice-Gerrard (impensabile oltre le 35 partite l’anno), oltre riportare alla base i Borini di turno. Deve trattenere Suárez (l’esperienza Bale e i soldi sprecati dal Tottenham in giocatori sopravvalutati insegnano che non sempre è meglio vendere) e confermarsi. Poi ho l’impressione che sarà una Premier difficilissima: Pellegrini e Mourinho sono al loro secondo anno in carica, l’Arsenal si è tolta un po’ di ruggine vincendo quel trofeo che mancava da una vita, lo United ha un tecnico di caratura europea e vuole investire. Senza dimenticare gli Spurs , che hanno preso uno dei tecnici più interessanti del panorama inglese (Pochettino). Il Liverpool potrebbe benissimo lottare per il titolo oppure per il quarto posto. Ci sono troppi clienti e solo quattro posti a sedere.

AntonioRipetere una stagione di questo tipo credo sia impossibile, almeno nelle aspettative. Non si può “prevedere” di ottenere una serie di risultati come quelli infilati dal Liverpool quest’anno, soprattutto da febbraio in poi. E molto è anche dipeso dall’assenza (quasi) totale di impegni extra-campionato, che ha permesso ai Reds di mantenere alta la concentrazione e incanalare la fiducia soltanto sulle sfide del fine settimana. Il futuro, però, personalmente lo vedo positivo: l’impianto di gioco ormai c’è ed è solido (ed efficace); la Champions League porterà entusiasmo; la campagna acquisti, gioco forza, dev’essere mirata a rafforzare le opzioni in mano a Rodgers. Con queste premesse possono correre per il titolo anche il prossimo anno.

Venendo ai singoli, chi sono stati i migliori dell’ultimo campionato a vostro giudizio?

Matteo: Suárez, Yaya Touré e l’intero centrocampo del City, Sturridge, Ramsey, i centrali difensivi del Chelsea. Poi ci sono quei giocatori di cui magari si parla poco, ma che sono stati importantissimi nella stagione delle loro squadre: Zabaleta (sottovalutato), Henderson (su cui mi sono dovuto ricredere, come Rodgers), o il blocco dei Saints. Voglio menzionare anche Milner che vorrei sempre. Un altro che mi è piaciuto è Willian, quantità e qualità (ma qui so di essere in minoranza). Pure l’Everton ha espresso individualità di spessore.

AntonioImmediato dire Yaya Toure. Così come Suarez e Sturridge, e Ramsey. Ma voglio uscire dai “soliti noti” e menzionare Tony Pulis, manager che ha preso in mano il Crystal Palace a novembre, quando le Eagles avevano raccolto solo 3 punti nelle prime 8 giornate di campionato, ed erano ampiamente ultimi in classifica. Basta dare un’occhiata alla rosa dei londinesi per capire il lavoro fatto dall’ex-manager dello Stoke City. Nove posizioni risalite in classifica, salvezza matematica a 3 turni dalla fine e record di 5 vittorie consecutive eguagliato nella storia del Club. Non a caso, eletto allenatore dell’anno della Premier League.

City, Liverpool, Chelsea ed Arsenal (preliminari) rappresenteranno l’Inghilterra in Champions League, che volata in terra d’Albione solo due volte negli ultimi nove anni (contro le quattro in Spagna). Cosa vi aspettate dall’esperienza delle inglesi nella massima competizione europea per club?

Matteo: Onestamente, è il City il più serio candidato. È vero che il Chelsea con Diego Costa fa il salto, però rispetto ai top team spagnoli ed europei in generale manca qualcosa. Certo, i casi del Borussia o dell’Atlético dimostrano altro, ma ho la sensazione che solo i Citizens siano su certi livelli. L’Arsenal è abituato a passare il turno e conosce la fase a gironi come nessuno: chissà che con un po’ di killer instinct in più … Per il Liverpool molto dipenderà dal sorteggio, che potrebbe essere terribile per via delle fasce. Con un po’ di fortuna nell’urna possono arrivare certe soddisfazioni. In generale comunque non credo vedremo un’inglese sul tetto d’Europa: c’è un certo gap nei confronti delle più forti, a meno che il City … Dovessi scommetterci dei soldi, punterei sul 100% di qualificate agli ottavi, questo sì.

AntonioServe più concretezza nei momenti decisivi. Da qualche anno si assiste a un cammino troppo “mediocre” delle inglesi, che spesso passano il girone ma crollano subito dopo. City e Chelsea sono le squadre a cui, al momento, ci si può aggrappare per riportare la Champions League oltremanica. L’Arsenal, a meno di clamorosi ampliamenti della rosa (anche in termini di qualità), non può puntare a chissà cosa, almeno non da subito. Il Liverpool, invece, dovrà ritrovarsi con il doppio impegno campionato/coppa e sarà interessante vedere anche l’adattamento di Rodgers nelle scelte tra metà settimana e sabato.

Calciomercato: vi aspettate qualche botto in particolare? Chi si muoverà meglio sul mercato?

