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E’ un momento complicato per i tifosi Rossoneri.
Il mercato estivo ha visto la dipartita di due big assoluti, Ibrahimovic e Thiago Silva, e l’addio di un pezzo cospicuo della storia recente con i vari Inzaghi, Nesta, Seedorf, Gattuso, Zambrotta accasatisi altrove (o riposizionati in altri ruoli). Con, come contraltare, l’arrivo di una serie di giocatori certo ben al di sotto delle aspettative. Un mix letale capace di sancire un ridimensionamento cospicuo delle ambizioni.
Tutto ciò ha ingenerato un clima cupissimo intorno ad una squadra orfana sia dei propri leader tecnici che di quelli carismatici.
Risultato: un inizio di stagione da film dell’orrore, con due sconfitte ed una vittoria in campionato cui si è aggiunto il tristissimo pareggio di Champions con l’Anderlecht.
Ovvero sia una sola imposizione in quattro match ed il “tabù” San Siro non ancora sfatato (la vittoria di fronte al proprio pubblico manca ormai da maggio).
Una situazione che ha mandato in crisi mistica molti tifosi Rossoneri (indicativa la scarsissima affluenza di pubblico nella gara contro i belgi).
I quali, ormai abituatissimi a gareggiare alla pari con le migliori in qualsiasi competizione, sono assuefatti dai bagordi dell’era Berlusconi, dove hanno visto sollevare più volte trofei di ogni tipo.
Le cose, però, non sono sempre andate come in quegli anni in cui i Milan di Sacchi, Capello o Ancelotti dettavano legge in ogni angolo del mondo.
Così, come a voler ricordare tempi ancor più bui di quelli attuali, ecco che Sergio Taccone pubblica un libro (edito da Urbone Publishing) che ci fa tornare a tanti anni fa, ormai trenta, quando, in un’altra epoca, il Diavolo attraversava una delle fasi più cupe dal dopoguerra ad oggi.
La Mitropa Cup del Milan, infatti, ripercorre un’annata, quella dell’81/82, che probabilmente resterà nella storia come la peggiore di sempre.
Tornato in A dopo la retrocessione decisa in seguito allo scandalo delle scommesse, i Rossoneri – forti della presenza in squadra di giocatori come Tassotti, Baresi, Collovati, Maldera, Novellino e dello squalo scozzese Jordan – erano impazienti di tornare ai livelli che più gli competevano.
Affidato alla guida tecnica di Gigi Radice – capace di trascinare il Torino allo Scudetto nel 1976 – e con la Stella appuntata sul petto solo pochi anni prima, il Diavolo incappò in una stagione disgraziata, che portò alla prima – e fin’ora unica – retrocessione “sul campo” della squadra.
In quella tribolatissima annata, però, una gioia – per quanto piccola – arrivò: la vittoria nella certo non irresistibile Mitropa Cup, che dopo aver conosciuto un’epoca di splendore prima della Seconda Guerra Mondiale (viene considerata tra le progenitrici della Coppa dei Campioni) era ormai relegata a trofeo disputato tra le vincitrice delle seconde divisioni di Italia, Jugoslavia, Cecoslovacchia ed Ungheria.
E questo libro si prefigge di ripercorrere proprio quell’impresa, che resterà unica nella storia milanista.
Di certo un’iniziativa molto interessante (come un qualsiasi libro che parli di storia del calcio, per conto mio), con una chiosa più che condivisibile da parte dell’autore: anche la Mitropa Cup andrebbe rispolverata ed inserita con tutti gli onori del caso nel palmeres milanista.
Quando, invece, molti tifosi – soprattutto i più giovani – nemmeno sanno o si ricordano di questa vittoria. E con la società in primis che tende a cancellare il ricordo di una coppa “di Serie B”, che rischierebbe – dal loro punto di vista – di gettare un po’ di fango sull’immagine di una delle società più vincenti del mondo.
Un solo piccolo rammarico: questo libro, sicuramente interessante ed utile in particolar modo ai tifosi milanisti più giovani che potranno scoprire un pezzo “dimenticato” di storia del loro club, lascia un po’ come l’impressione di essere “incompiuto” a metà, raccontando più la storia dell’annata nel suo complesso che della Coppa in sé, con le partite della Mitropa che anziché essere raccontate come epici duelli vengono risolte in poche paginette di cronaca asciutta.
Nel complesso, però, davvero impossibile non fare un plauso all’idea. Nella speranza che nessuno si scordi più di un trofeo che, per quanto amaro, resterà anch’esso per sempre nella storia del club di via Turati.
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