Matteo: Sarà un mercato movimentato, perché c’è chi deve non solo comprare, ma rivoluzionare. Il Liverpool degli anni scorsi ha dimostrato che fare mercato senza giocare in Champions è un problema e con questa realtà ora si dovrà scontrare lo United: vero che ci sono il blasone del club e il richiamo del manager, ma i ‘no’ arriveranno. Ai Red Devils serve rifare la difesa (tranne Jones, che è un prospetto) e il centrocampo e quindi sono loro quelli che si muoveranno di più. Se si muoveranno “meglio” lo scopriremo solo vivendo.

Antonio: Mentre scrivo è arrivata l’ufficializzazione di Fabregas al Chelsea e direi che questo è già il primo colpo (con Diego Costa che lo seguirà). Potenzialmente, quindi, i Blues possono costruire davvero una grande squadra, senza compromessi in nessun ruolo, se Mourinho proseguirà su questa strada. Mi attendo molto anche dall’Arsenal, che deve assolutamente spendere e acquistare 2-3 (veri) grandi giocatori, se vuole dare seguito alla bella stagione appena terminata. Il Liverpool, allo stesso modo, deve rafforzarsi ma, contemporaneamente, assicurarsi di trattenere Suarez, una cessione che temo sarebbe difficilmente rimpiazzabile.

Capitolo giovani, ce ne sono diversi molto interessanti che giocano in Premier, inglesi e non solo. Chi dovremmo tenere d’occhio?

Matteo: Intanto mi aspetto la conferma su alti livelli dei vari Shaw, Barkley e soci. Spesso, in Inghilterra, il rischio è quello di non confermarsi, in particolare se girano certe cifre. Impiegato solo da centrale, Phil Jones secondo me è un potenziale gran giocatore, anche se le pressioni di Old Trafford dopo un settimo posto non te le raccomando. A me piacerebbe vedere nuovamente all’opera Suso, ma il Liverpool ha altre idee. Alcuni interessanti sono nelle riserve della nazionale: Flanagan e Stones su tutti. Se parliamo di ‘giovani molto giovani’, l’Inghilterra ha appena vinto l’Europeo Under 17 ma è prestissimo e sino ai 20-21 anni o sei un fenomeno (o presunto tale) o passi per le serie minori.

AntonioTra Southampton ed Everton ne abbiamo visti molti in questi mesi (Shaw, Barkley, Coleman), oltre ai vari Januzaj e Sterling (più affermato ma molto giovane). Per il momento sarebbe un grande risultato se tutti questi giocatori mantenessero le attese e, anzi, alzassero il livello del proprio gioco diventando vere e proprie conferme. Personalmente mi piacerebbe vedere l’esplosione di Zaha, l’anno scorso veramente penalizzato dall’annata del Manchester United e, poi, poco attivo nel retrocesso Cardiff.

Capitolo Mondiale: cosa vi aspettate dalla spedizione inglese?

Matteo: Mah, le aspettative sono molto basse in Inghilterra, i media sono quasi rassegnati anche se in effetti l’esordio, nonostante la sconfitta, ha dato segnali confortanti. Rispetto alla squadra vista nel 2012, i Tre Leoni hanno provato a proporre un calcio offensivo e spregiudicato, in netta controtendenza. Purtroppo alcuni problemi restano, come l’aver completamente regalato centrocampo e fascia destra avversaria, dove Darmian e Candreva hanno spessissimo fatto il bello e il cattivo tempo col solo Baines. Sono convinto che l’Inghilterra possa passare come seconda forza del girone ma la pressione del dentro-fuori contro l’Uruguay potrebbe pesare. La squadra resta giovane, con diversi volti nuovi e quel po’ di spregiudicatezza che non fa mai male. Pesa la percentuale bassissima di impiego, in Premier League, di calciatori eleggibili con l’Inghilterra, oltre alla poca esperienza nei grandi palcoscenici (dei titolari pochissimi hanno giocato la Champions League negli ultimi anni). Con un altro ct, gli inglesi potrebbero guardare ad Euro 2016 con tanta fiducia.

AntonioPrima dell’inizio del torneo avevo buone sensazioni, e le ho tuttora. La squadra è ben costruita, con giocatori di qualità ed esperienza insieme a un gruppo di giovani davvero arrembanti. Quasi preferisco questa selezione a quella dei cosiddetti “big” di 4 anni fa che, a conti fatti, non riuscì però a mantenere alcuna delle attese. Ero convinto che l’esordio contro l’Italia avrebbe dato parte del biglietto per gli ottavi a chi avesse vinto e, di conseguenza, sono sicuro che gli “Azzurri” passeranno il girone. La seconda partita contro l’Uruguay, per l’Inghilterra, diventa dentro/fuori. L’exploit della Costa Rica ha mischiato un po’ le carte, ma rischio e dico che alla fine gli inglesi passeranno proprio insieme all’Italia. Da lì in poi l’obiettivo sono i quarti (in virtù di un buon accoppiamento con il gruppo C), ma quando le partite diventano ad eliminazione diretta con l’Inghilterra è bene non fare troppi pronostici. Vista la rosa e i molti giovani, però, credo che sia importante fare un bel torneo in previsione di Euro2016, vero banco di prova di questo “nuovo” gruppo di giocatori.

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Un colosso commerciale con pochi eguali al mondo.

Così potremmo tranquillamente definire la Red Bull GmbH, multinazionale produttrice del famosissimo energy drink omonimo.Red Bull

Un’azienda fondata in Austria nel 1984 da Dietrich Mateschitz capace di crescere fino ai 4 miliardi e mezzo di lattine vendute nel 2011, con un fatturato di 4 miliardi e 254 milioni di euro.

Punto forte della bevanda che mette le ali, sicuramente le strategie di marketing molto incisive. Che hanno portato l’azienda a puntare tanto lo sport.

Da eventi come la Soap Box Race e il Flugtag fino ad intere squadre, come i due team F1 (Red Bull e Toro Rosso), i due di hockey (Eishockeyclub Red Bull Salzburg e EHC Red Bull München) e le cinque squadre di calcio: New York Red Bulls, Fussballclub Red Bull Salzburg, Red Bull Brasil, Red Bull Ghana e Red Bull Leipzig.

Una penetrazione, questa nell’universo pallonaro mondiale, molto trasversale.

Dalla squadra di casa, il Salisburgo, alla Germania, paese in cui la presenza è ovviamente forte. Fino, appunto, alla colonizzazione di altri continenti: dal Ghana alle due Americhe.

Chi pensava che l’espansione calcistica del marchio Red Bull si fermasse a questo pokerissimo, però, probabilmente si sbagliava.

Secondo quanto riportato dal Mirror, il colosso austriaco starebbe studiando l’acquisizione di un club inglese di alto profilo. Per conquistare un nuovo mercato non ancora raggiunto.

L’idea, raccontata ai giornalisti da un presunto insider della multinazionale austriaca, sarebbe di primissimo livello: sbarcare nel mercato calcistico più ricco al mondo, la Premier League, acquisendo la proprietà di un club importante. E conquistare – in primis la partecipazione – la Champions League.

Una mossa che, effettivamente, darebbe ulteriore luce e risalto ad un marchio comunque già sulla bocca di tutti.

Due sarebbero le città scelte per questa nuova espansione. In primis, Londra. Con la capitale inglese che è una delle città più vive al mondo, soprattutto da un punto di vista calcistico. Ma non solo.Red Bull Salisburgo

Questa misteriosa gola profonda indica infatti anche nella città di Liverpool (con i Reds e l’Everton come eventuali obiettivi) un target interessante per la multinazionale austriaca.

Insomma, pare che il toro rosso sia pronto a conquistare anche il calcio d’Oltremanica.

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Risuonano piuttosto dure e decise le parole di Jack Wilshere in merito ad una possibile convocazione nella nazionale inglese di Adnan Januzaj, caldeggiata in passato dal C.T. inglese Hodgson.Roy Hodgson

Al quale non erano ovviamente sfuggite le qualità del belga, ben espresse nel corso dell’ultimo week-end con la doppietta realizzata al Sunderland.

La situazione di Januzaj, da un punto di vista internazionale, è molto intricata.

Il ragazzo, infatti, è nato a Bruxelles nel 1995 ed è quindi, ovviamente, convocabile dalla nazionale dei Diavoli Rossi.

Ma non solo.

Per via della multietnicità delle sue radici, il ragazzo potrebbe giocare anche con le casacche di Serbia, Albania e Turchia. Oltre che con quella del Kosovo, nazionale che non è però ancora riconosciuta ufficialmente dalla FIFA.

Un ventaglio di possibilità ampissimo, quindi, che sta con ogni probabilità facendo tentennare l’entourage del ragazzo, che dovrà scegliere con grande attenzione a quale nazionale rendersi disponibile.

Una volta avvenuto un suo eventuale esordio, del resto, non potrebbe più accettare la convocazione di nessun’altra rappresentativa. Insomma, presa una decisione, non potrà più tornare indietro.

Ma dove si complica ulteriormente il discorso?

Nel fatto che, oggi come oggi, il ragazzo non è ancora convocabile nei Tre Leoni e non lo sarà prima di marzo 2018.

Aspetterà fino ad allora prima di prendere una decisione?

In tutto questo discorso, ed in netto contrasto con le parole del proprio C.T., si inseriscono le parole pronunciate da Jack Wilshere, stellina dell’Arsenal già saldamente nel giro della nazionale maggiore.

Wilshere che si è infatti espresso chiaramente, come dicevo nell’attacco: “Le uniche persone che possono giocare per l’Inghilterra sono gli inglesi. Vivere in Inghilterra per cinque anni non ti rende inglese. Se io andassi a vivere in Spagna per cinque anni non diventerei spagnolo. Dobbiamo ricordarci ciò che siamo. Siamo inglesi.”
Jack Wilshere

Parole dure che chiudono la porta in faccia, senza mezzi termini, ad una eventuale convocazione di Wilshere. E, di fatto, riaprono l’infinita diatriba sugli oriundi.

Quanto è giusto convocare ragazzi che di inglese (come italiano, tedesco o brasiliano) hanno poco, solo per rinforzare la propria nazionale?

Oriundi nella storia del calcio ce ne sono stati tanti. Januzaj non sarebbe un oriundo in senso stretto, non avendo origini inglesi, ma di fatto si andrebbe ad inserire in un contesto di giocatore quasi “acquistato”, per la nazionale.

Difficile prendere una posizione univoca, di fronte a casi di questo tipo.

Esistono delle regole per evitare un vero e proprio smercio di giocatori per le nazionali, che a quel punto si svuoterebbero di senso diventando una sorta di appendice dei club.

C’è chi si attiene scrupolosamente ad esse, e non si pone quindi il problema di convocare un belga che di inglese non ha nulla, chi – come l’Italia – ha la possibilità di pescare molto specialmente in Sud America per via della forte immigrazione dei decenni passati e non si pone scrupoli nel puntare sugli oriundi, chi da tempo ha nazionali multietniche (come la Francia, che forte delle proprie colonie ha pescato giocatori in ogni parte del mondo, o la Turchia che per via delle grossa immigrazione ha molti giocatori con origine diversa tra le proprie fila).

E poi chi, in netto contrasto a tutto ciò, predilige – o prediligerebbe – una linea più “pura” nelle convocazioni.

Personalmente credo che, proprio per non rendere le nazionali dei club che si ritrovano una volta ogni tanto, sarebbe bene limitare al massimo l’uso di giocatori oriundi o “acquisiti”, stile Januzaj. In questo, sono abbastanza d’accordo con Wilshere.

Nel contempo capisco però benissimo le preoccupazioni di un Commissario Tecnico pagato per vincere. Costretto quindi a rendere sempre più competitiva la propria squadra, è logico possa “cadere in tentazione”, andando a raggranellare talento un po’ ovunque le norme gli permettono.Adnan Januzaj

Una risposta univoca a questo problema non esiste, credo.

La vostra, qual è?

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E’ un’ottima Italia quella che batte l’Inghilterra 1 a 0 nell’esordio agli Europei under 21 d’Israele.

La strada per il successo è ancora lunga e irta d’ostacoli (che portano i nomi principalmente di Germania, Spagna e Olanda), ma il piede usato per iniziare quest’avventura è quello giusto: gioco, fame, punti.

Se l’Inghilterra ha deluso abbastanza è quindi anche merito di un’Italia che ha provato ad esprimere tutto il suo potenziale in un match sostanzialmente dominato, sicuramente meritato. Il tutto nonostante la partita sia stata indirizzata solo da una rete trovata su punizione dal folletto napoletano: Lorenzo Insigne.Devis Mangia

Ma andiamo a vedere più nello specifico le prestazioni dei singoli (mi limito ai nostri ragazzi per questioni di tempo)…

Bardi 6,5
Forse non è il portiere under 21 in assoluto più talentuoso d’Italia, fattostà che Mangia ha ormai scelto lui da tempo per difendere i pali di questa nazionale. E Francesco risponde bene. Poco impegnato nel corso del match, si dimostra comunque molto sicuro nelle uscite, specialmente alte. Fondamentale che spesso dà problemi a molti suoi colleghi. L’unica vera parata del match la compie a tempo ampiamente scaduto, salvando così la vittoria.

Donati 7
E’ forse il difensore più snobbato dei quattro dagli addetti ai lavori, ma ancora una volta si conferma motorino instancabile e terzino molto attento. Ottime due diagonali difensive nel primo tempo con cui blinda la porta, supporta con costanza – anche se non enorme qualità – la manovra offensiva.

Bianchetti 6
Tra tutti i difensori convocati da Mangia è probabilmente il mio personalissimo favorito. Contro gli inglesi però non dimostra le sue qualità. Sembra un po’ piantato sulle gambe e si limita a controllare. Di certo Donati gli dà una gran mano.

Caldirola 6,5
Molto rivedibile in fase di impostazione e ripartenza quanto deciso e decisivo nei contrasti corpo a corpo con gli avversari. Se puntato va in difficoltà, ma quando ti tratta di scontro fisico, anche grazie all’esperienza accumulata in anni di gare giovanili internazionali, si dimostra molto solido.

Biraghi 6
Deve guardare le spalle di Insigne e forse per questo resta molto bloccato in difesa. Anche lui, come Bianchetti, gioca cercando di limitare al minimo le sbavature, ma nel complesso non impressiona.

Florenzi 6,5
Corre instancabilmente per tutto il campo presidiando ottimamente la fascia destra e proponendosi più volte al cross. Personalmente credo che meritasse di ottenere il rigore quando, nel primo tempo, salta un avversario in tunnel e poi lo salta fisicamente per non essere tranciato dalla scivolata. Il contatto è minimo, ma il danno procurato è palese ed enorme.

Marrone 6,5
Non è a posto fisicamente ma regge bene a centrocampo, dando quel suo classico mix di qualità e quantità che lo hanno portato ad essere una delle colonne di questa nazionale.
(Dall’86’ Rossi s.v.)

Verratti 6
A parer mio sufficienza solo stiracchiata per uno dei – potenzialmente – migliori giocatori dell’intera competizione. Sarà forse che dopo aver vinto la Ligue 1 ed aver giocato in Champions League si senta la maglia di una nazionale under troppo stretta addosso, ma fondamentalmente giochicchia. Mettendo sì in mostra, di tanto in tanto, qualità superiori alla norma. Ma non è abbastanza. Sinceramente: uno come lui dovrebbe fare onde a questo livello. Si accontenta di giochicchiare.

Insigne 7
Il calcio scorre dentro di lui. Gli viene tutto normale. E’ un predestinato. Intendiamoci, non sarà mai Maradona. Ma è palesemente nato per praticare questo sport. Fondamentalmente il giocatore più pericoloso in campo, sa muoversi da grande calciatore e risolve la partita con una punizione al bacio. Il giocatore cui l’Italia deve aggrapparsi per provare a vincere quest’Europeo (e, per fortuna, non è nemmeno l’unico di qualità).

Borini 6
Si danna l’anima ma è troppo evanescente là davanti. Generoso come sempre, deve cercare di essere più incisivo. Del resto, almeno in nazionale, gioca da seconda punta.
(Dal 78′ Destro s.v.)Manolo Gabbiadini

Immobile 5,5
Unico, a mio parere, a non raggiungere la sufficienza, arrivando solo a sfiorarla. Anche lui, come Borini, deve essere più incisivo e decisivo sottoporta. Si muove bene in un paio d’occasioni arrivando a calciare. Senza però prendere la porta. Anche lui ha dentro di sé il fluido. Gli scorre il gioco nelle vene. Deve solo lasciarsi andare…
(Dal 59′ Gabbiadini 7
Entra a mezz’ora dal termine e dà, da solo, più incisività alla squadra di tutti i compagni di reparto messi assieme. E’ lui, con un gran numero, a guadagnarsi la punizione dal limite che Insigne trasforma nel goal vittoria. Ed in un paio d’occasioni prova anche a rendersi pericoloso di sua iniziativa. Far entrare a partita in corso uno come lui significa avere un grande potenziale là davanti.)

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Inghilterra ed Irlanda del Nord si affrontano in un match amichevole che rispetta in pieno le attese: ritmi non eccessivi, pochi colpi proibiti, padroni di casa superiori.

Per vedere la prima occasione realmente pericolosa però bisogna aspettare più di un quarto d’ora. Quando Hodson in ripiegamento fa una pazzia ed, in area, regala palla a Townsend. Appoggio in mezzo all’accorrente Wickham, calcio di prima intenzione e traversa piena a negare il vantaggio, coi nordirlandesi che poi riescono a liberare in qualche modo, e non senza affanni.

Passa un altro quarto d’ora prima che la partita torni a vibrare. Sempre Townsend protagonista, con una penetrazione da sinistra che si chiude con un cross basso ben respinto da Conor Devlin, estremo difensore ospite di proprietà del Manchester United.
Un altro paio di minuti e l’Inghilterra sfiora davvero il goal. Questa volta è capitan Henderson, dalla trequarti, a mettere il pallone dentro, dove Wickham lo stoppa per girarlo in porta, trovando però sulla sua strada il portiere avversario, bravo a chiudere in angolo.

Dopo una mezz’ora un pochino soporifera la partita inizia quindi a scaldarsi. Al trentanovesimo è Ince a cercare la via della rete con un’azione personale che va a concludere con un tiro interessante ma ben respinto da un sempre attentissimo Devlin.
Il tempo di far fare un giro intero di orologio alla lancetta dei minuto ed ecco McEachran effettuare un lancio al bacio per lo stesso Ince, che scattato sul filo del fuorigioco si porta in area dove viene strattonato malamente da Tom Flanagan. Con l’arbitro dell’incontro, John Beaton, che – piuttosto clamorosamente – decide di lasciar correre.

Il goal è però nell’aria e arriva proprio allo scadere, quando il capitano scodella al centro un calcio di punizione battuto dalla destra e Wickham fa valere il suo fisico per raggiungere il pallone e girarlo in porta con un colpo di testa preciso.

Anche nella ripresa continua il monologo inglese. Con la nazionale di calcio dei Tre Leoni che si porta nuovamente vicino alla rete grazie alla conclusione di Jack Robinson su iniziativa di Andros Townsend. Ancora una volta, però, c’è Devlin a sbattere la porta in faccia ai giovani sudditi della Regina Elisabetta.
All’ora esatta di gioco è invece ancora Ince a rendersi pericoloso, ben imbeccato da Powell. Il tiro dell’ala del Blackpool non trova però lo specchio della porta, per la disperazione di un Connor Wickham che, sulla destra del compagno, avrebbe voluto essere servito per battere a rete da posizione favorevolissima.

Logico che in un’amichevole del genere entrambe le squadre si “lascino andare” a molte sostituzioni.
Ecco quindi che nel classico turbinio di questi secondi tempi vanno un po’ a saltare schemi ed equilibri. Nonostante questo è l’Inghilterra a tenere il pallino del gioco.

Al settantatreesimo è il solito Ince a provare l’imbucata personale, saltando tre uomini per trovare ancora una volta la grande opposizione di Devlin sul più bello.
Due primi più tardi si chiude il match: Afobe dà dimostrazione di tutta la sua rapidità, entra in area per provare a saltare l’estremo difensore avversario che però lo atterra. Sul dischetto si presenta lo stesso Benik che fredda Devlin, per il 2 a 0 finale.

L’ultimo quarto d’ora scorre quindi senza più molto da dire. Così che l’under 21 di Stuart Pearce può uscire dal Bloomfield Road con un buon 2 a 0 e una certa serenità pensando al futuro.

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Se anziché la maglia dei Leoni i ragazzi di Roy Hodgson avessero indossato quella Azzurra della nazionale italiana sarebbero piovute critiche da tutto il mondo sul classico calcio catenacciaro all’italiana.

Sarà che Di Matteo ha fatto scuola, ma l’Inghilterra in Ucraina non fa certo una grandissima figura, chiudendosi dietro in maniera non sempre ordinatissima per cercare di arginare il talento francese. Che, dalla cintola in su, è indubbiamente notevole.

E pensare che a passare in vantaggio sono proprio gli inglesi, lesti a sfruttare una palla inattiva che vede Lescott proiettarsi in avanti e siglare l’1 a 0.

Nazionale inglese che mette quindi in mostra pecche non da poco, sia in fase di costruzione che, conseguentemente, di finalizzazione.

E a poco vale l’alibi dell’assenza di Wayne Rooney, indubbiamente il faro dell’attacco dei Leoni. Con lui la musica potrebbe essere diversa, certo, ma è l’intera squadra a dover suonare uno spartito, difficile imporsi in una competizione ostica come l’Europeo solo grazie agli assoli di un campione.

Un po’ il discorso che, in termini comunque diversi, vale per la Francia.

Dove il talento è probabilmente superiore e comunque più diffuso, ma dove continua anche a prevalere quella sensazione di “venezianismo”, come si potrebbe dire dalle mie parti, che diventa limite significativo per la nazionale d’Oltralpe.

Cui va imputata un’altra fragilità non da poco: quella difensiva.

Dove Debuchy (ottimo in proiezione offesiva, meno nelle chiusure), Mexes (non proprio il miglior sostituto di Nesta e Thiago Silva), Rami ed Evra (forse agli ultimi colpi della carriera) fanno rimpiangere la difesa storica che guidata – ma in campo – proprio dal buon Laurent Blanc si laureò campione del mondo ormai quattoridici anni fa.

Francia e Inghilterra, insomma, sono due potenze un po’ sbiadite di un calcio europeo che nel complesso riflette la crisi economica di questi giorni.

Sarà un caso che la squadra che più ha convinto nel corso di questo primo turno sia la Russia?

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C’è tutta la differenza del mondo tra Inghilterra ed Islanda. Anche se il 5 a 0 finale è un tantino bugiardo, frutto della sbandata finale dei giovani nordici che subiscono tre goal negli ultimi cinque minuti e si prendono un’imbarcata che sicuramente ricorderanno a lungo.

Inghilterra che quindi ottiene il massimo risultato col minimo sforzo e mette in mostra diverse individualità sicuramente interessanti, anche se per arrivare a vincere un Europeo under 21 non basta giochicchiare come fatto stasera.

Ma andiamo con ordine: il 4-2-3-1 di Pearce occupa piuttosto bene il campo ed il maggior talento dei ragazzi inglesi permette ai Figli d’Albione di controllare la partita senza affannarsi nemmeno troppo.

Dal canto loro gli islandesi hanno poco da dire: figli di un calcio minore scendono in campo ben coperti per provare a tenere il risultato, ma è un tentativo vano.

In questo senso ben poco da segnalare sul loro versante, se non la buona gamba di Kristinn Jónsson, terzino sinistro del Breiðablik che all’età di vent’anni si è ritrovato ad aver rappresentato il suo paese a tutti i livelli (calcistici, s’intende).
Non che incida chissà quanto sulla partita, ma almeno in un paio d’occasioni prova l’affondo in maniera decisa e convinta, dando un certo filo da torcere alla retroguardia inglese.

Venendo ai giovani d’oltremanica ha deluso abbastanza Alex Oxlade-Chamberlain. Inutile dire che nonostante la giovanissima età su di lui ci sono ormai sempre grandissime aspettative. E nonostante metta in mostra sicuramente di avere talento notevole dalla sua ecco che l’ala neo-Gunners non incide come dovrebbe.

Partita sontuosa, di contro, per il capitano, quel Jordan Henderson che può rappresentare sicuramente un punto di partenza importante per costruire la nazionale inglese del futuro.
Giocatore interessantissimo davvero, unisce tecnica, temperamento e ottimi tempi d’inserimento per un mix che lo rende uno dei migliori interpreti al mondo della sua leva. Se saprà crescere in maniera importante potrà sicuramente affermarsi a livello mondiale.

Dura invece solo dodici minuti, ed è un peccato, la partita di Nathan Delfouneso. Giusto il tempo di creare la prima azione pericolosa della partita per l’attaccante Villans, schierato largo a sinistra.
Che, infortunatosi, lascia il posto a Sammi Ameobi, autore di una prestazione sicuramente più che discreta: talento non certo ai massimi livelli ma buona intraprendenza e tanta freschezza atletica. Gioca, in particolar modo la frazione del primo tempo che lo vedo impegnato in campo, mettendo in mostra tante accelerate che lo fanno una discreta spina nel fianco della nazionale islandese.

Buone le prove, in difesa, di Martin Kelly e Craig Dawson (arrivato a quattro reti in cinque match con l’under21), entrambi peraltro autori di una rete, e anche di Marvin Sordell, anch’egli in goal.
Importante, in particolar modo, il gioco sporco fatto da quest’ultimo, unica punta della squadra ma dispostissimo a sacrificarsi tantissimo per aprire spazi ai compagni.

Sottotono, invece, Josh McEachran, da molti paragonato a giocatori di grande spessore come Nasri e Modric.
Il classe 93 Blues sembra infatti un po’ spaesato, molto fuori dagli schemi della sua squadra. Certo non una serata da ricordare per lui.

Chiudo con Gary Gardner, che entra a mezz’ora dal termine e nel recupero firma una bella doppietta. Realizzando il quarto goal con una splendida punizione, peraltro.
Buono il suo impatto sul match, vedremo più avanti se saprà confermarsi.

Nel complesso comunque bella prova dei giovani inglesi, che veleggiano tranquilli verso i playoff: 4 vittore in 4 match, 16 reti fatti a fronte di 1 sola subita. Difficile possano fermare la loro rincorsa…

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CRONACA

Il derby di Manchester che fa da finale all’edizione 2011 della Community Shield inizia subito su ritmi elevati.
Dopo tre soli minuti di gioco Rooney pesca Young che riesce a guadagnare solo un calcio d’angolo sui cui sviluppi arriva la conclusione di Smalling, intercettata però da Joe Hart.

Sulla sponda opposta Tourè cerca Dzeko con un lob morbido che è però intercettato e chiuso in corner da Ferdinand.
La lotta sembra comunque quasi solo limitarsi a metà campo, dove le due squadre si fronteggiano senza risparmiarsi colpi. Il tutto un po’ a discapito dello spettacolo, che stenta a decollare.

Nel complesso, comunque, è il gioco dello United ad essere un tantino superiore. La squadra di Ferguson mette infatti più qualità nel giro palla, cosa che i ragazzi di Mancini non riescono a fare nonostante le buone qualità tecniche dei singoli interpreti.
Per provare a sbloccare il risultato si prova quindi ad affidarsi ai calci piazzati. Al ventitreesimo allora Rooney si presenta sul punto di battuta di un calcio di punizione che l’ex stellina dell’Everton prova ad indirizzare sotto il secondo incrocio, non riuscendo però a centrare lo specchio di porta.

Splendida, due minuti più tardi, l’azione in velocità imbastita da Nani e Welbeck, che scambiano rapidamente più volte il pallone nello stretto venendo però contrati in corner dall’attenta difesa Citizens.
City che prova a farsi vedere poco prima della mezz’ora quando Silva filtra un pallone per Milner che prova a cercare il secondo palo, senza fortuna.

Per sbloccare una partita ingolfata ci si affida sempre ai calci piazzati. A dieci dal termine è Nani a provarci da circa venticinque metri. Il suo destro, deviato da Dzeko, fa correre qualche brivido ai supporter del City, con la palla che si spegne comunque a lato.
Detto-fatto. Silva batte una punizione da destra che scodella bene in mezzo all’area dove si fionda Lescott, bravo ad anticipare tutti e girare a rete. Nell’occasione, comunque, quantomeno rivedibile De Gea, che accenna all’uscita per poi fare un passo indietro e venire bucato senza appello dal centrale inglese.

Lo United prova a reagire. Al quarantaduesimo Young riceve decentrato sulla destra ed esplode un mancino con cui non riesce però ad inquadrare la porta.
In chiusura, però, il City raddoppia. Dzeko prende il pallone sulla trequarti e avanza, con Vidic che gli lascia troppo spazio. La punta bosniaca, così, calcia di destro. Tiro non irresistibile, ma De Gea, forse troppo emozionato per l’esordio, commette un errore grossolano e gli spiana la strada per la rete.

In apertura di ripresa lo United prova a far intravvedere timidi segnali di reazione. Smalling manovra sulla destra e serve centralmente per Cleverley che la gira in area, di prima intenzione, in direzione di Welbeck. La punta cresciuta proprio nel settore giovanile dei Red Devils prova quindi a girare immediatamente di testa verso la porta, senza però inquadrare lo specchio.
Segnali di reazione che si concretizzano al cinquantaduesimo quando – guarda caso – sugli sviluppi di un calcio di punizione Young pennella una palla al centro che viene raggiunta da Smalling, bravo a sgusciare tra Dzeko e Lescott. Giunto sulla sfera il difensore dello United non ha quindi alcuna difficoltà a deviare in rete, accorciando le distanze.

Il pareggio è nell’aria ed arriva cinque minuti giusti più tardi. Rooney-Cleverly-Nani imbastiscono un’azione splendida con l’ala portoghese che a quel punto si trova a tu per tu con Hart, battuto con un pallonetto delizioso.
Qualità del gioco dello United cresciuta nel secondo tempo, ma la squadra di Ferguson, nel complesso, non riesce a bucare con continuità la buona difesa costituita da Roberto Mancini.

Ad un quarto d’ora dalla fine si vede quindi finalmente De Gea. Il tiro che gli arriva, in realtà, non è che sia particolarmente ostico, ma riuscire a respingerlo può comunque aiutarlo a riacquisire fiducia in sè stesso.
Cinque minuti più tardi, sul fronte opposto, è Cleverley a provarci. Il destro del giovane centrocampista in maglia rossa, però, è sballato, e si risolve in un nulla di fatto.

Partita che è sempre bloccata. In chiusura una palla vagante in area è girata a rete senza troppa convinzione da Dzeko, con De Gea che non ha però problemi a parare.
In chiusura, però, erroraccio di Kompany che da ultimo uomo punta Nani facendosi rubare palla con l’ala portoghese che s’invola da solo, salta Hart e segna la rete della vittoria.

COMMENTO

Di fronte a 77169 spettatori è lo United a partire meglio, senza però riuscire a mordere. Sarà che i giocatori dotati di maggior talento non sembrano particolarmente ispirati, ma Hart non corre grossi pericoli.

La prima frazione scorre quindi senza particolari sussulti per più di mezz’ora, con i Citizens quasi solo spettatori non paganti di una partita giocata su livelli atletici interessanti ma con contenuti tecnici non all’altezza delle aspettative.

Negli ultimi sette-otto minuti, però, le cose cambiano. Due fiammate firmate City (o, meglio, due errori di De Gea) regalano infatti alla squadra di Mancini un doppio vantaggio certo non meritato ma sicuramente ben accetto dai tifosi accorsi a Wembley per questo importantissimo derby, che vale il primo trofeo inglese della stagione.

Nella ripresa il copione non cambia. E’ sempre lo United a fare la partita, con il City che continua a non avere gioco.

I ragazzi di Ferguson, così, riescono a trovare due reti nel giro di cinque minuti (la seconda, di Nani, molto bella), riequilibrando il risultato.

La rete-partita, poi, è una cappella allucinante di Kompany, che sbaglia grossolanamente regalando la vittoria agli avversari.

Risultato a parte fa molta tristezza il non-gioco del City. Accolita di grandi campioni gestiti piuttosto male da un allenatore, Mancini, che personalmente non capisco come possa essere ancora al suo posto.

Questa squadra, del resto, ha già dimostrato più volte di non avere gioco. Cambiare allenatore sarebbe quindi “il minimo”.

Eppure l’ex coach dell’Inter è ancora lì.

I tifosi credo non saranno contentissimi della cosa.

MVP

Nani firma una doppietta storica, che vale la vittoria del derby di Community Shield.

TABELLINO

Manchester United vs. Manchester City 3 – 2
Marcatori: 38′ Lescott, 45′ Dzeko, 52′ Smalling, 57′, 90′ Nani.

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Sabato scorso sul campo dell’Ebbsfleet United è stato sancito un record: dopo dieci soli secondi dal calcio d’inizio, infatti, uno svarione difensivo del terzino sinistro della squadra di casa, dapprima incapace di calciare il pallone in avanti con efficacia e poi maldestro nell’appoggio al proprio portiere, spiana la strada alla punta del Farnborough, che può lanciarsi all’assalto della porta avversaria.

Entrato in area, quindi, tocca il pallone di sinistro per spostarlo di quel tanto che basta a saltare Preston Edwards, estremo difensore avversario, che non riuscendo a fare altrimenti finisce con l’abbattere Kezie Ibe, attaccante ospite.

A quel punto l’arbitro dell’incontro, il signor Neil Hair, si vede costretto ad estrarre un cartellino rosso diretto: Ibe, infatti, era lanciato a rete e se non fosse stato atterrato fallosamente avrebbe realizzato la rete del vantaggio ospite.
Dieci soli secondi, quindi, ed il malcapitato Edwards viene espulso.

Dieci secondi, ovvero sia due meno di quelli che il 12 luglio del 2009 impiegò Zé Carlos, ex attaccante del Cruzeiro, a guadagnarsi un cartellino rosso. In quel caso la punta brasiliana mollò una gomitata in faccia ad un avversario dopo dodici soli secondi di gioco, guadagnandosi un rosso sacrosanto.

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